La scoperta della “civiltà contadina” è un episodio della storia culturale italiana cui è stato ricorrentemente attribuito un carattere fondativo della particolare tradizione nazionale degli studi demo-etno-antropologici, e che è stato oggetto per questo motivo di diverse revisioni interpretative nel corso del tempo. Proprio a partire da questa considerazione, il saggio si propone di procedere in parallelo a una ricostruzione storica della “scoperta” per come si presentava agli occhi di coloro che vi hanno partecipato, e a una rassegna critica delle interpretazioni e riflessioni che su di essa si sono andate accumulando e stratificando nel mezzo secolo trascorso da allora. I luoghi classici che la storiografia precedente ha identificato come significativi (in particolare, l’opera di Levi e di Gramsci), sono quindi rivisitati tenendo in considerazione tanto il significato che assumevano all’epoca, quanto le successive stratificazioni e revisioni ermeneutiche intervenute successivamente. Una particolare attenzione è riservata alla figura di Ernesto De Martino, da un lato per il posto centrale che gli è stato riconosciuto, soprattutto retrospettivamente, nella “scoperta” della cultura dei contadini e nella fondazione degli studi antropologici italiani, e dall’altro perché è proprio intorno alla sua figura che si concentrano oggi i più interessanti tentativi di rilettura delle specificità dell’antropologia italiana del secondo dopoguerra e dei motivi del mancato incontro con le altre antropologie contemporanee interessate allo studio delle dimensioni culturali del mondo rurale, soprattutto meridionale.
La antropología italiana y el descubrimiento de la cultura de los campesinos meridionales / Satta, Gino. - (2017), pp. 305-333.
La antropología italiana y el descubrimiento de la cultura de los campesinos meridionales
SATTA, Gino
2017
Abstract
La scoperta della “civiltà contadina” è un episodio della storia culturale italiana cui è stato ricorrentemente attribuito un carattere fondativo della particolare tradizione nazionale degli studi demo-etno-antropologici, e che è stato oggetto per questo motivo di diverse revisioni interpretative nel corso del tempo. Proprio a partire da questa considerazione, il saggio si propone di procedere in parallelo a una ricostruzione storica della “scoperta” per come si presentava agli occhi di coloro che vi hanno partecipato, e a una rassegna critica delle interpretazioni e riflessioni che su di essa si sono andate accumulando e stratificando nel mezzo secolo trascorso da allora. I luoghi classici che la storiografia precedente ha identificato come significativi (in particolare, l’opera di Levi e di Gramsci), sono quindi rivisitati tenendo in considerazione tanto il significato che assumevano all’epoca, quanto le successive stratificazioni e revisioni ermeneutiche intervenute successivamente. Una particolare attenzione è riservata alla figura di Ernesto De Martino, da un lato per il posto centrale che gli è stato riconosciuto, soprattutto retrospettivamente, nella “scoperta” della cultura dei contadini e nella fondazione degli studi antropologici italiani, e dall’altro perché è proprio intorno alla sua figura che si concentrano oggi i più interessanti tentativi di rilettura delle specificità dell’antropologia italiana del secondo dopoguerra e dei motivi del mancato incontro con le altre antropologie contemporanee interessate allo studio delle dimensioni culturali del mondo rurale, soprattutto meridionale.File | Dimensione | Formato | |
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