Le migrazioni sono legate alle grandi trasformazioni nell’economia mondiale e nei rapporti internazionali, che spingono numerose persone ad assecondare la prospettiva di migliori condizioni di vita, spostandosi nei Paesi più ricchi. Solo riferendosi ad un’ampia accezione del fenomeno, che non escluda alcun profilo rilevante, se ne possono ricostruire in modo adeguato le caratteristiche, valutando appieno le conseguenze che maturano nei Paesi che, come il nostro, sono la meta dei flussi migratori Questo comporta la necessità di superare i pregiudizi ed una certa ritrosia ad affrontarne l'impatto e le dinamiche, assieme ai dilemmi impliciti nel "governare col consenso" i nuovi processi sociali, nell'"aggiornare le regole" e nel fare fronte a significative e spesso difficili trasformazioni nella società e nelle relazioni. Valutando il tema migratorio nell’ottica della prevenzione dell’insicurezza urbana, si uniscono chiarezza di proposizioni e correttezza nel dibattito pubblico. Il tema si fa insidioso quando impone di scegliere le "risposte" alle esigenze di integrazione e di coesione sociale che caratterizzano ogni rapporto "significativo" fra persone provenienti da culture diverse e che si trovano a vivere nella medesima realtà, nella quale esercitano diritti e doveri. Tale scelta non può prescindere dal porsi in modo convincente il problema del "governo dei rischi" che il fenomeno presenta quanto a soddisfacimento delle esigenze di vita, convivenza, rapporto con le istituzioni e controllo sociale sugli aspetti degenerativi che possono insorgere nella società multiculturale e multietnica. L’approccio è evidente, ma la possibilità di dargli concreta attuazione non è per nulla ovvia e scontata. Questa precisazione evidenzia l’insufficienza di alcune impostazioni, pur attente alla salvaguardia ed al rispetto nei confronti dei migranti, che non sono adeguatamente "stringenti" nel definire le politiche di governo del fenomeno effettivamente "incisive" nel dare soluzione ai problemi. Mi riferisco in particolare alle sottolineature sulle persone “necessarie” per svolgere lavori “ingrati”, compensare lo sbilancio demografico, mantenere alto il gettito fiscale e previdenziale del lavoro dipendente. La valorizzazione della condizione di "migrante economico" non induce a politiche lungimiranti ma ad un'acquiescenza tollerante perché "necessitata" che conta sulla capacità del fenomeno di evolvere “da solo” in nuovi equilibri accettabili. La prospettiva della sicurezza urbana induce politiche razionali e non emotive che favoriscono il progressivo assestarsi, favorito dalla multiculturalità, di regole informali di convivenza sul terreno sociale - legate al costume ed alle abitudini di relazioni e convivenza - che possono evolvere senza "strappi" a quello giuridico, che le trasforma in doveri formali, tipici ed eventualmente sanzionati. L'opposto di quanto sta avvenendo attraverso una sorta di sviamento nell'uso delle ordinanze per ragioni di sicurezza urbana previste dal nuovo art. 54 del Testo unico degli Enti locali n. 277/2000. La regolazione formale delle criticità, in molti casi, non consente risposte adeguate in quanto impossibile, controproducente o rifiutata, perché insostenibile, complicata, spesso inutile. Anche sull’immigrazione occorre "aprire" alla regolazione implicita ed alle buone prassi. Deve essere però forte il quadro normativo di fondo, che riguarda tutti, compresi i migranti, in particolare con leggi sul lavoro adeguate a disciplinare tutto il lavoro, compreso quello per loro appetibile, per impedire comportamenti lesivi dei diritti e della dignità. La “regolazione implicita”, come sviluppo di quella generale, contrasta in questo modo le degenerazioni: lavoro "nero", mancanza di diritti, male inteso senso della tolleranza.

Immigrazione e società multietnica: il nodo della sicurezza urbana / Pighi, Giorgio. - STAMPA. - (2008), pp. 9-16.

Immigrazione e società multietnica: il nodo della sicurezza urbana

PIGHI, Giorgio
2008

Abstract

Le migrazioni sono legate alle grandi trasformazioni nell’economia mondiale e nei rapporti internazionali, che spingono numerose persone ad assecondare la prospettiva di migliori condizioni di vita, spostandosi nei Paesi più ricchi. Solo riferendosi ad un’ampia accezione del fenomeno, che non escluda alcun profilo rilevante, se ne possono ricostruire in modo adeguato le caratteristiche, valutando appieno le conseguenze che maturano nei Paesi che, come il nostro, sono la meta dei flussi migratori Questo comporta la necessità di superare i pregiudizi ed una certa ritrosia ad affrontarne l'impatto e le dinamiche, assieme ai dilemmi impliciti nel "governare col consenso" i nuovi processi sociali, nell'"aggiornare le regole" e nel fare fronte a significative e spesso difficili trasformazioni nella società e nelle relazioni. Valutando il tema migratorio nell’ottica della prevenzione dell’insicurezza urbana, si uniscono chiarezza di proposizioni e correttezza nel dibattito pubblico. Il tema si fa insidioso quando impone di scegliere le "risposte" alle esigenze di integrazione e di coesione sociale che caratterizzano ogni rapporto "significativo" fra persone provenienti da culture diverse e che si trovano a vivere nella medesima realtà, nella quale esercitano diritti e doveri. Tale scelta non può prescindere dal porsi in modo convincente il problema del "governo dei rischi" che il fenomeno presenta quanto a soddisfacimento delle esigenze di vita, convivenza, rapporto con le istituzioni e controllo sociale sugli aspetti degenerativi che possono insorgere nella società multiculturale e multietnica. L’approccio è evidente, ma la possibilità di dargli concreta attuazione non è per nulla ovvia e scontata. Questa precisazione evidenzia l’insufficienza di alcune impostazioni, pur attente alla salvaguardia ed al rispetto nei confronti dei migranti, che non sono adeguatamente "stringenti" nel definire le politiche di governo del fenomeno effettivamente "incisive" nel dare soluzione ai problemi. Mi riferisco in particolare alle sottolineature sulle persone “necessarie” per svolgere lavori “ingrati”, compensare lo sbilancio demografico, mantenere alto il gettito fiscale e previdenziale del lavoro dipendente. La valorizzazione della condizione di "migrante economico" non induce a politiche lungimiranti ma ad un'acquiescenza tollerante perché "necessitata" che conta sulla capacità del fenomeno di evolvere “da solo” in nuovi equilibri accettabili. La prospettiva della sicurezza urbana induce politiche razionali e non emotive che favoriscono il progressivo assestarsi, favorito dalla multiculturalità, di regole informali di convivenza sul terreno sociale - legate al costume ed alle abitudini di relazioni e convivenza - che possono evolvere senza "strappi" a quello giuridico, che le trasforma in doveri formali, tipici ed eventualmente sanzionati. L'opposto di quanto sta avvenendo attraverso una sorta di sviamento nell'uso delle ordinanze per ragioni di sicurezza urbana previste dal nuovo art. 54 del Testo unico degli Enti locali n. 277/2000. La regolazione formale delle criticità, in molti casi, non consente risposte adeguate in quanto impossibile, controproducente o rifiutata, perché insostenibile, complicata, spesso inutile. Anche sull’immigrazione occorre "aprire" alla regolazione implicita ed alle buone prassi. Deve essere però forte il quadro normativo di fondo, che riguarda tutti, compresi i migranti, in particolare con leggi sul lavoro adeguate a disciplinare tutto il lavoro, compreso quello per loro appetibile, per impedire comportamenti lesivi dei diritti e della dignità. La “regolazione implicita”, come sviluppo di quella generale, contrasta in questo modo le degenerazioni: lavoro "nero", mancanza di diritti, male inteso senso della tolleranza.
2008
Pighi, Giorgio
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