Tra i tanti diritti sanciti dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia, all’art. 31 se ne trovano due apparentemente residuali rispetto ad altri, e sono quelli del riposo e del tempo libero. Questi diritti, che di per sé potrebbero sembrare autoevidenti, per non dire superflui, risultano invece molto importanti per riuscire a individuare un modo autentico di pensare l’infanzia. Per tutto il primo Novecento, nella prassi educativa si è data molta enfasi alla libera attività del bambino e della bambina (da Dewey in poi, tutto il cosiddetto movimento “attivistico”), alla loro congenita spontaneità (moderna riscoperta di Rousseau), al modellamento del percorso scolastico sui loro interessi (Decroly) e sui loro progetti (Kilpatrick). Nel secondo Novecento, però, con la generalizzazione dell’obbligo scolastico e l’avvento di comportamenti di massa quali la pratica sportiva, l’adesione a movimenti giovanili, la fruizione di una vastissima gamma di possibilità di educazione non formale (artistica e musicale, solo per citare due ambiti), il diritto al riposo e al tempo libero sembra essersi notevolmente e paradossalmente ristretto: tanto appare enfaticamente evocato, quanto nei fatti risulta conculcato, almeno in certe aree (l’ambiente urbano) e presso certe classi sociali (le classi medie). L’autore svolge alcune riflessioni sulla situazione italiana, dal punto di osservazione dell’educazione non formale più che da pedagogista e storico della pedagogia: quindi da educatore e dirigente scout, da allenatore sportivo, da genitore partecipe delle vicende scolastiche ed extrascolastiche dei propri figli.
Bambini e bambine: diritto al riposo e al tempo libero. Riflessioni e prospettive nella situazione italiana / Barbieri, Nicola. - (2012), pp. 347-359. (Intervento presentato al convegno «Che vivano liberi e felici...». Il diritto all’educazione a vent’anni dalla Convenzione di New York tenutosi a Padova nel 23 ottobre 2009).
Bambini e bambine: diritto al riposo e al tempo libero. Riflessioni e prospettive nella situazione italiana
Nicola Barbieri
2012
Abstract
Tra i tanti diritti sanciti dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia, all’art. 31 se ne trovano due apparentemente residuali rispetto ad altri, e sono quelli del riposo e del tempo libero. Questi diritti, che di per sé potrebbero sembrare autoevidenti, per non dire superflui, risultano invece molto importanti per riuscire a individuare un modo autentico di pensare l’infanzia. Per tutto il primo Novecento, nella prassi educativa si è data molta enfasi alla libera attività del bambino e della bambina (da Dewey in poi, tutto il cosiddetto movimento “attivistico”), alla loro congenita spontaneità (moderna riscoperta di Rousseau), al modellamento del percorso scolastico sui loro interessi (Decroly) e sui loro progetti (Kilpatrick). Nel secondo Novecento, però, con la generalizzazione dell’obbligo scolastico e l’avvento di comportamenti di massa quali la pratica sportiva, l’adesione a movimenti giovanili, la fruizione di una vastissima gamma di possibilità di educazione non formale (artistica e musicale, solo per citare due ambiti), il diritto al riposo e al tempo libero sembra essersi notevolmente e paradossalmente ristretto: tanto appare enfaticamente evocato, quanto nei fatti risulta conculcato, almeno in certe aree (l’ambiente urbano) e presso certe classi sociali (le classi medie). L’autore svolge alcune riflessioni sulla situazione italiana, dal punto di osservazione dell’educazione non formale più che da pedagogista e storico della pedagogia: quindi da educatore e dirigente scout, da allenatore sportivo, da genitore partecipe delle vicende scolastiche ed extrascolastiche dei propri figli.File | Dimensione | Formato | |
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