Abbiamo deciso di proporre come tema ai lettori della testata che ci ospita il disturbo legato all’ansia e agli attacchi di panico poiché pensiamo e speriamo che possa essere d’interesse ed utilità per chi leggerà il presente articolo. Siamo consapevoli che si tratta di una patologia, certo non tra le più gravi, nel repertorio psichiatrico, ma sicuramente tra le più diffuse e comuni e la sua frequenza e in costante aumento. Ma cosa sono realmente questi attacchi di panico? Sono pericolosi? Si può morire durante un attacco? Si possono curare? Si può guarire? Queste e tante altre, sono le angosciose domande, che assillano i pazienti affetti da tale patologia e spesso i loro familiari, i quali assistono impotenti alla sofferenza dei loro congiunti, senza sapere che cosa fare e come essere d’aiuto.Queste sono le domande a cui abbiamo cercato di dare una risposta, si spera sintetica e chiara!ASSISTENZA ALLA PERSONA ANSIOSA* L’accoglimento della persona Calmo, comprensivo, rassicurante, accettarla come persona sofferente, anche se la sua malattia è difficilmente oggettivabile, in tal modo si elimina in lei la preoccupazione di non essere capita. E’ rilevante accettare i suoi sintomi, senza però amplificarne la portata, senza cioè dare ad essi una eccessiva portata.* Il rispetto Evitare di farli sentire in colpevoli: i sensi di colpa rinforzano l’aggressività e quindi l’ansia; non vanno colpevolizzati nemmeno i familiari; non essere mai sarcastici.* La tenuta dell’ansia Essere consapevoli della contagiosità dell’ansia. Quando una persona avverte che il suo malessere si riverbera a tal punto nel terapeuta da mandarlo in ansia, difficilmente troverà il modo di affidarsi alle sue cure e di trovarne sollievo, per cui ciò compromette la tenuta terapeutica della relazione.* La disponibilità all’ascolto Rendendosi disponibili all’ascolto e al colloquio, si offre la possibilità al soggetto di comunicare e di condividere con un altro la propria sofferenza. Spesso è difficile tollerare la ripetitività esasperante con cui il paziente esterna le sue lamentele, tuttavia permettendogli di sfogarsi, dopo un certo tempo sarà possibile deviare il discorso su altri temi, sarà utile allora lasciarlo parlare delle sue esperienze e dei suoi interessi ed eventualmente in qualche attività. Occorre autorevolezza nella gestione del rapporto con la persona ansiosa, ma sempre nel rispetto della sua sofferenza, che va compresa, ascoltata, assorbita e anche quando è necessario mostrare fermezza nel dare indicazioni, non bisogna mai arrivare ad assumere atteggiamenti autoritari, repressivi o censori. La fermezza deve sempre essere permeata da calore umano e comprensione.* L’attenzione al contesto familiare Il paziente, o qualcuno dei familiari, cercherà quasi sempre di coinvolgere l’operatore in un’alleanza. Non bisogna accettare coalizioni, lasciandosi così manipolare, a questo scopo è opportuno evitare di assecondare critiche e accuse. Tenere presente che il disagio non è mai patrimonio di una sola persona, ma coinvolge tutti i membri della famiglia.ASSISTENZA AL PAZIENTE CON UN ATTACCO DI PANICO* Accettare il piano scelto dal paziente per comunicare la propria ansia: vale a dire il sintomo somatico, senza fretta di voler ricondurre tutto alla “vera”natura del problema, che si sa essere psicologica.* Fornire una risposta medicalizzata:che d’altra parte viene esplicitamente richiesta dalla persona. Il medico dovrà garantirgli una visita sufficientemente accurata, in modo da non lasciargli il dubbio di essere stato sottovaluatato o trascurato. L’infermiere dovrà fornire ascolto rassicurante anche alle domande più irrazionali ed incongrue. La visita e gli eventuali controlli medici serviranno ad escludere nei pazienti sconosciuti la presenza di disturbi organici.* Creare un clima tranquillo se è possibile isolare il paziente da altre persone e parenti se questi sono a loro volta preoccupati ed ansiosi. La calma degli operatori, le loro rassicurazioni e la loro capacità d’ascolto possono già contribuire a “contenere” l’urgenza soggettiva del paziente al quale va contrapposto un atteggiamento di fiduciosa attesa che la crisi passi.CONCLUSIONI Molto spesso le persone che soffrono di ansia pongono a chi li ascolta una richiesta esplicita: è possibile guarire ? Ci si può liberare dei fastidiosi e limitanti sintomi ? Si può sconfiggere il panico ? In che modo, in quanto tempo ? A queste domande non è certo facile rispondere, soprattutto perché, per farlo è necessario far luce sul concetto di guarigione. Guarire, significa ritrovare un equilibrio perduto, una condizione di benessere fisico e psichico, all’interno della quale ogni individuo attribuisce un senso alla propria esistenza. Che significato assume allora il sintomo ? E’ una espressione di uno squilibrio fisiologico, è il segnale di un conflitto irrisolto, la sia di un malessere dell’anima ? E’ sicuramente tutto questo, se crediamo nell’unità psicofisica dell’individuo, se attribuiamo al corpo la possibilità di esprimere attraverso il linguaggio somatico, fatto di alterazioni fisiologiche e biochimiche, un disagio psicologico ed esistenziale che non ha trovato sino a quel momento, una possibilità di gestione e risoluzione. Nel disturbo da attacchi di panico, il sintomo non può rimanere “inascoltato” perché invade progressivamente con forza ogni aspetto del vissuto soggettivo, inteso come relazione con se stessi, con gli altri, con il mondo, sino a coartare completamente (in alcuni casi) ogni espressione vitale. La realtà interna ed esterna è vissuta nella dimensione dell’evitamento, dell’angoscia. Accettare questa dimensione del sé consente di spezzare questo circolo vizioso, di cercare aiuto, nella misura in cui le risorse personali risultano insufficienti e inaccessibili. Gestire la crisi può significare ricorrere il ricorso ai farmaci, per ritrovare la possibilità di guardarsi dentro e ricercare in se stessi la personale “via alla guarigione”. Questo momento, spesso coincide con la scelta di iniziare una psicoterapia, ed è in questa esperienza che si definisce uno “spazio ed un tempo” per interpretare il linguaggio sintomatico, per decodificare il suo messaggio, per indagare le sue ragioni, le cause, i conflitti, le paure. Entrare nelle dimensioni inesplorate della propria personalità rende possibile liberare se stessi dal blocco, dall’inerzia, dal buio in cui si è perso il contatto con la propria interiorità e si è costruita la propria soggettività nel sintomo. Esplorare l’inconscio significa interpretare i suoi simboli, ritrovare la propria fonte di energia interiore ed utilizzarla, trasformare quanto è cristallizzato nel “mal-essere” per ricostruire i ponti con tra la realtà interna e quella esterna prendendo coscienza delle proprie fragilità dei propri limiti. Concependo questi come sfide stimolanti, attraverso le quali le dimensioni della personalità si attivano nella progettualità di un’esistenza che sia il più possibile espressione di desideri, bisogni, parti del proprio sé risvegliate. Ecco che il sintomi in questa luce può essere vissuto come una grande opportunità di crescita fonte di trasformazione e cambiamento. Dal panico si può uscire. Persone che soffiano di ansia, depressione, agorafobia ed attacchi di panico sono guarite, altre hanno migliorato notevolmente la propria qualità di vita.Come con hanno più volte affermato diversi pazienti affetti da D.A.P.: uscire dal panico è come respirare per la prima volta !

L’assistenza infermieristica al paziente con ansia e attacchi di panico / A., Giannone; Ferri, Paola. - In: LA PAROLA A NOI. - STAMPA. - 1:(2006), pp. 32-37.

L’assistenza infermieristica al paziente con ansia e attacchi di panico

FERRI, Paola
2006

Abstract

Abbiamo deciso di proporre come tema ai lettori della testata che ci ospita il disturbo legato all’ansia e agli attacchi di panico poiché pensiamo e speriamo che possa essere d’interesse ed utilità per chi leggerà il presente articolo. Siamo consapevoli che si tratta di una patologia, certo non tra le più gravi, nel repertorio psichiatrico, ma sicuramente tra le più diffuse e comuni e la sua frequenza e in costante aumento. Ma cosa sono realmente questi attacchi di panico? Sono pericolosi? Si può morire durante un attacco? Si possono curare? Si può guarire? Queste e tante altre, sono le angosciose domande, che assillano i pazienti affetti da tale patologia e spesso i loro familiari, i quali assistono impotenti alla sofferenza dei loro congiunti, senza sapere che cosa fare e come essere d’aiuto.Queste sono le domande a cui abbiamo cercato di dare una risposta, si spera sintetica e chiara!ASSISTENZA ALLA PERSONA ANSIOSA* L’accoglimento della persona Calmo, comprensivo, rassicurante, accettarla come persona sofferente, anche se la sua malattia è difficilmente oggettivabile, in tal modo si elimina in lei la preoccupazione di non essere capita. E’ rilevante accettare i suoi sintomi, senza però amplificarne la portata, senza cioè dare ad essi una eccessiva portata.* Il rispetto Evitare di farli sentire in colpevoli: i sensi di colpa rinforzano l’aggressività e quindi l’ansia; non vanno colpevolizzati nemmeno i familiari; non essere mai sarcastici.* La tenuta dell’ansia Essere consapevoli della contagiosità dell’ansia. Quando una persona avverte che il suo malessere si riverbera a tal punto nel terapeuta da mandarlo in ansia, difficilmente troverà il modo di affidarsi alle sue cure e di trovarne sollievo, per cui ciò compromette la tenuta terapeutica della relazione.* La disponibilità all’ascolto Rendendosi disponibili all’ascolto e al colloquio, si offre la possibilità al soggetto di comunicare e di condividere con un altro la propria sofferenza. Spesso è difficile tollerare la ripetitività esasperante con cui il paziente esterna le sue lamentele, tuttavia permettendogli di sfogarsi, dopo un certo tempo sarà possibile deviare il discorso su altri temi, sarà utile allora lasciarlo parlare delle sue esperienze e dei suoi interessi ed eventualmente in qualche attività. Occorre autorevolezza nella gestione del rapporto con la persona ansiosa, ma sempre nel rispetto della sua sofferenza, che va compresa, ascoltata, assorbita e anche quando è necessario mostrare fermezza nel dare indicazioni, non bisogna mai arrivare ad assumere atteggiamenti autoritari, repressivi o censori. La fermezza deve sempre essere permeata da calore umano e comprensione.* L’attenzione al contesto familiare Il paziente, o qualcuno dei familiari, cercherà quasi sempre di coinvolgere l’operatore in un’alleanza. Non bisogna accettare coalizioni, lasciandosi così manipolare, a questo scopo è opportuno evitare di assecondare critiche e accuse. Tenere presente che il disagio non è mai patrimonio di una sola persona, ma coinvolge tutti i membri della famiglia.ASSISTENZA AL PAZIENTE CON UN ATTACCO DI PANICO* Accettare il piano scelto dal paziente per comunicare la propria ansia: vale a dire il sintomo somatico, senza fretta di voler ricondurre tutto alla “vera”natura del problema, che si sa essere psicologica.* Fornire una risposta medicalizzata:che d’altra parte viene esplicitamente richiesta dalla persona. Il medico dovrà garantirgli una visita sufficientemente accurata, in modo da non lasciargli il dubbio di essere stato sottovaluatato o trascurato. L’infermiere dovrà fornire ascolto rassicurante anche alle domande più irrazionali ed incongrue. La visita e gli eventuali controlli medici serviranno ad escludere nei pazienti sconosciuti la presenza di disturbi organici.* Creare un clima tranquillo se è possibile isolare il paziente da altre persone e parenti se questi sono a loro volta preoccupati ed ansiosi. La calma degli operatori, le loro rassicurazioni e la loro capacità d’ascolto possono già contribuire a “contenere” l’urgenza soggettiva del paziente al quale va contrapposto un atteggiamento di fiduciosa attesa che la crisi passi.CONCLUSIONI Molto spesso le persone che soffrono di ansia pongono a chi li ascolta una richiesta esplicita: è possibile guarire ? Ci si può liberare dei fastidiosi e limitanti sintomi ? Si può sconfiggere il panico ? In che modo, in quanto tempo ? A queste domande non è certo facile rispondere, soprattutto perché, per farlo è necessario far luce sul concetto di guarigione. Guarire, significa ritrovare un equilibrio perduto, una condizione di benessere fisico e psichico, all’interno della quale ogni individuo attribuisce un senso alla propria esistenza. Che significato assume allora il sintomo ? E’ una espressione di uno squilibrio fisiologico, è il segnale di un conflitto irrisolto, la sia di un malessere dell’anima ? E’ sicuramente tutto questo, se crediamo nell’unità psicofisica dell’individuo, se attribuiamo al corpo la possibilità di esprimere attraverso il linguaggio somatico, fatto di alterazioni fisiologiche e biochimiche, un disagio psicologico ed esistenziale che non ha trovato sino a quel momento, una possibilità di gestione e risoluzione. Nel disturbo da attacchi di panico, il sintomo non può rimanere “inascoltato” perché invade progressivamente con forza ogni aspetto del vissuto soggettivo, inteso come relazione con se stessi, con gli altri, con il mondo, sino a coartare completamente (in alcuni casi) ogni espressione vitale. La realtà interna ed esterna è vissuta nella dimensione dell’evitamento, dell’angoscia. Accettare questa dimensione del sé consente di spezzare questo circolo vizioso, di cercare aiuto, nella misura in cui le risorse personali risultano insufficienti e inaccessibili. Gestire la crisi può significare ricorrere il ricorso ai farmaci, per ritrovare la possibilità di guardarsi dentro e ricercare in se stessi la personale “via alla guarigione”. Questo momento, spesso coincide con la scelta di iniziare una psicoterapia, ed è in questa esperienza che si definisce uno “spazio ed un tempo” per interpretare il linguaggio sintomatico, per decodificare il suo messaggio, per indagare le sue ragioni, le cause, i conflitti, le paure. Entrare nelle dimensioni inesplorate della propria personalità rende possibile liberare se stessi dal blocco, dall’inerzia, dal buio in cui si è perso il contatto con la propria interiorità e si è costruita la propria soggettività nel sintomo. Esplorare l’inconscio significa interpretare i suoi simboli, ritrovare la propria fonte di energia interiore ed utilizzarla, trasformare quanto è cristallizzato nel “mal-essere” per ricostruire i ponti con tra la realtà interna e quella esterna prendendo coscienza delle proprie fragilità dei propri limiti. Concependo questi come sfide stimolanti, attraverso le quali le dimensioni della personalità si attivano nella progettualità di un’esistenza che sia il più possibile espressione di desideri, bisogni, parti del proprio sé risvegliate. Ecco che il sintomi in questa luce può essere vissuto come una grande opportunità di crescita fonte di trasformazione e cambiamento. Dal panico si può uscire. Persone che soffiano di ansia, depressione, agorafobia ed attacchi di panico sono guarite, altre hanno migliorato notevolmente la propria qualità di vita.Come con hanno più volte affermato diversi pazienti affetti da D.A.P.: uscire dal panico è come respirare per la prima volta !
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L’assistenza infermieristica al paziente con ansia e attacchi di panico / A., Giannone; Ferri, Paola. - In: LA PAROLA A NOI. - STAMPA. - 1:(2006), pp. 32-37.
A., Giannone; Ferri, Paola
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