Scopo di questa nota preliminare è di aggiornare l’attribuzione biostratigrafica e fornire un’interpretazione paleoambientale alle caratteristiche facies dello “Spilecciano” nella località tipo. “Spilecciano” è un termine alquanto controverso per la stratigrafia del Paleogene veneto; fu proposto da Fabiani (1912), che lo considerava un piano equivalente all’Eocene inferiore (intendendo con questo l’intervallo compreso fra il tetto del Cretacico e la base dell’Eocene medio). Fu usato in letteratura fino alla fine degli anni ’60 (Bosellini et al., 1967; Barbieri & Medizza, 1969), dopo essere stato attribuito al Paleocene superiore da Schweighäuser (1953) e Cita & Bolli (1961). Su proposta di questi ultimi autori lo “Spilecciano” fu abbandonato per la frammentarietà degli affioramenti, la potenza estremamente ridotta, la scarsa estensione areale, la peculiarità delle faune e la sostanziale non rappresentatività dell’intervallo di tempo indicato da Fabiani (1912). Lo “Spilecciano” nella località tipo è rappresentato da alcuni piccoli affioramenti (noti in letteratura fin dalla seconda metà dell’ottocento), discontinui ed isolati dalla vegetazione, intorno alla località di Spilecco (toponimo quasi mai indicato nella cartografia ufficiale), a meno di mezzo km a NW di Bolca, nei Lessini veronesi. Si tratta di caratteristici calcari marnosi tufacei rossastri con una ricca fauna a macroforaminiferi, articoli di crinoidi e denti di selaci, intercalati a calcilutiti grigio verdastre a foraminiferi planctonici con sottili livelli a macroforaminiferi e diffusa presenza di glauconite in entrambe le litologie. Dopo un rilievo di tutta l’area intorno al colle di Spilecco, è stata campionata in dettaglio quella che si ritiene essere, attualmente, la più completa e meglio esposta sezione stratigrafica dell’area. Ciò ha permesso di stabilire che i calcari marnosi rossastri rappresentano veri e propri slump risedimentati all’interno di un bacino dove si depositavano le calcilutiti grigio verdastre a foraminiferi planctonici. Le principali evidenze sono rappresentate da ripiegamento degli strati, discordanza angolare con le calcilutiti sottostanti, rapida chiusura laterale degli strati, ecc. Inoltre le calcilutiti sotto e sopra gli slump sono interessate da episodi minori di risedimentazione costituiti da sottili livelli a macroforaminiferi isorientati. La fauna a macroforaminiferi identificata comprende Nummulites bolcensis Oppenheim, N. spileccensis Oppenheim, N. oppenheimi (Rozlozsnik), N. pernotus Schaub, Assilina custugensis (Massieux), Discocyclina tenuis Douvillé, Orbitoclypeus multiplicatus (Gümbel), O. munieri (Schlumberger), O. schopeni (Checchia-Rispoli), Asterocyclina taramellii (Munier-Chalmas).Tra le forme riconosciute, N. bolcensis e N. spileccensis sono specie endemiche, raramente rinvenute al di fuori della località tipo, mentre Asterocyclina taramellii è la più antica specie di questo genere conosciuta nella Tetide europea (Less, 1987). Nonostante l’evidente risedimentazione, l’associazione Nummulites-Discocyclina-Orbitoclypeus-Asterocyclina sembra compatibile con una provenienza di tutti i macroforaminiferi dalla parte più esterna di una piattaforma carbonatica, di cui attualmente non restano altre tracce.L’associazione permette di individuare un’età riferibile alla biozona SB 7 di Serra-Kiel et al. (1998), ovvero all’Ilerdiano medio 1, corrispondente alla base dell’Eocene inferiore. L’età è anche in ottimo accordo con i dati del nannoplancton calcareo (NP 10) e dei foraminiferi planctonici (P5) riportati da Barbieri & Medizza (1969).Si ritiene che tutti questi risedimenti di provenienza neritica rappresentino le uniche testimonianze delle prime piattaforme carbonatiche del Lessini Shelf (la piattaforma carbonatica terziaria del Veneto e del Trentino; Bosellini, 1989), successivamente smantellate dall’erosione e conservate unicamente come risedimenti all’interno del bacino. Si ritiene inoltre che le calcilutiti grigio verdastre a foraminiferi planctonici possano essere ascritte alla Scaglia cinerea nel senso di Trevisani (1994), ossia depositi di peripiattaforma che bordavano queste prime piattaforme. Esiste una sostanziale coincidenza fra l’età di questi risedimenti neritici e il secondo periodo di attività vulcanica terziaria dell’area veneto-trentina (Barbieri et al., 1982; Barbieri et al., 1991), quindi si ritiene verosimile che i materiali vulcanici abbiano funzionato come punti d’innesco di queste proto-piattaforme successivamente erose. BibliografiaBosellini A. (1989): S.E.P.M. Spec. Publ.,  44, 3-13. Bosellini A., Carraro F., Corsi M., De Vecchi G. P., Gatto G. O., Malaroda R., Sturani C., Ungaro S. & Zanettin B. (1967) - Note illustrative della Carta Geologica d'Italia, Foglio n. 49 "Verona", sc. 1:100.000. Serv. Geol. Ital. Barbieri G. & Medizza F. (1969): Mem. Ist. Geol. Min. Univ. Padova, 27, 1-36.Barbieri G., De Zanche V., Medizza F. & Sedea R. (1982): Rend. Soc. Geol. It., 4 (1981), 267-270.Barbieri G., De Zanche V. & Sedea R. (1991): Rend. Soc. Geol. It., 14, 5-12. Cita M, B. & Bolli H. M. (1961): Riv. Ital. Paleont., 67, 369-392. Fabiani R. (1912): Atti Acc. Ven. Trent. Istr., 5, 94-125. Less Gy. (1987): Geol. Hungarica, (Palaeont.), 51, 1-373.Schweighäuser J. (1953): Schweiz. Paläont. Abh., 70, 1-97. Serra-Kiel J., Hottinger L., Caus E., Drobne K., Ferrández C., Jauhri A.K., Less Gy., Pavlovec R., Pignatti J.S., Samsó J.M., Schaub H., Sirel E., Strougo A., Tambareau Y., Tosquella J. & Zakrevskaya, E (1998): Bull. Soc. géol. Fr., 169 (2), 281-299.Trevisani E. (1994): Mem. Sci. geol., 46, 1-15.

Le piú antiche piattaforme carbonatiche del Lessini Shelf: biostratigrafia e paleoambiente dello “Spilecciano” di Spilecco (M. Lessini, Provincia di Verona) / Trevisani, E.; Papazzoni, Cesare Andrea. - STAMPA. - -:(2003), pp. 309-311. (Intervento presentato al convegno 4° Forum Italiano di Scienze della Terra tenutosi a Bellaria (RN) nel 16-18/09/2003).

Le piú antiche piattaforme carbonatiche del Lessini Shelf: biostratigrafia e paleoambiente dello “Spilecciano” di Spilecco (M. Lessini, Provincia di Verona)

PAPAZZONI, Cesare Andrea
2003

Abstract

Scopo di questa nota preliminare è di aggiornare l’attribuzione biostratigrafica e fornire un’interpretazione paleoambientale alle caratteristiche facies dello “Spilecciano” nella località tipo. “Spilecciano” è un termine alquanto controverso per la stratigrafia del Paleogene veneto; fu proposto da Fabiani (1912), che lo considerava un piano equivalente all’Eocene inferiore (intendendo con questo l’intervallo compreso fra il tetto del Cretacico e la base dell’Eocene medio). Fu usato in letteratura fino alla fine degli anni ’60 (Bosellini et al., 1967; Barbieri & Medizza, 1969), dopo essere stato attribuito al Paleocene superiore da Schweighäuser (1953) e Cita & Bolli (1961). Su proposta di questi ultimi autori lo “Spilecciano” fu abbandonato per la frammentarietà degli affioramenti, la potenza estremamente ridotta, la scarsa estensione areale, la peculiarità delle faune e la sostanziale non rappresentatività dell’intervallo di tempo indicato da Fabiani (1912). Lo “Spilecciano” nella località tipo è rappresentato da alcuni piccoli affioramenti (noti in letteratura fin dalla seconda metà dell’ottocento), discontinui ed isolati dalla vegetazione, intorno alla località di Spilecco (toponimo quasi mai indicato nella cartografia ufficiale), a meno di mezzo km a NW di Bolca, nei Lessini veronesi. Si tratta di caratteristici calcari marnosi tufacei rossastri con una ricca fauna a macroforaminiferi, articoli di crinoidi e denti di selaci, intercalati a calcilutiti grigio verdastre a foraminiferi planctonici con sottili livelli a macroforaminiferi e diffusa presenza di glauconite in entrambe le litologie. Dopo un rilievo di tutta l’area intorno al colle di Spilecco, è stata campionata in dettaglio quella che si ritiene essere, attualmente, la più completa e meglio esposta sezione stratigrafica dell’area. Ciò ha permesso di stabilire che i calcari marnosi rossastri rappresentano veri e propri slump risedimentati all’interno di un bacino dove si depositavano le calcilutiti grigio verdastre a foraminiferi planctonici. Le principali evidenze sono rappresentate da ripiegamento degli strati, discordanza angolare con le calcilutiti sottostanti, rapida chiusura laterale degli strati, ecc. Inoltre le calcilutiti sotto e sopra gli slump sono interessate da episodi minori di risedimentazione costituiti da sottili livelli a macroforaminiferi isorientati. La fauna a macroforaminiferi identificata comprende Nummulites bolcensis Oppenheim, N. spileccensis Oppenheim, N. oppenheimi (Rozlozsnik), N. pernotus Schaub, Assilina custugensis (Massieux), Discocyclina tenuis Douvillé, Orbitoclypeus multiplicatus (Gümbel), O. munieri (Schlumberger), O. schopeni (Checchia-Rispoli), Asterocyclina taramellii (Munier-Chalmas).Tra le forme riconosciute, N. bolcensis e N. spileccensis sono specie endemiche, raramente rinvenute al di fuori della località tipo, mentre Asterocyclina taramellii è la più antica specie di questo genere conosciuta nella Tetide europea (Less, 1987). Nonostante l’evidente risedimentazione, l’associazione Nummulites-Discocyclina-Orbitoclypeus-Asterocyclina sembra compatibile con una provenienza di tutti i macroforaminiferi dalla parte più esterna di una piattaforma carbonatica, di cui attualmente non restano altre tracce.L’associazione permette di individuare un’età riferibile alla biozona SB 7 di Serra-Kiel et al. (1998), ovvero all’Ilerdiano medio 1, corrispondente alla base dell’Eocene inferiore. L’età è anche in ottimo accordo con i dati del nannoplancton calcareo (NP 10) e dei foraminiferi planctonici (P5) riportati da Barbieri & Medizza (1969).Si ritiene che tutti questi risedimenti di provenienza neritica rappresentino le uniche testimonianze delle prime piattaforme carbonatiche del Lessini Shelf (la piattaforma carbonatica terziaria del Veneto e del Trentino; Bosellini, 1989), successivamente smantellate dall’erosione e conservate unicamente come risedimenti all’interno del bacino. Si ritiene inoltre che le calcilutiti grigio verdastre a foraminiferi planctonici possano essere ascritte alla Scaglia cinerea nel senso di Trevisani (1994), ossia depositi di peripiattaforma che bordavano queste prime piattaforme. Esiste una sostanziale coincidenza fra l’età di questi risedimenti neritici e il secondo periodo di attività vulcanica terziaria dell’area veneto-trentina (Barbieri et al., 1982; Barbieri et al., 1991), quindi si ritiene verosimile che i materiali vulcanici abbiano funzionato come punti d’innesco di queste proto-piattaforme successivamente erose. BibliografiaBosellini A. (1989): S.E.P.M. Spec. Publ.,  44, 3-13. Bosellini A., Carraro F., Corsi M., De Vecchi G. P., Gatto G. O., Malaroda R., Sturani C., Ungaro S. & Zanettin B. (1967) - Note illustrative della Carta Geologica d'Italia, Foglio n. 49 "Verona", sc. 1:100.000. Serv. Geol. Ital. Barbieri G. & Medizza F. (1969): Mem. Ist. Geol. Min. Univ. Padova, 27, 1-36.Barbieri G., De Zanche V., Medizza F. & Sedea R. (1982): Rend. Soc. Geol. It., 4 (1981), 267-270.Barbieri G., De Zanche V. & Sedea R. (1991): Rend. Soc. Geol. It., 14, 5-12. Cita M, B. & Bolli H. M. (1961): Riv. Ital. Paleont., 67, 369-392. Fabiani R. (1912): Atti Acc. Ven. Trent. Istr., 5, 94-125. Less Gy. (1987): Geol. Hungarica, (Palaeont.), 51, 1-373.Schweighäuser J. (1953): Schweiz. Paläont. Abh., 70, 1-97. Serra-Kiel J., Hottinger L., Caus E., Drobne K., Ferrández C., Jauhri A.K., Less Gy., Pavlovec R., Pignatti J.S., Samsó J.M., Schaub H., Sirel E., Strougo A., Tambareau Y., Tosquella J. & Zakrevskaya, E (1998): Bull. Soc. géol. Fr., 169 (2), 281-299.Trevisani E. (1994): Mem. Sci. geol., 46, 1-15.
2003
4° Forum Italiano di Scienze della Terra
Bellaria (RN)
16-18/09/2003
Trevisani, E.; Papazzoni, Cesare Andrea
Le piú antiche piattaforme carbonatiche del Lessini Shelf: biostratigrafia e paleoambiente dello “Spilecciano” di Spilecco (M. Lessini, Provincia di Verona) / Trevisani, E.; Papazzoni, Cesare Andrea. - STAMPA. - -:(2003), pp. 309-311. (Intervento presentato al convegno 4° Forum Italiano di Scienze della Terra tenutosi a Bellaria (RN) nel 16-18/09/2003).
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