In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, dove in Sanità viene sottolineata costantemente l'importanza dell'EFFICACIA, dell'EFFICIENZA e dell'APPROPRIATEZZA degli interventi assistenziali, dobbiamo ricordare che altrettanto fondamentale è garantire la SICUREZZA degli utenti. L'obiettivo dei professionisti sanitari è quindi cercare di prevenire tutti quegli eventi dannosi per la salute delle persone derivanti da una malpractice nei contesti di cura ed assistenza, ad esempio errori nella somministrazione della terapia farmacologica, non conformità nelle attività di sala operatoria, procedure diagnostiche o terapeutiche errate, sbagliata identificazione di pazienti e/o prestazioni, scorretta gestione di apparecchiature biomedicali, insorgenza di lesioni da decubito e cadute accidentali. Evitare il verificarsi di queste situazioni è senz'altro un indicatore di “buona qualità” assistenziale, congiuntamente alla messa in atto di interventi assistenziali efficaci ed appropriati.Le cadute accidentali nelle persone anziane a domicilio, ricoverate, oppure ospiti in struttura rappresentano un problema molto rilevante per le diverse implicazioni che esse comportano, quali ad esempio grave disabilità, aumento della comorbilità e della mortalità, senza contare il fatto che frequentemente le cadute sono causa esse stesse di istituzionalizzazione. Troppo spesso, in passato, il problema delle cadute nell'anziano è stato affrontato come un'inevitabile conseguenza dell'invecchiamento e, come tale, un'imprevedibile incidente al quale l'anziano deve rassegnarsi. Oggi questo tipo di atteggiamento non è più accettabile, e sempre di più la caduta nell'anziano è vista come una severa sindrome geriatrica, che può avere conseguenze mediche, funzionali e sociali di grande rilevanza. La caduta viene definita dall'RNAO (Registered Nurses' Association of Ontario) come “un improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla posizione ortostatica, o assisa, o clinostatica”. Questa definizione comprende le circostanze in cui il paziente cade dalla posizione “in piedi”, da quella seduta (sedia, poltrona, sedia a rotelle o water), mentre cammina, sale o scende le scale, oppure è sdraiato sul letto o sulla barella, così come anche i pazienti trovati sdraiati sul pavimento e le cadute avvenute nonostante il supporto di operatori o altre persone (famigliari, badanti, volontari, altri pazienti) e/o il sostegno di presidi (deambulatori, bastone, treppiede). Lo studio retrospettivoObiettivo dello studioValutare il rischio di caduta e studiare l’associazione tra evento caduta e fattori prognostici negli ospiti di una struttura protetta. Per il raggiungimento dello scopo della ricerca è stato pianificato e realizzato uno studio retrospettivo.Materiali e MetodiContesto: lo studio è stato svolto presso una Struttura Protetta privata e convenzionata della Regione Emilia Romagna.Raccolta dati: i dati sono stati estrapolati da un Software che consente di storicizzare informazioni sugli utenti e sul piano di assistenza individualizzato.Periodo di raccolta dati: dal 1 gennaio 2008 al 31 maggio 2010.Campione: 68 persone.Risultati e loro analisi statisticaVi sono in totale 68 persone (47 femmine e 21 maschi, di età mediana 83 anni, e il cui range di età va dai 53 ai 95 anni), sulle quali è stato monitorato il verificarsi dell’evento CADUTA.Nel periodo considerato (gennaio 2008-maggio 2010), fra questi 68 pazienti, 16 sono andati incontro all’evento caduta (indicato nel dataset come T1), mentre gli altri 52 non hanno subito tale evento, rappresentando in questo modo il gruppo dei “controlli”.L’incidenza cumulativa delle cadute, ottenuta come rapporto tra numero di cadute e totale di pazienti inclusi nello studio, è pari a 0,24, che equivale a dire che il 24% dei pazienti inclusi ha sperimentato l’evento.Il tasso d’incidenza, ottenuto come rapporto tra numero di cadute e somma di tutti i mesi di osservazione per tutti i pazienti, è pari a 0,03: in un mese si verificano 0,03 cadute, che corrispondono a circa una caduta ogni tre mesi.La stima della funzione di sopravvivenza ad 1 mese, a 6 mesi e ad 1 anno è la seguente:-dopo 30 giorni dall’ingresso in struttura, la stima della funzione di sopravvivenza è del 95%, ovvero il 95% dei pazienti a 30 giorni non è ancora caduto;-dopo 6 mesi dall’ingresso in struttura, la stima scende all’81%;-dopo 1 anno dall’ingresso in struttura, la stima scende al 70%.I modelli logistici e i modelli di Cox portano a risultati simili; OR e HR riferiti alle medesime variabili hanno ordini di grandezza simili e stessa significatività statistica. In questo campione, l’analisi evidenzia che non vi è un rischio significativo di caduta associato al sesso, all'età, alla presenza di patologie del SNC, o di patologia cardiovascolare, muscoloscheletrica e sensoriale. Anche considerando un dettaglio maggiore delle varie patologie non emerge un diverso rischio. Ad esempio, per quanto riguarda le patologie cardiovascolari, la presenza di ipertensione (presente in 7 dei pazienti caduti) non è correlata al rischio di caduta e ciò può essere in accordo con la letteratura, secondo cui sarebbe invece l'ipotensione posturale un fattore di rischio per le cadute. In controtendenza con quanto afferma la letteratura, invece, la presenza di deficit dell'apparato visivo (presenti in 2 pazienti fra quelli caduti) o di quello uditivo (presente in 1 solo paziente fra gli ospiti caduti) non sembrano essere associati al rischio di caduta. Come invece ci si poteva attendere, l'analisi indica un rischio più elevato di caduta (>9,4 volte) nel gruppo di ospiti che all'ingresso in struttura vengono classificati come “parzialmente autosufficienti” rispetto a coloro che non sono autosufficienti. Una considerazione a parte merita il risultato relativo alla variabile presenza di disturbi mentali-psicologici (demenza senile e/o disturbi del comportamento): si ottiene un OR pari a 3,5 con p=0,051 e un HR pari a 2,93 con p=0,066, quindi al limite della significatività statistica. Sembra quindi che esista un rischio più elevato per chi soffre di questi disturbi: è importante sottolineare l'attenzione che deve essere prestata a pazienti con queste problematiche, che potrebbero non rendersi conto dei pericoli ambientali ed andare incontro a cadute o ad altri incidenti. Osservando le curve di sopravvivenza costruite con il metodo di Kaplan-Meier si ritrovano questi risultati: si può infatti notare, per le diverse variabili considerate, come le curve relative alle varie modalità si sovrappongano, indice di una non diversità nei rischi. Questo non succede per la variabile “presenza di disturbi mentali psicologici” e per le modalità “parzialmente autosufficiente” e “non autosufficiente” della variabile “stato della persona”. Anche le curve relative alle modalità della variabile “presenza di patologie del sistema nervoso” non si sovrappongono, ma la non significatività è probabilmente dovuta al fatto che solo uno tra i pazienti affetti da questa patologia ha sperimentato l’evento caduta.Esaminando la distribuzione delle cadute verificatesi nel campione dello studio nel periodo considerato (gennaio 2008-maggio 2010), è possibile osservare che:•il 37,5% delle cadute si verifica nel soggiorno;•la causa più frequente (50% dei casi) è la perdita di equilibrio, che potrebbe essere associata a capogiro o vertigine;•la fascia oraria in cui si verifica il maggior numero di cadute (62,5%) è quella compresa fra le h 6.00 del mattino e le ore 13.00; •nel 50% dei dati raccolti lo stato fisico dell'ospite al momento della caduta risulta essere buono, anche se questo dato risulta meno significativo perché, su un totale di 16 eventi 4 sono missing, ossia l'informazione non è stata riportata nella scheda di segnalazione.Per gli ospiti che hanno sperimentato l’evento caduta, era disponibile anche il numero totale di cadute. Dei 16 caduti, in 13 hanno sperimentato l’evento una sola volta, mentre gli altri 3 sono caduti altre due volte dopo la prima.Analizzando attraverso il test esatto di Fisher l’associazione tra il numero di cadute e le diverse variabili già considerate, non emergono risultati statisticamente significativi. Questo può comunque essere dovuto alla bassa numerosità con cui si ha a che fare in questo campione.ConclusioniI dati sopra citati non possono essere letti senza tener conto dei due più evidenti limiti di questo lavoro:•la bassa numerosità del campione e il breve periodo di osservazione (29 mesi): si ricorda che i dati relativi alle cadute sono stati estrapolati dal sistema gestionale in uso presso la struttura dai primi mesi del 2008;•la caratteristica intrinseca di questo studio che, essendo retrospettivo, non è stato pianificato ad hoc per valutare il rischio di caduta, ma si basa su informazioni relative ad eventi verificatisi in un arco temporale definito.L'introduzione e l'utilizzo di un software, contenente diverse applicazioni, per la gestione informatica dei dati relativi agli ospiti permette una rapida disponibilità e consultazione di dati, un puntuale monitoraggio di ogni paziente e una maggiore integrazione fra le varie figure professionali. Gli operatori però devono imparare e conoscere questa tecnologia, per utilizzarla al meglio e sfruttarne le potenzialità, e soprattutto l'implementazione di un sistema informatico deve essere finalizzata al miglioramento delle attività assistenziali, poiché i dati raccolti in modo “asettico e burocratico” non generano necessariamente cambiamenti nella qualità assistenziale. Occorre inoltre acquisire maggiore consapevolezza sul tema della prevenzione e sicurezza degli ospiti, cercando di mettere in atto tutti quegli accorgimenti utili ad evitare un potenziale danno alle persone. Questo comporta il prestare una maggiore attenzione a quegli ospiti che potrebbero essere a rischio di caduta, valutandone periodicamente le condizioni generali (in particolare all’ingresso e contestualmente ad ogni PAI), revisionando la terapia farmacologica, l’utilizzo della contenzione, lo stato di nutrizione e idratazione, l’assenza di lesioni cutanee, etc. L’impiego di uno strumento di valutazione del rischio di caduta si colloca nell'ottica della personalizzazione dell'assistenza, dell'allocazione mirata delle risorse e del loro efficace ed efficiente utilizzo. Infine, bisogna sempre ricordare che la finalità della prevenzione delle cadute, come di qualsiasi altro evento avverso, implica una stretta collaborazione fra tutti i membri dell'equipe assistenziale con il coinvolgimento, quando è possibile, dei familiari dell'ospite, tenendo sempre in primo piano i bisogni della persona nella loro globalità.
CADUTE IN STRUTTURA. Uno studio retrospettivo in Emilia-Romagna / Ferri, Paola; O., Bernardi. - In: ASSISTENZA ANZIANI. - ISSN 2037-1837. - STAMPA. - 3:(2011), pp. 8-15.
CADUTE IN STRUTTURA. Uno studio retrospettivo in Emilia-Romagna
FERRI, Paola;
2011
Abstract
In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, dove in Sanità viene sottolineata costantemente l'importanza dell'EFFICACIA, dell'EFFICIENZA e dell'APPROPRIATEZZA degli interventi assistenziali, dobbiamo ricordare che altrettanto fondamentale è garantire la SICUREZZA degli utenti. L'obiettivo dei professionisti sanitari è quindi cercare di prevenire tutti quegli eventi dannosi per la salute delle persone derivanti da una malpractice nei contesti di cura ed assistenza, ad esempio errori nella somministrazione della terapia farmacologica, non conformità nelle attività di sala operatoria, procedure diagnostiche o terapeutiche errate, sbagliata identificazione di pazienti e/o prestazioni, scorretta gestione di apparecchiature biomedicali, insorgenza di lesioni da decubito e cadute accidentali. Evitare il verificarsi di queste situazioni è senz'altro un indicatore di “buona qualità” assistenziale, congiuntamente alla messa in atto di interventi assistenziali efficaci ed appropriati.Le cadute accidentali nelle persone anziane a domicilio, ricoverate, oppure ospiti in struttura rappresentano un problema molto rilevante per le diverse implicazioni che esse comportano, quali ad esempio grave disabilità, aumento della comorbilità e della mortalità, senza contare il fatto che frequentemente le cadute sono causa esse stesse di istituzionalizzazione. Troppo spesso, in passato, il problema delle cadute nell'anziano è stato affrontato come un'inevitabile conseguenza dell'invecchiamento e, come tale, un'imprevedibile incidente al quale l'anziano deve rassegnarsi. Oggi questo tipo di atteggiamento non è più accettabile, e sempre di più la caduta nell'anziano è vista come una severa sindrome geriatrica, che può avere conseguenze mediche, funzionali e sociali di grande rilevanza. La caduta viene definita dall'RNAO (Registered Nurses' Association of Ontario) come “un improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla posizione ortostatica, o assisa, o clinostatica”. Questa definizione comprende le circostanze in cui il paziente cade dalla posizione “in piedi”, da quella seduta (sedia, poltrona, sedia a rotelle o water), mentre cammina, sale o scende le scale, oppure è sdraiato sul letto o sulla barella, così come anche i pazienti trovati sdraiati sul pavimento e le cadute avvenute nonostante il supporto di operatori o altre persone (famigliari, badanti, volontari, altri pazienti) e/o il sostegno di presidi (deambulatori, bastone, treppiede). Lo studio retrospettivoObiettivo dello studioValutare il rischio di caduta e studiare l’associazione tra evento caduta e fattori prognostici negli ospiti di una struttura protetta. Per il raggiungimento dello scopo della ricerca è stato pianificato e realizzato uno studio retrospettivo.Materiali e MetodiContesto: lo studio è stato svolto presso una Struttura Protetta privata e convenzionata della Regione Emilia Romagna.Raccolta dati: i dati sono stati estrapolati da un Software che consente di storicizzare informazioni sugli utenti e sul piano di assistenza individualizzato.Periodo di raccolta dati: dal 1 gennaio 2008 al 31 maggio 2010.Campione: 68 persone.Risultati e loro analisi statisticaVi sono in totale 68 persone (47 femmine e 21 maschi, di età mediana 83 anni, e il cui range di età va dai 53 ai 95 anni), sulle quali è stato monitorato il verificarsi dell’evento CADUTA.Nel periodo considerato (gennaio 2008-maggio 2010), fra questi 68 pazienti, 16 sono andati incontro all’evento caduta (indicato nel dataset come T1), mentre gli altri 52 non hanno subito tale evento, rappresentando in questo modo il gruppo dei “controlli”.L’incidenza cumulativa delle cadute, ottenuta come rapporto tra numero di cadute e totale di pazienti inclusi nello studio, è pari a 0,24, che equivale a dire che il 24% dei pazienti inclusi ha sperimentato l’evento.Il tasso d’incidenza, ottenuto come rapporto tra numero di cadute e somma di tutti i mesi di osservazione per tutti i pazienti, è pari a 0,03: in un mese si verificano 0,03 cadute, che corrispondono a circa una caduta ogni tre mesi.La stima della funzione di sopravvivenza ad 1 mese, a 6 mesi e ad 1 anno è la seguente:-dopo 30 giorni dall’ingresso in struttura, la stima della funzione di sopravvivenza è del 95%, ovvero il 95% dei pazienti a 30 giorni non è ancora caduto;-dopo 6 mesi dall’ingresso in struttura, la stima scende all’81%;-dopo 1 anno dall’ingresso in struttura, la stima scende al 70%.I modelli logistici e i modelli di Cox portano a risultati simili; OR e HR riferiti alle medesime variabili hanno ordini di grandezza simili e stessa significatività statistica. In questo campione, l’analisi evidenzia che non vi è un rischio significativo di caduta associato al sesso, all'età, alla presenza di patologie del SNC, o di patologia cardiovascolare, muscoloscheletrica e sensoriale. Anche considerando un dettaglio maggiore delle varie patologie non emerge un diverso rischio. Ad esempio, per quanto riguarda le patologie cardiovascolari, la presenza di ipertensione (presente in 7 dei pazienti caduti) non è correlata al rischio di caduta e ciò può essere in accordo con la letteratura, secondo cui sarebbe invece l'ipotensione posturale un fattore di rischio per le cadute. In controtendenza con quanto afferma la letteratura, invece, la presenza di deficit dell'apparato visivo (presenti in 2 pazienti fra quelli caduti) o di quello uditivo (presente in 1 solo paziente fra gli ospiti caduti) non sembrano essere associati al rischio di caduta. Come invece ci si poteva attendere, l'analisi indica un rischio più elevato di caduta (>9,4 volte) nel gruppo di ospiti che all'ingresso in struttura vengono classificati come “parzialmente autosufficienti” rispetto a coloro che non sono autosufficienti. Una considerazione a parte merita il risultato relativo alla variabile presenza di disturbi mentali-psicologici (demenza senile e/o disturbi del comportamento): si ottiene un OR pari a 3,5 con p=0,051 e un HR pari a 2,93 con p=0,066, quindi al limite della significatività statistica. Sembra quindi che esista un rischio più elevato per chi soffre di questi disturbi: è importante sottolineare l'attenzione che deve essere prestata a pazienti con queste problematiche, che potrebbero non rendersi conto dei pericoli ambientali ed andare incontro a cadute o ad altri incidenti. Osservando le curve di sopravvivenza costruite con il metodo di Kaplan-Meier si ritrovano questi risultati: si può infatti notare, per le diverse variabili considerate, come le curve relative alle varie modalità si sovrappongano, indice di una non diversità nei rischi. Questo non succede per la variabile “presenza di disturbi mentali psicologici” e per le modalità “parzialmente autosufficiente” e “non autosufficiente” della variabile “stato della persona”. Anche le curve relative alle modalità della variabile “presenza di patologie del sistema nervoso” non si sovrappongono, ma la non significatività è probabilmente dovuta al fatto che solo uno tra i pazienti affetti da questa patologia ha sperimentato l’evento caduta.Esaminando la distribuzione delle cadute verificatesi nel campione dello studio nel periodo considerato (gennaio 2008-maggio 2010), è possibile osservare che:•il 37,5% delle cadute si verifica nel soggiorno;•la causa più frequente (50% dei casi) è la perdita di equilibrio, che potrebbe essere associata a capogiro o vertigine;•la fascia oraria in cui si verifica il maggior numero di cadute (62,5%) è quella compresa fra le h 6.00 del mattino e le ore 13.00; •nel 50% dei dati raccolti lo stato fisico dell'ospite al momento della caduta risulta essere buono, anche se questo dato risulta meno significativo perché, su un totale di 16 eventi 4 sono missing, ossia l'informazione non è stata riportata nella scheda di segnalazione.Per gli ospiti che hanno sperimentato l’evento caduta, era disponibile anche il numero totale di cadute. Dei 16 caduti, in 13 hanno sperimentato l’evento una sola volta, mentre gli altri 3 sono caduti altre due volte dopo la prima.Analizzando attraverso il test esatto di Fisher l’associazione tra il numero di cadute e le diverse variabili già considerate, non emergono risultati statisticamente significativi. Questo può comunque essere dovuto alla bassa numerosità con cui si ha a che fare in questo campione.ConclusioniI dati sopra citati non possono essere letti senza tener conto dei due più evidenti limiti di questo lavoro:•la bassa numerosità del campione e il breve periodo di osservazione (29 mesi): si ricorda che i dati relativi alle cadute sono stati estrapolati dal sistema gestionale in uso presso la struttura dai primi mesi del 2008;•la caratteristica intrinseca di questo studio che, essendo retrospettivo, non è stato pianificato ad hoc per valutare il rischio di caduta, ma si basa su informazioni relative ad eventi verificatisi in un arco temporale definito.L'introduzione e l'utilizzo di un software, contenente diverse applicazioni, per la gestione informatica dei dati relativi agli ospiti permette una rapida disponibilità e consultazione di dati, un puntuale monitoraggio di ogni paziente e una maggiore integrazione fra le varie figure professionali. Gli operatori però devono imparare e conoscere questa tecnologia, per utilizzarla al meglio e sfruttarne le potenzialità, e soprattutto l'implementazione di un sistema informatico deve essere finalizzata al miglioramento delle attività assistenziali, poiché i dati raccolti in modo “asettico e burocratico” non generano necessariamente cambiamenti nella qualità assistenziale. Occorre inoltre acquisire maggiore consapevolezza sul tema della prevenzione e sicurezza degli ospiti, cercando di mettere in atto tutti quegli accorgimenti utili ad evitare un potenziale danno alle persone. Questo comporta il prestare una maggiore attenzione a quegli ospiti che potrebbero essere a rischio di caduta, valutandone periodicamente le condizioni generali (in particolare all’ingresso e contestualmente ad ogni PAI), revisionando la terapia farmacologica, l’utilizzo della contenzione, lo stato di nutrizione e idratazione, l’assenza di lesioni cutanee, etc. L’impiego di uno strumento di valutazione del rischio di caduta si colloca nell'ottica della personalizzazione dell'assistenza, dell'allocazione mirata delle risorse e del loro efficace ed efficiente utilizzo. Infine, bisogna sempre ricordare che la finalità della prevenzione delle cadute, come di qualsiasi altro evento avverso, implica una stretta collaborazione fra tutti i membri dell'equipe assistenziale con il coinvolgimento, quando è possibile, dei familiari dell'ospite, tenendo sempre in primo piano i bisogni della persona nella loro globalità.Pubblicazioni consigliate
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