L’A. analizza l’evoluzione storica e normativa del figlicidio, caratterizzato dalla sua costante presenza nella cultura dell’uomo fin dalle epoche più antiche, e sottoposto a conseguenze giuridiche che oscillano fra gli opposti estremi della depenalizzazione o della sottoposizione alle sanzioni capitali.Si esamina poi la disciplina vigente, che appare scarsamente fruibile per la eccessiva rigidità delle due sole alternative presenti sul piano sanzionatorio: delitto di omicidio (art. 585 c.p.), o delitto di infanticidio (art. 578 c.p.), il secondo dei quali è inoltre applicabile solo ad una limitata parte dei casi di uccisione del figlio.Il disagio che scaturisce da tale situazione sul piano normativo si ripercuote in primo luogo nella prassi psichiatrico-forense: una ricerca svolta dall’Autore sui casi di figlicidio prosciolti per vizio di mente nel periodo 1977-1987 evidenzia infatti, in base al frequentissimo ricorso operato a diagnosi di situazioni di “stati-limite”, che integrano il “valore di malattia” piuttosto che una vera e propria infermità mentale, il disagio del perito e del magistrato di fronte alla dicotomica alternativa imposta dall’ordinamento.
Problematiche giuridiche, criminologiche e psichiatrico forensi del figlicidio / Pietralunga, Susanna. - In: RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA E MEDICINA LEGALE DELLE ALIENAZIONI MENTALI. - ISSN 0370-7261. - STAMPA. - CXII:(1988), pp. n.d.-n.d.. (Intervento presentato al convegno VI Seminario nazionale per professori italiani di Discipline criminologiche tenutosi a Siracusa nel 26-28 ottobre 1987).
Problematiche giuridiche, criminologiche e psichiatrico forensi del figlicidio
PIETRALUNGA, Susanna
1988
Abstract
L’A. analizza l’evoluzione storica e normativa del figlicidio, caratterizzato dalla sua costante presenza nella cultura dell’uomo fin dalle epoche più antiche, e sottoposto a conseguenze giuridiche che oscillano fra gli opposti estremi della depenalizzazione o della sottoposizione alle sanzioni capitali.Si esamina poi la disciplina vigente, che appare scarsamente fruibile per la eccessiva rigidità delle due sole alternative presenti sul piano sanzionatorio: delitto di omicidio (art. 585 c.p.), o delitto di infanticidio (art. 578 c.p.), il secondo dei quali è inoltre applicabile solo ad una limitata parte dei casi di uccisione del figlio.Il disagio che scaturisce da tale situazione sul piano normativo si ripercuote in primo luogo nella prassi psichiatrico-forense: una ricerca svolta dall’Autore sui casi di figlicidio prosciolti per vizio di mente nel periodo 1977-1987 evidenzia infatti, in base al frequentissimo ricorso operato a diagnosi di situazioni di “stati-limite”, che integrano il “valore di malattia” piuttosto che una vera e propria infermità mentale, il disagio del perito e del magistrato di fronte alla dicotomica alternativa imposta dall’ordinamento.Pubblicazioni consigliate
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