Le fonti antiche documentano un ampio uso del lapis specularis per la fabbricazione dei pannelli da finestra (detti appunto specularia), soprattutto in epoca precedente alla massiccia diffusione del vetro. Fabbricate da artigiani specializzati (specularii o speculariarii, ricordati in numerose iscrizioni) ed inserite all’interno di intelaiature di legno o metallo, le lastre di lapis specularis consentivano di isolare gli ambienti di domus e villae dal freddo, dal caldo e dal vento, consentendo contemporaneamente il passaggio della luce. Il loro impiego iniziò nella prima età imperiale, protraendosi fino all’età tardo-antica e, localmente, al Medioevo e all’età moderna; riservato in principio alle dimore più lussuose come i palazzi imperiali e le residenze degli aristocratici, l’uso degli specularia si estese in seguito anche alle abitazioni comuni, pur continuando ad essere avvertito come una ricercatezza. Se questo è stato certamente l’uso principale del lapis specularis, non fu comunque l’unico. Lastre di pietra speculare erano infatti impiegate nelle serre, come ricordano Marziale, Plinio e Columella, e nella fabbricazione degli alveari, come testimonia ancora una volta Plinio. Il minerale triturato era inoltre utilizzato per gli usi più svariati: per il candore e la brillantezza veniva cosparso sul pavimento delle abitazioni private o degli edifici da spettacolo come il Circo Massimo al fine di creare effetti scenografici; mischiata con acqua, la polvere di lapis era poi utilizzata sia a scopi terapeutici sia come componente di intonaci e stucchi di particolare qualità. Le cave più importanti di questo minerale si trovano in Spagna, nella regione di Cuenca, in prossimità della città romana di Segobriga: si tratta di un minerale di eccezionale trasparenza, citato da Plinio in un passo della Historia Naturalis (l. XXXVI, 45-46 § 162- 163); l’autore ricorda anche altre cave del bacino del Mediterraneo (Cipro, Tunisia, Cappadocia ed in Italia la Sicilia e l’Emilia Romagna). A tanta abbondanza di fonti non corrisponde però altrettanta abbondanza di rinvenimenti: come si può notare nella cartina (fig. 1) i pochi rinvenimenti noti di manufatti in lapis si concentrano nelle aree limitrofe alle cave (Tunisia, Spagna) oppure sono documentati in altre zone, come nel nord Europa (Francia, Inghilterra), ad attestarne la diffusione. In Italia sporadiche attestazioni provengono dalla Sardegna e da Roma; il gruppo più nutrito di rinvenimenti è venuto in luce nell’area vesuviana e costituisce il gruppo di rinvenimenti numericamente più rilevante dopo quelli spagnoli.

Il Lapis specularis a Pompei ed Ercolano / Guarnieri, C.; Lugli, Stefano; Gullì, D.; Ingravallo, V.; Pisapia, M. S.. - In: RIVISTA DI STUDI POMPEIANI. - ISSN 1120-3579. - STAMPA. - 26-27:(2017), pp. 142-145.

Il Lapis specularis a Pompei ed Ercolano

LUGLI, Stefano;
2017

Abstract

Le fonti antiche documentano un ampio uso del lapis specularis per la fabbricazione dei pannelli da finestra (detti appunto specularia), soprattutto in epoca precedente alla massiccia diffusione del vetro. Fabbricate da artigiani specializzati (specularii o speculariarii, ricordati in numerose iscrizioni) ed inserite all’interno di intelaiature di legno o metallo, le lastre di lapis specularis consentivano di isolare gli ambienti di domus e villae dal freddo, dal caldo e dal vento, consentendo contemporaneamente il passaggio della luce. Il loro impiego iniziò nella prima età imperiale, protraendosi fino all’età tardo-antica e, localmente, al Medioevo e all’età moderna; riservato in principio alle dimore più lussuose come i palazzi imperiali e le residenze degli aristocratici, l’uso degli specularia si estese in seguito anche alle abitazioni comuni, pur continuando ad essere avvertito come una ricercatezza. Se questo è stato certamente l’uso principale del lapis specularis, non fu comunque l’unico. Lastre di pietra speculare erano infatti impiegate nelle serre, come ricordano Marziale, Plinio e Columella, e nella fabbricazione degli alveari, come testimonia ancora una volta Plinio. Il minerale triturato era inoltre utilizzato per gli usi più svariati: per il candore e la brillantezza veniva cosparso sul pavimento delle abitazioni private o degli edifici da spettacolo come il Circo Massimo al fine di creare effetti scenografici; mischiata con acqua, la polvere di lapis era poi utilizzata sia a scopi terapeutici sia come componente di intonaci e stucchi di particolare qualità. Le cave più importanti di questo minerale si trovano in Spagna, nella regione di Cuenca, in prossimità della città romana di Segobriga: si tratta di un minerale di eccezionale trasparenza, citato da Plinio in un passo della Historia Naturalis (l. XXXVI, 45-46 § 162- 163); l’autore ricorda anche altre cave del bacino del Mediterraneo (Cipro, Tunisia, Cappadocia ed in Italia la Sicilia e l’Emilia Romagna). A tanta abbondanza di fonti non corrisponde però altrettanta abbondanza di rinvenimenti: come si può notare nella cartina (fig. 1) i pochi rinvenimenti noti di manufatti in lapis si concentrano nelle aree limitrofe alle cave (Tunisia, Spagna) oppure sono documentati in altre zone, come nel nord Europa (Francia, Inghilterra), ad attestarne la diffusione. In Italia sporadiche attestazioni provengono dalla Sardegna e da Roma; il gruppo più nutrito di rinvenimenti è venuto in luce nell’area vesuviana e costituisce il gruppo di rinvenimenti numericamente più rilevante dopo quelli spagnoli.
2017
26-27
142
145
Il Lapis specularis a Pompei ed Ercolano / Guarnieri, C.; Lugli, Stefano; Gullì, D.; Ingravallo, V.; Pisapia, M. S.. - In: RIVISTA DI STUDI POMPEIANI. - ISSN 1120-3579. - STAMPA. - 26-27:(2017), pp. 142-145.
Guarnieri, C.; Lugli, Stefano; Gullì, D.; Ingravallo, V.; Pisapia, M. S.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/1128043
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