I vincoli di appartenenza dell’Italia a organismi sopranazionali, in uno con le logiche della globalizzazione e della internazionalizzazione dei mercati, impongono di prendere le mosse da due documenti di particolare rilievo a livello internazionale: la Dichiarazione OIT sui principi e diritti fondamentali e la Carta dei diritti fondamentali UE. A prescindere dal valore giuridico di questi documenti, in essi sono indubbiamente contenuti alcuni principi profondamente radicati nella tradizione culturale europea e, segnatamente, italiana. A ben vedere, si tratta di principi e diritti formalmente sanciti dalla Carta costituzionale del 1948. Ciò che invece oggi rileva, a seguito dei profondi mutamenti intercorsi nei modi di lavorare e produrre, è la circostanza che per alcuni di questi diritti pare superato ragionare nei termini tradizionali, contrapponendo il lavoro dipendente al lavoro autonomo, il lavoro nella grande impresa al lavoro in quella minore, il lavoro tutelato al lavoro non tutelato, ecc. È vero piuttosto che alcuni diritti fondamentali devono trovare applicazione, al di là della loro qualificazione giuridica, a tutte le forme di lavoro rese a favore di terzi: si pensi al diritto alla tutela delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, alla tutela della libertà e della dignità del prestatore di lavoro, alla abolizione del lavoro minorile, alla abolizione di ogni forma di discriminazione nell’accesso al lavoro, al diritto a un compenso equo, al diritto alla protezione dei dati sensibili, al diritto di libertà sindacale. È questo zoccolo duro e inderogabile di diritti fondamentale che deve costituire la base di un moderno Statuto dei lavori.
Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori. Primi spunti progettuali / Biagi, Marco; Tiraboschi, Michele. - 6:1(2004), pp. 221-224.
Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori. Primi spunti progettuali
Marco Biagi;Michele Tiraboschi
2004
Abstract
I vincoli di appartenenza dell’Italia a organismi sopranazionali, in uno con le logiche della globalizzazione e della internazionalizzazione dei mercati, impongono di prendere le mosse da due documenti di particolare rilievo a livello internazionale: la Dichiarazione OIT sui principi e diritti fondamentali e la Carta dei diritti fondamentali UE. A prescindere dal valore giuridico di questi documenti, in essi sono indubbiamente contenuti alcuni principi profondamente radicati nella tradizione culturale europea e, segnatamente, italiana. A ben vedere, si tratta di principi e diritti formalmente sanciti dalla Carta costituzionale del 1948. Ciò che invece oggi rileva, a seguito dei profondi mutamenti intercorsi nei modi di lavorare e produrre, è la circostanza che per alcuni di questi diritti pare superato ragionare nei termini tradizionali, contrapponendo il lavoro dipendente al lavoro autonomo, il lavoro nella grande impresa al lavoro in quella minore, il lavoro tutelato al lavoro non tutelato, ecc. È vero piuttosto che alcuni diritti fondamentali devono trovare applicazione, al di là della loro qualificazione giuridica, a tutte le forme di lavoro rese a favore di terzi: si pensi al diritto alla tutela delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, alla tutela della libertà e della dignità del prestatore di lavoro, alla abolizione del lavoro minorile, alla abolizione di ogni forma di discriminazione nell’accesso al lavoro, al diritto a un compenso equo, al diritto alla protezione dei dati sensibili, al diritto di libertà sindacale. È questo zoccolo duro e inderogabile di diritti fondamentale che deve costituire la base di un moderno Statuto dei lavori.File | Dimensione | Formato | |
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