Giuseppe Franchini fu un pioniere della medicina coloniale ed un eminente tropicalista attivo dagli inizi del secolo scorso fino al 1939, alle soglie della seconda guerra mondiale, allorché la morte lo colse all’improvviso. Dopo avere frequentato i principali istituti scientifici d’Europa come l’Università di Berlino e le cliniche di malattie tropicali di Londra, Bruxelles e Amburgo, la scuola di Malattie Coloniali di Liverpool, l’Institut Pasteur di Parigi che diresse dopo la morte del suo maestro Laveran, lo scopritore del parassita malarico. Nel 1924 fu chiamato dall’Università di Bologna a dirigere l’Istituto di Patologia Coloniale e nel 1930 si trasferì a Modena dove fondò l’Istituto di Patologia Coloniale (che nel corso dell’anno accademico 1934-35, sempre più aumentando l’indirizzo clinico, assunse il nome di Clinica delle Malattie Tropicali e Subtropicali), la cui attività fu favorita dal Ministro delle Colonie Federzoni e dal Governatore onorario della Somalia, il modenese Guido Corni. Fu autore di numerosissime pubblicazioni sia di clinica generale che di patologia esotica, di parassitologia e protozoologia che culminarono nella redazione di un Manuale di patologia e parassitologia dei paesi caldi in collaborazione con il professor Giordano (Testi, 1939: XLII).Da Bologna Franchini portò con sé a Modena nell’Istituto di Patologia Coloniale la collezione di medicina tropicale che aveva costituito e che incrementò con esemplari da lui raccolti personalmente o ricevuti in dono dalle istituzioni scientifiche da lui frequentate o inviati da allievi in particolare dall’allora Africa Orientale Italiana, dalla Libia, dall’Algeria, dall’Egitto, dall’Arabia, da Ceylon, dall’India, dal Congo Belga, dall’Argentina, dal Brasile, dal Messico per realizzare il Museo di Medicina Tropicale, unico in Italia e uno dei migliori del mondo, come si legge nel Rapporto sul funzionamento dell’Istituto di Patologia Coloniale del professore Giuseppe Franchini (AAVV, 1931, 62-63).Il Museo, “unico nel suo genere”, comprendeva “le diverse branche della parassitologia coi più svariati esemplari di insetti, di vermi, di aracnidi, di molluschi interessanti l’eziologia e l’epidemiologia dei morbi esotici…inoltre una importante raccolta di animali velenosi, specialmente di rettili di tutte le parti del mondo, specie d’Africa e d’America, una vasta collezione di moulages di molte malattie esterne, e una interessante e originale collezione di gran numero di medicinali e di piante medicinali adoperate dagli indigeni e di quei mezzi amuleti che la superstizione loro consiglia per l’allontanamento di morbi e degli influssi maligni (Testi, 1939: XLIX). Dopo che la morte colse all’improvviso Franchini nel luglio 1938 l’auspicio formulato da Paolo Croveri che il museo, che gli eredi avevano ceduto all’Università, avesse “degna sede e sistemazione per volere delle autorità accademiche e politiche della città” (Croveri, 1939: 327), venne realizzato con il trasferimento del Museo nel 1940 nella Villa delle Pentetorri, che era stata elegante residenza settecentesca suburbana dei Duchi d’Este. Di là nel 1943, quasi con felice premonizione perché l’anno seguente la Villa delle Pentetorri venne completamente distrutta da un bombardamento, le collezioni del museo, raggruppabili in tre sezioni, medicina indigena, patologia tropicale, zoologia, vennero trasferite nel 1943 nel Foro Boario, edificio che era stato costruito tra il 1834 e il 1839 dall’Arciduca Francesco IV d’Austria Este (Stagi & Curti, 2008: 52).Vent’anni dopo, nel 1963, le collezioni furono trasferite presso la Clinica di Malattie Infettive e Tropicali nel nuovo Policlinico costruito in via del Pozzo e dopo venticinque anni, nel 1988, furono collocate in una sala attigua al Museo Anatomico dove tuttora si trovano (Maramaldo et al., 2008, pp. 52 e 60).

Il primo museo di Medicina Tropicale a Modena / Corradini, Elena. - ELETTRONICO. - 1:(2010), pp. 4-4.

Il primo museo di Medicina Tropicale a Modena

CORRADINI, Elena
2010

Abstract

Giuseppe Franchini fu un pioniere della medicina coloniale ed un eminente tropicalista attivo dagli inizi del secolo scorso fino al 1939, alle soglie della seconda guerra mondiale, allorché la morte lo colse all’improvviso. Dopo avere frequentato i principali istituti scientifici d’Europa come l’Università di Berlino e le cliniche di malattie tropicali di Londra, Bruxelles e Amburgo, la scuola di Malattie Coloniali di Liverpool, l’Institut Pasteur di Parigi che diresse dopo la morte del suo maestro Laveran, lo scopritore del parassita malarico. Nel 1924 fu chiamato dall’Università di Bologna a dirigere l’Istituto di Patologia Coloniale e nel 1930 si trasferì a Modena dove fondò l’Istituto di Patologia Coloniale (che nel corso dell’anno accademico 1934-35, sempre più aumentando l’indirizzo clinico, assunse il nome di Clinica delle Malattie Tropicali e Subtropicali), la cui attività fu favorita dal Ministro delle Colonie Federzoni e dal Governatore onorario della Somalia, il modenese Guido Corni. Fu autore di numerosissime pubblicazioni sia di clinica generale che di patologia esotica, di parassitologia e protozoologia che culminarono nella redazione di un Manuale di patologia e parassitologia dei paesi caldi in collaborazione con il professor Giordano (Testi, 1939: XLII).Da Bologna Franchini portò con sé a Modena nell’Istituto di Patologia Coloniale la collezione di medicina tropicale che aveva costituito e che incrementò con esemplari da lui raccolti personalmente o ricevuti in dono dalle istituzioni scientifiche da lui frequentate o inviati da allievi in particolare dall’allora Africa Orientale Italiana, dalla Libia, dall’Algeria, dall’Egitto, dall’Arabia, da Ceylon, dall’India, dal Congo Belga, dall’Argentina, dal Brasile, dal Messico per realizzare il Museo di Medicina Tropicale, unico in Italia e uno dei migliori del mondo, come si legge nel Rapporto sul funzionamento dell’Istituto di Patologia Coloniale del professore Giuseppe Franchini (AAVV, 1931, 62-63).Il Museo, “unico nel suo genere”, comprendeva “le diverse branche della parassitologia coi più svariati esemplari di insetti, di vermi, di aracnidi, di molluschi interessanti l’eziologia e l’epidemiologia dei morbi esotici…inoltre una importante raccolta di animali velenosi, specialmente di rettili di tutte le parti del mondo, specie d’Africa e d’America, una vasta collezione di moulages di molte malattie esterne, e una interessante e originale collezione di gran numero di medicinali e di piante medicinali adoperate dagli indigeni e di quei mezzi amuleti che la superstizione loro consiglia per l’allontanamento di morbi e degli influssi maligni (Testi, 1939: XLIX). Dopo che la morte colse all’improvviso Franchini nel luglio 1938 l’auspicio formulato da Paolo Croveri che il museo, che gli eredi avevano ceduto all’Università, avesse “degna sede e sistemazione per volere delle autorità accademiche e politiche della città” (Croveri, 1939: 327), venne realizzato con il trasferimento del Museo nel 1940 nella Villa delle Pentetorri, che era stata elegante residenza settecentesca suburbana dei Duchi d’Este. Di là nel 1943, quasi con felice premonizione perché l’anno seguente la Villa delle Pentetorri venne completamente distrutta da un bombardamento, le collezioni del museo, raggruppabili in tre sezioni, medicina indigena, patologia tropicale, zoologia, vennero trasferite nel 1943 nel Foro Boario, edificio che era stato costruito tra il 1834 e il 1839 dall’Arciduca Francesco IV d’Austria Este (Stagi & Curti, 2008: 52).Vent’anni dopo, nel 1963, le collezioni furono trasferite presso la Clinica di Malattie Infettive e Tropicali nel nuovo Policlinico costruito in via del Pozzo e dopo venticinque anni, nel 1988, furono collocate in una sala attigua al Museo Anatomico dove tuttora si trovano (Maramaldo et al., 2008, pp. 52 e 60).
2010
Corradini, Elena
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