L'A. condivide la decisione in commento nella quale la Suprema Corte affronta due questioni: la possibilità che un dirigente possa essere tale anche se gerarchicamente sotto-ordinato rispetto a un altro collega; l'attribuibilità di qualche rilevanza a eventuali demansionamenti che interessino un dirigente, almeno in origine, realmente tale. La risposta al primo interrogativo è affermativa, dal momento che la qualifica di dirigente non presuppone una posizione apicale assoluta, dovendosi ritenere che la presenza di una pluralità di dirigenti di livelli diversi, con graduazione di compiti, sia compatibile con la complessità delle attuali organizzazioni aziendali. La risposta al secondo interrogativo è invece negativa: quand'anche esistente e provato, il demansionamento, in quanto vietato, è nullo e improduttivo di effetti rispetto all'inquadramento categoriale del dirigente interessato. Esso espone il datore di lavoro a responsabilità risarcitoria, ma non muta le condizioni di applicazione del regime legale relativo. Per quanto riguarda la distinzione che viene fatta dalla Corte tra la nozione di giustificatezza e la nozione di giusta causa del licenziamento del dirigente, l'A. rileva che costituisce da tempo ius receptum l'affermazione che la giustificatezza non si identifica con la nozione di giusta causa né con quella di giustificato motivo. L'A. conclude affermando che una simile conclusione procede dall'eterogenea natura delle rispettive fonti - convenzionale quella relativa alla prima figura, legale quella relativa alle ultime due - e pertanto dalla necessità di adottare una diversa strumentazione ermeneutica, volta solo nel primo caso alla emersione della voluntas delle parti contrattuali.
Il licenziamento del dirigente: alcuni spunti di riflessione / Basenghi, Francesco. - In: RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL LAVORO. - ISSN 0393-2494. - STAMPA. - 3:(2008), pp. 659-668.
Il licenziamento del dirigente: alcuni spunti di riflessione
BASENGHI, Francesco
2008
Abstract
L'A. condivide la decisione in commento nella quale la Suprema Corte affronta due questioni: la possibilità che un dirigente possa essere tale anche se gerarchicamente sotto-ordinato rispetto a un altro collega; l'attribuibilità di qualche rilevanza a eventuali demansionamenti che interessino un dirigente, almeno in origine, realmente tale. La risposta al primo interrogativo è affermativa, dal momento che la qualifica di dirigente non presuppone una posizione apicale assoluta, dovendosi ritenere che la presenza di una pluralità di dirigenti di livelli diversi, con graduazione di compiti, sia compatibile con la complessità delle attuali organizzazioni aziendali. La risposta al secondo interrogativo è invece negativa: quand'anche esistente e provato, il demansionamento, in quanto vietato, è nullo e improduttivo di effetti rispetto all'inquadramento categoriale del dirigente interessato. Esso espone il datore di lavoro a responsabilità risarcitoria, ma non muta le condizioni di applicazione del regime legale relativo. Per quanto riguarda la distinzione che viene fatta dalla Corte tra la nozione di giustificatezza e la nozione di giusta causa del licenziamento del dirigente, l'A. rileva che costituisce da tempo ius receptum l'affermazione che la giustificatezza non si identifica con la nozione di giusta causa né con quella di giustificato motivo. L'A. conclude affermando che una simile conclusione procede dall'eterogenea natura delle rispettive fonti - convenzionale quella relativa alla prima figura, legale quella relativa alle ultime due - e pertanto dalla necessità di adottare una diversa strumentazione ermeneutica, volta solo nel primo caso alla emersione della voluntas delle parti contrattuali.Pubblicazioni consigliate
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