L’articolo ricostruisce le modalità genetiche del capolavoro proustiano, sorto dall'intersecarsi delle due versioni (una saggistica, l'altra narrativa) di un saggio critico – poi rimasto incompiuto – su Sainte-Beuve. I dubbi che avevano a lungo paralizzato Proust («Devo farne un romanzo, uno studio filosofico, sono io un romanziere?») vengono sciolti dalla scoperta di una forma letteraria sui generis («una specie di romanzo», come lo definirà lo stesso autore), che non prospetta solo una contaminazione tra saggio e romanzo, ma – come ha evidenziato la pubblicazione dei Cahiers inediti – delinea anche un sistema teorico-narrativo instabile, sempre incompiuto perché in perenne divenire. Basandosi sulle ricerche più aggiornate compiute sui manoscritti proustiani, l’articolo analizza sia la genesi saggistica della poetica di Proust, sia la genesi critico-letteraria del racconto destinato a tramutarsi in un lungo romanzo; esso mostra pertanto che la nascita della "Ricerca" è il prodotto di una duplice mediazione, avvenuta sia sul piano teorico (il pensiero di Proust è venuto emergendo, indirettamente, dalla critica del pensiero altrui), sia sul piano della realizzazione concreta dell'opera (sorta, altrettanto indirettamente, da un segmento narrativo del saggio, dilatatosi oltre misura). Costituendosi sotto il segno di un binomio inscindibile, l'«involontario-mediato» - il quale caratterizza l'iniziazione letteraria non meno che la «resurrezione poetica», fondendoli nel medesimo atto di scrittura -, l'opera proustiana abbandonerà definitivamente la sterile via della «ricerca volontaria in direzione sbagliata» per consacrarsi ad una ricerca non rigidamente premeditata e la cui direzione, sottomessa al ritmo irregolare della memoria involontaria, può essere solo ipotizzata, mai astrattamente determinata. Questa opzione si rivelerà decisiva anche per il tipo di verità da perseguire: verità non logico-razionale, schematizzabile entro lo spazio circoscritto di un trattato filosofico, ma verità «con l'ausilio di figure», il cui completo svelamento può attuarsi solo nello spazio dilatato dell'opera.
Dal "Contre Sainte-Beuve" alla "Recherche": genesi saggistica di una poetica / Contini, Annamaria. - In: STUDI DI ESTETICA. - ISSN 0585-4733. - STAMPA. - 8/9:(1986), pp. 119-149.
Dal "Contre Sainte-Beuve" alla "Recherche": genesi saggistica di una poetica
CONTINI, Annamaria
1986
Abstract
L’articolo ricostruisce le modalità genetiche del capolavoro proustiano, sorto dall'intersecarsi delle due versioni (una saggistica, l'altra narrativa) di un saggio critico – poi rimasto incompiuto – su Sainte-Beuve. I dubbi che avevano a lungo paralizzato Proust («Devo farne un romanzo, uno studio filosofico, sono io un romanziere?») vengono sciolti dalla scoperta di una forma letteraria sui generis («una specie di romanzo», come lo definirà lo stesso autore), che non prospetta solo una contaminazione tra saggio e romanzo, ma – come ha evidenziato la pubblicazione dei Cahiers inediti – delinea anche un sistema teorico-narrativo instabile, sempre incompiuto perché in perenne divenire. Basandosi sulle ricerche più aggiornate compiute sui manoscritti proustiani, l’articolo analizza sia la genesi saggistica della poetica di Proust, sia la genesi critico-letteraria del racconto destinato a tramutarsi in un lungo romanzo; esso mostra pertanto che la nascita della "Ricerca" è il prodotto di una duplice mediazione, avvenuta sia sul piano teorico (il pensiero di Proust è venuto emergendo, indirettamente, dalla critica del pensiero altrui), sia sul piano della realizzazione concreta dell'opera (sorta, altrettanto indirettamente, da un segmento narrativo del saggio, dilatatosi oltre misura). Costituendosi sotto il segno di un binomio inscindibile, l'«involontario-mediato» - il quale caratterizza l'iniziazione letteraria non meno che la «resurrezione poetica», fondendoli nel medesimo atto di scrittura -, l'opera proustiana abbandonerà definitivamente la sterile via della «ricerca volontaria in direzione sbagliata» per consacrarsi ad una ricerca non rigidamente premeditata e la cui direzione, sottomessa al ritmo irregolare della memoria involontaria, può essere solo ipotizzata, mai astrattamente determinata. Questa opzione si rivelerà decisiva anche per il tipo di verità da perseguire: verità non logico-razionale, schematizzabile entro lo spazio circoscritto di un trattato filosofico, ma verità «con l'ausilio di figure», il cui completo svelamento può attuarsi solo nello spazio dilatato dell'opera.Pubblicazioni consigliate
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