Tutti ricordano probabilmente un clamoroso conflitto avvenuto nell’estate del 2002 durante la coppa del mondo in Corea del sud, riportato e discusso a lungo nei media italiani e stranieri. Il conflitto vedeva contrapposti da una parte la squadra nazionale di calcio italiano, gli Azzurri e i loro tifosi, insieme a tutto il popolo sportivo italiano(inclusi giornalisti e commentatori), e dall'altra il guardalinee danese Jens Larsen e i suoi due colleghi arbitri, insieme ad altri responsabili della Federazione Internazionale Giuoco Calcio (FIFA). Al centro del conflitto due gol italiani annullati dagli arbitri a causa delle indicazioni date da Jens Larsen nel corso della partita di qualificazione contro la Croazia, sabato 8 giugno, 2002, partita persa alla fine dall' Italia per 1-2. Ho preso come punto di partenza questo conflitto perché rappresenta non solo un conflitto di interessi di vario genere (di identità personale e di gruppo, di orgoglio nazionale, di scopi economici e politici ecc.), ma anche perché, almeno in parte, è fondato su norme e valori culturalmente diversi. Si tratta di un conflitto sportivo comunicato tramite i mass-media italiani e internazionali con interessanti differenze interculturali sia per quanto riguarda l'espressione pubblica delle emozioni, sia relativamente ai valori attribuiti al ruolo dello gioco sportivo in una data cultura. Anche se non farò in questa sede un’analisi in termini di teoria della narratività, non sarebbe difficile un approccio di questo genere. Si può facilmente pensare una condizione iniziale di ordine: il calcio internazionale con le sue regole, i giocatori e gli arbitri, che coinvolge sia i tifosi italiani che il pubblico sportivo internazionale, i media italiani e stranieri, i protagonisti dell’economia, del potere politico e culturale ecc. con interessi diversi nel gioco di calcio. Questa situazione iniziale sarà seguita da una rottura dell’ordine: una sequenza di eventi sul campo durante la partita segnala al pubblico sportivo che uno o più arbitri hanno commesso uno o più errori di giudizio, avviando una serie di reazioni da parte dei giocatori e tifosi italiani, dei giornalisti e di altri interessati. Questa rottura dell'ordine implica una serie di prove: accuse di corruzione, litigi, dibattiti mediatici, conferenze stampa, interviste ecc., coinvolgendo i vari protagonisti nei media italiani e stranieri. Alla fine si può ipotizzare una forma di reintegrazione e restaurazione dell’ordine, magari con un livello più alto di conoscenza da parte dei diversi attori coinvolti, sia individualmente che collettivamente. A questo punto della storia vediamo che nella comunità sportiva è stato costituita, tramite la mediazione del conflitto, una accettazione generale e valorizzante del tipo “win-win”: viene confermato il valore canonico degli arbitri come strumenti culturalmente legittimi, sia per la prevenzione che per la mediazione di conflitti nella comunità sportiva, e viene loro assegnato un ruolo fondamentale per l’esistenza e il funzionamento adeguato del gioco, anche se essendo essere umani possono fare qualche errore nel corso del loro lavoro.

Coppock, Patrick John. "Parliamo di Jens. Il trattamento mediatico di un conflitto di interesse sportivo." Working paper, Dipartimento di Scienze Sociali, Cognitive e Quantiative, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2003.

Parliamo di Jens. Il trattamento mediatico di un conflitto di interesse sportivo.

COPPOCK, Patrick John
2003

Abstract

Tutti ricordano probabilmente un clamoroso conflitto avvenuto nell’estate del 2002 durante la coppa del mondo in Corea del sud, riportato e discusso a lungo nei media italiani e stranieri. Il conflitto vedeva contrapposti da una parte la squadra nazionale di calcio italiano, gli Azzurri e i loro tifosi, insieme a tutto il popolo sportivo italiano(inclusi giornalisti e commentatori), e dall'altra il guardalinee danese Jens Larsen e i suoi due colleghi arbitri, insieme ad altri responsabili della Federazione Internazionale Giuoco Calcio (FIFA). Al centro del conflitto due gol italiani annullati dagli arbitri a causa delle indicazioni date da Jens Larsen nel corso della partita di qualificazione contro la Croazia, sabato 8 giugno, 2002, partita persa alla fine dall' Italia per 1-2. Ho preso come punto di partenza questo conflitto perché rappresenta non solo un conflitto di interessi di vario genere (di identità personale e di gruppo, di orgoglio nazionale, di scopi economici e politici ecc.), ma anche perché, almeno in parte, è fondato su norme e valori culturalmente diversi. Si tratta di un conflitto sportivo comunicato tramite i mass-media italiani e internazionali con interessanti differenze interculturali sia per quanto riguarda l'espressione pubblica delle emozioni, sia relativamente ai valori attribuiti al ruolo dello gioco sportivo in una data cultura. Anche se non farò in questa sede un’analisi in termini di teoria della narratività, non sarebbe difficile un approccio di questo genere. Si può facilmente pensare una condizione iniziale di ordine: il calcio internazionale con le sue regole, i giocatori e gli arbitri, che coinvolge sia i tifosi italiani che il pubblico sportivo internazionale, i media italiani e stranieri, i protagonisti dell’economia, del potere politico e culturale ecc. con interessi diversi nel gioco di calcio. Questa situazione iniziale sarà seguita da una rottura dell’ordine: una sequenza di eventi sul campo durante la partita segnala al pubblico sportivo che uno o più arbitri hanno commesso uno o più errori di giudizio, avviando una serie di reazioni da parte dei giocatori e tifosi italiani, dei giornalisti e di altri interessati. Questa rottura dell'ordine implica una serie di prove: accuse di corruzione, litigi, dibattiti mediatici, conferenze stampa, interviste ecc., coinvolgendo i vari protagonisti nei media italiani e stranieri. Alla fine si può ipotizzare una forma di reintegrazione e restaurazione dell’ordine, magari con un livello più alto di conoscenza da parte dei diversi attori coinvolti, sia individualmente che collettivamente. A questo punto della storia vediamo che nella comunità sportiva è stato costituita, tramite la mediazione del conflitto, una accettazione generale e valorizzante del tipo “win-win”: viene confermato il valore canonico degli arbitri come strumenti culturalmente legittimi, sia per la prevenzione che per la mediazione di conflitti nella comunità sportiva, e viene loro assegnato un ruolo fondamentale per l’esistenza e il funzionamento adeguato del gioco, anche se essendo essere umani possono fare qualche errore nel corso del loro lavoro.
2003
Giugno
Coppock, Patrick John
Coppock, Patrick John. "Parliamo di Jens. Il trattamento mediatico di un conflitto di interesse sportivo." Working paper, Dipartimento di Scienze Sociali, Cognitive e Quantiative, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2003.
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