Le Piccole e Medie Imprese (PMI) che approcciano i mercati internazionali risultano condizionate da almeno due fattori inibitori: la cosiddetta “liability of foreigness” – con cui si intende la scarsa conoscenza degli usi, costumi, delle leggi e delle istituzioni che caratterizzano un determinato mercato – e la “liability of smallness”. Quest’ultima – anche intesa come “vincolo dimensionale” e pertanto riferita alla limitata disponibilità di risorse e competenze a supporto dei processi di internazionalizzazione – rappresenta a detta di molti uno dei principali fattori che limitano il processo di espansione internazionale della piccola impresa. La letteratura attribuisce all’acquisizione di esperienza internazionale un ruolo chiave nel ridurre la liability of foreigness che caratterizza le PMI. In particolare, l’accumulazione di esperienza consentirebbe alla PMI di meglio interpretare i nessi causali esistenti tra le proprie decisioni strategiche e i risultati attesi di tali decisioni, all’interno di contesti di mercato estremamente diversificati e spesso significativamente diversi dal mercato di origine dell’impresa (Johanson & Vahlne, 1977; Johanson & Wiedersheim-Paul, 1975; Majocchi, Bacchiocchi & Mayrhofer, 2005). Nell’ambito di tale prospettiva evidentemente fondata sui processi di apprendimento, l’esperienza internazionale viene spesso intesa come una sorta di sommatoria tra tre sotto-dimensioni: “lunghezza”, intesa come numero dianni di esperienza accumulata; “ampiezza”, intesa come numerosità e diversità dei mercati serviti; “intensità” intesa come grado di esposizione verso i mercati esteri (Lages, Jap e Griffith, 2008). Per quanto concerne, invece, la liability of smallness, la letteratura internazionale ha più volte evidenziato la necessità per le PMI di trovare una qualche forma di compensazione alle carenze interne, attraverso l’acquisizione di risorse e competenze ottenute esternamente all’impresa (Freeman, Carroll e Hannan, 1983; Hewitt-Dundas, 2006; Muscio, 2007; Colombo, Laursen, Magnusson e Rossi-Lamastra, 2012; Lasagni, 2012). In particolare, benché non limitatamente al caso delle sole PMI, la letteratura economico-manageriale ha più volte evidenziato i molteplici benefici derivanti dall’acquisizione di informazioni e conoscenze esterne funzionali ai processi di innovazione aziendale, tracciando in tal modo un collegamento virtuoso tra strategie di internazionalizzazione e processi di innovazione (Laursen e Salter, 2006; Pagano, 2009). Studi condotti in tal senso hanno consentito di evidenziare i molteplici vantaggi derivanti dalla collaborazione con soggetti di varia natura (clienti, fornitori, concorrenti, università, centri di ricerca etc.) geograficamente e culturalmente distanti (Fitjar e Rodríguez-Pose, 2012), ad esempio con riferimento al rapporto esistente tra strategie di collaborazione internazionale ad attività di ricerca e sviluppo e performance della PMI (Ebersberger e Herstad, 2013; Hottenrott e Lopes-Bento, 2014). Questo capitolo si pone all’interno del medesimo filone di ricerca e si pone l’obiettivo di contribuire alla discussione sul “quanto” e “come” le PMI italiane risultino coinvolte in attività di collaborazione internazionale all’innovazione con altre imprese e nel comprendere “se” e “come” tale attività si riverberi sul profilo internazionale della PMI. In particolare, l’ambito della ricerca è focalizzato sulle PMI del Nord Est Italia ed al loro rapporto con potenziali controparti all’interno della cosiddetta “Area Adriatica”, un’area che ingloba, oltre l’Italia ed in particolare la dorsale Adriatica, la Slovenia, la Serbia, la Croazia, la Bosnia ed Erzegovina, il Montenegro, l’Albania e la Grecia. Si tratta di un’area in gran parte considerata “in transizione” (con l’eccezione della Grecia) e che nonostante sia geograficamente prossima all’Italia, e ancor più al Nord Est Italia oggetto di questo studio, ne è da sempre culturalmente distante. I dati presentati in questo studio e raccolti nel 2014 segnalano che la gran parte delle imprese intervistate non risultano coinvolte in alcuna attività collaborativa di natura transfrontaliera evidenziando in tale modo le profonde spaccature tuttora esistenti tra queste due anime dell’area Adriatica. Ciò premesso, lo studio conferma comunque l’esistenza di una correlazione positiva significativa tra l’apertura ai processi di collaborazione all’innovazione su scala internazionale e il grado di internazionalizzazione della PMI.
Go East! I mercati adriatici come bacino di collaborazione e opportunità di internazionalizzazione per le PMI del Nord Est / Balboni, Bernardo; Bortoluzzi, Guido; Cozza, Claudio; Harirchi, Gouya; Pustovrh, Ales. - (2015), pp. 172-182.
Go East! I mercati adriatici come bacino di collaborazione e opportunità di internazionalizzazione per le PMI del Nord Est
BALBONI, Bernardo;
2015
Abstract
Le Piccole e Medie Imprese (PMI) che approcciano i mercati internazionali risultano condizionate da almeno due fattori inibitori: la cosiddetta “liability of foreigness” – con cui si intende la scarsa conoscenza degli usi, costumi, delle leggi e delle istituzioni che caratterizzano un determinato mercato – e la “liability of smallness”. Quest’ultima – anche intesa come “vincolo dimensionale” e pertanto riferita alla limitata disponibilità di risorse e competenze a supporto dei processi di internazionalizzazione – rappresenta a detta di molti uno dei principali fattori che limitano il processo di espansione internazionale della piccola impresa. La letteratura attribuisce all’acquisizione di esperienza internazionale un ruolo chiave nel ridurre la liability of foreigness che caratterizza le PMI. In particolare, l’accumulazione di esperienza consentirebbe alla PMI di meglio interpretare i nessi causali esistenti tra le proprie decisioni strategiche e i risultati attesi di tali decisioni, all’interno di contesti di mercato estremamente diversificati e spesso significativamente diversi dal mercato di origine dell’impresa (Johanson & Vahlne, 1977; Johanson & Wiedersheim-Paul, 1975; Majocchi, Bacchiocchi & Mayrhofer, 2005). Nell’ambito di tale prospettiva evidentemente fondata sui processi di apprendimento, l’esperienza internazionale viene spesso intesa come una sorta di sommatoria tra tre sotto-dimensioni: “lunghezza”, intesa come numero dianni di esperienza accumulata; “ampiezza”, intesa come numerosità e diversità dei mercati serviti; “intensità” intesa come grado di esposizione verso i mercati esteri (Lages, Jap e Griffith, 2008). Per quanto concerne, invece, la liability of smallness, la letteratura internazionale ha più volte evidenziato la necessità per le PMI di trovare una qualche forma di compensazione alle carenze interne, attraverso l’acquisizione di risorse e competenze ottenute esternamente all’impresa (Freeman, Carroll e Hannan, 1983; Hewitt-Dundas, 2006; Muscio, 2007; Colombo, Laursen, Magnusson e Rossi-Lamastra, 2012; Lasagni, 2012). In particolare, benché non limitatamente al caso delle sole PMI, la letteratura economico-manageriale ha più volte evidenziato i molteplici benefici derivanti dall’acquisizione di informazioni e conoscenze esterne funzionali ai processi di innovazione aziendale, tracciando in tal modo un collegamento virtuoso tra strategie di internazionalizzazione e processi di innovazione (Laursen e Salter, 2006; Pagano, 2009). Studi condotti in tal senso hanno consentito di evidenziare i molteplici vantaggi derivanti dalla collaborazione con soggetti di varia natura (clienti, fornitori, concorrenti, università, centri di ricerca etc.) geograficamente e culturalmente distanti (Fitjar e Rodríguez-Pose, 2012), ad esempio con riferimento al rapporto esistente tra strategie di collaborazione internazionale ad attività di ricerca e sviluppo e performance della PMI (Ebersberger e Herstad, 2013; Hottenrott e Lopes-Bento, 2014). Questo capitolo si pone all’interno del medesimo filone di ricerca e si pone l’obiettivo di contribuire alla discussione sul “quanto” e “come” le PMI italiane risultino coinvolte in attività di collaborazione internazionale all’innovazione con altre imprese e nel comprendere “se” e “come” tale attività si riverberi sul profilo internazionale della PMI. In particolare, l’ambito della ricerca è focalizzato sulle PMI del Nord Est Italia ed al loro rapporto con potenziali controparti all’interno della cosiddetta “Area Adriatica”, un’area che ingloba, oltre l’Italia ed in particolare la dorsale Adriatica, la Slovenia, la Serbia, la Croazia, la Bosnia ed Erzegovina, il Montenegro, l’Albania e la Grecia. Si tratta di un’area in gran parte considerata “in transizione” (con l’eccezione della Grecia) e che nonostante sia geograficamente prossima all’Italia, e ancor più al Nord Est Italia oggetto di questo studio, ne è da sempre culturalmente distante. I dati presentati in questo studio e raccolti nel 2014 segnalano che la gran parte delle imprese intervistate non risultano coinvolte in alcuna attività collaborativa di natura transfrontaliera evidenziando in tale modo le profonde spaccature tuttora esistenti tra queste due anime dell’area Adriatica. Ciò premesso, lo studio conferma comunque l’esistenza di una correlazione positiva significativa tra l’apertura ai processi di collaborazione all’innovazione su scala internazionale e il grado di internazionalizzazione della PMI.File | Dimensione | Formato | |
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