Il termine burn-out consente con immediatezza di definire un fenomeno che si sta rilevando di estremo interesse e preoccupazione per le conseguenze negative che comporta per gli operatori socio-sanitari e per l’utenza dei servizi sanitari ed assistenziali. Esso coinvolge figure professionali definite helping-professions o professioni di aiuto che hanno implicita nel loro mandato la connotazione di essere di aiuto agli altri. In tali professioni è intrinseca una relazione diretta tra operatore e utente al punto che le capacità personali sono implicate più delle abilità professionali. Il termine burn-out, traducibile in italiano come “ bruciato”, esaurito, scoppiato esprime come efficace metafora il bruciarsi dell’operatore e il suo “cedimento psicofisico” rispetto alle difficoltà dell’attività professionale. Esso esprime “il non farcela più”, il malumore e l’irritazione quotidiana, la prostrazione e lo svuotamento, il senso di delusione e di impotenza”. Tutte le definizioni di burn-out evidenziano l’esaurirsi delle risorse dell’operatore, che lentamente si brucia nel tentativo di adattarsi alle difficoltà del confronto quotidiano con la propria attività lavorativa. L’osservazione del burn-out non può prescindere dalla comprensione della situazione in cui si manifesta. Le variabili da prendere in considerazione sono tante, ognuna delle quali ha un suo peso nella comprensione del fenomeno; le singole professionalità e personalità vanno ad interagire con un sistema organizzativo e con altre figure professionali, spesso in situazioni in cui le regole non sono chiare, i problemi risultano di difficile definizione e in cui si genera una condizione di perenne conflittualità. Problematiche personali, familiari e fattori di personalità contribuiscono come fattori predisponenti. Inoltre, appare anche evidente la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione tra una “condizione lavorativa normale” e il bun-out, perciò è più facile pensare ad un continuum, dinamico e modificabile nel tempo, in ragione delle interazioni tra le diverse componenti del conflitto. Si ritiene infatti che qualsiasi ambito lavorativo, soprattutto per quanto riguarda le helping-professions, sia carico di tensioni e fonte di stress: anche quando si opera nelle migliori condizioni, la natura stessa del ruolo professionale comporta un carico emotivo che può favorire l’insorgenza di una condizione di disagio psicologico. Le cause della sindrome sono essenzialmente riconducibili a tre variabili principali:-1) eccessiva idealizzazione della professione di aiuto;-2) mansione frustrante o inadeguata alle aspettative;-3) organizzazione del lavoro in termini disfunzionali o, a volte, francamente patologici. Si tratta, peraltro, di realtà oggettive con cui gli operatori sanitari, pressoché quotidianamente, si confrontano:-sovraccarico di lavoro;-inadeguatezza delle strutture;-alto grado di burocrazia;-impossibilità di gestire i propri compiti in modo adeguato;-difficoltà con i colleghi;-scarsa retribuzione;-necessità di adattare la propria professionalità a operatività non sempre affini ai propri interessi o competenze.I sintomi più frequentemente riferiti possono essere classificati in tre gruppi:- DISTURBI FISICI: astenia e facile stancabilità, turbe del sonno, turbe gastro-intestinali, emicranie e cefalee; dolori dorsali e tensioni muscolari; precoldialgie e respiro “corto”, raffreddori e influenze frequenti e persistenti.-DISTURBI PSICOLOGICI: ansia, depressione, noia, collera, rabbia, invidia e gelosia, permalosità, sospettosità, diffidenza, sfiducia, ruminazioni ossessive.-DISTURBI COMPORTAMENTALI: cinismo, apatia, tendenza a colpevolizzare, cavillosità, alcol e farmacodipendenza, sciocco umorismo e ironia di fronte alla sofferenza.La professione, basata sull’aiuto agli altri e dunque inizialmente sentita come una “missione o una vocazione”, diventa un compito pesante e sgradito, con conseguenze negative non solo per l’operatore ma, ovviamente anche e soprattutto per l’utente del servizio. Nel corso degli ultimi decenni un numero crescente di ricerche sta evidenziando in modo documentato la diffusione di situazioni psicologiche critiche negli operatori delle professioni a forte contenuto socio-assistenziale, (le cosiddette helping-professions). L’elemento che si ritiene abbia un ruolo importante nella produzione del disagio professionale e del possibile burn-out e che possiamo rintracciare sia negli operatori delle helping-professions che in quelli appartenenti alle aree sanitarie precedentemente citate, è proprio “la relazione” con questi pazienti. Essa infatti è sottoposta a grandi stimoli emozionali e presenta caratteristiche di criticità e di alto rischio emotivo, per gli operatori, oltre che per i pazienti e, quasi sempre, per i loro familiari. I contesti di lavoro che si occupano del disagio mentale si confrontano con aree di criticità, quali:- elevata presenza di pazienti gravi, non tutti curabili con successo e quindi guaribili;- elevata presenza di cronicità, della malattia e quindi anche della relazione con i terapeuti. L’atmosfera di lavoro appare quindi costantemente permeata da variabili che possono indurre nel tempo il disagio degli operatori dedicati. Tuttavia, è altrettanto evidente che esistono fattori ed elementi abbastanza specifici di tipo ambientale ai quali poter pensare come elementi strutturali che contribuiscono a determinare il fenomeno. Tra questi, alcuni possono e devono essere affrontati direttamente dalle Aziende Sanitarie , quali: -organizzare percorsi di formazione permanente sul tema;-realizzare percorsi programmati di turnover del personale nelle diverse unità operative del servizio che consentano turnazioni, anche per lunghi periodi, tra unità assistenziali a diversa tipologia di gravosità;-mettere a punto adeguate politiche per il personale, comprensive almeno della possibilità per gli operatori che si rilevano più fragili, di cambiare Servizio e compiti assistenziali. Esistono inoltre strategie più o meno consolidate rivolte al piccolo gruppo di operatori di unità operativa: -la riunione programmata dell’equipe per la revisione dei casi, per le situazioni più complesse, per decifrare con maggiore chiarezza i compiti di ciascun operatore, per verificare gli obiettivi di lavoro che sono stati programmati e per valutare la reale praticabilità degli obiettivi che ci si propone di raggiungere;-la supervisione del gruppo di lavoro, centrata prevalentemente sui casi clinici e orientata alla lettura delle dinamiche fra operatore e paziente, all’acquisizione da parte del professionista della consapevolezza delle influenze emozionali che derivano dal confronto con i malati gravi, allo sviluppo in ciascun operatore di una maggiore confidenza con i propri vissuti e sentimenti;-specifici interventi di psicologia clinica orientati al contesto organizzativo e ambientale. C’è infine una responsabilità precisa che è affidata alle figure di coordinamento :-quella di imparare a “curare” con molta più attenzione l’organizzazione del lavoro.

Burn-out e assistenza. La “sofferenza” che prende gli operatori / Ferri, Paola; A., Giannone. - In: ASSISTENZA ANZIANI. - ISSN 2037-1837. - STAMPA. - lug:(2006), pp. 50-52.

Burn-out e assistenza. La “sofferenza” che prende gli operatori

FERRI, Paola;
2006

Abstract

Il termine burn-out consente con immediatezza di definire un fenomeno che si sta rilevando di estremo interesse e preoccupazione per le conseguenze negative che comporta per gli operatori socio-sanitari e per l’utenza dei servizi sanitari ed assistenziali. Esso coinvolge figure professionali definite helping-professions o professioni di aiuto che hanno implicita nel loro mandato la connotazione di essere di aiuto agli altri. In tali professioni è intrinseca una relazione diretta tra operatore e utente al punto che le capacità personali sono implicate più delle abilità professionali. Il termine burn-out, traducibile in italiano come “ bruciato”, esaurito, scoppiato esprime come efficace metafora il bruciarsi dell’operatore e il suo “cedimento psicofisico” rispetto alle difficoltà dell’attività professionale. Esso esprime “il non farcela più”, il malumore e l’irritazione quotidiana, la prostrazione e lo svuotamento, il senso di delusione e di impotenza”. Tutte le definizioni di burn-out evidenziano l’esaurirsi delle risorse dell’operatore, che lentamente si brucia nel tentativo di adattarsi alle difficoltà del confronto quotidiano con la propria attività lavorativa. L’osservazione del burn-out non può prescindere dalla comprensione della situazione in cui si manifesta. Le variabili da prendere in considerazione sono tante, ognuna delle quali ha un suo peso nella comprensione del fenomeno; le singole professionalità e personalità vanno ad interagire con un sistema organizzativo e con altre figure professionali, spesso in situazioni in cui le regole non sono chiare, i problemi risultano di difficile definizione e in cui si genera una condizione di perenne conflittualità. Problematiche personali, familiari e fattori di personalità contribuiscono come fattori predisponenti. Inoltre, appare anche evidente la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione tra una “condizione lavorativa normale” e il bun-out, perciò è più facile pensare ad un continuum, dinamico e modificabile nel tempo, in ragione delle interazioni tra le diverse componenti del conflitto. Si ritiene infatti che qualsiasi ambito lavorativo, soprattutto per quanto riguarda le helping-professions, sia carico di tensioni e fonte di stress: anche quando si opera nelle migliori condizioni, la natura stessa del ruolo professionale comporta un carico emotivo che può favorire l’insorgenza di una condizione di disagio psicologico. Le cause della sindrome sono essenzialmente riconducibili a tre variabili principali:-1) eccessiva idealizzazione della professione di aiuto;-2) mansione frustrante o inadeguata alle aspettative;-3) organizzazione del lavoro in termini disfunzionali o, a volte, francamente patologici. Si tratta, peraltro, di realtà oggettive con cui gli operatori sanitari, pressoché quotidianamente, si confrontano:-sovraccarico di lavoro;-inadeguatezza delle strutture;-alto grado di burocrazia;-impossibilità di gestire i propri compiti in modo adeguato;-difficoltà con i colleghi;-scarsa retribuzione;-necessità di adattare la propria professionalità a operatività non sempre affini ai propri interessi o competenze.I sintomi più frequentemente riferiti possono essere classificati in tre gruppi:- DISTURBI FISICI: astenia e facile stancabilità, turbe del sonno, turbe gastro-intestinali, emicranie e cefalee; dolori dorsali e tensioni muscolari; precoldialgie e respiro “corto”, raffreddori e influenze frequenti e persistenti.-DISTURBI PSICOLOGICI: ansia, depressione, noia, collera, rabbia, invidia e gelosia, permalosità, sospettosità, diffidenza, sfiducia, ruminazioni ossessive.-DISTURBI COMPORTAMENTALI: cinismo, apatia, tendenza a colpevolizzare, cavillosità, alcol e farmacodipendenza, sciocco umorismo e ironia di fronte alla sofferenza.La professione, basata sull’aiuto agli altri e dunque inizialmente sentita come una “missione o una vocazione”, diventa un compito pesante e sgradito, con conseguenze negative non solo per l’operatore ma, ovviamente anche e soprattutto per l’utente del servizio. Nel corso degli ultimi decenni un numero crescente di ricerche sta evidenziando in modo documentato la diffusione di situazioni psicologiche critiche negli operatori delle professioni a forte contenuto socio-assistenziale, (le cosiddette helping-professions). L’elemento che si ritiene abbia un ruolo importante nella produzione del disagio professionale e del possibile burn-out e che possiamo rintracciare sia negli operatori delle helping-professions che in quelli appartenenti alle aree sanitarie precedentemente citate, è proprio “la relazione” con questi pazienti. Essa infatti è sottoposta a grandi stimoli emozionali e presenta caratteristiche di criticità e di alto rischio emotivo, per gli operatori, oltre che per i pazienti e, quasi sempre, per i loro familiari. I contesti di lavoro che si occupano del disagio mentale si confrontano con aree di criticità, quali:- elevata presenza di pazienti gravi, non tutti curabili con successo e quindi guaribili;- elevata presenza di cronicità, della malattia e quindi anche della relazione con i terapeuti. L’atmosfera di lavoro appare quindi costantemente permeata da variabili che possono indurre nel tempo il disagio degli operatori dedicati. Tuttavia, è altrettanto evidente che esistono fattori ed elementi abbastanza specifici di tipo ambientale ai quali poter pensare come elementi strutturali che contribuiscono a determinare il fenomeno. Tra questi, alcuni possono e devono essere affrontati direttamente dalle Aziende Sanitarie , quali: -organizzare percorsi di formazione permanente sul tema;-realizzare percorsi programmati di turnover del personale nelle diverse unità operative del servizio che consentano turnazioni, anche per lunghi periodi, tra unità assistenziali a diversa tipologia di gravosità;-mettere a punto adeguate politiche per il personale, comprensive almeno della possibilità per gli operatori che si rilevano più fragili, di cambiare Servizio e compiti assistenziali. Esistono inoltre strategie più o meno consolidate rivolte al piccolo gruppo di operatori di unità operativa: -la riunione programmata dell’equipe per la revisione dei casi, per le situazioni più complesse, per decifrare con maggiore chiarezza i compiti di ciascun operatore, per verificare gli obiettivi di lavoro che sono stati programmati e per valutare la reale praticabilità degli obiettivi che ci si propone di raggiungere;-la supervisione del gruppo di lavoro, centrata prevalentemente sui casi clinici e orientata alla lettura delle dinamiche fra operatore e paziente, all’acquisizione da parte del professionista della consapevolezza delle influenze emozionali che derivano dal confronto con i malati gravi, allo sviluppo in ciascun operatore di una maggiore confidenza con i propri vissuti e sentimenti;-specifici interventi di psicologia clinica orientati al contesto organizzativo e ambientale. C’è infine una responsabilità precisa che è affidata alle figure di coordinamento :-quella di imparare a “curare” con molta più attenzione l’organizzazione del lavoro.
2006
lug
50
52
Burn-out e assistenza. La “sofferenza” che prende gli operatori / Ferri, Paola; A., Giannone. - In: ASSISTENZA ANZIANI. - ISSN 2037-1837. - STAMPA. - lug:(2006), pp. 50-52.
Ferri, Paola; A., Giannone
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