Lo scopo del contributo è mettere in luce lo strettissimo legame sussistente tra i principi della concezione antropologica di Plessner esposti nell’opera del 1928, Die Stufen des Organischen und der Mensch e la teoria dell’espressione contenuta nel volume Lachen und Weinen, del 1941. In particolare, si può sostenere che l’impostazione dell’analisi delle manifestazioni espressive del riso e del pianto si muove sul filo conduttore tracciato dall’analisi della natura organica e dell’uomo, e il concetto logico di «realizzazione del limite» che nell’opera del ’28 fonda l’impianto deduttivo dei cosiddetti «modali organici» fornisce altresì la chiave di lettura del significato del riso e del pianto quali forme “estreme” di comportamento espressivo.Il principio «posizionale» per la definizione della realtà organica viene infatti istituito attraverso il concetto di «limite realizzato»: un limite è realizzato quando non rappresenti un puro momento disgiuntivo, il virtuale «in mezzo» della separazione tra corpi, ma appartenga realmente a un corpo, il quale perciò non è semplicemente definito nei propri confini, ma possiede il passaggio «oltre se stesso». Così concepito il limite è contemporaneamente momento di chiusura e di apertura; di confinamento e di sconfinamento; di conservazione e di perdita.Grazie a questo concetto, Plessner stabilisce per il vivente lo statuto dialettico di corpo «in sé e oltre sé» e il grado posizionale «eccentrico», quello umano, ne rappresenta la manifestazione più compiuta. L’uomo trova la dimensione della propria esistenza nella «immediatezza mediata» del rapporto con se stesso e con il mondo, e l’espressione ne è uno degli strumenti più indispensabili.Ciò che qui si sostiene è che, se il comportamento espressivo dell’uomo è sempre indice di questa forma mediata di relazione, il riso e il pianto, evidenziando la specifica «frattura esistenziale» dell’essere umano, ne rappresentano la «realizzazione del limite». Quando infatti non è in grado di reagire con un atteggiamento «adeguato» a una situazione che «lo mette in scacco», l’uomo capitola affidando la propria «mossa» alla fisicità, al corpo in quanto corpo, ridendo o piangendo. Benché diversa la dinamica dello scatenamento, sia nell’uno sia nell’altro caso si tratta di una «caduta», di una perdita di controllo, ma non tuttavia di una rinuncia: riso e pianto rappresentano una vera risposta a una situazione che sembrerebbe non lasciare spazio ad alcuna risposta. In quanto tali, riso e pianto sembrano allora configurarsi come le modalità espressive che, per eccellenza, «realizzano il limite»: il limite del mantenimento di un rapporto tra persona e corpo, e delle possibilità espressive dell’uomo. Ma anche il limite della libertà umana.

Espressione umana e realizzazione del limite: il riso e il pianto / Rasini, Vallori. - STAMPA. - (2009), pp. 219-230.

Espressione umana e realizzazione del limite: il riso e il pianto

RASINI, Vallori
2009

Abstract

Lo scopo del contributo è mettere in luce lo strettissimo legame sussistente tra i principi della concezione antropologica di Plessner esposti nell’opera del 1928, Die Stufen des Organischen und der Mensch e la teoria dell’espressione contenuta nel volume Lachen und Weinen, del 1941. In particolare, si può sostenere che l’impostazione dell’analisi delle manifestazioni espressive del riso e del pianto si muove sul filo conduttore tracciato dall’analisi della natura organica e dell’uomo, e il concetto logico di «realizzazione del limite» che nell’opera del ’28 fonda l’impianto deduttivo dei cosiddetti «modali organici» fornisce altresì la chiave di lettura del significato del riso e del pianto quali forme “estreme” di comportamento espressivo.Il principio «posizionale» per la definizione della realtà organica viene infatti istituito attraverso il concetto di «limite realizzato»: un limite è realizzato quando non rappresenti un puro momento disgiuntivo, il virtuale «in mezzo» della separazione tra corpi, ma appartenga realmente a un corpo, il quale perciò non è semplicemente definito nei propri confini, ma possiede il passaggio «oltre se stesso». Così concepito il limite è contemporaneamente momento di chiusura e di apertura; di confinamento e di sconfinamento; di conservazione e di perdita.Grazie a questo concetto, Plessner stabilisce per il vivente lo statuto dialettico di corpo «in sé e oltre sé» e il grado posizionale «eccentrico», quello umano, ne rappresenta la manifestazione più compiuta. L’uomo trova la dimensione della propria esistenza nella «immediatezza mediata» del rapporto con se stesso e con il mondo, e l’espressione ne è uno degli strumenti più indispensabili.Ciò che qui si sostiene è che, se il comportamento espressivo dell’uomo è sempre indice di questa forma mediata di relazione, il riso e il pianto, evidenziando la specifica «frattura esistenziale» dell’essere umano, ne rappresentano la «realizzazione del limite». Quando infatti non è in grado di reagire con un atteggiamento «adeguato» a una situazione che «lo mette in scacco», l’uomo capitola affidando la propria «mossa» alla fisicità, al corpo in quanto corpo, ridendo o piangendo. Benché diversa la dinamica dello scatenamento, sia nell’uno sia nell’altro caso si tratta di una «caduta», di una perdita di controllo, ma non tuttavia di una rinuncia: riso e pianto rappresentano una vera risposta a una situazione che sembrerebbe non lasciare spazio ad alcuna risposta. In quanto tali, riso e pianto sembrano allora configurarsi come le modalità espressive che, per eccellenza, «realizzano il limite»: il limite del mantenimento di un rapporto tra persona e corpo, e delle possibilità espressive dell’uomo. Ma anche il limite della libertà umana.
2009
Espressività e stile. La filosofia dei sensi e dell'espresione in Helmuth Plessner
9788884838131
Mimesis
ITALIA
Espressione umana e realizzazione del limite: il riso e il pianto / Rasini, Vallori. - STAMPA. - (2009), pp. 219-230.
Rasini, Vallori
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/466588
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