L’opera prende l’avvio dall’esame dei sistemi di tutela giurisdizionale adottati nel passato in materia tributaria, anche alla luce delle più significative ricostruzioni dottrinali (con particolare riferimento al pensiero di Enrico Allorio e di Enzo Capaccioli), segnalando il processo di “giurisdizionalizzazione” delle commissioni tributarie e l’impatto della riforma del 1936/1937, per poi soffermarsi sulle successive riforme del 1972 e del 1992, a seguito delle quali il processo tributario è venuto ad assumere la sua attuale fisionomia. Specifica attenzione è riservata alle ricadute operative della legge n. 448 del 2001, che ha unificato la giurisdizione tributaria avanti alle commissioni. Vengono quindi analizzati gli atti impugnabili in giudizio, riconoscendone la natura provvedimentale e l’efficacia costitutiva: il processo avanti alle commissioni risulta concepito come giudizio di annullamento di atti autoritativi. Il problema della difesa del contribuente è affrontato anche in riferimento ai possibili vizi dell’atto di accertamento con adesione ed alla reiterazione dell’attività impositiva, conseguente al riesame od all’integrazione dell’accertamento originariamente notificato. In linea con la ritenuta natura costitutiva del giudizio, si escludono poteri di riforma in capo al giudice tributario, e si riconduce al modello impugnatorio così delineato anche il problema della sindacabilità degli atti espressivi di “discrezionalità tecnica”.Il lavoro si sofferma poi sulle forme della giurisdizione tributaria diverse dall’accertamento costitutivo. Oltre che sul giudizio di ottemperanza e sul procedimento conciliativo regolato dall’art. 48 D.Lgs. n. 546, l’analisi viene incentrata su due aspetti di particolare attualità: il problema della tutela cautelare in grado d’appello (ammessa in virtù di un’applicazione estensiva dell’art. 47 D.Lgs. n. 546) ed i riflessi processuali del mancato esercizio del potere di autotutela da parte degli uffici finanziari (negando al contribuente il diritto all’annullamento dell’eventuale provvedimento di diniego dell’autotutela). Segue lo studio dei poteri delle parti nel giudizio di primo grado. La domanda di impugnazione è scomposta nei suoi elementi costitutivi (petitum e causa petendi): per un verso, si esaminano quindi la richiesta di annullamento parziale dell’avviso di accertamento (intendendosi per tale anche la domanda di annullamento basata su eventuali errori commessi dal contribuente in sede di dichiarazione), le possibili domande eccedenti i limiti dell’atto e le forme di tutela riconosciute a soggetti coinvolti in procedimenti impositivi promossi nei confronti di altri contribuenti (soci di società personali, coniugi co-dichiaranti, acquirenti di beni gravati da privilegio erariale); per altro verso, si analizzano la figura del vizio-motivo ed il concetto di vizio “proprio” dell’atto impugnato, anche con riguardo all’iscrizione a ruolo delle imposte dichiarate e non versate. Attenzione è dedicata anche alle questioni preliminari e pregiudiziali, oltre che alle fattispecie di litispendenza, continenza e connessione di cause. Quanto alla parte resistente, l’analisi viene focalizzata sul potere di “prendere posizione” in merito alle domande formulate dal contribuente, e su quello di proporre eccezioni, nei limiti desumibili dal sistema e dal dettato normativo. E’ però escluso il potere di proporre domande riconvenzionali, incompatibili con la struttura impugnatoria del giudizio.Lo studio dei poteri istruttori delle parti (e del giudice) muove dal riconoscimento del riaffermato carattere dispositivo del processo tributario: vengono pertanto sottolineati i limiti posti all’esercizio officioso dell’istruttoria, oltre al ruolo partecipativo che spetta al giudice nella realizzazione del contraddittorio, anche alla luce del novellato art. 111 Cost. Nell’esame dei singoli poteri riconosciuti alle parti -e senza trascurare il problema, oggi assai avvertito nella prassi operativa, del divieto della prova testimoniale- specifica attenzione è dedicata al disconoscimento della scrittura privata ed all’efficacia delle prove atipiche e di quelle illecitamente acquisite al giudizio. Si affronta anche il tema della valutazione delle risultanze istruttorie, alla luce del divieto delle decisioni a sorpresa e del principio dell’onere della prova. Il lavoro si conclude con l’esame dei poteri delle parti nelle fasi di impugnazione, considerando prima le regole e gli istituti generali vigenti in materia (condizioni dell’azione; disciplina del litisconsorzio in sede di gravame; concetto di capo di sentenza impugnabile; effetto espansivo della riforma e della cassazione), per poi analizzare più da vicino i singoli mezzi di impugnazione. L’appello è concepito come novum iudicium, e l’effetto devolutivo del gravame è riconosciuto non solo nell’ambito del capo di pronuncia impugnato, ma anche in caso di soccombenza relativa a capi di pronuncia diversi, se connessi al primo (effetto devolutivo esterno); si considerano altresì il divieto dei nova e le ipotesi di ampliamento dell’oggetto del processo in sede di gravame. Per quanto riguarda il giudizio di cassazione, vengono sottolineati due aspetti di particolare rilievo in materia tributaria: l’avvenuta “istituzionalizzazione” del giudizio stesso, anche a seguito dell’istituzione della Sezione tributaria della Corte, ed il problema (avvertito soprattutto nel recente passato) dell’individuazione del soggetto pubblico da considerare parte in causa, ed al quale notificare il ricorso.Il giudizio di revocazione è studiato nei suoi aspetti generali e nel suo rapporto con gli altri mezzi di impugnazione. Viene ammessa la rivocatio rivocationis, e sono esaminati -oltre alla disciplina del procedimento ed ai vari poteri spettanti alle parti- il contenuto e gli effetti della pronuncia resa all’esito del giudizio.
I poteri delle parti nel processo tributario / Turchi, Alessandro. - STAMPA. - (2003), pp. 1-562.
I poteri delle parti nel processo tributario
TURCHI, Alessandro
2003
Abstract
L’opera prende l’avvio dall’esame dei sistemi di tutela giurisdizionale adottati nel passato in materia tributaria, anche alla luce delle più significative ricostruzioni dottrinali (con particolare riferimento al pensiero di Enrico Allorio e di Enzo Capaccioli), segnalando il processo di “giurisdizionalizzazione” delle commissioni tributarie e l’impatto della riforma del 1936/1937, per poi soffermarsi sulle successive riforme del 1972 e del 1992, a seguito delle quali il processo tributario è venuto ad assumere la sua attuale fisionomia. Specifica attenzione è riservata alle ricadute operative della legge n. 448 del 2001, che ha unificato la giurisdizione tributaria avanti alle commissioni. Vengono quindi analizzati gli atti impugnabili in giudizio, riconoscendone la natura provvedimentale e l’efficacia costitutiva: il processo avanti alle commissioni risulta concepito come giudizio di annullamento di atti autoritativi. Il problema della difesa del contribuente è affrontato anche in riferimento ai possibili vizi dell’atto di accertamento con adesione ed alla reiterazione dell’attività impositiva, conseguente al riesame od all’integrazione dell’accertamento originariamente notificato. In linea con la ritenuta natura costitutiva del giudizio, si escludono poteri di riforma in capo al giudice tributario, e si riconduce al modello impugnatorio così delineato anche il problema della sindacabilità degli atti espressivi di “discrezionalità tecnica”.Il lavoro si sofferma poi sulle forme della giurisdizione tributaria diverse dall’accertamento costitutivo. Oltre che sul giudizio di ottemperanza e sul procedimento conciliativo regolato dall’art. 48 D.Lgs. n. 546, l’analisi viene incentrata su due aspetti di particolare attualità: il problema della tutela cautelare in grado d’appello (ammessa in virtù di un’applicazione estensiva dell’art. 47 D.Lgs. n. 546) ed i riflessi processuali del mancato esercizio del potere di autotutela da parte degli uffici finanziari (negando al contribuente il diritto all’annullamento dell’eventuale provvedimento di diniego dell’autotutela). Segue lo studio dei poteri delle parti nel giudizio di primo grado. La domanda di impugnazione è scomposta nei suoi elementi costitutivi (petitum e causa petendi): per un verso, si esaminano quindi la richiesta di annullamento parziale dell’avviso di accertamento (intendendosi per tale anche la domanda di annullamento basata su eventuali errori commessi dal contribuente in sede di dichiarazione), le possibili domande eccedenti i limiti dell’atto e le forme di tutela riconosciute a soggetti coinvolti in procedimenti impositivi promossi nei confronti di altri contribuenti (soci di società personali, coniugi co-dichiaranti, acquirenti di beni gravati da privilegio erariale); per altro verso, si analizzano la figura del vizio-motivo ed il concetto di vizio “proprio” dell’atto impugnato, anche con riguardo all’iscrizione a ruolo delle imposte dichiarate e non versate. Attenzione è dedicata anche alle questioni preliminari e pregiudiziali, oltre che alle fattispecie di litispendenza, continenza e connessione di cause. Quanto alla parte resistente, l’analisi viene focalizzata sul potere di “prendere posizione” in merito alle domande formulate dal contribuente, e su quello di proporre eccezioni, nei limiti desumibili dal sistema e dal dettato normativo. E’ però escluso il potere di proporre domande riconvenzionali, incompatibili con la struttura impugnatoria del giudizio.Lo studio dei poteri istruttori delle parti (e del giudice) muove dal riconoscimento del riaffermato carattere dispositivo del processo tributario: vengono pertanto sottolineati i limiti posti all’esercizio officioso dell’istruttoria, oltre al ruolo partecipativo che spetta al giudice nella realizzazione del contraddittorio, anche alla luce del novellato art. 111 Cost. Nell’esame dei singoli poteri riconosciuti alle parti -e senza trascurare il problema, oggi assai avvertito nella prassi operativa, del divieto della prova testimoniale- specifica attenzione è dedicata al disconoscimento della scrittura privata ed all’efficacia delle prove atipiche e di quelle illecitamente acquisite al giudizio. Si affronta anche il tema della valutazione delle risultanze istruttorie, alla luce del divieto delle decisioni a sorpresa e del principio dell’onere della prova. Il lavoro si conclude con l’esame dei poteri delle parti nelle fasi di impugnazione, considerando prima le regole e gli istituti generali vigenti in materia (condizioni dell’azione; disciplina del litisconsorzio in sede di gravame; concetto di capo di sentenza impugnabile; effetto espansivo della riforma e della cassazione), per poi analizzare più da vicino i singoli mezzi di impugnazione. L’appello è concepito come novum iudicium, e l’effetto devolutivo del gravame è riconosciuto non solo nell’ambito del capo di pronuncia impugnato, ma anche in caso di soccombenza relativa a capi di pronuncia diversi, se connessi al primo (effetto devolutivo esterno); si considerano altresì il divieto dei nova e le ipotesi di ampliamento dell’oggetto del processo in sede di gravame. Per quanto riguarda il giudizio di cassazione, vengono sottolineati due aspetti di particolare rilievo in materia tributaria: l’avvenuta “istituzionalizzazione” del giudizio stesso, anche a seguito dell’istituzione della Sezione tributaria della Corte, ed il problema (avvertito soprattutto nel recente passato) dell’individuazione del soggetto pubblico da considerare parte in causa, ed al quale notificare il ricorso.Il giudizio di revocazione è studiato nei suoi aspetti generali e nel suo rapporto con gli altri mezzi di impugnazione. 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