La sent. n. 431 del 1993 appartiene a quella species di decisioni costituzionali con le quali la Corte, pur accertando l'illegittimità della normativa sub iudice, si pronuncia per l'inammissibilità della quaestio sindacata adducendo quale unica giustificazione (esplicita) della propria scelta dispositiva la necessità di non invadere - con l'adozione di una pronuncia manipolativa al di fuori delle cosiddette "rime obbligate" - la sfera di discrezionalità politica riservata al legislatore ordinario. L'A., in primo luogo, evidenzia che la pronuncia in oggetto sembra confermare la vitalità dell'indirizzo giurisprudenziale in parola, smentendo, quindi, l'opposta tesi sostenuta da una parte della dottrina. A tal proposito, infatti, oltre alla sentenza de qua, appare possibile individuare - all'interno della (sola) giurisprudenza costituzionale del 1993 - altri 7 esempi di utilizzo della medesima tecnica decisionale.In secondo luogo, inoltre, il particolare tenore delle censure mosse, nella fattispecie, alla normativa impugnata sembra dimostrare con particolare efficacia quel profilo di intrinseca contraddittorietà che tipicamente caratterizza le decisioni in oggetto. Nelle quali la Corte dovrebbe (quanto meno) esplicitare, secondo l'A., i termini del bilanciamento tra valori costituzionali che appare sottesa all'adozione di un dispositivo non caducatorio, evidenziando non solo le ragioni che la spingono a rifiutare l'adozione di una sentenza "creativa", ma anche le ragioni che la inducono a non annullare la legge sindacata nonostante la sua acclarata illegittimità.
Osservazioni a margine di una pronuncia di inammissibilità (ovvero: quando la Corte utilizza la necessità di rispettare la discrezionalità legislativa quale argomento non pertinente) / Pinardi, Roberto. - In: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE. - ISSN 0436-0222. - STAMPA. - 6:(1993), pp. 3553-3562.
Osservazioni a margine di una pronuncia di inammissibilità (ovvero: quando la Corte utilizza la necessità di rispettare la discrezionalità legislativa quale argomento non pertinente)
PINARDI, Roberto
1993
Abstract
La sent. n. 431 del 1993 appartiene a quella species di decisioni costituzionali con le quali la Corte, pur accertando l'illegittimità della normativa sub iudice, si pronuncia per l'inammissibilità della quaestio sindacata adducendo quale unica giustificazione (esplicita) della propria scelta dispositiva la necessità di non invadere - con l'adozione di una pronuncia manipolativa al di fuori delle cosiddette "rime obbligate" - la sfera di discrezionalità politica riservata al legislatore ordinario. L'A., in primo luogo, evidenzia che la pronuncia in oggetto sembra confermare la vitalità dell'indirizzo giurisprudenziale in parola, smentendo, quindi, l'opposta tesi sostenuta da una parte della dottrina. A tal proposito, infatti, oltre alla sentenza de qua, appare possibile individuare - all'interno della (sola) giurisprudenza costituzionale del 1993 - altri 7 esempi di utilizzo della medesima tecnica decisionale.In secondo luogo, inoltre, il particolare tenore delle censure mosse, nella fattispecie, alla normativa impugnata sembra dimostrare con particolare efficacia quel profilo di intrinseca contraddittorietà che tipicamente caratterizza le decisioni in oggetto. Nelle quali la Corte dovrebbe (quanto meno) esplicitare, secondo l'A., i termini del bilanciamento tra valori costituzionali che appare sottesa all'adozione di un dispositivo non caducatorio, evidenziando non solo le ragioni che la spingono a rifiutare l'adozione di una sentenza "creativa", ma anche le ragioni che la inducono a non annullare la legge sindacata nonostante la sua acclarata illegittimità.Pubblicazioni consigliate
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