Negli ultimi 250 anni di scavi eseguiti nei siti di Pompei ed Ercolano sono stati rinvenuti numerosi pigmenti che sono serviti a dipingere e adornare le numerose ville alle falde del Vesuvio. Tali colori sono arrivati a noi, spesso, accuratamente conservati in ciotole, vasi, balsamari e altri piccoli contenitori fittili, in vetro e bronzo trovati all'interno di botteghe e abitazioni. Secondo il"Giornale degli Scavi di Pompei" della Soprintendenza Archeologica di Pompei, il primo scavo nella Regio l, lnsula 9 (l 9, 9) ebbe luogo nel 1952. Vicino agli scheletri di quattro individui, vennero trovate circa 150 ciotole globulari, fritilla e olle. La presenza di materiale all'interno costituisce un'opportunità per la ricostruzione della storia e delle tecniche pittoriche di Pompei e del mondo romano. Sui contenuti sono stati applicati metodi molecolari di analisi, quali spettroscopia FT-lR e microscopia Raman, per l'identificazione della composizione. I risultati ottenuti consentono alcune considerazioni. Molti componenti quali quarzo, calcite, feldspati, diopside e pirite sono riferibili all'intonaco o ai prodotti dell'eruzione. L'aragonite presente massivamente puo' derivare da minerali bianchi, ma più probabilmente può essere dovuta alla macinazione di valve di molluschi. Ciò è importante per la comprensione dei decori bianchi su fondo colorato dei dipinti murali romani. ll pigmento blu è sempre a base di blu egiziano, mentre il verde può essere ottenuto mescolando un giallo e un blu; più frequentemente il verde è accertato come miscela di terra verde e blu egiziano. Malachite e azzurrile si ritrovano come prodotti di degrado di leghe metalliche a base di rame. Altri rari casi sono la cuprite, derivante da alterazione del rame e il litargirio, dall'alterazione di cerussite o piombo. La cerussite, identificata in alcuni contenitori, non è un pigmento per pitture murali: è noto da Plinio e da altri autori il suo uso come fondotinta, e questo può essere una prova della preparazione in I 9, 9 anche di contenitori per cosmetici.

Indagine sui recipienti con pigmenti da domus pompeiane / Baraldi, P.; Baraldi, C.; Trojsi, G.. - (2018), pp. 26-26. (Intervento presentato al convegno Convegno internazionale Picta Fragmenta- Rileggendo la pittura vesuviana tenutosi a Napoli, Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel 13-15 settembre 2018).

Indagine sui recipienti con pigmenti da domus pompeiane

P. Baraldi;C. Baraldi;
2018

Abstract

Negli ultimi 250 anni di scavi eseguiti nei siti di Pompei ed Ercolano sono stati rinvenuti numerosi pigmenti che sono serviti a dipingere e adornare le numerose ville alle falde del Vesuvio. Tali colori sono arrivati a noi, spesso, accuratamente conservati in ciotole, vasi, balsamari e altri piccoli contenitori fittili, in vetro e bronzo trovati all'interno di botteghe e abitazioni. Secondo il"Giornale degli Scavi di Pompei" della Soprintendenza Archeologica di Pompei, il primo scavo nella Regio l, lnsula 9 (l 9, 9) ebbe luogo nel 1952. Vicino agli scheletri di quattro individui, vennero trovate circa 150 ciotole globulari, fritilla e olle. La presenza di materiale all'interno costituisce un'opportunità per la ricostruzione della storia e delle tecniche pittoriche di Pompei e del mondo romano. Sui contenuti sono stati applicati metodi molecolari di analisi, quali spettroscopia FT-lR e microscopia Raman, per l'identificazione della composizione. I risultati ottenuti consentono alcune considerazioni. Molti componenti quali quarzo, calcite, feldspati, diopside e pirite sono riferibili all'intonaco o ai prodotti dell'eruzione. L'aragonite presente massivamente puo' derivare da minerali bianchi, ma più probabilmente può essere dovuta alla macinazione di valve di molluschi. Ciò è importante per la comprensione dei decori bianchi su fondo colorato dei dipinti murali romani. ll pigmento blu è sempre a base di blu egiziano, mentre il verde può essere ottenuto mescolando un giallo e un blu; più frequentemente il verde è accertato come miscela di terra verde e blu egiziano. Malachite e azzurrile si ritrovano come prodotti di degrado di leghe metalliche a base di rame. Altri rari casi sono la cuprite, derivante da alterazione del rame e il litargirio, dall'alterazione di cerussite o piombo. La cerussite, identificata in alcuni contenitori, non è un pigmento per pitture murali: è noto da Plinio e da altri autori il suo uso come fondotinta, e questo può essere una prova della preparazione in I 9, 9 anche di contenitori per cosmetici.
2018
Convegno internazionale Picta Fragmenta- Rileggendo la pittura vesuviana
Napoli, Museo Archeologico Nazionale di Napoli
13-15 settembre 2018
26
26
Baraldi, P.; Baraldi, C.; Trojsi, G.
Indagine sui recipienti con pigmenti da domus pompeiane / Baraldi, P.; Baraldi, C.; Trojsi, G.. - (2018), pp. 26-26. (Intervento presentato al convegno Convegno internazionale Picta Fragmenta- Rileggendo la pittura vesuviana tenutosi a Napoli, Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel 13-15 settembre 2018).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/1174554
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