Nel primo decennio di vita della nostra Costituzione repubblicana, diversi scrittori, come Alberto Gelpi e Umberto Foscanelli, si sono concentrati sulla figura del “d’Annunzio legislatore”, mettendo in luce gli aspetti più avveniristici della Carta del Carnaro, come il riconoscimento dei diritti sociali, la funzione sociale della proprietà e la rappresentanza degli interessi. La Costituzione di Fiume, per le audaci e moderne soluzioni offerte, rappresenta, nel panorama giuridico post-bellico, la “cartina tornasole” di una travagliata epoca di “transizione”. Sorta nel solco della crisi dello Stato liberale, essa risponde all’ansia rinnovatrice propria del diciannovismo e accoglie le ambizioni sindacaliste rivoluzionarie volte a “sostituire” il cittadino “astratto” con il produttore “concreto”, dando vita ad una repubblica sociale, federale e corporativa. La Carta del Carnaro fu spesso guardata con sospetto, sia per la sua mancata entrata in vigore, sia per essere stata vergata da un poeta e da un sindacalista rivoluzionario, Alceste De Ambris, costretto dal regime fascista ad un esilio perpetuo in Francia. Sin dall’anno successivo alla sua redazione, alcuni studiosi hanno tentato di arginare tali critiche, esaltando la concretezza, l’attualità ed il genio intuitivo del disegno costituzionale dannunziano, il quale non può ridursi ad un mero “orpello letterario”. La fine dell’esperienza fiumana non condannò all’oblio la Carta del Carnaro. Seppur rimasta “in vitro”, infatti, la Costituzione fiumana venne posta al centro dei programmi politici di diversi movimenti sindacalisti. Tra questi spicca la FILM, il sindacato dei lavoratori del mare che fisserà una sua succursale proprio al Vittoriale, presso la Maona. Come testimoniano diverse opere letterarie tra le quali Primo Vere, d’Annunzio fu da sempre legato alle tematiche del lavoro. Egli divenne capo spirituale marittimi e, sotto la sua egida, furono intavolate lunghe ed estenuanti trattative con i rappresentanti degli armatori italiani in difesa dei diritti della “gente di mare”. D’Annunzio intraprese, così, una nuova sfida, tra politici, industriali e marittimi, che culminò nella stesura del Patto Marino (1923-1924). Oggi, la sbiadita “colonna francescana” presente al Vittoriale è testimone silente di quest’ultima appassionante e intricata avventura.
Gabriele d’Annunzio e l’ora sociale: dalla Carta del Carnaro al Patto Marino (1920-1924) / Agri', A. - (2022), pp. 139-153.
Gabriele d’Annunzio e l’ora sociale: dalla Carta del Carnaro al Patto Marino (1920-1924)
AGRI' A
2022
Abstract
Nel primo decennio di vita della nostra Costituzione repubblicana, diversi scrittori, come Alberto Gelpi e Umberto Foscanelli, si sono concentrati sulla figura del “d’Annunzio legislatore”, mettendo in luce gli aspetti più avveniristici della Carta del Carnaro, come il riconoscimento dei diritti sociali, la funzione sociale della proprietà e la rappresentanza degli interessi. La Costituzione di Fiume, per le audaci e moderne soluzioni offerte, rappresenta, nel panorama giuridico post-bellico, la “cartina tornasole” di una travagliata epoca di “transizione”. Sorta nel solco della crisi dello Stato liberale, essa risponde all’ansia rinnovatrice propria del diciannovismo e accoglie le ambizioni sindacaliste rivoluzionarie volte a “sostituire” il cittadino “astratto” con il produttore “concreto”, dando vita ad una repubblica sociale, federale e corporativa. La Carta del Carnaro fu spesso guardata con sospetto, sia per la sua mancata entrata in vigore, sia per essere stata vergata da un poeta e da un sindacalista rivoluzionario, Alceste De Ambris, costretto dal regime fascista ad un esilio perpetuo in Francia. Sin dall’anno successivo alla sua redazione, alcuni studiosi hanno tentato di arginare tali critiche, esaltando la concretezza, l’attualità ed il genio intuitivo del disegno costituzionale dannunziano, il quale non può ridursi ad un mero “orpello letterario”. La fine dell’esperienza fiumana non condannò all’oblio la Carta del Carnaro. Seppur rimasta “in vitro”, infatti, la Costituzione fiumana venne posta al centro dei programmi politici di diversi movimenti sindacalisti. Tra questi spicca la FILM, il sindacato dei lavoratori del mare che fisserà una sua succursale proprio al Vittoriale, presso la Maona. Come testimoniano diverse opere letterarie tra le quali Primo Vere, d’Annunzio fu da sempre legato alle tematiche del lavoro. Egli divenne capo spirituale marittimi e, sotto la sua egida, furono intavolate lunghe ed estenuanti trattative con i rappresentanti degli armatori italiani in difesa dei diritti della “gente di mare”. D’Annunzio intraprese, così, una nuova sfida, tra politici, industriali e marittimi, che culminò nella stesura del Patto Marino (1923-1924). Oggi, la sbiadita “colonna francescana” presente al Vittoriale è testimone silente di quest’ultima appassionante e intricata avventura.File | Dimensione | Formato | |
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