Durante e al termine del primo conflitto mondiale tutte le nazioni coinvolte si trovarono ad affrontare la questione del reinserimento sociale dei reduci. Fra questi numerosi erano coloro che avevano riportato menomazioni di tipo psicofisico più o meno gravi: tanti «corpi disarmati» da recuperare a una condizione di nuova ‹normalità› poiché vittime di varie mutilazioni o differenti scompensi funzionali. Un problema di dimensioni enormi che confidava per la sua risoluzione sulla ricerca medico-scientifica, sul coinvolgimento attivo di ampi settori della società civile e sull’iniziativa politico-istituzionale. Le risposte furono così affidate alla progettazione di protesi sempre più complesse, all’organizzazione di speciali corsi professionali riabilitativi e, non ultimo, alla costruzione di un’immagine pubblica del mutilato come personificazione dell’abnegazione e dell’eroismo combattenti. Non tutti però poterono beneficiare di questa opportunità: vi furono i reietti, persone segnate permanentemente dall’esperienza bellica e pertanto sospinte ai margini della società, segregate nella solitudine. È il caso, ad esempio, di coloro ‹deturpati› da orrende ferite al volto o dalla perdita dell’equilibrio mentale o di importanti facoltà quali la vista, l’udito, la parola. Riarmati, rieducati, reinseriti, rifiutati: sono queste le quattro sezioni lungo le quali si articola il percorso intitolato La meccanica della normalità che per mezzo di fotografie, filmati e oggetti si collega e prosegue, non solo idealmente, la precedente esposizione sul tema Sopravvivere alla guerra soffermandosi in particolare sugli anni 1916-1925.

Corpi disarmati: la meccanica della modernità / Dissegna, M; Taiani, R. - (2016).

Corpi disarmati: la meccanica della modernità

Dissegna M;
2016

Abstract

Durante e al termine del primo conflitto mondiale tutte le nazioni coinvolte si trovarono ad affrontare la questione del reinserimento sociale dei reduci. Fra questi numerosi erano coloro che avevano riportato menomazioni di tipo psicofisico più o meno gravi: tanti «corpi disarmati» da recuperare a una condizione di nuova ‹normalità› poiché vittime di varie mutilazioni o differenti scompensi funzionali. Un problema di dimensioni enormi che confidava per la sua risoluzione sulla ricerca medico-scientifica, sul coinvolgimento attivo di ampi settori della società civile e sull’iniziativa politico-istituzionale. Le risposte furono così affidate alla progettazione di protesi sempre più complesse, all’organizzazione di speciali corsi professionali riabilitativi e, non ultimo, alla costruzione di un’immagine pubblica del mutilato come personificazione dell’abnegazione e dell’eroismo combattenti. Non tutti però poterono beneficiare di questa opportunità: vi furono i reietti, persone segnate permanentemente dall’esperienza bellica e pertanto sospinte ai margini della società, segregate nella solitudine. È il caso, ad esempio, di coloro ‹deturpati› da orrende ferite al volto o dalla perdita dell’equilibrio mentale o di importanti facoltà quali la vista, l’udito, la parola. Riarmati, rieducati, reinseriti, rifiutati: sono queste le quattro sezioni lungo le quali si articola il percorso intitolato La meccanica della normalità che per mezzo di fotografie, filmati e oggetti si collega e prosegue, non solo idealmente, la precedente esposizione sul tema Sopravvivere alla guerra soffermandosi in particolare sugli anni 1916-1925.
2016
Dissegna, M; Taiani, R
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/1378638
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