La sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2015 si inserisce nel genus delle pronunce di “incostituzionalità accertata ma non dichiarata” ed in particolare nella species di decisioni con le quali la Consulta, dopo aver argomentato, a chiare lettere, la fondatezza delle censure avanzate dal giudice rimettente, dichiara, tuttavia, inammissibile la quaestio esaminata adducendo quale unica (o comunque decisiva) giustificazione esplicita della propria scelta dispositiva la necessità di non invadere la sfera di discrezionalità politica che è riservata al legislatore ordinario. L’Autore, da un lato, sulla base dell’analisi della più recente giurisprudenza costituzionale, rileva una ripresa di interesse per questo modus argumentandi; dall’altro ricorda, brevemente, le obiezioni di vario genere e spessore che sono state mosse a questa tecnica decisionale. In particolare, si sottolinea come l’orientamento di cui si discute finisca per porsi in contrasto con la stessa natura incidentale del giudizio sulle leggi. Inserendosi, tra l’altro, sotto questo profilo, all’interno di una tendenza più generale dell’odierna giurisprudenza della Corte a far sì che la sua decisione non sortisca effetto alcuno nel giudizio a quo (cfr. sent. n. 10 del 2015).
La questione è fondata, anzi è inammissibile (ovvero: la Corte e la natura incidentale del suo giudizio) / Pinardi, Roberto. - In: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE. - ISSN 0436-0222. - STAMPA. - 60:6(2015), pp. 2071-2090.
La questione è fondata, anzi è inammissibile (ovvero: la Corte e la natura incidentale del suo giudizio)
PINARDI, Roberto
2015
Abstract
La sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2015 si inserisce nel genus delle pronunce di “incostituzionalità accertata ma non dichiarata” ed in particolare nella species di decisioni con le quali la Consulta, dopo aver argomentato, a chiare lettere, la fondatezza delle censure avanzate dal giudice rimettente, dichiara, tuttavia, inammissibile la quaestio esaminata adducendo quale unica (o comunque decisiva) giustificazione esplicita della propria scelta dispositiva la necessità di non invadere la sfera di discrezionalità politica che è riservata al legislatore ordinario. L’Autore, da un lato, sulla base dell’analisi della più recente giurisprudenza costituzionale, rileva una ripresa di interesse per questo modus argumentandi; dall’altro ricorda, brevemente, le obiezioni di vario genere e spessore che sono state mosse a questa tecnica decisionale. In particolare, si sottolinea come l’orientamento di cui si discute finisca per porsi in contrasto con la stessa natura incidentale del giudizio sulle leggi. Inserendosi, tra l’altro, sotto questo profilo, all’interno di una tendenza più generale dell’odierna giurisprudenza della Corte a far sì che la sua decisione non sortisca effetto alcuno nel giudizio a quo (cfr. sent. n. 10 del 2015).File | Dimensione | Formato | |
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