Il surfactante polmonare, un complesso di proteine proteiche, è sintetizzato, aggregato e secreto dalle cellule alveolari di tipo II ed ha la funzione di ridurre la tensione superficiale, ponendosi all’interfaccia aria-acqua a livello alveolare. La porzione lipidica rappresenta la quasi totalità del complesso, mentre la porzione proteica è associata alle proteine tipo A, B, C e D. Un importante componente del metabolismo del surfactante è il trasportatore proteico (ABCA3) dei fosfolipidi all’interno dei corpi lamellari (1). Mutazioni dei geni delle proteine del surfactante sono state associate allo sviluppo di pneumopatie interstiziali. La malattia polmonare causata da mutazioni del gene ABCA3 è un disturbo ereditario autosomico recessivo. Una percentuale significativa di casi segnalati è rappresentata da eterozigoti composti con espressione variabile della malattia nel periodo neonatale o nell’infanzia . Lo spettro clinico e la gravità della malattia polmonare causata dalla carenza di ABCA3 è infatti estremamente variabile e fortemente dipendente dalle mutazioni causanti e dal modello morfologico-patologico indotto . Uno studio di coorte del 2017 ha mostrato come la presentazione più frequente delle mutazioni del gene ABCA3 sia un quadro di RDS neonatale severo, clinicamente non distinguibile dalla PAP e con rischio di esito infausto elevato entro il primo anno di età (5). Sebbene una piccola parte dei disordini del surfattante sia dovuta a mutazioni causanti una sua alterata o mancata produzione, la gran parte delle patologie del surfattante che esitano in un quadro di PAP sono causate dalla distruzione del GM-CSF da parte di autoanticorpi, determinando così la perdita della cruciale funzione di clearence alveolareed un conseguente accumulo di residui cellulari depositati in tale sede. Attualmente la PAP può essere classificata come primaria, a sua volta suddivisa in autoimmune quando è causata da autoanticorpi anti-GM-CSF (questa forma rappresenta circa il 90% dei casi) ed in ereditaria quando dovuta a mutazioni del gene per il recettore del GM-CSF (6), o secondaria. Quest’ultima forma, più frequentemente riscontrabile in età adulta, è associata principalmente a patologie sottostanti, quali malattie ematologiche (sindromi mielodisplastiche, leucemia mieloide acuta, leucemia linfoblastica acuta, leucemia cronica mielocitica, leucemia linfatica cronica, anemia aplastica, mieloma multiplo, linfoma e macroglobulinemia di Waldenstrom), neoplasie non ematologiche (adenocarcinoma polmonare, glioblastoma e melanoma), malattie infettive (citomegalovirus, Mycobacterium tuberculosis, Nocardia, Pneumocystis jirovecii), sindromi da immunodeficienza/disgregazione (AIDS, amiloidosi, sindrome di Fanconi, agammaglobulinemia, malattia di Bechet, dermatomiosite giovanile, acidosi tubulare renale e SCID) ed infine esposizioni tossiche per inalazione di polveri inorganiche (alluminio, cemento, silice, titanio ed indio), di polveri organiche (sostanze agricole, farina da forno, fertilizzanti e segatura) o di fumi (cloro, prodotti per la pulizia, benzina, petrolio, biossido di azoto, vernice e fumi di plastica sintetica). Infine, esiste una forma di PAP (in letteratura anche definita come PAP-Like) causata da mutazioni dei geni del surfattante (SFTPB, SFTPC, ABCA3 e TTF1 (NKX2.1)). La forma associata a mutazioni del surfattante (come nel nostro caso) può esordire con un quadro di insufficienza respiratoria grave sin dalla nascita, mentre la presentazione clinica delle altre forme include dispnea ingravescente, tachipnea, tosse e perdita di peso in un quadro di pneumopatia interstiziale ad esordio adolescenziale o in età adulta. La diagnosi può essere sospettata sulla base della storia clinica, di reperti radiologici tipici, della citologia al BAL, dei risultati della biopsia polmonare e/o di biomarker compatibili. Indubbiamente, nel sospetto clinico di PAP, deve essere effettuata la ricerca degli anticorpi anti-GM-CSF al fine di escludere la forma autoimmune, che rimane la più comune. Da un punto di vista radiologico, si possono spesso evidenziare opacità bilaterali e simmetriche alla radiografia del torace (non sempre presenti, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia), mentre la TC del torace mostra un quadro di ground glass diffuso in tutte le forme di PAP. Infine, a livello endoscopico il BAL può apparire denso e lattescente dal punto di vista macroscopico (soprattutto nelle condizioni più gravi), mentre l’esame citologico rivela tipicamente la colorazione PAS positiva e la presenza di macrofagi schiumosi associati a sedimenti epiteliali. Per quanto concerne il trattamento della PAP, l’unica evidenza di efficacia è a favore del lavaggio polmonare totale, che viene eseguito in anestesia generale usando un tubo con doppio lume endotracheale per ventilare un polmone mentre l’altro viene riempito e svuotato ripetutamente con soluzione fisiologica, allo scopo di rimuovere fisicamente il surfattante dal polmone. Questa terapia non è stata ancora standardizzata e non esistono linee guida per un approccio univoco in termini di volume di soluzione fisiologica necessario, tipo di ventilazione post-intervento e successiva eventuale fisioterapia posizionale. Per la forma autoimmunitaria esistono diversi studi sull’utilizzo di GM-CSF esogeno per via sia sottocutanea sia aereosolica, ma tale pratica ancora non ha presentato risultati incoraggianti (7, 8). Infine, l’efficacia delle strategie terapeutiche finora considerate sembra non essere soddisfacente nei pazienti con mutazioni del gene ABCA3. Diversi studi mostrano una lieve risposta al surfattante esogeno dal punto di vista degli scambi gassosi, mentre l’utilizzo di steroide e idrossiclorochina ha presentato effetti esclusivamente transitori (5). Un report ha descritto un miglioramento significativo in pazienti con mutazione del gene ABCA3 trattati con metilprednisolone ad alte dosi, idrossiclorochina e azitromicina in combinazione, ma ulteriori dati serviranno per confermare questi risultati (9). La ricerca scientifica dovrebbe focalizzare la propria attenzione su nuove terapie, allo scopo di identificare molecole che abbiano come bersaglio diretto le mutazioni e i meccanismi sottostanti a queste patologie.
Un bambino con tachipnea - A child with tachypnea / Del Greco, Paolo; Calogero, Claudia; Fenu, Grazia; Beltrami, Cristina; Caparrelli, Chiara; Alice Donati, Maria; Avenali, Stefano; Maria Buccoliero, Anna; Della Monica, Matteo; Bergamini, Barbara Maria; Lombardi, Enrico. - In: PNEUMOLOGIA PEDIATRICA. - ISSN 2784-8353. - 17:68(2017), pp. 23-27.
Un bambino con tachipnea - A child with tachypnea
Barbara Maria Bergamini;
2017
Abstract
Il surfactante polmonare, un complesso di proteine proteiche, è sintetizzato, aggregato e secreto dalle cellule alveolari di tipo II ed ha la funzione di ridurre la tensione superficiale, ponendosi all’interfaccia aria-acqua a livello alveolare. La porzione lipidica rappresenta la quasi totalità del complesso, mentre la porzione proteica è associata alle proteine tipo A, B, C e D. Un importante componente del metabolismo del surfactante è il trasportatore proteico (ABCA3) dei fosfolipidi all’interno dei corpi lamellari (1). Mutazioni dei geni delle proteine del surfactante sono state associate allo sviluppo di pneumopatie interstiziali. La malattia polmonare causata da mutazioni del gene ABCA3 è un disturbo ereditario autosomico recessivo. Una percentuale significativa di casi segnalati è rappresentata da eterozigoti composti con espressione variabile della malattia nel periodo neonatale o nell’infanzia . Lo spettro clinico e la gravità della malattia polmonare causata dalla carenza di ABCA3 è infatti estremamente variabile e fortemente dipendente dalle mutazioni causanti e dal modello morfologico-patologico indotto . Uno studio di coorte del 2017 ha mostrato come la presentazione più frequente delle mutazioni del gene ABCA3 sia un quadro di RDS neonatale severo, clinicamente non distinguibile dalla PAP e con rischio di esito infausto elevato entro il primo anno di età (5). Sebbene una piccola parte dei disordini del surfattante sia dovuta a mutazioni causanti una sua alterata o mancata produzione, la gran parte delle patologie del surfattante che esitano in un quadro di PAP sono causate dalla distruzione del GM-CSF da parte di autoanticorpi, determinando così la perdita della cruciale funzione di clearence alveolareed un conseguente accumulo di residui cellulari depositati in tale sede. Attualmente la PAP può essere classificata come primaria, a sua volta suddivisa in autoimmune quando è causata da autoanticorpi anti-GM-CSF (questa forma rappresenta circa il 90% dei casi) ed in ereditaria quando dovuta a mutazioni del gene per il recettore del GM-CSF (6), o secondaria. Quest’ultima forma, più frequentemente riscontrabile in età adulta, è associata principalmente a patologie sottostanti, quali malattie ematologiche (sindromi mielodisplastiche, leucemia mieloide acuta, leucemia linfoblastica acuta, leucemia cronica mielocitica, leucemia linfatica cronica, anemia aplastica, mieloma multiplo, linfoma e macroglobulinemia di Waldenstrom), neoplasie non ematologiche (adenocarcinoma polmonare, glioblastoma e melanoma), malattie infettive (citomegalovirus, Mycobacterium tuberculosis, Nocardia, Pneumocystis jirovecii), sindromi da immunodeficienza/disgregazione (AIDS, amiloidosi, sindrome di Fanconi, agammaglobulinemia, malattia di Bechet, dermatomiosite giovanile, acidosi tubulare renale e SCID) ed infine esposizioni tossiche per inalazione di polveri inorganiche (alluminio, cemento, silice, titanio ed indio), di polveri organiche (sostanze agricole, farina da forno, fertilizzanti e segatura) o di fumi (cloro, prodotti per la pulizia, benzina, petrolio, biossido di azoto, vernice e fumi di plastica sintetica). Infine, esiste una forma di PAP (in letteratura anche definita come PAP-Like) causata da mutazioni dei geni del surfattante (SFTPB, SFTPC, ABCA3 e TTF1 (NKX2.1)). La forma associata a mutazioni del surfattante (come nel nostro caso) può esordire con un quadro di insufficienza respiratoria grave sin dalla nascita, mentre la presentazione clinica delle altre forme include dispnea ingravescente, tachipnea, tosse e perdita di peso in un quadro di pneumopatia interstiziale ad esordio adolescenziale o in età adulta. La diagnosi può essere sospettata sulla base della storia clinica, di reperti radiologici tipici, della citologia al BAL, dei risultati della biopsia polmonare e/o di biomarker compatibili. Indubbiamente, nel sospetto clinico di PAP, deve essere effettuata la ricerca degli anticorpi anti-GM-CSF al fine di escludere la forma autoimmune, che rimane la più comune. Da un punto di vista radiologico, si possono spesso evidenziare opacità bilaterali e simmetriche alla radiografia del torace (non sempre presenti, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia), mentre la TC del torace mostra un quadro di ground glass diffuso in tutte le forme di PAP. Infine, a livello endoscopico il BAL può apparire denso e lattescente dal punto di vista macroscopico (soprattutto nelle condizioni più gravi), mentre l’esame citologico rivela tipicamente la colorazione PAS positiva e la presenza di macrofagi schiumosi associati a sedimenti epiteliali. Per quanto concerne il trattamento della PAP, l’unica evidenza di efficacia è a favore del lavaggio polmonare totale, che viene eseguito in anestesia generale usando un tubo con doppio lume endotracheale per ventilare un polmone mentre l’altro viene riempito e svuotato ripetutamente con soluzione fisiologica, allo scopo di rimuovere fisicamente il surfattante dal polmone. Questa terapia non è stata ancora standardizzata e non esistono linee guida per un approccio univoco in termini di volume di soluzione fisiologica necessario, tipo di ventilazione post-intervento e successiva eventuale fisioterapia posizionale. Per la forma autoimmunitaria esistono diversi studi sull’utilizzo di GM-CSF esogeno per via sia sottocutanea sia aereosolica, ma tale pratica ancora non ha presentato risultati incoraggianti (7, 8). Infine, l’efficacia delle strategie terapeutiche finora considerate sembra non essere soddisfacente nei pazienti con mutazioni del gene ABCA3. Diversi studi mostrano una lieve risposta al surfattante esogeno dal punto di vista degli scambi gassosi, mentre l’utilizzo di steroide e idrossiclorochina ha presentato effetti esclusivamente transitori (5). Un report ha descritto un miglioramento significativo in pazienti con mutazione del gene ABCA3 trattati con metilprednisolone ad alte dosi, idrossiclorochina e azitromicina in combinazione, ma ulteriori dati serviranno per confermare questi risultati (9). La ricerca scientifica dovrebbe focalizzare la propria attenzione su nuove terapie, allo scopo di identificare molecole che abbiano come bersaglio diretto le mutazioni e i meccanismi sottostanti a queste patologie.File | Dimensione | Formato | |
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