il nucleo duro dell’irreformabilità “costituzionale” del sistema penale, fonte della sua mutazione in non-sistema, è costituito, nel codice (per le leggi complementari il discorso è più complesso), da un piccolo complesso di norme su circostanze, imputazione degli eventi aggravanti, sospensione della pena, prescrizione, rapporti fra illecito civile e penale e reati contro la vita. Riaffermando il nesso tra certezza della pena e certezza del diritto, si propone di attuare poche riforme urgenti, capaci di ridare un disegno al sistema penale, oggi perduto: La prima riforma mira ad affermare il principio: “la definizione della responsabilità (il titolo del reato) governa la commisurazione della pena”, e non viceversa, come accade oggi.Si propone che tutti gli aggravamenti e tutte le attenuazioni di pena contemplati nell’ordinamento vigente, che siano superiori a un terzo della pena edittale prevista per il reato di base al quale si riferiscono, o determinati in modo autonomo, siano sottratti al bilanciamento ex art. 69 c.p., e dunque alla discrezionalità giudiziale. Con esclusione delle circostanze inerenti alla persona del colpevole. La riforma dell'art. 69 c.p., insieme a quella dell'art. 42, co. 3, c.p., e all'introduzione della colpa grave per l'imputazione degli eventi aggravanti non voluti (in assenza di colpa grave si applica il concorso di reati normale), segnerebbe (lavoro progressivo e indefinito nel tempo) l’avvio di una revisione delle cornici edittali, che rappresentano oggi uno scandalo nazionale (“σκάνδαλον”, impedimento, trappola, alla giustizia) di sproporzione retributiva, gestibile solo con forme di cinico pragmatismo, che esprimono la quintessenza del «non sistema» vigente (e sto misurando le parole). La seconda normativa proposta introduce una sorta di previsione “costituzionale”, per il sistema penale, del principio che “il delitto non paga”, e impone la confisca (anche per equivalente) del suo profitto-provento, ma non arricchendo lo Stato ai danni della vittima, bensì per restaurere, in primo luogo, la posizione di chi sia danneggiato-vittimaLa terza riforma mira ad attuare il principio: “la pena trova sempre applicazione in assenza di risarcimento del danno o di riparazione dell’offesa”. Essa concerne la sospensione condizionale della pena (art. 163 ss. c.p.). La quarta riforma, che riguarda la certezza del diritto, mira a estendere in sede penale il vincolo del precedente delle Sezioni Unite, o dell’Adunanza plenaria del C.d.S., rispetto alle decisioni in diritto delle Sezioni semplici, oggi previsto rispettivamente dagli artt. 374, co. 3, c.p.c. (dopo il d. lgs. n. 40/2006) e 99, co. 3, c. proc. ammin. (d. lgs. n. 104/2010), ma non presente nel codice di procedura penale
Certezza della pena e certezza del diritto. Una riforma chirurgica per dissolvere il non-sistema / Donini, Massimo. - In: DIRITTO PENALE CONTEMPORANEO. - ISSN 2039-1676. - ELETTRONICO. - 1/2012 (riv. trimestrale):(2012), pp. 221-226.
Certezza della pena e certezza del diritto. Una riforma chirurgica per dissolvere il non-sistema
DONINI, Massimo
2012
Abstract
il nucleo duro dell’irreformabilità “costituzionale” del sistema penale, fonte della sua mutazione in non-sistema, è costituito, nel codice (per le leggi complementari il discorso è più complesso), da un piccolo complesso di norme su circostanze, imputazione degli eventi aggravanti, sospensione della pena, prescrizione, rapporti fra illecito civile e penale e reati contro la vita. Riaffermando il nesso tra certezza della pena e certezza del diritto, si propone di attuare poche riforme urgenti, capaci di ridare un disegno al sistema penale, oggi perduto: La prima riforma mira ad affermare il principio: “la definizione della responsabilità (il titolo del reato) governa la commisurazione della pena”, e non viceversa, come accade oggi.Si propone che tutti gli aggravamenti e tutte le attenuazioni di pena contemplati nell’ordinamento vigente, che siano superiori a un terzo della pena edittale prevista per il reato di base al quale si riferiscono, o determinati in modo autonomo, siano sottratti al bilanciamento ex art. 69 c.p., e dunque alla discrezionalità giudiziale. Con esclusione delle circostanze inerenti alla persona del colpevole. La riforma dell'art. 69 c.p., insieme a quella dell'art. 42, co. 3, c.p., e all'introduzione della colpa grave per l'imputazione degli eventi aggravanti non voluti (in assenza di colpa grave si applica il concorso di reati normale), segnerebbe (lavoro progressivo e indefinito nel tempo) l’avvio di una revisione delle cornici edittali, che rappresentano oggi uno scandalo nazionale (“σκάνδαλον”, impedimento, trappola, alla giustizia) di sproporzione retributiva, gestibile solo con forme di cinico pragmatismo, che esprimono la quintessenza del «non sistema» vigente (e sto misurando le parole). La seconda normativa proposta introduce una sorta di previsione “costituzionale”, per il sistema penale, del principio che “il delitto non paga”, e impone la confisca (anche per equivalente) del suo profitto-provento, ma non arricchendo lo Stato ai danni della vittima, bensì per restaurere, in primo luogo, la posizione di chi sia danneggiato-vittimaLa terza riforma mira ad attuare il principio: “la pena trova sempre applicazione in assenza di risarcimento del danno o di riparazione dell’offesa”. Essa concerne la sospensione condizionale della pena (art. 163 ss. c.p.). La quarta riforma, che riguarda la certezza del diritto, mira a estendere in sede penale il vincolo del precedente delle Sezioni Unite, o dell’Adunanza plenaria del C.d.S., rispetto alle decisioni in diritto delle Sezioni semplici, oggi previsto rispettivamente dagli artt. 374, co. 3, c.p.c. (dopo il d. lgs. n. 40/2006) e 99, co. 3, c. proc. ammin. (d. lgs. n. 104/2010), ma non presente nel codice di procedura penaleFile | Dimensione | Formato | |
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