L’A. ricostruisce i percorsi di riforma relativi all’apprendistato disciplinato dalla riforma Biagi del 2003 per soffermarsi poi, specificatamente, sul contenuto e sulle implicazioni delle modifiche apportate dalla l. n. 133/2008. Il nodo di maggiore rilievo riguarda il tema del policentrismo normativo e istituzionale di regolamentazione del contratto, che si è rivelato un fallimento sostanziale. Esemplificativo è il caso dell’apprendistato professionalizzante, analizzato nella parte I del contributo, là dove la riforma di cui all’art. 23-bis della l. n. 133/2008 è volta a sbloccare l’operatività dell’istituto attraverso un canale parallelo di formazione aziendale, alternativo ma non sostitutivo rispetto alla formazione pubblica, in moltissimi casi del tutto inadeguata. La soluzione, funzionale a promuovere una concentrazione degli sforzi regionali dove necessario, risponde al tema controverso della nozione di formazione aziendale, valorizzando la contrattazione collettiva e i relativi attori titolari del patrimonio conoscitivo necessario. La legittimità costituzionale di tale soluzione è argomentata, attraverso un’analisi critica del contenzioso regionale che ha interessato la nuova disposizione all’indomani della sua emanazione, sulla base dei principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 50/2005, punto fermo nella definizione dell’assetto di competenze Stato-Regioni e, in via residuale, della contrattazione collettiva, sulla materia. Nella parte II del contributo, l’A. indaga le implicazioni sul c.d. apprendistato stagionale del venir meno del limite minino di 2 anni di durata dell’apprendistato professionalizzante e dalla attribuzione alle parti sociali della responsabilità di creare percorsi formativi credibili. Per quanto riguarda l’apprendistato di alta formazione, trattato nella parte III del contributo, l’A. contestualizza le modifiche apportate dalla l. n. 133/2008 nel quadro altamente frammentario e deficitario scaturito dall’impianto originario di disciplina a fronte dell’inerzia prevalente del livello regionale di regolazione. Secondo l’A., la causa di tale esito deve essere rinvenuta nella scarsa preparazione culturale delle istituzioni rispetto ad uno strumento teso a realizzare il raccordo tra università e impresa. Per realizzare tale ratio, la nuova disciplina consente di assumere con contratto di alto apprendistato anche giovani dottorandi di ricerca e di stipulare il contratto in base ad accordi tra ente formativo e impresa per rendere lo strumento più flessibile e concretamente rispondente alle esigenze dell’impresa stessa, premessa necessaria per la messa a regime dell’istituto.
L’apprendistato professionalizzante e l’apprendistato di alta formazione dopo la legge n. 133 del 2008 / Tiraboschi, Michele. - In: DIRITTO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI. - ISSN 1121-8762. - STAMPA. - XVIII:4(2008), pp. 1050-1075.
L’apprendistato professionalizzante e l’apprendistato di alta formazione dopo la legge n. 133 del 2008
Tiraboschi, Michele
2008
Abstract
L’A. ricostruisce i percorsi di riforma relativi all’apprendistato disciplinato dalla riforma Biagi del 2003 per soffermarsi poi, specificatamente, sul contenuto e sulle implicazioni delle modifiche apportate dalla l. n. 133/2008. Il nodo di maggiore rilievo riguarda il tema del policentrismo normativo e istituzionale di regolamentazione del contratto, che si è rivelato un fallimento sostanziale. Esemplificativo è il caso dell’apprendistato professionalizzante, analizzato nella parte I del contributo, là dove la riforma di cui all’art. 23-bis della l. n. 133/2008 è volta a sbloccare l’operatività dell’istituto attraverso un canale parallelo di formazione aziendale, alternativo ma non sostitutivo rispetto alla formazione pubblica, in moltissimi casi del tutto inadeguata. La soluzione, funzionale a promuovere una concentrazione degli sforzi regionali dove necessario, risponde al tema controverso della nozione di formazione aziendale, valorizzando la contrattazione collettiva e i relativi attori titolari del patrimonio conoscitivo necessario. La legittimità costituzionale di tale soluzione è argomentata, attraverso un’analisi critica del contenzioso regionale che ha interessato la nuova disposizione all’indomani della sua emanazione, sulla base dei principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 50/2005, punto fermo nella definizione dell’assetto di competenze Stato-Regioni e, in via residuale, della contrattazione collettiva, sulla materia. Nella parte II del contributo, l’A. indaga le implicazioni sul c.d. apprendistato stagionale del venir meno del limite minino di 2 anni di durata dell’apprendistato professionalizzante e dalla attribuzione alle parti sociali della responsabilità di creare percorsi formativi credibili. Per quanto riguarda l’apprendistato di alta formazione, trattato nella parte III del contributo, l’A. contestualizza le modifiche apportate dalla l. n. 133/2008 nel quadro altamente frammentario e deficitario scaturito dall’impianto originario di disciplina a fronte dell’inerzia prevalente del livello regionale di regolazione. Secondo l’A., la causa di tale esito deve essere rinvenuta nella scarsa preparazione culturale delle istituzioni rispetto ad uno strumento teso a realizzare il raccordo tra università e impresa. Per realizzare tale ratio, la nuova disciplina consente di assumere con contratto di alto apprendistato anche giovani dottorandi di ricerca e di stipulare il contratto in base ad accordi tra ente formativo e impresa per rendere lo strumento più flessibile e concretamente rispondente alle esigenze dell’impresa stessa, premessa necessaria per la messa a regime dell’istituto.File | Dimensione | Formato | |
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