Il principale motivo di interesse della sent. n. 284 del 1995 risiede in alcune affermazioni di carattere generale che sono contenute nella sua parte motiva. La Corte costituzionale, infatti, si era già pronunciata su una analoga questione con la sent. n. 279 del 1987. Nella quale, tuttavia, se da un lato aveva accertato l'incostituzionalità della norma impugnata, dall'altro si era limitata a dichiarare inammissibile la quaestio sub iudice in ragione dell'impossibilità di adottare una pronuncia additiva "a rime obbligate" e dunque della necessità di preservare la sfera di discrezionalità politica che è riservata al legislatore ordinario.Oggi, al contrario, la Consulta, dopo aver ribadito il giudizio di incostituzionalità della disciplina sindacata, ha accolto il dubbio prospettato dal giudice a quo rilevando: 1) che i problemi che possono sorgere a seguito della lacuna prodotta da una sentenza di accoglimento non devono essere addebitati al decisum della Corte, quanto piuttosto all'inerzia degli organi legislativi; e di conseguenza 2) che in casi del genere "l'impraticabilità di un intervento additivo .. non è, però, di ostacolo alla dichiarazione di illegittimità costituzionale" della norma impugnata. Utilizzando, quindi, un modo di vedere assai diverso da quello che ha finora presieduto alla sua giurisprudenza in casi analoghi, e dimostrando, altresì, di non voler più pervenire a quella sorta di "iperprotezione" della discrezionalità politica delle Assemblee legislative, che si è talvolta dimostrata, in simili frangenti, come una delle cause (non secondarie) dell'ulteriore protrarsi della loro inerzia.
La Corte accoglie una questione fondata: verso un nuovo modello di risposta giurisprudenziale al protrarsi dell'inerzia legislativa? / Pinardi, Roberto. - In: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE. - ISSN 0436-0222. - STAMPA. - 3:(1995), pp. 2034-2039.
La Corte accoglie una questione fondata: verso un nuovo modello di risposta giurisprudenziale al protrarsi dell'inerzia legislativa?
PINARDI, Roberto
1995
Abstract
Il principale motivo di interesse della sent. n. 284 del 1995 risiede in alcune affermazioni di carattere generale che sono contenute nella sua parte motiva. La Corte costituzionale, infatti, si era già pronunciata su una analoga questione con la sent. n. 279 del 1987. Nella quale, tuttavia, se da un lato aveva accertato l'incostituzionalità della norma impugnata, dall'altro si era limitata a dichiarare inammissibile la quaestio sub iudice in ragione dell'impossibilità di adottare una pronuncia additiva "a rime obbligate" e dunque della necessità di preservare la sfera di discrezionalità politica che è riservata al legislatore ordinario.Oggi, al contrario, la Consulta, dopo aver ribadito il giudizio di incostituzionalità della disciplina sindacata, ha accolto il dubbio prospettato dal giudice a quo rilevando: 1) che i problemi che possono sorgere a seguito della lacuna prodotta da una sentenza di accoglimento non devono essere addebitati al decisum della Corte, quanto piuttosto all'inerzia degli organi legislativi; e di conseguenza 2) che in casi del genere "l'impraticabilità di un intervento additivo .. non è, però, di ostacolo alla dichiarazione di illegittimità costituzionale" della norma impugnata. Utilizzando, quindi, un modo di vedere assai diverso da quello che ha finora presieduto alla sua giurisprudenza in casi analoghi, e dimostrando, altresì, di non voler più pervenire a quella sorta di "iperprotezione" della discrezionalità politica delle Assemblee legislative, che si è talvolta dimostrata, in simili frangenti, come una delle cause (non secondarie) dell'ulteriore protrarsi della loro inerzia.Pubblicazioni consigliate
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