Introduzione Le esperienze soggettive dei pazienti con psicosi, oltre a rappresentare un momento fondamentale dell’incontro clinico e del prendersi cura, costituiscono un tema imprescindibile per un tentativo di comprensione dei fenomeni psicotici che voglia andare al di là della mera rilevazione di aspetti comportamentali facilmente osservabili ed operazionalizzabili. Da dieci anni a questa parte, sono apparsi numerosi richiami a questa linea di ricerca che si discosta dalla semplice registrazione e catalogazione di comportamenti obiettivabili dall’esterno (1) (2). Sebbene ci siano state diverse proposte di modelli e strumenti relativi a esperienze soggettive psicosi-correlate (3)-(6), in Italia la concettualizzazione che ha avuto finora più impatto e risonanza è quella dei Sintomi di Base (7)-(17). Il modello dei sintomi di base valorizza la capacità del paziente di autopercepire, e comunicare come spiacevoli e limitanti, fini cambiamenti, deficit e anomalie, presenti anche nelle fasi prodromiche ed interepisodiche di malattia, a carico del funzionamento percettivo, della forma del pensiero, della comprensione e della produzione del linguaggio, della cenestesi, della motricità, della vitalità generale, ecc. Tali sintomi sono stati proposti rispecchiare la forma autopercepibile più prossima alla vulnerabilità alla psicosi, costituendone l’espressione attingibile dal soggetto, a cui corrisponderebbero specifici deficit neuropsicologici (soprattutto a carico dell’elaborazione delle informazioni) "a monte" della consapevolezza del paziente, in ambito "transfenomenico". Secondo il modello, i sintomi di base, attraverso complessi meccanismi di transizione su cui influirebbero fattori di stress e variabili psicologiche (tra cui il coping), sociali e biologiche, potrebbero evolvere verso quadri di franco scompenso psicotico. Klosterkötter, infatti (9), ha descritto vere e proprie sequenze di transizione tra sintomi di base e sintomi di primo rango schneideriani, in cui si attraverserebbero fasi successive denominate di irritazione, di esternalizzazione e di concretizzazione psicotica. Secondo questo modello di sviluppo dei sintomi positivi dai sintomi di base, l’inizio delle fasi produttive sarebbe innescato da una messa in tensione delle risorse cognitive e affettive già deficitarie con peggioramento a spirale delle capacità di far fronte all’incremento della complessità e intensità degli stimoli, fino alla rottura della normale cornice di riferimento della realtà, con il ristabilimento, attraverso il coagularsi di esperienze pienamente psicotiche, di un livello accettabile di stimolazione e una riduzione del livello di angoscia. Meno lineare sarebbe l’interpretazione del rapporto tra sintomi di base e sintomi negativi (16). Una riscontrata correlazione tra sintomi negativi e sintomi di base è stata interpretata in chiave processuale, come se gli aspetti comportamentali dei sintomi negativi rilevati dalle scale di valutazione eterosomministrate corrispondessero al classico esito difettuale, risultato terminale della trasformazione di sintomi di base non caratteristici per psicosi in sintomi di base caratteristici, fino a vere e proprie esperienze psicotiche di tipo positivo. Sebbene nella concettualizzazione originaria questi stadi siano, nella gran maggioranza dei casi, reversibili lungo le varie fasi di malattia, in certi casi tale percorso a ritroso non si produrrebbe e la sintomatologia negativa emergerebbe come risultato finale, vuoi come effetto di meccanismi di coping di ritiro attivo, vuoi come esito di un presunto effetto neurotossico dello stato di psicosi protratta con sintomi floridi. Altri Autori (12) si sono discostati da questa interpretazione sequenziale e hanno concettualizzato la correlazione tra sintomi di base e sintomi negativi come un epifenomeno degli aspetti di alogia e compromissione delle funzioni linguistiche, elementi centrali dei sintomi negativi. In altre ricerche (18), non è stato possibile riscontrare una correlazione positiva tra sintomi di base e sintomi negativi; anzi, in un lavoro del gruppo di Maggini (19), che ha tenuto conto della distinzione tra sintomi negativi primari e secondari di Kirkpatrick e collaboratori (20), si è riscontrato un trend di correlazione negativa tra sintomi di base e sintomi negativi. Recentemente il gruppo di Maggini (17) ha posto l’attenzione sull’esperienza di depersonalizzazione in pazienti con schizofrenia cronica quale "crogiuolo" psicopatologico capace di rendere conto di differenze di presentazione clinica e di correlazioni significative con cluster di sintomi di base e altre dimensioni psicopatologiche rilevanti come depressione, alessitimia e sintomi positivi. Sebbene la teoria dei sintomi di base abbia avuto il pregio indubitabile di rimettere al centro l’esperienza del soggetto nell’esplorazione e nella modellizzazione della psicosi e rappresenti, per così dire, una proposta ricca e complessa contro la semplificazione comportamentistica di una forma deteriore di ricerca biologica (21), essa ha trovato critiche e difficoltà nella sua affermazione. Da una parte, si è contestata la specificità dei sintomi di base quali elementi distintivi della psicosi schizofrenica (22)-(24). D’altra parte, la complessità e lunga durata (in media tre ore, nell’esperienza di uno degli autori del presente contributo, che ha ricevuto un training formale per somministrare lo strumento), della valutazione eterodiretta dei sintomi di base proposta dagli autori della Bonner Skala für die Beurteilung von Basissymptomen (25), nonché un ritardo nella pubblicazione della versione inglese della Scala, sembrano aver rallentato la diffusione internazionale del suo uso. Recentemente una certa enfasi è stata posta circa la possibilità che lo strumento possa essere utile a predire lo sviluppo di schizofrenia in soggetti non (ancora) psicotici (26) (27), posizione che è stata criticata da altri autori (28) (29). Due test autosomministrati per i sintomi di base sono disponibili in italiano, il Frankfurter Beschwerde Fragebogen (FBF) (30), e la Scala Romana dei Disturbi di Base (SRDB) (31)-(33). L’FBF (noto in lingua inglese come Frankfurt Complaint Questionnaire, FCQ), è un questionario autosomministrato dei sintomi di base che si compone di 98 item originariamente ricavati dalle descrizioni dei loro sintomi da parte di pazienti con diagnosi di schizofrenia. I 98 item, a risposta dicotomica (presente/non presente), sono raggruppati in 10 insiemi fenomenici per affinità tematica: Perdita di Controllo (KO), Disturbi della Percezione Semplice (WAS), Disturbi della Percezione Complessa (WAK), Disturbi del Linguaggio Espressivo e Ricettivo (SP), Disturbi del Pensiero (DE), Disturbi della Memoria (GE), della Motricità (MO), Perdita degli Automatismi (AU), Anedonia e Ansia (AN) e Sovrabbondanza di Stimoli (REI). Sebbene L’FBF appaia in grado di valutare in maniera esaustiva i sintomi di base e sia stato estesamente utilizzato, l’elevato numero di item pone di frequente un carico eccessivo alle capacità attentive dei pazienti e richiede parecchio tempo (almeno mezz’ora) per la sua compilazione (34). Il formato dicotomico delle risposte, inoltre, non permette di graduare l’intensità dei fenomeni rilevati. La specificità dei sintomi rispetto alla diagnosi di schizofrenia è inoltre risultata dubbia: elevati punteggi si riscontrerebbero, per esempio, in soggetti con alcolismo o con disturbi ossessivo-compulsivi. Secondo alcuni autori ciò sarebbe dovuto al fatto che molti sintomi di base rappresenterebbero indici aspecifici di disagio psichico (22) (35), mentre altri hanno ipotizzato che l’FBF sia contaminato da disturbi da ascriversi a sintomatologia ossessiva di frequente riscontro in pazienti con diagnosi di schizofrenia e all’abitudine etilica che spesso rappresenta un disturbo in comorbilità (36) (37). La Scala Romana dei Disturbi di base (SRDB) (31) è un questionario auto-somministrato, che traspone in questa modalità di somministrazione molti degli item eterovalutati della BSABS e ordina i sintomi di base in 9 sottoscale di 6 item ciascuna (Adinamia, Anedonia, Vulnerabilità Interpersonale; Diminuita Tolleranza allo Stress, Aumentata Impressionabilità, Disturbi Cognitivi del Pensiero, Disturbi Cognitivi della Percezione, Ipobulia e Cenestesie). Lo strumento condivide con l’FBF il carattere di una certa lunghezza e il suo uso sembra rimasto finora confinato al gruppo che l’ha prodotto (31)-(33). L’Eppendorf Schizophrenia Inventory Recentemente Reinhard Mass dell’Università di Amburgo e il suo gruppo (38) (39) hanno messo a punto l’ESI, Eppendorf Schizophrenia Inventory, uno strumento di autovalutazione delle esperienze soggettive nella Schizofrenia di agile impiego, ricavato dalla riduzione di 138 item di partenza attraverso la selezione di quelli che erano risultati significativamente più frequenti in gruppi di pazienti ambulatoriali con schizofrenia cronica e al primo episodio rispetto a controlli e pazienti con diagnosi di depressione, alcolismo e disturbi ossessivo-compulsivi. Un ulteriore criterio di selezione richiedeva che entrambi i gruppi di pazienti con schizofrenia occupassero negli item selezionati il primo o secondo rango nella distribuzione dei punteggi rispetto agli altri gruppi, per cercare di evitare la selezione di item espressione di reazioni secondarie o relative ad una lunga durata del disturbo. La versione finale dell’ESI risulta costituita da 34 affermazioni che esplorano esperienze soggettive relative alle ultime quattro settimane, a cui il soggetto risponde in una scala a quattro punti che va da "non corrisponde affatto" a "corrisponde in pieno", con un punteggio quindi per ciascun item che va da 0 a 3. La somma dei punteggi dei singoli item costituisce il punteggio globale. I 34 item che esplorano le esperienze soggettive si distribuiscono in quattro sottoscale, in base al contenuto delle esperienze indagate e ai risultati di una analisi fattoriale preliminare su un campione costituito da 90 pazienti con schizofrenia. La prima sottoscala, "Disturbo dell’Attenzione e del Linguaggio" (AS) raccoglie 10 item che esprimono soprattutto difficoltà nel mantenere l’attenzione e nell’esercizio delle funzioni ricettive ed espressive del linguaggio. Affermazioni tipiche sono "Quando qualcuno parla con frasi piuttosto lunghe, faccio fatica a capirne il significato" oppure "Quando guardo la televisione mi riesce difficile seguire insieme immagini e parole e allo stesso tempo capire la trama". La seconda sottoscala, costituita da 7 item, è denominata "Idee di Riferimento" (IR) e comprende item che esprimono la tendenza a interpretare come riferiti a sé o comunque con significati particolari e speciali, eventi banali della vita quotidiana. Item tipici sono: "Talvolta mi succede come se gli oggetti del mio ambiente fossero disposti in un modo che ha un significato particolare" oppure "Talvolta credo che vengano fatti personalmente a me certi segnali speciali che nessun altro nota". La sottoscala Incertezza Uditiva (AU) è composta da 8 item che descrivono la difficoltà di discriminare tra pensieri e parole effettivamente udite. Esempi sono: "Talvolta, anche quando ho sentito qualcosa molto chiaramente, non sono sicuro di non essermelo solo immaginato" e "Talvolta sento la mia ‘voce interna’ così tanto chiara come se ci fosse veramente qualcuno a parlarmi". La quarta sottoscala, chiamata Deviazione Percettiva (DP) comprende 9 item e si riferisce a fini disturbi e aberrazioni percettive in varie modalità sensoriali, con particolare riferimento alle cenestesie e ai disturbi della percezione della propria immagine corporea. Esempi tipici di questa sottoscala sono "Talvolta una parte del mio corpo mi sembra più piccola di quanto è in realtà" e "Di quando in quando muovendo parti del mio corpo non le riesco a sentire bene". Il questionario è integrato da 5 item analoghi a quelli che costituiscono la scala L nel Minnesota Multiphasic Personality Inventory (40), volti a controllare la tendenza del soggetto a rispondere al questionario mettendosi in buona luce, item che sono raggruppati nella sottoscala FR (da frankness). Un ultimo item ("Ho risposto a tutte le domande il più precisamente possibile") controlla il grado di motivazione ed attenzione con cui si è compilato il questionario, che viene così ad essere costituito complessivamente da 40 affermazioni. La validità discriminante dello strumento nella versione tedesca è già stata confermata in uno studio di replicazione tramite somministrazione a un nuovo campione di 202 pazienti con diagnosi di Schizofrenia, Alcolismo, Depressione e Disturbo Ossessivo-Compulsivo secondo i criteri ICD-10 e controlli normali (41).

Eppendorf Schizophrenia Inventory (ESI): presentazione della versione italiana / Galeazzi, Gian Maria; Spiliopulos, P.; Curci, P.. - In: GIORNALE ITALIANO DI PSICOPATOLOGIA. - ISSN 1592-1107. - STAMPA. - 10:(2004), pp. 322-330.

Eppendorf Schizophrenia Inventory (ESI): presentazione della versione italiana.

GALEAZZI, Gian Maria;
2004

Abstract

Introduzione Le esperienze soggettive dei pazienti con psicosi, oltre a rappresentare un momento fondamentale dell’incontro clinico e del prendersi cura, costituiscono un tema imprescindibile per un tentativo di comprensione dei fenomeni psicotici che voglia andare al di là della mera rilevazione di aspetti comportamentali facilmente osservabili ed operazionalizzabili. Da dieci anni a questa parte, sono apparsi numerosi richiami a questa linea di ricerca che si discosta dalla semplice registrazione e catalogazione di comportamenti obiettivabili dall’esterno (1) (2). Sebbene ci siano state diverse proposte di modelli e strumenti relativi a esperienze soggettive psicosi-correlate (3)-(6), in Italia la concettualizzazione che ha avuto finora più impatto e risonanza è quella dei Sintomi di Base (7)-(17). Il modello dei sintomi di base valorizza la capacità del paziente di autopercepire, e comunicare come spiacevoli e limitanti, fini cambiamenti, deficit e anomalie, presenti anche nelle fasi prodromiche ed interepisodiche di malattia, a carico del funzionamento percettivo, della forma del pensiero, della comprensione e della produzione del linguaggio, della cenestesi, della motricità, della vitalità generale, ecc. Tali sintomi sono stati proposti rispecchiare la forma autopercepibile più prossima alla vulnerabilità alla psicosi, costituendone l’espressione attingibile dal soggetto, a cui corrisponderebbero specifici deficit neuropsicologici (soprattutto a carico dell’elaborazione delle informazioni) "a monte" della consapevolezza del paziente, in ambito "transfenomenico". Secondo il modello, i sintomi di base, attraverso complessi meccanismi di transizione su cui influirebbero fattori di stress e variabili psicologiche (tra cui il coping), sociali e biologiche, potrebbero evolvere verso quadri di franco scompenso psicotico. Klosterkötter, infatti (9), ha descritto vere e proprie sequenze di transizione tra sintomi di base e sintomi di primo rango schneideriani, in cui si attraverserebbero fasi successive denominate di irritazione, di esternalizzazione e di concretizzazione psicotica. Secondo questo modello di sviluppo dei sintomi positivi dai sintomi di base, l’inizio delle fasi produttive sarebbe innescato da una messa in tensione delle risorse cognitive e affettive già deficitarie con peggioramento a spirale delle capacità di far fronte all’incremento della complessità e intensità degli stimoli, fino alla rottura della normale cornice di riferimento della realtà, con il ristabilimento, attraverso il coagularsi di esperienze pienamente psicotiche, di un livello accettabile di stimolazione e una riduzione del livello di angoscia. Meno lineare sarebbe l’interpretazione del rapporto tra sintomi di base e sintomi negativi (16). Una riscontrata correlazione tra sintomi negativi e sintomi di base è stata interpretata in chiave processuale, come se gli aspetti comportamentali dei sintomi negativi rilevati dalle scale di valutazione eterosomministrate corrispondessero al classico esito difettuale, risultato terminale della trasformazione di sintomi di base non caratteristici per psicosi in sintomi di base caratteristici, fino a vere e proprie esperienze psicotiche di tipo positivo. Sebbene nella concettualizzazione originaria questi stadi siano, nella gran maggioranza dei casi, reversibili lungo le varie fasi di malattia, in certi casi tale percorso a ritroso non si produrrebbe e la sintomatologia negativa emergerebbe come risultato finale, vuoi come effetto di meccanismi di coping di ritiro attivo, vuoi come esito di un presunto effetto neurotossico dello stato di psicosi protratta con sintomi floridi. Altri Autori (12) si sono discostati da questa interpretazione sequenziale e hanno concettualizzato la correlazione tra sintomi di base e sintomi negativi come un epifenomeno degli aspetti di alogia e compromissione delle funzioni linguistiche, elementi centrali dei sintomi negativi. In altre ricerche (18), non è stato possibile riscontrare una correlazione positiva tra sintomi di base e sintomi negativi; anzi, in un lavoro del gruppo di Maggini (19), che ha tenuto conto della distinzione tra sintomi negativi primari e secondari di Kirkpatrick e collaboratori (20), si è riscontrato un trend di correlazione negativa tra sintomi di base e sintomi negativi. Recentemente il gruppo di Maggini (17) ha posto l’attenzione sull’esperienza di depersonalizzazione in pazienti con schizofrenia cronica quale "crogiuolo" psicopatologico capace di rendere conto di differenze di presentazione clinica e di correlazioni significative con cluster di sintomi di base e altre dimensioni psicopatologiche rilevanti come depressione, alessitimia e sintomi positivi. Sebbene la teoria dei sintomi di base abbia avuto il pregio indubitabile di rimettere al centro l’esperienza del soggetto nell’esplorazione e nella modellizzazione della psicosi e rappresenti, per così dire, una proposta ricca e complessa contro la semplificazione comportamentistica di una forma deteriore di ricerca biologica (21), essa ha trovato critiche e difficoltà nella sua affermazione. Da una parte, si è contestata la specificità dei sintomi di base quali elementi distintivi della psicosi schizofrenica (22)-(24). D’altra parte, la complessità e lunga durata (in media tre ore, nell’esperienza di uno degli autori del presente contributo, che ha ricevuto un training formale per somministrare lo strumento), della valutazione eterodiretta dei sintomi di base proposta dagli autori della Bonner Skala für die Beurteilung von Basissymptomen (25), nonché un ritardo nella pubblicazione della versione inglese della Scala, sembrano aver rallentato la diffusione internazionale del suo uso. Recentemente una certa enfasi è stata posta circa la possibilità che lo strumento possa essere utile a predire lo sviluppo di schizofrenia in soggetti non (ancora) psicotici (26) (27), posizione che è stata criticata da altri autori (28) (29). Due test autosomministrati per i sintomi di base sono disponibili in italiano, il Frankfurter Beschwerde Fragebogen (FBF) (30), e la Scala Romana dei Disturbi di Base (SRDB) (31)-(33). L’FBF (noto in lingua inglese come Frankfurt Complaint Questionnaire, FCQ), è un questionario autosomministrato dei sintomi di base che si compone di 98 item originariamente ricavati dalle descrizioni dei loro sintomi da parte di pazienti con diagnosi di schizofrenia. I 98 item, a risposta dicotomica (presente/non presente), sono raggruppati in 10 insiemi fenomenici per affinità tematica: Perdita di Controllo (KO), Disturbi della Percezione Semplice (WAS), Disturbi della Percezione Complessa (WAK), Disturbi del Linguaggio Espressivo e Ricettivo (SP), Disturbi del Pensiero (DE), Disturbi della Memoria (GE), della Motricità (MO), Perdita degli Automatismi (AU), Anedonia e Ansia (AN) e Sovrabbondanza di Stimoli (REI). Sebbene L’FBF appaia in grado di valutare in maniera esaustiva i sintomi di base e sia stato estesamente utilizzato, l’elevato numero di item pone di frequente un carico eccessivo alle capacità attentive dei pazienti e richiede parecchio tempo (almeno mezz’ora) per la sua compilazione (34). Il formato dicotomico delle risposte, inoltre, non permette di graduare l’intensità dei fenomeni rilevati. La specificità dei sintomi rispetto alla diagnosi di schizofrenia è inoltre risultata dubbia: elevati punteggi si riscontrerebbero, per esempio, in soggetti con alcolismo o con disturbi ossessivo-compulsivi. Secondo alcuni autori ciò sarebbe dovuto al fatto che molti sintomi di base rappresenterebbero indici aspecifici di disagio psichico (22) (35), mentre altri hanno ipotizzato che l’FBF sia contaminato da disturbi da ascriversi a sintomatologia ossessiva di frequente riscontro in pazienti con diagnosi di schizofrenia e all’abitudine etilica che spesso rappresenta un disturbo in comorbilità (36) (37). La Scala Romana dei Disturbi di base (SRDB) (31) è un questionario auto-somministrato, che traspone in questa modalità di somministrazione molti degli item eterovalutati della BSABS e ordina i sintomi di base in 9 sottoscale di 6 item ciascuna (Adinamia, Anedonia, Vulnerabilità Interpersonale; Diminuita Tolleranza allo Stress, Aumentata Impressionabilità, Disturbi Cognitivi del Pensiero, Disturbi Cognitivi della Percezione, Ipobulia e Cenestesie). Lo strumento condivide con l’FBF il carattere di una certa lunghezza e il suo uso sembra rimasto finora confinato al gruppo che l’ha prodotto (31)-(33). L’Eppendorf Schizophrenia Inventory Recentemente Reinhard Mass dell’Università di Amburgo e il suo gruppo (38) (39) hanno messo a punto l’ESI, Eppendorf Schizophrenia Inventory, uno strumento di autovalutazione delle esperienze soggettive nella Schizofrenia di agile impiego, ricavato dalla riduzione di 138 item di partenza attraverso la selezione di quelli che erano risultati significativamente più frequenti in gruppi di pazienti ambulatoriali con schizofrenia cronica e al primo episodio rispetto a controlli e pazienti con diagnosi di depressione, alcolismo e disturbi ossessivo-compulsivi. Un ulteriore criterio di selezione richiedeva che entrambi i gruppi di pazienti con schizofrenia occupassero negli item selezionati il primo o secondo rango nella distribuzione dei punteggi rispetto agli altri gruppi, per cercare di evitare la selezione di item espressione di reazioni secondarie o relative ad una lunga durata del disturbo. La versione finale dell’ESI risulta costituita da 34 affermazioni che esplorano esperienze soggettive relative alle ultime quattro settimane, a cui il soggetto risponde in una scala a quattro punti che va da "non corrisponde affatto" a "corrisponde in pieno", con un punteggio quindi per ciascun item che va da 0 a 3. La somma dei punteggi dei singoli item costituisce il punteggio globale. I 34 item che esplorano le esperienze soggettive si distribuiscono in quattro sottoscale, in base al contenuto delle esperienze indagate e ai risultati di una analisi fattoriale preliminare su un campione costituito da 90 pazienti con schizofrenia. La prima sottoscala, "Disturbo dell’Attenzione e del Linguaggio" (AS) raccoglie 10 item che esprimono soprattutto difficoltà nel mantenere l’attenzione e nell’esercizio delle funzioni ricettive ed espressive del linguaggio. Affermazioni tipiche sono "Quando qualcuno parla con frasi piuttosto lunghe, faccio fatica a capirne il significato" oppure "Quando guardo la televisione mi riesce difficile seguire insieme immagini e parole e allo stesso tempo capire la trama". La seconda sottoscala, costituita da 7 item, è denominata "Idee di Riferimento" (IR) e comprende item che esprimono la tendenza a interpretare come riferiti a sé o comunque con significati particolari e speciali, eventi banali della vita quotidiana. Item tipici sono: "Talvolta mi succede come se gli oggetti del mio ambiente fossero disposti in un modo che ha un significato particolare" oppure "Talvolta credo che vengano fatti personalmente a me certi segnali speciali che nessun altro nota". La sottoscala Incertezza Uditiva (AU) è composta da 8 item che descrivono la difficoltà di discriminare tra pensieri e parole effettivamente udite. Esempi sono: "Talvolta, anche quando ho sentito qualcosa molto chiaramente, non sono sicuro di non essermelo solo immaginato" e "Talvolta sento la mia ‘voce interna’ così tanto chiara come se ci fosse veramente qualcuno a parlarmi". La quarta sottoscala, chiamata Deviazione Percettiva (DP) comprende 9 item e si riferisce a fini disturbi e aberrazioni percettive in varie modalità sensoriali, con particolare riferimento alle cenestesie e ai disturbi della percezione della propria immagine corporea. Esempi tipici di questa sottoscala sono "Talvolta una parte del mio corpo mi sembra più piccola di quanto è in realtà" e "Di quando in quando muovendo parti del mio corpo non le riesco a sentire bene". Il questionario è integrato da 5 item analoghi a quelli che costituiscono la scala L nel Minnesota Multiphasic Personality Inventory (40), volti a controllare la tendenza del soggetto a rispondere al questionario mettendosi in buona luce, item che sono raggruppati nella sottoscala FR (da frankness). Un ultimo item ("Ho risposto a tutte le domande il più precisamente possibile") controlla il grado di motivazione ed attenzione con cui si è compilato il questionario, che viene così ad essere costituito complessivamente da 40 affermazioni. La validità discriminante dello strumento nella versione tedesca è già stata confermata in uno studio di replicazione tramite somministrazione a un nuovo campione di 202 pazienti con diagnosi di Schizofrenia, Alcolismo, Depressione e Disturbo Ossessivo-Compulsivo secondo i criteri ICD-10 e controlli normali (41).
2004
10
322
330
Eppendorf Schizophrenia Inventory (ESI): presentazione della versione italiana / Galeazzi, Gian Maria; Spiliopulos, P.; Curci, P.. - In: GIORNALE ITALIANO DI PSICOPATOLOGIA. - ISSN 1592-1107. - STAMPA. - 10:(2004), pp. 322-330.
Galeazzi, Gian Maria; Spiliopulos, P.; Curci, P.
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