Scopo di questo lavoro è di proporre una linea guida e di consulenza per gli operatori del settore alimentare, per la definizione e lo sviluppo di certificazioni e standard ivi comprese la frequenza e tipologia di verifiche svolte per il controllo dello standard stesso. Punto di partenza è stato la valutazione gli obiettivi, i vantaggi, e la lista degli audit al fine di rendere univoci e sostenibili i piani di verifica aziendale, nonché orientare la politica aziendale nel tema della sicurezza alimentare. Secondo la definizione della FAO nel World Food Summit del 1996: “La sicurezza alimentare esiste quando ciascun individuo, in ogni momento, ha accesso a una quantità di cibo sufficiente, sicuro e nutriente in modo da soddisfare i bisogni dietetici e le preferenze alimentari per garantire una vita sana ed attiva” (FAO, 1996). In seguito ad alcuni casi di malattie diffusosi nella popolazione europea negli anni ottanta, imputata alla presenza di ormoni della crescita nella carne bovina, la Comunità europea ha adottato una serie di direttive che vietano tutte le sostanze contenenti ormoni impiegate nell’allevamento di bestiame. In concomitanza con l’approvazione dei primi divieti, in seno al Codex Alimentarius Commission si aprì una discussione sull’opportunità di adottare uno standard sulla presenza di residui di ormoni derivanti da medicinali e antibiotici utilizzati. Mediante standard internazionali come quelli adottati dalla CAC si va a integrare anche il merito delle decisioni i contenuti degli atti di regolazione e di gestione, determinando un impatto su finalità, contenuti e forme dell’amministrazione ivi compresi i diritti e le aspettative degli individui. Il processo di “comunitarizzarzione” della disciplina della sicurezza alimentare risale agli anni settanta del XX secolo. Per salvaguardare la libertà di circolazione dei prodotti alimentari, minacciata dalla difformità delle regole nazionali in materia, la Comunità ha fatto ampio ricorso a misure di armonizzazione normativa e al suo mutuo riconoscimento. Per rendere più trasparente e scientifico il settore della regolamentazione alimentare, alla fine degli anni ’90 è stata avviata una revisione del quadro normativo UE. Nel 1997 è stato messo a punto un nuovo sistema di consulenza scientifica. Oltre al Comitato Direttivo Scientifico, sono state istituite otto nuove commissioni scientifiche. Nel 2002 è stata creata l’EFSA, European Food Safety Authority (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare), organismo indipendente che lavora in stretta collaborazione con vari enti e istituti scientifici degli stati Membri, offrendo una consulenza scientifica indipendente su tutte le questioni che influiscono direttamente o indirettamente sulla sicurezza alimentare. Inoltre, con la creazione della Food and Agricultural Organization, la materia è divenuta anche di competenza internazionale: “a disciplinare l’agricoltura, sia nella fase della produzione di beni che in quella della loro commercializzazione concorrono oltre al legislatore nazionale, organismi diversi come CE, WTO, ecc. In primo luogo, la disciplina della sicurezza alimentare ha visto la disposizione di carattere regolatori, implicanti poteri di programmazione, autorizzazione, vigilanza, controllo e conformativi, attuati nelle diverse fasi della filiera produttiva. In tal modo la governance del settore non si limita alla tutela del singolo ma è destinata alla generalità dei consumatori di alimenti e finalizzata alla tutela di beni giuridici pubblici come la salute e l’accesso ai cibi sani: l’oggetto della regolazione non riguarda non riguarda solo i rischi che provengono da agenti biologici o fisici ma anche quelli di produzione industriale e chimici; pertanto la sicurezza alimentare non si limita solo a preservare l’igiene e a impedire il deterioramento organico dei cibi, ma è finalizzata a garantire che’ tutti i metodi usati per la produzione e la conservazione degli alimenti siano sicuri, ponendo così l’accento soprattutto sulla prevenzione del rischio. La sicurezza alimentare è divenuta quindi una materia complessa, avente natura multidimensionale e in particolare si osserva un forte cambiamento quando la Commissione Europea emana il Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare, il quale si ispira al raggiungimento di tre obiettivi: 1. Salubrità degli alimenti assicurata attraverso controlli di filiera, dalla produzione delle materie prime al consumo degli alimenti, il cosiddetto “dal campo alla tavola”; 2. Identificazione dei ruoli di tutte le parti coinvolte nella catena alimentare (produttori di alimenti per animali, operatori agricoli e del settore alimentare, gli Stati membri, la Commissione, i consumatori); 3. Semplificazione ed armonizzazione della legislazione già in vigore. Il primo atto normativo che ha ridisegnato l’intero quadro giuridico comunitario è il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 178/2002, che stabilisce i principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare. Nel corso del 2004 è stato inoltre approvato un gruppo di regolamenti comunemente indicati come “pacchetto igiene” che sostituiscono dal gennaio 2006 le disposizioni in materia di igiene delle produzioni e commercializzazione degli alimenti, fissando nuove regole anche per le attività di controllo delle autorità competenti. Poiché la sicurezza alimentare deve essere estesa lungo tutta la filiera produttiva, il Regolamento stabilisce che gli operatori del settore alimentare debbano disporre di sistemi e procedure che consentano di mettere a disposizione, da parte dei consumatori finali, tutte le informazioni relative all’origine a alla tipologia dell’alimento o del mangime. Infatti, i prodotti che saranno immessi sul mercato, dovranno essere adeguatamente etichettati od identificati per facilitarne la rintracciabilità. È inoltre fondamentale che l’autorità competente possa risalire alle informazioni relative al prodotto, necessarie in caso di un eventuale rischio sanitario, al fine di attuare le procedure di ritiro dal mercato, qualora il prodotto non abbia ancora raggiunto il consumatore finale, o di richiamo, qualora lo abbia invece già raggiunto, oltre in virtù della legislazione vigente, essere tenuti alla predisposizione ed attuazione di un piano o procedure di autocontrollo basati sui principi dell’ HACCP. Gli stili di vita attuali sono enormemente diversi rispetto al passato. Il ritmo frenetico della vita moderna e l’aumento delle persone che vivono da sole, delle famiglie monoparentali (con un solo genitore) e delle donne che lavorano, hanno determinato cambiamenti nella preparazione del cibo e nelle abitudini di consumo. Una conseguenza positiva è il rapido progresso della tecnologia alimentare e delle tecniche di lavorazione e imballaggio, per contribuire a garantire la sicurezza e la salubrità della catena alimentare, oltre che ad una maggiore praticità dei cibi. Malgrado tutti questi progressi, la contaminazione nella catena alimentare è comunque possibile, a causa di agenti presenti in natura o introdotti incidentalmente oppure di procedure scorrette. In ultima analisi, la qualità e la sicurezza del cibo dipende dagli sforzi di tutte le persone coinvolte nella complessa catena della produzione agricola, della lavorazione, del trasporto, della preparazione e del consumo. In base alla definizione sintetica dell’Unione Europea e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa dal campo alla tavola. Per mantenere la qualità e la sicurezza degli alimenti in tutta la catena alimentare sono necessarie, da un lato, procedure operative per garantire la salubrità dei cibi e, dall’altro, sistemi di monitoraggio per garantire che le operazioni vengano effettuate correttamente (l’EFSA si occupa anche dei rischi legati alla catena alimentare ed effettua una valutazione scientifica su qualsiasi tema che abbia effetti diretti o indiretti sulla sicurezza della fornitura alimentare, compresi i problemi correlati alla salute e al benessere degli animali e delle piante). Le procedure di sicurezza alimentare dell’UE riguardano tutta la catena di produzione degli alimenti destinati al consumo animale e umano. L’Unione Europea fornisce una legislazione esaustiva e delinea le responsabilità di produttori e fornitori per contribuire a garantire la qualità e la sicurezza della catena alimentare. Come accennato, la qualità delle materie prime è fondamentale ai fini della sicurezza e della qualità del prodotto finale, quindi è necessario un approccio sistematico dal campo alla tavola per evitare la contaminazione dei prodotti alimentari e per individuare i potenziali rischi, inoltre, la legislazione dell’UE sull’igiene e sulla sicurezza degli alimenti si applica anche al trasporto e allo stoccaggio. Le industrie alimentari si affidano a moderni sistemi di controllo qualità per garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti fabbricati. Il rispetto degli standard permette nell’insieme, di definire dei modelli qualitativi ben definiti, in particolare ricoprendo diversi aspetti quali l’implementazione di un sistema qualità ed HACCP, controllo di prodotto, di processo, formazione del personale utile per fornire alla GDO un biglietto da visita atto a garantire la professionalità dell’azienda sia a livello qualitativo del prodotto che del processo garantendo la loro salubrità. Inoltre, permettendo alla GDO di ridurre gli audit alle aziende che producono a loro marchio ed alle aziende di valutare la qualità dei loro fornitori in modo da sceglierli al meglio armonizzando il lavoro con lo scopo di assicurare la qualità del proprio marchio. A tal proposito appare doveroso affrontare l’evoluzione del concetto di qualità. La qualità di un prodotto deriva da molteplici aspetti volti a definire e ad assicurare la rispondenza all’uso riscontrata dal consumatore, in relazione alle esigenze che ne hanno motivato l’acquisto . Da un punto di vista storico, il concetto di qualità ha subito una notevole evoluzione: 1° fase: l’abilità artigianale. La qualità è nata con il mercato. Fin dall’epoca del baratto la presenza del compratore-utilizzatore e il venditore-produttore ha reso necessaria una valutazione, implicitamente qualitativa, delle merci oggetto di scambio. Ai primi del ‘900, il controllo del prodotto seguiva regole estetiche, con criteri artigianali. 2° fase: il collaudo. Con l’introduzione nella realtà occidentale del sistema tayloristico agli inizi del ‘900, e l’industrializzazione dei sistemi di produzione, è avvenuta la separazione dell’obiettivo quantità dall’attributo qualità: il primo resta di competenza della produzione, mentre il secondo è di responsabilità del collaudo, separato dalla produzione. La qualità è vista, ora, come un’ispezione finale del prodotto assegnata ai capi dell’officina, che ha lo scopo di dividere i prodotti buoni da quelli di scarto. 3° fase: il Controllo della Qualità. Negli anni ’20, si passa dal ciclo ante-guerra in cui inizia l’opportunità della produzione di massa, dove la domanda supera l’offerta e la preoccupazione è quella di immettere sul mercato quantità vendibili, ad un ciclo post-guerra in cui il regime di concorrenza porta la riduzione dei prezzi ed il miglioramento qualitativo del prodotto. Il concetto di qualità è ancora limitato al controllo della qualità: un prodotto fatto con buoni materiali, ispezionato bene e privo di difetti, destinato a durare a lungo, ma senza un’attività sistematica e scientifica per fare in modo che ciò accada. 4° fase: il Sistema di Qualità. Con lo sviluppo delle tecnologie e dei mercati, i prodotti diventano più complessi. In probabile sovrapposizione con la seconda guerra mondiale, e sulla spinta del miracolo giapponese che ha portato l’attenzione sulla soddisfazione del cliente, diversi settori considerati ad alto rischio (come il nucleare, aerospaziale, petrolifero) necessitano di maggiore affidabilità e garanzia, affinché non insorgano effetti collaterali ed imprevisti. Cambia la visione sistemica della qualità: si sposta il controllo di qualità alle fasi di progettazione, individuazione dei requisiti e di produzione. La qualità comincia ad essere percepita a tutti i livelli d’azienda. 5° fase: la garanzia di Qualità (Quality Assurance) . A cavallo degli anni ’50 e ’60, esperti americani di vari settori, ad esempio W.E. Deming e J.M. Juran, hanno introdotto le tecniche del Controllo di Qualità nell’industria giapponese, al fine di migliorare i loro metodi di produzione. Nascono così negli anni ’60, e si diffondono negli anni ’70 ed ’80, le tecniche di Quality Assessment (valutazione della qualità) e Quality Assurance (garanzia di qualità) , che permettono di comprendere meglio il problema del fare qualità. La garanzia di qualità nasce sia per il settore nucleare che per i prodotti di sicurezza, ma col tempo essa è stata introdotta in altri settori, fino ad arrivare ai servizi. 6° fase: il controllo totale della Qualità. Nel momento in cui l’offerta supera la domanda le cose cambiano ancora: con gli anni ’90, con l’internazionalizzazione e la globalizzazione, si assiste ad un ampliamento dell’area competitiva; con la riduzione dei cicli di vita dei prodotti e l’esigenza di adeguarsi al veloce ritmo di sostituzione dei prodotti diviene fondamentale un’elevata frequenza d’innovazioni; ed infine, con la varietà e la specificità delle richieste dei clienti ci si accorge che anch’essi hanno dato una svolta al loro tradizionale ruolo. Adesso sono divenuti più consapevoli delle proprie scelte, e il concetto di buoni prodotti non basta più. La qualità cessa di essere una caratteristica dei prodotti, e diviene una modalità di rapportarsi e fornire prestazioni al cliente, unico arbitro della soddisfazione, e quindi del successo. Ciò implica un coinvolgimento dell’impresa a tutti i livelli, poiché si devono operare dei continui cambiamenti affinché l’azienda possa rispondere sempre alle esigenze del cliente, e innescare logiche di miglioramento continuo delle prestazioni. Si tratta delle logiche del Controllo della Qualità Totale intesa come filosofia e strategia portante dei valori aziendali. Nate in Giappone come Company-Wide Quality Control (CWQC) , e in America come Total Quality Control (TQC) , esse però coincidono: tali logiche rappresentano le basi per i sistemi moderni di Qualità Totale . Specialmente in campo alimentare, le esigenze del consumatore si sono ampliate enormemente negli ultimi decenni, passando da un’indiscriminata spinta consumistica ad una più diversificata attenzione soprattutto ad aspetti nutrizionali e dietetici. Di conseguenza, l’industria alimentare, proveniente da un periodo, quello degli anni ’60, in cui l’imperativo era vendere e crescere a qualunque costo, si è dovuta porre il problema di recuperare credibilità in relazione alla nuova sensibilità del consumatore. Un’analisi delle cause che sono all’origine dei mutamenti avvenuti nel settore alimentare, oltre a quelle già viste, trova radici nelle accresciute esigenze di sicurezza, e nella risposta data dalla ricerca scientifica e tecnologica ai diversi problemi igienici e nutrizionali. Sono stati, infatti, meglio definiti i rapporti tra alimentazione e stato di salute, il ruolo svolto dai diversi nutrienti, e i fattori di rischio igienico sanitario che possono essere associati ai diversi prodotti quando non adeguatamente controllati durante la produzione, la distribuzione e il consumo. La sicurezza degli alimenti rientra, quindi, nel quadro delle azioni preventive a tutela della salute, e ad essa si riferiscono le norme legislative nazionali e comunitarie, i criteri di salubrità e le misure di protezione adottate oggi dalla produzione. Il concetto d’igiene degli alimenti, un tempo legato quasi esclusivamente alla presenza di microrganismi patogeni trasmessi all’uomo dagli alimenti, o direttamente dall’uomo agli alimenti, a partire dagli anni ’50 si è aperto su aspetti precedentemente non esistenti o ancora non noti. I problemi posti dalla contaminazione ambientale, dai trattamenti, e da processi di trasformazione non adeguatamente controllata, hanno associato al rischio microbiologico le insidie del rischio chimico, i cui effetti, non sempre evidenziabili a breve termine, sono quasi sempre responsabili di danni gravi ed irreversibili alla salute. L’assicurazione della qualità igienica degli alimenti ha richiesto quindi, negli ultimi decenni, un approccio multidisciplinare microbiologico, tossicologico, chimico, biochimico, e tecnologico.
Le certificazioni di qualità nel settore Agroalimentare: stato dell'arte ed evoluzione [RAPPORTO TECNICO] / Pulvirenti, Andrea; De Giorgio, Roberto. - (2017).
Le certificazioni di qualità nel settore Agroalimentare: stato dell'arte ed evoluzione [RAPPORTO TECNICO]
Andrea, Pulvirenti;De Giorgio, Roberto
2017
Abstract
Scopo di questo lavoro è di proporre una linea guida e di consulenza per gli operatori del settore alimentare, per la definizione e lo sviluppo di certificazioni e standard ivi comprese la frequenza e tipologia di verifiche svolte per il controllo dello standard stesso. Punto di partenza è stato la valutazione gli obiettivi, i vantaggi, e la lista degli audit al fine di rendere univoci e sostenibili i piani di verifica aziendale, nonché orientare la politica aziendale nel tema della sicurezza alimentare. Secondo la definizione della FAO nel World Food Summit del 1996: “La sicurezza alimentare esiste quando ciascun individuo, in ogni momento, ha accesso a una quantità di cibo sufficiente, sicuro e nutriente in modo da soddisfare i bisogni dietetici e le preferenze alimentari per garantire una vita sana ed attiva” (FAO, 1996). In seguito ad alcuni casi di malattie diffusosi nella popolazione europea negli anni ottanta, imputata alla presenza di ormoni della crescita nella carne bovina, la Comunità europea ha adottato una serie di direttive che vietano tutte le sostanze contenenti ormoni impiegate nell’allevamento di bestiame. In concomitanza con l’approvazione dei primi divieti, in seno al Codex Alimentarius Commission si aprì una discussione sull’opportunità di adottare uno standard sulla presenza di residui di ormoni derivanti da medicinali e antibiotici utilizzati. Mediante standard internazionali come quelli adottati dalla CAC si va a integrare anche il merito delle decisioni i contenuti degli atti di regolazione e di gestione, determinando un impatto su finalità, contenuti e forme dell’amministrazione ivi compresi i diritti e le aspettative degli individui. Il processo di “comunitarizzarzione” della disciplina della sicurezza alimentare risale agli anni settanta del XX secolo. Per salvaguardare la libertà di circolazione dei prodotti alimentari, minacciata dalla difformità delle regole nazionali in materia, la Comunità ha fatto ampio ricorso a misure di armonizzazione normativa e al suo mutuo riconoscimento. Per rendere più trasparente e scientifico il settore della regolamentazione alimentare, alla fine degli anni ’90 è stata avviata una revisione del quadro normativo UE. Nel 1997 è stato messo a punto un nuovo sistema di consulenza scientifica. Oltre al Comitato Direttivo Scientifico, sono state istituite otto nuove commissioni scientifiche. Nel 2002 è stata creata l’EFSA, European Food Safety Authority (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare), organismo indipendente che lavora in stretta collaborazione con vari enti e istituti scientifici degli stati Membri, offrendo una consulenza scientifica indipendente su tutte le questioni che influiscono direttamente o indirettamente sulla sicurezza alimentare. Inoltre, con la creazione della Food and Agricultural Organization, la materia è divenuta anche di competenza internazionale: “a disciplinare l’agricoltura, sia nella fase della produzione di beni che in quella della loro commercializzazione concorrono oltre al legislatore nazionale, organismi diversi come CE, WTO, ecc. In primo luogo, la disciplina della sicurezza alimentare ha visto la disposizione di carattere regolatori, implicanti poteri di programmazione, autorizzazione, vigilanza, controllo e conformativi, attuati nelle diverse fasi della filiera produttiva. In tal modo la governance del settore non si limita alla tutela del singolo ma è destinata alla generalità dei consumatori di alimenti e finalizzata alla tutela di beni giuridici pubblici come la salute e l’accesso ai cibi sani: l’oggetto della regolazione non riguarda non riguarda solo i rischi che provengono da agenti biologici o fisici ma anche quelli di produzione industriale e chimici; pertanto la sicurezza alimentare non si limita solo a preservare l’igiene e a impedire il deterioramento organico dei cibi, ma è finalizzata a garantire che’ tutti i metodi usati per la produzione e la conservazione degli alimenti siano sicuri, ponendo così l’accento soprattutto sulla prevenzione del rischio. La sicurezza alimentare è divenuta quindi una materia complessa, avente natura multidimensionale e in particolare si osserva un forte cambiamento quando la Commissione Europea emana il Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare, il quale si ispira al raggiungimento di tre obiettivi: 1. Salubrità degli alimenti assicurata attraverso controlli di filiera, dalla produzione delle materie prime al consumo degli alimenti, il cosiddetto “dal campo alla tavola”; 2. Identificazione dei ruoli di tutte le parti coinvolte nella catena alimentare (produttori di alimenti per animali, operatori agricoli e del settore alimentare, gli Stati membri, la Commissione, i consumatori); 3. Semplificazione ed armonizzazione della legislazione già in vigore. Il primo atto normativo che ha ridisegnato l’intero quadro giuridico comunitario è il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 178/2002, che stabilisce i principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare. Nel corso del 2004 è stato inoltre approvato un gruppo di regolamenti comunemente indicati come “pacchetto igiene” che sostituiscono dal gennaio 2006 le disposizioni in materia di igiene delle produzioni e commercializzazione degli alimenti, fissando nuove regole anche per le attività di controllo delle autorità competenti. Poiché la sicurezza alimentare deve essere estesa lungo tutta la filiera produttiva, il Regolamento stabilisce che gli operatori del settore alimentare debbano disporre di sistemi e procedure che consentano di mettere a disposizione, da parte dei consumatori finali, tutte le informazioni relative all’origine a alla tipologia dell’alimento o del mangime. Infatti, i prodotti che saranno immessi sul mercato, dovranno essere adeguatamente etichettati od identificati per facilitarne la rintracciabilità. È inoltre fondamentale che l’autorità competente possa risalire alle informazioni relative al prodotto, necessarie in caso di un eventuale rischio sanitario, al fine di attuare le procedure di ritiro dal mercato, qualora il prodotto non abbia ancora raggiunto il consumatore finale, o di richiamo, qualora lo abbia invece già raggiunto, oltre in virtù della legislazione vigente, essere tenuti alla predisposizione ed attuazione di un piano o procedure di autocontrollo basati sui principi dell’ HACCP. Gli stili di vita attuali sono enormemente diversi rispetto al passato. Il ritmo frenetico della vita moderna e l’aumento delle persone che vivono da sole, delle famiglie monoparentali (con un solo genitore) e delle donne che lavorano, hanno determinato cambiamenti nella preparazione del cibo e nelle abitudini di consumo. Una conseguenza positiva è il rapido progresso della tecnologia alimentare e delle tecniche di lavorazione e imballaggio, per contribuire a garantire la sicurezza e la salubrità della catena alimentare, oltre che ad una maggiore praticità dei cibi. Malgrado tutti questi progressi, la contaminazione nella catena alimentare è comunque possibile, a causa di agenti presenti in natura o introdotti incidentalmente oppure di procedure scorrette. In ultima analisi, la qualità e la sicurezza del cibo dipende dagli sforzi di tutte le persone coinvolte nella complessa catena della produzione agricola, della lavorazione, del trasporto, della preparazione e del consumo. In base alla definizione sintetica dell’Unione Europea e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa dal campo alla tavola. Per mantenere la qualità e la sicurezza degli alimenti in tutta la catena alimentare sono necessarie, da un lato, procedure operative per garantire la salubrità dei cibi e, dall’altro, sistemi di monitoraggio per garantire che le operazioni vengano effettuate correttamente (l’EFSA si occupa anche dei rischi legati alla catena alimentare ed effettua una valutazione scientifica su qualsiasi tema che abbia effetti diretti o indiretti sulla sicurezza della fornitura alimentare, compresi i problemi correlati alla salute e al benessere degli animali e delle piante). Le procedure di sicurezza alimentare dell’UE riguardano tutta la catena di produzione degli alimenti destinati al consumo animale e umano. L’Unione Europea fornisce una legislazione esaustiva e delinea le responsabilità di produttori e fornitori per contribuire a garantire la qualità e la sicurezza della catena alimentare. Come accennato, la qualità delle materie prime è fondamentale ai fini della sicurezza e della qualità del prodotto finale, quindi è necessario un approccio sistematico dal campo alla tavola per evitare la contaminazione dei prodotti alimentari e per individuare i potenziali rischi, inoltre, la legislazione dell’UE sull’igiene e sulla sicurezza degli alimenti si applica anche al trasporto e allo stoccaggio. Le industrie alimentari si affidano a moderni sistemi di controllo qualità per garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti fabbricati. Il rispetto degli standard permette nell’insieme, di definire dei modelli qualitativi ben definiti, in particolare ricoprendo diversi aspetti quali l’implementazione di un sistema qualità ed HACCP, controllo di prodotto, di processo, formazione del personale utile per fornire alla GDO un biglietto da visita atto a garantire la professionalità dell’azienda sia a livello qualitativo del prodotto che del processo garantendo la loro salubrità. Inoltre, permettendo alla GDO di ridurre gli audit alle aziende che producono a loro marchio ed alle aziende di valutare la qualità dei loro fornitori in modo da sceglierli al meglio armonizzando il lavoro con lo scopo di assicurare la qualità del proprio marchio. A tal proposito appare doveroso affrontare l’evoluzione del concetto di qualità. La qualità di un prodotto deriva da molteplici aspetti volti a definire e ad assicurare la rispondenza all’uso riscontrata dal consumatore, in relazione alle esigenze che ne hanno motivato l’acquisto . Da un punto di vista storico, il concetto di qualità ha subito una notevole evoluzione: 1° fase: l’abilità artigianale. La qualità è nata con il mercato. Fin dall’epoca del baratto la presenza del compratore-utilizzatore e il venditore-produttore ha reso necessaria una valutazione, implicitamente qualitativa, delle merci oggetto di scambio. Ai primi del ‘900, il controllo del prodotto seguiva regole estetiche, con criteri artigianali. 2° fase: il collaudo. Con l’introduzione nella realtà occidentale del sistema tayloristico agli inizi del ‘900, e l’industrializzazione dei sistemi di produzione, è avvenuta la separazione dell’obiettivo quantità dall’attributo qualità: il primo resta di competenza della produzione, mentre il secondo è di responsabilità del collaudo, separato dalla produzione. La qualità è vista, ora, come un’ispezione finale del prodotto assegnata ai capi dell’officina, che ha lo scopo di dividere i prodotti buoni da quelli di scarto. 3° fase: il Controllo della Qualità. Negli anni ’20, si passa dal ciclo ante-guerra in cui inizia l’opportunità della produzione di massa, dove la domanda supera l’offerta e la preoccupazione è quella di immettere sul mercato quantità vendibili, ad un ciclo post-guerra in cui il regime di concorrenza porta la riduzione dei prezzi ed il miglioramento qualitativo del prodotto. Il concetto di qualità è ancora limitato al controllo della qualità: un prodotto fatto con buoni materiali, ispezionato bene e privo di difetti, destinato a durare a lungo, ma senza un’attività sistematica e scientifica per fare in modo che ciò accada. 4° fase: il Sistema di Qualità. Con lo sviluppo delle tecnologie e dei mercati, i prodotti diventano più complessi. In probabile sovrapposizione con la seconda guerra mondiale, e sulla spinta del miracolo giapponese che ha portato l’attenzione sulla soddisfazione del cliente, diversi settori considerati ad alto rischio (come il nucleare, aerospaziale, petrolifero) necessitano di maggiore affidabilità e garanzia, affinché non insorgano effetti collaterali ed imprevisti. Cambia la visione sistemica della qualità: si sposta il controllo di qualità alle fasi di progettazione, individuazione dei requisiti e di produzione. La qualità comincia ad essere percepita a tutti i livelli d’azienda. 5° fase: la garanzia di Qualità (Quality Assurance) . A cavallo degli anni ’50 e ’60, esperti americani di vari settori, ad esempio W.E. Deming e J.M. Juran, hanno introdotto le tecniche del Controllo di Qualità nell’industria giapponese, al fine di migliorare i loro metodi di produzione. Nascono così negli anni ’60, e si diffondono negli anni ’70 ed ’80, le tecniche di Quality Assessment (valutazione della qualità) e Quality Assurance (garanzia di qualità) , che permettono di comprendere meglio il problema del fare qualità. La garanzia di qualità nasce sia per il settore nucleare che per i prodotti di sicurezza, ma col tempo essa è stata introdotta in altri settori, fino ad arrivare ai servizi. 6° fase: il controllo totale della Qualità. Nel momento in cui l’offerta supera la domanda le cose cambiano ancora: con gli anni ’90, con l’internazionalizzazione e la globalizzazione, si assiste ad un ampliamento dell’area competitiva; con la riduzione dei cicli di vita dei prodotti e l’esigenza di adeguarsi al veloce ritmo di sostituzione dei prodotti diviene fondamentale un’elevata frequenza d’innovazioni; ed infine, con la varietà e la specificità delle richieste dei clienti ci si accorge che anch’essi hanno dato una svolta al loro tradizionale ruolo. Adesso sono divenuti più consapevoli delle proprie scelte, e il concetto di buoni prodotti non basta più. La qualità cessa di essere una caratteristica dei prodotti, e diviene una modalità di rapportarsi e fornire prestazioni al cliente, unico arbitro della soddisfazione, e quindi del successo. Ciò implica un coinvolgimento dell’impresa a tutti i livelli, poiché si devono operare dei continui cambiamenti affinché l’azienda possa rispondere sempre alle esigenze del cliente, e innescare logiche di miglioramento continuo delle prestazioni. Si tratta delle logiche del Controllo della Qualità Totale intesa come filosofia e strategia portante dei valori aziendali. Nate in Giappone come Company-Wide Quality Control (CWQC) , e in America come Total Quality Control (TQC) , esse però coincidono: tali logiche rappresentano le basi per i sistemi moderni di Qualità Totale . Specialmente in campo alimentare, le esigenze del consumatore si sono ampliate enormemente negli ultimi decenni, passando da un’indiscriminata spinta consumistica ad una più diversificata attenzione soprattutto ad aspetti nutrizionali e dietetici. Di conseguenza, l’industria alimentare, proveniente da un periodo, quello degli anni ’60, in cui l’imperativo era vendere e crescere a qualunque costo, si è dovuta porre il problema di recuperare credibilità in relazione alla nuova sensibilità del consumatore. Un’analisi delle cause che sono all’origine dei mutamenti avvenuti nel settore alimentare, oltre a quelle già viste, trova radici nelle accresciute esigenze di sicurezza, e nella risposta data dalla ricerca scientifica e tecnologica ai diversi problemi igienici e nutrizionali. Sono stati, infatti, meglio definiti i rapporti tra alimentazione e stato di salute, il ruolo svolto dai diversi nutrienti, e i fattori di rischio igienico sanitario che possono essere associati ai diversi prodotti quando non adeguatamente controllati durante la produzione, la distribuzione e il consumo. La sicurezza degli alimenti rientra, quindi, nel quadro delle azioni preventive a tutela della salute, e ad essa si riferiscono le norme legislative nazionali e comunitarie, i criteri di salubrità e le misure di protezione adottate oggi dalla produzione. Il concetto d’igiene degli alimenti, un tempo legato quasi esclusivamente alla presenza di microrganismi patogeni trasmessi all’uomo dagli alimenti, o direttamente dall’uomo agli alimenti, a partire dagli anni ’50 si è aperto su aspetti precedentemente non esistenti o ancora non noti. I problemi posti dalla contaminazione ambientale, dai trattamenti, e da processi di trasformazione non adeguatamente controllata, hanno associato al rischio microbiologico le insidie del rischio chimico, i cui effetti, non sempre evidenziabili a breve termine, sono quasi sempre responsabili di danni gravi ed irreversibili alla salute. L’assicurazione della qualità igienica degli alimenti ha richiesto quindi, negli ultimi decenni, un approccio multidisciplinare microbiologico, tossicologico, chimico, biochimico, e tecnologico.File | Dimensione | Formato | |
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