Sulla denominazione delle formazioni partitiche, a partire dalla fine della prima Repubblica, ma ancor da prima, la politologia ha potuto esercitarsi, facendo ampio ricorso al sarcasmo nel porre in luce come già in essa sia impresso il marchio del vuoto ideologico. Non intendiamo tornare su “Forza Italia” o su margherite, ulivi e altre vegetazioni ormai sfiorite nel panorama parlamentare; né intendiamo insistere sul deplorato stemma dei 5 Stelle: certo più acconcio alla réclame di un albergo per parvenus alle Maldive, che non a un movimento che ambisca al governo del Paese. Viceversa, ci interroghiamo sulle nomenclature di una sinistra divisa, che ora si affaccia alle elezioni come “Liberi e Uguali”.Forse è sfuggito, nel corso della più recente scissione, che il binomio è, per sua intrinseca valenza semantica, antinomico: un accrescimento dell'autonomia personale comporta l'inevitabile restrizione del parametro egualitaristico; un incremento del motivo egualitaristico volge per forza di cose a una massificazione, che investe e tende a ledere la sfera del merito individuale. La rivoluzione francese, come è noto, affiancò al citato binomio un ulteriore polo di attrazione, e così proclamò: liberté, égalité, fraternité! Era, questo terzo della fraternità, il collante delle prime due sfere, nel senso che la contraddizione tra libertà e uguaglianza veniva a mitigarsi, se non addirittura a coniugarsi in virtù di un sentimento di solidarietà, meglio a dirsi di amicizia fraterna capace di vincere i vizi, da un lato, della egoità e, d'altro lato, di una pianificazione sociale che il sovietismo avrebbe tragicamente interpretato.
La cancellazione della fraternità / Jasonni, Massimo. - In: IL PONTE. - ISSN 0032-423X. - 1:gennaio-febbraio(2018), pp. 15-18.
La cancellazione della fraternità
Massimo Jasonni
2018
Abstract
Sulla denominazione delle formazioni partitiche, a partire dalla fine della prima Repubblica, ma ancor da prima, la politologia ha potuto esercitarsi, facendo ampio ricorso al sarcasmo nel porre in luce come già in essa sia impresso il marchio del vuoto ideologico. Non intendiamo tornare su “Forza Italia” o su margherite, ulivi e altre vegetazioni ormai sfiorite nel panorama parlamentare; né intendiamo insistere sul deplorato stemma dei 5 Stelle: certo più acconcio alla réclame di un albergo per parvenus alle Maldive, che non a un movimento che ambisca al governo del Paese. Viceversa, ci interroghiamo sulle nomenclature di una sinistra divisa, che ora si affaccia alle elezioni come “Liberi e Uguali”.Forse è sfuggito, nel corso della più recente scissione, che il binomio è, per sua intrinseca valenza semantica, antinomico: un accrescimento dell'autonomia personale comporta l'inevitabile restrizione del parametro egualitaristico; un incremento del motivo egualitaristico volge per forza di cose a una massificazione, che investe e tende a ledere la sfera del merito individuale. La rivoluzione francese, come è noto, affiancò al citato binomio un ulteriore polo di attrazione, e così proclamò: liberté, égalité, fraternité! Era, questo terzo della fraternità, il collante delle prime due sfere, nel senso che la contraddizione tra libertà e uguaglianza veniva a mitigarsi, se non addirittura a coniugarsi in virtù di un sentimento di solidarietà, meglio a dirsi di amicizia fraterna capace di vincere i vizi, da un lato, della egoità e, d'altro lato, di una pianificazione sociale che il sovietismo avrebbe tragicamente interpretato.Pubblicazioni consigliate
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