Esporsi. Mostre in Italia negli anni Settanta Esporre: raccontare, convincere, promuovere, educare. Uno degli strumenti che nell’ambito del “progetto moderno” viene sviluppato come strumento di conoscenza e come uno dei luoghi pubblici per eccellenza è l’esposizione. Questa è una delle chiavi di lettura delle grandi mostre universali, d’arti e di industria del XIX secolo, luogo della rappresentazione attraverso l’enumerazione o la metafora, che nel corso dei primi decenni del Novecento diventano uno degli strumenti della propaganda e uno dei fenomeni da analizzare per comprendere la nascita della cultura di massa. Esporsi: mettersi in gioco provocando, negando, radicalizzando gli assunti della cultura ufficiale o della accademia; raccontarsi esplicitando un progetto culturale, oppure un’ipotesi critica, confrontandosi con un contesto esteso per individuare strumenti d’analisi e d’intervento, promuovendosi rispetto ad una molteplicità di interessi e di identità culturali. La forma riflessiva di un verbo che indica le modalità di narrazione e rappresentazione verbale e visiva, sembra essere appropriata per definire la cultura artistica dei decenni Sessanta e Settanta del Novecento caratterizzati dalla ridefinizione delle geografie culturali, dalla crisi della Modernità, dalla messa in discussione di istituzioni consolidate, dalla riflessione sui linguaggi, dalla ricerca di forme di dialogo e di comunicazione. In questo processo anche una “istituzione” come la mostra è soggetta a ridefinizioni o trasformazioni non solo per un sempre più esteso ricorso ad un tale strumento, ma anche per il riconoscimento della necessità di un corpus di regole e di ruoli differenziati e di metodologie progettuali specifiche a seconda delle tipologie espositive – mostre storiche, tematiche, monografiche, artistiche, merceologiche – che trova espressione in una sorta di proliferazione di manuali dedicati alle tecniche di progettazione. Per tentare di comprendere un sistema complesso in cui la definizione di uno statuto disciplinare si coniuga con apporti individuali, si è deciso di circoscrivere il campo d’indagine ad alcune istituzioni culturali italiane di lunga tradizione nell’ambito dell’attività espositiva – Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma – e in qualche modo autonome rispetto alla realtà del Museo. L’attività di questi tre enti ha innegabilmente contribuito alla promozione della ricerca artistica e al dibattito critico italiano, imponendo un confronto con il contesto internazionale e caratterizzando le geografie culturali nazionali. Inoltre, proprio per la natura di tali istituzioni, la ricerca e la definizione dei differenti ruoli e attività che portano alla configurazione dello spazio espositivo sono atti costitutivi e quindi imprescindibili, tra sperimentazione e codificazione. Una delle sollecitazioni raccolte è l’ipotesi critica di Glicenstein (L’art: une histoire d’expositions, Paris 2009) il quale, partendo da alcuni assunti del dibattito più recente, parla dell’esposizione come fenomeno peculiare della contemporaneità, sostiene la necessità di decomporlo per analizzarne le singole unità e quindi propone il processo dello scavo archeologico come metodo d’indagine dell’esposizione come testo di cui si deve cercare di considerare «qui parle (y compris le visiteur lors de la visite), d’où l’on parle (en relation à quoi ou à qui), quelle este la nature de l’énoncé, comment il se situe par rapport à d’autres énoncés, etc.» . Nel nostro percorso rispetto agli elementi del testo espositivo – il promotore, il critico, il progettista, l’autore degli “oggetti” messi in mostra, il pubblico – saranno privilegiate alcune componenti: innanzitutto l’istituzione di cui nel decennio preso in considerazione si sancisce la centralità, proprio nel momento in cui se ne contesta la natura e l’operato. Le mostre quindi sono analizzate attraverso l’archivio istituzionale, che restituisce una storia parziale, ma imprescindibile. L’altra componente privilegiata di questa storia è il progetto e quindi l’architetto: la ricerca è nata dall’interrogativo di quale sia il ruolo del progetto e in che misura possa essere considerato un atto di riflessione critica. Anche in questo caso l’indagine è basata su una ricognizione all’interno degli archivi istituzionali e personali dei materiali prodotti nella fase progettuale, tentando di ricomporre i momenti di confronto tra il “configuratore degli spazi” e l’ideatore del programma espositivo. Il ruolo della critica e dell’autore – o più precisamente dell’artista attraverso la sua opera – è quello dell’antagonista che permette di fare emergere i caratteri dei protagonisti. Mentre un campo tutto da verificare è quello dello spettatore.

Esporsi. Architetti, artisti e critici a confronto in Italia negli anni Settanta / Zanella, Francesca. - (2012).

Esporsi. Architetti, artisti e critici a confronto in Italia negli anni Settanta

ZANELLA, Francesca
2012

Abstract

Esporsi. Mostre in Italia negli anni Settanta Esporre: raccontare, convincere, promuovere, educare. Uno degli strumenti che nell’ambito del “progetto moderno” viene sviluppato come strumento di conoscenza e come uno dei luoghi pubblici per eccellenza è l’esposizione. Questa è una delle chiavi di lettura delle grandi mostre universali, d’arti e di industria del XIX secolo, luogo della rappresentazione attraverso l’enumerazione o la metafora, che nel corso dei primi decenni del Novecento diventano uno degli strumenti della propaganda e uno dei fenomeni da analizzare per comprendere la nascita della cultura di massa. Esporsi: mettersi in gioco provocando, negando, radicalizzando gli assunti della cultura ufficiale o della accademia; raccontarsi esplicitando un progetto culturale, oppure un’ipotesi critica, confrontandosi con un contesto esteso per individuare strumenti d’analisi e d’intervento, promuovendosi rispetto ad una molteplicità di interessi e di identità culturali. La forma riflessiva di un verbo che indica le modalità di narrazione e rappresentazione verbale e visiva, sembra essere appropriata per definire la cultura artistica dei decenni Sessanta e Settanta del Novecento caratterizzati dalla ridefinizione delle geografie culturali, dalla crisi della Modernità, dalla messa in discussione di istituzioni consolidate, dalla riflessione sui linguaggi, dalla ricerca di forme di dialogo e di comunicazione. In questo processo anche una “istituzione” come la mostra è soggetta a ridefinizioni o trasformazioni non solo per un sempre più esteso ricorso ad un tale strumento, ma anche per il riconoscimento della necessità di un corpus di regole e di ruoli differenziati e di metodologie progettuali specifiche a seconda delle tipologie espositive – mostre storiche, tematiche, monografiche, artistiche, merceologiche – che trova espressione in una sorta di proliferazione di manuali dedicati alle tecniche di progettazione. Per tentare di comprendere un sistema complesso in cui la definizione di uno statuto disciplinare si coniuga con apporti individuali, si è deciso di circoscrivere il campo d’indagine ad alcune istituzioni culturali italiane di lunga tradizione nell’ambito dell’attività espositiva – Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma – e in qualche modo autonome rispetto alla realtà del Museo. L’attività di questi tre enti ha innegabilmente contribuito alla promozione della ricerca artistica e al dibattito critico italiano, imponendo un confronto con il contesto internazionale e caratterizzando le geografie culturali nazionali. Inoltre, proprio per la natura di tali istituzioni, la ricerca e la definizione dei differenti ruoli e attività che portano alla configurazione dello spazio espositivo sono atti costitutivi e quindi imprescindibili, tra sperimentazione e codificazione. Una delle sollecitazioni raccolte è l’ipotesi critica di Glicenstein (L’art: une histoire d’expositions, Paris 2009) il quale, partendo da alcuni assunti del dibattito più recente, parla dell’esposizione come fenomeno peculiare della contemporaneità, sostiene la necessità di decomporlo per analizzarne le singole unità e quindi propone il processo dello scavo archeologico come metodo d’indagine dell’esposizione come testo di cui si deve cercare di considerare «qui parle (y compris le visiteur lors de la visite), d’où l’on parle (en relation à quoi ou à qui), quelle este la nature de l’énoncé, comment il se situe par rapport à d’autres énoncés, etc.» . Nel nostro percorso rispetto agli elementi del testo espositivo – il promotore, il critico, il progettista, l’autore degli “oggetti” messi in mostra, il pubblico – saranno privilegiate alcune componenti: innanzitutto l’istituzione di cui nel decennio preso in considerazione si sancisce la centralità, proprio nel momento in cui se ne contesta la natura e l’operato. Le mostre quindi sono analizzate attraverso l’archivio istituzionale, che restituisce una storia parziale, ma imprescindibile. L’altra componente privilegiata di questa storia è il progetto e quindi l’architetto: la ricerca è nata dall’interrogativo di quale sia il ruolo del progetto e in che misura possa essere considerato un atto di riflessione critica. Anche in questo caso l’indagine è basata su una ricognizione all’interno degli archivi istituzionali e personali dei materiali prodotti nella fase progettuale, tentando di ricomporre i momenti di confronto tra il “configuratore degli spazi” e l’ideatore del programma espositivo. Il ruolo della critica e dell’autore – o più precisamente dell’artista attraverso la sua opera – è quello dell’antagonista che permette di fare emergere i caratteri dei protagonisti. Mentre un campo tutto da verificare è quello dello spettatore.
2012
9788896162576
scripta edizioni
ITALIA
Esporsi. Architetti, artisti e critici a confronto in Italia negli anni Settanta / Zanella, Francesca. - (2012).
Zanella, Francesca
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/1223918
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