Presso il Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas” di Palermo è conservato un importante nucleo di balsamari provenienti da Selinunte. Taluni, di pregevole manifattura, provengono dal Santuario di Demetra Malophoros. Altri unguentari e balsamari provengono dall’acropoli, altri ancora dalle necropoli. Appartengono ad un periodo compreso tra la metà del VI e la metà del V secolo a. C. L’area sacra, messa in luce durante gli scavi effettuati da Cavallari nel 1818 e da Salinas nel 1903-1905, ha portato alla luce una quantità immensa di materiali archeologici. Nell'area dove prima sorgeva l'acropoli i resti presentano un abitato misto, punico e greco. Al fine di questo studio sono stati inoltre presi in esame anche altri campioni, conservati nei saloni espositivi e in magazzino, provenienti dall’isola di Mozia, insediamento prettamente fenicio-punico.Gli insediamenti da cui provengono i contenitori, Selinunte e Mozia, offrono una gamma di valenze culturali assai variegata che sta a confermare il loro carattere di insediamenti nati da e per lo scambio. Le analisi condotte nel presente lavoro fanno seguito a quelle relative ad un importante gruppo di contenitori cosmetici di età Punica, coevi a quelli qui studiati, conservati presso il Museo della Fondazione Withaker sull’isola di Mozia [1,2].Il nucleo di balsamari fittili e vitrei, pissidi e alabastra considerati è stato ispezionato e si sono raccolte polveri di vari colori.La microscopia Raman ha permesso di identificare e caratterizzare i residui. Campioni bianchi hanno rivelato essere composti prevalentemente da miscele di gesso e anidrite (n inv. 1680, 1663, 1753). Le pissidi n. 1393 e 1451 presentavano residui bianchi composti da cerussite completamente carbonatata, gesso e litargirio. Si tratta del cosmetico greco per eccellenza, denominato psymition, utilizzato dalle donne per conferire pallore all’incarnato.Polveri rosa contenute in balsamari figurati di origine greca hanno mostrato come componenti ematite, quarzo, calcite, anatasio e goetite oppure, nel caso dell’askos zoomorfo n. 610, calcite, ossido di piombo, ematite, carbone e residuo organico. Il contenitore in vetro policromo n. 34228 presentava un abbondante residuo rosso composto da magnetite, quarzo, silicati ed ematite. Una conchiglia del genere Pecten (n. 34396) mostrava residui rossi composti da ematite, magnetite, lepidocrocite, goetite e tracce di cinabro (HgS). Un’interessante polvere rossa, (HgS miscelato con anatasio) è stata rinvenuta all’interno dell’ alabstron n. 7317/7 proveniente dalla necropoli di Marsala (tomba n.34). Risultati simili si sono ottenuti nell’ambito delle precedenti indagini su Mozia relative a contenitori della stessa tipologia. Il rinvenimento di questi pigmenti in associazione ad alasbatra è interessante in quanto la letteratura generalmente indica l’uso dedicato di questi particolari contenitori ad unguenti e profumi. Le analisi del contenuto azzurro della coppetta fittile n. 42259 hanno rilevato la presenza del celebre blu egiziano (CaCuSi4O10).Bibliografia[1] G. Freguglia, C. Baraldi, M.C. Gamberini, P. Toti, P. Baraldi,; PRIN07- Colors and balms in antiquity: from the chemical study to the knowledge of technologies in cosmetics, painting and medicine. Aboca, Sansepolcro (Arezzo, Italy), 2-3th December 2010, p. 50-51[2] C. Baraldi, G. Freguglia, M.C. Gamberini, P. Baraldi, RAA2011 Parma 5-8th September 2011, pp. 103-104;
Analisi micro-Raman di polveri cosmetiche greche e puniche / Freguglia, Giada; Baraldi, Cecilia; Gamberini, Maria Cristina; E., Van Elslande; Baraldi, Pietro. - STAMPA. - 0:(2012), pp. PO 19-... (Intervento presentato al convegno GISR 2012 tenutosi a Bologna (Italia), Area della Ricerca del CNR nel 6-8 Giugno 2012).
Analisi micro-Raman di polveri cosmetiche greche e puniche
FREGUGLIA, GIADA;BARALDI, Cecilia;GAMBERINI, Maria Cristina;BARALDI, Pietro
2012
Abstract
Presso il Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas” di Palermo è conservato un importante nucleo di balsamari provenienti da Selinunte. Taluni, di pregevole manifattura, provengono dal Santuario di Demetra Malophoros. Altri unguentari e balsamari provengono dall’acropoli, altri ancora dalle necropoli. Appartengono ad un periodo compreso tra la metà del VI e la metà del V secolo a. C. L’area sacra, messa in luce durante gli scavi effettuati da Cavallari nel 1818 e da Salinas nel 1903-1905, ha portato alla luce una quantità immensa di materiali archeologici. Nell'area dove prima sorgeva l'acropoli i resti presentano un abitato misto, punico e greco. Al fine di questo studio sono stati inoltre presi in esame anche altri campioni, conservati nei saloni espositivi e in magazzino, provenienti dall’isola di Mozia, insediamento prettamente fenicio-punico.Gli insediamenti da cui provengono i contenitori, Selinunte e Mozia, offrono una gamma di valenze culturali assai variegata che sta a confermare il loro carattere di insediamenti nati da e per lo scambio. Le analisi condotte nel presente lavoro fanno seguito a quelle relative ad un importante gruppo di contenitori cosmetici di età Punica, coevi a quelli qui studiati, conservati presso il Museo della Fondazione Withaker sull’isola di Mozia [1,2].Il nucleo di balsamari fittili e vitrei, pissidi e alabastra considerati è stato ispezionato e si sono raccolte polveri di vari colori.La microscopia Raman ha permesso di identificare e caratterizzare i residui. Campioni bianchi hanno rivelato essere composti prevalentemente da miscele di gesso e anidrite (n inv. 1680, 1663, 1753). Le pissidi n. 1393 e 1451 presentavano residui bianchi composti da cerussite completamente carbonatata, gesso e litargirio. Si tratta del cosmetico greco per eccellenza, denominato psymition, utilizzato dalle donne per conferire pallore all’incarnato.Polveri rosa contenute in balsamari figurati di origine greca hanno mostrato come componenti ematite, quarzo, calcite, anatasio e goetite oppure, nel caso dell’askos zoomorfo n. 610, calcite, ossido di piombo, ematite, carbone e residuo organico. Il contenitore in vetro policromo n. 34228 presentava un abbondante residuo rosso composto da magnetite, quarzo, silicati ed ematite. Una conchiglia del genere Pecten (n. 34396) mostrava residui rossi composti da ematite, magnetite, lepidocrocite, goetite e tracce di cinabro (HgS). Un’interessante polvere rossa, (HgS miscelato con anatasio) è stata rinvenuta all’interno dell’ alabstron n. 7317/7 proveniente dalla necropoli di Marsala (tomba n.34). Risultati simili si sono ottenuti nell’ambito delle precedenti indagini su Mozia relative a contenitori della stessa tipologia. Il rinvenimento di questi pigmenti in associazione ad alasbatra è interessante in quanto la letteratura generalmente indica l’uso dedicato di questi particolari contenitori ad unguenti e profumi. Le analisi del contenuto azzurro della coppetta fittile n. 42259 hanno rilevato la presenza del celebre blu egiziano (CaCuSi4O10).Bibliografia[1] G. Freguglia, C. Baraldi, M.C. Gamberini, P. Toti, P. Baraldi,; PRIN07- Colors and balms in antiquity: from the chemical study to the knowledge of technologies in cosmetics, painting and medicine. Aboca, Sansepolcro (Arezzo, Italy), 2-3th December 2010, p. 50-51[2] C. Baraldi, G. Freguglia, M.C. Gamberini, P. Baraldi, RAA2011 Parma 5-8th September 2011, pp. 103-104;Pubblicazioni consigliate
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