La presenza di "calcari a Lucine" nei terreni miocenici dell'Appennino Settentrionale era stata segnalata già nella seconda metà del secolo scorso anche se ad essa veniva dato erroneamente un valore stratigrafico. I "calcari a Lucine" affiorano infatti in tutti i piani miocenici ad esclusione dell'Aquitaniano e sono segnalati dalla Liguria (M. Colma di Rossiglione) fino a Deruta (SE di Perugia); altre segnalazioni provengono dalla Sicilia sia dalla catena magrebide che dall'avampaese ibleo. L’esame delle più note località a Lucine ha permesso di effettuare alcune considerazioni: 1) le Lucine non sono solo comprese all’interno di sedimenti calcarei, ma sono anche incluse in depositi pelitico-marnosi o addirittura arenacei risedimentati; 2) le Lucine possono essere isolate nel sedimento o più spesso riunite a nidi ed in associazione con abbondanti macrofaune (coralli, echinodermi, ostreidi, alghe calcaree, gasteropodi, briozoi, altri bivalvi), indi¬cative di un ambiente di piattaforma da interna ad esterna; 3) esistono affiora¬menti con Lucine in giacitura primaria ed altri con Lucine in giacitura secondaria. Affioramenti contenenti depositi a Lucine in giacitura primaria sono stati rinvenuti soltanto nella Successione Epili¬gure a differenti altezze stratigrafiche: nelle Formazioni di Bismantova e S. Marino (Burdigaliano sup.-Serravalliano inf.) e in quella del Termina (Serravalliano sup.-Messiniano inf.). Affioramenti contenenti depositi a Lucine in giacitura secondaria sono ubicati in differenti contesti geolo¬gici: a) entro formazioni fliscioidi dell’avan¬fossa (Arenarie di Monte Cervarola-Falterona, Marnoso-arenacea Interna ed Esterna); b) in formazioni sedimentatesi entro bacini minori ubicati alla sommità dei thrusts liguri (Arenarie di Por¬retta-Suviana); c) entro le peliti marnose che hanno chiuso la sedi¬mentazione fliscioide dell’avanfossa (Marne di Vicchio, Marne di Ver¬ghereto, Ghioli di Letto e depositi a queste correlabili). I depositi contenenti Lucine in giacitura se¬condaria sono a loro volta suddivisibili in base al mec¬canismo di messa in posto in: 1) brecce calcareo-marnose con Lucine a valve general¬mente aperte e frammentate (risedimentazione ad opera di debris flows ); 2) are¬narie risedi¬mentate contenenti im¬pronte di Lucine isolate, in¬cluse come clasti alla base degli strati gradati (risedimentazione ad opera di correnti di tor¬bida e fluidi¬zed flows ); 3) “blocchi” di calcari marnosi (olistoliti) con modelli interni e gusci di Lucine spesso di grandi dimensioni e spes¬sore, ora sparsi ora concentrati in nidi (da no¬tare che in questo caso le valve sono quasi sempre riunite). Inoltre i depositi a Lucine in giacitura secondaria sono generalmente as¬sociati a frane sottomarine sia intraformazionali (slump) che extra¬forma¬zionali (olisto¬stromi, olistoliti, de¬positi da debris flow ) di pertinenza ligure, subligure ed epiligure, o a strati torbiditici a provenienza appenninica e legati al disfacimento di depositi epiliguri di piattaforma (Formazione di S. Marino). Tali af¬fiora¬menti sono organizzati in veri e pro¬pri orizzonti che de¬notano episodi d'instabilità tettonica, databili al Serravalliano inf., al Tortoniano inf. e al passaggio Tortoniano-Messiniano e sono sia antici¬patori dei th¬rusts delle Liguridi sulle varie unità dell'avanfossa (depositi a Lucine nelle peliti di chiusura torbiditica), sia contemporanei (depositi a Lucine nell'avanfossa antistante all'avanzamento dei thrusts liguri e destinata a chiudersi a seguito dell'evento tettonico). Anche quando i depositi a Lucine in giacitura secondaria non sono associati ad elementi di sicura provenienza appenninica ten¬dono sempre ad essere situati al fronte dei sovrascorrimenti che hanno portato all'accavalla¬mento delle varie unità dell'avanfossa (Cervarola-Falterona, Marnoso-arenacea In¬terna, Mar¬noso-arenacea Esterna) e delle Unità Liguri sulle precedenti. Sembra quindi ragionevole ipotizzare anche per questi depositi a Lucine una prove¬nienza appenninica: le Lucine vivevano negli alto¬fondi fangosi dei bacini di piggyback epi¬liguri associati agli alti struttu¬rali (thrusts) delle Liguridi che si acca¬vallavano sulle varie unità dell'avanfossa. Tale considerazione è poi in accordo col fatto che le più antiche segnalazioni di "calcari a Lucine" nel¬l'Appennino Settentrionale non sono ante¬ce¬denti al Burdigaliano sup. pe¬riodo in cui comincia ad instaurarsi nella Suc¬ces¬sione Epiligure un ambiente di piatta¬forma poco profondo. Tale ipotesi ci sembra molto più consona al quadro paleogeografico dell'Appennino Settentrionale rispetto a quella, recentemente formulata su dati essenzialmente geochimici, che considera i depositi a Lucine in giacitura primaria, di ambiente di sedimentazione di mare pro¬fondo legato alla risalita di acque fredde ricche in metano (cold seep ) lungo fa¬glie, similmente a quanto avviene nei prismi di ac¬crezione in aree di attuale subduzione. A nostro avviso i depositi a Lu¬cine dell'a¬vanfossa sarebbero quindi i testimoni delle fasi di avanzamento liguri e pertanto delle principali fasi tettoniche mio¬ceni¬che, localizzabili nella parte sommitale del Serravalliano inf., del Tortoniano inf. e nella parte basale del Messi¬niano inf. Infatti i depositi a Lucine rinvenuti nelle Arenarie del Cervarola-Falterona, nelle Arenarie di Porretta-Suviana, nelle Marne di Vicchio e nella Marnoso-arenacea Interna databili al Serravalliano inf. deriverebbero dall'erosione e risedimentazione dei depositi a Lucine originariamente in giacitura primaria affioranti a varie altezze delle Formazioni di Bismantova e S. Marino; quelli rinvenuti nelle Marne di Verghereto e nella Marnoso-arenacea Esterna (databili al Tortoniano inf.) deriverebbero invece dall'erosione e risedimentazione dei depositi a Lucine originariamente in giacitura primaria affioranti nella parte inferiore delle Marne del Pigneto-Termina, ed infine i depositi a Lucine presenti nelle peliti di chiusura (Ghioli di letto, Marne di Tossignano) della Marnoso-arenacea Esterna (databili al Tortoniano sup.-Messiniano inf.) deriverebbero dall'erosione e risedimentazione dei depositi a Lucine originariamente in giacitura primaria affioranti nella parte superiore delle Marne del Termina. Il fatto poi che gli episodi d'instabilità del Serravalliano inf. siano volumetricamente polto più imponenti di quelli successivi sta probabilmente ad indicare che l'evento tettonico del Serravalliano sia stato più incisivo di quello Tortoniano contrariamente a quanto ritenuto in letteratura e pone importanti interrogativi sulle correlazioni con l'espansione del M. Tirreno. I depositi a Lucine permettono quindi di formulare importanti considerazioni sulla paleogeografia del sistema fronte deformativo-avanfossa dell'Appennino Settentrionale durante il Miocene. Il fatto che i depositi a Lucine dell'avanfossa siano degli importanti marker d'instabilità tettonica pone però degli interrogativi sulla ricostruzione paleogeografica dell'avanfossa appenninica durante il Langhiano-Serravalliano inf. Infatti la presenza di "calcari a Lucine" tra loro correlabili, legati a coevi episodi d'instabilità tettonica (Serravalliano inf.), in depositi fliscioidi della stessa età (Marnoso-Arenacea e Arenarie di Monte Cerva¬rola) rende problematica l'attribuzione all'una o all'altra formazione degli affioramenti ubicati in prossimità dell'accavallamento delle Arenarie del Cervarola sull'Unità Sestola-Vidiciatico (area del bolognese-modenese), attual¬mente considerati come Arenarie del Cervarola. A sostegno di tale ipotesi si può ricordare che mentre nella zona tosco-romagnola si aveva la sedimentazione delle Marne di Vicchio e, più esternamente della Marnoso-arenacea Interna, nel bolognese-modenese sarebbero dovuti invece permanere entrambi i bacini del Cervarola e della Marnoso-arenacea.Lo studio dei depositi a Lucine permette inoltre di portare degli utili contributi per la risoluzione di un altro importante elemento che ha portato all'attuale configurazione dell'Appennino Settentrionale: la tettonica trasversale. L'analisi degli affioramenti presenti nell'avanfossa durante il Serravalliano permette infatti di ipotizzare un fronte dei thrusts liguri abbastanza continuo dall'alto piacentino (finestra di Bobbio) fino alla Val Tiberina. Vi sono invece evidenti prove (delimitazione trasversale delle Marne di Vicchio e Verghereto) che a seguito dell'evento Serravalliano cominci l'attività delle linee trasversali (Sillaro e Marecchia) che verranno a condizionare profondamente la sedimentazione dei depositi pelitici di chiusura torbiditica e l'avanzamento delle coltri liguri delimitandole trasversalmente. La stessa distribuzione dei depositi a Lucine del Miocene sup. e l'analisi dei differenti meccanismi di loro messa in posto fra propendere per un'avanzamento separato delle coltri liguri del Sillaro e Marecchia durante le fasi tettoniche del Miocene sup. e quindi anche per quella successiva del Pliocene inf. (Zona a Globorotalia puncticulata) che porta la catena appennica ad un assetto non dissimile dall'attuale.

I Calcari a Lucine dell'Appennino Settentrionale quali indicatori paleogeografici e geodinamici / Conti, Stefano; Gelmini, R.; Ponzana, L.. - STAMPA. - (1994), pp. 113-115. (Intervento presentato al convegno Geologia delle aree di avampaese tenutosi a bari nel 26-28 settembre).

I Calcari a Lucine dell'Appennino Settentrionale quali indicatori paleogeografici e geodinamici.

CONTI, Stefano;
1994

Abstract

La presenza di "calcari a Lucine" nei terreni miocenici dell'Appennino Settentrionale era stata segnalata già nella seconda metà del secolo scorso anche se ad essa veniva dato erroneamente un valore stratigrafico. I "calcari a Lucine" affiorano infatti in tutti i piani miocenici ad esclusione dell'Aquitaniano e sono segnalati dalla Liguria (M. Colma di Rossiglione) fino a Deruta (SE di Perugia); altre segnalazioni provengono dalla Sicilia sia dalla catena magrebide che dall'avampaese ibleo. L’esame delle più note località a Lucine ha permesso di effettuare alcune considerazioni: 1) le Lucine non sono solo comprese all’interno di sedimenti calcarei, ma sono anche incluse in depositi pelitico-marnosi o addirittura arenacei risedimentati; 2) le Lucine possono essere isolate nel sedimento o più spesso riunite a nidi ed in associazione con abbondanti macrofaune (coralli, echinodermi, ostreidi, alghe calcaree, gasteropodi, briozoi, altri bivalvi), indi¬cative di un ambiente di piattaforma da interna ad esterna; 3) esistono affiora¬menti con Lucine in giacitura primaria ed altri con Lucine in giacitura secondaria. Affioramenti contenenti depositi a Lucine in giacitura primaria sono stati rinvenuti soltanto nella Successione Epili¬gure a differenti altezze stratigrafiche: nelle Formazioni di Bismantova e S. Marino (Burdigaliano sup.-Serravalliano inf.) e in quella del Termina (Serravalliano sup.-Messiniano inf.). Affioramenti contenenti depositi a Lucine in giacitura secondaria sono ubicati in differenti contesti geolo¬gici: a) entro formazioni fliscioidi dell’avan¬fossa (Arenarie di Monte Cervarola-Falterona, Marnoso-arenacea Interna ed Esterna); b) in formazioni sedimentatesi entro bacini minori ubicati alla sommità dei thrusts liguri (Arenarie di Por¬retta-Suviana); c) entro le peliti marnose che hanno chiuso la sedi¬mentazione fliscioide dell’avanfossa (Marne di Vicchio, Marne di Ver¬ghereto, Ghioli di Letto e depositi a queste correlabili). I depositi contenenti Lucine in giacitura se¬condaria sono a loro volta suddivisibili in base al mec¬canismo di messa in posto in: 1) brecce calcareo-marnose con Lucine a valve general¬mente aperte e frammentate (risedimentazione ad opera di debris flows ); 2) are¬narie risedi¬mentate contenenti im¬pronte di Lucine isolate, in¬cluse come clasti alla base degli strati gradati (risedimentazione ad opera di correnti di tor¬bida e fluidi¬zed flows ); 3) “blocchi” di calcari marnosi (olistoliti) con modelli interni e gusci di Lucine spesso di grandi dimensioni e spes¬sore, ora sparsi ora concentrati in nidi (da no¬tare che in questo caso le valve sono quasi sempre riunite). Inoltre i depositi a Lucine in giacitura secondaria sono generalmente as¬sociati a frane sottomarine sia intraformazionali (slump) che extra¬forma¬zionali (olisto¬stromi, olistoliti, de¬positi da debris flow ) di pertinenza ligure, subligure ed epiligure, o a strati torbiditici a provenienza appenninica e legati al disfacimento di depositi epiliguri di piattaforma (Formazione di S. Marino). Tali af¬fiora¬menti sono organizzati in veri e pro¬pri orizzonti che de¬notano episodi d'instabilità tettonica, databili al Serravalliano inf., al Tortoniano inf. e al passaggio Tortoniano-Messiniano e sono sia antici¬patori dei th¬rusts delle Liguridi sulle varie unità dell'avanfossa (depositi a Lucine nelle peliti di chiusura torbiditica), sia contemporanei (depositi a Lucine nell'avanfossa antistante all'avanzamento dei thrusts liguri e destinata a chiudersi a seguito dell'evento tettonico). Anche quando i depositi a Lucine in giacitura secondaria non sono associati ad elementi di sicura provenienza appenninica ten¬dono sempre ad essere situati al fronte dei sovrascorrimenti che hanno portato all'accavalla¬mento delle varie unità dell'avanfossa (Cervarola-Falterona, Marnoso-arenacea In¬terna, Mar¬noso-arenacea Esterna) e delle Unità Liguri sulle precedenti. Sembra quindi ragionevole ipotizzare anche per questi depositi a Lucine una prove¬nienza appenninica: le Lucine vivevano negli alto¬fondi fangosi dei bacini di piggyback epi¬liguri associati agli alti struttu¬rali (thrusts) delle Liguridi che si acca¬vallavano sulle varie unità dell'avanfossa. Tale considerazione è poi in accordo col fatto che le più antiche segnalazioni di "calcari a Lucine" nel¬l'Appennino Settentrionale non sono ante¬ce¬denti al Burdigaliano sup. pe¬riodo in cui comincia ad instaurarsi nella Suc¬ces¬sione Epiligure un ambiente di piatta¬forma poco profondo. Tale ipotesi ci sembra molto più consona al quadro paleogeografico dell'Appennino Settentrionale rispetto a quella, recentemente formulata su dati essenzialmente geochimici, che considera i depositi a Lucine in giacitura primaria, di ambiente di sedimentazione di mare pro¬fondo legato alla risalita di acque fredde ricche in metano (cold seep ) lungo fa¬glie, similmente a quanto avviene nei prismi di ac¬crezione in aree di attuale subduzione. A nostro avviso i depositi a Lu¬cine dell'a¬vanfossa sarebbero quindi i testimoni delle fasi di avanzamento liguri e pertanto delle principali fasi tettoniche mio¬ceni¬che, localizzabili nella parte sommitale del Serravalliano inf., del Tortoniano inf. e nella parte basale del Messi¬niano inf. Infatti i depositi a Lucine rinvenuti nelle Arenarie del Cervarola-Falterona, nelle Arenarie di Porretta-Suviana, nelle Marne di Vicchio e nella Marnoso-arenacea Interna databili al Serravalliano inf. deriverebbero dall'erosione e risedimentazione dei depositi a Lucine originariamente in giacitura primaria affioranti a varie altezze delle Formazioni di Bismantova e S. Marino; quelli rinvenuti nelle Marne di Verghereto e nella Marnoso-arenacea Esterna (databili al Tortoniano inf.) deriverebbero invece dall'erosione e risedimentazione dei depositi a Lucine originariamente in giacitura primaria affioranti nella parte inferiore delle Marne del Pigneto-Termina, ed infine i depositi a Lucine presenti nelle peliti di chiusura (Ghioli di letto, Marne di Tossignano) della Marnoso-arenacea Esterna (databili al Tortoniano sup.-Messiniano inf.) deriverebbero dall'erosione e risedimentazione dei depositi a Lucine originariamente in giacitura primaria affioranti nella parte superiore delle Marne del Termina. Il fatto poi che gli episodi d'instabilità del Serravalliano inf. siano volumetricamente polto più imponenti di quelli successivi sta probabilmente ad indicare che l'evento tettonico del Serravalliano sia stato più incisivo di quello Tortoniano contrariamente a quanto ritenuto in letteratura e pone importanti interrogativi sulle correlazioni con l'espansione del M. Tirreno. I depositi a Lucine permettono quindi di formulare importanti considerazioni sulla paleogeografia del sistema fronte deformativo-avanfossa dell'Appennino Settentrionale durante il Miocene. Il fatto che i depositi a Lucine dell'avanfossa siano degli importanti marker d'instabilità tettonica pone però degli interrogativi sulla ricostruzione paleogeografica dell'avanfossa appenninica durante il Langhiano-Serravalliano inf. Infatti la presenza di "calcari a Lucine" tra loro correlabili, legati a coevi episodi d'instabilità tettonica (Serravalliano inf.), in depositi fliscioidi della stessa età (Marnoso-Arenacea e Arenarie di Monte Cerva¬rola) rende problematica l'attribuzione all'una o all'altra formazione degli affioramenti ubicati in prossimità dell'accavallamento delle Arenarie del Cervarola sull'Unità Sestola-Vidiciatico (area del bolognese-modenese), attual¬mente considerati come Arenarie del Cervarola. A sostegno di tale ipotesi si può ricordare che mentre nella zona tosco-romagnola si aveva la sedimentazione delle Marne di Vicchio e, più esternamente della Marnoso-arenacea Interna, nel bolognese-modenese sarebbero dovuti invece permanere entrambi i bacini del Cervarola e della Marnoso-arenacea.Lo studio dei depositi a Lucine permette inoltre di portare degli utili contributi per la risoluzione di un altro importante elemento che ha portato all'attuale configurazione dell'Appennino Settentrionale: la tettonica trasversale. L'analisi degli affioramenti presenti nell'avanfossa durante il Serravalliano permette infatti di ipotizzare un fronte dei thrusts liguri abbastanza continuo dall'alto piacentino (finestra di Bobbio) fino alla Val Tiberina. Vi sono invece evidenti prove (delimitazione trasversale delle Marne di Vicchio e Verghereto) che a seguito dell'evento Serravalliano cominci l'attività delle linee trasversali (Sillaro e Marecchia) che verranno a condizionare profondamente la sedimentazione dei depositi pelitici di chiusura torbiditica e l'avanzamento delle coltri liguri delimitandole trasversalmente. La stessa distribuzione dei depositi a Lucine del Miocene sup. e l'analisi dei differenti meccanismi di loro messa in posto fra propendere per un'avanzamento separato delle coltri liguri del Sillaro e Marecchia durante le fasi tettoniche del Miocene sup. e quindi anche per quella successiva del Pliocene inf. (Zona a Globorotalia puncticulata) che porta la catena appennica ad un assetto non dissimile dall'attuale.
1994
Geologia delle aree di avampaese
bari
26-28 settembre
113
115
Conti, Stefano; Gelmini, R.; Ponzana, L.
I Calcari a Lucine dell'Appennino Settentrionale quali indicatori paleogeografici e geodinamici / Conti, Stefano; Gelmini, R.; Ponzana, L.. - STAMPA. - (1994), pp. 113-115. (Intervento presentato al convegno Geologia delle aree di avampaese tenutosi a bari nel 26-28 settembre).
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