Introduzione Parlare di droga è stato e continua ad essere di moda, tuttavia poco rilievo è stato dato all’analisi di quella che in Italia è sempre stata la tossicomania più antica e diffusa, e cioè l’alcolismo, considerato un flagello sociale ai primi posti tra le cause di mortalità sia per le conseguenze dirette sull’organismo (es. cirrosi epatica) sia per le conseguenze indirette come incidenti stradali ed infortuni sul lavoro. Un gruppo di esperti dell’O.M.S. nel 1951 definì alcolista “colui il quale consuma alcolici in misura eccessiva e che per questo motivo sviluppa una dipendenza psichica e fisica dall’alcol e manifesta alterazioni della salute fisica e psichica con disturbi comportamentali, difficoltà nelle relazioni interpersonali e problemi nella sfera sociale”. L’alcolismo è stato collocato nell’ambito delle tossicodipendenze proprio per lo stato di dipendenza psichica e fisica che si viene a creare nel paziente, che presenta un abnorme desiderio di assumere la sostanza, la tendenza all’aumento delle quantità ingerite a causa della tolleranza e una volta instauratasi la dipendenza fisica, la comparsa della sindrome di astinenza per la mancata assunzione dell’alcol.Eziopatogenesi Diversi approcci metodologici e differenti modelli euristici sono stati adottati per tentare di spiegare questo disturbo la cui genesi appare molto complessa e commista di fattori di ordine socio-culturale, psicologico e biologico, che si sovrappongono rafforzandosi e intrecciandosi tra loro. La cultura dell’alcool in Italia come in altri Paesi è mutata, ma non ne è cambiata l’accettazione sociale, in parte spiegabile con le caratteristiche intrinseche dell’alcool che a differenza delle altre droghe permette una consuetudine, quella dei cosiddetti bevitori sociali, che molto spesso non degenerano in abuso. Infatti per avere una dipendenza da alcool occorrono dosi significativamente alte della sostanza e per un periodo di tempo prolungato a differenza di altre sostanze (cocaina ed oppiacei) per le quali è sufficiente un periodo molto più breve per avere una dipendenza. In passato una elevata assunzione rappresentava segno di salute e virilità, forza ed allegria, avremo di certo sentito il detto “il vino fa buon sangue”, oppure canzoni che istigavano al consumo di vino per dimenticare tutti i problemi. Oggigiorno l’allentarsi dei legami familiari, la maggior mobilità della popolazione, un maggior isolamento dell’individuo sono fattori che possono costituire un terreno favorente l’abuso di alcool, così come il maggior benessere economico permette un’aumentata possibilità di acquisti voluttuari ed una disponibilità di tempo libero per goderne; a questi si aggiungono problemi di adattamento ad un tipo di vita sempre più stressante, tutti fattori che portano l’individuo a rifugiarsi nell’abuso di sostanze inebrianti. In confronto al passato si è potuto riscontrare una riduzione dell’età media d’inizio dell’assunzione di alcool ed una più estesa partecipazione del sesso femminile. Non va dimenticato come le bevande alcoliche siano presenti nelle abitudini della società sotto varie modalità, un esempio potrebbero essere gli aperitivi, i cocktails , i rinfreschi, ecc. Per non parlare della produzione e dello smercio dei prodotti alcolici che coinvolgono vasti interessi, i quali non favoriscono “campagne di dissuasione”, anzi ne istigano il consumo attraverso la pubblicità. Anche alcune professioni quali: contadino, muratore, cuoco, barman, ecc, possono costituire una pressante sollecitazione a bere alcolici, così come le condizioni di vita sociali scadenti e l’isolamento. Ultimo ma non in grado di importanza è il ruolo della famiglia, la quale può trasmettere una cultura che considera il bere un valore positivo. Infatti il 50-80 % degli alcolisti provengono da famiglie in cui uno o entrambi i genitori bevevano. Il profilo psicologico dell’alcolista è stato analizzato soprattutto da studiosi di matrice psicoanalitica; i quali hanno considerato l’alcolismo in primo luogo un problema individuale e che solo secondariamente poteva essere influenzato dall’ambiente sociale. Come risultato di lunghe ricerche si è avuta l’individuazione di una serie di tratti caratteriali della persona presenti con una certa costanza nell’alcolista e la negazione di una personalità morbosa specifica come essi invece supponevano.Fenomeni astinenziali Così come si hanno disturbi neuropsichiatrici da eccessivo consumo di alcool, si verificano anche disturbi dovuti ad una sospensione dell’assunzione di alcool, questi disturbi vengono racchiusi tra i fenomeni astinenziali. I disturbi secondari all’assunzione di alcool sono inquadrati nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali IV ( edito dalla Associazione degli Psichiatri Americani, APA), nel capitolo dedicato ai disturbi correlati a sostanze, e sono suddivisi in : - disturbi da uso di sostanze;- disturbi indotti da sostanze;- disturbi correlati ad uso di sostanze. La sindrome da astinenza alcolica (SAA) è inquadrata nel DSM IV nell’ambito dei disturbi indotti da sostanze ed in particolare di quelli indotti da alcool. Le caratteristiche essenziali dell’astinenza da alcool sono costituite da alcuni sintomi che vanno dai fini tremori delle mani, della lingua, per poi passare a nausea, vomito, senso di malessere e debolezza, iperattività del sistema autonomo con tachicardia, sudorazione ed elevata pressione sanguigna, ansia, umore depresso o irritabile, ipotensione ortostatica che compaiono entro alcune ore dalla cessazione o dalla riduzione dell’ingestione di alcool in un individuo che ha bevuto alcool per un periodo di molti giorni o per un periodo maggiore. E’ ovvio che la gravità dell’astinenza si può correlare con la quantità e la frequenza di assunzione di alcool precedente al fenomeno stesso dell’astinenza. Lo stesso “fenomeno di Hangover”, cioè la post/sbornia è considerato da molti una forma attenuata di astinenza; i sintomi che variano a seconda degli individui e durano per non più di un giorno, richiedono un trattamento sintomatico (ad esempio con salicilato in caso di cefalea). I sintomi comprendono cefalea, nausea, vomito, diarrea, letargia, ansia, depressione dell’umore e tremori, questo fenomeno può avere un esito benefico, che porta il soggetto ad auto limitarsi. Intossicazione alcolica acuta Deriva dall’assunzione in breve tempo di eccessive quantità di alcool. Si manifesta non esclusivamente in soggetti dipendenti, ma anche con una certa frequenza in soggetti che abusano occasionalmente. Si distinguono tre gradi di questo stato di ebbrezza:1.una fase di eccitazione, caratterizzata da un senso di benessere, d’euforia, con alterazione della vigilanza e self-control. Questa fase corrisponde a tassi di alcolemia di 1 -2 gr/lt;2.una fase ebbra, che evidenzia perturbazioni motorie (titubante e difettosa coordinazione) e incoerenza nei discorsi. I tassi alcolemici di questa fase sono circa 2 – 3 gr/lt;3.una fase comatosa, quando il tasso alcolemico è superiore a 3 gr/lt. In questa fase si osserva una diminuzione del tono muscolare, una diminuzione dei riflessi osteo-tendinei, la frequenza di vomito, tendenza al collasso ed una respirazione stertorosa. Si giunge alla morte quando l’alcolemia è pari a 6 – 8 gr/lt. Se il soggetto giunge al sonno alcolico o coma, al suo risveglio presenta totale amnesia riguardo agli eventi accaduti mentre si trovava in stato di ubriachezza. Intossicazione idiosincrasica o patologica Consiste in una marcata alterazione del comportamento (che diventa aggressivo), legata all’ingestione recente di una quantità di alcool insufficiente ad indurre intossicazione nella maggior parte dei soggetti. Il paziente spesso presenta amnesia retrograda relativa all’episodio di intossicazione e ha bisogno, in genere, di dormire 12 – 15 ore. Questo stato ha un esordio improvviso e si manifesta con un restringimento del campo di coscienza, agitazione psicomotoria con atti violenti. Quindi il soggetto che in condizioni normali si dimostra una persona ben educata spesso timida e riservata, dopo l’assunzione di piccole quantità di alcool può divenire aggressiva e notevolmente violenta, può compiere azioni criminose anche gravi che non riesce a ricordare una volta tornato allo stato di sobrietà.Delirium tremens E’ una psicosi acuta, appartenente alle psicosi esogene acute, ed è una frequente complicanza dell’alcolismo cronico. Essa rappresenta la manifestazione acuta più imponente a tipo di reazione esogena. E’ ancora discussa nel suo meccanismo patogenetico (sindrome da astinenza forzata, in concomitanza di traumi fisici, di malattie febbrili, quali influenza e broncopolmoniti, di interventi chirurgici), certo è che la brusca interruzione dell’ingestione di alcool può favorire lo scoppio di tale sindrome. I prodromi consistono nell’accentuazione dei sintomi dell’alcolismo cronico con comparsa di ansia, irrequietezza, insonnia, incubi notturni che possono durare settimane. L’inizio è acuto e tumultuoso, compare viva angoscia con evidenti turbe di coscienza (specie dell’orientamento spazio temporale), incoerenza, ricchezza di fenomeni psicosensoriali, illusioni e allucinazioni. La allucinazioni sono mobili, specialmente visive: con visioni di insetti, piccoli animali, rettili (allucinazioni zooptiche) che camminano sul letto, sui muri e il paziente cerca di allontanarli o di schiacciarli, inoltre mostri e figure minacciose non sono di rara apparizione. Non mancano i cosiddetti deliri professionali favoriti dalla confusione e dal disorientamento. L’umore è caratteristico, alternando o combinando un’angosciata inquietudine con atteggiamenti gioviali, euforici, pieni di brio talora associati nel così detto “umore patibolare”. Dal punto di vista somatico spiccano i tremori a grandi scosse in tutti il corpo, con prevalenza alle mani e alla lingua, la disartria, l’atassia, l’ipersudorazione, i sintomi di disidratazione, la polipnea e la febbre con tendenza alla tachicardia e all’ipopotassiemia e sofferenza delle strutture vegetative troncoencefaliche. Il decorso è di solito breve (pochi giorni) specie nelle forme lievi o medie. La prognosi è sempre in rapporto alle condizioni generali ed all’età, comunque il delirium mette spesso in pericolo di vita il paziente, un tempo senza adeguate terapie la mortalità si aggirava persino al 20 % dei casi (Bumke). Oggi è molto ridotta per l’efficacia dei tempestivi provvedimenti terapeutici. La terapia è fondata sulla ospedalizzazione precoce e su un attento trattamento dello stato cardiocircolatorio (analettici, stimolanti, cardiotonici, cortisone, ecc), un assai prudente sedazione (clordiazepossido o diazepam), con misure reidratanti, con regolazione delle turbe idrosaline (infusione di glucosate con rapporto salino adeguato), fondamentale una massiccia introduzione di vitamine del gruppo B (B1 e PP), infusione di glucosio ed insulina più terapia antibiotica perché la mortalità dei tremens per broncopolmoniti era un tempo altissima. Psicosi allucinatoria alcolica cronica Sindrome allucinatoria delirante a temi persecutori con esito o nella demenza o nella schizofrenia paranoide. Nell’ambito delle encefalopatie carenziali, in cui il ruolo della lesione epatica deve essere considerato, abbiamo: l’encefalopatia di Wernicke e la sindrome di Korsakoff. Assistenza infermieristica nel percorso del paziente Prima di parlare dell’intervento sanitario che il personale medico ed infermieristico possono attuare su un paziente etilista allo stato cronico, è bene anche concentrare le nostre forze non tanto nel salvare una persona alcolista, ma nell’evitare che lo diventi. Quindi conoscendo il detto oramai popolare “prevenire è meglio che curare” bisognerebbe dare ampio spazio all’educazione sanitaria e alla prevenzione. E’ anche vero che modificare il mondo socioeconomico dell’alcool che è basato sulla produzione e la distribuzione delle bevande alcoliche non è facile, perciò è bene rivolgere la nostra attenzione sulle persone ed in particolar modo sui giovani che acquisteranno questi beni voluttuari per farne un uso sbagliato. Un esempio di progetto di Educazione Sanitaria potrebbe essere quello di rivolgersi con dei programmi di sensibilizzazione sulle nocività dell’alcool ai giovani delle scuole medie superiori al fine di ottenere una moderazione ed un controllo delle loro usanze. Ipotizzando che il nostro progetto di Educazione Sanitaria abbia dato degli ottimi risultati, riscontrabili a lungo temine, non dobbiamo dimenticare che ci sono degli alcolisti di vecchia data che hanno bisogno di assistenza e trattamenti adeguati alle loro condizioni psicofisiche. Il ruolo dell’infermiere nel trattamento di un paziente alcolista non può essere schematizzato, sia perché l’assistenza varia a seconda dello stato in cui si trova il paziente che può andare sia da uno stato di semplice euforia, fino ad arrivare al coma, sia perché il paziente etilista lo possiamo incontrare in diversi luoghi, come il reparto ospedaliero, ma anche il servizio ambulatoriale (Ser.T./C.S.M.) e/o domiciliare e quindi con differenti esigenze. Per avere in ogni situazione un buon approccio terapeutico con il paziente alcolista l’infermiere insieme all’èquipe deve focalizzare tre punti su cui basare la propria assistenza e cioè:1.considerare sempre l’alcolista come un malato che può essere curato, il cui trattamento richiede diverso tempo, pazienza e comprensione specie per quanto riguarda le inevitabili ricadute;2. adottare e mantenere un atteggiamento terapeutico che escluda il disprezzo, il rifiuto o i discorsi moralistici; 3. tenere conto della personalità debole e immatura dell’alcolista per iniziare con lui una relazione consapevole e responsabile; affrontare il problema apertamente e riconoscere l’etilismo; ciò favorirà un comportamento più aperto e disinvolto del malato, evitando che assuma atteggiamenti di diniego e che ricorra alle ripetizioni di inopportune promesse.Conclusioni La prima battaglia da vincere contro l’alcolismo è che la società acquisisca consapevolezza che esso è un problema sanitario e sociale importante. Il secondo obiettivo è che l’etilista prenda coscienza della sua patologia. Infatti da un’indagine svolta dalla Doxa risulta che il 27 % degli italiani dichiara di conoscere persone con problemi di alcool; da notare che tutte le risposte indicano esperienze di conoscenti, perché quando si cercano dati su esperienze dirette o di familiari le percentuali di denuncia del problema si abbassano drasticamente. Da questo dato risulta che nella percezione collettiva l’alcolismo è ancora un male da nascondere e si tende a minimizzarne gli effetti. Dal percorso fatto risulta chiaro che un paziente alcolista può trovare un solido apporto morale e terapeutico all’interno della propria famiglia, nella struttura ospedaliera, nei servizi sociali e territoriali, nelle associazioni di ex alcolisti. E’ però di fondamentale importanza che tali strutture abbiano una comunione di intenti ed integrino i propri interventi assistenziali. In ogni caso un vero miglioramento nella condizione sociale e sanitaria della persona si può raggiungere solo se essa ammette la propria impotenza di fronte all’alcool, concretizzando il desiderio di smettere di bere.

L’etilista: problematiche psicorganiche da affrontare nell’assistenza infermieristica / Ferri, Paola; A., Giannone; C., Buccolieri. - In: ARETÈ. - STAMPA. - 2:(2005), pp. 32-45.

L’etilista: problematiche psicorganiche da affrontare nell’assistenza infermieristica

FERRI, Paola;
2005

Abstract

Introduzione Parlare di droga è stato e continua ad essere di moda, tuttavia poco rilievo è stato dato all’analisi di quella che in Italia è sempre stata la tossicomania più antica e diffusa, e cioè l’alcolismo, considerato un flagello sociale ai primi posti tra le cause di mortalità sia per le conseguenze dirette sull’organismo (es. cirrosi epatica) sia per le conseguenze indirette come incidenti stradali ed infortuni sul lavoro. Un gruppo di esperti dell’O.M.S. nel 1951 definì alcolista “colui il quale consuma alcolici in misura eccessiva e che per questo motivo sviluppa una dipendenza psichica e fisica dall’alcol e manifesta alterazioni della salute fisica e psichica con disturbi comportamentali, difficoltà nelle relazioni interpersonali e problemi nella sfera sociale”. L’alcolismo è stato collocato nell’ambito delle tossicodipendenze proprio per lo stato di dipendenza psichica e fisica che si viene a creare nel paziente, che presenta un abnorme desiderio di assumere la sostanza, la tendenza all’aumento delle quantità ingerite a causa della tolleranza e una volta instauratasi la dipendenza fisica, la comparsa della sindrome di astinenza per la mancata assunzione dell’alcol.Eziopatogenesi Diversi approcci metodologici e differenti modelli euristici sono stati adottati per tentare di spiegare questo disturbo la cui genesi appare molto complessa e commista di fattori di ordine socio-culturale, psicologico e biologico, che si sovrappongono rafforzandosi e intrecciandosi tra loro. La cultura dell’alcool in Italia come in altri Paesi è mutata, ma non ne è cambiata l’accettazione sociale, in parte spiegabile con le caratteristiche intrinseche dell’alcool che a differenza delle altre droghe permette una consuetudine, quella dei cosiddetti bevitori sociali, che molto spesso non degenerano in abuso. Infatti per avere una dipendenza da alcool occorrono dosi significativamente alte della sostanza e per un periodo di tempo prolungato a differenza di altre sostanze (cocaina ed oppiacei) per le quali è sufficiente un periodo molto più breve per avere una dipendenza. In passato una elevata assunzione rappresentava segno di salute e virilità, forza ed allegria, avremo di certo sentito il detto “il vino fa buon sangue”, oppure canzoni che istigavano al consumo di vino per dimenticare tutti i problemi. Oggigiorno l’allentarsi dei legami familiari, la maggior mobilità della popolazione, un maggior isolamento dell’individuo sono fattori che possono costituire un terreno favorente l’abuso di alcool, così come il maggior benessere economico permette un’aumentata possibilità di acquisti voluttuari ed una disponibilità di tempo libero per goderne; a questi si aggiungono problemi di adattamento ad un tipo di vita sempre più stressante, tutti fattori che portano l’individuo a rifugiarsi nell’abuso di sostanze inebrianti. In confronto al passato si è potuto riscontrare una riduzione dell’età media d’inizio dell’assunzione di alcool ed una più estesa partecipazione del sesso femminile. Non va dimenticato come le bevande alcoliche siano presenti nelle abitudini della società sotto varie modalità, un esempio potrebbero essere gli aperitivi, i cocktails , i rinfreschi, ecc. Per non parlare della produzione e dello smercio dei prodotti alcolici che coinvolgono vasti interessi, i quali non favoriscono “campagne di dissuasione”, anzi ne istigano il consumo attraverso la pubblicità. Anche alcune professioni quali: contadino, muratore, cuoco, barman, ecc, possono costituire una pressante sollecitazione a bere alcolici, così come le condizioni di vita sociali scadenti e l’isolamento. Ultimo ma non in grado di importanza è il ruolo della famiglia, la quale può trasmettere una cultura che considera il bere un valore positivo. Infatti il 50-80 % degli alcolisti provengono da famiglie in cui uno o entrambi i genitori bevevano. Il profilo psicologico dell’alcolista è stato analizzato soprattutto da studiosi di matrice psicoanalitica; i quali hanno considerato l’alcolismo in primo luogo un problema individuale e che solo secondariamente poteva essere influenzato dall’ambiente sociale. Come risultato di lunghe ricerche si è avuta l’individuazione di una serie di tratti caratteriali della persona presenti con una certa costanza nell’alcolista e la negazione di una personalità morbosa specifica come essi invece supponevano.Fenomeni astinenziali Così come si hanno disturbi neuropsichiatrici da eccessivo consumo di alcool, si verificano anche disturbi dovuti ad una sospensione dell’assunzione di alcool, questi disturbi vengono racchiusi tra i fenomeni astinenziali. I disturbi secondari all’assunzione di alcool sono inquadrati nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali IV ( edito dalla Associazione degli Psichiatri Americani, APA), nel capitolo dedicato ai disturbi correlati a sostanze, e sono suddivisi in : - disturbi da uso di sostanze;- disturbi indotti da sostanze;- disturbi correlati ad uso di sostanze. La sindrome da astinenza alcolica (SAA) è inquadrata nel DSM IV nell’ambito dei disturbi indotti da sostanze ed in particolare di quelli indotti da alcool. Le caratteristiche essenziali dell’astinenza da alcool sono costituite da alcuni sintomi che vanno dai fini tremori delle mani, della lingua, per poi passare a nausea, vomito, senso di malessere e debolezza, iperattività del sistema autonomo con tachicardia, sudorazione ed elevata pressione sanguigna, ansia, umore depresso o irritabile, ipotensione ortostatica che compaiono entro alcune ore dalla cessazione o dalla riduzione dell’ingestione di alcool in un individuo che ha bevuto alcool per un periodo di molti giorni o per un periodo maggiore. E’ ovvio che la gravità dell’astinenza si può correlare con la quantità e la frequenza di assunzione di alcool precedente al fenomeno stesso dell’astinenza. Lo stesso “fenomeno di Hangover”, cioè la post/sbornia è considerato da molti una forma attenuata di astinenza; i sintomi che variano a seconda degli individui e durano per non più di un giorno, richiedono un trattamento sintomatico (ad esempio con salicilato in caso di cefalea). I sintomi comprendono cefalea, nausea, vomito, diarrea, letargia, ansia, depressione dell’umore e tremori, questo fenomeno può avere un esito benefico, che porta il soggetto ad auto limitarsi. Intossicazione alcolica acuta Deriva dall’assunzione in breve tempo di eccessive quantità di alcool. Si manifesta non esclusivamente in soggetti dipendenti, ma anche con una certa frequenza in soggetti che abusano occasionalmente. Si distinguono tre gradi di questo stato di ebbrezza:1.una fase di eccitazione, caratterizzata da un senso di benessere, d’euforia, con alterazione della vigilanza e self-control. Questa fase corrisponde a tassi di alcolemia di 1 -2 gr/lt;2.una fase ebbra, che evidenzia perturbazioni motorie (titubante e difettosa coordinazione) e incoerenza nei discorsi. I tassi alcolemici di questa fase sono circa 2 – 3 gr/lt;3.una fase comatosa, quando il tasso alcolemico è superiore a 3 gr/lt. In questa fase si osserva una diminuzione del tono muscolare, una diminuzione dei riflessi osteo-tendinei, la frequenza di vomito, tendenza al collasso ed una respirazione stertorosa. Si giunge alla morte quando l’alcolemia è pari a 6 – 8 gr/lt. Se il soggetto giunge al sonno alcolico o coma, al suo risveglio presenta totale amnesia riguardo agli eventi accaduti mentre si trovava in stato di ubriachezza. Intossicazione idiosincrasica o patologica Consiste in una marcata alterazione del comportamento (che diventa aggressivo), legata all’ingestione recente di una quantità di alcool insufficiente ad indurre intossicazione nella maggior parte dei soggetti. Il paziente spesso presenta amnesia retrograda relativa all’episodio di intossicazione e ha bisogno, in genere, di dormire 12 – 15 ore. Questo stato ha un esordio improvviso e si manifesta con un restringimento del campo di coscienza, agitazione psicomotoria con atti violenti. Quindi il soggetto che in condizioni normali si dimostra una persona ben educata spesso timida e riservata, dopo l’assunzione di piccole quantità di alcool può divenire aggressiva e notevolmente violenta, può compiere azioni criminose anche gravi che non riesce a ricordare una volta tornato allo stato di sobrietà.Delirium tremens E’ una psicosi acuta, appartenente alle psicosi esogene acute, ed è una frequente complicanza dell’alcolismo cronico. Essa rappresenta la manifestazione acuta più imponente a tipo di reazione esogena. E’ ancora discussa nel suo meccanismo patogenetico (sindrome da astinenza forzata, in concomitanza di traumi fisici, di malattie febbrili, quali influenza e broncopolmoniti, di interventi chirurgici), certo è che la brusca interruzione dell’ingestione di alcool può favorire lo scoppio di tale sindrome. I prodromi consistono nell’accentuazione dei sintomi dell’alcolismo cronico con comparsa di ansia, irrequietezza, insonnia, incubi notturni che possono durare settimane. L’inizio è acuto e tumultuoso, compare viva angoscia con evidenti turbe di coscienza (specie dell’orientamento spazio temporale), incoerenza, ricchezza di fenomeni psicosensoriali, illusioni e allucinazioni. La allucinazioni sono mobili, specialmente visive: con visioni di insetti, piccoli animali, rettili (allucinazioni zooptiche) che camminano sul letto, sui muri e il paziente cerca di allontanarli o di schiacciarli, inoltre mostri e figure minacciose non sono di rara apparizione. Non mancano i cosiddetti deliri professionali favoriti dalla confusione e dal disorientamento. L’umore è caratteristico, alternando o combinando un’angosciata inquietudine con atteggiamenti gioviali, euforici, pieni di brio talora associati nel così detto “umore patibolare”. Dal punto di vista somatico spiccano i tremori a grandi scosse in tutti il corpo, con prevalenza alle mani e alla lingua, la disartria, l’atassia, l’ipersudorazione, i sintomi di disidratazione, la polipnea e la febbre con tendenza alla tachicardia e all’ipopotassiemia e sofferenza delle strutture vegetative troncoencefaliche. Il decorso è di solito breve (pochi giorni) specie nelle forme lievi o medie. La prognosi è sempre in rapporto alle condizioni generali ed all’età, comunque il delirium mette spesso in pericolo di vita il paziente, un tempo senza adeguate terapie la mortalità si aggirava persino al 20 % dei casi (Bumke). Oggi è molto ridotta per l’efficacia dei tempestivi provvedimenti terapeutici. La terapia è fondata sulla ospedalizzazione precoce e su un attento trattamento dello stato cardiocircolatorio (analettici, stimolanti, cardiotonici, cortisone, ecc), un assai prudente sedazione (clordiazepossido o diazepam), con misure reidratanti, con regolazione delle turbe idrosaline (infusione di glucosate con rapporto salino adeguato), fondamentale una massiccia introduzione di vitamine del gruppo B (B1 e PP), infusione di glucosio ed insulina più terapia antibiotica perché la mortalità dei tremens per broncopolmoniti era un tempo altissima. Psicosi allucinatoria alcolica cronica Sindrome allucinatoria delirante a temi persecutori con esito o nella demenza o nella schizofrenia paranoide. Nell’ambito delle encefalopatie carenziali, in cui il ruolo della lesione epatica deve essere considerato, abbiamo: l’encefalopatia di Wernicke e la sindrome di Korsakoff. Assistenza infermieristica nel percorso del paziente Prima di parlare dell’intervento sanitario che il personale medico ed infermieristico possono attuare su un paziente etilista allo stato cronico, è bene anche concentrare le nostre forze non tanto nel salvare una persona alcolista, ma nell’evitare che lo diventi. Quindi conoscendo il detto oramai popolare “prevenire è meglio che curare” bisognerebbe dare ampio spazio all’educazione sanitaria e alla prevenzione. E’ anche vero che modificare il mondo socioeconomico dell’alcool che è basato sulla produzione e la distribuzione delle bevande alcoliche non è facile, perciò è bene rivolgere la nostra attenzione sulle persone ed in particolar modo sui giovani che acquisteranno questi beni voluttuari per farne un uso sbagliato. Un esempio di progetto di Educazione Sanitaria potrebbe essere quello di rivolgersi con dei programmi di sensibilizzazione sulle nocività dell’alcool ai giovani delle scuole medie superiori al fine di ottenere una moderazione ed un controllo delle loro usanze. Ipotizzando che il nostro progetto di Educazione Sanitaria abbia dato degli ottimi risultati, riscontrabili a lungo temine, non dobbiamo dimenticare che ci sono degli alcolisti di vecchia data che hanno bisogno di assistenza e trattamenti adeguati alle loro condizioni psicofisiche. Il ruolo dell’infermiere nel trattamento di un paziente alcolista non può essere schematizzato, sia perché l’assistenza varia a seconda dello stato in cui si trova il paziente che può andare sia da uno stato di semplice euforia, fino ad arrivare al coma, sia perché il paziente etilista lo possiamo incontrare in diversi luoghi, come il reparto ospedaliero, ma anche il servizio ambulatoriale (Ser.T./C.S.M.) e/o domiciliare e quindi con differenti esigenze. Per avere in ogni situazione un buon approccio terapeutico con il paziente alcolista l’infermiere insieme all’èquipe deve focalizzare tre punti su cui basare la propria assistenza e cioè:1.considerare sempre l’alcolista come un malato che può essere curato, il cui trattamento richiede diverso tempo, pazienza e comprensione specie per quanto riguarda le inevitabili ricadute;2. adottare e mantenere un atteggiamento terapeutico che escluda il disprezzo, il rifiuto o i discorsi moralistici; 3. tenere conto della personalità debole e immatura dell’alcolista per iniziare con lui una relazione consapevole e responsabile; affrontare il problema apertamente e riconoscere l’etilismo; ciò favorirà un comportamento più aperto e disinvolto del malato, evitando che assuma atteggiamenti di diniego e che ricorra alle ripetizioni di inopportune promesse.Conclusioni La prima battaglia da vincere contro l’alcolismo è che la società acquisisca consapevolezza che esso è un problema sanitario e sociale importante. Il secondo obiettivo è che l’etilista prenda coscienza della sua patologia. Infatti da un’indagine svolta dalla Doxa risulta che il 27 % degli italiani dichiara di conoscere persone con problemi di alcool; da notare che tutte le risposte indicano esperienze di conoscenti, perché quando si cercano dati su esperienze dirette o di familiari le percentuali di denuncia del problema si abbassano drasticamente. Da questo dato risulta che nella percezione collettiva l’alcolismo è ancora un male da nascondere e si tende a minimizzarne gli effetti. Dal percorso fatto risulta chiaro che un paziente alcolista può trovare un solido apporto morale e terapeutico all’interno della propria famiglia, nella struttura ospedaliera, nei servizi sociali e territoriali, nelle associazioni di ex alcolisti. E’ però di fondamentale importanza che tali strutture abbiano una comunione di intenti ed integrino i propri interventi assistenziali. In ogni caso un vero miglioramento nella condizione sociale e sanitaria della persona si può raggiungere solo se essa ammette la propria impotenza di fronte all’alcool, concretizzando il desiderio di smettere di bere.
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L’etilista: problematiche psicorganiche da affrontare nell’assistenza infermieristica / Ferri, Paola; A., Giannone; C., Buccolieri. - In: ARETÈ. - STAMPA. - 2:(2005), pp. 32-45.
Ferri, Paola; A., Giannone; C., Buccolieri
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