La storia del Museo di Anatomia Umana di Modena inizia nel 1773 con la riforma universitaria del duca Francesco III d’Este, che per il nuovo Corso di Medicina fa costruire un Teatro anatomico stabile secondo i dettami dell’anatomico Antonio Scarpa. Di seguito diviene indispensabile la presenza di spazi ove sistemare i preparati anatomici, principale risorsa didattica e di ricerca per medici e studenti. Francesco IV da inizio ai lavori per erigere i locali museali, ultimati nel 1853 grazie a Francesco V. Il Museo contiene raccolte di grande valore scientifico-storico nelle originali vetrine ottocentesche delle sue 4 sale. I reperti sono ossa, preparati per essiccamento, mummificati, sotto formalina, gessi e riproduzioni in cera. La I sala accoglie preparati scheletrici, la II quelli osteo-artro-miologici, la III quelli relativi alla splancnologia, la IV preparati di neurologia, organi di senso ed embriologici. Tra i direttori succedutesi c’è il professor Paolo Gaddi (1840-1871) a cui si deve la prima Raccolta Antropologica in Italia. Iniziata nel 1844, è formata da una serie di crani e calchi di crani in gesso delle diverse etnie. Sono presenti esempi di crani di forme diverse (sferoidi, ovoidi, ellissoidi, platicefali), accanto a crani sezionati per evidenziare i parametri antropometrici utilizzati dagli antropologi ottocenteschi oltre ad una serie di crani frenologici. La collezione è integrata da 5 busti in cera di individui di sesso maschile riproducenti le fattezze di un caucasico, un giapponese, un mongolo, un etiopico ed un beduino (supporto dimostrativo ai concetti antropologici della Collezione). “Base dell’ordinamento necessariamente doveva essere una buona classificazione del genere umano…. che alla chiarezza e semplicità accoppiasse la precisione nell’assegnamento dei confini fra razza e razza, fra famiglia e famiglia ecc.” (Gaddi, 1870). Nel XIX secolo notevole rilievo hanno gli studi di craniometria e delle forme craniche per spiegare le differenze tra i gruppi umani. Il Gaddi nelle sue lezioni di antropologia (1869) asserisce che il cranio, per forma e per volume, è la parte più variabile in soggetti di “razze diverse”, da qui l’importanza dell’uso della craniometria e cefalometria per misurare e comparare cranio e cervello, “nobilissimo viscere”. Non trascura però “linguistica” e criteri fisiologici per supportare la presenza di peculiarità delle “razze umane” che si costituiscono e vivono in società perfezionabili con la civilizzazione. Infatti per molti antropologi italiani dell’epoca, la spiegazione dell’intricata questione della suddivisione gerarchica del genere umano nelle diverse “razze” passa obbligatoriamente dalla conoscenza non solo delle caratteristiche fisiche e somatiche, ma anche di costumi, regole sociali, credenze e linguaggi dei diversi gruppi. Di questi studi si avvalsero i sostenitori delle teorie razziste sviluppatesi in seguito, mentre oggi il concetto di “razze diverse” è stato sfatato definitivamente dai risultati delle ricerche sulla variabilità genetica umana.

La prima collezione antropologica italiana nel Museo di Anatomia Umana dell'ateneo modenese e l'idea di "razze umane" nell'ottocento / Maramaldo, Rita; Mola, Lucrezia. - STAMPA. - 0:(2008), pp. 19-19. (Intervento presentato al convegno Comunicare la Storia naturale dell'uomo, Evoluzione e Biodiversità dell'uomo tenutosi a Firenze nel 11-12 settembre 2008).

La prima collezione antropologica italiana nel Museo di Anatomia Umana dell'ateneo modenese e l'idea di "razze umane" nell'ottocento

MARAMALDO, Rita;MOLA, Lucrezia
2008

Abstract

La storia del Museo di Anatomia Umana di Modena inizia nel 1773 con la riforma universitaria del duca Francesco III d’Este, che per il nuovo Corso di Medicina fa costruire un Teatro anatomico stabile secondo i dettami dell’anatomico Antonio Scarpa. Di seguito diviene indispensabile la presenza di spazi ove sistemare i preparati anatomici, principale risorsa didattica e di ricerca per medici e studenti. Francesco IV da inizio ai lavori per erigere i locali museali, ultimati nel 1853 grazie a Francesco V. Il Museo contiene raccolte di grande valore scientifico-storico nelle originali vetrine ottocentesche delle sue 4 sale. I reperti sono ossa, preparati per essiccamento, mummificati, sotto formalina, gessi e riproduzioni in cera. La I sala accoglie preparati scheletrici, la II quelli osteo-artro-miologici, la III quelli relativi alla splancnologia, la IV preparati di neurologia, organi di senso ed embriologici. Tra i direttori succedutesi c’è il professor Paolo Gaddi (1840-1871) a cui si deve la prima Raccolta Antropologica in Italia. Iniziata nel 1844, è formata da una serie di crani e calchi di crani in gesso delle diverse etnie. Sono presenti esempi di crani di forme diverse (sferoidi, ovoidi, ellissoidi, platicefali), accanto a crani sezionati per evidenziare i parametri antropometrici utilizzati dagli antropologi ottocenteschi oltre ad una serie di crani frenologici. La collezione è integrata da 5 busti in cera di individui di sesso maschile riproducenti le fattezze di un caucasico, un giapponese, un mongolo, un etiopico ed un beduino (supporto dimostrativo ai concetti antropologici della Collezione). “Base dell’ordinamento necessariamente doveva essere una buona classificazione del genere umano…. che alla chiarezza e semplicità accoppiasse la precisione nell’assegnamento dei confini fra razza e razza, fra famiglia e famiglia ecc.” (Gaddi, 1870). Nel XIX secolo notevole rilievo hanno gli studi di craniometria e delle forme craniche per spiegare le differenze tra i gruppi umani. Il Gaddi nelle sue lezioni di antropologia (1869) asserisce che il cranio, per forma e per volume, è la parte più variabile in soggetti di “razze diverse”, da qui l’importanza dell’uso della craniometria e cefalometria per misurare e comparare cranio e cervello, “nobilissimo viscere”. Non trascura però “linguistica” e criteri fisiologici per supportare la presenza di peculiarità delle “razze umane” che si costituiscono e vivono in società perfezionabili con la civilizzazione. Infatti per molti antropologi italiani dell’epoca, la spiegazione dell’intricata questione della suddivisione gerarchica del genere umano nelle diverse “razze” passa obbligatoriamente dalla conoscenza non solo delle caratteristiche fisiche e somatiche, ma anche di costumi, regole sociali, credenze e linguaggi dei diversi gruppi. Di questi studi si avvalsero i sostenitori delle teorie razziste sviluppatesi in seguito, mentre oggi il concetto di “razze diverse” è stato sfatato definitivamente dai risultati delle ricerche sulla variabilità genetica umana.
2008
Comunicare la Storia naturale dell'uomo, Evoluzione e Biodiversità dell'uomo
Firenze
11-12 settembre 2008
Maramaldo, Rita; Mola, Lucrezia
La prima collezione antropologica italiana nel Museo di Anatomia Umana dell'ateneo modenese e l'idea di "razze umane" nell'ottocento / Maramaldo, Rita; Mola, Lucrezia. - STAMPA. - 0:(2008), pp. 19-19. (Intervento presentato al convegno Comunicare la Storia naturale dell'uomo, Evoluzione e Biodiversità dell'uomo tenutosi a Firenze nel 11-12 settembre 2008).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/709369
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