La questione della contenzione al letto del paziente malato di mente necessita di un chiarimento definitorio. L’atto della contenzione, che si traduce nella immobilizzazione a letto del paziente attraverso l’utilizzo di cinghie in tessuto, è un atto coercitivo che si inserisce all’interno del trattamento sanitario psichiatrico. Diamo quindi per superata e risolta la problematica del se possano o meno atti di coercizione essere, sotto un profilo giuridico, considerati atti medici ed, in quanto tali, trattamenti sanitari. Già qui una prima difficoltà: far convivere nella stessa espressione due concetti così distanti fra loro. Da un lato l’atto coercitivo, che infatti rimanda ad una situazione nella quale si fa uso della forza fisica, dall’altro la diversa situazione del trattamento sanitario che all’opposto richiede il consenso informato dell’avente diritto. Tuttavia il termine “psichiatrico”, accostato al “trattamento sanitario” aggiunge, in via di fatto, un elemento di differenziazione che per alcuni modifica fortemente il senso della frase. In questo caso (è un’idea diffusa) la questione del richiesto consenso informato assume connotati specifici. Indubbiamente va detto che il consenso nel rapporto fra lo psichiatra ed il paziente acquista una valenza del tutto particolare. Come particolare è la relazione fra il paziente e lo psichiatra. L’espressione, “avere in cura” un paziente, in ambito psichiatrico, acquista una valenza più penetrante che altrove; e ciò soprattutto per il personale coinvolgimento, anche emotivo, del curante stesso. Il punto di partenza sta, pare, nell’osservazione che nel rapporto con il malato di mente il consenso di solito non costituisce la premessa ma il punto di arrivo del trattamento.
In tema di contenzione al letto del paziente malato di mente in trattamento sanitario volontario o in trattamento sanitario obbligatorio / Ferri, Paola; A., Giannone; A., Maglitto. - In: NEU. - ISSN 1723-2538. - ELETTRONICO. - 4:(2005), pp. 39-40.
In tema di contenzione al letto del paziente malato di mente in trattamento sanitario volontario o in trattamento sanitario obbligatorio
FERRI, Paola;
2005
Abstract
La questione della contenzione al letto del paziente malato di mente necessita di un chiarimento definitorio. L’atto della contenzione, che si traduce nella immobilizzazione a letto del paziente attraverso l’utilizzo di cinghie in tessuto, è un atto coercitivo che si inserisce all’interno del trattamento sanitario psichiatrico. Diamo quindi per superata e risolta la problematica del se possano o meno atti di coercizione essere, sotto un profilo giuridico, considerati atti medici ed, in quanto tali, trattamenti sanitari. Già qui una prima difficoltà: far convivere nella stessa espressione due concetti così distanti fra loro. Da un lato l’atto coercitivo, che infatti rimanda ad una situazione nella quale si fa uso della forza fisica, dall’altro la diversa situazione del trattamento sanitario che all’opposto richiede il consenso informato dell’avente diritto. Tuttavia il termine “psichiatrico”, accostato al “trattamento sanitario” aggiunge, in via di fatto, un elemento di differenziazione che per alcuni modifica fortemente il senso della frase. In questo caso (è un’idea diffusa) la questione del richiesto consenso informato assume connotati specifici. Indubbiamente va detto che il consenso nel rapporto fra lo psichiatra ed il paziente acquista una valenza del tutto particolare. Come particolare è la relazione fra il paziente e lo psichiatra. L’espressione, “avere in cura” un paziente, in ambito psichiatrico, acquista una valenza più penetrante che altrove; e ciò soprattutto per il personale coinvolgimento, anche emotivo, del curante stesso. Il punto di partenza sta, pare, nell’osservazione che nel rapporto con il malato di mente il consenso di solito non costituisce la premessa ma il punto di arrivo del trattamento.Pubblicazioni consigliate
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