In questa pubblicazione Ferri e Mecugni risultano come collaboratori, con altri, facendo parte di un gruppo di lavoro.L’esperienza dei corsi di laurea in infermieristica evidenzia una notevole variabilità che sembra avere influenza anche sugli esiti della preparazione. L’assenza di un esame finale abilitante omogeneo, rende ancora più incerto il livello di preparazione raggiunto. Questo ha probabilmente determinato un impatto sul mondo del lavoro e sui processi di inserimento dei neo laureati. Dalla legge 42/99, il campo di attività dell’infermiere è disciplinato dal profilo professionale (DM 739/99), dall’ordinamento didattico dei corsi di studi e dal codice deontologico. In questi primi anni di esperienza formativa universitaria, è stata attribuita molta enfasi alla trasparenza dei piani di studio, alle discipline attivate (per ambiti/ finalità, carico di apprendimento) e alle diverse sperimentazioni per potenziare l’efficacia formativa dei tirocini, mentre non sono state ancora dettagliate le competenze dell’infermiere neolaureato. Molte liste sono disponibili in sede locale, articolate per anno di corso (primo, secondo, terzo) o per singolo corso integrato mentre non sono state definite quelle finali da certificare con l’esame di abilitazione. Anche gli studenti, come accade in altri Paesi, potrebbero percepire difficoltà a misurare l’adeguatezza della competenza raggiunta(1). L’assenza di un esame di abilitazione nazionale non permette di standardizzare l’esito della formazione e/o di valutarlo in modo uniforme: gli esami di abilitazione gestiti localmente sono spesso coerenti alle scelte didattiche interne, misurano il profilo di competenze che quel corso di laurea riteneva rilevante e comprendono spesso solo prove cognitive. Partire dalle competenze esito che la norma chiede di definire all’Università per delineare il campo di attività di un infermiere potrebbe essere, alla vigilia della seconda riforma, una importante occasione per riflettere: a) non tanto sugli obiettivi di anno o di corso integrato, quanto sulle competenze finali che ci si aspetta dalla formazione. Potrebbe essere progettato un percorso a ritroso che guarda al risultato per ripensare l’ordinamento didattico (competenze e contenuti core) e le attività didattiche correlate (d’aula e professionalizzanti); b) non tanto sul processo formativo, che viene progettato e gestito localmente sulla base delle opportunità(2), delle risorse e dell’Autonomia didattica degli Atenei, quanto sull’esito di competenza atteso dai neo laureati. La cultura degli esiti e, sulla base di questi, la ricerca e combinazione dei fattori che potrebbero garantirli, già diffusa in altri ambiti(3,4,5) anche formativi(6) potrebbe innovare il modo di pensare la formazione infermieristica. Tali esiti di competenza (learning outcomes) saranno ‘iniziali’ rispetto a quello che ci si aspetta da un infermiere esperto; tuttavia, potrebbero costituire la necessaria certificazione per agire in sicurezza sugli utenti.

Alla vigilia della seconda riforma. Le ragioni di un percorso e di una proposta innovativa di Piano di studi in Infermieristica / Palese, A; Dalponte, A; CON LA COLLABORAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO REVISIONE DEL PIANO DEGLI STUDI DEI CORSI DI LAUREA IN, Infermieristica; COMPOSTO DA BERNARDI, P; Biasi, A; Brugnolli, A; Carli, E; Cirio, L; Cunico, L; DE ROSSI A., M; Destrebecq, A; Ferri, Paola; Ginosa, I; Lusignani, M; Manara, D; Marognolli, O; Mecugni, Daniela; Menarello, G; Milan, R; Motta, P; Poddighe, L; Rasero, L; Saiani, L; Sampfl, B; Tomietto, M; Valoppi, G.. - In: MEDICINA E CHIRURGIA. - ISSN 2279-7068. - STAMPA. - 39:(2007), pp. 1635-1643.

Alla vigilia della seconda riforma. Le ragioni di un percorso e di una proposta innovativa di Piano di studi in Infermieristica

FERRI, Paola;MECUGNI, Daniela;
2007

Abstract

In questa pubblicazione Ferri e Mecugni risultano come collaboratori, con altri, facendo parte di un gruppo di lavoro.L’esperienza dei corsi di laurea in infermieristica evidenzia una notevole variabilità che sembra avere influenza anche sugli esiti della preparazione. L’assenza di un esame finale abilitante omogeneo, rende ancora più incerto il livello di preparazione raggiunto. Questo ha probabilmente determinato un impatto sul mondo del lavoro e sui processi di inserimento dei neo laureati. Dalla legge 42/99, il campo di attività dell’infermiere è disciplinato dal profilo professionale (DM 739/99), dall’ordinamento didattico dei corsi di studi e dal codice deontologico. In questi primi anni di esperienza formativa universitaria, è stata attribuita molta enfasi alla trasparenza dei piani di studio, alle discipline attivate (per ambiti/ finalità, carico di apprendimento) e alle diverse sperimentazioni per potenziare l’efficacia formativa dei tirocini, mentre non sono state ancora dettagliate le competenze dell’infermiere neolaureato. Molte liste sono disponibili in sede locale, articolate per anno di corso (primo, secondo, terzo) o per singolo corso integrato mentre non sono state definite quelle finali da certificare con l’esame di abilitazione. Anche gli studenti, come accade in altri Paesi, potrebbero percepire difficoltà a misurare l’adeguatezza della competenza raggiunta(1). L’assenza di un esame di abilitazione nazionale non permette di standardizzare l’esito della formazione e/o di valutarlo in modo uniforme: gli esami di abilitazione gestiti localmente sono spesso coerenti alle scelte didattiche interne, misurano il profilo di competenze che quel corso di laurea riteneva rilevante e comprendono spesso solo prove cognitive. Partire dalle competenze esito che la norma chiede di definire all’Università per delineare il campo di attività di un infermiere potrebbe essere, alla vigilia della seconda riforma, una importante occasione per riflettere: a) non tanto sugli obiettivi di anno o di corso integrato, quanto sulle competenze finali che ci si aspetta dalla formazione. Potrebbe essere progettato un percorso a ritroso che guarda al risultato per ripensare l’ordinamento didattico (competenze e contenuti core) e le attività didattiche correlate (d’aula e professionalizzanti); b) non tanto sul processo formativo, che viene progettato e gestito localmente sulla base delle opportunità(2), delle risorse e dell’Autonomia didattica degli Atenei, quanto sull’esito di competenza atteso dai neo laureati. La cultura degli esiti e, sulla base di questi, la ricerca e combinazione dei fattori che potrebbero garantirli, già diffusa in altri ambiti(3,4,5) anche formativi(6) potrebbe innovare il modo di pensare la formazione infermieristica. Tali esiti di competenza (learning outcomes) saranno ‘iniziali’ rispetto a quello che ci si aspetta da un infermiere esperto; tuttavia, potrebbero costituire la necessaria certificazione per agire in sicurezza sugli utenti.
2007
39
1635
1643
Alla vigilia della seconda riforma. Le ragioni di un percorso e di una proposta innovativa di Piano di studi in Infermieristica / Palese, A; Dalponte, A; CON LA COLLABORAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO REVISIONE DEL PIANO DEGLI STUDI DEI CORSI DI LAUREA IN, Infermieristica; COMPOSTO DA BERNARDI, P; Biasi, A; Brugnolli, A; Carli, E; Cirio, L; Cunico, L; DE ROSSI A., M; Destrebecq, A; Ferri, Paola; Ginosa, I; Lusignani, M; Manara, D; Marognolli, O; Mecugni, Daniela; Menarello, G; Milan, R; Motta, P; Poddighe, L; Rasero, L; Saiani, L; Sampfl, B; Tomietto, M; Valoppi, G.. - In: MEDICINA E CHIRURGIA. - ISSN 2279-7068. - STAMPA. - 39:(2007), pp. 1635-1643.
Palese, A; Dalponte, A; CON LA COLLABORAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO REVISIONE DEL PIANO DEGLI STUDI DEI CORSI DI LAUREA IN, Infermieristica; COMPOSTO D...espandi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/612046
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