Il saggio illustra le tematiuche affrontate nel volume inducando le dimensioni critiche che occorre affrontare quando spostiamo l’attenzione dalla generica interazione tra domanda e offerta di innovazione alla costruzione del processo di innovazione e agli strumenti di intervento pubblico più efficaci per sostenerlo.Una prima dimensione che viene indagata è la complessità dei processi di innovazione, che è il fulcro della teoria a cui faremo riferimento. Tale complessità non riconducibile alla sola sfera tecnica o a quella economica riguarda la molteplicità di tipologie di attori coinvolti, la molteplicità dei livelli a cui si verificano le interazioni sociali (impresa, sistema di imprese, sistema produttivo locale, sistema di mercato, sistema nazionale di innovazione), la molteplicità degli orizzonti temporali associati allo svolgimento delle azioni interrelate al cambiamento e all’azione degli attori coinvolti (ciascuno con la serie di temporalità delle proprie interazioni). Un insieme coerente di politiche per l’innovazione che tenga conto della complessità dei processi sociali da cui scaturisce l’innovazione deve quindi affrontare questioni che si pongono su scale temporali diverse e su diversi livelli di organizzazione politica e sociale (dai comuni, alle regioni, ai paesi all’Unione Europea) e deve poter individuare, a ciascun livello, gli agenti su cui fare leva per stimolare e sostenere l’innovazione. Quali strumenti abbiamo per individuare tali agenti, e per monitorare e valutare i processi di innovazione e non solo le innovazioni e i loro effetti? Con riferimento ai sistemi di piccola e media impresa, i contributi raccolti in questo volume individuano alcune risposte a tali questioni e approfondiscono l’analisi delle loro implicazioni sulle politiche per l’innovazione. Una seconda dimensione che analizzeremo in questo volume è l’intreccio tra politiche e teorie dell’innovazione. L’analisi di questo intreccio offrirà una chiave di lettura essenziale per l’analisi degli effetti delle politiche. In particolare, ogni strumento di politica pubblica si basa su una teoria, anche quando questo legame non sia reso esplicito. È quindi assai importante, per prima cosa, chiarire il quadro teorico al quale le politiche vengono riferite e le specifiche istituzioni che hanno maturato e promosso quelle politiche. Affronteremo, in particolare, due domande che sono fondamentali per l’elaborazione di una teoria dell’innovazione. In primo luogo: che cosa è l’innovazione? Quando pensiamo all’innovazione, abbiamo in mente nuovi prodotti o nuovi servizi, nuovi processi produttivi, nuove modalità organizzative dei processi di produzione, nuovi mercati (come suggerito da Schumpeter, 1934). Ma questa definizione è, per molte ragioni, allo stesso tempo, inadeguata e fuorviante perché richiama la nostra attenzione sui risultati dei processi innovativi, più che sui processi di innovazione (Bonifati 2010). E le politiche devono mirare alla riorganizzazione dei processi se esse vogliono poterne influenzare i risultati. In questo volume proponiamo un diverso modo di descrivere l’innovazione. Si tratta di processi caratterizzati da interazioni tra agenti eterogenei. Interazioni che riguardano molti aspetti (cognitivi, sociali, tecnologici, economici e politici), che si svolgono su scale temporali assai diverse (a volte sviluppandosi nell’arco di settimane, a volte di decenni) e che hanno luogo in molte sedi (dalle università ai centri di ricerca industriale pubblici e privati, dagli enti di regolamentazione alle associazioni di categoria, agli ordini professionali, fino all’organizzazione dei mercati). Ciascuno di questi processi, in ciascuna di queste sedi, può generare «colli di bottiglia» (Rosenberg, 1976, 1982, 1996) che impediscono la creazione o l’affermarsi di innovazioni. La seconda domanda riguarda le interazioni. Se le consideriamo un elemento fondamentale dei processi di innovazione, allora dobbiamo esplorare più in profondità quali sono le interazioni rilevanti e in quali contesti (pensiamo al sistema di istruzione e formazione, al sistema universitario, al sistema della ricerca pubblica e al sistema della ricerca privata, alle istituzioni finanziarie, alle condizioni legislative che regolano gli scambi tra attori e la proprietà intellettuale). Occorre anche chiedersi quali tipi di organizzazioni, e nell’ambito di quali attività, siano coinvolte nel processo innovativo. Laddove le interazioni tra gli agenti non stiano generando risultati desiderabili in termini di innovazione, quali strumenti possono modificare la struttura delle interazioni?
Innovazione: processi sociali e politiche pubbliche”, / Russo, Margherita. - STAMPA. - (2010), pp. ix-xxii.
Innovazione: processi sociali e politiche pubbliche”,
RUSSO, Margherita
2010
Abstract
Il saggio illustra le tematiuche affrontate nel volume inducando le dimensioni critiche che occorre affrontare quando spostiamo l’attenzione dalla generica interazione tra domanda e offerta di innovazione alla costruzione del processo di innovazione e agli strumenti di intervento pubblico più efficaci per sostenerlo.Una prima dimensione che viene indagata è la complessità dei processi di innovazione, che è il fulcro della teoria a cui faremo riferimento. Tale complessità non riconducibile alla sola sfera tecnica o a quella economica riguarda la molteplicità di tipologie di attori coinvolti, la molteplicità dei livelli a cui si verificano le interazioni sociali (impresa, sistema di imprese, sistema produttivo locale, sistema di mercato, sistema nazionale di innovazione), la molteplicità degli orizzonti temporali associati allo svolgimento delle azioni interrelate al cambiamento e all’azione degli attori coinvolti (ciascuno con la serie di temporalità delle proprie interazioni). Un insieme coerente di politiche per l’innovazione che tenga conto della complessità dei processi sociali da cui scaturisce l’innovazione deve quindi affrontare questioni che si pongono su scale temporali diverse e su diversi livelli di organizzazione politica e sociale (dai comuni, alle regioni, ai paesi all’Unione Europea) e deve poter individuare, a ciascun livello, gli agenti su cui fare leva per stimolare e sostenere l’innovazione. Quali strumenti abbiamo per individuare tali agenti, e per monitorare e valutare i processi di innovazione e non solo le innovazioni e i loro effetti? Con riferimento ai sistemi di piccola e media impresa, i contributi raccolti in questo volume individuano alcune risposte a tali questioni e approfondiscono l’analisi delle loro implicazioni sulle politiche per l’innovazione. Una seconda dimensione che analizzeremo in questo volume è l’intreccio tra politiche e teorie dell’innovazione. L’analisi di questo intreccio offrirà una chiave di lettura essenziale per l’analisi degli effetti delle politiche. In particolare, ogni strumento di politica pubblica si basa su una teoria, anche quando questo legame non sia reso esplicito. È quindi assai importante, per prima cosa, chiarire il quadro teorico al quale le politiche vengono riferite e le specifiche istituzioni che hanno maturato e promosso quelle politiche. Affronteremo, in particolare, due domande che sono fondamentali per l’elaborazione di una teoria dell’innovazione. In primo luogo: che cosa è l’innovazione? Quando pensiamo all’innovazione, abbiamo in mente nuovi prodotti o nuovi servizi, nuovi processi produttivi, nuove modalità organizzative dei processi di produzione, nuovi mercati (come suggerito da Schumpeter, 1934). Ma questa definizione è, per molte ragioni, allo stesso tempo, inadeguata e fuorviante perché richiama la nostra attenzione sui risultati dei processi innovativi, più che sui processi di innovazione (Bonifati 2010). E le politiche devono mirare alla riorganizzazione dei processi se esse vogliono poterne influenzare i risultati. In questo volume proponiamo un diverso modo di descrivere l’innovazione. Si tratta di processi caratterizzati da interazioni tra agenti eterogenei. Interazioni che riguardano molti aspetti (cognitivi, sociali, tecnologici, economici e politici), che si svolgono su scale temporali assai diverse (a volte sviluppandosi nell’arco di settimane, a volte di decenni) e che hanno luogo in molte sedi (dalle università ai centri di ricerca industriale pubblici e privati, dagli enti di regolamentazione alle associazioni di categoria, agli ordini professionali, fino all’organizzazione dei mercati). Ciascuno di questi processi, in ciascuna di queste sedi, può generare «colli di bottiglia» (Rosenberg, 1976, 1982, 1996) che impediscono la creazione o l’affermarsi di innovazioni. La seconda domanda riguarda le interazioni. Se le consideriamo un elemento fondamentale dei processi di innovazione, allora dobbiamo esplorare più in profondità quali sono le interazioni rilevanti e in quali contesti (pensiamo al sistema di istruzione e formazione, al sistema universitario, al sistema della ricerca pubblica e al sistema della ricerca privata, alle istituzioni finanziarie, alle condizioni legislative che regolano gli scambi tra attori e la proprietà intellettuale). Occorre anche chiedersi quali tipi di organizzazioni, e nell’ambito di quali attività, siano coinvolte nel processo innovativo. Laddove le interazioni tra gli agenti non stiano generando risultati desiderabili in termini di innovazione, quali strumenti possono modificare la struttura delle interazioni?Pubblicazioni consigliate
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