Altrove ho sostenuto che i giochi al computer non possono che essere considerati reali in termini ontologici, pragmatici ed esperienziali. È, dopo tutto, un fatto empirico che i giocatori considerino i giochi stessi come artefatti culturali di carattere ibridi materiali-immateriali; e che i mondi possibili in cui questi giochi consentono di “immergersi” siano presi molto sul serio dai giocatori lo dimostra la notevole quantità di tempo, energia e denari che i giocatori sono disposti a dedicarvi per acquistarli, istallarli, giocarvi e discuterne con familiari e amici. Anche il fatto che i giochi al computer sono ormai da parecchi anni rientrati come protagonisti o oggetti di valore nel cinema e nella televisione, e diventati anche oggetti di raccolta nei archivi e musei nazionali specializzati avvalora questa ipotesi. A questo proposito, i giochi al computer rappresentano esattamente lo stesso tipo di attività culturale e di “socialità” di altri artefatti culturali ibridi che ci offrono esperienze di interazione con mondi possibili finzionali, come i libri e il cinema. Che cosa intendiamo, dunque, quando parliamo del carattere enattivo della nostra esperienza incarnata di mondi attuali e possibili? Ci si lasci parafrasare la definizione datane dal filosofo Alva Noë: la nostra esperienza soggettiva del mondo, egli dice, non è determinata solamente dagli stati neurali istituiti dagli schemi ricorrenti di stimolazione ambientale; il carattere qualitativo della nostra esperienza percettiva dipende dalla nostra padronanza ed esercizio delle abilità sensomotorie faticosamente acquisite. «Il contenuto percettivo», afferma, «diventa disponibile all’esperienza quando chi percepisce hanno una padronanza pratica dei modi in cui gli stimoli sensoriali variano come risultato del movimento». Aggiungerei un’ultima considerazione. Le nostre esperienze e comprensioni del sempre più complesso mondo immateriale, materiale e culturale in cui dobbiamo vivere, con cui dobbiamo relazionarci e che dobbiamo contribuire a formare sono tutte costruite sul fatto che abbiamo continuamente bisogno di imparare e re-imparare a relazionarci e fare cose insieme con forme “aliene” di alterità. Questo difficile compito potrà avere un esito positivo solo se saremo capaci di muoverci e investigare il vasto spazio olistico del gioco che tutti noi abitiamo, entrando in una relazione ludica o di altro genere con tutte queste alterità latenti. Nel parlare di esperienza letteraria, cinematografica, di gioco al computer, o di altre esperienze ludiche in termini di nostre relazioni inattive con esse, stiamo focalizzandoci essenzialmente sull’attualità empirica della nostra complessa esistenza come esseri fisici con corpi altamente sviluppati, diversificati e agili. E’ questa natura corporea che ci consente di muoverci attivamente nel mondo, e di fare esperienza, non solo intersoggettivamente l’uno dell’altro, ma anche delle miriadi di oggetti estetici e non che abbiamo creato, rendendo possibile lo scambio e l’interazione con essi in modi molti ricchi e variati. Guardare qualcosa è una cosa, toccarla o camminarvi attorno un’altra, raccoglierla, aprirla, ridurla in pezzi e rimetterla assieme in modi differenti un’altra ancora, e via discorrendo. Ogni forma d’innovazione culturale dipende precisamente dal complesso di processi inattivi che prendono continuamente forma e si intrecciano sinergicamente l’uno con l’altro.Le sempre più sofisticate interfacce enattive che impegnano fisicamente i giocatori e gli spettatori, consentendo loro di “scollarsi” dalla “tradizionale” posizione davanti allo schermo, saranno esemplari, in questo contesto. Esse infatti faciliteranno e incoraggeranno una pluralità di forma d’azione: gioco, sperimentazione, ricerca, dimostrazione, discussione e molte altre forme di cooperazione ergodica con altre forme di alterità, direttamente presenti o meno. Si potrebbe infatti immaginare che alcune di queste alterità possano anche essere situate altrove nello spazio. La tendenza verso un’enattività crescente nei giochi al computer non può che essere vista come uno sviluppo potenzialmente utile per noi e per le nostre numerose, grandi e piccole, culture e società; essa riflette la nostra necessità di rimodellarci continuamente per crescere e svilupparci, rielaborando e ricostituendo il nostro senso del sé, i nostri corpi e le nostre competenze e abilità acquisite.

“Se si muove spara!” Letteratura, cinema, giochi al computer, e altri mondi possibili digitali / Coppock, Patrick John. - STAMPA. - Fascicolo 564:(2009), pp. 9-25. (Intervento presentato al convegno VII MAGIS Gorizia and Gradisca International Spring School tenutosi a Gorizia nel 27 March-2 April 2009).

“Se si muove spara!” Letteratura, cinema, giochi al computer, e altri mondi possibili digitali.

COPPOCK, Patrick John
2009

Abstract

Altrove ho sostenuto che i giochi al computer non possono che essere considerati reali in termini ontologici, pragmatici ed esperienziali. È, dopo tutto, un fatto empirico che i giocatori considerino i giochi stessi come artefatti culturali di carattere ibridi materiali-immateriali; e che i mondi possibili in cui questi giochi consentono di “immergersi” siano presi molto sul serio dai giocatori lo dimostra la notevole quantità di tempo, energia e denari che i giocatori sono disposti a dedicarvi per acquistarli, istallarli, giocarvi e discuterne con familiari e amici. Anche il fatto che i giochi al computer sono ormai da parecchi anni rientrati come protagonisti o oggetti di valore nel cinema e nella televisione, e diventati anche oggetti di raccolta nei archivi e musei nazionali specializzati avvalora questa ipotesi. A questo proposito, i giochi al computer rappresentano esattamente lo stesso tipo di attività culturale e di “socialità” di altri artefatti culturali ibridi che ci offrono esperienze di interazione con mondi possibili finzionali, come i libri e il cinema. Che cosa intendiamo, dunque, quando parliamo del carattere enattivo della nostra esperienza incarnata di mondi attuali e possibili? Ci si lasci parafrasare la definizione datane dal filosofo Alva Noë: la nostra esperienza soggettiva del mondo, egli dice, non è determinata solamente dagli stati neurali istituiti dagli schemi ricorrenti di stimolazione ambientale; il carattere qualitativo della nostra esperienza percettiva dipende dalla nostra padronanza ed esercizio delle abilità sensomotorie faticosamente acquisite. «Il contenuto percettivo», afferma, «diventa disponibile all’esperienza quando chi percepisce hanno una padronanza pratica dei modi in cui gli stimoli sensoriali variano come risultato del movimento». Aggiungerei un’ultima considerazione. Le nostre esperienze e comprensioni del sempre più complesso mondo immateriale, materiale e culturale in cui dobbiamo vivere, con cui dobbiamo relazionarci e che dobbiamo contribuire a formare sono tutte costruite sul fatto che abbiamo continuamente bisogno di imparare e re-imparare a relazionarci e fare cose insieme con forme “aliene” di alterità. Questo difficile compito potrà avere un esito positivo solo se saremo capaci di muoverci e investigare il vasto spazio olistico del gioco che tutti noi abitiamo, entrando in una relazione ludica o di altro genere con tutte queste alterità latenti. Nel parlare di esperienza letteraria, cinematografica, di gioco al computer, o di altre esperienze ludiche in termini di nostre relazioni inattive con esse, stiamo focalizzandoci essenzialmente sull’attualità empirica della nostra complessa esistenza come esseri fisici con corpi altamente sviluppati, diversificati e agili. E’ questa natura corporea che ci consente di muoverci attivamente nel mondo, e di fare esperienza, non solo intersoggettivamente l’uno dell’altro, ma anche delle miriadi di oggetti estetici e non che abbiamo creato, rendendo possibile lo scambio e l’interazione con essi in modi molti ricchi e variati. Guardare qualcosa è una cosa, toccarla o camminarvi attorno un’altra, raccoglierla, aprirla, ridurla in pezzi e rimetterla assieme in modi differenti un’altra ancora, e via discorrendo. Ogni forma d’innovazione culturale dipende precisamente dal complesso di processi inattivi che prendono continuamente forma e si intrecciano sinergicamente l’uno con l’altro.Le sempre più sofisticate interfacce enattive che impegnano fisicamente i giocatori e gli spettatori, consentendo loro di “scollarsi” dalla “tradizionale” posizione davanti allo schermo, saranno esemplari, in questo contesto. Esse infatti faciliteranno e incoraggeranno una pluralità di forma d’azione: gioco, sperimentazione, ricerca, dimostrazione, discussione e molte altre forme di cooperazione ergodica con altre forme di alterità, direttamente presenti o meno. Si potrebbe infatti immaginare che alcune di queste alterità possano anche essere situate altrove nello spazio. La tendenza verso un’enattività crescente nei giochi al computer non può che essere vista come uno sviluppo potenzialmente utile per noi e per le nostre numerose, grandi e piccole, culture e società; essa riflette la nostra necessità di rimodellarci continuamente per crescere e svilupparci, rielaborando e ricostituendo il nostro senso del sé, i nostri corpi e le nostre competenze e abilità acquisite.
2009
VII MAGIS Gorizia and Gradisca International Spring School
Gorizia
27 March-2 April 2009
Fascicolo 564
9
25
Coppock, Patrick John
“Se si muove spara!” Letteratura, cinema, giochi al computer, e altri mondi possibili digitali / Coppock, Patrick John. - STAMPA. - Fascicolo 564:(2009), pp. 9-25. (Intervento presentato al convegno VII MAGIS Gorizia and Gradisca International Spring School tenutosi a Gorizia nel 27 March-2 April 2009).
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