Il contributo ipotizza un divulgatore che esperisce come la lingua non sia uno strumento neutro nella trasmissione della conoscenza ma come plasmi, dia forma e comprensibilità al sapere. Fa insomma l'esperienza di rilevanza scientifica che la comprensione non avviene in virtù dell'osservazione delle cose ma della loro rappresentazione linguistica.
La domanda a cui il contributo risponde ha l’ambizione di toccare una questione che è alla base di ogni intento divulgativo: come può essere descritto sia dal punto di vista formale sia funzionale l’audace gesto comunicativo di rivolgersi a un vasto pubblico con discorsi che sono in genere pertinenza dei soli specialisti? A una domanda sì tanto banale ma anche tanto complessa non si può pretendere di avere una risposta che soddisfi sia gli specialisti in teorie e pratiche della divulgazione sia i profani. Si può tuttavia almeno provare a suggerire un percorso in cui cercare una delle risposte ipotizzabili. Uno dei possibili punti di partenza lo si può stabilire col supporto di una bibliografia pur decisamente limitata in dimensioni e in ambito linguistico. In particolare propongo il riferimento a un testo letterario – al 72° capitolo di L’uomo senza qualità di Robert Musil – , a un’immagine proposta in un contesto di ermeneutica filosofica – quella della fusione di orizzonti di H. Georg Gadamer – e a un concetto elaborato nell’ambito dell’ermeneutica letteraria, in particolare dell’Estetica della Ricezione – il concetto di lettore implicito di Wolfgang Iser.
La divulgazione come esperienza interculturale. Per una fenomenologia del discorso divulgativo / Giacobazzi, Cesare. - STAMPA. - (2012), pp. 38-46.
La divulgazione come esperienza interculturale. Per una fenomenologia del discorso divulgativo.
GIACOBAZZI, Cesare
2012
Abstract
La domanda a cui il contributo risponde ha l’ambizione di toccare una questione che è alla base di ogni intento divulgativo: come può essere descritto sia dal punto di vista formale sia funzionale l’audace gesto comunicativo di rivolgersi a un vasto pubblico con discorsi che sono in genere pertinenza dei soli specialisti? A una domanda sì tanto banale ma anche tanto complessa non si può pretendere di avere una risposta che soddisfi sia gli specialisti in teorie e pratiche della divulgazione sia i profani. Si può tuttavia almeno provare a suggerire un percorso in cui cercare una delle risposte ipotizzabili. Uno dei possibili punti di partenza lo si può stabilire col supporto di una bibliografia pur decisamente limitata in dimensioni e in ambito linguistico. In particolare propongo il riferimento a un testo letterario – al 72° capitolo di L’uomo senza qualità di Robert Musil – , a un’immagine proposta in un contesto di ermeneutica filosofica – quella della fusione di orizzonti di H. Georg Gadamer – e a un concetto elaborato nell’ambito dell’ermeneutica letteraria, in particolare dell’Estetica della Ricezione – il concetto di lettore implicito di Wolfgang Iser.Pubblicazioni consigliate
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