Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 129
Data: 24/04/2008
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

SERVIZIO COMMISSIONI

 

Documentazione e ricerche

Indagine conoscitiva
sullo stato della sicurezza in Italia,
sugli indirizzi della politica della sicurezza
dei cittadini e sull�organizzazione
e il funzionamento delle Forze di polizia

 

 

 

 

 

n. 129

 

 

24 aprile 2008

 


Il presente volume raccoglie i resoconti delle sedute della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dedicate alla deliberazione di un�indagine conoscitiva �sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia�,ed i resoconti stenografici delle audizioni svolte nell�ambito dell�indagine conoscitiva, unitamente alla bozza di documento conclusivo predisposta dal presidente della Commissione, on. Luciano Violante.

� in via di pubblicazione la seconda parte del dossier, destinata a raccogliere i documenti consegnati o trasmessi dagli auditi alla Commissione ed il materiale da questa acquisito nel corso dell�indagine conoscitiva.

 

Il dossier � frutto della collaborazione tra il Servizio Studi � Dipartimento istituzioni e il Servizio Commissioni �Segreteria della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l�attivit� degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilit� per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AC0389.doc

 

 


INDICE

Premessa

Oggetto e svolgimento dell�indagine conoscitiva  3

Deliberazione dell�indagine conoscitiva

Camera dei deputati I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 19 settembre 2006  11

Seduta del 26 settembre 2006  17

Seduta del 26 settembre 2007 (Proroga del termine)19

Bozza di documento conclusivo

      Presentata dal Presidente della I Commissione Luciano Violante all�Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari, il 22 aprile 2008  23

Resoconti stenografici delle audizioni

      Audizione di esperti (8 maggio 2007)73

      Audizione del Ministro dell�interno (30 maggio 2007)89

      Audizione del Comandante generale dell�Arma dei Carabinieri (17 luglio 2007)119

      Audizione del Capo del dipartimento dell�amministrazione penitenziaria e del Capo del Corpo forestale dello Stato (18 luglio 2007)139

      Audizione del Capo della Polizia di Stato (26 luglio 2007)159

      Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza (30 luglio 2007)183

      Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali del personale dell�Arma dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di Finanza, Corpo della Polizia penitenziaria, del Corpo della Polizia di Stato e della Polizia locale (5 novembre 2007)213

      Audizione sulle questioni della sicurezza dei cittadini e delle imprese rispetto alla criminalit� organizzata (28 novembre 2007)253

      Audizione di rappresentanti dell�ANCI e di rappresentanti della Lega delle autonomie locali, dei sindaci delle aree metropolitane di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia; dei Prefetti delle aree metropolitane di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste, Venezia, del Presidente dell�Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia e del Presidente del Forum italiano per la sicurezza urbana, sul tema del disagio urbano (4 dicembre 2007)301

      Audizione di esperti della materia ed intellettuali (5 dicembre 2007)365

      Audizione di esperti della comunicazione, di direttori di TG, direttori di Rete e del presidente della FNSI sul tema del rapporto tra informazione e percezione della sicurezza da parte dei cittadini (10 gennaio 2008)401

 

 



Oggetto e svolgimento dell�indagine conoscitiva

L�Ufficio di presidenza della I Commissione (Affari costituzionali), integrato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari, nelle riunioni del 19 e 25 luglio 2006, nonch� nella riunione del 19 settembre 2006, conveniva all�unanimit� di proporre alla Commissione di svolgere una indagine conoscitiva �sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia�. Acquisita l�intesa con il Presidente della Camera ai sensi dell�articolo 144, comma 1, del Regolamento, la Commissione, riunitasi il 19 e il 26 settembre 2006, deliberava in senso favorevole allo svolgimento dell�indagine, fissando la conclusione alla fine del mese di settembre 2007. Tale termine � stato prorogato, nella seduta del 26 settembre 2007, al 31 gennaio 2008.

Il campo di ricerca dell�indagine conoscitiva � stato circoscritto all�esame delle seguenti questioni: lo stato della sicurezza in Italia e le sue dinamiche negli ultimi anni; i principali indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini; la percezione della sicurezza da parte dei cittadini e il raffronto tra i livelli di percezione e l�effettivo stato della criminalit�; il riparto delle funzioni tra le Forze di polizia e le modalit� di svolgimento delle funzioni di competenza da parte di ciascuna Forza; le forme di coordinamento tra le Forze di Polizia; la dislocazione sul territorio nazionale delle diverse Forze, con riferimento sia all�articolazione territoriale di ciascuna di esse, sia alla distribuzione e all�utilizzo delle Forze di polizia in relazione alle esigenze di sicurezza e alle modalit� di copertura richieste nelle grandi citt� e nelle altre parti del territorio nazionale; l�adeguatezza e l�efficiente impiego delle risorse umane, finanziarie e strumentali; l�attuazione della legge n. 121 del 1981; l�assetto organizzativo del sistema di sicurezza nazionale ai fini di un�efficace possibilit� di cooperare con le strutture di polizia dell�Unione Europea; gli strumenti per la realizzazione di politiche integrate di sicurezza, anche in attuazione del disposto di cui all�articolo 118, terzo comma, della Costituzione; le forme di tutela e di garanzia delle vittime del reato e il ruolo delle associazioni per la tutela delle vittime; i flussi migratori, la criminalit� e le forme di sfruttamento; l�eventuale ruolo della vigilanza privata, limiti e condizioni.

 

Il programma ha previsto due fasi di lavoro. Una prima fase � stata dedicata allo sviluppo, con l�apporto di esperti della materia, di  analisi comparatistiche sugli assetti organizzativi della sicurezza in altri ordinamenti e sulle dinamiche della sicurezza in Italia, e alle audizioni dei vertici delle Forze di polizia e delle rappresentanze sindacali del personale. La seconda fase ha avuto ad oggetto  alcuni approfondimenti tematici.

In questo quadro, l�8 maggio 2007 si svolgeva l�audizione del professor Marzio Barbagli, docente ordinario di sociologia e dei professori Giuseppe Caia e Guido Corso, docenti ordinari di diritto amministrativo, in qualit� di esperti del settore.

Nella seduta del 30 maggio 2007 la Commissione procedeva all�audizione del Ministro dell�interno.

Nelle sedute del 17, 18, 26 e 30 luglio 2007 si svolgevano le audizioni del Comandante generale dell�Arma dei Carabinieri, del Capo del Dipartimento dell�amministrazione penitenziaria, del Capo del Corpo forestale dello Stato, del Capo della Polizia di Stato e del Comandante generale della Guardia di finanza. Nel corso delle audizioni venivano poste domande da parte di alcuni deputati, alle quali i comandanti delle forze di Polizia hanno fornito successivamente delle risposte scritte.

Questa prima fase dell�indagine conoscitiva si concludeva il 5 novembre 2007 con l�audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali del personale dell�Arma dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza, del Corpo della Polizia penitenziaria, del Corpo della Polizia di Stato e della Polizia locale.

Nella seconda fase sono state svolte alcune sessioni tematiche. In particolare nella seduta del 28 novembre 2007 � stato approfondito il tema della sicurezza dei cittadini e delle imprese rispetto alla criminalit� organizzata, con l�audizione del Procuratore nazionale antimafia e dei procuratori distrettuali antimafia presso le procure della Campania, della Calabria, della Puglia e della Sicilia, del direttore della Direzione investigativa antimafia, del presidente di Confindustria e del presidente di Confindustria Sicilia, nonch� di rappresentanti di Confcommercio e di Confesercenti.

Nella giornata del 4 dicembre 2007 ha avuto luogo l�audizione di sindaci e prefetti delle aree metropolitane, nonch� dell�Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, dell�ANCI, della Lega delle autonomie e di rappresentanti del Forum italiano per la sicurezza urbana sul tema del disagio urbano.

Il 5 dicembre 2007 si � svolta l�audizione di esperti del settore e di intellettuali sulle diverse dimensioni dei problemi della sicurezza, con particolare riguardo al disagio urbano.

In seguito alle problematiche emerse nel corso, in particolare, di quest�ultima audizione, la Commissione ha dedicato una seduta � svoltasi il 10 gennaio 2008 � all�approfondimento del tema del rapporto tra informazione e percezione della sicurezza da parte dei cittadini, con l�audizione di esperti della comunicazione, dei direttori dei principali telegiornali e delle principali reti televisive italiane, nonch� del presidente della Federazione nazionale stampa italiana.

 

Al termine del ciclo di audizioni programmate, il presidente della Commissione, Luciano Violante, ha predisposto una bozza di documento conclusivo dell�indagine, da sottoporre alla Commissione.

A causa dello scioglimento anticipato delle Camere non � stato tuttavia possibile convocare la Commissione per l�esame della suddetta bozza di documento conclusivo.

Marted� 22 aprile 2008 l�Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, ha deliberato di dare mandato agli Uffici della Camera di raccogliere in un dossier di documentazione la bozza di documento conclusivo predisposta dal presidente Violante unitamente ai resoconti stenografici e al materiale raccolto dalla Commissione nel corso delle audizioni.

 

 




 

I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
�����������

Resoconto di marted� 19 settembre 2006

 

 


INDAGINE CONOSCITIVA

Marted� 19 settembre 2006. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE.

La seduta comincia alle 10.25.

 

Deliberazione di un'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia.

(Esame e rinvio).

 

Luciano VIOLANTE, presidente, sulla base di quanto convenuto a seguito delle riunioni dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 19 e del 25 luglio 2006 ed essendo stata acquisita l'intesa con il Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento, propone lo svolgimento di una indagine conoscitiva �sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia�.

L'indagine conoscitiva sar� volta, in particolare ad esaminare le seguenti questioni: lo stato della sicurezza in Italia e le sue dinamiche negli ultimi anni; i principali indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini; la percezione della sicurezza da parte dei cittadini e il raffronto tra i livelli di percezione e l'effettivo stato della criminalit�; il riparto delle funzioni tra le Forze di polizia e le modalit� di svolgimento delle funzioni di competenza da parte di ciascuna Forza, e le relative forme di coordinamento; la dislocazione sul territorio nazionale delle diverse Forze, con riferimento sia all'articolazione territoriale di ciascuna di esse, sia alla distribuzione e all'utilizzo delle Forze di polizia in relazione alle esigenze di sicurezza e alle modalit� di copertura richieste nelle grandi citt� e nelle altre parti del territorio nazionale; l'adeguatezza e l'efficiente impiego delle risorse umane, finanziarie e strumentali; l'attuazione della legge n. 121 del 1981; l'assetto organizzativo del sistema di sicurezza nazionale ai fini di un'efficace possibilit� di cooperare con le strutture di polizia dell'Unione europea; gli strumenti per la realizzazione di politiche integrate di sicurezza, anche in attuazione del disposto di cui all'articolo 118, terzo comma, della Costituzione.

L'attivit� conoscitiva, che si concluder� entro la fine del mese di settembre 2007, sar� articolata in due fasi. Nella prima fase, sino a dicembre 2006, la Commissione proceder�, avvalendosi dell'apporto di esperti della materia, ad analisi comparatistiche sugli assetti organizzativi della sicurezza in altri ordinamenti e sulle dinamiche della sicurezza in Italia; in tale fase saranno svolte le audizioni dei vertici delle Forze di polizia e delle rappresentanze sindacali del personale. Nella seconda fase (gennaio-settembre 2007) la Commissione svolger� degli approfondimenti tematici, sia mediante lo svolgimento di apposite missioni finalizzate ad esaminare le questioni oggetto dell'indagine in rapporto alle specifiche caratteristiche  di determinate aree territoriali del Paese, sia ricorrendo al contributo di studiosi ed esperti del settore.

Donato BRUNO (FI) ritiene opportuno che l'indagine conoscitiva in titolo si soffermi in particolare sugli aspetti legati al coordinamento tra le diverse forze di polizia. Ricorda, in proposito, che questa Commissione, nel corso della passata legislatura, ha avuto modo di approfondire in diverse circostanze la sussistenza di elementi di criticit� in questo ambito, citando ad esempio le problematiche evidenziate in materia nel corso dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova nel luglio del 2001, nonch� nel corso dell'attivit� conoscitiva svolta nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 566 e abbinate, recante norme relative alle attivit� delle discoteche e in materia di sicurezza sulle strade.

Luciano VIOLANTE, presidente, osserva che il problema del coordinamento tra le forze di polizia si manifesta, in particolare, in occasione dell'espletamento dei servizi di ordine pubblico, in quanto l'autorit� titolare della funzione � quella civile la quale, tuttavia, non pu� impartire direttamente ordine alla forze di polizia ad ordinamento militare, ma deve avvalersi del tramite delle autorit� militari.

Maria Fortuna INCOSTANTE (Ulivo) sottolinea che nell'ambito dell'esame delle questioni relative al coordinamento tra le diverse forze di polizia deve essere tenuto in considerazione anche il ruolo delle polizie amministrative locali, che hanno gi� avviato forme di collaborazione con le autorit� centrali nell'ambito delle politiche di sicurezza. Al riguardo sottolinea che da parte di regioni ed enti locali sono stati stipulati accordi o protocolli di intesa con il Ministero dell'interno e con le prefetture, la cui esperienza pu� essere oggetto di analisi nell'ambito dell'indagine.

Marco BOATO (Verdi) fa presente che la questione del coordinamento tra autorit� centrali e gli enti locali � inclusa nel programma dell'indagine, nella parte in cui si fa riferimento agli �strumenti per la realizzazione di politiche integrate di sicurezza, anche in attuazione del disposto di cui all'articolo 118, terzo comma, della Costituzione�. A questo proposito ritiene necessaria una valutazione sul tipo di strumento maggiormente idoneo a dare attuazione al dettato costituzionale. Esprime perplessit� in ordine alla tematica, compresa tra quelle oggetto della proposta di programma dell'indagine conoscitiva, della percezione della sicurezza da parte dei cittadini e del raffronto tra i livelli di percezione e l'effettivo stato della criminalit�. Al fine di acquisire valutazioni di carattere sociologico sarebbe infatti necessario lo svolgimento di una analisi di tipo tecnico, che si avvalga di precisi e rigorosi metodi scientifici, che a suo avviso non � facilmente esperibile da parte di una Commissione parlamentare.

Domenico BENEDETTI VALENTINI (AN) sotto il profilo del coordinamento ritiene che sia opportuno approfondire anche le tematiche relative alle attivit� di indagine svolte nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria e sul rapporto intercorrente tra attivit� di prevenzione, di investigazione e di repressione, anche in relazione all'assetto complessivo del sistema della giustizia che reputa indiscutibilmente collegato al problema della sicurezza. Non condivide l'osservazione svolta dal deputato Boato in ordine alla difficolt� di accertamento del livello di percezione della sicurezza da parte dei cittadini, ritenendo invece che la valutazione della pubblica opinione su questa materia rappresenti un aspetto fondamentale dell'indagine.

Roberto ZACCARIA (Ulivo) condivide le perplessit� espresse dal deputato Boato, ritenendo che la percezione della sicurezza da parte dei cittadini rappresenti solo un presupposto dell'indagine conoscitiva e non anche un suo ambito di esame. Si sofferma quindi sul ruolo svolto in proposito dai mezzi di informazione, che ritiene fattori decisivi di influenza dell'opinione pubblica in ordine alla percezione del livello di sicurezza.

Jole SANTELLI (FI) dichiara di condividere l'opportunit� di esaminare compiutamente gli aspetti legati al coordinamento tra le diverse forze di polizia, materia che ritiene tuttavia compresa nell'oggetto dell'indagine nella parte in cui fa riferimento all'attuazione della legge n. 121 del 1981. Per quanto riguarda la questione della percezione da parte dei cittadini del livello di sicurezza, osserva che tale elemento rappresenta uno specifico momento di valutazione presente in tutte le relazioni in materia di ordine pubblico e di sicurezza presentate al Parlamento negli ultimi anni, e che tale aspetto rappresenta anche uno dei criteri che ispirano le scelte organizzative nella gestione delle forze dell'ordine e cita in proposito le esperienze relative alla polizia di prossimit�. Si sofferma quindi sull'osservazione svolta dal deputato Benedetti Valentini relativamente alla difficile definizione del confine esistente tra la materia della sicurezza e dell'attivit� di prevenzione e quella della giustizia e delle attivit� di indagine. Al riguardo ritiene che la questione debba essere oggetto di approfondimento, senza tuttavia invadere gli ambiti di competenza delle altre Commissioni.

Maria Fortuna INCOSTANTE (Ulivo) ritiene che la verifica dei livelli di sicurezza percepiti dai cittadini non comporti necessariamente che la Commissione applichi, nell'ambito dell'indagine conoscitiva, metodologie scientifiche, essendo il tema in esame riconducibile a numerose questioni in materia di sicurezza, in particolare all'organizzazione delle forze dell'ordine, ivi comprese le polizie a carattere locale, che svolgono una funzione diretta a garanzia della sicurezza.

Cinzia DATO (Ulivo) si sofferma sul ruolo svolto dai mezzi di informazione sulla percezione della sicurezza da parte dei cittadini. A tale riguardo ritiene che possa essere opportuno ascoltare esperti in analisi sociologiche al fine di esaminare la correlazione esistente tra la variazione della percezione del livello di sicurezza e la variazione della comunicazione mediatica, mettendo a raffronto, con appropriato rigore tecnico, i dati esistenti. Ritiene inoltre che sia opportuno prevedere il coinvolgimento delle associazioni e delle organizzazioni che si occupano di assistere le vittime di particolari reati, quali ad esempio la violenza domestica o quella compiuta su soggetti deboli, al fine di aiutare l'emersione di tali fenomeni. Ritiene infatti che in tali circostanze il mero strumento repressivo sia sostanzialmente inutile, essendo molto pi� efficace la predisposizione di adeguate forme di interazione tra le istituzioni e le forme di espressione della societ� civile.

Roberto COTA (LNP) desidera richiamare tre questioni che, a suo avviso, sarebbe utile prendere in considerazione nella definizione del programma dell'indagine. La prima riguarda l'opportunit� di inserire nel programma un riferimento al tema dei flussi migratori, che presenta delle oggettive connessioni con la materia della sicurezza. Un secondo aspetto concerne la valorizzazione, nell'ambito dell'indagine, delle potenzialit� della polizia locale in materia di rafforzamento del sistema della sicurezza. Infine, richiama l'attenzione sul ruolo degli istituti privati di vigilanza e delle possibili forme di raccordo della loro azione con quella delle forze dell'ordine.

Felice BELISARIO (IdV) ricorda preliminarmente come l'indagine in discussione verta su una problematica che tutti i cittadini vivono quotidianamente in prima persona. Sottolinea quindi come scopo dell'indagine non sia tanto un approfondimento di carattere puramente scientifico, quanto piuttosto l'individuazione di soluzioni legislative utili: sotto questo profilo, riveste senz'altro particolare importanza il problema del coordinamento tra le forze dell'ordine e tra queste e l'autorit� giudiziaria. Ritiene altres� che, data la sua rilevanza, il tema della percezione della sicurezza da parte dei cittadini debba essere mantenuto all'interno del programma. Richiama infine l'attenzione dei colleghi sul fatto che, nel caso ad esempio di un reato assai frequente come il furto, il seguito dato alle denuncie sporte dai cittadini spesso non vada oltre una serie di adempimenti di carattere burocratico.

Italo BOCCHINO (AN) fa presente innanzitutto come il tema della percezione della sicurezza da parte dei cittadini, del cui inserimento nel programma si � fatto promotore, costituisca a suo avviso un aspetto centrale al fine di dare uno scopo precipuo all'indagine conoscitiva, senza di che sarebbe sufficiente che la Commissione richieda al Ministro dell'interno un rapporto dettagliato sui problemi della sicurezza e sull'assetto organizzativo delle forze dell'ordine. Si dichiara senz'altro d'accordo sulla necessit� che la Commissione non si sostituisca ai sociologi nell'affrontare tale analisi, ma ritiene al contempo che essi debbano essere ascoltati, anche al fine di stabilire se, come sostengono alcuni colleghi della maggioranza, vi sia effettivamente un'enfasi eccessiva sui problemi della sicurezza e una loro distorsione da parte dei mezzi di informazione e se possano, quindi, essere assunte iniziative volte a favorire un'informazione pi� corretta sull'argomento. Quanto al tema dell'immigrazione, sollevato dal deputato Cota, � del parere che, pur rifuggendo da facili equazioni tra immigrazione e criminalit�, non possano esservi dubbi sul fatto che tutte le aree di disagio sociale finiscano per essere terreno di coltura della delinquenza. Rilevato come esista di fatto una sproporzione tra percentuale di immigrati sulla popolazione complessiva e loro percentuale sul numero dei detenuti, invita ad affrontare il tema in modo sereno e scevro da schematismi.

Maurizio TURCO (RosanelPugno) si dichiara d'accordo con i deputati Santelli e Benedetti Valentini circa l'opportunit� di inserire nel programma un riferimento al tema del rapporto tra sicurezza e giustizia. Si dichiara altres� d'accordo con il deputato Cota sull'opportunit� di affrontare il tema della cosiddetta polizia privata, che peraltro presenta, a suo avviso, una particolare complessit�: segnala, a titolo di esempio, la difficolt� che potrebbero incontrare le forze dell'ordine a collaborare, nel meridione d'Italia, con determinati istituti di vigilanza privati presenti sul territorio. Quanto al problema della percezione della sicurezza da parte dei cittadini, rileva che si tratta di un tema senz'altro importante, ma anche delicato e complesso, e osserva come esso non vada disgiunto dal tema della percezione che i cittadini hanno dell'azione delle forze dell'ordine. Rilevato come in Italia esista, a suo avviso, una percezione non del tutto positiva da parte dell'opinione pubblica dell'attivit� delle forze dell'ordine, sottolinea l'importanza delle iniziative assunte in materia di formazione delle forze di polizia in sede di Unione europea al fine di prevenire eventuali violazioni di norme.

Luciano VIOLANTE, presidente, rileva che il dibattito svoltosi ha suggerito una serie di riflessioni sulle diverse tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva. Per quanto concerne la questione della percezione della sicurezza da parte dei cittadini, dopo avere evidenziato come l'indagine debba correlare tale aspetto a quello dell'effettivo stato della criminalit�, ritiene che l'analisi possa essere estesa all'esame dei fattori esterni che incidono sui livelli della percezione. Per quanto concerne la questione del rapporto tra forze di polizia e autorit� giudiziaria, osserva come in Italia sia stata eccessivamente giurisdizionalizzata, rispetto ad altri ordinamenti, l'attivit� investigativa, consentendo l'intervento della autorit� giudiziaria anche nella fase di prevenzione del reato e rendendo cos� incerto il confine iniziale della sua competenza. Ritiene che tale assetto ordinamentale sia conseguito anche a una secolare sfiducia da parte della politica nei confronti delle forze di polizia, che ha indotto la prima a ridurre progressivamente le loro funzioni, privando cos� di effettiva autonomia la fase investigativa svolta dalle forze dell'ordine. Ritiene pertanto che la Commissione possa estendere la propria indagine, nel rispetto delle varie competenze, all'esame del rapporto tra il momento della repressione e quello della prevenzione dei reati. Reputa inoltre che l'indagine possa svolgersi anche sul rapporto tra autorit� statali e realt� territoriali in ordine alla gestione delle politiche di sicurezza, come osservato dai deputati Incostante e Boato, mentre un aspetto a s�  stante potrebbe essere rappresentato dall'esame sull'eventuale ruolo da attribuire alla vigilanza privata, come proposto dal deputato Cota. Si sofferma quindi sui rilievi svolti dal deputato Bocchino sul problema dell'immigrazione, osservando come la questione non possa essere affrontata solo esaminando dati statistici, ma avendo presente la pi� generale problematica.

Jole SANTELLI (FI) osserva che in alcuni paesi sono stati inseriti tra le forze di polizia ausiliari di cittadinanza straniera, al fine di utilizzarli in attivit� di gestione dei rapporti con gli immigrati.

Luciano VIOLANTE, presidente, con riferimento ai temi oggetto dell'indagine conoscitiva, ritiene che debba essere affrontata la problematica collegata alla situazione delle vittime di reato, osservando come in alcune realt� locali siano state predisposte apposite misure a loro sostegno. Si riserva quindi di integrare la proposta di deliberazione dell'indagine conoscitiva, sulla base delle considerazioni emerse nella odierna riunione e di sottoporla all'esame dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

 

La seduta termina alle 11.20.


 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
�����������

Resoconto di marted� 26 settembre 2006

 


INDAGINE CONOSCITIVA

 

Marted� 26 settembre 2006. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE.

La seduta comincia alle 10.50.

 

Deliberazione di un�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia.

(Deliberazione).

 

Luciano VIOLANTE, presidente, sulla base di quanto convenuto a seguito delle riunioni dell�Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 19 e del 25 luglio 2006, nonch� nella riunione di marted� 19 settembre 2006, ed essendo stata acquisita l�intesa con il Presidente della Camera ai sensi dell�articolo 144, comma 1, del regolamento, propone lo svolgimento di una indagine conoscitiva �sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia�.

L�indagine conoscitiva sar� volta, in particolare, ad esaminare le seguenti questioni: lo stato della sicurezza in Italia e le sue dinamiche negli ultimi anni; i principali indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini; la percezione della sicurezza da parte dei cittadini e il raffronto tra i livelli di percezione e l�effettivo stato della criminalit�; il riparto delle funzioni tra le Forze di polizia e le modalit� di svolgimento delle funzioni di competenza da parte di ciascuna Forza; le forme di coordinamento tra le Forze di Polizia; la dislocazione sul territorio nazionale delle diverse Forze, con riferimento sia all�articolazione territoriale di ciascuna di esse, sia alla distribuzione e all�utilizzo delle Forze di polizia in relazione alle esigenze di sicurezza e alle modalit� di copertura richieste nelle grandi citt� e nelle altre parti del territorio nazionale; l�adeguatezza e l�efficiente impiego delle risorse umane, finanziarie e strumentali; l�attuazione della legge n. 121 del 1981; l�assetto organizzativo del sistema di sicurezza nazionale ai fini di un�efficace possibilit� di cooperare con le strutture di polizia dell�Unione Europea; gli strumenti per la realizzazione di politiche integrate di sicurezza, anche in attuazione del disposto di cui all�articolo 118, terzo comma, della Costituzione; le forme di tutela e di garanzia delle vittime del reato e il ruolo delle associazioni per la tutela delle vittime; i flussi migratori, la criminalit� e le forme di sfruttamento; l�eventuale ruolo della vigilanza privata, limiti e condizioni.

L�attivit� conoscitiva, che si concluder� entro la fine del mese di settembre 2007, sar� articolata in due fasi. Nella prima fase (sino a dicembre 2006) la Commissione proceder�, avvalendosi dell�apporto di esperti della materia, ad analisi comparatistiche sugli assetti organizzativi della sicurezza in altri ordinamenti e sulle dinamiche della sicurezza in Italia; in tale fase saranno svolte le audizioni dei vertici delle Forze di polizia e delle rappresentanze sindacali del personale. Nella seconda fase (gennaio-settembre 2007) la Commissione svolger� degli approfondimenti tematici, sia mediante lo svolgimento di apposite missioni finalizzate ad esaminare le questioni oggetto dell�indagine in rapporto alle specifiche caratteristiche di determinate aree territoriali del Paese, sia ricorrendo al contributo di studiosi ed esperti del settore.

Giacomo STUCCHI (LNP) ritiene che l�indagine conoscitiva debba necessariamente soffermarsi sul ruolo della vigilanza privata, e chiede quindi se sia possibile espungere il riferimento all��eventuale� ruolo di tale settore.

Luciano VIOLANTE, presidente,evidenzia come l�aggettivo �eventuale� fa riferimento al ruolo che la vigilanza privata pu� avere nell�ambito del sistema della sicurezza e non al fatto che tale analisi possa o meno essere oggetto dell�indagine conoscitiva.

La Commissione approva la proposta di deliberazione dell�indagine formulata dal presidente.

 

La seduta termina alle 10.55.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
�����������

Resoconto di mercoled� 26 settembre 2007

 


INDAGINE CONOSCITIVA

 

Mercoled� 26 settembre 2007. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE.

La seduta comincia alle 14.05.

 

Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia.

(Deliberazione di una proroga del termine).

 

Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che l�ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti di gruppo, ha convenuto sull�opportunit� di prorogare il termine per la conclusione dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia. Essendo stata acquisita la previa intesa con il Presidente della Camera, ai sensi dell�articolo 144, comma 1, del regolamento, propone quindi di deliberare la proroga al 31 gennaio 2008 del termine di conclusione dell�indagine.

La Commissione delibera di prorogare al 31 gennaio 2008 il termine di conclusione dell�indagine conoscitiva in titolo.

 

La seduta termina alle 14.10.


 

 



 

 

Camera dei deputati

 

XV LEGISLATURA

 

 

I Commissione

(Affari Costituzionali, della presidenza del Consiglio e interni)

 

 

 

 

indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia

 

 

 

 

Bozza di documento conclusivo

presentata dal Presidente Luciano Violante all�Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari, il 22 aprile 2008

 

 


 

Indice

 

 

1.                         Premessa. Le specificit� italiane.

2.                         L�aumento delle funzioni e la congruit� delle risorse.

3.                         Valutazione degli organici.

4.                         L�attendibilit� delle statistiche sulla criminalit�.

5.                         Il numero complessivo dei delitti in UE (1995-2005).

6.                         Il numero complessivo dei delitti in Italia (1995-2006).

7.                         Gli omicidi in UE (1995-2005).

8.                         Gli omicidi in Italia (1995-2005).

9.                         Altri reati violenti in UE e in Italia (1995-2005).

10.                      Rapine in UE (1995-2005) e in Italia (1991-2007).

11.                      Reati violenti contro le donne in Italia.

12.                      Valutazione di sintesi

13.                      Politiche della sicurezza e immigrazione

14.                      Gli organici delle forze di polizia in UE e in Italia.

15.                      I vuoti di organico nelle diverse forze di polizia.

16.                      Le risorse finanziarie.

17.                      L�efficacia della investigazione e l�inefficacia del processo.

18.                       Beni sequestrati e beni confiscati.

19.                      La necessit� della banca dati del DNA

20.                     I principali punti deboli del processo penale.

21.                      La crescita del senso di insicurezza.

22.                      Perch� cresce l�insicurezza.

23.                      Il timore nei confronti della criminalit� ordinaria.

24.                      La necessit� di combattere l�insicurezza.

25.                      Due soluzioni che funzionano: il poliziotto di quartiere e i patti per la sicurezza.

26.                      Una politica globale per la sicurezza.

27.                      Il disegno delle citt� per la prevenzione del crimine.

28.                      Il caso Medellin e le �buone pratiche� di casa nostra.

29.                     Le valutazioni degli amministratori locali.

30.                     La necessit� di una �pedagogia civile�.

31.                      Cinque priorit� irrinunciabili.

 

 

 


 

 

1.                  Premessa. Le specificit� italiane.

 Le valutazioni relative alla politica della sicurezza devono tener conto di alcune specificit� italiane.

Solo in Italia, e in nessun altro paese avanzato, operano tre potenti, radicate e ramificate organizzazioni criminali, mafia, �ndrangheta e camorra, che condizionano la vita pubblica e l�economia di tre regioni, Campania, Calabria, e Sicilia[1], che, per numero di abitanti, complessivamente 12 milioni di abitanti, potrebbero costituire l�undicesimo Stato del continente europeo.  ed estendono la loro presenza nelle altre regioni italiane, in molti paesi europei ed extraeuropei (fig. 1). Sono fonte di corruzione e di violenza, si alimentano con traffici criminali, hanno risorse finanziarie pressoch� illimitate. L�economia criminale che discende dalle attivit� di queste organizzazioni inquina i circuiti finanziari, altera la concorrenza e le regole del mercato, espelle l�imprenditore onesto, crea aree di consenso sociale �sino a rendere evanescente in alcuni casi il confine tra mondo del crimine e societ� civile.�[2]

 La specifica attivit� di contrasto nei confronti di queste organizzazioni assorbe tempo, persone,mezzi, risorse finanziarie in misura tale da non avere termini di paragone in altri paesi avanzati. Basti considerare la quantit� di indagini bancarie e finanziarie, il monitoraggio di imprese sospette, la sorveglianza dei cantieri esposti ad estorsioni, le intercettazioni telefoniche, le rogatorie internazionali necessarie per le indagini sui gruppi mafiosi. Sono indispensabili costose misure di sicurezza per i collaboratori di giustizia, per i testimoni esposti a minacce, per gli imprenditori vittime del racket, per le persone esposte a rischio.

 Per la cattura di ciascuno dei latitanti pi� pericolosi, obbiettivo che si consegue con continuit� da parecchi anni, vengono impiegate molte unit� di personale  specializzato, apparecchiature sofisticate e costose per la individuazione delle basi, e tecnologie di avanguardia per la ricostruzione degli identikit quando si dispone solo di vecchie fotografie.

 Conseguentemente la prevenzione e il contrasto della criminalit� hanno in Italia costi molto pi� elevati rispetto a paesi simili al nostro. E se � vero che l�opinione pubblica nazionale sembra oggi, sedici anni dopo le stragi del 1992, meno sensibile ai temi della lotta alla mafia, � altrettanto vero che senza la liberazione da questo peso, difficilmente l�Italia potr� essere competitiva e serena.

 

Fig. 1.

 

 

2.                 L�aumento delle funzioni e la congruit� delle risorse.

Su un piano diverso, ma anch�esso rilevante, si pone il problema delle valutazioni relative alla congruit� delle risorse. Nella comparazione della spesa per la sicurezza spesso si ignora l�aumento di funzioni degli uffici del Ministero dell�Interno, a parit� di risorse o addirittura con risorse diminuite.

Ad esempio, i colloqui delle prefetture in materia di tossicodipendenze, che esistono sin dal 1990, erano a quella data 4.000 e sono diventati 30.000 nel 2005[3]; i carichi di lavoro relativi a funzioni connesse alla immigrazione hanno avuto punte di incremento superiori al 100 per cento negli ultimi cinque anni[4]; le pratiche per concessione della cittadinanza italiana sono aumentate dell�80 per cento nel periodo 2002-2005[5].

� quindi evidente che le valutazioni in termini di congruit� di spesa e di personale del ministero dell�interno non possono prescindere dai concreti carichi di lavoro e non possono essere affrontate con astratte comparazioni con altri Paesi o altri ministeri che non debbano far fronte a problemi di analogo impegno.

 

 

3. Valutazione degli organici.

Stessa prudenza occorrerebbe usare nella valutazione degli organici addetti alla pubblica sicurezza. Infatti in molti altri Paesi le funzioni amministrative e serventi nei confronti dell�attivit� di pubblica sicurezza (archivio, centralino, etc.) sono svolte da personale �civile�, non appartenente alle forze di polizia, in una percentuale pari al 20,30 per cento degli addetti alla sicurezza. In Italia questo personale, che costerebbe meno, � presente in una percentuale inferiore al 5 per cento.[6]

 

 

4. L�attendibilit� delle statistiche sulla criminalit�.

Gli interlocutori ascoltati dalla Commissione hanno segnalato la necessit�, nelle comparazioni relative alle statistiche della criminalit�, di tener conto di periodi di tempo abbastanza lunghi, cinque anni, almeno, per avere dati attendibili.

I dati di pi� breve periodo, infatti, rischiano di essere influenzati da fattori contingenti.La scoperta di una banda di truffatori pu� far salire significativamente il numero dei reati in un determinato periodo dell�anno, ma solo una comparazione di medio periodo pu� dare la certezza che si sia di fronte ad un dato strutturale e non episodico. Questa considerazione non comporta, naturalmente, la irrilevanza dei dati relativi al breve periodo; comporta piuttosto la necessit� di valutarli con particolare prudenza.

 Inoltre, nelle statistiche il reato viene �assegnato� all�anno nel quale � stato scoperto o denunciato; ma non necessariamente quest�anno coincide con l�anno della commissione del reato.

Per la comparazione internazionale, infine, occorre considerare la diversit� delle legislazioni.

 

5. Il numero complessivo dei delitti in UE (1995-2005).

In base alle stime elaborate da Eurostat[7], nei Paesi dell�Unione europea per i quali sono disponibili statistiche sufficientemente comparabili per l�intero periodo[8] il numero complessivo dei delitti � cresciuto nel decennio 1995-2005 ad un tasso medio dello 0,6 per cento annuo.

Nella maggior parte dei Paesi europei � stato raggiunto un picco attorno al 2002 e da allora si � registrata una progressiva  leggera diminuzione del numero complessivo delitti.

Peraltro una lettura pi� attenta legittima alcune preoccupazioni. Infatti l�andamento annuo registrato nel periodo 1995-2005 con riferimento alle grandi categorie di delitti registra una pi� forte crescita delle rapine e degli altri reati violenti, nonch� dei reati connessi al traffico di droga, a fronte del calo del numero di omicidi, dei furti in abitazione e dei furti negli autoveicoli (fig. 2).

 

Tasso medio di variazione annua registrato nei Paesi UE nel periodo 1995-2005

Figura 2. Fonte: Eurostat.

 

6. Il numero complessivo dei delitti in Italia (1995-2006).

L�Italia segue il trend europeo.

La tendenza alla diminuzione del numero complessivo dei reati comincia nel 1997 e finisce nel 2001 per poi riprendere a salire anno dopo anno in modo quasi continuativo seppure in misura non  allarmante (fig.3).

 

 

Fig. 3. Fonte: elaborazione dati del Ministero dell�interno.

 

Le dinamiche relative a tempi pi� recenti mostrano che i dati sull�andamento semestrale della criminalit� (dal secondo semestre 2005 al secondo semestre 2007) che il Ministero dell�interno ha reso noti il 9 gennaio 2008[9] indicano che nel primo semestre 2007 il totale dei delitti � rimasto sostanzialmente stabile rispetto al semestre precedente (si � infatti registrato un incremento dello 0,11 per cento), mentre nel secondo semestre del 2007 le stime evidenziano un decremento di quasi dieci punti percentuali (-9,88 per cento) che riporterebbe il numero dei delitti commessi ad un livello analogo a quello registrato nel secondo semestre del 2005 e nel primo semestre del 2006.

 

II sem. 2005- II sem . 2007

 

Fig. 4. Fonte: Ministero dell�interno.

 

Ma anche qui, come per i dati europei, una lettura pi� attenta rivela alcuni elementi che richiedono un�attenta valutazione.

 

 

7. Gli omicidi in UE (1995-2005)

Dal 1995 al 2005 nell�Unione europea[10] si riscontra una sensibile diminuzione del numero degli omicidi. Nel 1995, infatti, il tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti era pari ad 1,7, mentre nel 2005 si sono riscontrati 1,2 omicidi ogni 100.000 abitanti, con un decremento di quasi il 30 per cento rispetto al 1995. L� andamento, come evidenziato nella tabella[11] (fig. 5), non � omogeneo nelle diverse aree del continente.

Il tasso di omicidi diminuisce in misura accentuata nell�Europa occidentale[12], ha un calo pi� contenuto nell�Europa meridionale[13] e una sostanziale stabilit� nell�Europa settentrionale[14], che nel 2005 fa registrare un dato analogo a quello del 1995, dopo aver raggiunto un picco nel 2002.

 

Nel periodo 2003-2005 il Paese europeo che ha fatto registrare il pi� alto tasso di omicidi � stato la Finlandia, con 2,30 omicidi ogni 100.000 abitanti , mentre in Belgio il tasso � stato pari a 1,85 ogni 100.000 abitanti..

 

Fig. 5. Fonte: Ministero dell�interno.

 


 

8. Gli omicidi in Italia (1995-2005).

In Italia la riduzione del numero  degli omicidi volontari � stata nel periodo considerato pressoch� costante ed ha portato a registrare nel periodo 2003-2005 un tasso di omicidi pari ad 1,13 per 100.000 abitanti. In un contesto pi� ampio pu� evidenziarsi che nel nostro Paese gli omicidi fecero segnare una sensibile crescita a partire dalla fine degli anni�60 fino a raggiungere un picco nel 1991, quando il tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti fu pari a 3,4. Si � trattato, prevalentemente, di omicidi di carattere mafioso.

Dopo tale data, anche per la forte risposta dello Stato dopo le stragi mafiose del 1992, si registra una sensibile diminuzione, che ha portato il tasso di omicidi consumati ad uno dei livelli pi� bassi registrati negli ultimi trenta anni. A fronte dei 1.901 omicidi consumati nel 1991, nel 2005 gli omicidi sono scesi al minimo storico di 601 unit�, per poi risalire a 621 nel 2006, con un dato comunque inferiore a quello registrato nel 2004 e negli altri anni del periodo considerato.

Per le tendenze pi� recenti, anche i dati sull�andamento semestrale della criminalit� che il Ministero dell�Interno ha reso noti il 9 gennaio 2008, sembrano confermare l�andamento decrescente del numero degli omicidi volontari in Italia, che al 18 dicembre 2007 ammontavano a 593 (fig. 6).

 

 

Fig. 6. Fonte: Ministero dell�interno.

 

 

9. Altri reati violenti in UE e in Italia (1995-2005).

La Commissione, nel definire la categoria dei reati violenti diversi dall�omicidio, si � avvalsa della definizione adottata da Eurostat, per la quale sono considerati tali tutti i crimini commessi usando violenza contro le persone come le aggressioni fisiche, le lesioni, i sequestri di persona, le rapine e le violenze sessuali.

La crescita dei delitti violenti nel decennio 1995-2005 riguarda tanto l�Unione Europea quanto l�Italia. Probabilmente � proprio questa crescita che preoccupa particolarmente i cittadini europei e quelli italiani che oggi si sentono pi� insicuri rispetto a ieri, anche se il numero complessivo dei reati � rimasto sostanzialmente stabile.

L�incremento non ha avuto carattere omogeneo nelle diverse aree dell�Unione europea. L�incremento per centomila abitanti, infatti, nell�Europa del Nord � stato di poco inferiore al 200 per cento (+ 198,7 per cento), del 51,9 per cento nei Paesi dell�Europa meridionale e del 32,4 per cento nei Paesi dell�Europa occidentale (fig.7). I dati relativi all�Italia da un lato fanno segnare una forte crescita del numero dei reati violenti denunciati, che nel periodo di riferimento � sostanzialmente raddoppiato (+ 98,6 per cento), ma dall�altro continuano a collocare l�Italia ai posti pi� bassi della graduatoria assoluta dei Paesi europei. Nel periodo 2004-2005, infatti, dei 15 Paesi dell�Unione europea considerati dalle statistiche sopra riportate, solo la Grecia fa registrare un tasso di crescitainferiore a quello riscontrato in Italia.

 


 

Fig.7. Fonte: Ministero dell�interno.

 

10. Rapine in UE (1995-2005) e in Italia (1991-2007).

Nell�ambito dei reati violenti particolare interesse rivestono i dati relativi alle rapine, in considerazione della peculiarit� di tale fattispecie di reato che costituisce una combinazione di aggressione alla propriet� e violenza contro la persona[15].

In proposito, nel periodo 1995-2005 i trendregistrati nelle diverse aree dell�Unione europea evidenziano andamenti differenziati, con una crescita pi� significativa nell�Europa settentrionale (+ 29,3 per cento), una pi� contenuta dinamica nell�Europa occidentale (+ 5,9 per cento) ed una diminuzione nell�Europa meridionale (- 19,4 per cento) (fig. 8).

 

 

Fig. 8. Fonte: Ministero dell�interno.

 

Il tasso di crescita delle rapine in Italiarapportato a 100.000 abitanti, � superiore alla media dell�Europa meridionale. Nel 1995 si commettevano 73 rapine ogni 100.000 abitanti; nel 2006 ne sono state commesse  85 ogni 100.000 abitanti.


 

Rapine totali denunciate in Italia dalle Forze di polizia e per le quali l�Autorit� giudiziaria ha

iniziato l�azione penale. Tassi per 100.000 abitanti (anni 1968 � 2006).

 

 

Fig. 9 Fonte: Ministero dell�interno.

 

Il Ministero dell�Interno ha sottolineato che la ripartizione delle rapine tra Centro Nord e Sud ed Isole � assai diseguale.Nel periodo 1991-2006 l�aumento del tasso di rapine per 100.000 abitanti � generalizzato; i tassi medi nel Sud e nelle Isole (93,9) sono circa il doppio del Centro Nord (49,5), ma la variazione percentuale tra il primo e l�ultimo anno � dell� 8,4 per cento nel Sud e nelle Isole e del 31,9 per cento nel Centro Nord. Le rapine quindi sono cresciute nel centro Nord molto pi� velocemente rispetto a quanto � accaduto nel resto d�Italia. Di qui una delle ragionidellamaggiore sensibilit� del Centro Nord ai problemi della sicurezza rispetto al Sud.

Il rapporto sulla criminalit� presentato dal Ministro dell�interno (giugno 2007) evidenzia,con riferimento al triennio 2004-2006 (da quando � entrato pienamente in funzione un nuovo pi� efficace sistema di rilevazione dati), tre tipi di rapine: in abitazione, negli esercizi commerciali e per strada.

Le rapine pi� frequenti sul territorio italiano complessivo sono quelle commesse per strada, circa il 43 per cento; le rapine in abitazione sono circa il 3 per cento; quelle negli esercizi commerciali circa il 16 per cento.

Il numero delle rapine su centomila abitanti � peraltro quasi doppio al Sud e nelle Isole (118, 8 rapine ogni 100.000 abitanti) rispetto al Centro Nord (60,5 rapine ogni 100.000 abitanti). La percentuale delle rapine in abitazione sul totale delle rapine � quasi doppia al Centro Nord (4,6 per cento del totale delle rapine al Centro Nord) rispetto al Sud e alle Isole (2,5 per cento del totale delle rapine al Sud e Isole).

La percentuale delle rapine per strada, rispetto al totale delle rapine locali, � pi� elevata nel Sud e Isole (46 per cento) rispetto al Centro Nord (40 per cento). La percentuale delle rapine negli esercizi commerciali � invece meno elevata nel Sud e Isole (15 per cento) rispetto al Centro Nord (17 per cento).

 

Tipi di rapine denunciate alle forze di polizia nel Centro Nord e nel Sud-Isole per 100 mila abitanti (anni 2004-2006).

 Fig. 10. Fonte: Ministero dell�interno.

 

 

11. Reati violenti contro le donne in Italia

L�Istat ha condotto nel 2006 una indagine sulla violenza contro le donne. L�indagine � stata compiuta in seguito ad una convenzione stipulata tra l�Istat e il Dipartimento per i diritti e le pari opportunit� e con il finanziamento del fondo sociale europeo PON. Sicurezza. L�analisi completa dei dati � contenuta nel quinto capitolo del citato Rapporto sulla Criminalit� in Italia[16].

Sono ben 6.743.000 le donne tra i 16 e i 70 anni, il 31,9 per cento della classe di et� oggetto dell� indagine, che hanno subito una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Su cento donne di quella fascia d�et�, 12 hanno subito violenza fisica dal partner e circa 10 dal non partner. Altrettanto preoccupante � la comparazione in caso di stupro e di tentato stupro: 2,4 violenze per cento donne della stessa fascia d�et� sono state commesse dal partner e quasi la stessa cifra, 2,9, da chi non era partner.

La violenza domestica appare da questa ricerca un vero problema nazionale; infatti le donne che hanno subito dal proprio partner ripetute violenze gravi, fisiche e/o sessuali, sono 1.572.000. Il 46 per cento delle intervistate ha subito da due a dieci episodi di violenza.

 

 

12. Valutazione di sintesi

In sintesi, mentre il numero complessivo dei reati � praticamente stabile, aumentano i reati violenti e predatori. Si tratta delle aggressioni che destano maggior allarme nell�opinione pubblica e legittimano il crescere del senso di insicurezza. L�Italia non � certamente il paese pi� insicuro; assai pi� insicuri e violenti  sono, come emerge dalle statistiche, i paesi del Nord Europa, che  pure hanno fama, meritata,  di altissima civilt�. E� segno che l�immagine complessiva di un paese viene da un insieme di fattori, che sta allo stesso paese valorizzare e proporre. In Italia, quest�opera � pi� difficile perch� non c�� ancora, per ragioni che fuoriescono dal tema di questa relazione, una sufficiente attenzione all�interesse nazionale.

 

 

13. Politiche della sicurezza e immigrazione

Nel dibattito pubblico sulla sicurezza un posto considerevole � occupato dai temi della immigrazione.

Nel mondo politico, come nello spazio pubblico, il dibattito sembra dominato da due opposte simbologie, frutto di due opposte ideologie: da un lato l�immigrato � considerato il simbolo dello sfruttamento coloniale e capitalistico e quindi come una sorta di vittima permanente da risarcire come tale, sempre e comunque; dall�altro lato l�immigrato � �l�estraneo�, di per s� persona pericolosa, incline ad aggredire e a delinquere.

Il Ministro dell�Interno ha presentato nel 2008 una ricerca sociale assai approfondita sulla materia dell�immigrazione[17]. Sulla base dei risultati, i sentimenti degli italiani nei confronti degli immigrati varierebbero dall�apertura, comprensione, disponibilit� (42 per cento) alla chiusura, indifferenza, preoccupazione, paura, insicurezza (33 per cento), o ad un atteggiamento razionale (25 per cento).

Ma questi sentimenti non sono diffusi in modo eguale nella popolazione italiana.

Sono pi� preoccupati per l�immigrazione i lavoratori manuali, in particolare nelle regioni del Nord, piccoli imprenditori e artigiani, che segnalano tra l�altro la concorrenza degli immigrati pi� attivi.

Sono meno preoccupati i cittadini che svolgono un�attivit� intellettuale, insegnanti, impiegati, che non hanno ragione di temere la concorrenza, gli anziani e le loro famiglie che sono aiutati nei compiti di cura.

I dati obbiettivi relativi alla criminalit� ci dicono che la linea di demarcazione non passa tra immigrati e cittadini, ma tra immigrati regolari e immigrati clandestini.

Mentre la percentuale di immigrati regolari non comunitari autori di reati � pressoch� analoga alla percentuale di italiani autori di reati, e quindi non presenta aspetti patologici o tali da giustificare allarme, assai diversa � la valutazione relativa agli immigrati clandestini.

In particolare, nel 2006, gli stranieri regolari sono circa il 5 per cento della popolazione residente e quelli denunciati come autori di reato sono circa il 6 per cento del totale complessivo dei denunciati. Si pu� aggiungere che gli stranieri regolari denunciati sono circa il 2 per cento del totale degli stranieri regolari. Nel 2006 la percentuale di irregolari denunciati sul totale di stranieriinvece era del 74 per cento per gli omicidi, dell�80 per cento per i furti (82 per cento per i furti in appartamento), del 79 per cento per le rapine[18].

Contenuto analogo avevano le considerazioni svolte dal Ministro dell�interno Pisanu il 15 agosto 2005 a proposito dell�andamento della criminalit� nel 2004:  �Osservo soltanto che per la corretta lettura di questi dati bisogna tener presenti sia il costante aumento delle denunce da parte dei cittadini (segno chiaro di crescente fiducia nelle Forze dell�ordine) sia, e soprattutto, la fortissima incidenza sulla delittuosit� complessiva dei reati commessi da immigrati irregolari (su un totale di 611.000 persone complessivamente arrestate o denunciate in Italia nel 2004, il 28,12 per cento era costituito da clandestini). Aggiungo che, invece, la quantit� di reati ascritti a immigrati regolari � quasi irrilevante�[19].

Meno nota � la vittimizzazione degli stranieri non comunitari.

Tra il 2004 e il 2006 sono non comunitari il 17,7 per cento degli uomini e il 23,2 per cento delle donne uccise. Ben un quarto delle donne violentate nello stesso periodo sono non comunitarie; limitatamente ai casi in cui la nazionalit� dell�autore della violenza � nota, 87 volte su cento si tratta di italiani[20] .

 

 

14. Gli organici delle forze di polizia in UE e in Italia.

Secondo i dati forniti da Eurostat, pubblicati il 23 novembre 2007, ma aggiornati al 2005, il numero complessivo di operatori di polizia in Italia sarebbe pari a 329.012 unit� (in media, 561 agenti ogni 100 mila abitanti). Questo dato collocherebbe l�Italia, nella classifica degli Stati UE con maggior presenza di polizia nel proprio territorio, al secondo posto, dietro al solo Cipro, con un netto vantaggio rispetto alla Spagna (la cui media sarebbe pari a 469), alla Francia (385), alla Germania (300) e al Regno Unito (per l�esattezza, � riportata solo la media di Inghilterra e Galles, pari a 266 agenti ogni 100 mila abitanti).

Parzialmente diverso nelle cifre assolute, ma non nella valutazione finale, � il dato comparato fornito dall�European Sourcebook of Crime and Criminal Justice Statistics del 2006 [riferito agli anni 2000-2003]. Il numero di agenti di polizia italiani sarebbe pari a 470 ogni 100 mila abitanti, il pi� alto, dopo quello della Grecia, tra i tredici principali Stati membri dell�Unione europea (la media dei tredici Stati Ue � pari a 349). Queste cifre sono riportate nel Rapporto del ministero dell�economia sulla spesa pubblica, corredate dall�invito a riflettere sul sovradimensionamento delle nostre forze di polizia[21].

L�utilit� della comparazione sconta, in questo campo, due limiti evidenti. Il primo � legato alla attendibilit� scientifica di tali dati. L�assetto organizzativo delle forze di polizia nei diversi ordinamenti � fortemente differenziato � non solo perch� esistono modelli diversi (monisti, dualisti, pluralisti), ma anche perch� i ruoli amministrativi sono distinti da quelli operativi in alcuni paesi e non in altri. Pertanto l�attendibilit� della comparazione dipende dal modo in cui tali differenze sono valutate. Ad esempio, in base ai dati Eurostat, il numero complessivo di operatori di polizia in Francia sarebbe pari a 234 mila unit�, a fronte delle 329 mila italiane. Tuttavia, il dato francese non comprende gli operatori civili, quelli della polizia doganale e gli staff tecnici, mentre il contrario accade per il dato italiano.

Inoltre,  il dato complessivo italiano non dovrebbe includere il personale delle forze di polizia specialistiche (Guardia di finanza, Polizia forestale e Polizia penitenziaria), ma solo quello delle polizie a competenza generale (Polizia di Stato e Arma dei carabinieri), poich� queste corrispondono alle due forze di polizia generale francesi (la Police Nationale e la Gendarmerie). Se si adotta questo diverso criterio, cambiano non solo i valori relativi, ma anche quelli assoluti: gli organici delle due forze di polizia francesi (215 mila unit�) equivalgono a quelle delle corrispondenti forze italiane (214.400 unit�)[22].

Il secondo limite della comparazione � dato dalle specificit� degli ordinamenti comparati. Come si � ricordato all�inizio, l�esigenza di contrastare fenomeni criminali specifici all�interno di uno Stato � per l�Italia, la mafia, la camorra, la �ndrangheta, ecc. � non pu� non incidere sugli organici da destinare alla funzione di sicurezza.

Anche per la polizia penitenziaria, settore per il quale la comparazione internazionale sembrerebbe pi� semplice, occorre prudenza. Mentre in Italia (agosto 2007), a fronte di 45.600 persone detenute (59.000 prima dell�indulto), ci sono 41.600 unit� di polizia penitenziaria, in Francia, con circa 59.500 detenuti, gli agenti penitenziari sono circa 31.000. Sulla base di simili dati, si � ritenuto � che il sistema penitenziario italiano richiede uno sforzo consistente di miglioramento, sia sotto il profilo ordinamentale sia come riduzione di spesa corrente per liberare risorse a vantaggio di investimenti nelle strutture di detenzione�[23].

Ma occorrerebbero altre valutazioni per potere esprimere un giudizio pi� attendibile: ad esempio gli istituti penitenziari in Italia sono 205 e in Francia sono 192. I detenuti inseriti nel circuito di massima sorveglianza, che richiedono quindi oneri di controllo del tutto particolari, sono tra 300 e 350 in Francia[24] e 586 in Italia[25]. E inoltre quante traduzioni in un anno devono effettuare le polizie penitenziarie dei due Paesi? quali sono le funzioni di tipo non puramente custodiale attribuite alle due polizie?.

Perci�, anche se si dovesse concludere che in Italia il rapporto tra forze di polizia e popolazione sia pi� alto che in altri paesi europei, resterebbe da dimostrare che la differenza non sia resa necessaria dalle diverse caratteristiche degli universi criminali che quelle forze devono affrontare.

 

 

15. I vuoti di organico nelle diverse forze di polizia

Le forze di polizia soffrono di gravi vuoti di organico.

L�organico formale complessivo (desumibile dalle disposizioni di legge) di tutte e cinque le forze dovrebbe essere pari a 355.126 unit�. Quello riferito a Polizia di Stato ed Arma dei carabinieri dovrebbe ammontare a 232.483 unit�. Ma Polizia di Stato e Carabinieri hanno un organico reale di 220.000 unit�, e solo 214.000 hanno compiti operativi[26].

La Guardia di Finanza ha una dotazione organica di 68.134 unit� e una dotazione effettiva di 63.635 militari.

La polizia penitenziaria, secondo quanto si ricava dalla relazione svolta dal Ministro della giustizia in occasione dell�inaugurazione dell�anno giudiziario 2007,ha una dotazione organica di 45.109 unit� e una dotazione effettiva di 41.867 unit�. Una situazione carente specialmente nell�Italia del Nord, come evidenziato dal Capo del Dipartimento penitenziario, dott.. Ettore Ferrara, che potrebbe trovare parziale risoluzione nell�uso di strumenti tecnologici: �Si riscontrano problemi soprattutto negli istituti del nord Italia, in cui si rileva una mancanza di copertura degli organici del personale penitenziario maggiore rispetto al sud. Tale problema potrebbe trovare parzialmente soluzione con una diversa organizzazione dei servizi di sicurezza all�interno degli istituti, impiegando in modo massiccio nuovi strumenti e nuove tecnologie di controllo, quali impianti televisivi, di registrazione� (Resoconto stenografico , seduta del 18 luglio 2007)

Il Corpo forestale dello Stato, secondo quanto riferito dal suo capo, ing. Cesare Patrone, su un organico di 9.400 unit�, aveva in servizio,a luglio 2007,  8.500 persone  (audizione del 18 luglio 2007)[27].

Nella sola polizia di Stato dal 1995 al 2006 lo scarto tra la dotazione organica e la forza effettiva � cresciuto dal -1 per cento al -4 per cento per i ruoli operativi, mentre � diminuito dal -90 per cento al -40 per cento (dato pur sempre elevatissimo) per i ruoli tecnici e sanitari[28]. E� sin troppo banale dedurne che occorrerebbe reperire le risorse necessarie per provvedere a colmare le menzionate lacune di organico.

Il problema dell�insufficienza delle risorse � aggravato dalla questione dei compiti amministrativi di supporto all�azione di polizia[29]. La legge 1� aprile 1981,n. 121, prevedeva (e prevede tuttora) che �all�espletamento delle funzioni di carattere amministrativo, contabile e patrimoniale � si provvede con personale appartenente ai ruoli dell�amministrazione civile dell�interno�[30]. Questa disposizione ha avuto un�applicazione molto limitata: mentre in altri paesi europei il personale civile � mediamente pari al 20-30 per cento della forza di polizia a supporto della quale opera, in Italia tale percentuale � molto pi� bassa (inferiore al 10 per cento), poich� il personale civile di supporto alla Polizia di Stato � pari ad appena 9.960 unit�. La conseguenza � che una parte consistente del carico amministrativo finisce per gravare direttamente sul personale di polizia, limitando ulteriormente il numero di agenti da utilizzare in attivit� d�istituto.

In attesa di una adeguata integrazione del personale civile di supporto, occorrerebbe quanto meno introdurre incentivi per favorire il passaggio del personale della Polizia di Stato con maggiore anzianit� (comunque destinato ad impieghi sedentari) ai ruoli civili e cos� valorizzare una previsione gi� esistente[31].

 

 

 

ORGANICI DELLE FORZE DI POLIZIA

 

Organici

Effettivi

Fonte dati

Polizia di Stato

107.535

103.217

Fonte: quadro di doc PS  p.2

P.S. (con servizi sanitari e tecnici)

117.193

109.007

Fonte: quadro di doc PS  p.2

Arma dei Carabinieri

115.290

111.149

Fonte: quadro di doc PS  p.2

115.143

circa 110.000

Fonte: quadro di doc ADC p. 96

Totale P.S. + Carabinieri (no sanitari e tecnici)

222.825

214.366

 

Totale P.S. + Carabinieri (con sanitari e tecnici)

232.483

220.156

 

Popolazione

59.131.287

Fonte: ISTAT Residenti al 1� gennaio

2007

P.S. e Carabinieri / 100.000 ab.

376,83

362,53

 

P.S. e Carabinieri / 100.000 ab.

393,16

372,32

 

G.d.F.

68.134

63.635

Fonte: quadro di doc GDF tab. p. 21 Audizione Gen. D�Arrigo 30/7 p. 14

Corpo forestale dello Stato

9.400

8.500

Audizione Ing. Patrone 18/7

Corpo forestale dello Stato (operai)

 

1.500

Audizione Ing. Patrone 18/7

Polizia Penitenziaria

45.109

41.867

Fonte: Relazione Ministro della giustizia � inaugurazione dell�anno giudiziario 2007

 

43.000

Risposta scritta quesiti Cons. Ferrara p. 14

45.121

 

Fonte: sito internet Polizia Penitenziaria

 

41.584

Fonte: Rapporto intermedio sulla spending review pag. 45

Totale Forze di polizia (senza sanitari e tecnici)

345.468

328.368

 

Totale Forze di Polizia (con sanitari e tecnici)

355.126

334.158

 

Nota: In caso di dati discordanti, per i totali sono utilizzati i dati riportati nella prima riga (ad es. per la Polizia Penitenziaria i dati del Ministro della giustizia). I dati relativi agli operai del Corpo forestale dello Stato non sono considerati in nessuno dei totali riportati nella tabella.

 

 

Peraltro tutte le organizzazioni sindacali e i Cocer dei diversi corpi di polizia, ascoltati in un�apposita audizione, hanno segnalato un profondo malessere, che si avvia a diventare via via pi� grave per effetto dei pensionamenti ai quali non corrispondono nuove assunzioni.

Nella polizia di Stato cesseranno dal servizio per raggiunti limiti di et�, 1300 unit� per anno nel triennio 2007-2010. Pertanto nel 2010, sommando queste carenze a quelle gi� verificatesi, mancheranno complessivamente 10.000 poliziotti. Situazioni analoghe si riscontrano negli altri corpi di polizia.

Il vice ministro dell�interno, on. Marco Minniti, nella seduta del 30 maggio 2007 ha informato la Commissione che le tre forze principali, polizia di stato, carabinieri e guardia di finanza, sono sotto organico mediamente del 10 per cento: per colmare il vuoto bisognerebbe assumere tra i 25.000 e i 30.000 operatori di polizia.

E�un obbiettivo che, per ragioni di bilancio, non pu� essere raggiunto nel medio periodo; ma le autorit� di governo dovrebbero mettere in campo un programma di progressiva risoluzione del problema.

 

 

16.   Le risorse finanziarie

Le drammatiche condizioni finanziarie delle forze di polizia sono state descritte in modo assolutamente eloquente dal Ministro dell�Interno Giuliano Amato nel corso dell� audizione del 30 maggio 2007. Il ministro ha sottolineato, in particolare, come la carenza di risorse destinate agli investimenti e ai consumi intermedi, con il decorrere del tempo, riduce obbiettivamente la capacit� delle forze di polizia di competere con le forme criminali pi� aggressive e sofisticate. I mezzi sono vecchi e spesso pericolosi; cresce il debito dell�amministrazione nei confronti dei privati per il carburante, la manutenzione, e le locazioni (per complessivi 188.270.806 euro al 31 dicembre 2006, secondo quanto riferito dal capo della Polizia, Antonio Manganelli, in risposta a taluni quesiti posti dai deputati); � lesa l�autorevolezza della stessa Amministrazione e delle sue funzioni.

La Commissione condivide le analisi e le valutazioni del Ministro.[32]

I cosiddetti �patti per la sicurezza� conclusi nel corso del 2007 (in base all�articolo 1, comma 409, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, legge finanziaria per il 2007) hanno consentito di raggiungere accordi con gli enti locali per il finanziamento di una parte dei consumi intermedi. Si tratta di un rimedio utile (impiegato, tra l�altro, per l�ammodernamento dei mezzi), ma evidentemente non risolutivo, poich� si tratta di accordi territorialmente circoscritti, che non forniscono una risposta al problema dei debiti accumulati nel tempo (ad esempio, per gli affitti non pagati).

Il rischio, in altri termini, � quello di un progressivo �deperimento� della funzione. Sono necessarie risorse aggiuntive, da assicurare sia con misure una tantum[33], per ripianare i debiti accumulati, sia con finanziamenti pluriennali per consentire di programmare investimenti tesi a mantenere e ad elevare gli standard del servizio.

La Commissione intende qui rilevare come n� la riduzione degli uomini e delle risorse, n� la vetust� dei mezzi[34] abbiano ridotto la capacit� di contrasto delle forze di polizia e come la preparazione professionale e il senso dello Stato abbiano sinora consentito di ottenere lusinghieri successi sia nella lotta al crimine organizzato che nella garanzia della sicurezza quotidiana.

Ma lo spirito di sacrificio e il senso dello Stato degli operatori di polizia e dei loro vertici non possono costituire un alibi per non avviare un programma di risanamento finanziario; il protrarsi delle attuali carenze, che anzi potrebbero anche aggravarsi, potrebbero incidere profondamente sulla capacit� di garantire la sicurezza dei cittadini.

In ogni caso, sarebbe necessario, per un pi� razionale uso delle risorse finanziarie, valutare l�opportunit� che alcuni servizi di carattere logistico, l�acquisto automezzi, le officine per le riparazioni, i parcheggi, le attrezzature di uso comune, vengano acquistati e gestiti insieme dalle diverse forze di polizia. L�effetto sarebbe un notevole risparmio di risorse che potrebbe essere destinato al miglioramento dei mezzi stessi e al benessere del personale.

 


 

17. L�efficacia dell�investigazione e l�inefficacia del processo

 Nella valutazione del contrasto alla criminalit� occorre distinguere l�efficacia della risposta investigativa dall�efficacia del processo.

All�azione investigativa che coinvolge tutte le forze di polizia e le procure della Repubblica si deve la cattura di quasi tutti i latitanti pi� pericolosi della mafia, della �ndrangheta e della camorra, la cattura dei componenti di un gruppo terrorista che era sul punto di commettere un grave attentato[35] il compimento in collaborazione con l�FBI della pi� grande operazione internazionale antimafia degli ultimi anni contro gli esponenti principali delle �famiglie� Gambino e Inzerillo, il sequestro alle grandi organizzazioni criminali di beni che hanno un valore complessivo pari a quello di alcune manovre finanziarie.

Dal 1992 al 2007 sono stati arrestati 3747 pericolosi latitanti, circa uno ogni 36 ore; questo lusinghiero risultato � evidentemente frutto di una particolare capacit� investigativa.

Su un terreno pi� �ordinario� va segnalato che le violenze commesse all�interno degli stadi, una volta episodi fissi delle domeniche calcistiche, sono quasi cessate, e che � aumentatala capacit� di individuare i sospetti autori dei pi� gravi reati che in misura maggiore hanno impressionato l�opinione pubblica negli ultimi anni.

Il riconoscimento maggiore a questa capacit� � venuta proprio da uno dei pi� diretti interessati. Francesco Inzerillo, capo dell�omonima famiglia mafiosa, che consiglia ai nipoti di lasciare l�Italia�perch� qui se non fai niente devi pagare; se fai, devi pagare per dieci volte; futuro non ce n��, sei sempre sotto controllo�[36].

I dati offerti alla Commissione da tutte le cinque forze di polizia dimostrano un impegno crescente nel controllo del territorio, delle persone e dei veicoli da trasporto, negli arresti, nelle perquisizioni. In particolare, le persone denunciate sono passate dalle 435.751 del 1990 alle 651.485 del 2006; nell�ultimo quinquennio si passa dalle 125.689 persone arrestate nel 2002 alle 153.936 del 2006 (+22,47 per cento). Gli indici del controllo del territorio sono costituiti dalle persone e dalle auto identificate in occasione dei posti di blocco; nel 2006 le persone sono state circa 10 milioni e gli automezzi pi� di 5 milioni.

Ma quando si passa alla valutazione dell�efficacia del processo, che vuol dire sconfitta dell�impunit� e certezza della sanzione, i risultati sono preoccupanti ed esigono la pi� severa delle riflessioni.

 

 

18.    Beni sequestrati e beni confiscati

La Commissione intende segnalare l�assoluta priorit� delle sanzioni di carattere patrimoniale nei confronti di tutte le forme di criminalit�; privare il criminale delle ricchezze acquisite illegalmente � una delle poche sanzioni temibili perch� vanifica la finalit� ultima dell�azione criminale. Al tema, con specifico riferimento alle organizzazioni mafiose, ma il tema va oltre questo tipo di organizzazioni, ha dedicato una importante relazione la Commissione Antimafia[37]. E il governo, aderendo ad una delle richieste della Commissione, ha presentato un progetto di legge (C. 3242)che prevede  una delega  per redigere un testo unico delle misure di prevenzione. L�incertezza normativa, dovuta a stratificazioni legislative, ha certamente un ruolo significativo nel deludente esito di questo tipo di misure e tuttavia forse bisogner� anche riflettere su una pi� accurata preparazione del personale di polizia e dei magistrati che si occupano di questa materia.

 

VALORI DEI SEQUESTRI E DELLE CONFISCHE DAL 1992 AL 30 GIUGNO 2007

 (I valori dei beni sequestrati e confiscati sono espressi in euro)

ORGANIZZAZIONI

Sequestri

(art. 321 cpp)

 

Sequestri

(lex 575/65)

Confische

(lex 575/65)

Cosa Nostra

571.465.081

753.697.000

136.701.114

Camorra

1.689.785.888

803.314.823

482.374.000

�Ndrangheta

65.447.099

119.796.254

46.283.000

Crim.Org.Pugl.

64.157.795

65.307.000

54.150.698

Altre

183.369.000

164.247.000

82.288.000

Totali

 2.574.224.863

 1.906.362.077

801.796.812

Fonte: Ministero dell�interno, Direzione investigativa antimafia.

 

In questo quadro va anche ricordata l�attivit� di contrasto alla criminalit� organizzata svolta dal Corpo della Guardia di Finanza che ha portato, secondo i dati forniti dal Comando generale del Corpo medesimo, nel periodo compreso tra il 1� gennaio 1996 e il 31 marzo 2008 a sequestri di beni per un valore totale di 7.643.717.686,56 euro, a fronte dei quali sono state disposte confische di beni per un valore totale 2.453.607.358,41 euro.

L�autorit� giudiziaria riesce a confiscare una quota minima dei beni sequestrati, meno del 20 per cento, e deve restituirne la grande maggioranza, pi� dell�80 per cento dopo procedure lunghe, impegnative e costose.

 

 

19. La necessit� della banca dati del DNA.

Nel  paragrafo successivo si passeranno in rassegna i principali punti deboli del processo penale. Ma una incisiva lotta al crimine non pu� fondarsi solo su una normativa pi� efficace; queste innovazioni sono necessarie ma non sufficienti. Occorre anche il continuo potenziamento tecnologico delle forze di polizia. A questa finalit� risponde, tra l�altro, la istituzione della banca dati del DNA e del Laboratorio Centrale, oltre alla ratifica del trattato di Prum, che rende pi� efficace la collaborazione transnazionale nella lotta alla criminalit� comune, mafiosa e terroristica grazie allo scambio delle informazioni relative ai dati genetici. I paesi che hanno gi� istituito la loro banca dati del DNA hanno avuto un significativo miglioramento della loro capacit� di  identificare gli autori dei delitti, passando in alcuni casi dal 6 al 60 per cento[38]. Il governo Prodi II aveva presentato una propria proposta in tal senso. E� opportuno che il nuovo Parlamento intervenga al pi� oprato su questa materia.

 

 

20. I principali punti deboli del processo penale.

La Commissione ha dedicato un�apposita seduta (28 novembre 2007) ad un incontro con alcune autorit� giudiziarie operanti in aree particolarmente delicate.

 Molte delle autorit� ascoltate hanno consegnato alla Commissione documenti di estremo interesse. Sulla base di tale documentazione sono enucleabili i principali punti deboli del sistema di accertamento della responsabilit� penale e di irrogazione delle sanzioni.

        �All�aumento di impegno delle forze di polizia dovrebbe corrispondere un recupero di efficienza del sistema giudiziario, perch� l�iniziativa di polizia vale 48 ore, poi deve intervenire l�autorit� giudiziaria. E se all�incremento degli arresti e dei fermi non corrisponde una tempestiva attivit� giudiziaria di processualizzazione di tali notizie di reato, si crea un intasamento� che produce le inevitabili scarcerazioni con vanificazione dell� impegno, spesso rischioso delle orze di polizia e sconcerto nei cittadini. �In genere, l�ipotesi accusatoria nei confronti di un soggetto arrestato, prima di ottenere una stabilit�, subisce almeno otto gradi di giudizio, se si eccettuano quelli di rinvio per i possibili annullamenti da parte della Corte di cassazione. Ognuna di queste fasi necessita di un lavoro di cancelleria e di notifiche di numerosi atti all�indagato e al difensore� (Franco Roberti, procuratore aggiunto DDA Napoli, in �Situazione della camorra nel distretto di Napoli. Strategie nel contrasto giudiziario�, consegnato agli atti della Commissione, pp. 57 e ss).

        �Per effetto di un regime tabellare che prevede una sorta di giudice naturale precostituito � per cui il GIP pi� oberato non pu� essere sollevato dal lavoro in favore di un altro � gli uffici dei GIP sono sovraccarichi di lavoro e devono talvolta affrontare l�accumulazione di casi da esaminare, che determina grossi ritardi nella concessione delle misure cautelari. (Francesco Messineo, procuratore della Repubblica, Palermo, audizione del 28 novembre 2007, resoconto stenografico, p. 27).

        �Bisognerebbe intervenire � sulla forbice tra minimo e massimo edittale delle pene � infatti, molti dei reati prevedono una distanza tra minimo e massimo a volte di quattordici o quindici anni � il che determina una eccessiva discrezionalit� nella commisurazione della pena� e spinge il giudice a tenersi sempre assai vicino ai minimi edittali. (Agata Santonocito, sostituto procuratore della Repubblica, Catania, audizione del 28 novembre 2007, resoconto stenografico, p.  34).

        �� evento raro che un dibattimento di media complessit� si esaurisca in una udienza unica. Normalmente i rinvii si succedono ai rinvii, spesso con ritmi esasperanti, con difficolt� di riconvocazione delle persone, dovuta anche al pessimo funzionamento del sistema delle notificazioni. Il processo ha cos� durata lunghissima, polverizzata in decine e decine di udienze, molte delle quali di mero rinvio (nelle quali, per il carico di lavoro dell�ufficio e per la continua sopravvenienza di processi pi� urgenti � quelli con detenuti, ovvero con termini di prescrizione prossimi alla scadenza � non si fa assolutamente nulla, se non fissare la data di una prossima udienza), ma a cui prendono comunque parte � in un inutile e costosissimo spargimento di formule � giudici, parti, testimoni � Al suo termine, l�eventuale inflizione della sanzione al condannato � un accidente declamato ma non praticato, che umilia ulteriormente il soggetto offeso� (Vincenzo D�Agata, procuratore DDA Catania, in �Questioni inerenti alla sicurezza dei cittadini e delle imprese rispetto alla criminalit� organizzata�, consegnato agli atti della Commissione, pp. 5-6).

        �Prassi applicative, non soltanto locali, quali spericolati giudizi di bilanciamento; applicazione sistematica dell�istituto della continuazione, che ha portato ormai di fatto alla implicita abrogazione della recidiva; diminuzioni dovute alla scelta del rito; patteggiamenti in appello talora disinvolti, risolvono troppo spesso in sanzioni assai contenute (ad onta delle apocalittiche astratte previsioni edittali) complesse (e faticose) inchieste giudiziarie� (Vincenzo D�Agata, procuratore DDA Catania, in �Questioni inerenti alla sicurezza dei cittadini e delle imprese rispetto alla criminalit� organizzata�, consegnato agli atti della Commissione, p. 6).

        �Il patteggiamento in grado di appello che, specialmente nella forma �allargata� di cui all�articolo 599, comma 4, del codice di procedura penale, costituisce, al tempo stesso, un comodo varco aperto ai criminali per sottrarsi alla condanna riportata in primo grado � e uno spreco di risorse non giustificato�[39] (Franco Roberti, procuratore aggiunto DDA Napoli, in �Situazione della camorra nel distretto di Napoli. Strategie nel contrasto giudiziario�, consegnato agli atti della Commissione, p.55).

        La �eccessiva sovrapposizione di benefici penitenziari: alle misure alternative si affianca la liberazione anticipata, che, con buona pace della intangibilit� del giudicato, interviene sistematicamente e senza possibilit� di non falcidiare la pena� irrogata (Cataldo Motta, procuratore aggiunto DDA Lecce, audizione del 28 novembre 2007, resoconto stenografico, p. 21).

        Ricorrente � la strumentalizzazione delle misure nate per i tossicodipendenti e gli alcoldipendenti: �ormai la nuova frontiera della criminalit� organizzata � l�alcoldipendenza, che � difficilissima da accertare e che consente di essere liberati e di eludere la pena sino a sei anni di reclusione. Questa situazione � dovuta in parte all�atteggiamento di superficialit� di tutti i SERT che certificano uno stato di alcoldipendenza quasi come fosse un attestato di servizio�e, in parte, ad una scarsa incidenza del controllo sui programmi di recupero, che dovrebbe essere demandato � al tribunale di sorveglianza� (Cataldo Motta procuratore aggiunto DDA Lecce, audizione del 28 novembre 2007, resoconto stenografico, p. 21).

        �Singolare appare poi che quasi tutti i mafiosi catanesi siano difesi a spese dello Stato � Cos�, falle e incongruenze della formulazione della legge [sul gratuito patrocinio] rischiano di trasformare un istituto di civilt�, finalizzato a garantire una difesa efficace anche in favore di cittadini realmente sprovvisti di mezzi finanziari, in un facile espediente a mezzo del quale malavitosi di professione, dopo aver ricavato ingenti ricchezze da attivit� delittuose svolte in danno della societ�, si prendono beffa di quella stessa collettivit� da loro danneggiata, spedendo le parcelle relative alle loro difese penali allo Stato perch� provveda al saldo� (Vincenzo D�Agata, procuratore DDA Catania, in �Questioni inerenti alla sicurezza dei cittadini e delle imprese rispetto alla criminalit� organizzata�, consegnato agli atti della Commissione, pp. 7-8).

 

Il quadro complessivo � allarmante. E appare ancora pi� grave se si considera la presa di posizione di circa settanta magistrati milanesi che hanno denunciato come la sterilit� del lavoro giudiziario li renderebbe �lavoratori socialmente inutili� (riferito dagli organi di stampa il 12 gennaio 2008).

Mancano la certezza della responsabilit� penale e la certezza della sanzione; si rischia la demotivazione professionale di una parte della magistratura. Superare questo processo penale, flebile, confuso e impotente, � un dovere per chiunque senta la responsabilit� di garantire la sicurezza dei cittadini.

 

 

21. La crescita del senso di insicurezza

Dal complesso delle audizioni effettuate e dai documenti acquisiti emerge una preoccupante crescita del sentimento di insicurezza.

Gli studiosi ascoltati dalla Commissione[40] hanno invitato a distinguere due sentimenti diversi che interpretazioni superficiali tendono a confondere. Si tratta della paura di essere vittima di un delitto e della preoccupazione per la diffusione della criminalit�.

Il professor Guido Martinotti ha sottolineato come la sensazione di insicurezza sia strettamente connessa alla consapevole percezione del rischio. Sulle strade, ha rilevato il professor Martinotti, registriamo circa 7.000 morti l�anno e pi� di 240.000 feriti, anche gravissimi e con menomazioni permanenti. Il 14 per cento di queste vittime sono pedoni. Ma questi dati sono ignorati dalla grande opinione pubblica e quindi l�infortunistica stradale non fa parte del complesso dei fattori che generano insicurezza.

Da una rilevazione dell�Osservatorio sul Capitale Sociale realizzata nel giugno 2007[41] risultava che otto persone su dieci erano convinte che nei precedenti cinque anni la situazione della sicurezza fosse peggiorata e ben nove persone su dieci erano molto (47 per cento) o abbastanza (45 per cento) preoccupate per la criminalit�.

Nel novembre successivo un�altra indagine demoscopica[42] comparava la lista delle priorit� degli italiani (problemi pi� gravi da affrontare) negli ultimi sei anni (2002-2007). La criminalit� comune era al secondo posto, dopo la disoccupazione, nel 2002; al terzo posto, dopo la disoccupazione e il costo della vita nei 2003, 2004 e 2005; al secondo posto nel 2006 dopo la disoccupazione; al primo posto nel 2007 seguita da disoccupazione e costo della vita.

Infine, alla domanda: quanto la preoccupa il problema della criminalit� nella zona in cui vive e in Italia?, nel giugno 2007 la somma delle risposte �abbastanza e molto� dava 56.8 per cento per la zona in cui vive (47,8 per cento nel novembre 2005) e 91.9 per cento per l�Italia (91 per cento nel novembre 2005)[43] .

Diamanti e Bordignon, in un recente saggio[44], dopo aver messo in luce la sostanziale stabilit� del numero dei reati negli ultimi quindici anni, mettono in luce come la percezione della minaccia criminale negli ultimi dieci anni sia cresciuta in modo prepotente. Inoltre, incrociando i dati sulla qualit� della vita nelle province italiane, secondo le analisi annuali de Il Sole 24 Ore e la congiunta rilevazione sul senso di insicurezza svolta sempre su base provinciale da IprMarketing, si rileva che solo su 5 delle 20 province in cui registra un aumento del numero dei reati aumenta anche il senso di insicurezza.

 

 

22. Perch� cresce l�insicurezza.

 Nel corso della indagine conoscitiva � emerso che esistono motivazioni ragionevoli che spiegano l�apparente paradosso per il quale, pur in assenza di un sensibile aumento complessivo della criminalit�, cresce la sensazione di insicurezza.

 

a)                       Pur essendo rimasto sostanzialmente stabile il numero complessivo dei reati, � aumentato il numero dei reati che suscitano maggiore apprensione perch� violano l�intimit�, come gli stupri e i furti in abitazione. I furti in abitazione per 100.000 abitanti erano 191,6 nel 2004, 206,3 nel 2005, 240,3 nel 2006; gli stupri, per 100.000 abitanti erano 6,8 nel 2004, 7,1 nel 2005, 7,7 nel 2006[45].

 

b)                      Nelle modalit� di commissione dei reati � aumentato il ricorso alla violenza, all�uso delle armi, alle minacce gravi. Questo cambiamento radicale � determinato dal fatto che sono mutati i �codici� criminali. L�ingresso nel mondo del crimine di nuovi soggetti e nuove organizzazioni pi� inclini, per ragioni culturali e di costume al ricorso alla violenza, come criminali provenienti da paesi dell�est Europa e da paesi africani ha comportato un innalzamento complessivo del livello di violenza nella commissione dei delitti. Non si usa pi� la violenza minima indispensabile per assicurarsi il profitto del reato; si usa la violenza massima per manifestare una propria superiorit�, raggiungere l�effetto di terrorizzare la vittima e rendere pi� facile tanto l�esecuzione del reato quanto la garanzia della impunit�. � pi� facile che una vittima terrorizzata si astenga dal riconoscere il suo aggressore per non incorrere in ritorsioni.

 

c)                       Il moltiplicarsi di luoghi �abbandonati� nelle periferie delle grandi citt� aumenta l�insicurezza. Vie e stazioni non sufficientemente illuminate e prive di forme di tutela, con fattori di degrado urbano (panchine divelte, cabine telefoniche rotte etc.) fanno sentire insicuri, indipendentemente dalla presenza di criminali. Un luogo abbandonato � di per s� un luogo insicuro. Nella indagine demoscopica pi� volte citata[46] risulta chiaramente che la maggiore crescita della insicurezza si manifesta nelle citt� con pi� di 100.000 abitanti e diventa assai rilevante nelle citt� con pi� di 500.000 abitanti, dove � pi� difficile, perch� pi� costoso, il controllo delle zone periferiche e dove si manifestano con maggiore intensit� quei comportamenti lesivi di regole sociali consolidate che costituiscono un fattore primario della sensazione di insicurezza.

 

d)                      L�invecchiamento della popolazione aumenta la sua insicurezza. Una persona anziana pu� essere turbata in misura rilevante da comportamenti nei confronti dei quali un giovane resta indifferente; si tratta della violazione di regole sociali comunemente accettate (comportamenti incivili) oppure di comportamenti o atteggiamenti ai quali la popolazione anziana non � abituata, come lo stazionamento di gruppi di ragazzi di fronte a un bar o a una discoteca; gruppi di neri che parlano tra loro (nuove forme di socializzazione); l�offerta insistente di merci; il tentativo insistito di rendere piccoli servigi (per un certo periodo � sembrato che tutta la problematica della sicurezza ruotasse attorno ai lavavetri).

 

 

 Tabella 1

 

e)                       L�informazione ha un ruolo significativo nella costruzione di sensazioni di insicurezza. In una societ� caratterizzata dal peso crescente della informazione � inevitabile che si dia notizia ripetuta e particolareggiata dei delitti pi� gravi. Quando c�erano solo sei telegiornali al giorno, la notizia veniva data sei volte; oggi che ce ne sono circa 40, la notizia viene data 40 volte ed � inevitabile che questa ripetizione, certamente non censurabile da nessuno, crei di per s� un senso di angoscia e di insicurezza. Molte trasmissioni di intrattenimento si soffermano per pi� puntate sui delitti che pi� hanno scosso l�opinione pubblica, con ricostruzioni, discussioni tra esperti, formulazione di ipotesi. Il tema ha attirato persino l�attenzione dell�Autorit� per telecomunicazioni[47]

Ma esistono anche aspetti patologici, in gran parte determinati dalla concorrenza tra le diverse reti televisive per l�accaparramento dell�ascolto. Ha riferito alla Commissione il direttore di uno dei maggiori telegiornali nazionali che quando il suo telegiornale va in onda contemporaneamente ad altro di altra rete, tende a dare come prima notizia un fatto di cronaca nera per incrementare l�audience[48]. D�altra parte nel congresso nazionale della FNSI, tenutosi nel novembre 2007, � stato approvato per acclamazione un ordine del giorno (ricordato da Roberto Natale, Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana nell�audizione del 10 gennaio 2008) nel quale, premesso, tra l�altro, che �le tre s � sesso, sangue e soldi � sono tornate con prepotenza a dominare l�informazione televisiva�, si ritiene �che l�informazione televisiva debba definire la propria scaletta sulla base delle notizie e non dei dati Auditel, elaborati sulla base di un campione pensato e costruito con obbiettivi che nulla hanno a che fare con la completezza della informazione e finalizzati ad individuare una platea di consumatori e non di cittadini e del loro diritto all�informazione�e si propone �una moratoria dei dati di ascolto dei telegiornale scomposti minuto per minuto chiedendo che gli ascolti dei notiziari siano misurati nella loro complessit� fornendo solo il dato medio, togliendo cos� a editori e direttori l�arma impropria delle curve di ascolto consultate ogni mattina come un oracolo, per decidere se raccontare l�efferato delitto o la repressione in Birmania, il gossip o l�emergenza delle morti bianche sul lavoro.�

 

f) � evidente, inoltre, che pi� una comunit� � abituata all�ordine civile pi� si turba per piccole deviazioni. Il prefetto di Trieste, dottor Giovanni Balsamo, dopo aver ricordato che la sua citt� � ai primi posti in Italia per la qualit� della vita, ha sottolineato come, proprio per la forte tradizione civica, �una scritta murale, uno schiamazzo in luogo pubblico, una bottiglia di birra lasciata per strada, uno stato di ubriachezza sono fatti che creano scandalo�.

 

 

23.Il timore nei confronti della criminalit� ordinaria.

La paura del crimine � soprattutto timore della criminalit� ordinaria, di tipo predatorio, pi� che di quella organizzata[49]. Il cittadino comune � colpito direttamente dal timore del furto, dalla rapina, dallo scippo, o se donna dal timore dell�aggressione sessuale, ma non ha la sensazione di essere direttamente attaccato dal grande traffico di stupefacenti o dal controllo mafioso degli appalti pubblici.

Per lungo tempo, la societ� italiana � stata colpita da gravissimi delitti di natura terroristica e di natura mafiosa e quindi la politica della sicurezza si � occupata meno della criminalit� ordinaria, erroneamente definita come microcriminalit�, che per� ha un peso assai elevato nella vita quotidiana dei cittadini.

Ma il sentimento di insicurezza � alimentato anche da altri fattori: il disordine urbano, vivere in luoghi che appaiono abbandonati dai pubblici poteri, la crisi economica, l�incertezza del posto di lavoro, la reiterata violazione di norme sociali condivise, il crescere delle diversit� culturali e comportamentali in comunit� non ancora abituate a questi mutamenti, la crisi ecologica, la turbolenza dei mercati finanziari, il timore per la salute, il timore di non avere danaro sufficiente per vivere dignitosamente.

Molti studiosi dei comportamenti sociali parlano a questo proposito di �societ� del rischio�[50] ed altri hanno sottolineato come l�immaginario contemporaneo sia dominato non dalla speranza ma dalla paura[51].

La differenza � rilevante. La speranza usa l�avvenire come risorsa; la paura guarda al futuro come fonte di angoscia e di insicurezza. L�aspirazione, normale in qualunque essere umano, al raggiungimento di una duratura tranquillit� � oggi frustrata dalla imprevedibilit� del futuro e dalla difficolt� di governare i processi che lo determinano.

Lo stato delle cose pu� essere esiziale per la fiducia dei cittadini nel confronti delle pubbliche autorit�.

 

 

24. La necessit� di combattere l�insicurezza.

Lo Stato, e pi� in generale ogni sorta di pubblico potere, trae la propria legittimazione dalla capacit� di rispondere al bisogno di sicurezza. Se la risposta non � percepita dai cittadini e, parallelamente, permangono i fattori di insicurezza, � in crisi la stessa legittimazione del potere pubblico e della politica. Sorgono estremismi securitari e la creazione di capri espiatori; la politica della coercizione prende il posto della politica della sicurezza; si cercano soluzioni pi� adatte a colpire l�immaginazione dei cittadini che la propensione al crimine dei delinquenti, effettivi o potenziali. Se la vita quotidiana peggiora, se il cittadino si sente impotente, se ha la sensazione che nessuno intervenga in suo aiuto, � naturale che cerchi qualcuno su cui riversare la sua frustrazione e la responsabilit� di quanto gli accade[52]. E� naturale che faccia una domanda insistente di sicurezza � a qualsiasi costo�. Se chi ha responsabilit� politiche dirette non interviene subito e con efficacia � inevitabile che qualche forza politica interpreti quel sentimento avanzando proposte fortemente repressive. Si apre a questo punto un circuito pericoloso in cui l�apparenza tende a prevalere sulla sostanza e la disillusione sulla fiducia.

A chi ha paura non si pu� rispondere esibendo le statistiche favorevoli. Innanzitutto perch� i delitti, per chi si sente esposto all�altrui aggressione, sono sempre troppi. E poi perch� il cittadino impaurito pu� sempre e comunque citare avvenimenti che lo riguardano personalmente o che riguardano i suoi vicini, i familiari, il quartiere, la citt� e che lo preoccupano e ai quali � difficile dare risposte sincere e immediatamente rassicuranti. Alla paura si risponde con politiche visibili, con la verifica dei risultati, con la informazione corretta sui rischi e sul modo di evitarli.

Per queste ragioni una moderna politica della sicurezza deve aggiungere ai due tradizionali obbiettivi, combattere il crimine e combattere le cause del crimine, una terza finalit�: dare sicurezza ai cittadini.

Non si tratta, peraltro, di un problema solo italiano. � stato pubblicato recentemente in Francia un libro su questi temi[53], nel quale si ricorda, tra l�altro, lo slittamento, avvenuto in Francia, nel 1977, attraverso il rapporto del Comit� d��tudes sur la violence, la criminalit� et la delinquence, presieduto da Alain Peyrefitte, dal tema della lotta alla delinquenza al tema della lotta �au s�ntiment d�ins�curit��.

Questo slittamento segna un positivo arricchimento dell� impostazione della politica della sicurezza perch� d� un peso decisivo all�atteggiamento dell�opinione pubblica. Ma nasconde un rischio: la possibilit� che nel mondo politico vengano alimentate pratiche fondate pi� sulla propaganda o sulla censura che sull�effettivo raggiungimento di un accettabile tasso oggettivo di sicurezza. Le forze politiche tendono, in genere, nella polemica interna ad alimentare, direttamente o indirettamente, il sentimento di insicurezza, ma possono rischiare di esserne vittima a loro volta se si limitano alla propaganda e non lo affrontano razionalmente, visibilmente, in modo rassicurante e con effetti constatabili[54].

Per queste ragioni la politica della sicurezza dovrebbe essere caratterizzata da soluzioni ampiamente condivise, dall�abbandono di pregiudiziali ideologiche sia di carattere coercitivo che di carattere giustificazionista, dalla capacit� di dar conti degli sforzi fatti e dei risultati ottenuti.

La necessit� di non trascurare il sentimento di insicurezza � stato sottolineato con decisione dal Capo della polizia, prefetto Antonio Manganelli:

�Mi sembra importante ribadire che dobbiamo fare i conti con il dovere di rassicurare i cittadino, che non passa solo attraverso la riduzione della criminalit� reale, ma anche attraverso la riduzione della percezione di insicurezza, assai diffusa. Ho notato che negli ultimi anni il cittadino ha cambiato percezione di quello che � criminalit�, ritenendo a ragione criminali comportamenti che il codice penale non prevede come tali e che le forze di polizia non sono chiamate istituzionalmente a combattere.. Gli atti di arroganza, di incivilt�, di aggressivit� anche verbale aumentano oggi la diffusione della paura. E il cittadino vive oggi anche l�incivilt� come fatto di criminalit�. Ha modificato altres� la sua percezione delle forze di polizia: non pi� forze chiamate a costituire una sorta di scudo a difesa del cittadino dalla grande criminalit� e dal terrorismo, ma chiamate a tutelarlo nella vita di tutti i giorni (allo stadio, davanti alla scuola, sui mezzi di trasporto). Insomma la gente tende a richiedere la polizia vicina, sotto casa. Credo che dobbiamo farci carico di questa esigenza.�[55]

Analoghe le considerazioni del generale Gianfrancesco Siazzu, Comandante Generale dell�Arma dei Carabinieri, l�altra forza a competenza generale[56], il quale ha presentato alla Commissione alcuni rilievi assai utili, partendo proprio dai dati or ora citati: � � La riflessione che mi accingo a svolgere passa attraverso altri due dati: il 65 per cento degli italiani vive in comuni al di sotto dei 50.000 abitanti e il 71 per cento al di fuori dei capoluoghi. Ne deriva che gli apici del senso di insicurezza si collocano in realt� metropolitane, dove la densit� demografica deprime o rende superficiali le relazioni sociali. Probabilmente, inoltre, le istituzioni comprese quelle di polizia, offrono una immagine di minore aderenza, dovendo fronteggiare complesse e molteplici esigenze. Nei centri pi� piccoli l�insicurezza viene meno percepita. In questo giocano molti fattori, quali il controllo sociale delle reti di relazioni familiari e amicali e non ultimo il modello di polizia offerto dall�Arma dei Carabinieri che supera il concetto di prossimit� per diventare l�espressione stessa di una comunit�.�.

Il comandante generale della Guardia di finanza, gen. Cosimo D�Arrigo, si � riferito, in particolare, al fenomeno complessivo della contraffazione. Questo fenomeno, ha affermato, �provoca nei cittadini, a livello di sicurezza percepita, un alto fattore di rischio di turbativa alla civile convivenza: prova ne sia il fatto che, come gi� avvenuto frequentemente nei comitati provinciali per l�ordine e la sicurezza pubblica, anche da parte dei sindaci delle citt� metropolitane, con le quali il Ministro dell�interno ha stipulato recentemente i patti per la sicurezza, � emersa nettamente una richiesta di rafforzamento della lotta alla contraffazione, alla pirateria e al connesso abusivismo commerciale, per cui il Corpo ha assunto l�impegno di collaborare pi� intensamente con le altre forze dell�ordine e con le polizie municipali, sotto il coordinamento dei prefetti, nell�ambito dei piani coordinati di controllo del territorio.� (resoconto stenografico, seduta del 30 luglio 2007).

 

 

25. Due soluzioni che funzionano: il poliziotto di quartiere e i patti per la sicurezza

Negli ultimi dieci anni le politiche per la sicurezza hanno cercato nuovi moduli organizzativi e nuove forme di integrazione. I risultati migliori sono costituiti dal poliziotto e carabinieri di quartiere e dai patti per la sicurezza.

Il Ministro dell�interno Scajola inser� l�istituzione del poliziotto e del carabiniere di quartiere tra le priorit� della direttiva generale per l�attivit� amministrativa e la gestione per l�anno 2002 (Direttiva generale del Ministro dell�interno 4 febbraio 2002 per l�attivit� amministrativa e per la gestione dell�anno 2002). La figura, realizzata poi dal Ministro Pisanu, risponde all�esigenza di una forma di autorit� presente sul territorio e reperibile con facilit�[57]

Oggi questa figura copre 748 zone nei 103 capiluogo di provincia, con l�impiego di 1827 poliziotti e 1874 carabinieri. Nel biennio 2004 e 2005 si � registrato un calo della criminalit� predatoria (furti, scippi, borseggi e rapine) nelle zone interessate dall�esperimento. In particolare, la riduzione oscilla dal -10,3 per cento di Milano al -39 per cento di Rimini, dal -25 per cento circa di Verona e Padova al -8 per cento di Roma e Cosenza.[58]

in corso un progetto di potenziamento del poliziotto e carabiniere di quartiere per renderne la presenza ancora pi� incisiva e pi� efficace.

I patti per la sicurezza risalgono al 1997. Da allora e sino al 2006 ne erano stati stipulati circa 400, con contenuti assai diversi l�uno dall�altro. Perci�, a partire da quella data, non si sono rinnovati i vecchi patti e si � avviata una seconda stagione, caratterizzata dalla determinazione di alcuni principi guida validi per il futuro.

Si � distinta la sicurezza primaria, di esclusiva competenza dello Stato e dell�autorit�  di polizia, dalla sicurezza integrata, che implica l�assetto del territorio, l�illuminazione di determinate zone della citt�, l�assetto urbanistico, le politiche sociali. Il comma 439 della legge Finanziaria 2007 ha consentito di definire interventi concreti sul territorio attraverso protocolli e programmi congiunti, condivisi tra la prefettura, il comitato provinciale per l�ordine e la sicurezza pubblica, il comune e la provincia. In ogni realt� il comitato provinciale individua le priorit� di intervento e le attua attraverso un apposito fondo speciale, allocato presso le prefetture ed alimentato dagli enti locali.

I singoli patti sono stati preceduti da un patto cornice stipulato con l�ANCI nel quale � fissato il principio della sicurezza come diritto primario del cittadino. Sinora sono stati stipulati patti con i comuni delle grandi aree metropolitane di Roma, Napoli, Milano, Torino, Cagliari, Catania, Genova, Bari, Bologna, Venezia e Firenze, nonch� con i comuni di Modena, Prato, Vicenza, Asti e Perugia, con la Regione Calabria e con le amministrazioni provinciali di Catanzaro e Reggio Calabria.

Il ministro Amato[59] ha ricordato il calo della criminalit� predatoria e degli stupri in alcune citt� dopo la stipulazione e l�entrata in funzione dei patti. Gli stupri a Milano erano 247 nel primo semestre 2007 e sono scese a 197 nel secondo, i furti sono calati da 102 mila a 92 mila; ma sono aumentati i furti in appartamento, segno per� che negli spazi pubblici c�� oggi maggiore sicurezza rispetto a ieri.

 

 

26.       Una politica globale per sicurezza

La politica della sicurezza e� stata tradizionalmente incentrata attorno al principio della individuazione ed alla  punizione del reo. Questo monopolio della visione coercitiva ha fatto s� che essa oscillasse in modo ripetitivo tra misure repressive e misure concessive.

Le fasi caratterizzate da eccessi repressivi sono state seguite da fasi di eccessi impunitari e viceversa. Queste oscillazioni hanno prodotto, a partire dalla seconda met� dagli anni Settanta, filoni legislativi e giurisprudenziali nel diritto penale, nel processo penale e nell�ordinamento penitenziario ispirati a volte al principio della �fuga dalla sanzione�, altre volte, nei momenti di crisi, al principio della cosiddetta �tolleranza zero�[60]

Ne sono derivate vere e proprie stratificazioni normative tra loro contraddittorie ed una politica schizofrenica che minaccia pene assai elevate e contemporaneamente � piena di misure che consentono di evitarne l�applicazione; il processo penale pare affetto da una visione ludica, come se si trattasse di un gioco indifferente all�esito del rito ed ai suoi costi, con un sistema penitenziario che  pu� rilevarsi mortale per i pi� soli, ma dalle cui maglie si pu� sfuggire con una certa facilit� se si dispone dei mezzi economici sufficienti per utilizzare le numerose e collaudate exit strategies.

Mancano la certezza del processo e la certezza della pena, il cittadino derubato non capisce per quali motivi il ladro preso con le mani nel sacco il luned�, sia di nuovo in circolazione il gioved� e chiede pene pi� severe, ignorando che la soluzione del problema sta altrove.

L�attivit� svolta dalla Commissione ha consentito di constatare  un mutamento della tradizionale politica della sicurezza, del quale oggi � partecipe una pluralit� di soggetti;: i responsabili politici, i capi delle forze di polizia, l�autorit� giudiziaria, i prefetti e i questori, le organizzazioni sindacali e i Cocer, gli amministratori locali, gli urbanisti.

Si tratta di una politica di carattere globale che supera il tradizionale binomio �repressione o impunit��, che fa propri i principi della responsabilit� individuale, della certezza del processo e della pena, ma non si affida totalmente alla repressione  integrando questa dimensione tradizionale con altri indirizzi, in particolare il ridisegno delle citt�, l�integrazione tra intervento dello Stato e intervento dell�Ente locale, una pedagogia civile per prevenire atteggiamenti e comportamenti non civili.

 

 

27.Il disegno delle citt�  per la prevenzione del crimine.

Una seduta di particolare interesse[61] ha dedicato la Commissione all�ascolto di architetti e urbanisti.

Il tema non costituisce una novit�. Esiste ormai una poderosa scuola internazionale con articolazioni in Canada, Stati Uniti, Europa, Giappone, Australia che affronta proprio il problema della sicurezza attraverso l�urbanistica, Crime prevention through environmental design (CPTED)[62].

Non si prospettano miracoli; ma � noto che una citt� con spazi per la vita sociale, priva di luoghi abbandonati, ben illuminata di notte, diventa pi� sicura. Proprio in questa prospettiva il CPTED fornisce indirizzi anche operativi su come realizzare interventi urbanistici e architettonici per migliorare gli investimenti urbani dal punto di vista della sicurezza. 

D�altra parte la politica cosiddetta della broken window, della finestra rotta, fatta propria con successo dal sindaco di New York, Giuliani, parte proprio dalla considerazione  che se  in un quartiere c�� una finestra rotta, e nessuno provvede a ripararla, � probabile che dopo un po� ci sia anche una panchina divelta, una cabina telefonica fracassata, un lampione pubblico reso inservibile e poi spaccio di sostanze stupefacenti. E quindi, anche per garantire sicurezza, oltre che decoro urbano, � necessario che le amministrazioni pubbliche intervengano prontamente su tutti i segni di abbandono urbano, anche i minori.

Su questo tema hanno molto insistito gli altri intervenuti, segnalando che un luogo abbandonato � di per s� un luogo insicuro (Luca Zevi), criticando il disegno delle citt� monocentriche con quartieri satellite che attingono da un�unica centralit�; luoghi solo abitati senza servizi e senza spazio di relazione producono desocializzazione (Margherita Petranzan), segnalando che la citt� va vissuta e ordinata non solo come luogo di scambio di merci e servizi ma anche e soprattutto come luogo di incontro tra persone (Carlo Olmo).

Il professor Clementi ha richiamato l�attenzione sui parcheggi dei grandi centri commerciali come luoghi abbandonati e assai rischiosi. La protezione � tutta rivolta all�interno, dove c�� l�esposizione e la vendita e i parcheggi diventano terra di nessuno, al confine tra la vita della citt� che si ferma alla soglia del parcheggio e il centro commerciale che comincia al di l� del parcheggio stesso.

 

 

28.             Il caso Medellin e le �buone pratiche�di casa nostra

Di particolare interesse � quanto � accaduto a Medellin. Sergio Fajardo, sindaco della citt� colombiana nota per essere lo snodo del narcotraffico, sta ottenendo risultati straordinari anche sul terreno della sicurezza attraverso un ridisegno complessivo della citt�. Cinque nuove biblioteche, progettate da grandi architetti, sono state costruite nei quartieri pi� poveri, una dozzina di nuove scuole, un sistema di metropolitana a funivia che collega i sobborghi al centro della citt�, 40 per cento del bilancio della citt� (900 milioni di dollari) � destinato all�educazione. ��se inviamo la polizia a ripulire un quartiere malfamato occorre aprire lo stesso giorno e nello stesso luogo una scuola, una biblioteca, un ufficio di collocamento, un�agenzia di microcredito  per mostrare che un�alternativa possibile esiste; altrimenti i fermati dalla polizia torneranno a delinquere il giorno dopo.�, ha spiegato il sindaco Fajardo in  un recente convegno a Firenze [63].

 Non mancano neanche in Italia esempi positivi. Ed anzi una buona politica globale della sicurezza, prima che elevare lamenti per ci� che non funziona, dovrebbe partire dalle �buone pratiche� per estenderle nella massima misura possibile.

Alla Commissione � stato segnalato il caso della citt� di Pesaro, ove ormai da dieci anni, 1600 bambini vanno a scuola da soli senza che si sia mai verificato un incidente. Il punto, ha chiarito l�architetto Luca Zevi, � che una citt� nella quale i bambini non possono muoversi da soli non contribuisce a formare cittadini responsabili. �Se � nel lasso di tempo tra i sei e i dieci anni non si comincia a costruire un�autonomia del cittadino in formazione, una capacit� di decidere, di poter scegliere e sperimentare dei comportamenti in forma autonoma, � molto pi� probabile che quel cittadino in futuro sia trascinabile in fenomeni di devianza� (seduta del 5 dicembre 2007).

Il professor Alberto Clementi[64] ha ricordato il buon uso da parte italiana del programma Urban, finanziato dalla Commissione Europea che ha consentito a citt� del Mezzogiorno caratterizzate da centri storici ad altissimo rischio, come Bari, Lecce, Siracusa, Cosenza, di divenire luoghi di elevata sicurezza locale. Altra esperienza positiva sembra sia costituita dai programmi PRUSST (Programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio).

I patti per la sicurezza recepiscono gi� l�esigenza di una stretta cooperazione tra Ministero dell�interno e autorit� locali; ma occorrerebbe forse guardare la questione anche da un altro punto di vista promuovendo un adeguamento delle leggi urbanistiche regionali attraverso la immissione del tema della sicurezza e della prevenzione dei delitti.

 

 

29.             Le valutazioni degli amministratori locali.

 Gli amministratori locali, intervenuti personalmente, o attraverso propri documenti, hanno positivamente sottolineato tanto l�esperienza del poliziotto di quartiere quanto quella dei patti per la sicurezza. Hanno peraltro sottolineato l�esigenza di disporre di maggiori risorse per affrontare problemi che riguardano la sicurezza, ma che ricadono sui bilanci degli Enti Locali.

Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, si � soffermata sui campi nomadi sostenendo la necessit� di superare la formula dei campi e delle baracche per muoversi in direzione dei �nuclei stanziali�, di persone che hanno deciso di fermarsi e di integrarsi,  e delle �aree di transito�gestite attraversi patti di legalit� con gli occupanti che prevedano un termine di permanenza, scaduto il quale, senza che vi sia stato l�avvio di un percorso di integrazione, si debba procedere all�allontanamento.

Tutti hanno richiamato l�attenzione sullo status dei vigili urbani; si tratta complessivamente di circa 60.000 operatori, che vengono reclutati in genere come semplici impiegati comunali, senza una selezione ad hoc, adibiti alle funzioni pi� varie (pubblica sicurezza, polizia giudiziaria, notificazioni di atti giudiziari) e sempre con ruolo supplente nei confronti delle forzi di polizia dello Stato, inabilitati all�accesso delle banche dati della polizia. Il sindaco di Modena, Giorgio Pighi, audito in rappresentanza della Lega delle autonomie locali e il sindaco di Foggia, Orazio Ciliberti, audito in qualit� di vicepresidente dell�ANCI, hanno richiamato il mutato contesto urbano in cui si trova ad operare oggi la polizia locale e la conseguente  necessit� di rafforzare i suoi poteri per poter meglio garantire il tema della vivibilit� urbana[65].

Frutto del mutato contesto urbano � la richiesta, avanzata da tutti sindaci ascoltati,  di estendere la categoria delle ordinanze contingibili ed urgenti per consentire interventi nei confronti di quei comportamenti incivili, che, pur non raggiungendo la soglia dell�illecito penale, tuttavia sono idonei a turbare il decoro della citt� o il senso di sicurezza dei cittadini[66].

In ogni caso � necessario che la funzione di �controllo del territorio� proprio delle forze di polizia si integri con quella di �governo del territorio�proprio delle autorit� locali. Questa integrazione, che � alla base degli stessi patti per la sicurezza,  pu� rivelarsi particolarmente utile per l�esame congiunto delle aree e delle situazioni critiche, per il confronto tra dati relativi alla criminalit� e agli atti di incivilt�, da un lato, e, dall�altro, i luoghi di degrado urbano e sociale, per il rapporto tra sicurezza urbana e progettazione di nuove infrastrutture.

 

 

 

30.              La necessit� di una �pedagogia civile�.

Alla necessit� di una �pedagogia civile�, infine, hanno fatto riferimento quasi tutti gli interlocutori della Commissione. Si tratta di misure e iniziative che tendono a far sviluppare comportamenti virtuosi, a prevenire reazioni violente, a far nascere il rispetto per la cosa pubblica e per i diritti altrui. Il sindaco di Foggia, Ciliberti, ha segnalato la fruttuosit� di diverse iniziative di mediazione, culturale nei confronti degli stranieri, familiare per la prevenzione della violenza in famiglia (purtroppo molto frequente), scolastica nei confronti delle forme di bullismo o di sopraffazione. Una interpretazione della mediazione culturale pi� ricca rispetto a quelle tradizionali ha proposto lo scrittore Mihai Mircea Butcovan (seduta del 5 dicembre 2007). Egli ha sostenuto la necessit� di una educazione attiva alla cittadinanza, che non si limiti alla consegna di opuscoli, ma si espliciti nella comunicazione agli immigrati dei nostri stili di vita, dei loro diritti, ma anche dei loro doveri, che faccia leva sulle diverse associazioni di immigrati e che cerchi di spiegare anche ai cittadini italiani la specificit� delle diverse immigrazioni, i caratteri e le tradizioni di ciascun popolo.

La necessit� di una nuova educazione al senso del dovere e del rispetto dell�altro, risulta chiaramente da alcune considerazioni. Il numero complessivo degli omicidi � diminuito, come gi� ricordato nelle pagine precedenti; ma � aumentato in modo assai preoccupante il numero degli omicidi in famiglia o a causa di relazioni familiari; questi omicidi erano 97 nel 1992 (su 1442) e ben 192 nel 2006 (su 621). I giudici minorili segnalano, inoltre, la crescita rilevante delle violenze anche gravi in famiglia, mentre emergono con preoccupante frequenza casi di pedopornografia. Il numero delle donne che hanno subito violenza fisica o sessuale dal partner � sostanzialmente pari al numero di donne che quelle violenze hanno subito da estranei.

In pratica la casa sta diventando per gli italiani il luogo ove si commette una percentuale di violenze sulle persone assai alto. � evidente che questi drammatici fenomeni possono essere efficacemente contrastati con un di pi� di educazione civile piuttosto che con sterili minacce di pi� gravi punizioni.

Peraltro, si sono manifestati negli ultimi mesi alcuni fattori particolarmente significativi che possono indicare una ripresa dell�impegno di importanti componenti della societ� civile: il movimento contro il pagamento delle estorsioni (�No pizzo� e �Pizzo free�)  a Palermo, il movimento contro la mafia dei giovani della Locride (�Adesso ammazzateci tutti�), la decisione della Confindustria di espellere dall�associazione quegli imprenditori che non denunciano il racket. Si tratta di fenomeni molto importanti; ma perch� non si estinguano o non vengano risucchiati nella palude della coabitazione con la mafia � necessario che tutti i poteri pubblici facciano propria una linea politica di educazione alla legalit�, di rispetto delle regole, di ricostruzione di un principio di autorit� e insieme di rispetto del cittadino in tutti i luoghi nei quali il potere pubblico esplica le proprie funzioni. 

 

 

 31. Cinque priorit� irrinunciabili.

In conclusione, la Commissione ritiene opportuno definire cinque priorit� che dai lavori svolti emergono come essenziali per qualsiasi programma di sicurezza.

 

La prima riguarda la liberazione dalle organizzazioni mafiose. Tra i paesi sviluppati solo l�Italia � costantemente minacciata nelle libert� civili e nelle regole del mercato da organizzazioni criminali stabili, durature nel tempo, con propri organigrammi, proprie regole interne e propri gruppi dirigenti. La lotta contro le mafie non ha costituito sinora una priorit� permanente, anzi alcuni interventi legislativi sul processo penale, nell�ultimo decennio, hanno reso pi� difficile l�accertamento delle responsabilit� proprio nei confronti delle grandi organizzazioni criminali. Ci� che � mancato sinora � un impegno duraturo nel tempo e non limitato al solo aspetto repressivo. D�altra parte se, nonostante gli arresti quasi quotidiani dei capi pi� importanti e dei loro gregari, la celebrazione di processi, le organizzazioni continuano a ricostituire i propri quadri dirigenti, a controllare territori, a condizionare attivit� pubbliche e private, a fare utili assai rilevanti, � segno che quanto sinora si � fatto non � sufficiente. Occorre essere consapevoli, al di l� delle rituali dichiarazioni,  che queste organizzazioni sono il pi� forte handicap al progresso civile ed economico del Mezzogiorno e gettano un�ombra sinistra sull�intero Paese.

Non � impossibile liberarsi dalle mafie; � invece incredibile che sinora la democrazia italiana non sia riuscita nell�intento.

 

La seconda priorit� riguarda il superamento della categoria della cosiddetta microcriminalit� come fattore marginale di insicurezza. In realt� una quota assai rilevante dell�insicurezza viene dalle forme qualificate come microcriminalit� e dall�apparente incapacit� di contrastarle adeguatamente. L�espressione, inoltre, � inadeguata ed offensiva. Inadeguata perch� non coglie gli effetti di destabilizzazione sociale di questo tipo di delitti, che colpiscono in genere le persone pi� deboli, pi� esposte, per le quali il danno, oggettivamente non rilevante, pu� rivelarsi gravissimo a causa delle modeste condizioni economiche in cui versano. Offensiva perch� il cittadino comune � telespettatore delle gesta della grande criminalit�, ma vittima quotidiana di attacchi predatori, di attentati alla. libert� di movimento, di turbative alla sua vita di relazione. I cittadini devono avvertire che i reati che turbano da vicino la loro vita hanno nella considerazione delle autorit� politiche, di polizia e giudiziarie un�attenzione adeguata e pari alla preoccupazione che quei fatti suscitano in loro.

 

La terza priorit� riguarda il primato della responsabilit� personale. In molti casi alla radice di un delitto ci sono cause sociali, sulle quali bisogna incidere. Ma questa constatazione non pu� annullare la responsabilit� individuale di chi compie un reato, che pu� essere pi� meno grave, a seconda delle specifiche condizioni in cui il reo ha agito e in cui ha vissuto. Ma nessun malessere sociale pu� azzerare la responsabilit� individuale. Il principio della irresponsabilit� personale � una delle ideologie pi� pericolose per la fiducia nelle pubbliche istituzioni e per la stessa democrazia. E� pericolosa per la fiducia perch� alimenta senso di impunit� per chi delinque e senso di abbandono per le vittime e per i cittadini comuni. � pericolosa per la democrazia perch� alimenta una sorta di ideologia della esclusiva responsabilit� sociale, non per i comportamenti effettivamente tenuti, ma per lo status, per la collocazione sociale, per l�appartenenza ad un ceto, ad un gruppo, ad una nazionalit�.

 

La quarta priorit� riguarda la dignit� degli operatori della sicurezza. Tutti coloro che operano in questo campo garantiscono un servizio essenziale per il funzionamento della democrazia. Ma a questo fondamentale ruolo sociale non si accompagna un riconoscimento sociale e pubblico altrettanto significativo. Gli elogi si sprecano, � vero, ma essi sembrano pi� diretti a colmare una lacuna che ad attivare un processo di riconoscimento sociale e politico. In una politica della sicurezza conta molto l�autorevolezza di chi opera, dal magistrato al poliziotto; questa autorevolezza nasce dalle modalit� con le quali si espleta la funzione e dal trattamento che il potere politico riserva: retribuzione, mezzi, rispetto.

 

La quinta priorit� riguarda la ricostruzione dell�autorevolezza dell�intervento punitivo.La sostanziale vanificazione della certezza della pena ha portato con s� come corollario la perdita di autorevolezza dell�intervento stesso dello Stato. Arrestare qualcuno in flagranza di furto o di un altro pi� grave delitto, e restituirlo in libert� quarant�otto ore dopo obbedisce certamente a principi di garanzia; ma il cittadino, che deve legittimare con il suo consenso la democrazia politica, � interdetto da questa mancata risposta alla sua domanda di sicurezza. Occorre riflettere su tutto questo capitolo del processo penale per ritrovare un accettabile punto di equilibro tra le garanzie per il reo, le garanzie per la vittima, e la pi� generale esigenza di sicurezza dei cittadini.

 

 

 

 



 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

1.

 

Seduta di MARTEd� 8 MAGGIO 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 11.

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione dei professori Marzio Barbagli, Giuseppe Caia e Guido Corso.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia, l�audizione dei professori Marzio Barbagli, Giuseppe Caia e Guido Corso.

Abbiamo chiesto ai tre maggiori esperti del nostro Paese di svolgere un lavoro preparatorio atto ad illuminare la Commissione in ordine alle linee da seguire su questo tema. Do immediatamente la parola ai nostri ospiti.

MARZIO BARBAGLI, Professore ordinario di sociologia presso l�Universit� di Bologna. Sar� mio compiuto commentare il documento redatto dal dottor De Gennaro, capo della Polizia, contenendo il mio intervento entro i venti minuti previsti; in particolare, mi soffermer� su sei punti, trattandone sinteticamente alcuni.

Lo stato delle conoscenze scientifiche sui problemi affrontati in questo documento risulta fortemente diseguale in Italia. Infatti, poich� non sono state ancora condotte ricerche di rilievo, non si possiede un�ampia conoscenza delle caratteristiche delle Forze dell�ordine in Italia, dei loro cambiamenti e della loro capacit� - problema di particolare interesse - di combattere e ridurre la criminalit�.

Il primo interrogativo posto dal documento del dottor De Gennaro riguarda la consistenza delle Forze dell�ordine; ci si chiede, infatti, se attualmente esse siano troppe o insufficienti. Per fornire risposte a questo interrogativo si effettua, innanzitutto, un confronto con la situazione della Francia, da cui emerge una sostanziale eguaglianza di dimensioni e di consistenza tra Forze dell�ordine italiane e francesi.

Se ci si confronta invece con altri paesi sulla base dell�European sourcebook of crime and criminal justice statistics relativo all�anno 2006, il documento di maggiore valore scientifico, si rileva come in alcuni Stati europei - Inghilterra, Svezia, Danimarca e Svizzera -, con i quali � possibile effettuare rigorosi confronti, il numero di poliziotti sia minore che in Italia.

Tale documento sottolinea tuttavia il diverso peso del personale civile per le attivit� amministrative e di supporto registrato in Italia; esso � minore rispetto a quello di altri paesi.

Nell�effettuare confronti, inoltre, � necessario considerare le diverse funzioni svolte dalle Forze di polizia. Per quanto concerne una questione molto dibattuta negli ultimi mesi, ad esempio, va ricordato che in Italia le Forze di polizia si occupano dell�ordine negli stadi, mentre ci� non avviene in altri paesi.

Non vi sono inoltre considerazioni riguardanti i mutamenti avvenuti negli ultimi venti, trent�anni, che risulterebbero invece necessarie. In questo periodo di tempo, infatti, a fronte di un fortissimo incremento di alcuni aspetti della criminalit�, si � riscontrato un assai minore incremento del numero degli effettivi della Polizia di Stato e dell�Arma dei carabinieri.

Nello stesso tempo alcune funzioni, quali quelle non di controllo del territorio ma puramente amministrative concernenti gli immigrati, vengono massicciamente svolte dalle Forze di polizia.

Attualmente, ci � impossibile formulare una valutazione del numero delle Forze di polizia nel nostro Paese, laddove risultano invece condivisibili le conclusioni cui giunge il documento del Capo della polizia in merito alla loro distribuzione sul territorio.

Uno studio da me approfondito e varie discussioni all�interno del dipartimento della polizia e dell�ufficio di pianificazione hanno evidenziato una non omogenea dislocazione delle risorse umane sul territorio, ovvero la presenza in piccoli luoghi di presidi - soprattutto dell�Arma dei carabinieri ma anche della Polizia di Stato - con un�utilizzazione non del tutto razionale.

Il documento per� ricorda come, nonostante la piena consapevolezza di questa non ottimale distribuzione delle Forze di polizia sul territorio, nessun mutamento sia stato tentato, a causa delle resistenze della popolazione e delle rappresentanze sindacali delle Forze di polizia. Su questo punto, tuttavia, i dati presentati si rivelano assolutamente convincenti.

Il terzo punto cruciale riguarda l�attuazione della legge n. 121 del 1981, che si proponeva di aumentare il grado di coordinamento delle attivit� fra le Forze dell�ordine.

Il documento del capo della Polizia sottolinea i numerosi progressi compiuti, l�istituzione del CED molto tempo fa e dell�attuale nuovo sistema, lo SDI, che rappresenta un�attivit� interforze. � inoltre aumentato il numero degli uffici a composizione interforze - l�Antimafia, l�Antidroga e cos� via -, in cui lavorano circa 3.500 persone, ed esistono comitati provinciali per l�ordine e la sicurezza pubblica, di cui non si � per� in grado di valutare il funzionamento.

Sono stati compiuti quindi notevoli passi avanti. Il documento non tratta per� di altri importanti aspetti, previsti dalla legge n. 121 del 1981; in particolare, mi riferisco all�eventuale creazione di sale operative comuni o quantomeno interconnesse tra la Polizia di Stato e l�Arma dei carabinieri. Solo a pagina 16 � inserito un riferimento ad una progressiva interconnessione delle centrali operative. Mi permetto quindi di sottolineare come questo importante aspetto del coordinamento necessiti di notevoli approfondimenti e di nuove informazioni.

Il punto 4 riguarda l�esperienza del poliziotto di quartiere, gi� superata in seguito all�inaugurazione di una linea in parte diversa. Nel documento si sostiene la tesi che questa abbia prodotto una forte diminuzione dei reati predatori, ma mi permetto di evidenziare che i dati forniti dal documento non suffragano la validit� di questa tesi.

I punti 5 e 6 sono affrontati nella parte finale del documento e il primo riguarda l�andamento della criminalit�. Il rapporto del capo della Polizia si sofferma solo sulle variazioni avvenute nel 2005 e nel primo semestre 2006 rispetto al 2004, sebbene nel rapporto si citino studiosi convinti della necessit� di esaminare le tendenze di medio e di lungo periodo per valutare l�andamento della criminalit�. Personalmente, mi annovero tra questi studiosi e desidero quindi aggiungere alcune considerazioni sull�andamento della criminalit�, anche per capire il punto successivo, ovvero il problema del senso di insicurezza.

Negli ultimi trent�anni abbiamo assistito ad andamenti abbastanza diversi. Per quanto concerne gli andamenti positivi, oggi in Italia si rileva il tasso pi� basso di omicidi mai registrato nel Paese negli ultimi secoli, livello raggiunto per un breve periodo di tempo solamente negli anni Sessanta.

Questo avviene dopo che l�andamento del tasso di omicidi aveva toccato il picco nel 1991, come avvenuto anche in altri paesi europei, non sempre per gli stessi motivi. Quindi, rispetto al valore del 1991, oggi si rileva un terzo degli omicidi, per cui possiamo dichiararci molto soddisfatti dell�andamento della criminalit�. Per la prima volta, inoltre, il tasso degli omicidi relativo al nostro Paese � simile a quello di gran parte dei paesi europei.

Se tuttavia si analizzano altri reati, l�andamento dei furti e delle rapine appare molto diverso. Considerando complessivamente il numero dei furti, si rileva infatti uno dei livelli pi� alti raggiunti nella storia degli ultimi cinquant�anni, anche se per motivi spiegabili a seconda dei diversi tipi di furto.

L�aspetto preoccupante, rispetto al quale non esiste una piena consapevolezza dell�andamento di questo fenomeno, � il continuo, straordinario e impressionante aumento delle rapine.

Abbiamo oggi circa 50 mila rapine denunciate, il che significa - solo per questo reato e non per altri - che il numero delle rapine commesse all�interno del nostro Paese � stimabile a circa 90 mila nel 2006, mentre erano 9.400 nel 1980. Si rileva quindi un tasso di rapine cinque volte pi� alto di 25 anni fa.

Questo � utile anche per capire il punto 6 riguardante il grado e il senso di insicurezza, di cui si parla anche in questo documento e sul quale si svolgono diversi dibattiti attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

Ritengo opportuno ricordare una distinzione, introdotta molti anni fa nella letteratura scientifica anglosassone diffusa negli Stati Uniti ma spesso tralasciata, tra fear of crime e concern about crime.

Il fear of crime � la paura individuale di subire un reato, normalmente misurata chiedendo alle persone se si sentano sicure, se abbiano paura di uscire sole la sera nel loro quartiere, ovvero la paura �concreta�.

La concern about crime � invece la preoccupazione sociale riguardante la diffusione della criminalit� ed � legata al grado di partecipazione politica degli individui, perch� si tratta della valutazione dei problemi del Paese. Essa dipende quindi dall�orientamento politico delle persone e dalle comunicazioni dei media, mentre la prima non ne risente.

Dai dati limitati di cui disponiamo nel nostro Paese, ma soprattutto dai dati concernenti la Gran Bretagna e gli Stati Uniti emerge che, contrariamente a quanto i media ritengono, il fear of crime, ovvero la paura personale di subire un reato, � sostanzialmente costante, subisce scarse oscillazioni e muta solo in presenza di forti variazioni della criminalit�.

Il fear of crime ha infatti subito un aumento a partire dalla fine degli anni Sessanta negli ultimi trent�anni, mentre oggi � sostanzialmente costante e si pu� ridurre soltanto in presenza di una forte diminuzione della criminalit�.

Secondo la letteratura scientifica internazionale, sul senso di insicurezza e in particolare sul fear of crime non influisce la frequenza dei reati gravi - fortunatamente limitata -, quanto la ricorrenza dei reati meno gravi ma pi� visibili, raggruppati nel termine�criminalit� predatoria�, quali i furti in appartamento, i borseggi e gli scippi, peraltro in forte diminuzione nel nostro Paese.

Per comprendere quanto sta avvenendo nelle citt� italiane, � necessario rilevare come sul senso di insicurezza influisca anche il cosiddetto degrado, che gli studiosi definiscono disordine sociale, che concerne l�insieme di comportamenti che violano le norme condivise riguardanti l�uso degli spazi pubblici, ovvero i segni di incivilt� sociali e fisici. I pochi dati in nostro possesso mostrano l�aumento del degrado dei grandi centri urbani italiani.

Il senso di insicurezza dei cittadini italiani � dunque giustificato dalla presenza di un alto numero di reati, in particolare di rapine, e di crescenti zone di degrado.

GIUSEPPE CAIA, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l�Universit� di Bologna. Assieme al professor Corso mi � stato assegnato il compito di svolgere  un�analisi complessiva dell�ordinamento amministrativo italiano per quanto attiene all�ordine e alla sicurezza pubblica.

Per analizzare lo stato attuale e le eventuali problematiche dell�ordinamento italiano, si � ritenuto opportuno effettuare anche un�indagine di diritto comparato, con riferimento ai tre principali paesi che presentano un�omogeneit� ordinamentale amministrativa sotto il profilo del diritto che li regola, ovvero alla Francia, alla Spagna e alla Germania federale.

Da questa analisi emerge innanzitutto come una serie di questioni problematiche in Italia si ripresentino in modo parallelo anche in questi ordinamenti. Per quanto riguarda la legislazione che regola l�ordine pubblico, la sicurezza pubblica e le Forze di polizia, l�ordinamento italiano non possiede un grado di disomogeneit� maggiore di quello di altri paesi. Sotto questo profilo, peraltro, negli ultimi decenni l�ordinamento italiano si � notevolmente razionalizzato. A seguito della legge n. 121 del 1991, nota come riforma della Polizia di Stato, � stata infatti emanata una serie di disposizioni che hanno aggiornato le normative meno recenti, quali le disposizioni normative del 2000 sul riordinamento e sull�aggiornamento dell�Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.

Accanto a questa osservazione, � necessario aggiungerne un�altra concernente i rapporti tra Stato e regioni circa le competenze su queste materie. In tutte le riforme o ipotesi di riforma attuate o discusse nell�ultimo decennio si ravvisa una sostanziale convergenza di impostazione.

Nella proposta di riforma della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali del 1997, nella legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che ha modificato il titolo V della parte II della Costituzione, nella legge costituzionale del 2005, la cosiddetta riforma federalista poi sottoposta a referendum, emerge con chiarezza come la materia dell�ordine e della sicurezza pubblica appartenga allo Stato, mentre a regioni ed enti locali spetti piuttosto la polizia amministrativa, regionale e locale.

In sostanza, in merito al dibattuto sul maggiore spazio di regioni e di enti locali in ordine alla pubblica sicurezza, tutti i testi di rilievo costituzionale e le proposte di riforma succedutisi presentano un significativo grado di omogeneit�, giacch� l�ordine e la sicurezza pubblica sono considerati fattori di rilievo unitario da trattare con metodologia unitaria e, quindi, con il concorso tecnico-operativo di Forze di polizia nazionali.

Per alcuni specifici aspetti possono per� insorgere alcune problematiche, come ad esempio nel caso del Corpo forestale dello Stato. Se quindi � indiscutibile che Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza e Polizia penitenziaria siano di rilievo, di impostazione e di riferibilit� nazionali, la materia del Corpo forestale dello Stato pu� invece essere discussa perch� afferisce ad un ambito di forte competenza regionale, e la stessa legge dell�anno 2004, che ne ha aggiornato le caratteristiche, mantiene un�impostazione neutra. Essa definisce infatti il Corpo forestale dello Stato come forza di polizia nazionale, sancendo per� contestualmente che le competenze in materia siano delle regioni.

A parte eventuali aggiustamenti in ordine al Corpo forestale dello Stato, per il resto sembra emergere dal riscontro dei dati normativi che ordine, sicurezza pubblica e forze di polizia debbano avere un�impostazione unitaria, che riguarda lo Stato ordinamento nel suo complesso.

Quanto all�ordinamento italiano, � necessario rilevare un aspetto non presente con altrettanta chiarezza nei citati ordinamenti stranieri di Francia, Germania e Spagna, ovvero il concetto obiettivo di ordine e di sicurezza pubblica.

� molto importante che l�intera legislazione italiana e i testi costituzionali considerino congiuntamente ordine e sicurezza pubblica, intesi come una endiadi. Questo non costituisce un dato meramente formale, perch� in passato soprattutto i regimi autoritari avevano operato una distinzione concettuale tra ordine pubblico e sicurezza pubblica, intendendosi come ordine pubblico il cosiddetto ordine pubblico  ideale, ovvero l�identificazione con i valori politici in quel momento prevalenti, mentre come sicurezza pubblica l�ordine pubblico oggettivo o materiale, inerente l�ordinata convivenza civile. Tale distinzione tra i due aspetti pu� per� essere foriera di equivoci o di forzature.

Sotto questo profilo, giustamente l�ordinamento italiano, a partire dagli anni Ottanta ha nominato sempre congiuntamente come endiadi ordine e sicurezza pubblica, sottolineando come meriti rilievo solo la sua configurazione oggettiva e non un�eventuale interpretazione dell�ordine e della sicurezza pubblica legata al mutare delle impostazioni politiche.

� quindi estremamente importante il ruolo svolto dalla Corte costituzionale italiana, che, con una serie di pronunce riguardanti ordine, sicurezza pubblica e polizia amministrativa, ha permesso di estrapolare una definizione di ordine pubblico, ovvero dei contenuti di questa materia.

La Corte costituzionale in varie pronunce definisce infatti l�ordine pubblico e la sicurezza come le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell�ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari, sui quali si regge l�ordinata e civile convivenza nella comunit� nazionale, nonch� la sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni.

Una definizione cos� chiara e completa non si riscontra con facilit� negli ordinamenti limitrofi.

Da questa analisi di diritto comparato emerge con orgoglio la constatazione di come l�ordinamento italiano, da sempre noto anche in altri settori per alcune disomogeneit� e disfunzioni, presenti invece nella materia dell�ordine pubblico e della sicurezza pubblica un significativo e apprezzabile grado di chiarezza.

Nel trattare di Forze di polizia sorge anche il problema di definire il ruolo della vigilanza privata, ovvero di valutare se il tema dell�ordine e della sicurezza pubblici debba essere trattato esclusivamente da forze tecnico-operative statuali, che appartengono ai pubblici poteri, o se invece all�ordine pubblico possano concorrere anche agenzie di vigilanza private.

Sotto questo profilo, nella scorsa legislatura si era proceduto nell�esame di un progetto di legge risultante dall�unificazione di varie proposte parlamentari e anche di una proposta governativa. Nell�attuale legislatura sono stati presentati tre progetti di legge. Su questo argomento incide anche il diritto comunitario perch� la vigilanza privata � un servizio, una prestazione di utilit�; quindi, era emerso un problema, ossia se fosse possibile che la legislazione italiana restringesse i requisiti e le capacit� operative di legittimazione dei soggetti privati ad intervenire nel settore, tema inerente alla libert� di stabilimento, alla libera prestazione di servizi.

La direttiva Bolkestein n. 123 del 12 dicembre 2006 chiarisce la questione. Mentre precedentemente era dubbio se il singolo Stato potesse porre consistenti limiti all�esercizio dell�attivit� di vigilanza privata, tale direttiva supera il problema. Come � a loro noto, essa ha per oggetto la libera prestazione dei servizi ordinari, comunemente noti in ambito comunitario. All�articolo 2 delinea per� alcune attivit� escluse dall�ambito di applicazione della direttiva stessa, che in quanto tali possono essere sottoposte al diritto nazionale quanto a limiti, condizioni, presupposti e modalit� di esercizio.

Ebbene, la direttiva Bolkenstein esclude dall�ambito di applicabilit� le attivit� connesse all�esercizio di pubblici poteri. A livello interpretativo, sembra abbastanza agevole ritenere che la vigilanza privata, la quale non solo deve occuparsi di aspetti di vigilanza e custodia dei beni, ma anche interagire con le materie dell�ordine e della sicurezza pubblica, sia connessa all�esercizio di pubblici poteri, e quindi non si possa ritenere un�attivit� libera o deregolamentata. � quindi legittimo che lo Stato definisca una accurata disciplina della vigilanza privata, affinch� nessuno possa accedere a questo settore senza rigorosi presupposti e modalit�.

Probabilmente quindi, in base all�apporto che essa pu� dare all�ordine e alla  sicurezza, diviene pi� opportuno definirla vigilanza complementare, piuttosto che vigilanza sussidiaria.

Anche in altri paesi europei quali Francia, Germania e Spagna, la materia della vigilanza privata � sottoposta a verifiche da parte dello Stato, per escludere che a questo settore accedano soggetti non in possesso di adeguati requisiti, presupposti e capacit�, non sottoposti a controllo e riscontro da parte dell�autorit� amministrativa.

Aggiungo infine un�ultima notazione sulle tendenze degli ordinamenti limitrofi. Anche in Francia, Spagna e Germania si riscontrano le stesse aspirazioni e gli stessi indirizzi emersi in Italia e si annette un grande sforzo al coordinamento non solo tra forze di polizia, ma altres� tra livelli istituzionali, in particolare tra forze di polizia e autorit� locali.

Da tempo in Francia � sviluppata la materia dei contratti locali di sicurezza, e, come potranno verificare dalla documentazione consegnata alla Commissione, anche in Italia esistono patti territoriali e accordi per la sicurezza.

Il tema della polizia di prossimit� � molto sentito negli ordinamenti stranieri. Oltre all�ipotesi della creazione di organi collegiali per il coordinamento, presenti anche nell�ordinamento italiano a livello sia nazionale sia locale - con le norme del 2001, definite �pacchetto di sicurezza�, arricchiti quanto a composizione con il giusto coinvolgimento delle istituzioni locali -, in Francia � stato introdotto un sistema di gestione per obiettivi con valutazione dei risultati. Ci� implica la redazione di programmi e l�attuazione di monitoraggi al fine di assumere le successive decisioni amministrative.

In sintesi, sembra possibile registrare nell�ultimo decennio, nel quale il problema � stato maggiormente rilevante, un�assoluta convergenza di impostazione tra le varie proposte di riforma o norme costituzionali succedutesi. Si ritiene che l�ordine e la sicurezza pubblica siano valori unitari, da trattare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, sicch� le tematiche del ruolo di polizia di competenza esclusiva di regioni ed enti locali sono circoscritte alla sola polizia amministrativa, ben diversa dall�ordine pubblico.

L�altro aspetto da registrare con grande apprezzamento dell�ordinamento italiano � l�assenza di distinzione tra ordine pubblico ideale, mutevole, legato a impostazioni politiche diverse, e sicurezza pubblica obiettiva, laddove ordine e sicurezza pubblica sono sempre trattati in tutta la legislazione come una endiadi e non come una dicotomia.

Il tema della pluralit� delle forze di polizia non � una caratteristica esclusiva dello Stato italiano, ma si registra anche in altri paesi. Anche in paesi come la Germania federale, che ha un�impostazione originaria ed evolutiva diversa da quella italiana in quanto Stato federale caratterizzato da L�nder con cospicue competenze, l�ordine e la sicurezza pubblica attengono a valori unitari e quindi � stata istituita una polizia federale che prima era limitata solo ad alcuni profili.

La vigilanza privata deve essere valutata come vigilanza complementare, con piena dignit� di apporto, piuttosto che sussidiaria, il che paleserebbe una inesistente incapacit� dello Stato di trattare la questione. Anche in altri paesi la vigilanza privata non � ritenuta un�attivit� economica scarsamente deregolamentata, bens� � sottoposta ad adeguate verifiche da parte delle organizzazioni pubbliche.

Rimango a vostra disposizione e vi ringrazio.

GUIDO CORSO, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l�Universit� Roma Tre. Svolger� alcune considerazioni sui profili giuridici del tema in oggetto. Grazie al documento predisposto dal dipartimento della pubblica sicurezza emerge un quadro normativo abbastanza aggiornato per quanto riguarda i profili organizzativi. La Polizia di Stato � stata riformata, anzi istituita come tale, dalla legge n. 121 del 1981. Il quadro � stato rivisto nel 2001 con il decreto n. 208 del Presidente della Repubblica, mentre per i Carabinieri, come rilevato dal professor Caia, si � provveduto nel 2000 con il  decreto legislativo n. 297, che ne ha ridefinito anche la collocazione all�interno del Ministero della difesa.

Sulla materia � intervenuta in modo rilevante la riforma costituzionale del 2001, da un lato confermando la potest� legislativa esclusiva dello Stato in tema di ordine pubblico e di sicurezza, oltre che nella materia dell�immigrazione, dall�altro esprimendo una significativa apertura nei confronti della potest� legislativa regionale.

Il fatto che l�articolo 118, comma 3, della Costituzione preveda in materia di immigrazione, di ordine e di sicurezza, leggi statali di coordinamento con le attivit� regionali presuppone l�esistenza di attivit� regionali rilevanti per l�ordine e per la sicurezza. Una funzione di coordinamento non si spiegherebbe se uno dei soggetti coordinati, la regione, non fosse coinvolto nello stesso tipo di attivit�.

A prescindere da questa specifica previsione, alcune delle materie di competenza regionale hanno implicazioni in tema di ordine e di sicurezza, o comunque sulle conseguenze di una politica generale in merito. Le competenze regionali in materia di lavoro, istruzione, dispersione scolastica, assistenza ai detenuti scarcerati e alle famiglie dei detenuti implicano un intreccio ed una interrelazione tra potest� legislativa statale e potest� legislativa e amministrativa di regioni ed enti locali che vengono significativamente alla ribalta.

La riforma del titolo V contiene un�altra importante indicazione, laddove, nel ribadire la potest� legislativa esclusiva dello Stato in tema di ordine e sicurezza pubblica, esclude la potest� di polizia amministrativa, regionale e locale, ovvero ribadisce la netta distinzione tra polizia di sicurezza e polizia amministrativa - gi� presente nel nostro ordinamento addirittura a partire dalla vecchia dottrina amministrativistica di Ranelletti - anche escludendo tendenzialmente che alle Forze di polizia di sicurezza vengano attribuiti compiti di polizia amministrativa.

Forse occorrerebbe mettere in discussione l�esistenza di una funzione nazionale di polizia amministrativa, a meno che la polizia amministrativa non si identifichi con le singole competenze amministrative, come in dottrina gi� prospettato.

Il quadro accennato dall�articolo 118 della Costituzione apre nuovi scenari sulle forme di collaborazione fra Stato, regioni ed enti locali in materia. Il documento del dipartimento della pubblica sicurezza contiene una ricca elencazione di episodi di collaborazione, quali l�inserimento dei rappresentanti degli enti locali nei comitati provinciali per l�ordine e per la sicurezza pubblica, i protocolli d�intesa stipulati con le regioni, i protocolli di legalit� con regioni ed enti locali, gli accordi di programma quadro, il progetto Napoli stilato nel novembre scorso, il progetto per la sicurezza e per lo sviluppo del Mezzogiorno. Si tratta di forme di interrelazione fra apparati di Polizia di sicurezza, regioni ed enti locali, che testimoniano la complessit� del tema.

Emerge la problematica - cui ha accennato il professor Barbagli - dell�utilizzo delle Forze di polizia. A prescindere dal problema del quantitativo sufficiente o eccessivo, su cui il documento fornisce risposte persuasive, indicando come la dimensione delle Forze di polizia italiana sia simile a quella francese, con sostanziale parit� di popolazione, si rileva quello dell�utilizzo, che si pone sostanzialmente sotto tre profili.

Sotto il profilo della distribuzione delle Forze di polizia nel territorio, il documento segnala l�anacronismo della collocazione territoriale dei presidi di pubblica sicurezza (Polizia e Carabinieri) disegnata su una struttura demografica dell�Italia non pi� rispondente alla realt� odierna, quindi con un eccesso di presenza in luoghi che abbiano subito processi di spopolamento e di invecchiamento della popolazione con sensibile riduzione della stessa probabilit� di crimine, e, viceversa, forti carenze registrate soprattutto nelle grandi citt�.

Come segnalato dal professor Barbagli, la razionalizzazione del sistema ha incontrato forti opposizioni, che il documento indica di due specie: l�opposizione delle  popolazioni, quindi delle forze politiche che le rappresentano, e l�opposizione dei sindacati di Polizia.

Tale vicenda ha interessato anche altri rami dell�ordinamento; basti ricordare addirittura i disordini di piazza registrati in passato in occasione della soppressione di caserme o le violente opposizioni suscitate dalla chiusura di ospedali minori. Si tratta quindi di prevalere sul localismo, che caratterizza la situazione italiana.

La seconda questione, relativa all�utilizzo delle Forze di polizia, riguarda probabilmente un sovraccarico di compiti, che dipende anche dalla vecchia tradizione del cumulo negli stessi apparati delle funzioni di polizia di sicurezza e di polizia amministrativa.

Per la verit�, la legislazione degli ultimi decenni ha sottratto al sistema della pubblica sicurezza una serie di funzioni trasferendole a regioni e a comuni, ma � necessario proseguire nell�opera ad esempio in materia di immigrazione, da cui l�apparato di pubblica sicurezza � gravato, sebbene essa presenti profili amministravi che andrebbero esclusi dalle funzioni delle Forze di polizia.

Il terzo problema riguarda il concorso di forze esterne alle Forze di polizia in compiti di sicurezza e di ordine pubblico, quindi da un lato il concorso degli enti locali di tipo finanziario, collaborativo o riguardante la fornitura delle sedi e dei locali per gli uffici di Polizia e dei Carabinieri, dall�altro il concorso della vigilanza privata.

Concordo con i rilievi del collega Caia, sebbene debba essere segnalato che, relativamente alle funzioni di custodia dei beni, la vigilanza privata potrebbe essere ulteriormente potenziata. � significativo che il documento registri una insufficiente disciplina normativa del settore e per altro verso una forte asimmetria nella distribuzione degli istituti di vigilanza privata, alcuni dei quali hanno tre dipendenti, altri pi� di mille, mentre complessivamente si tratta di un settore le cui funzioni andrebbero potenziate, fermi restando i controlli pubblici, in relazione alla riserva che la stessa normativa europea indica agli Stati per quanto riguarda le cosiddette prerogative pubbliche.

Il documento si occupa anche dei profili internazionali e comunitari, che sono venuti prepotentemente alla ribalta negli anni recenti: gli accordi di Schengen, la convenzione di Pr�m, a cui l�Italia ha aderito successivamente, la collaborazione tra le forze di polizia dei paesi dell�Unione europea, lo scambio di informazioni, la disciplina di alcuni profili di indagine quali la raccolta delle impronte digitali, il sistema di informatizzazione e cos� via. Il documento allude a un progetto di armonizzazione organizzativa delle polizie europee, senza per� nascondere le difficolt� emerse dalla forte asimmetria tra Stati: alcuni hanno una pluralit� di forze di polizia (Italia, Francia e Spagna), altri come la Germania conoscono una distinzione di tipo territoriale, altri ancora, come la Gran Bretagna, presentano una forza di polizia avente soprattutto una caratterizzazione locale.

La seconda parte del documento si occupa della percezione della sicurezza e delle risposte pubbliche e tenta di individuare una fenomenologia della criminalit� anche per adeguare, rispetto ai profili emergenti, l�organizzazione, l�assetto e le funzioni delle Forze di polizia. Mi rimetto per questo alle considerazioni dell�esperto, il professor Barbagli, limitandomi solo a segnalare che, laddove la percezione di insicurezza non � giustificata dall�andamento della criminalit� perch� a una valutazione dell�aggravarsi del fenomeno criminoso non corrisponde il dato statistico, il problema della percezione ha anche una ricaduta giuridico-costituzionale. Una politica che infatti tendesse ad assecondare e a soddisfare questa crescente percezione di insicurezza potrebbe promuovere misure preventive eccessivamente restrittive o comunque incompatibili con il quadro costituzionale.

Da questo punto di vista le considerazioni del professor Caia, concernenti la distinzione tra l�ordine giuridico reale o materiale e l�ordine giuridico ideale, si rivelano opportune perch� assecondare il  senso di insicurezza valorizza l�ordine giuridico ideale, cos� come � percepito dal cittadino, ovvero come insieme di valori, piuttosto che l�ordine giuridico materiale degli ordinamenti liberali.

Questo non esclude per� la necessit� di formulare risposte adeguate al fenomeno, ad esempio sul piano della comunicazione pubblica. Sia il dipartimento della pubblica sicurezza che le singole Forze di polizia e i vertici, a partire dal Ministro dell�interno, sul piano della comunicazione dovrebbero rispondere agli allarmismi dei mass media.

L�ultima parte del rapporto traccia un profilo degli aspetti pi� significativi del fenomeno dell�ordine pubblico e della criminalit�: l�immigrazione, gli stupefacenti, la criminalit� organizzata, la criminalit� predatoria e il terrorismo.

La rilevanza di tutti questi fenomeni sposta l�attenzione anche dal punto di vista giuridico dai profili dell�organizzazione delle Forze di polizia ai profili relativi alle misure di contrasto di tali fenomeni, rimandando alle politiche materiali in materia di stupefacenti, di immigrazione, di criminalit� organizzata o predatoria.

Si tratta anche in questo caso di risposte che devono considerare i vincoli di ordine costituzionale, perch�, pur riconoscendo l�efficacia delle tecniche di videosorveglianza, su cui il documento largamente insiste, e delle intercettazioni, non si pu� dimenticare come tali misure debbano confrontarsi con la rigorosa disciplina costituzionale della libert� di corrispondenza, della segretezza delle comunicazioni, della libert� domiciliare e cos� via. Si tratta quindi di implicazioni che devono essere valutate nei singoli casi.

Mi fermerei qui, anche in ragione della scadenza dei venti minuti a mia disposizione.

PRESIDENTE. I tre professori ci hanno delineato il quadro complessivo e consegnato due dossiercon tre saggi molto interessanti, redatti dai loro collaboratori, concernenti la situazione in altri paesi.

Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Presidente, ho notato che nella composizione dei dossiere anche nel testo del dipartimento della pubblica sicurezza si cita la collaborazione con gli enti locali, senza riportare per� la recente legislazione delle regioni. Ritengo sia una omissione da colmare, anche per quanto riguarda la nostra conoscenza, perch�, avendo ascoltato i professori che ringrazio per la puntuale esposizione, non mi sembra possibile ignorare quanto accaduto nel nostro Paese in oltre quindici anni. Il concetto di sicurezza si � infatti allargato, passando dalla sicurezza dello Stato ad un complesso coordinamento di livelli istituzionali e di Forze di polizia; tra l�altro, l�articolo 118 rimanda comunque ad una legge nazionale facendo riferimento nel coordinamento all�immigrazione, ma anche alla lettera che riguarda la sicurezza in riferimento all�articolo 117. Ammette quindi una fonte normativa da parte delle regioni, che hanno prodotto varie legislazioni. Ritengo sia questa la novit� intervenuta in Italia in questi anni, sulla quale � necessario soffermarsi per valutare che cosa fare, visto che abbiamo eventualmente il compito di produrre una legislazione.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Volevo ringraziare i professori per la loro relazione cos� puntuale.

Vorrei rivolgere alcune domande soprattutto al professor Barbagli, per quanto riguarda lo stato della ricerca sul cosiddetto ethnic profiling, ovvero su quanto incida l�elaborazione dei profili etnici nel formulare la decisione sui sospetti. Questo aspetto riguarda in particolare l�immigrazione ed � emerso ad esempio dal punto di vista dei giudici. Chiedo dunque quanto questo incida e se esistano in merito ricerche della Polizia. Ricordo in proposito la sentenza dello scorso anno del giudice Montingelli di Milano sulla inaffidabilit� dei musulmani come testimoni.

A partire dunque da una sua visione di un determinato target o di un certo gruppo  di persone, vorrei sapere quanto ci� incida non dal punto di vista giuridico sulle sentenze, ma per quanto riguarda la Polizia nel decidere sui fermi, i sospetti e le piste di indagine.

Vorrei sollevare inoltre la questione riguardante le organizzazioni spontanee di ordine pubblico. Lungo le frontiere degli Stati Uniti si trovano i minute men, mentre qui in alcune metropoli ci sono gli angeli delle citt�.

Vorrei sapere quanto questo accresca o diminuisca il senso di insicurezza che, come sottolineato in particolare dal professor Corso, risulta sproporzionato rispetto alla realt�, in cui si rileva un andamento piuttosto costante.

Vorrei inoltre affrontare la questione - che probabilmente riguarda noi, ma su cui vi chiedo un parere - relativa ad un eventuale intervento sulla percezione del fenomeno, individuando, oltre alla comunicazione, altri strumenti a nostra disposizione. � quindi necessario comprendere i meccanismi che inducono ad esacerbare il senso di insicurezza.

JOLE SANTELLI. Vorrei porre tre quesiti specifici tratti dalla relazione del dipartimento di pubblica sicurezza. Innanzitutto, come il professore ricordava, si � parlato del problema numerico, sottolineando che siamo in linea con alcuni paesi e sovrabbondanti rispetto ad altri.

PRESIDENTE. Lei parla della composizione degli organici?

JOLE SANTELLI. Mi riferisco alla composizione degli organici. Il professor Barbagli rilevava per� che, pur essendo in linea in termini europei, effettuando un confronto con gli anni precedenti si registra un depauperamento delle risorse umane in contrapposizione ad un aumento delle funzioni delegate alle Forze di polizia.

Il dipartimento sostiene infatti che, al di l� del numero degli organici, esiste una effettiva difficolt� di dislocazione sul territorio. Si citavano sovrapposizioni e localismi ed � evidente l�ammissione da parte dell�autorit� amministrativa dell�impossibilit� di agire amministrativamente, salvo un intervento legislativo. Si ripropone dunque il tema di un intervento legislativo per ridistribuire le situazioni anche in relazione alle varie Forze dell�ordine.

A tale riguardo, sebbene la nostra legislazione abbia il raro dono della chiarezza e negli anni sia stato attuato un tentativo di riorganizzare le funzioni e di coordinarle, dalla relazione del dipartimento emerge la sovrapposizione di funzioni fra le Forze dell�ordine generaliste e quelle di tipo speciale. Questo � accaduto sia perch� da parte delle forze generaliste c�� una ricerca di creare nuclei specialistici sia perch� esiste una sovrapposizione ad opera di alcune forze speciali rispetto alla categoria generale dell�ordine pubblico.

Chiedo pertanto in che termini loro valutino le varie modifiche succedutesi su questo punto e, in particolare, le disposizioni legislative degli ultimi dieci anni che riguardano specificamente la Guardia di finanza, ovvero un maggiore avvicinamento verso le forze generaliste che ha portato ad una sovrapposizione funzionale.

PRESIDENTE. In relazione alle considerazioni espresse dall�onorevole Frias e a quanto � emerso anche in altri passaggi, vorrei chiedervi se riteniate plausibile il rischio di uno slittamento verso il tipo di autore, ovvero verso la formulazione di stereotipi delinquenziali che prescindano dal compiere azioni delittuose, ma si ricolleghino ad alcuni caratteri estranei alla tradizione nazionale.

Si riscontrarono in qualche fase spinte di questo genere nel nord quando si registrarono forti ondate immigratorie, per cui il meridionale era individuato come stereotipo criminale. Mi chiedo se oggi vi sia un rischio di slittamento verso questo tipo di concezione e se con un impegno culturale sia possibile perseguirne il superamento.

Nei momenti di crisi il tipo d�autore si prospetta sempre come punto di coagulo di tensioni sociali.

CINZIA DATO. Vorrei porre soltanto una domanda relativa all�aumento del tasso di violenza, percepito come problema di ordine pubblico o forte tratto culturale, ad esempio tra i minori anche all�interno delle scuole o sulle donne all�interno della famiglia.

In relazione a questo dato, vorrei sapere quanta attenzione sia rivolta alla prevenzione e all�influenza di una serie di realt� veicolate dalla televisione, da un�eccessiva competitivit� o dal consumismo. Considero infatti allarmante che, per citare il dibattito sulle elezioni francesi nei giorni scorsi, si sia assistito a proposte di carcerazione per i sedicenni.

Vorrei sapere quindi se sia in aumento il tasso di violenza in realt� sociali che dovrebbero essere considerate le prime vittime di questa violenza, quali le scuole, e quanta attenzione sia mirata alla prevenzione. Anche il professore indirizzava l�attenzione alla comunicazione pubblica. Mi chiedo dunque se il nostro Paese stia attuando particolari strategie in questa impostazione cultural-preventiva, e cosa riteniate opportuno al riguardo.

JOLE SANTELLI. Scusatemi, il professor Caia prima rilevava come non abbiamo un concetto di ordine pubblico e sicurezza da rintracciare normativamente, ma conosciamo il significato di questo dato.

Poich� spesso si rilevano sovrapposizioni e ulteriori funzioni affidate alle Forze dell�ordine in grado di snaturarle ed � responsabilit� del legislatore proporre un ruolo preventivo alle Forze dell�ordine- dagli stadi alle stragi del sabato sera risolte attraverso i controlli della polizia - mi chiedevo se per offrire una traccia al legislatore, al di l� della scelta politica da effettuare, non si potrebbero definire meglio i compiti assegnati alle Forze dell�ordine.

MARZIO BARBAGLI, Professore ordinario di sociologia presso l�Universit� di Bologna. Per quanto riguarda lo stato della ricerca sull�ethnic profiling, ovvero sugli svantaggi di cui eventualmente gli immigrati soffrono sia nell�attivit� delle Forze dell�ordine sia nell�attivit� giudiziaria, esistono solo poche ricerche che riguardano gli svantaggi ...

PRESIDENTE. Mi scusi, professore, c�� un problema regolamentare: essendo imminenti votazioni in Assemblea e dovendo preventivamente riunire il Comitato permanente per i pareri, devo sospendere la seduta, che potrebbe riprendere alle 14. Vi � possibile?

MARZIO BARBAGLI, Professore ordinario di sociologia presso l�Universit� di Bologna. No, presidente.

PRESIDENTE. Allora le do immediatamente la parola.

MARZIO BARBAGLI, Professore ordinario di sociologia presso l�Universit� di Bologna. Esistono ricerche soltanto per quanto riguarda l�attivit� giudiziaria, mentre non esistono, a differenza di quanto avvenuto negli Stati Uniti, indagini - che sarebbe importante effettuare - sull�eventuale attivit� selettiva delle Forze dell�ordine a svantaggio degli immigrati nelle attivit� quotidiane. Una delle attivit� peculiari del nostro Paese rispetto agli altri � la grande frequenza con cui i cittadini italiani vengono fermati per l�identificazione. I dati ISTAT segnalano che circa un terzo dei cittadini italiani maggiorenni vengono fermati nel corso di un anno, mentre questo avviene con frequenza assai minore negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

In mancanza di indagini, ignoriamo se in questo si rilevi un�attivit� selettiva a scapito degli immigrati.

Ci� si ricollega anche alla domanda dell�onorevole Violante riguardante il formarsi di stereotipi delinquenziali, che mi sembrava riferirsi agli immigrati.

Esistono varie indagini, che per� non giungono a risultati definitivi. Peraltro, un tema trattato nel rapporto del dipartimento della pubblica sicurezza, che non abbiamo citato, riguarda l�alto numero di reati attualmente commessi dagli immigrati nel nostro Paese. I dati delle Forze di polizia indicano infatti un numero estremamente  alto. In alcune zone si rileva una quota vicina al 40-50 per cento, a fronte di un 5-6 per cento di immigrati sul totale della popolazione italiana. Questo problema, quindi, ha due diverse facce.

Per quanto riguarda le dimensioni, gli effettivi delle Forze di polizia, non abbiamo ricordato un aspetto riportato nel quadro del dipartimento, ovvero come la legge finanziaria preveda alcuni tagli e quindi una loro diminuzione.

Non siamo in grado, quindi, sulla base delle informazioni di cui disponiamo, di valutare se il numero delle Forze dell�ordine sia adeguato ai bisogni. Mancano informazioni per formulare una risposta in merito, e soprattutto manca un esame delle attivit� effettivamente svolte dalle Forze di polizia, oltre a quelle del controllo del territorio, come gi� ricordato dal collega Corso.

Purtroppo non esistono informazioni affidabili che indichino se la violenza tra i minori e la violenza contro le donne sia aumentata, perch� su questo dobbiamo basarci sulle denunce, che rappresentano solamente una piccola parte. A differenza di quanto avviene nella stima dell�andamento di altri reati, le indagini cosiddette di vittimizzazione non sono state effettuate per quanto riguarda il bullismo. Ne sono state fatte invece per quanto concerne la violenza contro le donne, ma non ci permettono di riscontrare un eventuale aumento rispetto al passato.

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo scusa ma debbo rinviare il seguito della seduta.

Comunque, vi comunico che gioved�, nell�ambito dell�ufficio di presidenza, proporr� di valutare la possibilit� di seguire questo lavoro attraverso uno specifico Comitato piuttosto che con il plenum della Commissione; ci� al fine di avere tempi pi� rapidi e di svolgere l�indagine in modo autonomo rispetto all�andamento complessivo dei lavori della Commissione stessa.

Sospendo quindi la seduta che riprender� alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 12,20, � ripresa alle 14,05.

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori della Commissione.

Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

GIUSEPPE CAIA, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l�Universit� di Bologna. � stato posto un quesito concernente l�esistenza delle leggi regionali e la necessit� di tenerne giustamente conto.

Come rilevato in particolare dal professor Corso, l�articolo 118, comma 3 richiede un coordinamento tra Stato e regione in materia di ordine pubblico.

Questo si rivela molto importante, perch�, anche se nel nostro ordinamento esiste una competenza legislativa esclusiva dello Stato, ci� non comporta che tutte le funzioni amministrative siano svolte dallo Stato stesso, ovvero non esiste pi� il principio del parallelismo.

Sar� quindi importante che il legislatore statale, nel momento in cui emaner� la legge di cui all�articolo 118, comma 3, tenga conto delle esperienze legislative e ordinamentali della regione, fermo restando che la Polizia amministrativa differisce dalla Polizia di sicurezza, la cui disciplina deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale. Questo non significa tuttavia che non si tenga conto del coordinamento dei vari interessi pubblici, perch� una tematica di sicurezza ha interazioni con altri profili di interesse pubblico. La giurisprudenza costituzionale ha spesso ribadito come l�esclusivit� di competenza non esista come principio assoluto rilevando l�esigenza del concorso di una pluralit� di amministrazioni e di livelli istituzionali.

Sotto questo profilo, dunque, questa legge statale, che l�articolo 118, comma 3, prefigura, dovr� considerare questa giusta preoccupazione e le esperienze compiute.

Rispondo ovviamente ai quesiti sui quali posso essere competente. Relativamente all�altra domanda dedicata alle organizzazioni spontanee per l�ordine pubblico anche negli ordinamenti francese, spagnolo e tedesco esse non sono accolte con particolare favore. Si tratta infatti di una materia delicata, su cui � necessario effettuare un controllo,  e di cui � fondamentale si occupino emanazioni delle amministrazioni pubbliche statali. Questa dunque dovrebbe essere considerata come una realt� residuale da non esaminare con favore.

Per quanto concerne la percezione della sicurezza, in Germania e in Francia le leggi recenti si occupano molto di questo profilo. La necessit� delle Forze di polizia e delle amministrazioni pubbliche di dare adeguate comunicazioni, di agire in trasparenza mira ad acquisire un rapporto pi� dialettico e costruttivo con gli interessati. Si rileva quindi una costante volont� di confronto e di dialogo, che in Francia � coniugata con il metodo di fissazione degli obiettivi e di costante verifica dei risultati.

Per quanto concerne la composizione degli organici e l�aumento delle funzioni delle Forze di polizia, si pu� verificare dallo studio dei documenti francesi e tedeschi un netto tentativo di espungere dal carico di lavoro delle Forze di polizia ci� che attiene alla burocrazia, all�amministrazione, ad aspetti che non si riferiscono all�ordine e alla sicurezza pubblica in senso stretto, ma che, per pigrizia o per tradizione storica ormai superata, le sono stati annessi.

Per quanto riguarda il quesito relativo alla sovrapposizione tra funzioni nelle varie polizie, alcune leggi pi� recenti, quali ad esempio quella sul Corpo forestale dello Stato, hanno eccessivamente arricchito alcune polizie specialistiche di funzioni di valenza generale. Bisognerebbe aggiungere quindi qualche precisazione in merito. Polizia di Stato e Carabinieri hanno una funzione di polizia generalista, mentre le altre sono pi� specializzate per tradizione, per vocazione, per capacit�, per mezzi e per struttura. Tale aspetto dovrebbe quindi essere considerato.

Riguardo all�ordine e alla sicurezza pubblici, quali elementi possono rappresentarne i contorni? Considerando la giurisprudenza della Corte costituzionale si individua una definizione molto chiara che fornisce i contenuti e, contestualmente, delimita i confini della materia in maniera molto netta ed evidente. Le sentenze della Corte costituzionale che risultano dalla documentazione enunciano chiaramente questo contorno, esprimendo il chiaro significato di queste espressioni che si ritrovano in Costituzione.

Spero di aver risposto adeguatamente sui profili di mia competenza.

GUIDO CORSO, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l�Universit� Roma Tre. La maggior parte delle domande riguardava gli aspetti sociali o sociologici del problema, mentre per gli aspetti giuridici ha gi� risposto in maniera esauriente il professor Caia.

Vorrei fare riferimento ad un quesito che trova un riscontro, sia pure con una formulazione diversa, nella domanda posta dal presidente Violante. Si chiedeva infatti se nell�accertamento della responsabilit� penale non si rilevi un pregiudizio ethnic profiling, ovvero una selezione degli indagati o dei sospetti fondata sull�appartenenza etnica. Il presidente Violante, nel prospettare il rischio che si affermi sul piano culturale, prima che sul piano legislativo, una tendenza a considerare il tipo di autore, sostanzialmente afferma che, piuttosto che perseguire un fatto, si perseguirebbe una persona in ragione della sua collocazione etnica o religiosa.

Poich� non sono un sociologo n� un esperto di statistica, non ho elementi per confermare o smentire questa ipotesi, ma, considerando le statistiche sulla composizione della popolazione carceraria e sull�attivit� di persecuzione penale, ritengo che esista un pregiudizio a carico degli extracomunitari, ovvero che spesso l�autorit� di Polizia, nell�impossibilit� di individuare un colpevole, orienti la sua ricerca su determinati settori di popolazione extracomunitaria.

La sproporzione tra percentuale di extracomunitari e popolazione italiana complessiva e la percentuale di extracomunitari rispetto alla popolazione carceraria appare troppo elevata per non giustificare questo tipo di sospetto. Non possiedo tuttavia elementi per avvalorarlo.

Per quanto riguarda il tipo d�autore, escluderei che la legislazione in atto o la  legislazione recente ne rechi tracce, senza per� escludere che questo orientamento sia presente, sia pure a livello inconsapevole, nell�attivit� della Polizia e della magistratura. Riprendo l�esempio precedentemente richiamato della sentenza emanata dai giudici milanesi che escludeva l�attendibilit� come testimoni delle persone musulmane.

Per quanto riguarda la domanda relativa al tasso di violenza nei confronti di particolari categorie, quali donne e minori, anche in questo caso si tratta di materia che esula dall�ambito della mia competenza, ma sono incline a ritenere che il mutamento rispetto al passato non sia cos� rilevante da eguagliare la presentazione del problema attuata dai mezzi di comunicazione di massa.

Mi ricollego a una considerazione del professor Barbagli, per sottolineare l�esigenza di non confondere l�aumento delle denunce di particolari comportamenti con il loro aumento. In passato, la violenza sulle donne non veniva quasi mai denunciata, mentre oggi viene denunciata con maggiore facilit�, aspetto che suggerisce cautela nella valutazione.

Per quanto concerne la dislocazione delle Forze di polizia sul territorio, la difficolt� di modificare la distribuzione esistente e la conseguente necessit� dell�intervento legislativo, concordo con questa impostazione; dal punto di vista organizzativo forse questo costituisce il problema pi� serio delle Forze di polizia e di sicurezza in Italia.

Non avrei altro da aggiungere.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per il contributo offerto ai lavori della Commissione e dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 14,15.


 

 

 


 

 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

2.

 

 

Seduta di MERCOLED� 30 MAGGIO 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 14,35.

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione del Ministro dell�interno Giuliano Amato.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione del Ministro dell�interno Giuliano Amato, che si soffermer� in particolare sulla tematica relativa alle risorse finanziarie di cui dispone il Dicastero.

Partecipa all�audizione anche il Viceministro dell�interno Marco Minniti,

Do la parola al Ministro.

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Vi ringrazio di questa audizione che avviene in un momento per noi particolarmente opportuno: stiamo infatti giungendo quasi alla conclusione della stipula dei patti per la sicurezza con le citt� metropolitane italiane che ha rappresentato l�avvio, a nostro avviso positivo, di un indirizzo del quale peraltro la Commissione era stata preventivamente informata e sul quale, perci�, non � il caso che io ritorni.

� forse pi� utile in questa occasione che vengano illustrate le specificit� e i tratti comuni dei patti finora stipulati, con l�avvertenza di segnalare, a tal riguardo, la mancanza di tre citt�, ovvero le due citt� siciliane - occorrenza questa prevedibile poich�, essendoci le elezioni amministrative anticipate in Sicilia, la fase di elaborazione dei patti ha coinciso, per i nostri colleghi siciliani, con il momento del loro impegno locale e, per intesa comune, vi � stato uno slittamento con la conseguente ripresa dei lavori solo in tempi recenti - e Cagliari, se ben ricordo.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. S�, Cagliari, Firenze ed altre.

GIULIANO AMATO. Ministro dell�interno. Le citt� maggiori hanno gi� concluso i patti e il Viceministro Minniti potr�, anche meglio di me, fornirvi gli elementi relativi ai contenuti dei suddetti patti dei quali a me, in questa prima parte della nostra comune esposizione, interessa mettere in luce - attenendo al profilo che voglio sottoporre a voi - l�unico aspetto apparentemente singolare della valorizzazione che essi conferiscono a quel comma della finanziaria che, prevedendo convenzioni tra la nostra amministrazione, le regioni e gli enti locali, relativamente alle comuni attivit� in tema di sicurezza, � stato utilizzato per trasferire risorse di regioni ed enti locali dai loro bilanci allo svolgimento di attivit� nonch� alla dotazione di mezzi.

Qualcuno potrebbe osservare che questo � il mondo alla rovescia, ma non lo �, almeno in parte, poich� questo riflette un  comune interesse nonch� la presa d�atto che alcune delle dotazioni attraverso le quali si fa sicurezza possono essere, e sono, dotazioni di diretta responsabilit� degli enti locali. In tal senso basta pensare alla videosorveglianza che, in termini funzionali, � strumentale all�uso del fattore umano per l�intervento sull�attivit� criminosa ed entro certi limiti ne � anche sostitutiva, perch� consente, da un unico punto che � la sala operativa, di avere sott�occhio quel che accade in pi� punti della citt� senza avere fisicamente la pattuglia esattamente in quel punto. Si tratta di un rapporto in parte di sostituzione, in parte di strumentalit�, ma in ogni caso � una dotazione che, a fine di sicurezza, gli enti locali possono ben ritenere propria.

Vi � stata una grande attenzione, nell�ambito di questi patti, nel tenere distinte in materia di pubblica sicurezza le competenze statali da quelle locali, le quali concorrono all�esercizio della funzione sicurezza e alla realizzazione, pertanto, dell�obiettivo sicurezza. In questa distinzione, tuttavia, vi sono alcuni aspetti di effettiva comunanza.

Detto questo, chi avesse cominciato a dire che questo � il mondo alla rovescia, avrebbe in qualche modo ragione perch� soffriamo di un problema di risorse: quando si arriva al punto - lo dico davanti a questa Commissione, ma lo ripeter� il Viceministro Minniti - che anche le automobili finiranno per essere in parte acquistate con risorse provenienti dagli enti locali, si capisce che forse si sta andando un po� oltre il normale equilibrio nella convergenza di competenze nazionali e locali.

Del problema delle risorse che non � di natura contingente, non nasce oggi ed investe, in realt�, una problematica complessiva che riguarda la nostra amministrazione (e forse anche altre), � bene parlare distesamente, con serenit�, e senza impuntature di alcun genere, non essendo un tema adatto al teatrino dei pupi di Villa Borghese dove si scambiano bastonate sulla testa per la gioia dei bambini.

Che cosa � accaduto? Nell�arco di numerosi anni si sono verificati due fenomeni, il primo dei quali � una crescita esponenziale dei fabbisogni di risorse legati a funzioni pubbliche, formalmente rimaste uguali a se stesse ma negli anni trasformatesi per l�intensit� di esercizio che hanno richiesto. In questo senso, ad esempio, l�immigrazione � un fenomeno che, negli ultimi dieci anni, ha avuto una crescita sensibile: la statistica rileva, freddamente, che l�immigrazione in Italia tra il 2000 e il 2005 � aumentata, mediamente, del 63 per cento, percentuale questa che si distribuisce tra le varie province con punte del 90 per cento in alcune e sotto le due cifre in altre (indipendentemente dalle varie distribuzioni, si tratta, comunque, del 63 per cento); le cittadinanze conferite conseguentemente - ma non solo conseguentemente - nell�arco degli anni 2002-2005 sono aumentate dell�80 per cento; le depenalizzazioni, con giusta tranquillit� per lo sgombero che ne derivava delle aule giudiziarie, hanno portato migliaia e migliaia di fascicoli nelle cantine delle prefetture.

Mi preme far notare che quei fascicoli, da allora, non sempre sono usciti dalle cantine che li ospitavano, perch� il personale � rimasto quello che era e cos� anche quei fascicoli sono rimasti tali, tanto � vero che il Parlamento - come sapete - ha dovuto approvare una legge con la quale per gli assegni a vuoto si � dichiarato platealmente di ricominciare da zero - non da tre, come avrebbe fatto Troisi - a partire da un certo anno, mentre per gli anni precedenti �chi aveva avuto, aveva avuto�. Questo ha creato, in qualche modo, una migliore possibilit� per le prefetture di fronteggiare il carico di lavoro che intanto, di anno in anno, veniva aumentando.

Un altro capitolo al quale non sempre si pensa riguarda il rapporto tra le prefetture e le tossicodipendenze. Non vi avevo riflettuto neppure io, ma i dati relativi ai colloqui in prefettura evidenziano che tali colloqui, previsti dalla nostra legislazione fin dal 1990 (con successive modifiche che non hanno per� toccato questo punto), sono passati da 4.000 nel 1990 a 33.000 nel 2005. Naturalmente non  si sta certo affogando per i colloqui dei tossicodipendenti, ma questo offre comunque il segno di una quasi decuplicazione di una funzione.

Si tratta di un quadro generale che va oltre la pubblica sicurezza e che mostra come questo Ministero, in una fase nella quale, grazie al Titolo V, alle riforme Bassanini e a quant�altro, una larga parte di funzioni pubbliche esercitate in precedenza dallo Stato centrale si sono venute spostando, � un�amministrazione a cui la realt� dei medesimi anni ha portato in carico un accrescimento anzich� una riduzione di carico funzionale.

Che cosa � successo nel frattempo, mentre questo accadeva? Bisogna fare i conti con gli andamenti della spesa pubblica e con le specificit� che tali andamenti hanno avuto nei confronti della nostra amministrazione. � accaduto qualcosa che credo sia accaduto anche nei confronti di altre amministrazioni, ovvero che la spesa per il nostro personale e il numero complessivo delle persone di cui abbiamo potuto avvalerci non sono, in realt�, sostanzialmente diminuiti. In questo senso, per quanto riguarda l�Amministrazione degli interni, � possibile raffrontare i dati degli anni 1997-2007: nel 1997 il personale dell�amministrazione civile contava 22.731 unit�, nel 2007, 22.721, con una differenza, quindi, di dieci unit�; nel 1997 il personale della Polizia di Stato, compresi i ruoli e quant�altro, si attestava su 104.325 unit�, nel 2007 se ne contano 108.811, ovvero 4.000 in pi�; nel 1997 il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco era costituito da 26.691 unit� (a cui si aggiungevano 4 mila �fuori�), nel 2007 da 31.500, con una sostanziale parit�.

Per quanto riguarda le dotazioni di risorse, facendo un raffronto pi� ravvicinato - in materia monetaria i raffronti fra anni lontani non sono efficaci, dato che non vi � una inflazione nel numero delle persone bens� nel valore del denaro - ovvero fra il 2004 ed il 2007, si nota che mentre nel 2004 si aveva un totale di 25.526.735.000, nel 2007 se ne ha uno di 24.444.559.000, ovvero si � verificata la perdita di un miliardo. Questa somma � stata persa non sulla voce di spesa principale, ovvero quella del personale, ma su quella delle spese di investimento e dei consumi intermedi. Infatti, all�interno di questi 25-24 miliardi, la voce di spesa che specificamente riguarda la pubblica sicurezza che, nel 2004 era di 7.208.636, � passata a 7.191.758, avendo speso per il personale di pi� e perci� avendo consumi intermedi che vanno da 1.216 a 829 e spese in conto capitale che vanno da 541 a 433. La dotazione � all�incirca la medesima; si registra, pertanto, un aumento della spesa del personale ed una riduzione significativa della spesa in conto capitale e dei consumi intermedi.

Questo significa, in termini pi� semplici, che in questi anni, per svariate ragioni, si � mantenuto integro il corpo del personale pubblico e lo si � alimentato con retribuzioni che, non sempre stimolanti dal punto di vista del ricevente, nell�insieme sono state inesorabilmente sempre pi� costose. Per risparmiare, quindi, si sono ridotte le spese relative alle funzioni da loro svolte, il che prefigura un trend sul quale � necessario riflettere poich�, in ultimo, queste persone sono state e saranno pagate perch� hanno una famiglia da mantenere e non perch�, in aggiunta a questo, sono anche in grado di assolvere a compiti pubblici. Questo trendesiste da alcuni anni e, in un Paese cos� focosamente bipolare, esso rappresenta uno dei pochi elementi bipartisan da me constati e su cui tutti dobbiamo riflettere poich� non vi � dubbio che, in termini generali, se non si aumenta la spesa pubblica - cosa che mi pare dubitabile - si deve trovare il modo di ridurre il carico e mettere, cos�, in condizione le amministrazioni di avere pi� risorse per l�esercizio delle funzioni.

Cosa posso fare io, dunque, che, a fronte di una condizione di sostanziale mantenimento dello stesso personale, ho avuto un aumento delle mie funzioni? Alle volte il Ministero dell�interno viene osservato con acrimonia perch� sembra essere quello che vuole costituire sempre l�eccezione: ogni eccezione immotivata � un�eccezione immeritevole. Dai dati, per�, si evince che le funzioni che il mio personale  deve esercitare sono aumentate in modo esponenziale e di sicuro io non sono in grado di ridurre il personale anche perch� le funzioni di questa amministrazione sono funzioni che solo in minima parte possono essere svolte da un computer. Stiamo introducendo tecnologie informatiche in modo sempre pi� consistente e vi sono una serie di passaggi per i quali ci avvaliamo di tali tecnologie; ma l�immigrato, prima o poi, deve parlare con un essere umano perch� se ha scritto in modo errato il proprio nome o quello del proprio datore di lavoro, o se ha un�incertezza circa un aspetto della propria vita che lo riguarda, deve avere qualcuno a cui rivolgersi e con cui parlare.

Le stesse tecnologie informatiche, del resto, finiscono per incepparsi se non innestate in un sistema in cui � compreso anche il colloquio. In riferimento a questo capitolo, aggiungo inoltre che vorremmo creare la condizione per cui l�immigrando o l�immigrato, che si accinge ad operare per via informatica, possa verificare i propri dati con un addetto prima di immetterli nel computer, poich� solo in questo modo vi � la certezza che tali dati sono inseriti correttamente cos� da arrivare dove devono senza che il computer li respinga; in tal caso, infatti, per verificare l�errore, in ragione del quale la macchina si � rifiutata di accogliere tali dati, sarebbe necessario un numero maggiore di addetti.

Mi trovo, pertanto, in questa situazione: ho un rapporto funzioni-personale che, in pi� casi, mi vede con meno personale di quello che sarebbe necessario per un civile esercizio delle funzioni del mio ministero. Per un esercizio incivile di queste funzioni tutto pu� bastare, ovvero posso avere una domanda e rispondere dopo quattro anni. � possibile quindi rispondere dopo quattro anni, ma se, invece, si ritiene che la risposta al cittadino in un tempo ragionevole faccia parte dell�esercizio della funzione, allora, le grandi prefetture sono chiaramente sottodotate, perch� � l� che si accumulano i fascicoli, le domande di cittadinanza, gli assegni a vuoto (non a caso, lavoriamo con interinali e quant�altro). In questo ambito, vi � una verifica che va fatta.

Abbiamo, inoltre, un problema, sempre relativamente al rapporto funzioni-personale, nel settore specifico della pubblica sicurezza. � il nostro stesso dipartimento che rileva che, mediamente, negli organismi di pubblica sicurezza dei paesi con cui ci confrontiamo, le funzioni amministrative e di supporto sono svolte da personale civile e non di pubblica sicurezza in una quantit� che si aggira attorno al 20 per cento della dotazione del personale di polizia. Il personale civile che assolve a funzioni amministrative di supporto conta, nel dipartimento, meno di 10.000 unit�. Da questo risulta chiaro che vi � un numero x di appartenenti al ruolo della pubblica sicurezza che assolve a funzioni amministrative e di supporto altrove assolte da personale civile.

Non bisogna essere manichei in questo ambito: una parte del personale di polizia, una volta raggiunta una certa et� - dopo i cinquanta anni - � bene che trovi una utilizzazione in ufficio. Quelli della mia generazione ricorderanno la norma - avevo allora 17 anni di meno, come tutti voi, del resto - con cui si era stabilito che a quei compiti assolvesse personale civile: era uno dei pochi principi direttamente operativi di una legge delega, qual era quella, ed infatti fu fatto il ruolo che � di 12.000 persone. Come ho gi� detto, abbiamo circa 22.000 persone nel ruolo del personale civile contrattualizzato, quindi � possibile che una parte di questo possa, e debba, transitare nella pubblica sicurezza liberando, se fossero 2.000, 2.000 uomini o donne che potrebbero andare direttamente sul territorio.

Di tale questione si era gi� occupato, quando era Ministro dell�interno, il Presidente Napolitano, di cui ricordo una direttiva che, con una sorta di heri dicebamus, � stata ripresa dal Viceministro Minniti e dal Sottosegretario Pajno che, insieme, hanno dato vita a una Commissione che sta attualmente operando una verifica sulla funzione e sul ruolo di quelle circa 10.000 unit� di personale civile. Aggiungo,  inoltre, che molti di questi 10.000, nel frattempo, sono avanzati di qualifica e, pertanto, non � chiaro quali funzioni stiano esattamente svolgendo n� quale corrispondenza vi sia tra la qualifica acquisita e i compiti assolti, perch� � possibile che vi siano dei quasi dirigenti che stiano ancora assolvendo mansioni di archivio. � una questione da verificare e che pu� essere verificata. Si devono, certo, utilizzare le tecnologie; impiegare il personale civile a disposizione nel miglior modo possibile cos� da avere personale per il territorio; rivedere, per l�utilizzazione migliore del personale, anche i presidi, cosa che, in occasione di questi piani, si � cominciata a fare.

In questo ambito, �chi � senza peccato scagli la prima pietra� e se cos� fosse - devo dire la verit� - in Italia ne volerebbero pochissime. Non � detto, comunque, che, tra alloggi di servizio non dichiarati che si trovano all�interno dei presidi ed interessi locali vari presenti attorno ai medesimi presidi, sia l�uso pi� efficiente delle Forze dell�ordine a presiedere alla collocazione dei presidi e alle resistenze che incontreremo nel tentare di modificarla. Si tratta di una vecchia storia - come sappiamo bene -che si cercher� di risolvere.

Sono a conoscenza del fatto che non prepariamo pi� di mille agenti l�anno - e sono gi� molti - eppure, si hanno scuole di polizia per formarne oltre 4.000. � chiaro, pertanto, che devo schiudere scuole per almeno 3.000 posti; tuttavia, dove accade che ve ne sia una, incontro resistenze che, fortunatamente, la questione delle discariche fa impallidire. Egoisticamente, mi ci nascondo dietro, ma non vi � dubbio che � necessaria una capacit� comune di gestire anche questo fenomeno.

Portato a termine quanto sono venuto dicendo, rimango, tuttavia, con la mia insufficiente dotazione per funzioni, dal momento che non sono in grado di spostare risorse da personale a funzioni, ma solo - se vi riesco - personale da luoghi dove � meno utile a luoghi in cui lo � maggiormente: � il massimo che io possa fare. Tuttavia, in ragione della specificit� che vi ho ricordato, ossia dell�enorme incremento del carico di funzioni che ci siamo trovati ad assolvere, non posso fare neppure una operazione che auspicherei per altri settori dello Stato, ovvero un pi� intenso uso del part-time che potrebbe essere un modo efficace per ridurre significativamente la spesa del personale, adeguandola anche alle esigenze e alle caratteristiche di una parte del nostro personale, naturalmente con una certa flessibilit� nell�uso del tempo libero per svolgere altre attivit�: il giansenismo non si presta al bilancio dello Stato in questa chiave, mi accontenterei dell�onest� e del rispetto della legge. Si tratta di una operazione che non posso porre in essere, e per tal ragione mi trovo a fronteggiare il problema della dotazione di risorse per funzioni.

In conclusione, quest�anno, con il comma 507 della legge finanziaria, il Ministero dell�interno ha perso 217 milioni ed ha maturato, di contro, debiti per 408 milioni per via di canoni d�affitto, bollette e altre forniture non pagate. Ho suggerito al Corpo dei vigili del fuoco di non pagare gli affitti e di pagare la benzina, perch� il distributore li manda a quel paese se si presentano, senza pagare, con il loro grossi camion, mentre � possibile che il padrone di casa non li cacci. � arduo dover dare consigli di questa natura...

PRESIDENTE. Da parte del Ministro dell�interno!

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Ho detto loro: dovendo scegliere, pagate la benzina, perch� altrimenti, quando andate al distributore, se questi non vi fa credito, rimanete l� con il camion, non sapete cosa fare, dovete spingere e intanto l�incendio brucia la casa.

Infine, mi preme sottolineare come 220 milioni di risorse sono venute meno per mancata riassegnazione, questione su cui, se non avessi raggiunto, alla mia et�, la capacit� di non arrabbiarmi, varrebbe la pena farlo. Da alcuni anni la legge finanziaria contiene una norma - fatto, anche questo, assolutamente bipartisan nella pi�  assoluta continuit� - che prevede che le cosiddette riassegnazioni, ovvero le somme dovute da un terzo ad una amministrazione, vengano fatte affluire al Tesoro, e poi, dal Tesoro riassegnate all�amministrazione a cui sono dovute. La norma bipartisandi cui parlavo prevede, da alcuni anni, che le riassegnazioni si facciano nei limiti di un anteriore biennio con il risultato che il Ministro dell�economia, quale ne sia il colore, pone in atto due azioni: da un lato invita i vari soggetti a trovare, per proprio conto, risorse e quindi, se ha dei servizi, a farseli pagare, aumentando in tal modo, di anno in anno, la quota dei servizi resi a pagamento almeno pro quota; dall�altro lato, esso resta in possesso di queste maggiori risorse derivanti dai servizi pagati dagli utenti, dato che le riassegna soltanto nella media di due esercizi precedenti. Quanto realizzato in pi� affluisce pertanto al Tesoro e non al soggetto che lo ha posto in essere con il risultato che questi cessa di farlo dato che non � nelle condizioni di rendere il servizio mancandogli le risorse.

Il Ministero dell�interno ha molteplici convenzioni stipulate con la Societ� autostrade per garantire il servizio di polizia stradale a pagamento come anche con le Ferrovie, ed ha stipulato una convenzione, nel corrente anno, per far pagare una quota dei Vigili del fuoco negli aeroporti agli stessi aeroporti; tuttavia per poter rendere tale servizio, esso conta su quelle risorse che, per�, non arrivano. � finito in questa rete anche il Fondo di solidariet� per le vittime delle richieste estorsive e dell�usura, alimentato sin dall�inizio, come sapete, da risorse private che sono sempre pi� aumentate nel corso degli anni e che rappresenta la quota principale dei �crediti� che ritengo che il mio Ministero abbia, avendo tale fondo 177 milioni non riassegnati.

Ci� significa che a fronte delle aumentate assegnazioni e, correlativamente, delle aumentate aspettative da parte delle vittime, come ministro mi trovo a dover dare delle risposte insulse, perch� le risorse sono bloccate.

Sono convinto che se il Parlamento discutesse questa norma come tale, arriverebbe all�unica conclusione possibile ovvero che le amministrazioni che si fanno pagare i servizi devono essere immediatamente destinatarie delle risorse corrispettive, ma poich� i parlamenti, da alcuni anni, trovano questa norma in una specie di gigantesco hamburger, sul quale votano la fiducia, si trovano nella impossibilit� di notare questa minuscola parte che, invisibile nell�ambito del grande hamburger, produce i suoi effetti successivamente. A questo si dovrebbe porre rimedio.

Infine - scusate se mi sono dilungato, ma da tempo attendevo questa occasione - vorrei evidenziare la consistente difficolt� in cui ci troviamo a causa di una poco assennata, a mio avviso, interpretazione contabile da parte dell�Eurostat, che ci ha portato via i limiti di impegno. Fino a due anni fa, noi finanziavamo spese pluriennali piuttosto definite, stanziando ogni anno il cosiddetto �limite di impegno�, ovvero un ammontare destinato a rateo di mutuo da pagare per quell�anno, a fronte di una spesa finanziata a debito. Una gloriosa legge per la Polizia, la n. 217 del 1992, con la quale fino al 2002 venivano acquistati i mezzi della Polizia, era finanziata con il limite di impegno, e permetteva di pianificare l�acquisto dei mezzi per tre-quattro anni.

In questo ambito, Eurostat ha avuto una idea che definisco brillante per il mio integerrimo europeismo, stabilendo che se si assume un debito, ancorch� pluriennale, lo si deve caricare tutto sul primo anno. Non esiste alcun essere umano che, accendendo un mutuo, faccia una cosa simile, altrimenti sottoscritto il mutuo, finirebbe con il suicidarsi chiudendo la partita: il mutuo viene caricato anno per anno, sui bilanci annuali. La suddetta idea di Eurostat, invece, comporta che se oggi si legiferasse per limiti di impegno, verrebbe richiesto di caricare sul primo anno l�intero ammontare del debito, il che, ovviamente, nessun Ministro dell�economia fa.

Il risultato, quindi, � che il Ministero dell�interno � privo del finanziamento dei mezzi, che i mezzi a sua disposizione  invecchiano e che quando stipula delle convenzioni si avvale dei finanziamenti dei comuni o delle regioni per acquistare automobili. A tale situazione dovremo porre rimedio; vedremo se un leasingo altre modalit� di pagamento potrebbero forse sfuggire alla regola nella quale incappano i limiti di impegno.

Giunto quindi al tema dei patti per la sicurezza, passerei la parola al Viceministro perch� li illustri.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Se il presidente e i colleghi lo ritengono opportuno, potrei andare alla illustrazione dei patti sulla sicurezza, altrimenti possiamo aggiornarci. Non vorrei affaticare eccessivamente con dati, numeri e via dicendo.

PRESIDENTE. Credo che interessi ascoltare questo aspetto.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Come la Commissione sa, la procedura pattizia nel campo della sicurezza � piuttosto antica, poich� i primi patti furono stipulati nel 1997 e i vari Governi che si sono succeduti hanno utilizzato questo strumento, al punto tale che nel 2006 siamo arrivati ad avere un complesso di patti stipulati sotto varia denominazione e titoli - patti, programmi, contratti - di circa 400 strumenti pattizi, spesso rispondenti a logiche differenti.

L�intendimento che ci siamo dati � di riprendere l�idea del patto, che, a mio parere, ha una valenza strategica, per quanto ci riguarda- penso che tale valenza possa essere condivisa dalla Commissione - e procedere ad una unificazione. In altre parole, disponiamo di troppi strumenti, con finalit� spesso non coerenti tra loro; � necessario, quindi, aprire una nuova stagione introducendo un principio fortemente unitario nei patti di nuova generazione. Per questo motivo, abbiamo soprasseduto rispetto al rinnovo automatico, che spesso c�era, dei patti firmati nel 1997, nel 1998, nel 1999 e nel 2000, per poi arrivare ad avere un unico punto di riferimento.

La valutazione di carattere strategico, dunque, � in realt� piuttosto elementare, nel senso che noi siamo convinti - su questo penso che ci sia un largo consenso - che la politica di sicurezza debba avere una solida visione nazionale e che l�Italia sia un Paese sufficientemente lungo e largo per poter essere inserito in un�unica visione. Tuttavia vi sono spesso alcune realt� che devono essere osservate singolarmente pi� da vicino, poich� le politiche di sicurezza non sono analoghe e uguali per tutto il territorio nazionale.

Per poter eseguire tale ingrandimento � necessario avere una forte cooperazione sul terreno dell�individuazione degli obiettivi e delle priorit�, dei modi di intervento con le istituzioni locali, dalla regione, alla provincia, al comune. Quindi, la filosofia dei patti � questa: una forte cooperazione con le istituzioni locali, tra lo Stato e le istituzioni locali. Qualcuno, andando un po� oltre il tema della cooperazione, potrebbe parlare di un�alleanza, ma ci intendiamo: si tratta di un punto di convergenza.

� per questo motivo che all�inizio del nostro lavoro abbiamo stipulato un patto innanzitutto con l�Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). Si tratta di un patto cornice, che naturalmente adesso viene declinato nelle varie realt� locali. Aggiungo anche che, accanto al lavoro fatto con l�ANCI, in questo momento � stato attivato un gruppo di lavoro costituito con il Comitato delle regioni italiane, perch� pensiamo che nel momento in cui definiamo una strategia unitaria dei patti sia necessario avere due riferimenti cornice: uno con tutti i comuni italiani e un altro con tutte le regioni italiane, per poi passare, attraverso queste cornici, agli approfondimenti.

Stipulare un patto cornice significa individuare alcune tematiche di carattere generale che vengono comunemente condivise. Faccio un esempio. Nel patto cornice vi � una dichiarazione che � un�acquisizione di principio ma che, a mio avviso, � assolutamente importante: si afferma che la sicurezza � un diritto primario.

Alla luce di questo patto cornice noi abbiamo proceduto, innanzitutto, a coniugare questo progetto di cooperazione, partendo innanzitutto dalle citt� metropolitane.

Attualmente abbiamo gi� stipulato patti con quattro citt� metropolitane: uno - che vi era gi� noto - con Napoli, poi abbiamo firmato con Roma, Milano e Torino; � in corso di avanzata elaborazione il patto per le altre citt� metropolitane. Sono un pochino pi� indietro le due citt� metropolitane dove si � votato, Palermo e Genova, ma la nostra intenzione � di lavorare rapidamente per poter avere i patti anche in queste due citt�. Le ragioni di tale ritardo non vi sfuggiranno; nel momento in cui era in corso la campagna elettorale, era difficile poter pensare di elaborare uno strumento pattizio.

Il principio fondamentale di questi patti � il seguente: riuscire a trovare un punto di cooperazione effettiva tra il principio e l�idea della sicurezza primaria e il principio e l�idea della sicurezza integrata.

La sicurezza primaria, che naturalmente � di competenza dello Stato, ha un riferimento fondamentale nell�autorit� nazionale di pubblica sicurezza; la sicurezza primaria spetta all�autorit� nazionale di pubblica sicurezza, e questo viene ribadito in ogni patto.

Per quanto riguarda la sicurezza integrata, invece, � necessario comprendere che il concetto di sicurezza oggi � molto pi� complesso, poich� non si identifica soltanto nel principio di garanzia dell�ordine pubblico, ma significa anche assetto del territorio, assetto urbanistico, politica delle illuminazioni, politica sociale. Vi � un complesso di elementi che va a definire, oggi, una moderna idea della sicurezza.

Nel momento in cui voglio affrontare questa moderna idea di sicurezza, so che lo Stato da solo non pu� attuarla - ad esempio, le politiche urbanistiche non sono competenza dello Stato - e devo misurarmi nel rapporto con il territorio. Quindi si affronta questo tipo di principio utilizzando fino in fondo un�idea, a mio avviso sperimentata e che sta per essere sperimentata sul campo, ovvero l�idea del principio di sussidiariet�.

Il Ministro ha giustamente detto che, in alcuni casi, il principio di sussidiariet� � stato portato forse oltre il limite; tuttavia a me pare molto giusto tale principio, che prevede che le istituzioni locali e lo Stato partecipino, anche per le politiche di sicurezza, attraverso un principio di cooperazione effettiva, in cui ognuno contribuisce per una parte.

Un principio di sussidiariet� che - voi lo ricorderete, poich� ne abbiamo discusso nell�ambito della legge finanziaria - noi abbiamo in qualche modo codificato con il comma 439 della legge finanziaria cui faceva riferimento il Ministro. Il comma 439 consente - attraverso protocolli e programmi congiunti, condivisi tra la prefettura e il comitato provinciale per l�ordine e la sicurezza pubblica, e i comuni e le province italiane - di pensare a politiche e a programmi di intervento effettivo sul territorio.

Attraverso il comma 439 noi riusciamo ad avvicinare i temi della sicurezza alle realt� locali, poich� stabiliamo che in una singola realt� - da Milano a Roma, da Palermo a Genova, da Firenze a Venezia - il comitato provinciale per l�ordine e la sicurezza pubblica, individuando una priorit� di intervento, abbia la possibilit�, attraverso un fondo speciale che � allocato presso le prefetture ed � alimentato dagli enti locali, di intervenire direttamente per operare quell�intervento o quella eventuale correzione.

Faccio un esempio: c�� un problema che riguarda la sicurezza per il controllo di una piazza; questo significa, ad esempio, che c�� bisogno dell�illuminazione, o della videosorveglianza, o di avere un controllo delle forze di polizia o dei Vigili urbani ventiquattro ore su ventiquattro. Senza aspettare che si decida a Roma, attraverso questo protocollo d�intesa, una citt� pu� decidere di intervenire sia sul terreno dell�uso delle forze di polizia, sia per quanto riguarda eventuali investimenti, attraverso l�utilizzazione di quel  fondo che � stabilito presso ogni singola prefettura e che � alimentato dagli enti locali.

� un principio particolarmente importante, perch� tra l�altro risponde a un�altra questione. Con l�elezione diretta dei sindaci noi abbiamo avuto sempre, via via, un ruolo pi� importante delle amministrazioni locali nelle politiche di sicurezza. Capita anche a voi; spesso quando si parla con un sindaco, si sente riferire che spesso gli vengono sottoposte anche questioni che non sono di sua diretta competenza. Voi sapete che si � proceduto nel tempo con la partecipazione dei sindaci e dei presidenti delle province ai comitati provinciali per l�ordine e la sicurezza pubblica. Tuttavia, nel momento in cui si applica anche attraverso questo strumento pattizio il principio di sussidiariet�, il ruolo delle istituzioni locali nei comitati provinciali aumenta nel senso che, attraverso l�utilizzazione di questo fondo specifico, si pu� far partecipare direttamente le istituzioni locali sulla determinazione delle politiche pattizie, quindi si interviene direttamente sulle politiche di sicurezza.

Aggiungo anche che attraverso questi patti noi stiamo affrontando un tema a cui ha alluso chiaramente il Ministro. Vi � l�esigenza di ridisegnare un modello di sicurezza nel nostro Paese. Noi abbiamo un sistema di dislocazione delle forze di polizia che ormai � vecchio di trent�anni. Ultimamente, si � introdotto un criterio per evitare che nuovi insediamenti della Polizia vadano laddove c�� un insediamento dei Carabinieri, o viceversa. Tuttavia, tale principio � stato raggiunto molto a posteriori. Oggi si tratta di riflettere su come dislocare meglio le forze di polizia sul territorio, cio� come avere un principio che sia insieme di razionalizzazione e di migliore utilizzazione.

Per fare questo c�� bisogno dello Stato nazionale, ma anche del rapporto con gli enti locali. Se per esempio stabiliamo che in una certa citt� sia possibile utilizzare pi� efficacemente i commissariati, anzich� avere cinque commissariati si fanno tre distretti e questo significa la possibilit� di utilizzare pi� gente per strada, perch� meno personale � impegnato nella sorveglianza fissa, o di impiegare meno persone per rispondere al telefono. � chiaro, per�, che questo lo posso fare soltanto se dispongo, se non di un consenso, almeno di una cooperazione con l�ente locale. Altrimenti il segnale che io offro pu� apparire addirittura opposto, cio� di abbandono del territorio.

Faccio un esempio. A Napoli abbiamo deciso, insieme con gli enti locali, di passare da venti commissariati a dieci distretti. Ci� ha permesso di utilizzare immediatamente cento uomini in pi� per servizi su strada; tuttavia, il passaggio dai venti commissariati ai dieci distretti � stato possibile grazie a una convergenza con gli enti locali, altrimenti sarebbe apparso come un abbandono del territorio.

La stessa cosa riguarda il problema delle stazioni dell�Arma dei carabinieri. In un comma della legge finanziaria che abbiamo votato si prevede una riduzione del 5 per cento. Tale riduzione va affrontata attraverso un rapporto che deve portare da un lato ad avere una migliore e pi� razionale distribuzione e delle forze, dall�altro ad avere un rapporto di consenso.

Il Ministro ha citato l�aspetto delle scuole di Polizia, aspetto che mette in luce un nervo scoperto. Noi abbiamo adottato un principio secondo il quale, nel momento in cui si chiude una scuola di Polizia perch� mancano i discenti - non si pu�, infatti, tenere aperta una scuola di Polizia in questo caso - tutti coloro che erano impiegati in quella struttura rimangono a disposizione della questura nella quale operava quella scuola; tutti coloro che vi rimangono devono essere utilizzati per servizi che siano pi� in rapporto con il territorio. Ebbene, questo progetto � interamente concordato, nel dettaglio, con i sindacati; tuttavia, questi progetti trovano resistenza nel rapporto con le realt� locali.

Il problema � che se, oltre a obbligarci a concordare tutto con i sindacati, a non trasferire nessuno dalla citt� dove � impiegato, a cercare di migliorare il servizio sul territorio, mi viene chiesto di non chiudere la scuola, mi si assegna una mission impossible, perch� se ho 1.000  allievi laddove ne avevo 5.000, non posso continuare a tenere aperte tredici scuole.

PRESIDENTE. Da cosa dipende il fatto che prima erano 5.000 e adesso sono 1.000?

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Si tratta degli ausiliari di Polizia. Il meccanismo coincide con il superamento che tecnicamente in Parlamento abbiamo chiamato �la sospensione della leva�. Con la leva, infatti, una parte affluiva sia all�Arma dei carabinieri, sia alle forze di polizia e si formavano, cos�, gli ausiliari. Nel momento in cui � stata eliminata la figura dell�ausiliario, poich� l�ultimo contingente � stato assorbito con l�ultima legge finanziaria - � chiaro che nelle forze di polizia c�� un impegno per la formazione permanente e per tutte le tematiche che stiamo affrontando -, per quanto si possa allargare al massimo il campo della formazione, una struttura per 5.000 non pu� funzionare con meno allievi, per ovvie ragioni.

� fondamentale, quindi, la razionalizzazione delle strutture sul territorio; nei patti questo � esplicitamente riportato. Si d� mandato, infatti, ai comitati provinciali dell�ordine della sicurezza pubblica- all�interno dei quali vengono stipulati, appunto, i patti - di ripensare anche l�assetto sul territorio. Questo viene fatto sulla base di una intesa tra il prefetto, i capi delle forze di polizia e i rappresentanti delle istituzioni locali. Infatti, per pensare a come meglio distribuire le forze sul territorio, per lo Stato � importante il contributo della conoscenza del territorio da parte di coloro che stanno sul campo, i quali, chiaramente, sono in grado di valutare meglio la situazione del quartiere e di quella realt�, pi� o meno difficile.

Circa la seconda questione, noi facciamo un�analisi molto attenta sugli organici delle forze di polizia. Come ha osservato il Ministro, � chiaro che non si pu� fare un ragionamento tout court sugli organici; il dato oggettivo, infatti, � che siamo sotto organico. � un aspetto che � giusto trasmettere al Parlamento, poich� in questo momento, le tre forze di polizia principali sono mediamente il 10 per cento sotto organico. Non � un problema di una certa realt� piuttosto che di un�altra; il 10 per cento sotto organico significa, facendo la somma delle tre forze di polizia, che dovremmo assumere tra i 25 e i 30 mila poliziotti, carabinieri e finanzieri, decisione che non mi pare sia all�ordine del giorno, n� che sia, del resto, possibile.

Anzich� affrontare il tema degli organici in maniera burocratica, sarebbe opportuno discutere con gli enti locali ed eseguire operazioni di inserimento mirato di rafforzamenti laddove siano necessari. I nuovi uomini e le nuove donne delle forze di Polizia o dell�Arma dei carabinieri che mandiamo a Milano o che abbiamo mandato a Roma e Torino, non sono forze intese a ripianare gli organici, ma sono state inviate per missionspecifiche che abbiamo definito con i sindaci.

Faccio un esempio: a Roma l�amministrazione comunale ci ha chiesto la mission specifica del controllo dei campi nomadi, su cui l�amministrazione intende impegnarsi particolarmente con controlli esterni. Questo � ci� che noi faremo, poich� esiste una missionspecifica che affronta questo tema.

A Milano si � affrontato il tema del controllo del territorio, soprattutto il problema dello spaccio di stupefacenti, e anche su questo c�� una mission specifica.

Un�altra mission specifica riguarda il controllo degli accessi alle citt�. Noi stiamo realizzando un sistema di videosorveglianza nelle grandi metropoli urbane, che consenta di garantire il controllo degli accessi nelle citt�. Sapete che le videocamere sono ormai particolarmente intelligenti, leggono anche le targhe delle macchine e sono in grado di collegarsi con le black list del Ministero dell�interno. Abbiamo stabilito che, per ogni sistema di controllo degli accessi, vi sia un reparto speciale della Polizia stradale che viene appositamente costituito. Questa � la scelta che abbiamo attuato su Milano e su Torino. Su Roma e Napoli l�operazione � stata gi� effettuata.

Sto entrando nel dettaglio per spiegarvi come i rafforzamenti, laddove ci sono stati, sono avvenuti per mission specifiche, cos� come stiamo utilizzando nei patti...

JOLE SANTELLI. Queste unit� rimangono nell�organico della citt�, ma sono destinate ad altra funzione, ho capito bene?

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Per essere chiari, quelli che noi abbiamo definito in pi�, sono uomini, appunto, in pi� e rimangono permanentemente; ma sono inviati per operare nell�ambito di mission specifiche. � chiaro che, poich� i patti sono verificabili ogni sei mesi e hanno durata di un anno, ogni semestre verifico se la scelta che abbiamo fatto - ad esempio, del controllo del territorio antispaccio - produce risultati.

Teoricamente, nelle politiche di sicurezza dovrebbe avvenire questo: viene fatta una scelta, quella scelta produce un risultato - cio� elimina il problema - e io, quindi, posso utilizzare tale risorsa per altri scopi. Questo dovrebbe accadere in teoria, purtroppo non sempre avviene.

Stiamo sperimentando due nuove misure, di cui penso di avere parlato in questa Commissione. La prima � la task force nazionale, sperimentata a Napoli con successo. Questa task force, costituita inizialmente da 400 uomini, conta adesso 600 uomini: 300 della Polizia di Stato e 300 dei Carabinieri.

L�abbiamo chiamata Forza di intervento rapido (FIR), cio� una forza capace di dislocarsi sul territorio in tempi rapidissimi, laddove ci siano problemi particolari e situazioni racchiuse nell�ambito della sicurezza pubblica. Ha funzionato molto bene a Napoli e in realt� difficili. Anche a Scampia � stata attivata questa risorsa. Se ricordate, erano quelli che andarono con i Vigili del fuoco per togliere i cancelli da queste zone off limits.

� una forza che contiene al suo interno un principio di flessibilit�. Noi abbiamo utilizzato, per andare a Scampia, una parte di questa forza. Vi �, inoltre, un problema del controllo del territorio, per il quale vi sono forze pi� qualificate a questo fine; coloro che attuano gli interventi cosiddetti d�urto non sono gli stessi che svolgono il controllo del territorio, poich� la loro professionalit� � evidentemente diversa.

Il secondo principio che stiamo sperimentando nei patti � una diversa missiondel poliziotto di quartiere. Contrariamente a quello che si dice e che sento spesso ripetere, noi non abbiamo abbandonato questa figura. Io la ritengo un�iniziativa giusta, tanto che ci siamo dati l�obiettivo, che penso possa essere condiviso, di una mission un po� pi� complessa. Anzich� utilizzarlo soltanto nei centri storici, ci siamo dati l�obiettivo di metterlo dentro un pacchetto un po�pi� complicato, da utilizzare nelle realt� pi� difficili. In altre parole, l�idea consiste nell�utilizzare il poliziotto di quartiere come elemento permanente di presenza e di controllo del territorio in realt� nelle quali la sicurezza � ancora da conquistare, non dove la sicurezza � gi� stabilmente assicurata.

Infine, due ultime questioni prima di concludere. � chiaro che tutto ci� comporta una forte cooperazione con il Corpo dei vigili urbani e la possibilit� per gli enti locali, laddove lo vogliano, di partecipare anche al problema dell�ammodernamento dei mezzi. Se volete posso fornirvi alcuni dati, ma penso che il Ministro sia stato particolarmente esaustivo da questo punto di vista. Tuttavia, quello dei mezzi � un tema sul quale vorrei che venisse richiamata anche la vostra attenzione.

PRESIDENTE. Pu� consegnare alla Commissione questi dati?

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Certamente. Il parco automezzi � particolarmente esposto al logoramento. Nei dati si legge: autovetture specializzate, 43 per cento della dotazione esposto a logoramento; autovetture di istituto, 30 per cento; autovetture di serie 49 per cento ...

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Vuoi spiegare il significato dell�espressione �esposto al logoramento�? Anche un�auto nuova...

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Significa che ha superato i sette anni previsti. In effetti non l�avevo esplicitato, intelligentibus pauca!

Continuo con la lettura dei dati: moto in colore di istituto, 26 per cento; moto in colore di serie, 48 per cento; veicoli per servizi e reparti mobili, 54 per cento. Non tratto, per carit� di patria, il parco degli aeromobili.

Questi dati testimoniano che se ci troviamo in queste condizioni, non � una ragione dell�ultimo anno, questo mi pare abbastanza evidente.

MARCO BOATO. � bipartisan anche questo.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Non � un problema dell�ultimo anno.

� per questo motivo che in alcune realt� � stato importante ed utile che gli enti locali si siano fatti carico, con loro scelta, di intervenire. A Torino, ad esempio, il comune ha contribuito nel patto con un intervento per acquistare mezzi ed autovetture nuove; in Calabria � avvenuta la stessa cosa. Io considero questa una scelta che in ogni caso ci consente di affrontare in termini immediati un�esigenza concreta.

Infine, debbo anche dirvi che in questi patti si � sperimentata un�altra questione. Lo dico anche al presidente Violante: siccome si � riscontrato che le politiche di sicurezza hanno bisogno di un funzionamento della giustizia, che sia quanto meno contemporaneo nell�evoluzione...

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Contemporaneo sarebbe troppo!

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Diciamo coerente con la politica. Allora, siccome in alcune realt� abbiamo trovato una situazione particolarmente difficile, in Calabria si � sperimentata questa soluzione, che non mi sembra banale, ovvero si � firmato un protocollo tra il Ministero dell�interno e il Ministero della giustizia e, con i fondi previsti dal fondo speciale per la sicurezza istituito nel patto per la sicurezza, si � deciso di assumere sessanta coadiutori degli uffici giudiziari per un anno. Questo serve ad alleggerire soprattutto le cancellerie dei tribunali, poich� questo � un provvedimento che si pu� attuare direttamente.

Infatti, questa esperienza fatta in Calabria ci � stata ugualmente richiesta a Napoli e penso che sia un�ipotesi particolarmente interessante, che pu� essere, a mio avviso, sviluppata, poich�, se nel campo degli uffici giudiziari si affronta il tema delle cancellerie, non dico che si � risolto il problema - ha ben altre caratteristiche, questo � evidente - tuttavia si � alleggerito molto il carico di lavoro degli stessi.

Questo � lo stato dell�arte. In conclusione, posso anche dirvi, per chiarezza verso il Parlamento, che sulla base delle valutazioni che ha fatto precedentemente il Ministro, e coerentemente con le sue valutazioni, il 7 di maggio abbiamo anche trasmesso una lettera alla Ragioneria generale dello Stato che teneva conto delle valutazioni da lui espresse e del fabbisogno delle forze di polizia, della Polizia di Stato, dell�Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e il viceministro per la loro esposizione che mi � parsa molto chiara.

Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Desidero anzitutto ringraziare il ministro e il viceministro per questa audizione.

Vorrei quindi partire dal documento che abbiamo in Commissione, preparato dal Ministero, sullo stato della sicurezza. In questo documento, a pagina 104, � rappresentata una curva della delittuosit�, che � abbastanza costante, sembra quasi una linea retta, con pochissime variazioni nel tempo, in relazione agli anni che sono rappresentati.

Questo mi sembra un dato importante, dal momento che stiamo parlando di una  iniziativa come i patti per la sicurezza. Sono d�accordo col Viceministro quando dice che la sicurezza � un diritto. Siamo tutti titolari di questo diritto e chi minaccia questo diritto � una parte estrema della popolazione in generale, che a volte corriamo il rischio di identificare con una categoria specifica di cittadini, costruendo, cos�, il nemico.

Sempre nel rapporto, a proposito degli immigrati, si riferisce che un cittadino immigrato su tre viene denunciato. Questo dato sembra indicare, dunque, un�altissima incidenza della delinquenza da parte dei migranti; tuttavia, anche in questo caso, � importante il modo in cui si leggono i dati, poich� �denunciato� e �condannato� non significano la stessa cosa. Inoltre, sappiamo bene che - e questo accade in quasi tutti i paesi industrializzati - la probabilit� di essere fermati dalla Polizia � molto maggiore se si � fenotipicamente diversi, oppure se si � diversi da un diverso punto di vista.

� importante, dunque, prendere in considerazione anche questi dati nel momento in cui si utilizza questo rapporto, poich� da qui parte una serie di azioni, come quella che voi state intraprendendo. Io vorrei leggere un passaggio del vostro rapporto - non abbiate paura, cercher� di essere breve - nella parte che riguarda la percezione. Infatti, molto spesso quello che cerchiamo di fare � rispondere alla percezione della sicurezza e dell�insicurezza. �Va detto che i dati statistici sull�andamento della delittuosit� non indicano un peggioramento della situazione tale da ingenerare una sensazione di insicurezza generalizzata quale si registra negli organi di stampa, specie nei grandi agglomerati urbani�. E dice ancora: �Anche la presenza di immigrati � vissuta, nella maggioranza dei casi, come fattore incidente negativamente sul senso collettivo di sicurezza. Tutto ci� produce domande di sicurezza che niente hanno a che fare con la delittuosit� effettiva�. Questo lo dice il rapporto del Ministero.

Dal momento che ci sono questi patti con i sindaci, che tengono conto un po� di tutto, ma soprattutto di una bella campagna di stampa volta ad amplificare questa percezione, attraverso la etnicizzazione - ossia l�attribuire una nazionalit� ad alcuni delitti - si ottiene come effetto che una categoria di popolazione, in particolare immigrata, finisce per rappresentare il nemico rispetto alla sicurezza.

Qualche tempo fa lei � stato a Prato, dove si dice che i cinesi vivano in cento in una casa, non rispettino i diritti dei lavoratori, non paghino le tasse, per cui si vorrebbero pi� poliziotti in giro per le strade. Esiste questo genere di schizofrenia per cui, dai cosiddetti reati economici si arriva poi a perseguire questi cittadini come fossero tutti autori di reati predatori. Questo d� un certo vigore ad alcune questure, ad alcuni uomini del Ministero, che si trovano a perseguire certe categorie di migranti - ad esempio quelli che vendono prodotti contraffatti, oppure le persone irregolari - come se si trattasse di delinquenti che compiono chiss� quale reato.

Oggi ci sono vere e proprie retate; ad esempio nella citt� di Firenze ultimamente i commercianti protestano per la concorrenza sleale di queste persone che non hanno documenti, per cui si arriva anche a reazioni pesanti dal punto di vista del rapporto fisico poliziotti-immigrati, proprio per cercare di rispondere a quella che viene percepita come la realt� dei nemici della sicurezza. Stiamo andando verso questi eccessi.

Inoltre, per quanto riguarda i rom, vorrei ricordare che anche loro sono soggetto di diritto alla sicurezza. L�idea che emerge � quella di voler proteggere gli altri cittadini dai rom; tuttavia ci sono anche altre risposte che si possono dare loro. Se sono cos� cattivi, o li bruciamo tutti, oppure si cerca di dare una risposta pi� complessa. Non voglio negare che esistano effettivamente gravi problemi per quanto riguarda alcune questioni.

Infine, vorrei toccare il tema degli organici. Vorrei porre una domanda assolutamente ingenua: perch� si usano tante forze di polizia, vigili urbani e risorse comunali per le partite di calcio? Allo stesso modo, il trasferimento di competenze  agli enti pubblici in materia di immigrazione libererebbe molte forze, dal momento che non si tratta di una questione di ordine pubblico pi� di quanto non lo siano altre questioni.

Ho voluto sottolineare questi aspetti della sicurezza, poich� a volte vengono troppo indirizzati, tanto da tendere a colpire una certa parte della popolazione per quello che �, non per quello che fa.

JOLE SANTELLI. Signor presidente, anche io ringrazio il Ministro Amato e il Viceministro Minniti per l�esauriente relazione.

Vorrei distinguere due piani. Innanzitutto, devo dare atto con estrema onest� che il Ministro Amato ha pi� volte detto, anche attraverso gli organi di stampa, che esiste un problema di urgenza che va affrontato dal Paese e quindi dal Parlamento. Non � un problema del Governo, di chi in questo momento siede al Viminale, ma � un problema di tutti.

A tale proposito, collegandomi a quanto detto in ultimo dall�onorevole Minniti -in merito ad una lettera inviata alla Ragioneria generale - vorremmo capire di che somme stiamo parlando, almeno per assicurare, nell�urgenza, una condizione rassicurante per esigenze di sicurezza, per l�amministrazione delle forze di polizia.

Per quanto riguarda l�aspetto strutturale, � ovvio che non possiamo immaginare di risolvere il problema economico soltanto attivando sempre maggiori risorse, in quanto sono necessarie modifiche strutturali. Anche questo tema � stato pi� volte sollevato dall�inizio dell�indagine conoscitiva e credo che in Parlamento vi sia l�intenzione di collaborare, poich� ci sono alcune situazioni che nessun Governo ha la forza, anche per esigenze localistiche, di affrontare.

Sarebbe troppo semplice se, in seguito ad una vostra presa di posizione, noi dall�altra parte facessimo resistenza, alzassimo le barricate con chi in quel momento � colpito: non si farebbe certo il gioco del Paese.

In termini strutturali, mi sembra che le due esigenze siano la riorganizzazione dei presidi e in parte forse anche quella delle funzioni fra Forze dell�ordine; all�interno delle generaliste, per lo meno, si dovrebbe procedere alla riorganizzazione dei presidi. Gi� abbiamo letto la relazione che il Ministero dell�interno e l�amministrazione hanno depositato; � ovvio che avere nello stesso circondario di pochi metri un commissariato di Polizia e una caserma dei Carabinieri non serve a nessuno e comporta delle spese enormi. Chiedo, dunque, in che termini ci si possa muovere in tale ambito. Ci sono stati vari tentativi, ma vorrei sapere in che termini ci possiamo muovere noi, anche a livello di indagine conoscitiva, per offrire una �definitoria� sulla diversificazione delle competenze.

Accenno a un problema, da ultimo affrontato dalla collega Frias, che costituiva il tema principale dell�esposizione del Ministro Amato. Sul Viminale e soprattutto sull�amministrazione della pubblica sicurezza finiscono per gravare continuativamente nuove funzioni, come se, alla fine, qualunque problema dovesse riguardare la Polizia: dagli stadi ai ragazzi che si ubriacano la notte, il problema � della Polizia. Stando cos� le cose, salvo trasformare il 50 per cento degli italiani in poliziotti, non arriveremo mai a capo della situazione.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Per ultima la spazzatura, diciamo!

JOLE SANTELLI. Occorre - ne abbiamo discusso anche l�altro giorno, con alcuni esperti - una definizione del concetto di sicurezza, quindi un argine (in parte normativo, in parte politico) per fare chiarezza tra i compiti di pubblica sicurezza e quelli che invece possono essere devoluti tranquillamente ad altre amministrazioni. Penso che questa sia una delle emergenze, prima che la situazione sfugga completamente di mano.

GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, ho molto apprezzato il rigore con il quale il Ministro dell�interno ci ha rappresentato i dati, che ci aiutano a superare una serie di strumentalit� di cui abbiamo  letto in questi tempi. Non ho per nulla apprezzato la campagna sulla sicurezza condotta da diverse amministrazioni. Probabilmente la mia immagine non � quella di una persona che si occupa propriamente delle condizioni delle Forze dell�ordine; certamente mi sono interessata pi� ad altre materie; tuttavia, nel corso della passata legislatura, anch�io ho presentato numerose interrogazioni circa la mancanza di strumenti (a partire dalla benzina) per le Forze dell�ordine e l�inadeguatezza delle loro condizioni di lavoro.

Insomma, i problemi non sono nati oggi, n� in occasione di questa campagna elettorale. Questi dati, anche relativamente alla lettura dei bilanci e alle nuove funzioni assunte dal Ministero (o comunque dalle strutture decentrate), credo siano utili, visto che � finita la campagna elettorale, quantomeno per proporre un metodo di rigore nell�affrontare il tema della sicurezza.

Il tema delle risorse � fondamentale. Quella della sicurezza delle citt� � una idea cui tutti siamo interessati come rilevava l�onorevole Santelli, che dovremmo provare a realizzare. Non penso che ci sia una visione bipartisan, ma ritengo che sia interesse di tutti ripristinare un dibattito civile su una questione delicatissima. Non sto a fare questioni, a volte poste in maniera demagogica (lo facciamo anche noi) circa la sicurezza sociale e altri temi comunque verissimi, ma penso che la percezione di insicurezza dei cittadini derivi anche da queste condizioni.

Tuttavia, anche soltanto limitandoci alle questioni pi� specifiche, ritengo che il Ministero dell�interno debba occuparsi non solo di repressione o di ordine pubblico, ma anche di politiche, esattamente come si sta provando a fare sul terreno dell�immigrazione, determinando precedentemente condizioni tali affinch� le persone non debbano delinquere o venir meno a delle regole. Con lo stesso criterio, noi dovremmo provare a evitare quello che diceva prima la collega Frias, ossia che la percezione di insicurezza dei cittadini sia dettata non da una realt� concreta di aumento dei delitti e di effettiva difficolt� di vivere in determinate citt�, ma da altri elementi.

� davvero importante quello che diceva il Viceministro Minniti circa i patti con le citt� e con gli enti locali, in quanto la sicurezza non viene determinata dal numero di agenti, come i sindaci sanno bene. Gli agenti possono essere importanti, se finalizzati per determinate situazioni. Nella maggior parte dei casi, soprattutto in alcuni quartieri (che esistono in tutte le citt�, con qualsiasi Governo), le ragioni principali dell�insicurezza derivano dalle politiche urbanistiche, dal fatto che in determinati quartieri si concentrano o i pi� poveri o alcune comunit� che vivono tutte insieme. Questi sono i meccanismi che bisogna rompere. La sicurezza, ad esempio, dipende non solo dall�illuminazione ma anche dal fatto che in una citt� la gente vive di sera e da altri fattori.

Detto questo, penso che si debba fare uno sforzo per evitare di costruire patti che siano legati solo all�utilizzo delle Forze dell�ordine o, ancora di pi�, dei Vigili urbani (da questi proviene una spinta ad avere, oltre che la condizione giuridica di agenti di pubblica sicurezza, anche una condizione pensionistica adeguata), con un processo che potrebbe determinare un non adeguato rigore nella suddivisione dei compiti tra Stato ed enti locali, e anche le proposte di legge suggerite dall�ANCI in questa direzione non aiutano.

Inoltre, tutti vorrebbero disporre dei dati informatici, ed io non sono d�accordo; n� condivido l�idea che tutte le nostre citt� - in ogni stabile pubblico, in ogni banca, ai semafori e via dicendo - debbano essere videosorvegliate.

Non lo dico in funzione di un astratto diritto allaprivacy: � il messaggio che non funziona, perch� si trasmette un�idea sbagliata. Penso che la convivenza civile chieda altre cose.

Non ho apprezzato i patti che sono stati recentemente siglati. Non so se nel concreto e nel merito ci potete dire qualcosa gi� oggi, ma non � un bel messaggio quello diffuso oggi dai giornali, secondo il quale i Rom debbono essere espulsi dalle  citt�. Ricordo che i campi Rom esistevano anche quando io ero piccola: alcuni battevano il rame, altri no; qualcuno rubava, qualcun altro no. A dire il vero, sono persone che mi hanno sempre fatto paura, ma gli amministratori e i politici ormai sanno, o dovrebbero sapere (differentemente da certe dichiarazioni di qualche ministro del nostro Governo), che non � vero che i Rom sono tutti nomadi; anzi, la maggioranza dei Rom sono stabili.

La soluzione di certi problemi che determinano insicurezza � legata a una maggiore conoscenza di questi fenomeni: dobbiamo sapere che alcuni sono nomadi e quindi andranno trattati in un certo modo; che alcuni chiedono di stare nelle case normali; che alcuni possono accedere anche a un campo Rom, ma costruito con certi criteri. Non � certamente adeguato il messaggio che � stato diffuso che fa riferimento alla soluzione di spostarli da Roma.

Proprio perch� le azioni sono state impostate con un certo rigore, penso che si debba provare a tradurre la sicurezza in un tema che chiede una cultura e una conoscenza, forse da parte di tutti, a partire da noi stessi.

Il patto delle citt� penso che sia un tema sul quale insistere. Mi colpiva, ad esempio, la questione dell�impiego del poliziotto di quartiere in un certo settore e non in un altro: penso che il poliziotto di quartiere abbia un senso e una funzione precisa; si tratta di vedere quali siano le possibilit� concrete di impiego. Sono molto pi� interessata, per�, ad una visione integrata del problema sicurezza.

GIANPIERO D�ALIA. Signor presidente, signor ministro, signor viceministro, mi asterr� in questa fase dal fare considerazioni di merito sulla relazione, perch� credo che stiamo incominciando a sviluppare e ad approfondire i temi oggetto dell�indagine conoscitiva, che speriamo portino ad un pacchetto di proposte di modifica dell�attuale sistema ordinamentale e legislativo. Siamo quindi interessati ad approfondire (almeno dal mio punto di vista) due aspetti: alcuni elementi pi� specifici, che saranno oggetto delle mie velocissime domande, e l�opinione del Governo sul nuovo assetto normativo, dal momento che vi muovete a legislazione vigente, con tutti i pregi e i difetti di questo sistema.

La prima domanda che voglio porre riguarda lo stato dell�arte dello sportello unico per l�immigrazione. Sto parlando di quella struttura che � nata per disimpegnare il personale non civile, cio� di Polizia, presente nelle questure, da una serie di compiti legati alle istruttorie per il rilascio dei permessi di soggiorno, i nullaosta per i ricongiungimenti familiari e quant�altro, attivit� queste che sarebbero dovute passare alla competenza dell�amministrazione civile sotto forma di sportello unico. Mi piacerebbe, quindi, capire a che punto siamo, dal momento che questo potrebbe essere un elemento di novit� positivo, nella logica di liberare risorse per la sicurezza, disimpegnando personale delle questure.

La seconda questione riguarda i Vigili del fuoco. Parallelamente al congelamento delle strutture dei Vigili del fuoco, nel corso degli anni - anche qui in maniera identica da parte dei Governi che si sono succeduti nel tempo - � cresciuta una struttura parallela, complementare, molto efficiente, chiamata Protezione civile, con un apposito dipartimento presso la Presidenza del Consiglio. Gli ultimi interventi normativi della passata legislatura hanno del tutto precisato - eufemisticamente parlando - i compiti dei Vigili del fuoco che, in una scala da uno a dieci, sono pari a uno nel rapporto con le competenze della Protezione civile.

Lo ripeto, si tratta di una struttura efficiente, che ha un ruolo importante in questo Paese, ma che certamente ha sottratto risorse e possibilit� di investimento alla rete gi� esistente, che svolgeva funzioni di coordinamento e di intervento nel settore della Protezione civile, ovvero la struttura dei Vigili del fuoco.

Vorrei comprendere, ad oggi, quale sia la situazione. Il dato non � solo quello di un mancato investimento nel settore dei Vigili del fuoco, ma anche la crescita di  investimenti e di risorse in un settore affine a quello dei Vigili del fuoco, quello della Protezione civile, che per� � impegnato in tutt�altra attivit�.

Peraltro, credo che oggi il Ministro abbia la delega per la Protezione civile - in passato, invece, tale delega era in capo alla Presidenza del Consiglio - con inevitabile dispersione di forme di coordinamento di non poco conto ...

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. � rimasta dov�era.

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Era ad personam!

GIANPIERO D�ALIA. Ho capito. Questo � un altro aspetto fondamentale, perch� rimette in discussione il ruolo, la funzione e il futuro dei Vigili del fuoco. Non ha senso che si mantengano strutture diverse che hanno costi notevoli, impegnano risorse, duplicano personale tecnico e amministrativo, mezzi (elicotteri, macchine e cos� via).

Credo che questo sia un tema centrale, ancorch� non interessi in via esclusiva il Ministero dell�interno ma si collochi a cavallo tra questo e la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Un�altra domanda riguarda la commissione di verifica del personale civile. Vorrei comprendere quanto dureranno questi lavori e quando finiranno; siamo tutti molto interessati ad avere una relazione sulla materia.

L�altra questione che intendo porre riguarda le scuole di Polizia: qual � il personale di ruolo della Polizia di Stato che ogni anno, indipendentemente dai mille agenti, � interessato a progetti di formazione all�interno del dipartimento di pubblica sicurezza?

Quanto all�accasermamento, a mio parere sarebbe opportuna una riflessione ulteriore. Non si tratta solo del problema dei debiti gi� maturati dal Ministero con riferimento ai canoni di locazione, alle bollette o alle forniture, ma anche rispetto ai vecchi impegni assunti per la realizzazione di nuove caserme della Polizia e/o dei Carabinieri, nate con procedure �antiche� e un po� disinvolte, anche sotto il profilo del dimensionamento e dell�esigenza reale di queste strutture. Il Ministero si trova oggi a doversene fare carico, proprio perch� l�attivit� di programmazione a monte di queste strutture � stata decentrata, senza alcun tipo di coordinamento con la sede centrale. Quest�ultima si ritrova con impegni assunti e con pagamenti da effettuare, senza avere avuto alcuna contezza nella fase iniziale della programmazione.

Credo che questo sia un problema costante che accompagna l�attivit� del Ministero; su di esso, a mio parere, una riflessione e qualche dato ulteriore sarebbe utile.

Il Ministro faceva riferimento alla circostanza che dal 2004 al 2007 vi � stato un taglio degli stanziamenti di bilancio per circa un miliardo di euro. Vorrei sapere se sia possibile comprendere anche l�incidenza per ciascun anno della finanziaria: ricordo un dato preoccupante, segnalato in sede di dibattito sull�ultima finanziaria per il 2007, da cui risultava una decurtazione di circa un miliardo per l�intero fabbisogno del Ministro dell�interno. Vorrei capire come � disarticolato questo dato.

L�ultima considerazione riguarda il personale. Statisticamente ad oggi abbiamo circa mille nuove unit� l�anno di agenti di pubblica sicurezza. Vorrei capire con la finanziaria per il 2007 a regime, che ha previsto un consistente blocco del turn-over, quale sar� nei prossimi anni l�avviamento per anno di nuovo personale. Nel 2008, 2009 e 2010 saranno sempre mille o quanti saranno gli agenti realmente avviati? Da ultimo, vorrei sapere se � possibile l�utilizzo del personale idoneo dei concorsi gi� espletati, le cui graduatorie abbiano ovviamente ancora un termine di validit�.

Ho preferito fare alcune domande specifiche anzich� entrare nel merito, perch� credo che sia pi� opportuno rinviare questo ragionamento.

ROBERTO COTA. Innanzitutto ringrazio per la loro presenza il Ministro e il Viceministro. Penso che ci siano alcuni  aspetti da affrontare. Il primo � legato al merito dell�organizzazione delle Forze dell�ordine, sia a livello centrale che a livello territoriale. Prima, per�, a nostro avviso va affrontato l�aspetto legato alla linea politica, che si traduce anche in proposte e in atti legislativi che il Governo presenta e che ha un�incidenza diretta o indiretta sul tema della sicurezza.

Mi sembra che il Governo abbia scelto la strategia sbagliata e che non sia questo il migliore strumento per affrontare il bisogno di sicurezza che arriva dalla gente. L�ultimo sondaggio rivela che una persona su due ha paura, dal punto di vista della sicurezza, dell�immigrazione non integrata, ma su questo non abbiamo sentito una posizione dei vertici del Ministero dell�interno.

Per quanto riguarda la legge Amato-Ferrero, noi vorremmo che questo provvedimento fosse ritirato, se non altro per tutte le conseguenze negative che la sola presentazione ha innescato: allarme, sensazione di impunit�, incentivo per gli immigrati clandestini a venire nel nostro Paese.

Mi chiedo se il Ministro dell�interno approvi anche le continue dichiarazioni che arrivano dal Ministro della solidariet� sociale, Paolo Ferrero, che ogni giorno o quasi sostiene che bisogna procedere a nuove regolarizzazioni. Questo sicuramente � un messaggio sbagliato dal punto di vista della gestione del fenomeno dell�immigrazione, che ha un riverbero sulla sicurezza.

Il secondo aspetto riguarda l�effettivit� della pena. Anche in questo caso non abbiamo sentito una posizione da parte dei vertici del Ministero dell�interno, laddove questo aspetto � molto importante. Il Ministero dell�interno ha diffuso i dati relativi alla recidiva collegata alle persone che hanno beneficiato del provvedimento dell�indulto, che ha un�attinenza con il tema della sicurezza.

Ormai � fatta, e certo � difficile ritornare indietro. Ma il problema dell�effettivit� della pena, con eventuali proposte legislative ad essa collegate, � un problema che sta a monte rispetto alla frana che scende a valle.

C��, inoltre, l�aspetto pi� concreto dei provvedimenti legati al territorio e ai patti che sono stati stipulati nelle varie citt�. Io non giudico negativo il fatto di aver stipulato tali patti, n� il fatto di aver coinvolto gli amministratori locali. Anzi, potrebbe essere un fatto positivo.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Una forza federalista...

ROBERTO COTA. Proprio per questo.

Francamente, aspettiamo di vedere i risultati di questi patti, ma mi sembra che essi siano un po� deboli con riferimento al loro contenuto. Vorrei rappresentare la realt� di Torino, che conosco meglio di altre. Pi� volte avevo sollecitato, con una serie di atti di sindacato ispettivo, sia nel question time che in Commissione, l�aspetto legato all�impiego degli agenti della polizia municipale nella citt� di Torino. Tali agenti in altre citt� sono stati efficacemente utilizzati, in raccordo con le forze della Polizia di Stato e dei Carabinieri, per realizzare quel tipo di polizia �di prossimit� che, anche in altri Stati, si � dimostrata molto efficiente dal punto di vista del controllo del territorio anche in via preventiva.

Su questo punto mi piacerebbe conoscere l�opinione del Viceministro pi� nel dettaglio.

ORIANO GIOVANELLI. Volevo solo soffermarmi brevemente sulle considerazioni che ha fatto il Viceministro Minniti per dire che concordo sul tentativo di integrare i due concetti di sicurezza primaria e di sicurezza integrata, partecipata, che possono vedere protagoniste anche le autonomie locali.

Volevo segnalare, a questo proposito, che questa Commissione ha, fra gli atti depositati ma ancora mai messi all�ordine del giorno -potrebbe essere questa l�occasione per sollecitarlo - una proposta di legge (prima firmataria Incostante) che va proprio in questa direzione e punta anche  a definire meglio il profilo della Polizia municipale, proprio in funzione di queste integrazioni delle politiche di sicurezza.

La seconda considerazione che volevo fare � che, mentre non mi sfuggono le ragioni per le quali si parte con i patti per la sicurezza dalle citt� metropolitane, esiste poi un problema ben consistente in tutto il territorio e in particolare nelle citt� medio-piccole.

Le citt� di grandi dimensioni hanno sicuramente una complessit� non paragonabile a quella delle citt� medio-piccole; tuttavia � anche vero che queste si trovano spesso in una situazione di assenza di forze, che rende quei territori abbastanza critici dal punto di vista del controllo del territorio. Ci sono tante realt� che conosco nelle quali, dopo una certa ora, nelle caserme dei Carabinieri o anche - figuriamoci - nei comandi della Polizia municipale (laddove ci sono i comandi) risponde un citofono. Spesso abbiamo, dunque, interi territori, molto vasti e poco abitati.

A questo proposito, per esempio, proprio per rappresentare una realt� che comunque � in sofferenza ed � in movimento, leggevo recentemente sulla stampa che lo stesso sindaco di Modena si � attivato per organizzare una rete di sindaci di citt� di minori dimensioni, proprio per richiamare l�attenzione del Governo su questa...

PRESIDENTE. Ha fatto di pi�, ha messo nella stessa sede Polizia di Stato e Vigili urbani, con la possibilit� di lavorare anche con gli archivi del comune e quindi avere risposte in tempi rapidi.

ORIANO GIOVANELLI. Ecco, erano queste sostanzialmente le cose che volevo sottolineare. Credo che anche il Parlamento debba avere presente non tanto il fatto che mancano le risorse per intervenire come sarebbe necessario quanto il modo in cui � possibile organizzarsi con le risorse disponibili, per ottenere il massimo in termini di efficacia e di efficienza. Questo credo che sia il criterio con il quale noi dobbiamo discutere.

MARCO BOATO. Signor presidente, la prima questione non � da porre specificatamente, ma � una mia curiosit� puramente linguistica. Ovviamente, il Ministro Amato � titolare del Ministero dell�interno, e tuttavia sento spesso parlare di Ministero degli interni (anche se noi siamo la Commissione interni). Mi incuriosisce questa terminologia, che per� sento riecheggiare da molti anni. Il mio era soltanto un approccio ironico a tale questione.

Avendo avuto la possibilit� di intervenire dopo aver ascoltato altri colleghi, vorrei dire che la mia preoccupazione � assolutamente opposta a quella del collega Cota. Io credo sia assolutamente urgente affrontare, pi� che i problemi finora sollevati, una profonda revisione della legislazione in materia di immigrazione, che, come disegno di legge, va sotto il nome del Ministro dell�interno Amato e del Ministro della solidariet� sociale Ferrero.

Poich� si � parlato di rischi di regolarizzazione, vorrei ricordare - pacatamente, se non altro come promemoria - che la pi� gigantesca regolarizzazione realizzata nella storia italiana � stata attuata dal Governo Berlusconi all�epoca della legge Bossi-Fini. Bisognerebbe quindi dimostrare obiettivit� nella ricostruzione degli eventi, anche per quanto riguarda il problema dell�effettivit� della pena, che non � tema di competenza del Ministro dell�interno.

Sotto questo profilo, vorrei ricordare gli effetti delle leggi Fini-Giovanardi, Bossi-Fini, ex Cirielli, nel moltiplicarsi dei processi di incarcerazione. L�allarme sociale viene ingigantito sistematicamente e non si pu� valutarne la reale portata. Certo, il popolo � sovrano e ha votato come in tutt�Italia, in particolare a Verona, ma suggerirei di considerare le dichiarazioni palesemente razziste del nuovo sindaco di Verona, eletto con un�ampia maggioranza.

Ritengo condivisibili alcune riflessioni e preoccupazioni sollevate in questo dibattito dalle colleghe Frias e Mascia, su cui non mi soffermo per ragioni di brevit�.

Condividendo l�impostazione che il Ministro e il Viceministro hanno dato alle  loro relazioni, per le quali li ringrazio, vorrei capire come sia possibile superare rapidamente le resistenze da loro pi� volte lamentate rispetto a un miglior utilizzo del personale sul territorio. Se infatti si � raggiunto l�accordo con gli enti locali, se esiste una condivisione per un saggio governo del personale anche con le organizzazioni sindacali, credo che qualunque altro tipo di resistenza non possa che essere marginale e provenire, ad esempio, da un negozio che avesse come clienti gli appartenenti a qualche scuola di Polizia oggi vuota. Poich� il Ministro e il Viceministro se ne sono insistentemente occupati, questo � un problema da superare con determinazione.

Il tema pi� importante, da cui nasce anche questa audizione, sollecitata sia dalla maggioranza che dall�opposizione - come � giusto in materie che attengono alla sicurezza, ai diritti dei cittadini, a un corretto funzionamento degli apparati dello Stato -, � la questione della dotazione finanziaria.

Sono stati richiamati l�effetto perverso del comma 507 della legge finanziaria e la paradossale difficolt� di utilizzare il Fondo di solidariet� per le vittime dell�estorsione e dell�usura, per cui c�� un blocco del Tesoro rispetto alla riassegnazione. Da questo punto di vista, presidente, vorrei avanzare una proposta di non immediata attuazione. Sarebbe utile infatti una risoluzione della I Commissione non a ridosso della legge finanziaria, ma ad esempio ancora in epoca di DPEF, che auspico possa essere bipartisan, almeno sulla questione finanziaria, seppur con valutazioni diverse sulle politiche da adottare. Anche nell�ambito del centrodestra abbiamo recepito riflessioni variegate, ma sarebbe necessaria una risoluzione della Commissione che ne possiede la competenza istituzionale, affinch� nella prossima legge finanziaria questi problemi siano superati.

Non credo sar� riproposta di nuovo una �maxi finanziaria� con quella struttura dell�articolo unico e 1.300 emendamenti, ma, prima di arrivare alla stesura della legge finanziaria, come Parlamento, dopo aver ascoltato il Ministro e il Viceministro e preso atto delle questioni dirimenti per utilizzare i fondi che dovrebbero essere riassegnati, dovremmo assumere una posizione che impegni il Governo. La risoluzione, infatti, � lo strumento atto ad impegnare il Governo, e potremmo adottarla tempestivamente.

Il Ministro e il Viceministro hanno pi� volte rilevato come il modello di insediamento delle forze di polizia sul territorio risalga a trent�anni fa. Chi conosce la storia delle diverse forze di polizia, non solo in epoca repubblicana, sa che esistono stratificazioni nella storia dei Corpi, nel rapporto con il territorio, che inducono a considerare la Polizia come forza pi� urbana e i Carabinieri come una sorta di polizia rurale. In seguito � cambiato tutto; nelle nostre citt� ci sono i Carabinieri, la Polizia di Stato e la Guardia di finanza, ma dal 1981, quando il problema del coordinamento e della razionalizzazione delle forze di polizia in capo al Ministero dell�interno e al dipartimento della pubblica sicurezza � stato posto normativamente, questo rappresenta un problema parzialmente irrisolto.

Mi pare che il Ministro abbia affermato che, rispetto all�organico ufficiale, sarebbe necessario assumere altre 25-30.000 persone tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza, obiettivo considerato impraticabile. Nelle analisi comparative tra il numero degli appartenenti alle diverse forze di polizia del nostro Paese e quello di altri Stati europei analoghi al nostro o anche pi� grandi, gli studiosi rilevano che il numero degli appartenenti alle forze di polizia del nostro Paese � pi� elevato di quello di altri Stati. L�Italia ha tuttavia problemi come la criminalit� organizzata spietata e radicata nel territorio, che altri Paesi europei non hanno, quindi tale comparazione deve considerare la specificit� del nostro Paese. Mi chiedo, per�, se molto non sia attribuibile alla frequente sovrapposizione fra competenze della Polizia di Stato, dell�Arma dei carabinieri e, talvolta, anche della Guardia di  finanza, che talora insistono nello stesso territorio, con scarsa razionalit� nell�utilizzo delle forze.

Ringrazio per l�attenzione sia il Ministro che il Viceministro.

ROBERTO ZACCARIA. Vorrei rapidamente riprendere un accenno del collega Boato su una sorta di triangolo di cui ha parlato il Ministro Amato con riferimento al Ministro dell�economia e delle finanze, ministro di settore, e soggetti afferenti a quest�ultimo Ministero, che erogano servizi retribuiti ma non percepiti, perch� assorbiti da una sorta di tesoreria unica.

Il collega Boato ha suggerito una soluzione parlamentare collegata ad un�eventuale risoluzione, che considero interessante. Avevo capito che la soluzione fosse stralciare questa norma dalla legge finanziaria per poter garantire una diversa disciplina sostanziale, che risolva questo triangolo. Potrebbero emergere problemi di copertura, ma certamente sarebbe pi� facile farlo prima della legge finanziaria che non seguire necessariamente la strada della risoluzione.

Individuare in questa sede una soluzione tecnica -e il Ministro ha auspicato un�ampia convergenza in questa Commissione -,nonostante il discorso presupponga anche un rapporto con l�economia e quindi con altri momenti del Parlamento, rappresenterebbe un contributo concreto in questa direzione.

PRESIDENTE. Volevo solo chiedere a che punto sia l�annosa questione delle sale operative uniche.

Do la parola al Ministro Amato per la replica.

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Brevemente, mi soffermerei sulla questione delle risorse. All�onorevole D�Alia, per quanto riguarda il tema Vigili del fuoco-Protezione civile, risponderei che il sovraccarico sulla Protezione civile � collegato alla sua iniziale struttura, all�abilitazione a operare con ordinanze in deroga. L�ordinanza in deroga � il vero asset della Protezione civile, che induce a caricare su di essa una serie di compiti per avvalersi dell�ordinanza in deroga e operare con maggiore rapidit�.

Tempo fa, la Corte costituzionale - ricordo una sentenza il cui relatore era Onida - si pose con severit� il problema di valutare fino a qual punto l�ordinanza in deroga potesse essere un fine anzich� uno strumento, e ritengo che la sentenza Onida fosse giustamente severa. Questo ritengo sia un problema delicato, sul quale prima o poi bisogner� riflettere.

I Vigili del fuoco, comunque, hanno mezzi limitati e non l�ordinanza in deroga. Questo li rende fratelli minori rispetto alla Protezione civile, ancorch� titolari in esclusiva (nessuno gliel�ha tolta) della responsabilit� antincendi.

Dove vedo un problema assolutamente non razionalmente risolto � a proposito della prevenzione catastrofi, in particolare da terrorismo, perch� noi abbiamo, al dipartimento dei Vigili del fuoco, la responsabilit� dello studio e dell�approntamento della prevenzione e difesa in caso di attacco chimico o con altri mezzi atti a produrre catastrofe, il che immediatamente determina l�intervento della Protezione civile. Qui emerge un problema non razionalmente risolto, che rilevo con grande garbo, perch� presumo che la prima conseguenza di un�attenzione al tema sarebbe quella di attribuire alla Protezione civile anche quel poco rimasto ai Vigili del fuoco. Sono tuttavia abituato a parlare chiaro.

Per quanto riguarda i paragoni europei, onorevole Boato, credo sia necessaria una messa a punto, che sto facendo effettuare, per constatare che, ai fini dei compiti di ordine pubblico, abbiamo esattamente quel che hanno altri, sia in termini di uomini sia in termini di risorse, con la differenza che, negli ultimi anni, negli altri Paesi le risorse sono crescenti, mentre da noi sono decrescenti, e che usualmente si considerano, per l�Italia, i numeri che includono anche Guardia di finanza, Polizia penitenziaria e Polizia forestale, e, per i Paesi gemelli, i numeri che corrispondono alla somma di Polizia e Carabinieri.

Se quindi ci si limita alla somma di Polizia e Carabinieri, si arriva a 220.000 circa, che corrisponde quasi esattamente al numero della Francia e ai 300.000 della Germania. Non ricordo il numero esatto della Spagna, che � un po� inferiore a quello dell�Italia e della Francia, come del resto la sua popolazione.

MARCO BOATO. La Spagna � anche pi� piccola.

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Non intendo lagnarmi affermando che l�Italia dovrebbe averne un numero maggiore perch� ha lo straordinario privilegio di avere la mafia, la camorra e la �ndrangheta, mentre altri non hanno questa fortuna! Non faccio neanche questo tipo di paragone; mi limito a constatare che, se si depurano i numeri italiani da quelle forze di polizia che si occupano di altro, si giunge agli stessi numeri. Mentre le risorse destinate alle forze di polizia, alcuni anni fa, erano stimate intorno all�1,01-1,04 per cento, quelle francesi, inglesi e spagnole sono rapidamente aumentate negli ultimi anni, laddove invece noi siamo scesi, e quindi stiamo uscendo dal quadro, non dalla parte di sopra ma dalla parte di sotto. Sono stanco di sentir affermare, anche autorevolmente, che da noi si spende pi� che altrove, perch� sono consapevole della possibilit� di ottimizzare alcune spese e dell�esigenza di alcune riorganizzazioni, ma non stiamo affatto scialacquando risorse. Francamente, non � cos�. � quasi pronto un documento che dimostra tale andamento evidenziando, soprattutto negli ultimi anni, un crescendo francese, spagnolo e tedesco e un diminuendo italiano.

Vorrei riuscire a parlare con i colleghi della Lega e ad evitare che ogni volta intervengano e poi scompaiano. Non amo vivere ideologicamente ci� che faccio, n� amo la lettura ideologica, neppure del cambiamento delle leggi sull�immigrazione.

Talvolta esistono intonazioni ideologiche anche in questo; alcune le capisco, ma parto dalla premessa che l�immigrazione sia un gigantesco fenomeno nuovo, davanti al quale tutti i Paesi europei si trovano e modificano le leggi sulla base dell�esperienza. Questa indica che la legge Bossi-Fini, che intendeva ridurre l�immigrazione irregolare, ha finito per aumentarla. Questo � un dato.

Se poi, in nome di un�opposizione ideologica alla sinistra, si prende il disegno di legge della stessa sinistra e, come avviene nei riti vudu, di ficcano degli spilloni nell�occhio di quel disegno di legge, accusandolo di immigrazione irregolare, si compie un�operazione dannosa per il Paese. Tali questioni non devono essere affrontate in questo modo, perch� non � suscitando emozioni anzich� discussioni razionali che si ottengono risultati utili al Paese. Questo lo dico in tutta sincerit�.

La legge Bossi-Fini, come ci siamo detti e come riconosce ogni esperto, avendo usato lo strumento del contratto di soggiorno firmato prima di lasciare il Paese di origine per tutti i tipi di lavoratori, sia qualificati che non qualificati, ha generalizzato uno strumento, che pu� funzionare bene per i qualificati ma non funziona per i non qualificati, e ha finito per indurre questi ultimi ad entrare clandestinamente in Italia per ottenere quel contratto di lavoro che da fuori non riuscivano a garantirsi. Questa � la realt�. Non esiste alcun tema ideologico.

Se vogliamo ridurre l�immigrazione clandestina, dobbiamo cambiare questo punto. Accusare la legge Amato-Ferrero di aver fatto lievitare l�immigrazione irregolare, quando tutti sappiamo che � accaduto esattamente per la legge Bossi-Fini, non � un�operazione politicamente corretta. Significa partire dalla premessa di essere i difensori dell�Italia dai clandestini, laddove gli altri sono loro amici e tutto quello che fanno favorisce i clandestini. Questo non corrisponde a verit�.

Il testo della legge Amato-Ferrero � correggibile, modificabile, e ne discuteremo. Esso parte semplicemente da una premessa realistica. Non ripudia il contratto di soggiorno previsto dalla legge Bossi-Fini, non dice che �puzza� perch� viene dalla destra, ma afferma che pu� essere mantenuto, che va benissimo per i  lavoratori qualificati. E sarei contrario a eliminarlo solo perch� � previsto nella legge Bossi-Fini, giacch� uno strumento contenuto nella Bossi-Fini non � per definizione sbagliato: ne era sbagliata la generalizzazione.

I lavoratori non qualificati, i collaboratori familiari e gli altri devono poter venire in Italia per cercare un lavoro, cosicch� vengano in modo regolare. � necessario calibrare bene i congegni per farlo, valutare i numeri e gli strumenti di cui avvalerci per far coincidere la domanda e l�offerta di lavoro ed evitare che gli immigrati si trovino esposti al mercato e al lavoro nero. Ma, di sicuro, correggiamo un aspetto che, in base all�esperienza, merita di essere corretto.

Questo tema del gioco sulle emozioni si rivela molto rischioso, come giustamente rilevato dalla collega Santelli con riferimento alla chiusura di pres�di e di scuole, laddove si rivela necessario invece essere responsabili. Se ci� � vero per la chiusura di scuole e di pres�di, a maggior ragione lo � per temi ancora pi� delicati, che toccano emotivamente la collettivit� nazionale, come quelli della generalizzazione all�intero mondo degli immigrati dell�accusa di essere dei criminali.

Mi chiedo come degli italiani possano fare una cosa simile, quando il nostro � un Paese che ha subito, all�estero, questo tipo di stereotipa e aprioristica condanna in ragione della presenza di mafiosi tra di noi. E come pu� la nemesi storica essere cos� selvaggia nei confronti di taluni di noi da farci incorrere in quel crimine in cui sono incorsi gli americani e gli altri che in ogni italiano hanno visto un mafioso? Mi chiedo quanto nuociamo alla sicurezza pubblica nell�affermarlo, perch� razionalmente sappiamo che la maggior parte di coloro che sono arrivati nel nostro Paese � costituita da famiglie che lavorano e si inseriscono, da bambini che entrano nelle nostre scuole e che ne usciranno adulti come i nostri figli e nipoti. Che senso ha scatenare un�ostilit� collettiva nei confronti di tutto questo? Mi chiedo quale predica, in nome del bene comune, possa avere credibilit� se pronunciata da chi ceda a questo tipo di lacerazione emotiva e laceri la nostra collettivit�.

Non so a chi sto rivolgendo questa predica da prete indignato. Voglio solo dire che sarebbe bene che nessuno nel mio Paese se la meritasse e che stessi parlando veramente a vuoto, perch�, se questo accadesse, sarebbe veramente grave. In tematiche cos� delicate e a un tessuto che, con tanta delicatezza e fragilit�, si sta costruendo tra le varie comunit� etniche che entrano nel nostro Paese, se qualcuno di noi usa la scimitarra, provoca davvero un danno.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. Mi muover� in maniera complementare con il ministro cercando di rispondere alle domande alle quali non abbia gi� risposto.

Per quanto concerne i quesiti posti dalla collega Frias, fermo restando quanto ha detto il ministro, volevo informare anche la Commissione dell�intenzione del Ministero dell�interno di ripresentare un rapporto annuale sull�andamento della criminalit�. Come sapete, l�ultimo rapporto � stato presentato nel 2001, su dati del 2000, quindi da sette anni manca un rapporto sull�andamento della criminalit� nel nostro Paese e il Ministro ha giustamente deciso di riprendere questo tipo di rapporto con il Parlamento.

Ritengo questo fondamentale, anche perch� abbiamo deciso, in maniera del tutto unilaterale, di reiterare questo rapporto annualmente, indipendentemente dai dati, perch� � necessario un approccio scientifico che allontani tali questioni dall�emotivit�. La cosa migliore a tale fine � dare i dati ogni anno in maniera tale che siano confrontabili e si possa misurare l�andamento delle azioni delle politiche di sicurezza. Spesso, infatti, si rileva un andamento emotivo particolarmente acuto che non corrisponde ai dati, per cui la percezione di sicurezza � diversa dalla realt�, proprio perch� non si dispone di dati reali, oppure si presume che quei dati non siano �scientifici�.

Scegliere all�inizio della legislatura di ripresentare ogni anno i dati con le stesse misure di confronto, ovvero rappresentando entit� confrontabili ed omogenee, consente di affrontare tale questione in termini scientifici.

Intendiamo presentare entro giugno il primo rapporto, che verr� in seguito trasmesso al Parlamento.

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Dillo: il 18 giugno.!

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. S�, il 18 giugno (in realt� abbiamo gi� fissato alcune date).

La seconda questione riguarda le partite di calcio. Con il decreto Amato sulle partite di calcio, diventato poi legge, abbiamo ricevuto una disposizione dell�ordine pubblico per le manifestazioni sportive, che ci ha consentito di diminuire in maniera significativa le forze di polizia impegnate nelle partite. Questo rappresenta un primo risultato.

L�obiettivo che ci siamo dati (e che penso debba essere perseguito comunemente), � quello, tuttavia, di procedere ad una netta distinzione tra la sicurezza interna negli stadi e la sicurezza esterna. Il nostro orientamento � che la sicurezza interna debba essere �garantita� dalla societ� di calcio attraverso gli steward e la sicurezza esterna, come � giusto, dalle forze di polizia.

Abbiamo firmato un protocollo con la Lega e la Federazione giuoco calcio che prevede che il Ministero dell�interno, in cooperazione con le societ� sportive, realizzi corsi di formazione per gli stewarddelle societ� sportive affinch� da un lato questi siano formati attraverso il rapporto col Ministero dell�interno e dall�altro esista un punto di cooperazione che consenta, tra interno ed esterno, di garantire la sicurezza. � chiaro che questo comporter� un significativo abbattimento delle forze di polizia impegnate in manifestazioni sportive.

La questione della riorganizzazione dei pres�di sollevata dall�onorevole Santelli si collega alle domande poste dall�onorevole D�Alia e dall�onorevole Boato. Nel momento in cui in Italia esistono due forze di polizia a competenza generale, la Polizia di Stato e l�Arma dei Carabinieri, � impossibile ipotizzare una loro totale complementariet�, perch� due forze di polizia a competenza generale non saranno mai totalmente complementari; ci� � impossibile per il principio di competenza generale, mentre si pu� realizzare una complementariet� tra una forza a competenza generale ed una a competenza specifica.

Non stiamo lavorando dunque sul principio di complementariet�, ma sul principio di sovrapposizione intelligente. Sappiamo infatti che le sovrapposizioni sono inevitabili ma � necessario ridurle al minimo, renderle il pi� intelligenti possibile. Per ottenere questo, sono necessari una cooperazione tra le forze di polizia, un valido coordinamento - che naturalmente gi� esiste, ma pu� essere amplificato e migliorato -, e un rapporto con il territorio, perch� il problema dei pres�di deve essere organizzato in rapporto ad esso.

In riferimento alle questioni sollevate dal Ministro sul rapporto con gli altri Paesi europei, se si effettua una comparazione con i Paesi che presentano due forze di polizia generale come l�Italia, che sono di tradizione napoleonica, Italia, Francia e Spagna, il rapporto � esattamente questo: in Italia c�� un poliziotto o un carabiniere ogni 273 abitanti, in Francia un poliziotto o un gendarme ogni 246 abitanti, in Spagna uno ogni 276 (ma il dato spagnolo deve essere corretto perch� in Catalogna e nei Paesi Bassi esistono polizie autonome qui non conteggiate). Anche tale questione, dinanzi alle cifre, appare pi� facilmente comprensibile.

Rispetto alle osservazioni dell�onorevole Mascia, condivido la necessit� di utilizzare con equilibrio la videosorveglianza. Non sono un appassionato del Grande fratello e tuttavia vorrei essere preciso nella mia esposizione. Il controllo degli ingressi nelle citt� � riferito ai raccordi autostradali, ovvero a una videosorveglianza intelligente che legga le targhe delle macchine e, attraverso il collegamento con la black list del Viminale, individui macchine rubate o  segnalate consentendo un controllo a mio avviso pi� funzionale nella cintura urbana.

Una parte fondamentale del nuovo orizzonte di sicurezza riguarda il principio della cosiddetta �sicurezza situazionale�, che induce ad affrontare alcune questioni cambiandone i termini. Ad un certo punto, si � rilevato in Italia un numero incontrollabile di furti di autoradio; allora ci si � rapportati con le societ� produttrici di auto, le quali hanno installato autoradio che non potevano essere smontate. Questo � un esempio di sicurezza situazionale, perch� tale decisione ha eliminato ogni tentativo di furto di autoradio. Analogamente, si era rilevata un�impennata nei furti dei telefonini, che poi con il PIN hanno subito una radicale diminuzione.

Abbiamo ora promosso un�iniziativa all�ABI (Associazione bancaria italiana). In Italia, il tema delle rapine delle banche, in rapporto con altri Paesi europei, ha dimensioni assolutamente incomparabili, giacch� i numeri italiani sono circa sette volte superiori a quelli di qualunque altro Paese europeo. Ci� riconduce a un tipico esempio di �sicurezza situazionale�: in Italia circola troppo denaro contante. Ho suggerito alle banche, piuttosto che investire per installare la videosorveglianza all�ingresso e altri strumenti importanti, di promuovere una politica che renda pi� conveniente per i clienti utilizzare carte di credito risparmiando in sicurezza. La circolazione di tanto denaro contante in Italia deriva anche dalla criminalit� organizzata, per la quale il denaro contante rappresenta lo strumento fondamentale.

Ho citato la �sicurezza situazionale� perch� il controllo di parte della sicurezza pu� anche essere effettuato attraverso strumenti non invasivi.

Il patto per Roma non prevede la localizzazione dei campi nomadi, anzi - sarei pi� preciso - dei villaggi per i nomadi. Il termine�campo nomadi� anche a me fa venire un po� la pelle d�oca, mentre l�idea di realizzare strutture organizzate, decenti e accoglienti mi sembra uno strumento di civilt�. Non ne � stata decisa l�ubicazione anche perch� questa competenza spetta direttamente al comune di Roma.

Si � deciso che c�� una cooperazione istituzionale; nel momento in cui la regione, la provincia e il comune investono in questi villaggi di accoglienza per i nomadi, � chiaro che ci sar� una cooperazione anche nel momento dell�individuazione dei siti. Ma questa competenza spetta innanzitutto, come previsto dalla legge, al comune.

Devo anche dire che nel patto per Roma c�� una parte specifica dedicata alle politiche di integrazione e di accoglienza sociale. In base al principio di integrazione tra sicurezza primaria e sicurezza integrata, nei patti per la sicurezza sono inserite parti che riguardano questioni specifiche. Pertanto, quando parliamo dei nomadi, parliamo anche delle politiche di integrazione e delle politiche sociali. Questo � il patto per Roma, lo dico per completezza di informazione.

Infine, mi collego a quanto rilevava l�onorevole Boato. Chi resiste? Il problema nasce dal fatto che la decisione di utilizzare diversamente poliziotti attualmente impiegati nelle scuole di Polizia viene vissuta come una diminutio capitis per la citt� in cui era collocata quella scuola. Si pu� arrivare a tutto, si pu� arrivare ad affermare che tutto viene utilizzato l�. Tuttavia, quando si afferma che a seguito della chiusura di una scuola aumenteranno le forze impegnate sul territorio - infatti, impiegando il relativo personale nelle questure pu� aumentare il numero delle volanti utilizzate - si obietta che comunque non viene risolto il tema del prestigio del territorio. Ebbene, il Ministero dell�interno ha il compito di occuparsi non del prestigio, ma della sicurezza del territorio.

Infine...

MARCO BOATO. Vi � la questione posta da me e dall�onorevole Zaccaria circa lo strumento per risolvere il problema finanziario.

MARCO MINNITI, Viceministro dell�interno. S�, vorrei aggiungere soltanto una  considerazione riguardante il problema dell�accasermamento posto dall�onorevole Cota e dall�onorevole D�Alia.

Per un certo periodo, abbiamo perseguito una politica di cooperazione tra le istituzioni locali e il Ministero dell�interno, per cui le istituzioni locali costruivano nuove caserme, nuove sedi per commissariati e per stazioni dei Carabinieri, che poi il Ministero dell�interno avrebbe riempito di uomini. Quello scambio si � ormai esaurito, perch� il Ministero dell�interno non ha pi� uomini per riempire altre sedi.

Pertanto nei patti con le istituzioni locali abbiamo inteso dire che lo sforzo delle stesse deve essere orientato non a costruire nuove strutture, bens� ad affrontare insieme i problemi del funzionamento immediato. Se si intende cooperare alle politiche di sicurezza, � prioritario, per esempio, affrontare il tema dei mezzi rispetto al tema di nuove sedi, la cui costruzione non rappresenta per noi una priorit�.

Per quanto riguarda Torino, onorevole Cota, mi avrebbe fatto piacere discutere con lei, come ho fatto con gli altri rappresentanti politici presenti in consiglio comunale e con la rappresentanza parlamentare di Torino, dei contenuti concreti del patto. Sono infatti convinto che lei avrebbe assunto una posizione diversa. Il patto - mi consentir� poi di inviarglielo direttamente - � infatti molto dettagliato, definisce precisi elementi di intervento sul territorio e utilizza al meglio le forze di polizia e la cooperazione tra forze di polizia e vigili urbani.

Tuttavia, mi preme anche di dirle che il grado di utilizzazione dei vigili urbani torinesi per servizi all�esterno � dell�83 per cento. Posso garantirle che questa percentuale � tra le pi� alte d�Italia. Vorrei che lei guardasse i dati delle altre citt�: se un corpo dei vigili urbani ha una percentuale di servizi esterni cos� elevata � sicuramente di eccellenza tra quelle che vanno dal nord al sud del Paese.

Le priorit� per quanto concerne le questioni della prossima legge finanziaria sono gi� state elencate dal Ministro, ma si possono sintetizzare in tre grandi capitoli, il primo dei quali � la copertura del turn over.

L�onorevole D�Alia aveva sollevato il problema: la legge finanziaria ha sbloccato 2.000 assunzioni per le cinque forze di polizia, e quindi si rileva un problema di copertura del turn over. La seconda questione riguarda i consumi intermedi, mentre la terza concerne i mezzi.

Il presidente Violante chiedeva una stima dell�ammontare della cifra. Il quadro complessivo oscilla tra i 300 e i 400 milioni di euro l�anno, cifre significative ma non esorbitanti.

Il presidente Violante ha sollevato anche il tema delle sale operative interconnesse, su cui il programma � stato completato e tutte le principali citt� e quasi tutti i comuni capoluogo, soprattutto nel sud, hanno sale operative interconnesse, che permettono di coordinare contemporaneamente le sale operative delle forze dell�Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato. Il funzionamento � particolarmente significativo e oggi la sala operativa rappresenta anche il terminale di un sistema particolarmente complesso di coordinamento della videosorveglianza.

Per esempio, per quanto riguarda il drammatico omicidio di Vanessa nella metropolitana di Roma, probabilmente le forze di polizia avrebbero comunque individuato i responsabili anche senza il sistema di videosorveglianza della metropolitana di Roma, ma non cos� rapidamente.

Naturalmente, nei sistemi di videosorveglianza la cassetta deve essere regolarmente sostituita e pu� succedere che in una grande citt� del sud venga commesso un omicidio proprio davanti ad una videocamera, di fronte ad un palazzo importante per ragioni di sicurezza e di giustizia (talmente importante che non voglio citarlo in questa sede), senza che nessuno abbia cambiato la cassetta. Ma questo non rientra nelle nostre possibilit� di controllo!

PRESIDENTE. Siamo grati al Ministro e al Viceministro ...

GIULIANO AMATO, Ministro dell�interno. Vorrei aggiungere una considerazione riguardante la questione delle riassegnazioni. Il testo era stato scritto e anche concordato, ma, per le vicende generali della legge finanziaria in Italia, per cui, quando arriva il�grande fiume�, viene travolto quanto fatto nel frattempo - cosa da evitare assolutamente per ragioni di civilt� e di democrazia -, anche questo � sparito.

Posso capire che il Tesoro accentri il massimo delle risorse e poi le distribuisca, ma alcune risorse per legge sono previste: a) come contributi che certe categorie di cittadini danno a fini vincolati dalla legge; b) come costi di servizi che devono essere erogati (esempio del primo caso, i contributi che sostengono il Fondo estorsione, del secondo, la valutazione di impatto ambientale, che le imprese pagano e il Ministero la effettua); c) come corrispettivi di servizi che devono essere resi, ad esempio nel caso dell�aeroporto che paga una quota dei Vigili del fuoco. In questi tre casi, le risorse devono andare direttamente all�Amministrazione che ridistribuisce i contributi ed eroga il servizio di cui quel pagamento affronta il costo e di cui quel pagamento � il corrispettivo.

� facile scrivere una simile norma, tanto che anche un semplicione come me l�aveva scritta in modo chiarissimo; ma poi si � persa nel grande fiume. Si tratta dunque di recuperare una piccola norma come quella.

PRESIDENTE. Abbiamo materiale per poter lavorare anche nella prossima legge finanziaria!

Ringrazio il Ministro Amato e il Viceministro Minniti.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 17,05.


 

 


 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

3.

 

 

Seduta di MARTEd� 17 LUGLIO 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle ore 9,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione del comandante generale dell�Arma dei carabinieri, generale Gianfrancesco Siazzu.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione del comandante generale dell�Arma dei carabinieri, Generale Gianfrancesco Siazzu.

Il generale ha fatto pervenire tempestivamente una documentazione che � a disposizione dei colleghi.

Do la parola al generale Siazzu per la sua relazione.

GIANFRANCESCO SIAZZU, Comandante generale dell�Arma dei carabinieri. Ho preparato una sintesi di quanto abbiamo esposto nel documento che ho fatto pervenire. Al termine dell�esposizione, sar� a disposizione per eventuali chiarimenti.

Signor presidente, desidero esprimere a lei e agli onorevoli deputati la soddisfazione per l�invito rivoltomi. Consentitemi di ritenerlo un�ulteriore testimonianza di considerazione che da sempre il Parlamento riserva all�Arma. La circostanza mi d� l�opportunit� di delineare, seppure in modo sintetico, il quadro generale della sicurezza pubblica sul territorio nazionale, nonch� di presentare il contributo dell�istituzione, la sua proiezione nell�immediato futuro e le principali tematiche all�attenzione.

Il Comando generale dell�Arma ha espresso le sue considerazioni sugli argomenti dell�indagine conoscitiva in un documento, che ho trasmesso al presidente Violante, che fornisce un quadro di informazione pi� ampio e approfondito, la cui completa esposizione non pu� trovare spazio nei tempi dell�odierna seduta. Limiter�, dunque, il mio intervento ad alcuni aspetti che ritengo di particolare rilevanza, a partire dalla peculiarit� del ruolo dell�Arma dei carabinieri nel panorama della sicurezza nazionale, alla luce di alcune riflessioni sulle linee di tendenza delle attuali dinamiche socio-criminali.

Un primo aspetto riguarda la duplice connotazione, globale e locale, della sicurezza. L�annullamento dei condizionamenti geografici ha favorito lo sviluppo transnazionale dei pi� pericolosi gruppi criminali. Ci� non di meno, la sicurezza per il singolo cittadino resta un problema locale, direttamente connesso con la qualit� dell�ambiente in cui svolge la propria vita quotidiana, che pu� essere fortemente condizionata dall�illegalit� diffusa.

Si tratta, pertanto, di contrastare le minacce con una visione globale, ma anche di affrontare i problemi che ogni individuo vive nel suo spazio quotidiano.

La seconda considerazione attiene alla cosiddetta�egemonia urbana�, che si � imposta come fenomeno culturale, annullando le contrapposizioni tra la citt� e la campagna. Le aree provinciali, soprattutto quelle pi� prossime ai capoluoghi, hanno assorbito i modelli urbani, anche quelli criminali, connotati da maggiore mobilit� e aggressivit�.

Nel contempo, la citt� � alla continua ricerca di punti di riferimento per recuperare la coesione sociale propria degli spazi rurali. In tale contesto, le forze di polizia sono chiamate a impiegare le risorse operative sul territorio con crescente dinamicit�, ma anche ad esprimere una vera e propria funzione sociale che miri a recepire le istanze dei cittadini, anche superando le competenze derivanti dalle primarie attivit� di polizia.

Il terzo aspetto, direttamente discendente dagli altri, riguarda il carattere di complessit� del problema della sicurezza, la cui soluzione passa necessariamente attraverso l�intervento coordinato di diversi attori istituzionali. All�attivit� di controllo del territorio esercitata dalle forze di polizia si affianca l�azione di governo del territorio che l�ordinamento affida agli enti locali, sempre pi� attenti ad elevare i livelli di vivibilit� e ad offrire crescenti opportunit� che riducano i fattori criminogeni.

A fronte di queste dinamiche riteniamo che i pilastri dell�assetto istituzionale dell�Arma dei carabinieri abbiano confermato la loro piena efficacia, dalla militarit� dell�ordinamento alla capillarit� del dispositivo, alle scelte di specializzazione, alla sinergia con le altre forze di polizia e con il sistema delle autonomie locali.

La militarit� dell�organizzazione, oltre ad essere un valore irrinunciabile, garantisce la tenuta di una organizzazione la cui diffusione sul territorio nazionale rappresenta una risorsa del sistema della sicurezza pubblica: 103 comandi provinciali, 539 compagnie, 4.631 stazioni e 41 tenenze presenti in 4.074 centri estendono la loro competenza su tutti gli 8.100 comuni italiani e realizzano, insieme alle altre forze di polizia, il vero tessuto connettivo della sicurezza del Paese, garantendo il pronto intervento e tutte le attivit� investigative.

Si tratta di una capillarit� che trova ragione nella stessa distribuzione demografica nazionale, ove si pensi che quasi il 71 per cento della popolazione italiana � residente al di fuori dei capoluoghi di provincia e il 65 per cento dei cittadini vive in comuni al disotto dei 50.000 abitanti.

Le stazioni e le tenenze dei Carabinieri sono i terminali dell�articolato dispositivo operativo dell�Arma, impegnata in tutte le attivit� di prevenzione e contrasto alla criminalit�. Vi � per� un valore aggiunto: questi reparti, infatti, integrandosi con le diverse comunit�, sono in grado di leggere le realt� locali e di coglierne preoccupazioni ed esigenze; ne deriva un rapporto di conoscenza diretta e reciproca con il cittadino, che contribuisce in modo determinante a rafforzare la percezione della sicurezza.

L�efficacia di tale sistema integrato, capillare e compatto insieme, trova concreto riscontro in pochi dati di sintesi. Nel 2006 i reparti dei Carabinieri hanno proiettato sul territorio 8 milioni di servizi esterni, in aumento del 15 per cento rispetto al 2005, e ricevuto quasi 2 milioni di denunce, pari al 69 per cento di quelle complessivamente presentate a tutte le forze di polizia.

Sul piano delle attivit� di contrasto, i reparti dei Carabinieri hanno segnalato all�autorit� giudiziaria 334.000 persone - per�segnalare� si intende denunciare a piede libero, o in stato di libert�, come si dice oggi - ed eseguito 90.600 arresti, in incremento del 6 per cento rispetto al 2005.

Nel primo trimestre dell�anno in corso gli indici registrano ulteriori aumenti: le persone denunciate segnano un incremento del 4,7 per cento e gli arresti del 6,2 per cento. In particolare, gli arresti in  flagranza aumentano del 5 per cento, un indice significativo anche dell�efficacia dei servizi di controllo del territorio.

Anche grazie a questa azione, i primi tre mesi dell�anno fanno rilevare una diminuzione della delittuosit� del 5,4 per cento rispetto all�ultimo trimestre dell�anno scorso. Si tratta di un�inversione di tendenza a fronte degli aumenti riscontrati durante l�intero 2006, che tocca anche i reati cosiddetti �predatori�, con le rapine e i furti che segnano una diminuzione entrambi dell�8 per cento.

Sono dati importanti, che offrono la misura della professionalit� e del sacrificio di migliaia di carabinieri che, con il loro agire quotidiano, unitamente a poliziotti e finanzieri, alimentano ed accrescono il sentimento di fiducia verso le istituzioni. In tale quadro, le tenenze e le stazioni dei Carabinieri hanno mantenuto un ruolo di assoluta rilevanza operativa.

Nel corso del 2006, infatti, solo questi reparti hanno svolto oltre 5 milioni di servizi esterni, in incremento del 20 per cento rispetto al 2005, hanno deferito oltre il 36 per cento delle persone complessivamente denunciate ed eseguito quasi il 30 per cento degli arresti.

All�azione di prevenzione e contrasto dei reati si aggiungono i rilevanti impegni nel settore dell�ordine pubblico. L�impiego dei contingenti dell�Arma � andato costantemente crescendo durante il 2007: dalle circa 38.000 unit� del mese di gennaio alle 54.000 di maggio. Si � trattato complessivamente di oltre 227.000 carabinieri, di cui 165.000 appartenenti ai reparti dell�organizzazione territoriale e, in particolare, alle stazioni che, oltre a concorrere alle attivit� nei capoluoghi, hanno svolto i servizi di ordine pubblico negli altri comuni, in misura pressoch� esclusiva.

Tuttavia, ci� comporta che il bacino da cui sono tratte le forze per fronteggiare i servizi di ordine pubblico non differisce da quello chiamato ad assolvere i compiti di prevenzione generale e contrasto alla criminalit�. Per questo non possono che essere accolte con favore le misure volte a contenere l�impegno delle forze dell�ordine nel settore. Mi riferisco, in particolare, alla riorganizzazione dei servizi di sicurezza in occasione delle competizioni sportive, specie quelle calcistiche, con l�impiego degli steward.

I comandi territoriali rappresentano, dunque, la superficie di contatto privilegiata per i cittadini e la piattaforma operativa su cui si innestano tutte le attivit� dell�Arma, anche quelle dei comandi Carabinieri specializzati che portano il contrasto della criminalit� alla sua fase pi� avanzata e globale.

Il Raggruppamento operativo speciale (ROS) sviluppa le attivit� di investigazione sulle strutture delinquenziali pi� complesse di criminalit� organizzata. � proprio di ieri la notizia della cattura di un grosso latitante, tale Bellocco, inserito nell�elenco dei trenta latitanti pi� pericolosi. Latitante dal 1997, era uno dei grossi personaggi dell�area della delinquenza di Vibo Valentia e dintorni.

Il Raggruppamento operativo speciale sviluppa le attivit� investigative sulle strutture delinquenziali pi� complesse di criminalit� organizzata, processando con elevata capacit� di analisi le informazioni provenienti da tutti i reparti dell�Arma.

L�azione combinata dei comandi territoriali e del ROS ha condotto, nel corso del 2006, alla denuncia di 1.800 persone per associazione mafiosa, all�arresto di 451 latitanti, nonch� al sequestro di patrimoni illeciti per circa 432 milioni di euro.

I riscontri investigativi raccolti nel corso delle numerose operazioni di servizio confermano l�elevata pervasivit� delle consorterie di tipo mafioso, che mostrano un�immutata propensione alla penetrazione nel sistema dei pubblici appalti, al racket delle estorsioni e al traffico degli stupefacenti.

Gli equilibri della mafia siciliana sono in costante evoluzione e lasciano intravedere momenti di criticit� per i contrasti sorti tra le famiglie locali. In particolare, a Palermo, il vuoto conseguito all�arresto di Provenzano potrebbe determinare contese tra i personaggi emergenti e i gruppi criminali consolidati sul territorio che intendono imporre referenti di propria fiducia a capo dei mandamenti strategici.

Inoltre, nella provincia di Catania si segnala il tentativo della famiglia Santapaola di marginalizzare il gruppo dei Carcagnusi, cosca storica della zona etnea importante per i locali equilibri criminali.

Il panorama della criminalit� organizzata in Campania continua ad essere caratterizzato da un�accesa conflittualit� fra gruppi contrapposti, che dal capoluogo regionale si estende anche alle province di Caserta ed Avellino, con continue tensioni, alimentate dai tentativi di espansione delle fazioni emergenti.

I clan della �ndrangheta calabrese mantengono posizioni pi� salde e confermano notevoli capacit� di espansione criminale soprattutto nel settore del narcotraffico, dove sono attori di rilievo a livello internazionale, reinvestendo i proventi in appalti, acquisto di strutture alberghiere e attivit� di smaltimento dei rifiuti. Pi� specificamente, nelle province di Catanzaro e Cosenza operano strutture di minore livello criminale, mentre Vibo Valentia e Crotone risentono dell�influenza dei sodalizi pi� pericolosi e capaci operanti nella provincia di Reggio Calabria. In questa area permane la fase di riassetto degli equilibri tra le famiglie interessate al controllo delle attivit� commerciali ed imprenditoriali, nonch� al traffico di droga. A questa area apparteneva il Bellocco catturato dentro un bunker.

Per quanto attiene alla criminalit� organizzata pugliese, il ritorno sulla scena di esponenti criminali di primo piano potrebbe determinare nel breve periodo l�avvio di lotte per l�affermazione del predominio territoriale e per i riassetti interni ai sodalizi.

Emergono, infine, le espressioni criminali di matrice etnica, con una intraprendenza che, se nel Mezzogiorno subisce il condizionamento della criminalit� organizzata tradizionale, nel centro-nord ha conquistato spazi rilevanti nei settori degli stupefacenti e dello sfruttamento degli immigrati clandestini impiegati nei circuiti della prostituzione, del lavoro nero e dei crimini di strada.

Anche sul piano della lotta alla minaccia eversiva e terroristica, il costante raccordo informativo tra le componenti speciali e territoriali dell�Arma ha prodotto significativi risultati, dall�arresto di alcuni esponenti di rilievo dell�eversione brigatista e anarco-insurrezionalista, all�individuazione dei responsabili di attentati terroristici commessi all�estero ai danni di militari e civili italiani. Mi riferisco soprattutto ai fatti di Nassiriya.

L�evoluzione della minaccia richiama l�esigenza di assicurare una sempre maggiore efficacia alle attivit� di penetrazione informativa in direzione di particolari contesti, ove si ritiene che possano pi� facilmente svilupparsi fenomeni di contiguit� sia con l�eversione interna che con il terrorismo di matrice confessionale.

Sul piano interno, una particolare attenzione � rivolta al movimento anarco-insurrezionalista, che dimostra un significativo dinamismo, evidenziato dalle rivendicazioni di alcuni attentati anche contro le caserme dell�Arma - mi riferisco agli attentati del 2004 a Milano e del 2005 e 2006 a Genova e Fossano - e dall�invio di plichi esplosivi da parte della Federazione anarchica informale (FAI), la formazione eversiva pi� pericolosa.

Un particolare interesse suscitano anche le iniziative di solidariet� verso i militanti del Partito comunista politico militare, arrestati lo scorso 12 febbraio dalla Polizia di Stato, nonch� i danneggiamenti, le attivit� di protesta, le aggressioni e gli atti intimidatori tra militanti di aree opposte.

Nel contrasto al terrorismo internazionale, pur senza tralasciare ogni segnale di minaccia, lo sforzo investigativo � principalmente orientato nei confronti della comunit� maghrebina di ispirazione salafita presente sul territorio, alla luce della dichiarata affiliazione del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento ad Al Qaeda, nonch� all�asserita disponibilit� a colpire ovunque in nome della Jihad.

La saldatura tra le cellule algerine, tunisine e marocchine, accertata da un�indagine tuttora in corso, si traduce infatti in un comune addestramento in aree deserte dell�Africa, funzionale sia al successivo instradamento verso i teatri di conflitto - Iran, Iraq e Afghanistan - sia alla realizzazione di attentati nei Paesi europei, non esclusa l�Italia, ad opera di cosiddetti �reduci�.

In tale contesto assume particolare rilievo la collaborazione sviluppata anche con gli organismi di informazione e sicurezza nell�ambito del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (cosiddetto �CASA�), a premessa di mirate attivit� preventive e proposte di espulsione di stranieri dal territorio nazionale per motivi di sicurezza.

Passando al settore delle investigazioni scientifiche, il Raggruppamento Carabinieri, con i suoi RIS di Roma, Parma, Messina e Cagliari, si pone a livello delle migliori unit� internazionali per la dotazione di sofisticate tecnologie e la competenza dei suoi uomini.

Un concreto sostegno alle investigazioni potr� derivare dalla istituzione della banca dati del DNA, un provvedimento che l�Arma vede con particolare favore, in quanto consentirebbe di accrescere sensibilmente la possibilit� di identificare gli autori di reati, agevolando non solo le indagini sui delitti pi� efferati, ma anche le attivit� investigative di contrasto alla criminalit� predatoria.

Un ulteriore ambito di intervento riguarda la tutela degli interessi primari della collettivit�. L�Arma svolge un�attivit� altamente qualificata per la tutela del lavoro, della salute, dell�ambiente e dei beni culturali.

In questi settori, l�istituzione di strutture specializzate ha consentito di mantenere standard elevati nella prevenzione e contrasto di illeciti, la cui offensivit� corrisponde ad esigenze generali di tutela dell�ordine e della sicurezza, e non � disgiunta spesso da agganci alla criminalit� organizzata.

I servizi specialistici svolti dall�Arma coinvolgono le dirette competenze di diversi ministeri; nel fornire gli indirizzi per lo svolgimento delle attivit�, assumono la maggior parte degli oneri relativi al personale e alle dotazioni strumentali.

I comandi dell�Arma non sono, tuttavia, una duplicazione dei servizi ispettivi, che pure operano nell�ambito di tali dicasteri per lo svolgimento dei controlli amministrativi. I reparti speciali, infatti, sono in grado di sviluppare gli accertamenti su un piano essenzialmente investigativo, perseguendo l�interesse illecito sotteso alle irregolarit� tecniche e individuando tutti i segmenti di una catena criminale di indubbia pericolosit�.

La concretezza dei risultati conseguiti, oltre a testimoniare il quotidiano impegno dei Carabinieri, ci sollecita ad esplorare aggiornate soluzioni organizzative per proiettare l�efficienza dell�Arma nel futuro.

Il Comando generale procede costantemente alla revisione degli organici dei reparti, avendo a riferimento i criteri sanciti dalla direttiva del Ministro dell�interno del 1992, confermati nel 1998, che affidano ai Carabinieri il potenziamento nelle aree provinciali e alla polizia di Stato quello nei capoluoghi.

Non disponendo di risorse aggiuntive, le forze necessarie sono tratte dai settori gestionali e logistici, a loro volta razionalizzati con radicali semplificazioni delle procedure e largo ricorso alle innovazioni tecnologiche.

Tra le realizzazioni pi� significative, il Centro nazionale amministrativo, che ha unificato le attivit� di gestione degli stipendi, delle pensioni e di tutta la documentazione matricolare dei militari, permettendo di liberare 1.100 unit� precedentemente impiegate in ventisei enti amministrativi sparsi in tutta la penisola.

Per ultimo, dall�inizio dell�anno sono stati soppressi cinque raggruppamenti tecnico-logistico-amministrativi gi� operanti presso i comandi interregionali, permettendo il recupero di oltre 280 unit�. In questo modo, � stato possibile reimpiegare negli ultimi anni, in compiti esclusivamente operativi, ben 4.000 militari. Ne � derivato che, ad oggi, il personale destinato ad attivit� di supporto in tutte le componenti organizzative dell�Arma � pari al 9,6 per cento della forza complessiva; una percentuale ben inferiore alla soglia del 15 per cento fissata dalla legge finanziaria 2007 per la Pubblica amministrazione.

Le 4.000 unit� hanno consentito, tra l�altro, di istituire 40 stazioni, 41 tenenze, 8 compagnie, nonch� potenziare altre 1.282 stazioni. Con gli stessi indirizzi, � stato possibile contribuire in modo rilevante all�attuazione dei piani per la sicurezza.

Sulla base delle intese raggiunte - l�ultima delle quali per Venezia sar� ratificata proprio domani - si � proceduto a razionalizzare il dispositivo territoriale, conferendo oltre 600 unit� nelle nove aree metropolitane individuate e nella regione Calabria, tutte operative dal 1o luglio.

Nella provincia di Napoli spicca l�istituzione del reparto territoriale di Torre Annunziata, con un organo investigativo forte di oltre 100 unit� gi� prescelte e pronte ad operare appena sar� resa disponibile la sede individuata. Ma anche a Milano l�immissione di 130 unit� ha permesso di potenziare tre compagnie e dodici stazioni nella citt� - questo d�intesa, nell�ambito del Comitato provinciale per l�ordine e la sicurezza -, i nuclei operativi e radiomobili di otto compagnie nell�immediata cintura milanese, nonch� di elevare a tenenza tre stazioni collocate in aree sensibili sempre dell�hinterland(la tenenza non � altro che una stazione pi� pesante, che ha come minimo trenta militari alle dipendenze, anche con organi di pronto intervento tipo un radiomobile nelle ventiquattr�ore).

Altra direttrice percorsa dal Comando generale � la razionalizzazione delle unit� attraverso la costante analisi delle esigenze operative. � imminente la soppressione di sette stazioni, cui se ne aggiungeranno ulteriori cinque gi� ripiegate per carenze infrastrutturali e per le quali non si prospettano soluzioni alternative.

La soppressione della stazione dei Carabinieri, tuttavia, � questione di estrema delicatezza, perch� direttamente connessa con gli equilibri sociali sul territorio. Le diverse comunit� mostrano di percepire le stazioni come un patrimonio delle municipalit�, per ragioni che superano l�esercizio dei compiti di polizia e si collegano alla funzione di rassicurazione sociale propria di questi reparti. Una percezione testimoniata dalle numerose richieste (oltre 300 negli ultimi cinque anni) che provengono dalle comunit� per l�istituzione di nuove stazioni.

In definitiva, � necessario operare con accortezza, onde evitare provvedimenti che risulterebbero critici sul piano sociale, e comunque di dubbia utilit� dal punto di vista tecnico-finanziario, tenuto conto della necessit� di reperire poi risorse straordinarie per l�acquisizione e il fitto di nuove infrastrutture, il trasferimento dei militari, il trasloco e il costoso adattamento di attrezzature e sistemi tecnologici.

La quotidiana attivit� dei reparti dell�Arma e il processo di adeguamento descritto sono direttamente connessi con il razionale impiego delle risorse assegnate.

Per il corrente anno, l�Arma dispone sul bilancio della Difesa di 5.352 milioni di euro, di cui 4.967 per le spese relative al personale, cio� il 92 (quasi 93) per cento, e solo 385 milioni per le esigenze di funzionamento e investimento.

Gli ulteriori stanziamenti sul bilancio del Ministero dell�interno ammontano a 280 milioni, di cui 205 milioni per l�allocazione delle caserme e i rimanenti per le missioni di polizia giudiziaria, la manutenzione degli immobili, gli arredi e le forniture di energia.

Per quanto attiene il settore investimento, le risorse sui capitoli della Difesa ammontano, per il 2007, a soli 10 milioni di euro (investimento significa ammodernamento e potenziamento).

A fronte di tale quadro finanziario, � stata impostata una complessa manovra di razionalizzazione dalla quale sono derivate significative economie di scala nei settori di supporto a diretto beneficio dei servizi operativi. Con queste modalit�, sono state soddisfatte tutte le primarie attivit� di polizia connesse con il controllo del territorio, quale ad esempio la manutenzione degli automezzi e l�acquisto del carburante, il cui fabbisogno � stato gi� soddisfatto per tutto il 2007.

In sostanza, lo stato maggiore dell�Arma ha dovuto prendere atto delle risorse, limitate e contenute, assegnate dalla finanziaria, e ha dovuto individuare le  priorit� sulle quali convergere le risorse finanziarie (ossia gli automezzi, il carburante, il vestiario e il vitto), trascurando altri aspetti che speriamo di poter migliorare nel prossimo futuro.

Si � operato attraverso la razionalizzazione del parco automezzi e aeronavali, l�accentramento della spesa e la rinegoziazione dei contratti per la fornitura di taluni servizi. A titolo esemplificativo, nei settori della spedizione della corrispondenza e delle notifiche delle contravvenzioni al codice della strada, sono state ottimizzate le procedure e rinegoziati i contratti con la societ� Poste italiane, recuperando risorse per oltre 3,4 milioni di euro.

Oltre a ci�, nel settore della motorizzazione, la rivisitazione organica del parco veicoli ha aggiornato il quadro delle esigenze, determinando una riduzione di circa 2.000 mezzi con un risparmio finanziario di quasi 12 milioni annui. Un�ulteriore manovra riduttiva � in via di definizione e produrr� economie aggiuntive.

Inoltre, sono state individuate nuove tipologie di veicoli in grado di garantire standard soddisfacenti di operativit� e sicurezza, a fronte di ridotti costi di acquisizione, allestimento e consumo, quantificando i risparmi in circa 1,3 milioni di euro.

Ho impegnato tutti i quadri dirigenziali per ricercare ogni soluzione di razionalizzazione che consentisse di trasferire risorse verso le attivit� di diretto impatto per la sicurezza dei cittadini.

Rimane sul tappeto la questione degli investimenti per l�ammodernamento, cui si connette l�accentuata usura delle dotazioni, con una inevitabile lievitazione delle stesse spese di manutenzione. Per la sua soluzione, oltre a beneficiare delle assegnazioni suppletive gi� disposte dal Governo, � stato predisposto, di concerto con lo stato maggiore della Difesa, un piano pluriennale di investimento a partire dal 2008, per l�ammodernamento dei settori della motorizzazione, delle infrastrutture, degli equipaggiamenti e di quello tecnologico.

Un ulteriore problema riguarda il blocco delle assunzioni, che da tempo impedisce di coprire il turn over del personale collocato in congedo. Parliamo di 1.783 unit� nel solo 2006.

Conseguentemente, oggi l�Arma registra una carenza di ben 5.600 militari rispetto ad una forza prevista di poco pi� di 115 mila unit�. Al fine di evitare l�aumento di questo gap, sarebbe necessario un reclutamento pari almeno agli esodi, a fronte dei quali tuttavia la legge finanziaria consente all�Arma soltanto l�arruolamento di circa 600 unit�.

Ritornando ai pilastri fondamentali del sistema di sicurezza, una notazione particolare va dedicata al coordinamento delle forze di polizia che costituisce un fattore di moltiplicazione della produttivit� dei singoli soggetti istituzionali. Le ricorrenti riflessioni sull�efficienza dell�apparato della sicurezza pubblica si incentrano frequentemente sulla pluralit� delle forze di polizia individuata quasi sempre in maniera aprioristica come una criticit� del sistema.

Vorrei cogliere l�occasione per chiarire che � pur vero che in Italia esistono cinque forze di polizia, ma solo due di esse sono a competenza generale.

Quando si vanno a fare i rapporti tra i cittadini e il poliziotto o il carabiniere, si vede che la nostra media non � differente da quella delle altre Nazioni alle quali spesso noi ci riferiamo.

A tale riguardo, ho fatto rilevare appositamente alcuni dati che vi riferisco: in Italia si contano 374 poliziotti e carabinieri ogni 100.000 abitanti; mentre in Francia sono 397 e in Germania 329.

Quindi, questa facile critica, che ogni tanto viene portata avanti, non tiene conto del fatto che le altre forze di polizia annoverate nel comparto sicurezza - la Guardia di Finanzia che concorre alle attivit� di polizia generale, la Polizia penitenziaria o la Guardia forestale - hanno delle specificit� che poco o nulla hanno a che vedere con la tutela dell�ordine e la sicurezza pubblica. Esse, infatti, danno dei concorsi saltuari e occasionali, ma noi dobbiamo fare riferimento alle due forze di polizia a carattere generale, ed eventualmente anche le statistiche.

Occorre fare chiarezza sul punto in questione. L�assetto pluralistico � una risorsa del sistema della sicurezza pubblica nazionale, di cui il coordinamento rappresenta la piena valorizzazione. Non sfugge d�altra parte come la pluralit� delle forze di polizia sia garanzia di equilibrio e imparzialit� nel delicato settore della tutela delle libert� individuali e dell�ordinato svolgimento della vita democratica del Paese.

Questa consapevolezza condusse, ventisei anni or sono, a confermare la pluralit� delle forze di polizia e la pari valorizzazione di quelle a competenza generale, ossia l�Arma dei carabinieri e la Polizia di Stato. Tale scelta � stata ribadita anche con il riordino delle forze di polizia, definito dalla legge n. 78 del 2000.

In sostanza, il modello di coordinamento delineato dalla legge n. 121, fra i pi� evoluti in Europa, mantiene e integra la propria validit�, prevedendo organismi di consultazione e di condivisione delle pi� importanti decisioni concernenti l�ordine e la sicurezza pubblica, affiancati a strumenti direttamente operativi. Mi riferisco ai piani di controllo coordinato del territorio adottati in tutte le province.

La ripartizione delle citt� in aree affidate alternativamente alla responsabilit� dell�Arma e della Polizia di Stato garantisce l�aderenza e la tempestivit� dell�azione preventiva e repressiva, evitando sovrapposizioni.

I piani esaltano altres� l�efficacia dei servizi di poliziotto e carabiniere di quartiere e trovano un peculiare valore aggiunto nell�interconnessione tra le centrali operative dei comandi provinciali e le sale operative delle questure che, attraverso appropriate dotazioni tecnologiche di radiolocalizzazione, consentono l�intervento della pattuglia pi� vicina.

Sempre sul piano tecnologico, la banca dati interforze, oggi nota con l�acronimo SDI (sistema di indagine), rappresenta uno degli aspetti pi� qualificanti del sistema di coordinamento nazionale.

I dati che avevo riferito in precedenza, a proposito delle denunce, degli arresti e quant�altro, derivano da questa banca dati interforze. Basti pensare che nella vicina Francia la polizia nazionale e la gendarmeria hanno banche dati distinte. Solo a partire dal 2003 sono state previste procedure di interscambio informativo.

In Italia, le forze di polizia operano in un unico ambiente dove le informazioni immesse da ciascun reparto o ufficio di polizia sono rese disponibili a tutti gli operatori in tempo reale. Anche in questo settore, l�Arma ha scelto il decentramento, coinvolgendo direttamente le stazioni che provvedono all�immediato inserimento nello SDI di migliaia di eventi, dalle denunce ai controlli su strada, pari, nel 2006, al 67 per cento degli avvenimenti registrati da tutte le forze di polizia.

Quest�ultimo dato � un�ulteriore conferma del peso specifico dei reparti di base dell�Arma nel sistema della sicurezza pubblica nazionale: strutture elementari prive di appesantimenti logistici e burocratici per essere pienamente operative e dedicate esclusivamente ai bisogni di sicurezza del cittadino nell�accezione pi� ampia del termine.

Ho letto di recente un sondaggio, in materia di sicurezza, promosso dall�Osservatorio sul capitale sociale che, nel raffrontare i dati rilevati nel 2005 e nel 2006, ha evidenziato una crescente apprensione per la sicurezza. Il 92 per cento degli intervistati ha manifestato preoccupazione per la situazione generale della sicurezza, ma soprattutto si rileva un aumento, in misura significativa, della percentuale di cittadini che esprime timori con riferimento alla propria zona di residenza. � su questo aspetto che voglio soffermarmi per arrivare alle considerazioni conclusive.

L�insicurezza generale, riferita al Paese, diventa preoccupazione particolare, in relazione al proprio quartiere o comune.

Il dettaglio delle percentuali ci offre ulteriori interessanti indicazioni. Quasi il 57 per cento degli intervistati avverte con preoccupazione il problema della criminalit� nella zona in cui vive. Nell�ambito di questa fascia, il 60 per cento circa degli intervistati vive in citt� che sono al di sopra dei 100.000 abitanti; il 24 per cento  in centri tra i 50 e i 100.000 e solo il 18 per cento circa in comuni minori, al di sotto dei 10.000 abitanti.

La riflessione che mi accingo a svolgere passa attraverso altri due dati: il 65 per cento degli italiani risiede in comuni al di sotto dei 50.000 abitanti e il 71 per cento al di fuori dei capoluoghi. Ne deriva che gli apici del senso di insicurezza si collocano nelle realt� metropolitane, dove la densit� demografica deprime o rende superficiali le relazioni sociali. Probabilmente, inoltre, le istituzioni, comprese quelle di polizia, offrono un�immagine di minore aderenza, dovendo fronteggiare molteplici e complesse esigenze.

Nei centri pi� piccoli l�insicurezza viene meno percepita. In questo giocano molti fattori, quali il controllo sociale delle reti di relazioni familiari e amicali e non ultimo il modello di polizia offerto dall�Arma dei carabinieri che supera il concetto di prossimit�, per diventare l�espressione stessa di una comunit�.

La stazione, in altri termini, non � un corpo estraneo alla comunit� che � chiamata a tutelare da vicino. I Carabinieri non prestano servizio alla comunit�, ma vi appartengono e ne costituiscono un punto di riferimento sociale e umano prima ancora che professionale.

Ritengo pertanto che il modello organizzativo dell�Arma, con la cifra distintiva costituita dalla capillarit� dei suoi pres�di, possa essere una formula efficace non solo nella lotta alla criminalit�, ma anche per rafforzare la percezione di sicurezza da parte di cittadini.

In sintesi, proprio dai risultati positivi ottenuti si pu� proiettare la strada da percorrere per un costante miglioramento dei livelli di sicurezza.

Mi riferisco, in primo luogo, al potenziamento qualitativo dell�azione investigativa, attraverso l�accrescimento professionale dei singoli e l�utilizzazione di strumenti tecnico-scientifici sempre pi� evoluti. Per i primi stiamo provvedendo attraverso modifiche e miglioramento dei programmi; per gli altri speriamo in maggiori risorse che ci vengano per il prossimo anno dalla finanziaria.

In secondo luogo, penso al rafforzamento del controllo del territorio, mediante un impiego esteso delle pi� moderne tecnologie, quali i sistemi intelligenti di videosorveglianza in grado di riportare immagini e di leggere situazioni di pericolosit� criminale per lanciare mirati e tempestivi allarmi.

Infine, cito l�evoluzione del concetto di polizia di prossimit� verso quello di polizia della comunit�; un approccio organizzativo in grado, per un verso, di far conoscere tempestivamente ogni fenomeno emergente, per leggerne la potenziale diffusione sul territorio e anticiparne le possibili degenerazioni; e, per altro verso, capace di integrare le attivit� di controllo del territorio, proprie delle due forze di polizia a competenza generale, con quelle di governo del territorio, attribuite agli enti locali, garantendo, in ultima analisi, l�omogeneit� delle primarie funzioni di polizia su tutto il territorio nazionale nell�unitario sistema di sicurezza dello Stato.

In questa prospettiva emerge chiaramente l�assoluta attualit� dello storico ruolo delle stazioni Carabinieri, pres�di di legalit� e di rassicurazione sociale per le comunit� in cui operano e vitali terminali operativi nel quadro generale delle attivit� preventive e investigative.

Signor presidente, onorevoli deputati, i nostri sforzi sono tutti rivolti a privilegiare questo ruolo. Siamo certi di poter contare anche sulla vostra convergente volont� per valorizzare ulteriormente la vocazione originaria dell�Arma di concreta vicinanza ai bisogni dei cittadini.

Grazie per l�attenzione.

PRESIDENTE. Comandante Siazzu, la ringrazio molto per l�illustrazione di questo quadro assai completo, il quale integra anche il documento scritto, di carattere pi� generale, che ci � stato inviato.

Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FELICE BELISARIO. Signor presidente, pongo una brevissima premessa al  mio intervento. � evidente che le osservazioni, e pi� che altro le domande, che rivolger� al comandante Siazzu prescindono dalla completa fiducia che la mia forza politica ripone nell�Arma in quanto tale e nei suoi componenti.

Vorrei cercare di approfondire con lei, comandante, alcune preoccupazioni che ritengo traspaiano anche dal suo intervento. � certo che i problemi della sicurezza, a vario livello, riguardano tutto il territorio nazionale, mostrando tuttavia profonde differenze tra le varie aree geografiche. A mio avviso, dunque, anche gli interventi, e probabilmente il grado di approccio alla diverse problematiche, potrebbero, o dovrebbero, essere concepiti in modo differente e mirato.

Oggi, i militari dell�Arma affrontano, pi� o meno indistintamente, tutte le forme di criminalit�. Negli stati di servizio, infatti, si viene assunti a Bolzano e poi ci si reca in Sicilia o nel Lazio - determinando cos� un movimento di carriera sul territorio - e si affrontano quindi le varie criminalit�, usando il termine �criminalit� come genere.

Secondo lei, comandante, data la globalizzazione e la specializzazione delle criminalit�, non sarebbe il caso di predisporre una diversa allocazione delle risorse umane, in base alle capacit�, alle competenze e alle esperienze? Del resto, un avvocato non sa fare il medico e un medico non deve fare l�ingegnere. A mio parere, quindi, bisognerebbe pensare a forme di intervento che siano pi� penetranti, pi� incisive e quindi pi� mirate.

Posto che la criminalit� organizzata � diversa da quella individuale e che la delinquenza informatica � differente da quella ambientale, lei non pensa che sarebbe opportuna una forma di strutturazione interna alquanto diversa da quella attuale?

Alle volte, si assiste impotenti a micro fenomeni criminali, come gli scippi, i furti in appartamento e quelli di auto, o lo spaccio. Tali fenomeni sono talmente diffusi da generare una forma di preoccupazione per un verso e, per altro verso, di indifferenza rispetto alla possibilit� che queste forme di criminalit� vengano represse.

Per intenderci, se oggi subissi un furto nel mio appartamento, sporgerei una denuncia per dovere, ma avrei scarsissime possibilit� di recuperare il maltolto, o comunque di individuare colui il quale ha posto in essere il reato.

Questo elemento - insieme alle altre forze, e segnatamente la polizia - si intende superarlo soltanto con il deterrente del vigile di prossimit�, oppure occorrerebbe predisporre un altro tipo di interventi pi� mirati?

Per quanto riguarda la criminalit� organizzata - lo dico con viva preoccupazione -, abbiamo l�impressione che lo Stato abbia una sorta di convivenza forzata con questi aggregati, per cui ogni tanto riuscite ad arrestare qualche criminale di lunga latitanza, ma � come se il fenomeno fosse endemico e impossibile da sradicare.

Non sfugge a lei che in Campania, piuttosto che in Calabria, o in Puglia, o in Sicilia, ci sono dei nuclei di Stato che non appartengono allo Stato e che, nonostante la capillarit� della presenza dei militari dell�Arma e di altre forze, sono sottratti di fatto alla competenza e alla vigilanza dello Stato.

Ecco, per quanto possibile, vorrei da lei delle forme di rassicurazione da questo punto di vista. Non parlo a titolo personale, ma come rappresentante dei cittadini che in questo momento, tramite la mia persona, hanno la possibilit� di interloquire con lei.

PRESIDENTE. Onorevole Belisario, vorrei solo ricordare che negli ultimi anni si � registrata la media di un arresto per mafia ogni 48 ore da parte dell�Arma e della Polizia.

FELICE BELISARIO. � la percezione, signor presidente.

PRESIDENTE. Ha perfettamente ragione. La percezione � un altro problema.

JOLE SANTELLI. Se il comandante generale me lo consente, vorrei ringraziarlo per l�operazione effettuata nella giornata di ieri, relativa all�arresto del latitante Bellocco. Lo dico anche che per i colleghi che, probabilmente, sono meno attenti alle vicende locali calabresi.

Vorrei sottolineare l�importanza di questa operazione che � data proprio dal legame con il controllo del territorio: intercettando un viavai di macchine e di persone in un luogo specifico, si comprende che evidentemente in quella zona c�� qualcuno di importante. Direi, dunque, che questa � forse la traduzione migliore di quelle parole, in astratto, che il comandante...

GIANFRANCESCO SIAZZU, Comandante generale dell�Arma dei carabinieri. Non � proprio cos� semplice, non si tratta solo di controllare il traffico...

JOLE SANTELLI Questo lo immagino! Certo, lo spiegavo in maniera riduttiva...

GIANFRANCESCO SIAZZU, Comandante generale dell�Arma dei carabinieri. Mi scusi se ho voluto precisare...

JOLE SANTELLI. Ci mancherebbe. Conosco le dinamiche, ma mi sembrava che si trattasse di un�operazione anche di controllo reale.

Rivolgo alcune domande sulla parte generale, in cui sono emersi alcuni elementi che mi sono sembrati nuovi rispetto ai documenti analizzati in precedenza in materia di sicurezza.

Il primo quesito riguarda l�immigrazione clandestina. Nella sua relazione, viene sottolineata l�esistenza di un traffico di clandestini con documenti falsi, realizzato soprattutto via mare, con la Grecia. Trattandosi di falsificazione di documenti - spero di non sbagliare nuovamente-, sembrerebbe abbastanza chiaro che ci sia un�organizzazione criminale dietro a questo traffico.

Volevo capire, per quanto di sua conoscenza, se erano gi� intervenuti, o se sono in fase di trattativa, accordi specifici con la Grecia, anche in termini di polizia europea, una volta individuato questo ulteriore momento di immigrazione clandestina.

Nella sua relazione, inoltre, lei evidenzia il rischio dell�ingresso in Italia dei mujaidin, combattenti in conflitti etnici, che, secondo quanto impostato e gi� purtroppo verificato in altri Paesi, diventano catalizzatori per la costruzione di cellule endemiche di terrorismo internazionale.

Per quanto ci pu� dire, comandante, volevo sapere se questo rischio viene valutato nel contesto generale o se abbiamo anche fonti specifiche di preoccupazione, oltre che per casi singoli anche per una situazione che si � venuta stratificando in Italia.

Passo ora alle questioni pi� generali. Premesso che ritengo che la variet� delle forze di polizia sia un bene per il Paese - essa � parte della nostra tradizione ed �, dunque, un dato di fatto -, mi sembra che nella dislocazione delle risorse umane, soprattutto relativamente alle due forze di competenza generale, la sua relazione escluda una diversificazione per materia, ritenuta inattuabile.

Ho l�impressione che la famosa differenziazione tra province e citt�, nei fatti, sia risultata abbastanza impraticabile in termini di gestione. Tuttavia, ritengo che un problema di gestione che ci si pone sia proprio quello di avere un controllo maggiore del territorio, evitando sovrapposizioni e sprechi e ottimizzando al contrario le risorse.

In questo senso, vorrei capire quali sono, allo stato, le programmazioni per ottenere un risultato di questo genere.

Sempre in tema di �ottimizzazione� delle forze di polizia - uno degli argomenti su cui l�indagine conoscitiva doveva soffermarsi-, lei prima sottolineava la differenza esistente fra le forze a competenza generale e quelle specialistiche, citando anche l�apporto come contenuto delle forze specialistiche al mantenimento dell�ordine pubblico generale. In proposito, direi che, visti i dati, l�apporto numerico,  soprattutto della Guardia di finanza, impone forse una rivisitazione di alcuni aspetti.

Nella relazione al dipartimento di pubblica sicurezza, abbiamo letto una sorta di traccia da esaminare - e volevamo anche una sua valutazione in merito - volta a scorporare alcune funzioni specialistiche, restituendole proprio alla Guardia di finanza, e in qualche modo a recuperare una competenza generale sull�ordine pubblico, specificamente in capo alla Polizia e ai Carabinieri.

Infine, sia nella sua relazione che nelle parole rivolte alla Commissione, comandante, lei ha sottolineato l�importanza tanto della legge n. 121 quanto dalla legge n. 78 del 2000 sul coordinamento tra le forze di polizia. Sicuramente, quella � la strada giusta da seguire.

Volevo capire se, al di l� di quanto detto fino ad ora e sulla base dell�esperienza vissuta in questi anni, ha ulteriori suggerimenti da proporre per migliorare questo tipo di coordinamento, ed eventualmente quali siano.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor comandante generale, la ringrazio per il contributo che ha dato ai lavori di questa Commissione.

Volevo porle alcune domande specifiche su alcuni punti della sua relazione. Lei ha fatto un accenno molto forte ai temi della razionalizzazione e agli sforzi compiuti, dal comando generale in particolare, per mettere a punto una razionalizzazione sia in termini di risorse che di strumenti e di risorse umane.

Volevo chiederle, dunque, se questo � il massimo dello sforzo possibile, o se si pensa - lei in parte vi ha accennato - a forme di ulteriore razionalizzazione e di utilizzo delle forze, dislocandole, come lei ha detto, pi� sui compiti specifici, che su quelli di tipo logistico-amministrativo.

Un�ulteriore domanda che le pongo riguarda il coordinamento delle forze dell�ordine. Concordo con le considerazioni da lei esposte a proposito della pluralit� e della valorizzazione dello strumento del coordinamento. Tuttavia, credo che sarebbe interessante capire le criticit� che ancora permangono su questo campo. Sarebbe opportuno comprendere se vi siano situazioni critiche; se anche noi, come legislatori, possiamo compiere ulteriori sforzi in questa direzione; se tutta una partita, non solo organizzativa, ma direi anche di effettivo e reale coordinamento sul territorio - a partire dalle centrali, dalla questione del controllo intrecciato per far intervenire le pattuglie pi� vicine - sia un dato abbastanza diffuso nel Paese; infine, quali siano gli ostacoli che ancora devono essere superati.

Le chiedo ancora quale sia la sua valutazione sui patti per la sicurezza, sulla necessit� di monitorare questi strumenti, sull�opportunit� di migliorarli o di accrescerli, sul ruolo degli enti locali, in termini di concertazione e anche di politiche di sicurezza integrata, cui lei accennava.

In particolare, vorrei sapere che cosa ne pensa di alcune leggi che molte regioni hanno prodotto in tema di sicurezza. Penso a conferenze regionali, ad esempio, che coinvolgono gli enti locali, ma anche le forze dell�ordine. Le chiedo una valutazione su questi temi e anche una possibile definizione di proposte e azioni da portare avanti.

Un ulteriore nodo che lei ha trattato � quello delle metropoli. Facendo riferimento alle stazioni, lei sottolineava l�importanza del ruolo che esse svolgono specialmente nelle piccole comunit�. Si pu� parlare -lei diceva - di polizia di comunit�, pi� che di polizia di prossimit�. Tuttavia, credo che l�aspetto critico si trovi proprio nelle grandi metropoli. Dico questo, pensando anche - ma non solo - alla percezione, di cui abbiamo discusso tante volte, dei fenomeni di insicurezza che, paradossalmente, pur toccando una parte minoritaria della popolazione italiana, pesano nell�immaginario della maggioranza di essa.

Per quanto riguarda le metropoli, riconosco che i pres�di sono naturalmente importanti, ma a mio avviso non cos� fortemente aderenti al territorio, come invece avviene nelle piccole comunit�. Pertanto, chiedo se non sia pi� opportuno  prevedere un numero inferiore di strutture - mi perdoni la semplificazione - a fronte, per�, di un impiego delle forze dell�ordine sui territori che sia pi� agile e flessibile e operi anche in maggiore sinergia rispetto alle emergenze che si possono creare nelle grandi metropoli.

Le chiedo un�ulteriore valutazione. Si parla di fenomeni di criminalit� organizzata su cui l�Arma, come le altre forze, � impegnata. Chiedo quale sia, a suo avviso, il livello di penetrazione e di diffusione delle attivit� criminali sui territori nel loro complesso, nelle zone altre, non quelle a insediamento mafioso, ma quelle ritenute prive delle caratteristiche del sud. Vorrei sapere quale sia il grado di preoccupazione per questo tipo di infiltrazione, anche in ambienti differenti da quelli tradizionali,

Inoltre, le chiedo se non ritenga che vadano sempre pi� sviluppate forme di collaborazione e coinvolgimento, non solo degli enti locali, ma anche, ad esempio, delle forze sociali e imprenditoriali. Queste ultime, infatti, a mio parere dovrebbero essere interessate dalle collaborazioni, non solo dal punto di vista formale, nei convegni, ma anche sotto il profilo strutturale, sui territori.

ANTONIO SATTA. Esprimo un vivo apprezzamento per questa ampia sintesi che d� uno spaccato piuttosto completo della situazione del nostro Paese, sotto l�aspetto della sicurezza e in relazione al ruolo che l�Arma dei carabinieri svolge nel nostro Paese.

Credo di poter dire che dobbiamo stare molto attenti quando si parla dell�equilibrio fra i capoluoghi e le realt� periferiche, o quelle dei piccoli centri. Questo, infatti, potrebbe portare ad una situazione che si rovescia per quanto riguarda la sicurezza.

Quel che ha detto il comandante generale, in ordine al ruolo che le stazioni dei Carabinieri hanno svolto, e svolgono, nel nostro Paese, non pu� non essere presente in tutti noi.

Di fronte alle richieste di potenziamento delle attuali stazioni dei Carabinieri, che rappresentano un presidio fondamentale per la sicurezza del nostro Paese, ma anche di creazione di nuove stazioni, mi sembra di cogliere un aspetto preoccupante, quasi che le stazioni dei Carabinieri fossero superate e che occorra quindi pensare a nuovi modelli. Nel dire questo, mi rivolgo anche al presidente, affinch� ne tenga conto quando verr� redatto il documento conclusivo di questa indagine.

Tale situazione, infatti, crea molta preoccupazione, perch� la stazione dei Carabinieri ha rappresentato, e rappresenta, per chi vive nel territorio un punto di riferimento. Coloro che vivono nelle autonomie locali, come chi vi parla e come tanti di noi, si rendono conto che l�assenza di una stazione dei Carabinieri - che oggi, in molti casi, purtroppo per mancanza di personale, � ridotta ad avere orari di ufficio che vanno dalle ore 8 alle 14, anzich� essere di 24 ore su 24 come un tempo - crea problemi e una sensazione di grande allarme.

Voglio dunque sottolineare questo aspetto, rivolgendomi al comandante generale. Poco fa, nell�auspicare una grande interazione tra le forze di polizia - e le cifre da lei citate sono abbastanza emblematiche del ruolo e delle funzioni svolte -, lei ha dato alcuni dati estremamente significativi. A proposito dello SDI, ad esempio, ha riferito che il 67 per cento degli avvenimenti registrati dalle forze dell�ordine sono stati segnalati dell�Arma.

Inoltre, lei ha affermato che le stazioni sono e rimangono un presidio fondamentale per quello che rappresentano; addirittura si integrano finanche con la comunit� locale, attraverso una correlazione costante con le autonomie locali, con le forze sociali e imprenditoriali del territorio, quindi con una collaborazione stretta.

Ebbene, come pu� portare avanti questo disegno, se, a fronte dell�esistente, riferisce che sono oltre 5.000 le unit� dei Carabinieri che mancano alla forza organica dell�Arma? Addirittura, nell�ultima finanziaria - certamente dobbiamo fare un mea culpa da questo punto di vista -  si prevede che su 2.000 elementi delle forze di polizia, soltanto circa 250 vadano all�Arma dei carabinieri.

� ovvio che da questo deriver� uno scompenso enorme, se non si pensa subito che devono essere integrate almeno 1.070 unit�, per consentire all�Arma di svolgere almeno le sue funzioni necessarie. Diversamente, � proprio il caso di dire che �non si fanno le nozze con i fichi secchi�. Pertanto, l�impegno che chiedo al presidente della Commissione, e che sar� portato all�attenzione delle altre Commissioni, � che nella prossima finanziaria si faccia giustizia, ovvero che si consenta all�Arma dei carabinieri di svolgere le proprie funzioni.

Del resto, tutti ne parliamo in maniera entusiastica, diciamo che il lavoro e il ruolo che l�Arma svolge sono fondamentali, essenziali e indispensabili, ma se poi non le forniamo le strutture e gli strumenti necessari, non la aiutiamo nell�esercizio delle sue funzioni.

Quindi, signor presidente, vorrei ricordarle che molti comuni, proprio per dimostrare quanta importanza abbia la caserma dei Carabinieri sul territorio, hanno dimostrato la loro disponibilit� addirittura ad accendere dei mutui per costruire in proprio le strutture, per consentire che l�Arma trovi una situazione logistica adeguata.

In tal senso, credo che il Parlamento debba dare delle risposte importanti, per poter poi chiedere all�Arma dei carabinieri di fare ancora di pi� di quanto gi� non faccia e perch� la fiducia che gli italiani ripongono in essa sia ancora pi� forte.

Questo non vuol dire credere che le altre forze di polizia non siano altrettanto importanti, ma stiamo attenti quando diciamo che le stazioni dei Carabinieri non sono pi� adeguate, che occorre potenziare diversamente, e che quindi forse � pi� importante la Polizia. Quest�ultima, infatti, svolge sicuramente un ruolo fondamentale nei capoluoghi e nelle aree urbane a densit� molto forte, ma se intorno a queste metropoli non ci fosse un impegno forte, strutturale, particolareggiato e una particolare conoscenza del territorio, credo che avremmo grandi preoccupazioni per la sicurezza del nostro Paese.

Concludo, ringraziando il comandante generale per quello che l�Arma ha fatto, e sta facendo, nel nostro Paese, per dare tranquillit� e sicurezza ai nostri cittadini.

Credo che l�Arma debba anche farsi carico di richiedere con forza quello cui lei ha accennato questa mattina, nel disegnarci la situazione degli organici e delle strutture. Ritengo, inoltre, che questo debba comportare un impegno forte del Parlamento, per la prossima finanziaria, per rendere giustizia di quell�assurdo che si legge e che abbiamo votato nella finanziaria per il 2007.

DONATO BRUNO. Anzitutto, ringrazio il signor comandante generale dei Carabinieri. Devo ammettere di non aver letto tutta la relazione che ci era stata fornita, ma grazie alla sintesi che il comandante � riuscito a svolgere questa mattina ho presente il quadro della situazione.

Al di l� delle considerazioni che ciascuno di noi � padrone di fare circa il fenomeno della criminalit�, organizzata o non, in Italia, credo che dobbiamo prendere spunto da quanto ci � stato riferito per riflettere in merito a che cosa il Parlamento debba fare.

Il collega che mi ha preceduto fa il pianto del coccodrillo. Infatti, sapeva benissimo che - e lui la finanziaria l�ha votata - riducendo del 5 per cento le spese delle forze dell�ordine, le conseguenze sarebbero state quelle che oggi il comandante generale, con molta serenit�, ci � venuto a rappresentare. Mi riferisco al blocco delle assunzioni e al rischio di eliminazione di alcune stazioni. Detto questo, � pur vero che in Parlamento tutti ci lamentiamo, parliamo di sicurezza, chiediamo gli interventi pi� disparati, ma non ci rendiamo conto che, se non si danno le giuste risorse a chi contrasta la criminalit� sul territorio, probabilmente non possiamo neanche pretendere che i risultati siano agevoli.

Signor comandante, vi � un aspetto della questione che mi ha colpito particolarmente.

Non conoscevo il lavoro da voi svolto e neanche i risultati che, grazie al vostro impegno e a quello di tutti i componenti dell�Arma e della Polizia, siete riusciti ad ottenere.

� noto, altres�, che, nonostante le difficolt� a cui lei faceva riferimento, abbiamo - risulta a pagina 7 della sua relazione - un�azione di contrasto dell�Arma dei carabinieri che va sempre pi� aumentando; di contro, noto che, in percentuale, quella degli altri corpi - e credo che si riferisca alla Guardia di finanza, alla Polizia e ai corpi speciali - va a diminuire.

Volevo capire, dunque, a che cosa sia ascrivibile questo fenomeno, a suo parere, atteso un aumento, seppur minimo ma sensibile, che lascia intendere che l�Arma dei carabinieri diventa l�interlocutore privilegiato dei cittadini, sia in termini di denuncia, che di risultati, mentre si registra una lievitazione in basso da parte delle altre forze di polizia.

Dalla sua relazione, inoltre, mi � parsa essere fondamentale e importante la questione relativa alla banca dati del DNA. Chiaramente, questo tema tocca problemi legali e costituzionali; forse il Parlamento dovr� svolgere una riflessione in merito. Tuttavia, se - come lei ha riferito, e non ho nessun motivo di dubitarne - questo pu� essere un aiuto serio all�azione di contrasto alla criminalit�, organizzata o non, credo che il Parlamento debba in qualche modo farsi carico di questo argomento.

Mi rendo conto che, parlando di DNA, probabilmente il legislatore dovr� fare la sua parte. Ritengo che da questo punto di vista, la riunione odierna potr� servire a svolgere qualche considerazione bipartisan. Non credo, infatti, che un fatto di questo genere possa costituire un elemento di frattura o di discussione fra di noi, se ci viene rappresentata un�esigenza seria, quale quella che il signor comandante generale ci ha esposto in questa sede.

Bisogna considerare, inoltre, il problema del coordinamento delle forze dell�ordine, in merito al quale chiederei eventualmente a lei, e anche a coloro che verranno auditi successivamente, di indicarci su che cosa possiamo, e dobbiamo, intervenire.

Per quanto riguarda le sostanze di cui lei parlava- ho colto nella sua relazione alcuni passaggi in cui si faceva riferimento al governo del territorio e a una piena efficacia della diffusione sul territorio-, credo che questa sia una delle preoccupazioni che lei rappresenta, ma che forse fa parte del DNA dell�Arma dei carabinieri in questo momento.

Se ho ben capito il senso della sua relazione, mi sembra che lei esprima quasi il dubbio che una carenza ulteriore di sostanze possa comportare una riscrittura delle stazioni dei Carabinieri.

Personalmente, non credo che il Parlamento possa prendere una strada di questo genere. Anzi, penso che dovrebbe agevolare, nei limiti del possibile, la vostra organizzazione, per permetterle di essere pi� presente sul territorio, anche in quei 300 comuni che ne hanno fatto richiesta.

Capisco che, in una fase congiunturale quale quella di oggi, l�allargamento forse non sar� possibile, ma il mantenimento delle stazioni che attualmente esistono e che vanno probabilmente rimodernate, riviste e ristrutturate � un compito che tutti quanti dobbiamo assumere.

Concordo pienamente con le conclusioni che lei ha esposto questa mattina. Ogni giorno leggiamo sui giornali autorevoli interventi di colleghi che parlano di contrasto alla criminalit�, tuttavia il minimo che possiamo e dobbiamo fare � dare ai cittadini, come diceva il collega Belisario, non solo la sensazione, ma anche la percezione vera e reale che ci sono dei corpi di polizia a tutela delle loro esigenze e della loro sicurezza.

ROBERTO COTA. Anche io vorrei ringraziare il comandante, per essere intervenuto questa mattina. Svolgo alcune brevi riflessioni, che poi sono anche delle domande.

Comandante, lei ha parlato delle difficolt� legate alle risorse. Le chiedo se pu� specificare, se � in possesso di dati e proiezioni su quello che potrebbe accadere  materialmente nell�eventualit� che venisse mantenuto questo trenddi riduzione del 5 per cento, nel prossimo anno, ovvero quante stazioni sono a rischio di chiusura.

Vorrei anche chiederle una sua opinione sul fatto che gi� oggi le stazioni versano in una situazione di grande difficolt�, soprattutto nei piccoli centri. Mi sembra, infatti, che abbiano un orario di chiusura estremamente penalizzante per quanto riguarda il territorio. Se non sbaglio, dopo le 16, a causa dei turni e della scarsit� di personale, queste stazioni non riescono pi� a fornire un servizio diretto al cittadino, tanto che si deve ricorrere al servizio di pronto intervento.

A pagina 23 della relazione, si pone in luce un aspetto per cui le regioni Lombardia, Veneto e Piemonte sono penalizzate, nel senso che vi � un rapporto sfavorevole tra la densit� demografica, il numero dei comuni e la presenza delle caserme dei Carabinieri. Ritengo che questo sia un dato politicamente rilevante, da parte nostra, in senso negativo.

La terza riflessione riguarda la collaborazione con le polizie municipali. Alle pagine 47 e 48 della relazione, lei mette in luce -a mio avviso molto giustamente - il ruolo che hanno le polizie municipali, in base alle leggi in vigore, che assegnano loro una funzione di polizia a tutti gli effetti, anche dopo la modifica del 1981 con la quale si prevede la possibilit� che i comandanti delle polizie municipali vengano chiamati a far parte del comitato provinciale dell�ordine e della sicurezza.

Ebbene, gradirei che lei ci dicesse qualcosa circa la possibilit� di integrare la collaborazione, non solo nelle grandi citt�, ma anche nei piccoli comuni laddove c�� questa difficolt� da parte dei Carabinieri di coprire in maniera capillare tutto il territorio. Per essere ancora pi� esplicito, in una riforma in senso federale dello Stato, gradirei un suo giudizio circa la possibilit� che le polizie municipali svolgano, in tutto o in parte, una funzione vera di polizia di prossimit�.

MAURIZIO RONCONI. Vorrei ringraziare il comandante generale dei Carabinieri per la presenza e, soprattutto, per la relazione molto puntuale. Pongo soltanto alcune domande, in parte gi� poste da chi mi ha preceduto.

Nel suo intervento, lei ha fatto riferimento alla capillarit� della presenza dell�Arma. Mi pare che questa sia una delle caratteristiche fondamentali del vostro essere presenti sul territorio. Inoltre, a questa capillarit� ha legato una questione importante all�ordine del giorno, ossia quella della percezione dell�insicurezza, tant�� che essa � molto meno spiccata nei piccoli centri, dove la caserma dei Carabinieri rappresenta un riferimento certo, rispetto alle grandi aree metropolitane.

Ebbene, dalle sue parole si evince che, probabilmente, il modello di organizzazione dell�Arma risponde in modo positivo, soprattutto per i centri piccoli e medi, nella provincia del Paese e meno, ma non per vostra colpa, nelle aree metropolitane dove la percezione dell�insicurezza non soltanto � aumentata, ma sta determinando anche un disagio sociale.

In primo luogo, le chiedo quale modello immaginiate per le aree metropolitane, visto che il modello per i piccoli comuni e la provincia � quello della presenza capillare e risponde positivamente.

Lei ha fatto poi riferimento alla banca dati del DNA. Mi pare, questo, un aspetto di grande rilievo, perch�, evidentemente, si apre - anzi, � gi� aperta da tempo - una fase nuova, che tuttavia � importante organizzare su basi scientifiche, dell�investigazione. � evidente che questa banca dati del DNA, come lei ha gi� sottolineato, necessita di un coordinamento fra le diverse forze di polizia.

Le chiedo, dunque, se lei reputi opportuno e necessario un approfondimento della questione a livello parlamentare, perch�, come diceva l�onorevole Bruno, tale questione, che � di vitale importanza soprattutto per il futuro, sottende problemi anche di natura costituzionale.

Vengo ora ad un�ulteriore questione. � necessaria, a suo avviso, una puntualizzazione del ruolo degli altri corpi? Lei, comandante, ha fatto riferimento al ruolo sovrapponibile dell�Arma dei carabinieri  con quello della Polizia e ad una funzione pi� specifica degli altri corpi. A suo avviso, necessita di un�ulteriore puntualizzazione per evitare inutili e dannose sovrapposizioni, in modo particolare con la Polizia forestale, la Guardia di finanza, con le polizie municipali specialmente, e, laddove ci sono, con le polizie provinciali?

Infine, ha fatto riferimento a carenze, sia di personale, che di finanziamenti derivanti dall�ultima finanziaria. Queste insufficienze rischiano secondo lei di pregiudicare gravemente l�azione dell�Arma e di determinare una riduzione delle stazioni?

MAURIZIO TURCO. Anche io ringrazio il comandante generale dei Carabinieri per il corposo quadro che ci ha fornito e che ci consente di svolgere qualche riflessione ulteriore.

Vorrei porre alcune domande sul coordinamento delle forze di polizia nel contesto della cooperazione internazionale. Vorrei capire se tra Interpol, Europol, sistema Schengen, gestione banche dati, SIS e quant�altro vi � una delle forze di polizia nazionali delegata a partecipare a questi organismi, o se, invece - i Carabinieri sicuramente - anche la Polizia ne fa parte.

In questo quadro, noto, ad esempio, che i Carabinieri non sono presenti in nessun organismo e organizzazione internazionale di contrasto al riciclaggio e alla corruzione. Vorrei capire se si tratta di una questione relativa ad un Paese che non ha ratificato alcune delle convenzioni internazionali del Consiglio d�Europa, o se invece si tratta di una scelta di dislocazione tra le diverse forze di polizia.

Noto invece con piacere che i Carabinieri sono presenti nell�OLAF.

Penso che tutto quello che riguarda i fondi comunitari dovrebbe essere oggetto di una particolare attenzione. In dieci anni, nelle regioni meridionali sono piovuti 80 miliardi di euro. Le cronache giornalistico-giudiziarie sono piene di notizie di frodi che, spesso, esulano dal contesto della criminalit� organizzata come, in modo abbastanza conformista, � riconosciuta, avendo i crismi con cui � stata catalogata. Ho l�impressione che nel Mezzogiorno d�Italia vi sia una realt� parallela alla criminalit� organizzata ufficiale che, tuttavia, spesso si interseca con essa.

Vorrei porre un�altra domanda in merito agli istituti di vigilanza privata, sempre riferendomi al sud. Non voglio generalizzare, ma spesso tali istituti non sono un ausilio ai Carabinieri proprio in quelle zone in cui � maggiormente necessaria la presenza delle forze dell�ordine. Del resto, � vero che tra la macro e la microcriminalit� vi � tutta una serie di comportamenti che, pur non costituendo di per s� reato, creano un clima sociale che non � proprio di una societ� democratica.

Infine, vorrei sapere se nell�Arma dei carabinieri vi � un sistema di controllo interno e se dal suo punto di vista � efficace nel prevenire alcuni fatti, derubricati come di cronaca, che per noi devono costituire motivo di attenzione (valuteremo in seguito se anche di preoccupazione).

GIORGIO HOLZMANN. Ringrazio il comandante generale dell�Arma ed esprimo il mio apprezzamento per il lavoro dei Carabinieri.

Sono tra coloro che sostengono da sempre la necessit� di dividere i compiti delle due principali forze di polizia, non tanto nelle mansioni, quanto nella presenza sul territorio.

Non c�� dubbio che la stazione dei Carabinieri rappresenta una caratteristica peculiare dell�Arma. Non siamo pi� all�immagine, forse cinematografica, dei paesi del parroco, del maresciallo dei Carabinieri e del farmacista, ma non c�� dubbio - per usare le sue parole - che quella della stazione dei Carabinieri � una presenza rassicurante.

Ho preso atto del tentativo da parte dell�Arma, seppur con problemi di carattere economico dovuti alle varie leggi finanziarie- in particolare l�ultima - di procedere ad una ristrutturazione per garantire ugualmente questa presenza sul territorio.

Certamente, la stazione dei Carabinieri consente di dare una risposta immediata al territorio, ma soprattutto permette di acquisire informazioni e conoscenze estremamente preziose sia nel lavoro investigativo che nell�individuazione dei responsabili dei crimini.

Le domande che vorrei porle, signor comandante, sono le seguenti. In primo luogo, il numero di stazioni in funzione negli ultimi anni � aumentato oppure si � ridotto? Si ha notizia di stazioni che hanno chiuso, ma non so se ne siano state aperte di nuove.

Gli organici presso le stazioni si sono tendenzialmente ridotti o sono aumentati?

Qualche collega ha fatto riferimento anche alla diminuzione dell�orario di funzionamento di molte stazioni. Sappiamo, ad esempio, che in certi orari c�� una segreteria telefonica, che le chiamate vengono dirottate presso il comando della compagnia pi� vicina che dispone di un radiomobile, ma che spesso queste compagnie - vengo dall�Alto Adige, dalla provincia di Bolzano - hanno un territorio piuttosto vasto da coprire e magari pi� difficile da raggiungere, per cui la risposta arriva tardi rispetto all�aspettativa del cittadino. Addirittura, a volte, se non si tratta di casi importanti, tende anche a non arrivare. Mi riferisco, ad esempio, a richieste di interventi per incidenti stradali dove non ci sono feriti e in cui il radiomobile � impegnato altrove. Questa presenza ridotta, quindi, effettivamente, fa segnare anche un minor livello di rassicurazione da parte del cittadino.

Quali sono le difficolt� che incontra l�Arma nel mantenere questa rete capillare di stazioni? Sono problemi di fondi? Ci sono riorganizzazioni o razionalizzazioni di personale che possono ancora essere fatte? Ci sono difficolt� per reperire gli edifici da adibire a stazioni? Ci sono difficolt� per arruolare il personale? Questo l�abbiamo appreso anche dalle sue parole, ma sarebbe sufficiente poter far conto su questi 5.600 arruolamenti di personale mancante per mantenere questa struttura?

PRESIDENTE. Ringrazio molto il comandante per il quadro che ci ha offerto. Le informazioni che ci ha fornito e gli interventi dei colleghi ci spingono ad una nostra coerenza politica all�atto dell�esame della legge finanziaria.

Il panorama � chiaro. l�Arma ha rappresentato alcune esigenze con il garbo e la misura che le sono propri. Non voglio parlare di drammaticit�, ma certamente c�� un problema grave da questo punto di vista. Audiremo anche gli altri corpi di polizia nei giorni successivi.

Essendo prevista l�audizione del vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini da parte delle Commissioni riunite affari costituzionale e politiche dell�Unione europea, stante la complessit� e la specificit� delle domande poste, d�intesa con il comandante generale, invieremo il resoconto stenografico ad horas in modo che egli possa rispondere per iscritto alle questioni poste con l�approfondimento che le stesse richiedono, cosa che ci aiuter� nel lavoro successivo.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle ore 11,20.


 

 


 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

4.

 

 

Seduta di MERCOLED� 18 LUGLIO 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 14,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione del capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria, Ettore Ferrara.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione del capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria, Ettore Ferrara, cui do subito la parola.

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. Buonasera a tutti e grazie per questa convocazione.

In questa prima fase, mi riserverei di fare una relazione piuttosto ampia e forse un po� superficiale, per focalizzare successivamente quali possano essere gli obiettivi di maggiore interesse per voi.

La situazione all�interno degli istituti penitenziari allo stato attuale si presenta in termini di adeguata tranquillit�, anche perch�, a seguito del provvedimento di indulto del luglio scorso, la popolazione carceraria si � ridotta di circa un terzo.

La presenza � scesa quindi al di sotto della capienza ordinaria dei nostri istituti penitenziari. Purtroppo, per�, la mancanza fino ad ora di interventi strutturali sul sistema legislativo vigente sta determinando un incremento della popolazione carceraria che si aggira intorno alle 2.000 unit� ogni mese. Stiamo quindi lentamente recuperando quella situazione. Tuttavia, attualmente le presenze ammontano a poco pi� 42.000 unit�, quindi ancora al di sotto della capienza ordinaria.

PRESIDENTE. Quale � la capienza ordinaria?

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. In proposito distinguiamo due dati: la capienza ottimale e il massimo usufruibile. Fino alle 50.000 unit� siamo ampiamente all�interno di questo dato.

PRESIDENTE. L�incremento � di 2.000 unit� al mese. Attualmente, vi sono 42.000 detenuti e 50.000 posti in carcere. Questo � dunque il quadro complessivo.

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. Le condizioni sono di sufficiente tranquillit�. Si riscontrano problemi soprattutto negli istituti del nord Italia, in cui si rileva una mancanza di copertura degli organici del personale penitenziario maggiore rispetto al sud. La polizia penitenziaria, come in genere tutto il personale della  nostra amministrazione, proviene infatti in larga misura dal sud e tende, anche se assegnato al nord, a tornarvi. Questo determina un problema di copertura negli istituti del nord Italia.

Tale problema potrebbe trovare parzialmente soluzione con una diversa organizzazione dei servizi di sicurezza all�interno degli istituti, impiegando in modo massiccio nuovi strumenti e nuove tecnologie di controllo, quali impianti televisivi, di registrazione. Questo richiederebbe per� risorse economiche in questo momento non disponibili, per cui permane questa situazione di sofferenza particolarmente marcata in Lombardia, e anche in Liguria e in Piemonte.

Da poche settimane, abbiamo provveduto all�assunzione di 500 nuovi agenti, ex ausiliari, che seguiranno un corso di formazione fino a settembre o ottobre prossimo, data in cui prevediamo di inviarli negli istituti del nord per tamponare la situazione.

Stiamo gestendo l�attuale situazione in attesa di interventi legislativi strutturali in grado di incidere sulle cause di questo sovraffollamento, altrimenti destinato a rinnovarsi, cercando di razionalizzare la distribuzione dei detenuti all�interno degli istituti penitenziari, in funzione del progetto trattamentale previsto dall�articolo 27 della Costituzione. Quando avevamo un rapporto tra detenuto e personale - sia personale di sicurezza che personale al quale pi� specificamente sia affidato il compito trattamentale - fortemente influenzato dal dato del sovraffollamento, risultava difficile operare un�attivit� trattamentale rispettosa dei canoni degli articoli 13 e 14 dell�ordinamento penitenziario, finalizzata quindi al reinserimento sociale e mirata a svilupparsi in maniera omogenea per gruppi di detenuti, laddove sarebbe impossibile ipotizzare trattamenti diversi per ciascuno.

Questa progettazione richiedeva a monte una distribuzione pi� attenta della popolazione detenuta all�interno degli istituti, quale oggi stiamo cercando di attuare con maggiore oculatezza attraverso lo sviluppo dei circuiti penitenziari oggetto di precedenti circolari del dipartimento. La prima risale al 1993, un�altra al 1998 e l�ultima al gennaio 2007. Alla luce di questa nuova realt� penitenziaria e delle esigenze di sicurezza (l�occasione odierna � particolarmente propizia per sviluppare questo aspetto), esse cercano di sviluppare il meccanismo dei circuiti in maniera funzionale ad un�attivit� trattamentale correttamente orientata.

Oggi, abbiamo quattro circuiti penitenziari: quello dell�alta sicurezza, quello EIV, elevato indice di vigilanza, una fascia di media sicurezza e infine il circuito della cosiddetta custodia attenuata, che, nato soprattutto con riferimento ai detenuti tossicodipendenti, si sta cercando di allargare in considerazione delle esigenze di altre categorie di detenuti. Mi riferisco, in particolare, alle detenute madri, per le quali, in attesa di un intervento riformatore da parte del Parlamento, stiamo sperimentando forme di custodia che, sebbene all�interno di una struttura penitenziaria, siano comunque pi� vicine alle esigenze dei bambini e delle madri.

A Milano, in particolare, abbiamo aperto una struttura in centro che, pur costituendo appendice...

PRESIDENTE. � separata?

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. S�, assolutamente separata dall�istituto di San Vittore. Formalmente costituisce una sede distaccata, una dependance di San Vittore, ma di fatto � il primo piano di un fabbricato condominiale in pieno centro, con un bel giardino e una vigilanza ridotta a un paio di soggetti, cos� da non creare un clima detentivo e da garantire la permanenza di questi bambini in una struttura pi� rassicurante.

Nel livello pi� elevato dell�alta sicurezza si trovano i detenuti provenienti dall�area della criminalit� organizzata, come illustrano in maniera pi� dettagliata i dati illustrati nella relazione che mi permetter� di consegnare alla Commissione. In questo circuito cerchiamo di assicurare un livello di sicurezza e di  controllo pi� sviluppato; tengo a precisare che non sono limitati i diritti e le facolt� riconosciute dall�ordinamento penitenziario al detenuto, come accade per i detenuti soggetti al 41-bis, ma � assicurato soltanto un livello di vigilanza e di controllo pi� penetrante da parte dell�Amministrazione penitenziaria.

In questo circuito inseriamo innanzitutto gli imputati o condannati per i delitti previsti dall�articolo 4-bis dell�ordinamento penitenziario. Si tratta quindi di condannati per i quali la stessa legge individua requisiti di oggettiva pericolosit� in virt� del tipo di reati per cui sono stati condannati. Automaticamente, ne discende la collocazione in questo circuito privilegiato sotto il profilo della sicurezza.

Per effetto della circolare del gennaio 2007 alla quale ho fatto riferimento poco fa, abbiamo previsto l�inserimento in questo circuito anche di quei soggetti che, pur non essendo imputati o condannati per i reati di cui all�articolo 4-bis dell�ordinamento penitenziario, siano stati raggiunti da una contestazione delle aggravanti di cui all�articolo 7 della legge n. 203 del 1991, ovvero l�aggravante relativa all�utilizzazione di modalit� tipiche dell�organizzazione mafiosa o comunque dello svolgimento di attivit� di supporto a organizzazioni mafiose.

In passato, in presenza di questa aggravante, l�Amministrazione si riservava la possibilit� di valutare il tasso di pericolosit� del detenuto, e quindi eventualmente, in via eccezionale, di disporne l�allocazione nel circuito di alta sicurezza, mentre oggi � stata invertita la situazione, ritenendo che, grazie a questo sistema che garantisce un maggiore e pi� razionale controllo della popolazione penitenziaria, sia opportuno prevedere una sorta di presunzione di pericolosit� in questi casi, salvo poi verificare caso per caso, ma nella competenza della direzione generale detenuti e trattamento del dipartimento e non dell�autorit� locale, la possibilit� di allocare in un diverso circuito questi soggetti.

Una terza categoria ospitata in questo circuito � costituita da soggetti detenuti per altre ipotesi di reato, ai quali siano contestati a piede libero uno o pi� reati previsti dall�articolo 4-bis. Non � quindi il reato previsto dall�articolo 4-bis che determina la detenzione, ma, essendoci un�imputazione di questo genere, esiste un indice di pericolosit� che si presta al vaglio del dipartimento.

Una quarta categoria anch�essa a contenuto discrezionale � prevista per i soggetti imputati o condannati per fatti totalmente estranei all�articolo 4-bis, ma per i quali da altri elementi a loro carico emerga una situazione di pericolosit� secondo il giudizio dell�Amministrazione.

Si rileva subito una bipartizione da operarsi tra queste quattro categorie: nei primi due casi l�allocazione � automatica per effetto del titolo del reato contestato o dell�aggravante contestata e la sistemazione ne consegue direttamente, mentre negli altri due casi i requisiti di pericolosit� vengono offerti alla valutazione discrezionale del dipartimento e della direzione generale presso il dipartimento. In questo modo, viene accentrata la valutazione sia per allontanarla dal territorio che potrebbe risentire di influenze nefaste, sia per utilizzare parametri comuni di applicazione della normativa con la possibilit� di attrarre anche questi soggetti nell�ambito del circuito dell�alta sicurezza. Anche la declassificazione, quindi l�uscita da questi circuiti a circuiti meno vigilati � affidata alla nostra direzione generale.

Ovviamente, nell�ambito della distribuzione tra gli istituti, abbiamo criteri interni per ridurre il tasso di pericolosit� nella concentrazione di questi soggetti nella medesima sede. Consideriamo fondamentali ad esempio l�esigenza di tenere questi soggetti distanti dalle zone di operativit� delle associazioni criminose in cui hanno operato in precedenza, i divieti di incontro e le incompatibilit� eventualmente evidenziati dalle pronunce di condanna, la necessit� di evitare una forte concentrazione di soggetti con un ruolo particolarmente rilevante all�interno delle organizzazioni nella medesima struttura penitenziaria, nonch� soprattutto la realizzazione di frequenti occasioni di contatto fra soggetti da pi� tempo detenuti e  nuovi soggetti che affluiscono agli istituti penitenziari per evitare che questo sistema possa favorire contatti con l�esterno.

Non so se sto andando troppo nel particolare...

PRESIDENTE. No, si rivela utile.

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. Benissimo. In questo circuito abbiamo essenzialmente soggetti condannati per reati di criminalit� organizzata.

Nell�altro circuito, quello EIV, elevato indice di vigilanza, sono essenzialmente custoditi soggetti appartenenti all�area della criminalit� terroristica o eversiva nazionale e internazionale, o quelli che, per aver manifestato un pervicace intento di evasione o essersi resi responsabili di gravi episodi di violenza all�interno degli istituti, meritano un maggiore livello di vigilanza.

Attraverso questa distinzione, cerchiamo di tenere separate due categorie di detenuti che hanno forti caratterizzazioni, dalle quali discendono implicazioni considerevoli, ovvero da una parte la criminalit� organizzata, dall�altra i soggetti appartenenti alla criminalit� terroristica o eversiva.

A questo proposito, colgo l�occasione per segnalare uno dei problemi evidenziatosi in questi ultimi tempi. Lo sviluppo di un certo orientamento giurisprudenziale in tema di 41-bis - i detenuti soggetti al 41-bis sono allocati nel circuito ad alta sicurezza - che determina la mancata proroga del regime di 41-bis, causa per i soggetti destinatari di questo trattamento il passaggio nel circuito EIV.

Questo fenomeno, che si sta presentando negli ultimi tempi con maggiore evidenza rispetto al passato perch� frutto di questa pi� recente giurisprudenza, ci sta ponendo di fronte a una realt� che manifesta profili inquietanti, perch� determina l�afflusso nello stesso circuito di soggetti appartenenti all�area terroristica e di soggetti appartenenti alla criminalit� organizzata.

Tra l�altro, in alcuni casi i beneficiari della mancata proroga del regime di 41-bis sono soggetti da pi� tempo detenuti in questo regime speciale, giacch� avevano rivestito in passato un ruolo particolarmente significativo.

La contiguit� nel circuito EIV tra queste categorie di detenuti potrebbe portare a sviluppi nel segno di una possibile strumentalizzazione degli uni da parte degli altri, evenienza da scongiurare assolutamente, oggetto in questi giorni di particolare attenzione da parte del dipartimento.

Per delinearvi la dimensione del fenomeno - tutti questi dati sono contenuti nella relazione che andr� a depositare -, sono allocati nel circuito EIV 372 detenuti, a fronte di una capienza programmata di 403 posti. Questi sono l�entit� del fenomeno e i livelli organizzativi ai quali siamo gi� preparati.

Su questo sistema di distinzione dei circuiti che distingue alta sicurezza, EIV, media sicurezza (che non presenta particolari problemi) e infine custodia attenuata, si innesta il regime del 41-bis, che da tempo costituisce oggetto di confronto in sede parlamentare e in sede dottrinale, per cui non ritengo di avere molto da aggiungere alle preoccupazioni prima segnalate. Anche a questo proposito siamo particolarmente attenti a contenere il numero dei soggetti ai quali applicare questo regime speciale, nella convinzione che, solo contenendo numericamente questa particolare area della popolazione carceraria, � possibile sviluppare quella vigilanza particolarmente penetrante che � condizione essenziale per realizzare gli obiettivi sottesi alla disposizione citata.

Nel 2007 ammontano a 527 i detenuti soggetti al 41-bis. I dati sono riferiti al precedente appuntamento del 22 giugno.

A conforto di quanto affermavo, sottolineo come dal 2001 si sia rilevata una loro progressiva diminuzione, giacch� nel 2001 erano 645 i detenuti soggetti al 41-bis, nel 2002 erano 659, quindi hanno continuato a scendere gradualmente: 623, 604, 577, 538...

PRESIDENTE. Ma questo per riduzione della pericolosit� o per aumento della benevolenza?

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. � un discorso di impostazione. Si cerca di ricorrere a questo rimedio in maniera oculata anche per garantire l�effettiva vigilanza. Inoltre, ampliare l�area del 41-bis significa correre il rischio di mettere comunque in contatto un maggiore numero di soggetti.

PRESIDENTE. Quanti sono i detenuti attualmente soggetti al 41-bis?

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. Sono 527, e ci� costituisce una delle preoccupazioni attuali che ruota intorno al regime del 41-bis, per le considerazioni precedenti e per il rischio che la mancata proroga dei provvedimenti nei confronti di soggetti per i quali permanga un elevato rischio di pericolosit� possa determinare l�afflusso di questi nel circuito EIV, con quella contiguit� con detenuti provenienti dalla criminalit� organizzata che ci sforzeremo di evitare, ma che tuttavia determina un fattore di preoccupazione.

L�altro elemento di preoccupazione, che si ricollega a episodi verificatisi in questi ultimi mesi, � il clima di manifesta solidariet� che si sta sviluppando fuori delle carceri, anche con manifestazioni pubbliche, verso soggetti di estrazione anarchica che fanno capo ai fenomeni dell�eversione, quali le cosiddette nuove Brigate rosse, e i soggetti che, sotto varie sigle che stanno venendo in evidenza, contribuiscono a un progetto complessivo di destabilizzazione, di delegittimizzazione del nostro sistema carcerario, con particolare riferimento proprio al circuito EIV e al regime del 41-bis.

Si assiste al prosperare di queste manifestazioni e in particolare del fenomeno del cosiddetto �banchetto dell�evasione�, che si manifesta nei giorni di colloquio con le famiglie intorno agli istituti penitenziari da parte dei sostenitori di queste iniziative. Si costituiscono movimenti come quelli sviluppatisi in maniera eclatante a Pescara e a L�Aquila, con il coinvolgimento dell�intera popolazione carceraria e delle loro famiglie in una manifestazione di protesta nei confronti delle istituzioni penitenziarie, con particolare riferimento al circuito di elevata vigilanza e al regime del 41-bis.

Se queste manifestazioni dovessero continuare a realizzarsi e si dovesse creare un�area del dissenso particolarmente allargata all�interno e all�esterno dei nostri istituti penitenziari, se tutto questo dovesse combinarsi con una presenza promiscua all�interno del circuito EIV di soggetti di diversa estrazione, si potrebbe innescare un meccanismo che nel tempo condurrebbe a quel fenomeno di strumentalizzazione cui facevo riferimento prima, che sarebbe foriero di grossi rischi per la sicurezza all�interno dell�istituto, ma - ahim� - anche della societ� con i riflessi esterni che ne potrebbero derivare.

A questo proposito, segnali concreti di un programma in tale direzione sono emersi da un�attivit� di monitoraggio che stiamo svolgendo all�interno degli istituti penitenziari, giacch� qualche settimana fa detenuti appartenenti all�area della criminalit� organizzata hanno fatto uso di Internet per diffondere all�esterno comunicati a sostegno di movimenti anarchici e insurrezionalisti. Ecco quindi che il pericolo virtuale che nei mesi scorsi ci aveva gi� allertato incomincia ad avere minimo un riscontro.

L�evoluzione tecnologica � tale che anche un semplice personal computer all�interno del carcere, il cui utilizzo � oggi consentito da parte della popolazione detenuta, con le strumentazioni esterne di appoggio pu� consentire questo fenomeno, senza possibilit� di prevenirlo o contenerlo in maniera efficace.

A questo proposito, ritengo utile aggiungere che all�interno del dipartimento l�organizzazione finalizzata a garantire sicurezza negli istituti penitenziari, con i citati riflessi esterni, fa capo essenzialmente alla direzione generale detenuti e trattamento e all�ufficio ispettivo e per il controllo; ecco perch� sono oggi presenti i due colleghi che dirigono questi due uffici, qualora riteneste utile porre loro qualche domanda.

La direzione generale detenuti e trattamento, attualmente affidata al consigliere Ardita, governa la distribuzione e...

PRESIDENTE. Se i colleghi ritenessero utile la presenza in Commissione anche di questi due funzionari, proporrei di farli entrare ...

MARCO BOATO. Direi di s�.

PRESIDENTE. Ritengo allora che possano essere introdotti nell�aula della Commissione.

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. La direzione generale detenuti e trattamento governa la distribuzione della popolazione carceraria sull�intero territorio nazionale. Assegna quindi, ad esempio, il detenuto soggetto ad alta vigilanza ad un istituto anzich� un altro, vigila sui detenuti soggetti al 41-bis in relazione alla loro allocazione e, in particolare su questo fronte, sviluppa un�intensa attivit� in collaborazione con la Direzione nazionale antimafia per fornire i necessari elementi di conoscenza a supporto delle richieste di provvedimenti di proroga avanzati.

L�ufficio ispettivo e per il controllo fa capo direttamente al capo del dipartimento, quindi a me, e dallo scorso gennaio � affidato al consigliere Francesco Cascini qui presente.

L�attivit� svolta dall�ufficio ispettivo � particolarmente importante, perch� al suo interno esistono due sezioni, una di polizia giudiziaria e una che si interessa dell�analisi e del monitoraggio della popolazione detenuta.

Dir� brevemente in che cosa si sostanziano tali attivit�, giacch� ritengo queste informazioni di particolare interesse per la Commissione.

Soprattutto per quanto riguarda l�attivit� di polizia giudiziaria, gi� al momento del mio insediamento a capo del dipartimento, nel dicembre dello scorso anno, ho trovato questo servizio organizzato all�interno del dipartimento. Tale servizio era affidato al personale di polizia giudiziaria che faceva capo per� a due direttori di istituti penitenziari che collaboravano in particolare per questa attivit� con l�allora responsabile dell�ufficio ispettivo, mentre sul territorio si avvaleva di strutture periferiche sorte per acquisire informazioni sui detenuti soggetti al regime speciale del 41-bis, ma poi utilizzate in maniera stabile per attivit� di polizia giudiziaria.

Ritengo fondamentale questo servizio di polizia giudiziaria, non solo per il dipartimento, ma come struttura al servizio degli uffici di procura, perch� il personale di polizia penitenziaria pu� effettuare indagini di particolare delicatezza, che richiedono conoscenza dell�ambiente penitenziario, probabilmente con risultati migliori rispetto ad altre forze di polizia, in virt� della sua specificit�.

I dati indicano come questa nostra convinzione trovi riscontro nel crescente numero di deleghe che ci giunge da tutte le procure d�Italia. Si tratta quindi non di un fenomeno circoscritto, che nasce da rapporti di conoscenza e collaborazione personale, ma di un fenomeno connesso ad una realt� oggettiva riconosciuta a livello nazionale.

Ritengo per� che su questo fronte sia necessario operare con grande attenzione, nell�assoluto rispetto delle norme, e questa mia preoccupazione mi ha indotto a intervenire immediatamente sul servizio di polizia giudiziaria, innanzitutto preponendovi un commissario di polizia penitenziaria, quindi un soggetto investito per legge di funzioni di polizia giudiziaria, e non direttori di istituto privi di questa funzione istituzionale, e poi sciogliendo i nuclei sul territorio che, costituiti con altra finalit�, nel tempo avevano finito per realizzare una rete di attivit� di polizia giudiziaria sul territorio, che non possedeva un adeguato supporto normativo.

Tutto il personale della polizia penitenziaria ha qualifiche di polizia giudiziaria e quindi a tutti pu� essere affidato, volta per volta, questo tipo di attivit�.

L�altra sezione che svolge un�attivit� particolarmente interessante � quella che all�interno dell�ufficio ispettivo si interessa di analizzare e monitorare la popolazione  detenuta in generale, con due particolari obiettivi di notevole interesse in questo momento: i detenuti di origine o di fede islamica e i detenuti che fanno capo all�area anarchico-insurrezionalista.

Il primo progetto, che fa riferimento all�area di origine e di fede islamica, � nato nel 2004 a seguito degli attentati di Madrid, ma si rileva estremamente attuale alla luce degli ultimi episodi verificatisi - ahim�- in questa parte dell�anno.

Si � opportunamente partiti dalla necessit� di osservare se e come questo segmento della popolazione detenuta si andasse organizzando all�intero degli istituti.

Da questa prima analisi, � emerso come all�interno degli istituti i soggetti appartenenti a Paesi di fede islamica o che comunque si riconoscono in questa fede tendano ad approfittare dei momenti comunitari all�interno degli istituti per organizzarsi con modalit� che ricalcano gli schemi classici di organizzazione del mondo islamico nella societ� libera. Questo dato si rivela estremamente interessante per questa attivit� di monitoraggio e per i risultati conseguenti.

Proseguendo in questa attivit�, abbiamo potuto riscontrare come all�interno degli istituti, in particolare dove tali presenze appaiono pi� significative, cos� da consentire un�organizzazione pi� articolata, sia possibile individuare all�interno di queste organizzazioni i detenuti che vi aderiscono per i diversi ruoli che assumono. � dunque possibile distinguere un soggetto con funzioni di leader, ricalcando la figura dell�imam all�interno dell�istituzione penitenziaria, i soggetti promotori di momenti di socializzazione finalizzata a pratiche tipiche di determinate organizzazioni e i semplici partecipanti.

Sulla base di queste premesse, abbiamo cercato di valutare un indice di pericolosit� di questi soggetti all�interno del carcere, che consideri una serie di fattori. Si tratta di un percorso che stiamo cercando di realizzare in maniera sempre pi� puntuale, ma che per il momento risente inevitabilmente di una certa approssimazione.

La valutazione dell�indice di pericolosit� deve tener conto innanzitutto del ruolo rivestito all�interno dell�organizzazione, del reato per cui questi soggetti sono stati condannati, delle pene inflitte, dei collegamenti che mantengono con l�esterno, di tutti i fattori che possono essere indicativi di maggiore o minore pericolosit�.

Proseguendo nel monitoraggio di questi soggetti, abbiamo individuato canali di informazione particolarmente interessanti per lo sviluppo della nostra analisi, che attengono essenzialmente alla corrispondenza epistolare, alle conversazioni telefoniche, ai colloqui con soggetti provenienti dall�esterno, all�invio di somme di denaro, a procedimenti disciplinari che eventualmente li vedono coinvolti.

PRESIDENTE. Denaro che arriva dall�esterno?

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. S�, e a questo proposito la sua osservazione mi consente di esprimere subito una riflessione. Abbiamo potuto rilevare come talvolta alcune donne, che si ricollegano a questo tipo di organizzazione, trasferiscano somme di denaro a detenuti ai quali non sono legate da rapporti di parentela. Questo � un fatto particolarmente strano perch� notoriamente la religione islamica non prevede in linea di principio forme di comunicazione tra donne e soggetti esterni alla famiglia.

Bench� si tratti di somme di denaro ovviamente limitate perch� non � consentito trasferire all�interno dell�istituto somme illimitate, questo ci induce a presumere l�attuale esistenza di una forma di comunicazione intensa e programmata con l�esterno, che si avvale di queste figure.

Questo costituisce per noi un incentivo a proseguire in questa strada, da cui probabilmente potranno derivare utili risultati.

Ovviamente, incontriamo una serie di difficolt�, quali i limiti derivati dalla legislazione vigente nello sviluppo di un�attivit�  di monitoraggio e di analisi che potrebbe rischiare di violare gli obblighi di riservatezza e i diritti della popolazione detenuta, quelle derivate dalla compresenza all�interno delle celle e degli istituti di altri soggetti che possano fungere da tramite tra gli appartenenti all�area islamica e i loro corrispondenti esterni, inquinando il nostro sistema di monitoraggio.

Questo rientra nelle difficolt� in cui inevitabilmente si imbatte in nostro lavoro e costituisce, se mai, un fattore per accentuare il nostro impegno, nella convinzione che sia estremamente proficuo continuare in questa direzione.

Stiamo effettuando un�analoga attivit� di analisi e di monitoraggio anche nei confronti di quei soggetti che, pur non essendo condannati per reati di terrorismo e di eversione, e quindi non essendo classificabili nell�area EIV cui ho fatto riferimento, risultino detenuti per reati commessi a sostegno di quelle organizzazioni. Sviluppando le pratiche che hanno riguardato l�area islamica e un analogo progetto in questa direzione, riteniamo di poter acquisire elementi utili a elevare il livello di sicurezza all�interno dei nostri istituti, da offrire poi agli organi investigativi competenti per lo sviluppo delle loro indagini.

A conclusione di questa mia relazione e prima di soffermarci eventualmente su aspetti particolari, vorrei fornirvi un ultimo dato di conoscenza importante per comprendere la profonda trasformazione della nostra realt� penitenziaria rispetto agli anni passati: Questo � un dato fondamentale che non � possibile ignorare in tutti i ragionamenti che intendiamo sviluppare.

Siamo partiti da un sistema giudiziario e penitenziario che, per la parte che ci riguarda, trova riscontro nell�articolo 27 della Costituzione e che si sviluppava in modo abbastanza controllato con il ricorso alla sanzione detentiva in un numero pi� limitato di casi di quanto accada oggi e con una permanenza nell�istituzione penitenziaria pi� prolungata di quella odierna. La popolazione carceraria era quindi tendenzialmente molto pi� stabile e soprattutto molto pi� omogenea di quanto accade oggi.

Attualmente, ogni anno affluisce all�interno dei nostri istituti penitenziari una massa di circa 90.000 detenuti. Di questi 90.000 - ovviamente mi riferisco ai numeri e non alle singole individualit� - a fine anno escono dalle istituzioni penitenziarie 88.000 unit�.

Il primo dato indica quindi...

PRESIDENTE. Un turn over molto alto.

ETTORE FERRARA, Capo del dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria. S�, un turn over molto alto. � in costante crescita la popolazione penitenziaria con una permanenza estremamente limitata all�interno degli istituti, che mediamente si aggira intorno ai 90-120 giorni. Nella relazione troverete poi dati pi� particolari con riferimento alle singole ipotesi di reato.

La popolazione carceraria per il 35 per cento � di provenienza straniera e fa capo, se ricordo bene, a circa 130 Paesi stranieri. Questo suggerisce la misura della complessit� del fenomeno nella gestione di questa nuova realt�.

Abbiamo dunque un turn over costante, una popolazione carceraria con problemi assolutamente differenti a causa delle diverse etnie e dei bisogni quotidiani culturali e di alimentazione.

Di qui emerge la crisi della mission affidata al dipartimento dall�articolo 27 della Costituzione. Dobbiamo quotidianamente confrontarci con questa realt� che si riflette inevitabilmente anche sui livelli di sicurezza che � doveroso garantire all�interno delle istituzioni.

PRESIDENTE. La ringrazio molto anche per l�utile concretezza della relazione svolta.

Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PIERANGELO FERRARI. Vorrei sottoporre due questioni al presidente Ferrara,  in rapporto all�indagine che stiamo conducendo e per cui ha cortesemente accolto il nostro invito sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica e della sicurezza dei cittadini.

Da questo punto di vista, vorrei citare un�esperienza importante, che sono orgoglioso sia stata promossa dall�amministrazione della mia citt�, Brescia. Vorrei partire da questa esperienza per chiedere in che misura sia diffusa sul territorio nazionale e porre alla fine due questioni.

A Brescia c�� un garante dei detenuti operativo, impegnato, che gode del supporto - uffici e personale - dell�amministrazione del comune di Brescia e prepara la relazione annuale che il comune decide, di concerto con lui, di ascoltare all�interno del carcere.

Il consiglio comunale della citt� si reca dunque all�interno del carcere Canton Mombello alla presenza dei detenuti e delle guardie carcerarie, accolto con grande cortesia dalla direttrice del carcere, la dottoressa Bregoli e dal dottor Pagano, che � stato direttore del carcere e ora, se non sbaglio, ha responsabilit� regionale. Il garante fa la relazione, intervengono i consiglieri comunali, il rappresentate dei detenuti e il rappresentante delle guardie carcerarie.

Siamo stati invitati come parlamentari ed � stata un�importante occasione di rapporto tra il carcere e la citt� che lo circonda. In questo modo, il carcere cessa di essere un luogo imbarazzante per la citt�, da esso separato, e l�amministrazione comunale costruisce relazioni con la direzione del carcere che consentono l�utilizzo del sistema informatico bibliotecario e altre iniziative.

Poich� l�indagine per cui lei oggi � stato audito cerca di indagare questo, vorrei sapere se esistano esperienze analoghe in Italia, in che misura siano diffuse, ovvero quanti garanti svolgano tali funzioni e quali rapporti abbiano con la pubblica amministrazione. Vorrei infatti capire a che punto si trovi il rapporto tra sistema carcerario e societ� entro cui � inserito, per cui - questo mi pare il senso della sua relazione - esso dovrebbe essere concepito non come un Corpo separato, ma come una realt� da gestire nel modo pi� garantista dal punto di vista dei cittadini, ma anche pi� aperto e integrato con la vita della comunit�.

Vorrei da parte sua una valutazione da entrambi i lati: di funzionalit�, diffusione, ruolo dei garanti e di rapporto con la pubblica amministrazione.

FRANCESCO ADENTI. Desidero anzitutto ringraziare il presidente Ferrara per la sua relazione sintetica, ma puntuale ed esaustiva. Vorrei porre alcune problematiche nate da contatti che ho avuto in questo primo anno di impegno parlamentare. Il primo tema � sicuramente quello del personale, cui nella relazione ha fatto riferimento. Ho preso atto con favore della destinazione dei 500 nuovi assunti nel nord Italia, soprattutto in Lombardia, in quanto sono lombardo e nelle carceri che ho visitato ho raccolto molte lamentele da questo punto di vista. Per quanto riguarda, per�, il personale, riconosco di averlo trovato poco motivato, non tanto per la professione esercitata, quanto per il discorso della lontananza dai luoghi di origine e dalla famiglia.

Il problema quindi riguarda non solo gli organici, ma anche la qualit� e la serenit� del lavoro. Ritengo quindi utile, qualora ne esistano le condizioni, rivedere anche i criteri selettivi e le condizioni di preassunzione per valutare l�opportunit� di giungere a graduatorie regionali o comunque a una diversa organizzazione, che garantisca maggiore tranquillit� da questo punto di vista.

Vorrei sapere inoltre se siano previsti corsi di formazione per il personale, considerando come debba confrontarsi con una realt� carceraria completamente diversa, con una presenza del 35 per cento di stranieri.

Un altro aspetto cui lei, presidente Ferrara, ha fatto cenno riguarda le strutture carcerarie. Al di l� del loro ampliamento, � necessario il loro mantenimento in efficienza e in sicurezza, ovvero l�ammodernamento anche attraverso piccoli lavori di manutenzione che latitano anche  per quanto concerne la sicurezza. In alcune carceri, ad esempio, gli allarmi non funzionano. Mi rendo conto che � una questione di risorse finanziarie, per� occorrer� dare un segnale di attenzione.

Il terzo punto riguarda gli ospedali psichiatrici giudiziari che rientrano nella sua competenza. Nel nostro Paese convivono strutture di eccellenza quali, ad esempio, l�ospedale psichiatrico e giudiziario di Castiglione delle Stiviere con altre strutture lontane dai livelli ideali. Vorrei conoscere la sua opinione rispetto all�orientamento di alcuni esponenti del Ministero della salute, che hanno alluso al superamento delle strutture degli ospedali psichiatrici giudiziari. Vorrei conoscere la sua valutazione e sapere se stiate studiando un progetto mirato al superamento o a una diversa organizzazione rispetto a questo.

GRAZIELLA MASCIA. Anch�io ringrazio il dottor Ferrara. Tra le informazioni che ci ha fornito, era inserito il punto - su cui avevo svolto un�interrogazione e ottenuto una risposta - dei nuclei territoriali di polizia giudiziaria. Apprendo dunque con piacere che il problema appare risolto.

Sono incuriosita dal progetto del 2004 cui lei ha fatto riferimento, dalle due tipologie e dalle modalit� con cui viene svolto. Ha citato il problema della riservatezza, ma vorrei capire meglio chi siano gli attori e quali siano le modalit� con cui si costruiscono i risultati.

Da tanti anni visito le carceri d�Italia e quindi ho presenti anche le modifiche cui giustamente � stato fatto riferimento.

Mi hanno colpito i dati da lei forniti all�inizio, ovvero queste 2.000 unit� che aumentano ogni anno, nonostante l�indulto. In proposito, avremmo molte considerazioni da esprimere sul fatto che si sia optato per l�indulto, e non per l�amnistia, e senza adeguate strutture esterne per accogliere.

Tuttavia, mi annovero tra coloro che si sono battuti per l�indulto perch� le condizioni all�interno erano veramente insopportabili. Percepivo dunque la meraviglia per i numerosi aumenti di detenzione, tali da poter rendere vano fra qualche anno questo stesso provvedimento.

PRESIDENTE. Entro un certo periodo.

GRAZIELLA MASCIA. Entro un certo periodo. Lei, dottor Ferrara, faceva riferimento alla necessit� di interventi legislativi strutturali. In merito, le iniziative possono essere varie e lei ci ha fatto presenti tutte le questioni all�interno del carcere.

Ad esempio, 500 ausiliari seguono i corsi di formazione, che da sempre sono legati alla necessit� di rendere gli agenti in grado di interloquire e di partecipare al progetto trattamentale del carcere, ma spesso poi possono svolgere solo un ruolo di controllo perch� mancano le condizioni e le altre figure che compongono la logica trattamentale. Si tratta quindi di problemi che si accumulano.

L�obiettivo principale dovrebbe essere individuare le possibilit� di soluzione alla radice. Ritengo ad esempio che, soprattutto nel corso degli ultimi anni, esista un errore nella percezione della carcerazione come elemento di sicurezza. Ne deriva che per qualsiasi livello di reato, senza tener conto dell�effettiva pericolosit� sociale, si ritiene possibile risolvere il problema con il carcere. Questo non corrisponde alle possibilit� concrete e rivela un errore all�origine.

Lei faceva riferimento a 130 Paesi di provenienza dei detenuti nelle carceri italiane, fattore che cambia tutto rispetto a prima. Anche nel DPEF si fa riferimento al vecchio progetto di nuovi carceri, mentre ritengo pi� opportuno rinnovare quelli gi� esistenti nei centri cittadini, perch� � molto importante la relazione con l�esterno. Comprendo come per molti detenuti stranieri possa essere ininfluente, perch� difficilmente ricevono visite ma, come il dottor Ferrara giustamente ha ricordato con riferimento a Brescia, � fondamentale il rapporto con l�esterno, con gli enti locali, che la scelta della collocazione pu� agevolare.

Poich� gli stranieri sono ormai in continuo aumento anche per piccoli reati,  vorrei sapere se sia possibile costruire sommariamente una tipologia di reati per Paesi di provenienza.

Vorrei inoltre sapere, considerando questa esperienza che complica anche la stessa scelta di progetti trattamentali, quali siano gli interventi legislativi strutturali cui si pu� far riferimento. Personalmente, cito quello sull�immigrazione, perch� la clandestinit� non aiuta a prevenire i reati ma, al contrario, determina condizioni loro favorevoli. Ne esistono per� anche altri.

Questa Commissione ha varato la legge per il garante dei detenuti, pensando di fare cosa utile, ma con la nuova tipologia di popolazione carceraria forse questa stessa figura dovrebbe essere concepita diversamente rispetto a qualche anno fa.

JOLE SANTELLI. Anch�io ringrazio il dottor Ferrara per la sua relazione e soprattutto per non aver indugiato sulle annose problematiche carcerarie, sottolineando anche punti di emergenza attuali, di cui possiamo non avere piena conoscenza.

Lei, presidente Ferrara, ha accennato alla preoccupazione per i movimenti fuori delle carceri che possono fungere da detonatore per proteste interne, attraverso una provocazione e una strumentalizzazione.

Vorrei capire se, allo stato delle vostre conoscenze, abbiate gi� riscontrato punti di mobilitazione anche interni, l�effettiva esistenza di contatti, come purtroppo la storia ha insegnato, e quali misure eventualmente siano state adottate tenendo conto della delicatezza della vicenda.

Sull�altro fattore di emergenza, per quanto riguarda l�Islam e le possibili situazioni interne carcerarie, poich�, come accaduto per la criminalit� organizzata, lei ha accennato a un rischio di proselitismo all�interno del carcere di persone non ancora inserite in queste strutture, che possono esserne attratte, vorrei sapere quali misure possano essere predisposte all�interno per tentare di limitare al massimo tale rischio.

Un altro punto da lei accennato, ma che sembra particolarmente rilevante, riguarda il mutamento della popolazione carceraria, che ostacola l�Amministrazione penitenziaria nello svolgimento delle classiche attivit� trattamentali. Riuscire a far partecipare alle attivit� trattamentali alcune nuove tipologie di detenuti � difficilissimo e crea un problema all�interno della comunit�. Mi riferisco soprattutto alla popolazione di origine nordafricana e islamica che spesso rifiuta completamente ogni rapporto e proposta di aiuto.

Sarebbe forse opportuno chiarirci in toto,perch� questo cambiamento della popolazione rischia di mutare anche il nostro sistema contro la nostra volont�. Si riesce a rieducare ben poco quando ci so trova dinanzi un muro.

Passando ai punti pi� specifici dell�organizzazione, vorrei sapere se stiate continuando un progetto, avviato dalla scorsa legislatura, di dialogo molto stretto con le regioni, riguardante i protocolli, ma soprattutto la sinergia individuata fra l�amministrazione statale, in quanto DAP, e le regioni sui corsi di formazione, quindi sulla ricerca di rieducazione e socializzazione per trovare lavoro nella localit�.

Vorrei sapere se, dopo una prima fase di collaborazione, questa impostazione sia stata seguita o si sia assistito a un ritorno indietro, come spesso accade da parte della politica regionale, esaurita la fase della notizia.

Vorrei infine formulare due domande. In termini di programma, vorrei conoscere gli indirizzi sulla riforma della polizia penitenziaria che il DAP intendeva seguire, e quindi sapere se ci saranno disegni di legge o si proseguir� nell�impostazione di riforma del Corpo e con quale tipo di impostazioni.

Poich� ho letto che il sottosegretario delegato, l�onorevole Manconi, ha parlato di soppressione degli OPG, vorrei sapere se esista gi� un progetto specifico e come eventualmente si pensi poi di intervenire, dal momento che all�interno delle strutture penitenziarie ordinarie, quando si  verifica una contaminazione fra detenuti di diverso tipo, la situazione non � di facile gestione.

SESA AMICI. Anche io ringrazio il dottor Ferrara per la lucida analisi e la lettura di questo microcosmo rappresentato dal mondo delle carceri, di cui ha delineato la complessit�, evidenziando soprattutto la mobilit� della popolazione carceraria che richiede alla struttura del DAP, come all�insieme delle istituzioni, una grande capacit� di adattamento alle esigenze derivate da una modifica della presenza carceraria.

La ringrazio molto per questo e, in seguito ad alcuni interventi, come la questione posta dalla collega Mascia, vorrei rivolgerle una domanda relativa ad uno degli interventi strutturali avvenuto nel mondo della polizia penitenziaria nella scorsa legislatura, ovvero la legge Meduri, da cui � scaturita una discussione che ha investito ruolo e funzione della pena anche nei trattamenti esterni. Essa riguardava diverse figure, in particolare assistenti sociali e psicologi, che all�interno di quel progetto di legge si sono trovate a non svolgere pi� nel carcere una funzione di tramite, prevedendosi un affidamento del tutto esterno, con un rapporto completamente diverso rispetto alle strategie di politica carceraria.

Vorrei sapere se tale intervento legislativo abbia avuto un impatto positivo o negativo e quanto questo oggi pesi di fronte ad alcune sperimentazioni, come ad esempio la questione delle donne e dei bambini, per evitare un�ennesima violenza a bambini innocenti attraverso progetti di carcere aperto.

Questi progetti presuppongono all�interno di questa logica non solo la capacit� di rimettere al centro delle strategie del DAP un ruolo di collegamento con gli enti locali e con le associazioni, ma soprattutto l�idea del recupero della pena attraverso progetti mirati rispetto alle situazioni date.

Se questo oggi � tanto importante per quanto riguarda le donne, mi chiedo anche rispetto alla crescente popolazione carceraria di cittadini stranieri quali siano gli interventi concreti attuati per garantire non solo la certezza della pena, ma anche e soprattutto un tentativo di reinserimento fuori dal carcere in base alle norme stabilite dal codice.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Dottor Ferrara, le pongo una domanda molto breve chiedendole scusa per non aver potuto ascoltare una parte della sua esposizione, perch� sto partecipando anche a un�altra interessante audizione in Commissione giustizia.

La domanda � puramente tecnica e scevra da valutazioni politiche. A legislazione vigente, a situazione acquisita, fotografata al momento, con l�unico elemento dinamico dell�andamento dei flussi attuali e prevedibili della popolazione carceraria, vorrei chiederle di indicare, in termini puramente tecnici, quanti posti di alloggiamento carcerario sarebbe necessario approntare e realizzare.

� una domanda molto semplice, anche se tecnicamente pu� sembrare troppo asciutta se non addirittura ingenua, ma le valutazioni subentreranno in seguito.

PRESIDENTE. Vorrei formulare alcune domande.

Sono stati realizzati alcuni esperimenti di lavoro di detenuti per la societ�: lettura di libri, registrazione di libri per i non vedenti, ripulitura di sponde di laghi, soprattutto nel nord. Vorrei sapere se queste attivit� continuino e possano essere pubblicizzate.

Queste piccole attivit� contribuiscono infatti a delineare una diversa immagine del detenuto, giacch� in genere � la societ� che deve fare qualcosa per il detenuto, mentre qui � il detenuto che fa qualcosa per la societ�.

In secondo luogo, tempo fa si � posto il problema della rilevante quantit� di professionalit� che incidono nel mondo penitenziario con non facili difficolt� di gestione delle relazione tra professioni.

Recentemente, sembra che gli agenti di polizia penitenziaria tendano a rivendicare un ruolo di dominus della situazione o  comunque di maggior peso nella vicenda penitenziaria. Qualche chiarimento su questo punto sarebbe utile.

Ringraziamo molto il presidente Ferrara, cui manderemo in breve il resoconto stenografico pregandolo di risponderci al pi� presto, compatibilmente con i suoi impegni, in modo da chiudere questo lavoro entro i primi giorni di agosto, per operare a settembre alcune indagini sul campo.

Dichiaro conclusa l�audizione.

 

La seduta, sospesa alle 15,10, � ripresa alle 15,15.

 

Audizione del capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione del capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone, cui do la parola.

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. Grazie presidente. Vorrei rapidamente delineare il ruolo del Corpo.

Dopo decenni di �tunnel�, il Corpo forestale � stato riorganizzato con la legge n. 36 del 2004, provvedimento molto importante perch� ha stabilito una non frammentazione del Corpo e definito chiaramente i suoi compiti, fondamentalmente legati alla funzione di polizia ambientale, con una nuova cultura in cui l�ambiente � collegato all�agricoltura e all�alimentazione. Dopo quella legge ci sono stati altri importanti provvedimenti, uno dei quali � il decreto del Ministero dell�interno dell�aprile 2006 che ha messo a sistema l�azione del Corpo forestale con quella delle altre forze di polizia; in tale contesto il Corpo assume un ruolo piuttosto rilevante. Altre leggi costituiscono per il Corpo forestale ulteriori importanti riferimenti normativi, innanzitutto la legge n. 353 del 2000 sugli incendi boschivi, ma anche altre norme di minore importanza precisano il ruolo del Corpo.

La struttura organizzativa nel nostro paese � costituita da circa 8.500 persone in divisa, pi� 1.500 operai, sui quali si fa spesso confusione sui giornali parlando di forestali che non appartengono al Corpo forestale dello Stato.

Siamo nelle regioni a statuto ordinario, sebbene coltiviamo ottimi rapporti con la Sicilia, la Sardegna e anche con il Friuli...

PRESIDENTE. Spero anche con la Valle d�Aosta...

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. S�, l�avrei citata in seguito. Con la Sicilia e la Sardegna per aspetti specifici che riguardano gli incendi e i nostri nuclei CITES a Catania e Palermo; con il Friuli soprattutto per operazioni di polizia giudiziaria, per quanto riguarda il traffico illegale di cuccioli di cane, anche malati, che vengono dall�est.

Per quanto riguarda la Valle d�Aosta, esiste un�azione consolidata per il parco, anche perch� il Corpo forestale svolge un�azione di sorveglianza in tutti i parchi italiani. All�azione assicurata dalla struttura del parco, nominata dal ministro di concerto con la regione, si affianca infatti la sorveglianza che il nostro Corpo assicura anche nei casi in cui manchino il presidente della struttura, a volte troppo complessa, il consiglio direttivo o i comitati nei quali sono presenti i sindaci.

La legge ha riorganizzato il Corpo forestale fondamentalmente come una struttura centrale, con un capo, un vice capo, sempre dirigente generale, e finalmente un dirigente superiore a capo della regione, con i capi provinciali, anche loro primi dirigenti.

Abbiamo strutture specialistiche investigative, i Nuclei investigativi di polizia ambientale e forestale (NIPAF), organizzati per province e con un gruppo centrale a Roma, che effettuano vari tipi di azioni, in collegamento soprattutto con l�autorit� giudiziaria: azioni di polizia ambientale per questioni urbanistiche e riguardanti la  tutela del paesaggio; azioni connesse alla questione delle discariche abusive, alle indagini sugli incendi, sino al maltrattamento degli animali. Per tale aspetto, considerando anche la grandissima attenzione dell�opinione pubblica al riguardo, dopo l�introduzione della legge contro il maltrattamento animale, il Corpo forestale ha creato un nucleo apposito proprio qualche mese fa. Ci occupiamo dunque della tutela sono solo dell�animale selvatico nei parchi nazionali, ma anche del domestico in ottemperanza alla legge in materia.

Merita particolare attenzione, soprattutto di questi giorni, il Nucleo investigativo antincendio boschivo (NIAB), giacch�, al di l� dell�azione di repressione effettuata nell�ambito del sistema di protezione civile, che in Italia funziona ed � diretto con molta sagacia da una struttura, quella della Protezione civile in cui si riuniscono gli sforzi del Corpo forestale, dei vigili del fuoco, cos� come delle regioni e dei volontari, che utilizzano strutture, soprattutto statali, e strumenti efficaci anche se costosi come i gli elicotteri; al di l� di questa azione - dicevo - abbiamo potuto verificare come l�indagine di polizia volta a scovare l�incendiario, quindi non il piromane, non il malato, abbia prodotto risultati eccellenti.

PRESIDENTE. Quale � la differenza?

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. Il piromane � malato, mentre l�incendiario � delinquente.

PRESIDENTE. � sano.

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. Esatto. Quindi, con queste azioni molto mirate, in alcune zone quali l�Elba, il grossetano e la Calabria si � rilevata una caduta verticale delle superfici disboscate, perch� abbiamo denunciato, e in molti casi arrestato, il piromane. Questa � una tipologia di intervento quasi in esclusiva.

La Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora (CITES) si occupa dell�importdi animali e piante tutelate dalla convenzione di Washington, che rappresenta un traffico miliardario, a volte illegale, a volte collegato addirittura alla malavita organizzata. Dopo i traffici della droga e delle armi, per entit� economica, si collocherebbe proprio il traffico illegale di animali e piante, per il quale nelle dogane vengono spesso effettuati sequestri di materiale molto prezioso, quali pelli di leopardo, di coccodrillo, animali vivi, pappagalli e zanne di elefante, delle quali � notoriamente vietato il commercio.

Merita ulteriore attenzione l�azione di antibracconaggio, per la quale si rileva una grandissima sensibilit� della collettivit�. Ne sono esempi l��operazione Adorno� sullo stretto di Messina, un�azione di repressione per combattere la terribile abitudine di sparare al falco pecchiaiolo, e l��operazione pettirosso� nel bresciano, tutte e due molto sentite anche dalla collettivit�.

Vorrei adesso analizzare un settore che riguarda la protezione civile e non deve essere assolutamente sottovalutato; non si tratta esclusivamente dello spegnimento degli incendi, in cui peraltro non dovremmo diminuire i tempi di intervento, perch� questi sono gi� ottimali in Italia e, in ogni caso, il rapporto tra costi e benefici non garantirebbe alcun vantaggio. Mi riferisco ad alcuni aspetti di protezione civile legati anche alle informazioni. Ad esempio, con il servizio Meteomont segnaliamo, con gli alpini, la situazione della neve; si tratta di un servizio di grandissima utilit� sociale cos� come, sugli Appennini e sulle Alpi, quello di soccorso sulle piste da sci, ma anche e soprattutto per escursionisti o alpinisti che si perdono nei boschi, ai quali l�amministrazione garantisce particolare attenzione.

Inoltre, ci siamo sempre occupati delle riserve naturali, la prima delle quali � stata istituita proprio dal Corpo forestale dello Stato nel 1956 a Sasso Fratino. La nostra azione va quindi oltre la sorveglianza dei parchi nazionali e consente anche, signor presidente, di far risparmiare i parchi, che altrimenti spenderebbero  molto per gli stipendi dei guardia-parco, per la loro formazione e addestramento.

PRESIDENTE. Per� adesso non mi parli male delle guardie del Gran Paradiso!

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. Assolutamente no, e neppure di quelle del parco Nazionale dell�Abruzzo. Ormai, presidente, la polemica con un certo tipo di ambientalismo � superata; proprio questa mattina ho presentato, insieme al presidente di Legambiente, i dati emersi da un primo monitoraggio sugli incendi.

Vorrei ancora segnalare alcune situazioni particolari che possono essere molto interessanti per quanto riguarda la protezione civile, che ho avuto moto di verificare personalmente, perch� ero capo della struttura all�epoca del terremoto che colp� San Giuliano. Il Corpo forestale riesce a coprire diversi settori, che non riguardano solo la rimozione delle macerie, ma anche la preparazione delle tende e del cibo e tutto quello che costituisce l�indispensabile servizio notturno alle popolazioni. Il sistema di collaborazione con le altre forze di polizia � non dico ottimo ma sicuramente molto buono e siamo riusciti a ricavarci uno spazio anche in alcuni settori connessi alle esigenze del sistema ordine pubblico. Ci occupiamo di ordine pubblico negli stadi e nei servizi elettorali e un esempio efficace del nostro contributo pu� essere considerato il possibile intervento delle nostre autobotti, uno strumento poco impattante ma di grandissima efficienza nei confronti dei manifestanti in situazioni di grande difficolt� delle forze dell�ordine. Con le autobotti, noi forestali, a differenza degli altri amici delle forze dell�ordine, lavoriamo tutti i giorni per contrastare gli incendi e la decisione del Ministro dell�interno di avvalersi di questo strumento come un ausilio per l�ordine al pubblico, per altro a costo zero, mi � sembrata molto apprezzata.

Non voglio trascurare infine la nostra attivit� di convincimento, attraverso le 1.200 stazioni che abbiamo sul territorio. Nella relazione ho fornito al riguardo dati molto precisi.

PRESIDENTE. � un rapporto cospicuo, con molti materiali, a disposizione di tutti.

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. Si tratta dell�ultimo baluardo dello Stato, soprattutto nelle zone rurali, dove possono esistere casi non di analfabetismo, ma senza dubbio di poca conoscenza. In questi luoghi per i pastori o altre persone poco abituate a rapportarsi con le amministrazioni dello Stato, il Corpo forestale rappresenta quella che era anticamente la cosiddetta polizia di prossimit�, per una azione non solo di repressione, ma anche di aiuto nei confronti della cittadinanza o delle comunit� rurali, come presenza dello Stato ma anche come un vero e proprio aiuto materiale, quando si tratta ad esempio di spiegare loro come evitare di compiere azioni sbagliate. Per questo, i sindaci chiedono spesso la nostra presenza.

Un altro settore interessantissimo di cui ci occupiamo insieme ai Carabinieri, ma soprattutto facendo riferimento all�autorit� giudiziaria, � quello della lotta all�illegalit� collegata alla malavita organizzata, in particolare per quanto concerne i rifiuti. In Campania, ad esempio, non si rileva solo il problema delle discariche abusive; molto spesso una certa imprenditoria, attraverso declassificazioni molto astute, dirotta il rifiuto da una situazione di pericolosit� e tossicit� a una situazione ritenuta quasi buona, ma si tratta di una truffa vera e propria. Ad esempio, gli sversamenti di fanghi con cromo su terreni agricoli, per i quali all�agricoltore nella zona del casertano vengono date poche centinaia di euro, sono estremamente pericolosi per le colture agricole.

I monitoraggi sono fondamentali, non solo per quanto riguarda l�acqua, per la quale viene denunciato non sono chi inquina, ma anche chi preleva abusivamente, questione quest�ultima molto attuale; i monitoraggi - dicevo - sono fondamentali, innanzitutto quelli delle foreste; questo  � uno strumento fondamentale, perch� significa rispettare il Protocollo di Kyoto non solo con un mero linguaggio ambientalista, ma con un�attivit� concreta, realizzata anche con le regioni; noi assicuriamo il coordinamento e garantiamo allo Stato uno strumento fondamentale per dichiarare nei tavoli internazionali di avere 10,5 milioni di ettari di verde, quindi di produrre tanto ossigeno e dunque di risparmiare miliardi di euro perch� le quote di carbonio sono quotate in borsa.

Dunque lo Stato possiede uno strumento formidabile costituito in questo caso da un Corpo di polizia con un�altissima valenza tecnica.

Avrei tante altre cose da aggiungere, ma se mi fermerei qui.

PRESIDENTE. Siamo molto grati all�ingegner Patrone, perch� il Corpo non � conosciuto in tutte le sue articolazioni e specialit�, invece oggi ci ha delineato un quadro particolarmente interessante. Tra l�altro, segnalo ai colleghi che forse dovremmo intervenire per far s� che le sezioni di polizia giudiziaria comprendano anche elementi del Corpo forestale dello Stato, in particolare per reati ambientali e per tutti i reati di questa natura, che sono peraltro particolarmente all�attenzione dell�opinione pubblica.

Lascio la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO ADENTI. Intanto, desidero ringraziare l�ingegner Patrone per la sua relazione completa ed esaustiva e anche per il materiale che ci ha fornito. Ho notato che non ha fatto cenno alla questione degli organici del personale. Forse ci� significa che gli organici non presentano problemi, sia a livello quantitativo sia come distribuzione sul territorio. Vorrei legare questo aspetto anche alla questione della formazione del personale rispetto ai nuovi ruoli che il Corpo forestale dello Stato � chiamato a svolgere.

Vorrei inoltre capire se il Corpo abbia a disposizione tecnologie e attrezzature all�altezza della situazione. Grazie.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. In realt�, sulla questione il collega mi ha anticipato. Vorrei infatti porre anch�io- come ho gi� fatto peraltro con un altro responsabile della sicurezza di un altro settore - una domanda assolutamente tecnica chiedendo all�ingegner Patrone una valutazione sullo stato attuale della struttura del Corpo, perch� mi pare di aver colto un dato, ossia che esistono 1.200 stazioni...

PRESIDENTE. Sono 1.200 stazioni e 8.500 unit� di personale ...

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Da questo dato - 8.500 unit� di personale, esclusi gli operai, in rapporto ad una rete di 1.200 stazioni - sembrerebbe emergere una situazione di sofferenza piuttosto vistosa, almeno rispetto alle cifre cui siamo abituati in altri settori.

Quindi, vorrei avere una valutazione tecnico-funzionale da lei, che conosce il panorama complessivo dei servizi e l�articolazione territoriale. Vorrei infatti sapere dal punto di vista meramente tecnico quale dovrebbe essere la forza ideale per coprire le aree funzionali e geografiche dell�articolazione del Corpo da lei diretto.

La seconda considerazione riguarda solo una parte del voluminoso dossier consegnatoci, del quale la ringrazio, perch� � prezioso e direi da conservare. Questa � un�indagine sulla sicurezza, per cui mi preme un aspetto che l�ingegner Patrone ha toccato sottolineando come tale Corpo di polizia risulti vicino al cittadino e arrivi talvolta anche dove altri non arrivano. Ho per� necessit� di chiederle, a prescindere dall�introduzione all�argomento, quale possa essere il ruolo e la presenza della forestale, con riferimento agli specifici problemi della presenza dello Stato e della percezione di sicurezza del cittadino, non soltanto nelle aree a prevalenza rurale.

Vorrei infatti sapere se ritenga che i compiti del Corpo debbano subire un�evoluzione mirata al compito specifico di istituto, oppure possano anche concorrere a una pi� ampia opera di prevenzione  contro i reati e per la sicurezza del cittadino.

In relazione a questo, infatti, dal punto di vista politico si sceglier� se ispirare una articolazione differenziata sul territorio e potenziare gli organici in tale duplice ottica. In questo momento, infatti, stiamo conducendo un�indagine sulla sicurezza ed a questa � appunto finalizzata la mia domanda. Grazie.

JOLE SANTELLI. Ringrazio l�ingegner Patrone, che ha sottolineato ovviamente gli ottimi rapporti con le altre forze dell�ordine. Tuttavia, essendo la vostra una forza di polizia specialistica, mi chiedo quali siano le vostre peculiarit� o eventualmente i limiti, e se si verifichino sovrapposizioni di materia e di competenze con nuclei specialistici di altre forze dell�ordine, anche alla luce delle indicazioni che prima il presidente aveva dato, in merito all�inserimento di elementi del Corpo forestale nelle sezioni di polizia giudiziaria, proprio per la riserva di competenza.

PRESIDENTE. Ringrazio l�ingegner Patrone, cui invieremo rapidamente il resoconto stenografico e chiederemo la cortesia di inviarci in breve tempo le sue risposte. Abbiamo seguito la stessa procedura con le altre autorit� per garantire un quadro in cui ciascuno possa riflettere bene sulle risposte.

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. Presidente, desideravo affrontare alla fine il tema del numero dell�organico per dare pi� forza all�argomento. Ricordo che tempo fa lei era intervenuto perch� il corpo forestale dello Stato non fosse smembrato.

PRESIDENTE. Per evitare la regionalizzazione...

CESARE PATRONE, Capo del Corpo forestale dello Stato. Presidente, non chiediamo l�aumento dell�organico. Siamo 8.500; l�organico � di 9.400 unit�, anche se l�ideale sarebbe di 12-15.000. Personalmente, se nell�ambito della finanziaria si potesse prevedere un concorso di 1.000 persone, sezioni di p.g., sarei soddisfatto. Sarebbe un intervento semplice e veloce, che ci renderebbe pi� che soddisfatti dell�azione di questo Governo e di questo Parlamento.

PRESIDENTE. Cercheremo di lavorare insieme. Non so se in finanziaria si potr� inserire la questione nella sua globalit�, ma comunque abbiamo capito il problema.

Considerato che deve riunirsi il comitato permanente per i pareri e che successivamente la Commissione � convocata in sede referente, avverto che, come anticipato e d�intesa con l�ingegner Patrone, quest�ultimo risponder� ai quesiti posti successivamente, per iscritto.

Ringrazio nuovamente il nostro interlocutore per l�audizione svolta e dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 15,45.


 

 

 

 


 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

5.

 

 

Seduta di giovEd� 26 LUGLIO 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 12.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione del Capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione del Capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli.

Ringraziamo il prefetto Manganelli, anche per aver accettato di venire in audizione - anche se non ultimo, come il suo rango avrebbe richiesto - in relazione alla celerit� dei nostri lavori.

Il prefetto Manganelli � perfettamente al corrente dei lavori che abbiamo svolto, quindi gli do immediatamente la parola.

ANTONIO MANGANELLI, Capo della Polizia. Ringrazio lei, signor presidente, e tutti gli onorevoli parlamentari. Credo di dover esporre un quadro dell�attuale stato della sicurezza del nostro Paese.

Alcuni giorni fa, nel mese di giugno, il Ministro dell�interno, Amato, ha presentato un rapporto sullo stato della sicurezza piuttosto dettagliato ma non autocelebrativo, che ha dato oggettivamente conto di ci� che accade, fornendo qualche dato.

Vorrei aggiungere a questa riflessione, in premessa, che i dati raccontano oggettivamente quello che accade, ma poi bisogna volerli e saperli interpretare per capire ci� di cui si sta parlando. Naturalmente, quando parliamo di interpretazione dei dati facciamo riferimento al significato che assumono alcuni fenomeni di criminalit�, alcune tipologie di reato nel loro andamento crescente o decrescente. La riduzione degli omicidi compiuti dalla criminalit� organizzata � un dato oggettivo. Questo significa che la criminalit� organizzata � talmente forte e non adeguatamente contrastata dalla magistratura e dalle forze di polizia che si pu� permettere di non uccidere o significa l�esatto opposto, vale a dire che ha sub�to, negli ultimi tempi, una pressione tale da dover ridurre la propria potenzialit� offensiva? D�altra parte, la criminalit� che viene alla luce � quella che definiamo criminalit�registrata�, cio� quella che emerge e che non � tenuta sommersa dal �numero chiuso�, che invece � spinto verso l�emersione dalle stesse attivit� della polizia. Quello che facciamo come �polizia di prossimit� - raccogliere le denunce a domicilio, creare un canale web per velocizzare, favorire e incentivare la denuncia - porta all�emersione della criminalit�. Paradossalmente, a volte, meglio lavorano  le forze di polizia, con maggiore vicinanza al cittadino, pi� aumenta il livello di criminalit� ufficiale.

Cosa indica l�impennata degli indici di delittuosit�? Pu� accadere che una grande azienda fallisca e faccia bancarotta e che 300.000 persone si arrabbino e interpretino come truffa quello che � avvenuto. Ebbene, 300.000 denunce di truffe presentate presso le stazioni dei Carabinieri o i commissariati di Polizia portano a un�impennata della delittuosit� che, nella sua oggettivit�, effettivamente aumenta di una certa percentuale, ma la cui motivazione risiede in una vicenda specifica.

Tuttavia, i dati sono quelli che oggettivamente abbiamo davanti e quelli dobbiamo in qualche modo commentare, in un contesto in cui � il concetto di sicurezza stesso che sta cambiando nel nostro Paese. Fino a qualche anno fa, la sicurezza era vissuta come somma delle attivit� delle forze di polizia e, quindi, veniva commentata ed interpretata come il lavoro della magistratura e delle forze di polizia. Oggi per il cittadino la sicurezza significa altro: qualit� della vita e possibilit� di vivere serenamente. Quindi, abbiamo a che fare con sensazioni e percezioni che non hanno, a volte, molto a che fare con l�andamento della criminalit�. Avvertiamo, non solo in Italia e non solo in Europa, ma in genere nei Paesi pi� avanzati, un aumento della preoccupazione della gente, quindi un aumento della sensazione di non adeguata protezione dei propri beni e della propria persona anche a fronte di oggettivi decrementi della criminalit�.

Nel nostro Paese, sul piano della criminalit� violenta (espressa soprattutto dagli omicidi), negli ultimi anni registriamo una flessione piuttosto consistente. Nell�ultimo anno, stando a quello che possiamo documentare, sono stati 621 i casi di omicidio a fronte dei circa 1.900 che costituivano il picco dell�inizio degli anni Novanta. � vero, 621 sono pi� dei 601 omicidi consumati nello scorso anno, ma bisogna sottolineare che lo scorso anno si � raggiunto il minimo storico degli omicidi commessi nel nostro Paese.

Mi sembra interessante commentare il fatto che soltanto una parte minoritaria - 120 su 621 - � costituita da casi ascrivibili alla criminalit� organizzata. Oggi gli omicidi sono prevalentemente di impeto, molto spesso intrafamiliari. Una percentuale molto elevata di omicidi, precisamente il 29 per cento del totale, � commessa in un contesto intrafamiliare, e interessa nel 67 per cento dei casi il centro nord. Questo � un fatto oggettivo, che lasciamo ovviamente all�interpretazione degli esperti.

Passo alla criminalit� definita �diffusa�, che un tempo riducevamo al termine �microcriminalit�, anche per sottolinearne la dimensione di rango inferiore rispetto alla criminalit� organizzata. Poi ci siamo resi conto che, invece, di �micro� questa criminalit� ha molto poco, in quanto tocca, molto pi� di altri avvenimenti, l�interesse del singolo cittadino, la sensibilit� e la fragilit� della gente. Questa criminalit� �diffusa� si esprime con un livello piuttosto costante di furti negli ultimi anni. Ad esempio, i furti di autovetture e motoveicoli hanno conosciuto una lieve crescita nel corso degli ultimi due anni e, soprattutto, si � registrata una crescita nel settore dei motoveicoli. Tutto questo � avvenuto in concomitanza all�aumento esponenziale dei motorini che circolano sulle nostre strade.

Per quanto riguarda altri tipi di reati che toccano direttamente la sensibilit� dei cittadini, quali scippi e borseggi, il tasso degli scippi in Italia, in questi ultimi anni, � il pi� basso degli ultimi trent�anni. Viceversa, i furti in appartamento negli ultimi anni hanno registrato una crescita rispetto agli anni Novanta. Si pu� dire tuttavia che tra il 1999 e il 2006 si rileva una riduzione dei furti in appartamento del 41 per cento.

I borseggi costituiscono un fenomeno interessante, di cui parler� tra qualche momento, in relazione alla criminalit� collegata all�immigrazione clandestina. Tuttavia, anche i borseggi registrano, sul piano generale, tra il 2000 e il 2006 un calo del 6 per cento, sebbene il 2006 segni un lieve aumento rispetto al 2005.

Noi preferiamo, ovviamente, commentare come fatti statisticamente significativi i confronti tra macroperiodi, anche perch� quelli tra brevi periodi (ad esempio semestri o trimestri) sono influenzati da fattori a volte banali. Se a maggio di un anno si registra un numero di scippi inferiore a quello del maggio precedente, pu� darsi che la piovosit� abbia determinato una minor presenza di gente in strada e quindi una riduzione del fenomeno. Procedendo per macroperiodi, invece, si possono fare commenti diversi.

Un fenomeno in forte crescita, che quindi merita particolare attenzione, � quello delle rapine, soprattutto negli uffici bancari e postali. Anche questo � in qualche modo in relazione storica - non so se anche causale - con l�aumento del numero degli sportelli, che oggi si trovano in ogni piccolo comune, anche laddove il controllo del territorio, in ambito quasi rurale, a volte � meno intenso che nelle grandi citt�.

Come dato statistico, le rapine nella pubblica via costituiscono il 43 per cento dell�intero contesto, mentre quelle in abitazione- di cui pure tanto si parla, perch� sono quelle che pi� spaventano il cittadino - costituiscono il tre per cento del totale.

In merito alla criminalit� diffusa, ma non solo su questa, qualche riflessione va svolta sull�incidenza dell�immigrazione, di cui molto si dice, ma non sempre con cognizione di causa. Anche in questo caso i dati ci soccorrono, consentendo qualche riflessione. Intanto, registriamo una crescita della percentuale di denunciati stranieri, in quanto presunti autori di reati. Oggi l�incidenza - vedremo cosa questo significa e quanta parte hanno gli immigrati regolari rispetto a quelli clandestini - si � attestata intorno al 30 per cento, cos� come, nell�ambito carcerario, la popolazione carceraria � costituita pi� o meno da tempo da un terzo di immigrati, prevalentemente clandestini. Naturalmente nella percentuale del 30 per cento si fa riferimento alla delittuosit� in generale, ma in questo ambito si registrano anche punte assolutamente preoccupanti, ad esempio fino al 70 per cento nel campo dei borseggi; per questo sul borseggio mi ero riservato una successiva riflessione. Il borseggio � in forte calo e quello che si registra � di matrice extracomunitaria. All�opposto, vi � incidenza minima per reati come le rapine in banca o in quelle negli uffici postali. Quando parliamo del 30 per cento, ovviamente parliamo di una media tra tante tipologie di reati; ad esempio, l�incidenza riguardo ai furti in abitazione � di circa il 51 per cento.

Se tentiamo di calcolare la percentuale disaggregando questi dati per regione, vediamo che il 30 per cento per determinati reati finisce con il diventare, al nord Italia, il 60 per cento. Esiste quindi una distribuzione territoriale, che ovviamente risente di tanti fenomeni, quali l�incidenza della criminalit� nostrana, la maggiore o minore presenza di comunit� immigrate, per lo pi� clandestine. Utilizzo l�espressione �per lo pi� clandestine� perch� la popolazione di origine straniera, immigrata regolare, non presenta aspetti significativi nella rilevazione della criminalit�, come si evince dai dati. La quota di stranieri denunciati in Italia nel 2006 costituisce il 6 per cento del totale dei denunciati. Gli stranieri regolari sono pi� o meno il 5 per cento della popolazione complessiva e dunque la criminalit� degli immigrati regolari ha la stessa incidenza di quella della popolazione italiana. Fatto cento il numero di stranieri immigrati denunciati, il 2 per cento � costituito da immigrati regolari e il 98 per cento da clandestini.

Da un punto di vista della �qualit� - questa � perfino una banalit� - i reati che interessano la popolazione immigrata clandestina sono quelli che definiamo di tipo strumentale, economico: furto e rapina, per intenderci. I reati, invece, che gli esperti definiscono di tipo espressivo, come l�omicidio, la violenza sessuale, ossia tutti quelli che non hanno una finalit� immediata di lucro, sono anche appannaggio della popolazione immigrata regolare, anche se, come abbiamo visto, in una dimensione assai minima.

Per quanto riguarda la criminalit� organizzata, cito le organizzazioni criminali  nelle regioni a rischio: la mafia, la �ndrangheta, la cosiddetta camorra, la criminalit� organizzata pugliese. Parlo di �cosiddetta camorra� perch�, per quanto abbia potuto studiare il fenomeno, anche sul posto, non ho ancora capito cosa si intende oggi per camorra. Si tratta di termini che evocano organizzazioni strutturate, articolate e piramidali, mentre oggi insistono su quel territorio aggregazioni organizzate, ma frammentate in gruppi oggi alleati e domani in conflitto fra di loro. Per questo, tali gruppi, per certi aspetti, sono anche pi� pericolosi delle organizzazioni strutturate e articolate, quindi disaggregabili con uno sforzo di contrasto compatto verso un nemico maggiormente definito.

Sulla mafia e sulla �ndrangheta restano valide le osservazioni e le riflessioni fatte negli ultimi anni: un crescendo di insidie che viene dalla criminalit� di matrice calabrese, oggi molto forte nel traffico degli stupefacenti e molto attiva nel traffico internazionale, e un atteggiamento quasi silente dell�organizzazione mafiosa siciliana, che continua a preferire, per ora, una penetrazione nei gangli della vita pubblica. La mafia si occupa di appalti, cerca di mantenere il controllo del territorio anche con estorsioni a tappeto di quantit� di danaro non cos� consistenti da spingere il commerciante, l�imprenditore o il professionista alla denuncia. L�estorsione viene quasi vissuta come un costo di impresa, una somma tutto sommato sostenibile con una certa facilit� da parte delle persone vittime di questo reato. La chiave per difendersi da questa tipologia di reato � assolutamente l�associazionismo e il non rimanere isolati.

Segnalo una delle interessanti iniziative condotte nella provincia di Napoli dove vi era una forte resistenza alla denuncia. Ebbene, pian piano questa resistenza si va affievolendo a seguito della nascita di associazioni. Insieme si ha pi� coraggio, quando si � insieme � pi� difficile che la criminalit� organizzata si comporti con la stessa protervia e la stessa arroganza. Inoltre, si creano meccanismi che oggi sono diventati processualmente interessanti, quale l�intervento dell�associazionismo nel processo, quindi la possibilit� di dare copertura a chi intende denunciare.

Per quanto riguarda la mafia, in questo momento in Sicilia vi � l�interessante novit� rappresentata dal ritorno di coloro che un tempo venivano definiti gli �scappati�. Mai si sarebbe immaginato, fino a qualche anno fa, che i vertici delle organizzazioni mafiose dessero l�autorizzazione al ritorno di persone espulse, con �provvedimento inappellabile e irrevocabile�, da parte di Cosa nostra. Invece, in Sicilia assistiamo ad un ritorno di alcune di queste persone. Il ritorno � stato compreso, interpretato e processualmente acclarato come legato ad una fazione oggi molto forte di Cosa nostra, ma non all�intera organizzazione. In questo abbiamo visto anche la possibilit� dello scoppio di una scintilla tra due aree che, quando non sono d�accordo, � difficile che trovino intorno a un tavolo tecnico la condivisione di un unico progetto. Magari, a volte � possibile qualche �effervescenza� di troppo. Su questo siamo particolarmente attenti.

Quando parliamo di mafia nel nostro territorio, oggi parliamo anche di organizzazioni criminali straniere ed importate, che hanno approfittato di alcuni settori (ad esempio, quello della prostituzione nel centro nord) �abbandonati� dalla criminalit� organizzata nostrana. Insomma, le mafie straniere si stanno infilando laddove la nostra criminalit� ha lasciato che ci� accadesse. Nelle regioni particolarmente a rischio lo spazio � assai minore; tuttavia, esistono �rapporti di affari�, magari occasionali, non pienamente strutturati, tra organizzazioni nostrane e straniere. In Puglia, ad esempio, esiste un rapporto in base al quale spesso la criminalit� nostrana funge da agenzia di servizio di quella importata.

Per quello che riguarda l�importante settore degli stupefacenti, dopo il boom - che si colloca tra l�inizio degli anni Settanta e la met� degli anni Novanta - ci siamo trovati di fronte sostanzialmente a una stabilizzazione del fenomeno di consumo e diffusione delle sostanze stupefacenti. Devo dire che quest�anno si segnala  un forte aumento delle operazioni antidroga e dei sequestri di droghe pesanti. Se questo, da un lato, ci d� soddisfazione, perch� significa che l�azione di contrasto funziona, dobbiamo pensare che ovviamente, se c�� molto da sequestrare e da denunciare, c�� anche molta �roba�in giro.

Sul piano del terrorismo interno, siamo stati molto attenti, come avete visto negli ultimi tempi, al contrasto dell�area brigatista. Tale contrasto si � sviluppato prima con la cattura di quelli che abbiamo scoperto essere gli unici militanti complessivi dell�organizzazione e di alcuni loro associati. Non so dire se le Brigate rosse con queste operazioni siano state completamente sconfitte, ma posso dire che sono state disarticolate. Naturalmente guai a considerare chiuso questo capitolo, che merita ancora la nostra attenzione!

In particolare, negli ultimi mesi la nostra attenzione � stata rivolta al fenomeno del brigatismo in un certo senso riconducibile all�ala movimentista delle Brigate rosse, quella che un tempo si definiva la �seconda posizione�, cio� l�area che tendeva alla propaganda armata. Con un�operazione - che personalmente considero molto importante - del febbraio dello scorso anno, sviluppata tra Milano, Padova, Torino e Trieste, sono stati effettuati arresti di persone la cui attivit� � stata documentata con molta pazienza e molta capacit� da parte degli investigatori. Gli inquirenti hanno persino filmato azioni criminose e documentato l�addestramento alle armi (peraltro, alcune armi oggi risultano di provenienza brigatista di vecchia generazione).

Si � scoperto che su qualche persona � stata condotta una vera e propria inchiesta, il che ci fa pensare che quella persona fosse stata seguita. Non abbiamo prove di alcun progetto di attentato, ma di attivit� di autofinanziamento, di possesso di armi e di un�azione riconducibile all�ala movimentista delle Brigate rosse.

� inevitabile che quello che sta accadendo ci induca a fare qualche riflessione. Si sta determinando, ad esempio, una diffusa solidariet� nei confronti delle persone arrestate per terrorismo a seguito di ragioni documentate. Si sono verificati episodi di solidariet�, che ritengo siano per certi aspetti riconducibili alla seguente circostanza: al di l� delle azioni, compiute o da compiere, queste persone sollevano problemi che la gente sente vicini, come quelli del precariato, dell�occupazione e via dicendo. Si tratta di temi sentiti dalla collettivit� in misura maggiore rispetto a quelli che un tempo proponeva alla gente l�organizzazione delle Brigate rosse che, con atteggiamento �elitario� e con una �voglia di rivoluzione� scollegata rispetto alle masse, non trovava non dico simpatia, ma neppure solidariet�. D�altra parte, il fenomeno della solidariet� non � soltanto italiano, ma molto pi� ampio e quindi va studiato da parte di chi � interessato al commento e alla comprensione dei fatti sociali. Per la parte che riguarda magistratura e forze di polizia, stiamo facendo il nostro lavoro, o almeno cos� riteniamo.

L�altro fronte terroristico, quello dell�anarco-insurrezionalismo, per certi aspetti � stato vissuto come minore negli anni scorsi, anche se tanto minore non �, dal momento che gli attentati rischiano di procurare danni seri alle persone. Vi � stata negli ultimi tempi una riduzione dell�offensiva e quindi una riduzione di fatti violenti riconducibili a quest�area. A differenza della mafia e di altre organizzazioni, queste aree si distinguono perch� raccontano quello che fanno, perch� lo fanno e che cosa faranno. Sappiamo, allora, che esistono progetti piuttosto bellicosi; in un manifesto programmatico si parla di parere favorevole all�utilizzo della propaganda armata come mezzo utile per diffondere idee anarchiche, anche con l�impiego di esplosivo e pistole. Tutto questo non ci lascia ovviamente tranquilli, ma bisogna dire che, per tornare ai fatti oggettivi, si registra una riduzione dell�offensiva riconducibile a quest�area.

Maggiore preoccupazione, invece, desta in questo periodo il terrorismo internazionale. L�Italia � in Europa, in Occidente, e spesso le invettive vengono rivolte esplicitamente al nostro Paese. In questo ambito ci sono delle novit�. Vi � particolare  attivismo, in questo periodo, da parte delle cellule terroristiche di matrice salafita, collegate alla rete internazionale Al-Qaeda, tanto che negli ultimi tempi questa offensiva si � tradotta in un deterioramento palese della situazione di sicurezza nella regione nordafricana. Naturalmente temiamo che i nostri �vicini di casa� possano riservare attenzioni al nostro Paese.

Si sviluppano dibattiti, anche sui giornali, sulla natura di questo fenomeno. � Al-Qaeda, cio� Bin Laden, che pensa all�Italia, all�Europa e all�Occidente, oppure si tratta di forme di terrorismo �fai da te�? Credo che la risposta a questa domanda sia fornita dalla stessa pubblicistica delle organizzazioni islamiche. Un ideologo che vive in nord Africa - mi pare si chiami Al Suri - parla di �nizam, la tanzim�, vale a dire �sistema e non organizzazione�. Questo significa che non esiste un�organizzazione operativa strutturata come Cosa nostra, che ha le sue filiali ufficiali nei vari Paesi, ma un sistema operativo, ovviamente non meno pericoloso dell�organizzazione.

Il prefetto Gabrielli, direttore del SISDE, ed io abbiamo scritto qualcosa sul tema dell�investigazione. In una nostra ricerca abbiamo definito questo sistema una sorta di �franchising del terrore�, in modo un po� giornalistico e provocatorio. In effetti l�idea � quella di un marchio - il marchio di Al-Qaeda - che non significa per� che tutto viene preventivamente �benedetto� dal vertice di un�organizzazione. Peraltro, non riteniamo che tale organizzazione esista, mentre invece esiste un sistema.

A noi appare pericoloso, in questo momento storico, che questo sistema, pur non essendo organizzazione, si vada tuttavia organizzando in comparti pi� strutturati. Lo vediamo soprattutto nel Maghreb, dove ad esempio il Gruppo salafita algerino per la predicazione e il combattimento ha cambiato denominazione ed � diventato �Al-Qaeda nei Paesi del Maghreb islamico�. A questa stessa organizzazione tendono ad aggregarsi formazioni terroristiche maghrebine, egiziane, libiche, tunisine. Potrebbe dunque realizzarsi la parabola per cui il sistema, pur non essendo organizzazione, in certe aree si va strutturando come tale.

Ne parliamo con tanto interesse rispetto al nostro Paese perch� anche da noi abbiamo trovato tracce che destano qualche allarme. Qualche mese fa una cellula, poi disarticolata in Tunisia, aveva lasciato tracce della propria presenza in Italia; qualche giorno fa, un�operazione, che personalmente ritengo di estrema importanza, effettuata a Perugia, ha in modo inoppugnabile confermato l�esistenza di una cellula che quantomeno si era organizzata per l�addestramento di persone che poi passavano alla pratica. Infatti, abbiamo riscontrato tracce di presenza, nell�ambito di questa cellula, di persone che abbiamo ritrovato in Iraq o in strutture ricettive della Siria, ai confini con l�Iraq, utilizzate per la sosta di persone destinate a combattere in quelle zone.

Abbiamo trovato molte �istruzioni per l�uso� riguardanti molti aspetti, dalla difesa fisica, perfino dal corpo a corpo, fino ad elementi chimici compatibili con la composizione di esplosivi. Devo dire che questo aspetto torna in maniera ricorrente negli ultimi attentati o progetti di attentati in altri Paesi, in Belgio come a Londra. Oggi non si usa tanto trasportare il tritolo o la dinamite o la bomba a mano per compiere l�attentato, ma si preferisce una miscela di prodotti che, singolarmente, sono legali e quindi in libera vendita, anche negli ipermercati. Il rinvenimento di filecon le istruzioni per l�uso di determinati prodotti chimici e il ritrovamento degli stessi in un contesto non rassicurante indubbiamente ci suggeriscono qualche idea investigativa e processuale.

Sul piano dell�ordine pubblico, dal 1ogennaio abbiamo avuto 3.734 manifestazioni che hanno interessato vari temi (pace, argomenti sindacali, occupazione, ambiente). Lo dico per sottolineare che 376.780 unit� delle forze di polizia sono state impiegate in questi mesi, fortunatamente senza incidenti significativi. Credo che una presenza non aggressiva e non massiccia delle forze di polizia possa ridurre la tensione che a volte si viene a  creare in piazza, come in un corto circuito che stiamo cercando di evitare; mi pare che negli ultimi tempi ci siamo riusciti.

Una particolare riflessione va fatta per le manifestazioni negli ambiti degli stadi, in genere quelle calcistiche. Come ho ricordato in altre occasioni, non ci siamo svegliati dopo l�omicidio di un ispettore a Catania. Negli ultimi cinque campionati, i feriti sono stati 5.388, di cui 3.831 tra le forze di polizia. Ci sono stati quasi 8.000 denunciati. Mi sembra un bollettino piuttosto preoccupante.

Ho incontrato qualche giorno fa un giovane vicequestore, che indossava vistosi Ray Ban scuri. Francamente non mi sembrava un modo elegante di porsi di fronte a un interlocutore. Mi hanno spiegato, per�, che aveva perso un occhio in occasione di scontri legati a una partita di calcio. Insomma, quando parliamo di feriti, non intendiamo soltanto referti che prevedono pochi giorni di cure - a volte persino incoraggiati per avere qualche giorno di riposo - ma anche di conseguenze serie. A tutto questo abbiamo opposto una fermezza che sta portando ad alcuni risultati. Devo dire che la flessione del numero dei feriti e degli incontri con incidenti � stata molto vistosa. Nel segmento del campionato di calcio successivo all�entrata in vigore della normativa introdotta con decreto-legge, da voi approvato e convertito, abbiamo picchi del 70-80 per cento di incidentistica in meno. � vero che il dato � viziato dalla circostanza che in alcune giornate del campionato in taluni stadi si � giocato a porte chiuse e che quindi non vi era la possibilit� di incidenti, tuttavia esso attualmente ci conforta. Su questa linea di fermezza, ma anche di apertura al gioco e allo spettacolo, ci stiamo muovendo.

Abbiamo parlato dell�incidenza dell�immigrazione clandestina sulla criminalit�. Cosa possiamo dire, invece, sull�immigrazione in generale? Parliamo spesso degli sbarchi e, in particolare, di Lampedusa. Dal 1ogiugno ad oggi ci sono stati 76 sbarchi e 3.165 sbarcati. L�anno scorso, nello stesso periodo, gli sbarchi erano stati 96 (numero decisamente maggiore) e gli sbarcati 4.312. Se paragoniamo il dato dall�inizio di quest�anno ad oggi, le persone sbarcate sono circa 5.200, rispetto ai 9.389 dello scorso anno, quasi il doppio. Evidentemente, con una memoria non sempre sufficiente lunga, quando il mare si fa bello ci agitiamo e tendiamo a drammatizzare; invece, dovremmo sempre valutare quello che accade confrontandolo con quello che accadeva. Diversamente sembrerebbe, al contrario di quello che � avvenuto, che abbiamo aperto le porte agli immigrati. Finora ho parlato di Lampedusa. Per quanto riguarda gli sbarchi su tutto il territorio nazionale, quest�anno abbiamo registrato il 22 per cento in meno rispetto all�analogo periodo dello scorso anno.

Quali commenti si possono fare? Quali caratteristiche diverse, rispetto al solito, presentano questi sbarchi? Innanzitutto, sono sempre pi� rare le cosiddette �carrette del mare�, mentre sono sempre pi� frequenti le piccole imbarcazioni, che non partono pi� tanto dalla zona di Zuara, in Libia, ma da litorali pi� vicini. Le imbarcazioni pi� grandi vengono evidentemente controllate meglio dagli organi di polizia e il rapporto di collaborazione con la polizia libica in proposito � molto intenso.

Le pressioni che quel Paese esercita su altri Paesi, che a loro volta producono immigrazione in Libia, non sempre raggiungono il risultato di arginare il fenomeno e di impedire viaggi verso l�Italia. Tali viaggi si vanno riducendo per quello che riguarda i cittadini del Marocco, dell�Egitto e della Tunisia, mentre aumentano per quello che riguarda Costa d�Avorio, Burkina Faso e Somalia. Questi sono fatti nuovi, cos� come � un fatto relativamente nuovo il verificarsi di sbarchi sempre pi� frequenti in Sardegna. Ricordiamo che, tradizionalmente, le regioni degli sbarchi sono state la Puglia, la Calabria e la Sicilia, mentre la Sardegna non era stata ancora toccata.

Gli immigrati che sbarcano in Sardegna provengono dall�Algeria e questo � un fenomeno sociale su cui indagare. Mi dicono, infatti, che in Algeria non si vive poi cos� male; quindi, questa generazione che  viaggia alla volta dell�Italia non sfugge alla fame, ma cerca l�avventura o cerca di stare meglio...

PRESIDENTE. Fanno percorsi molto pi� lunghi.

ANTONIO MANGANELLI, Capo della Polizia. Fanno percorsi molto pi� lunghi, ma vi � anche minore controllo alla partenza, come per tutti i fenomeni nuovi. (Commenti dell�onorevole D�Antona). Nel corso di quest�anno sono sbarcate sulle coste sarde 472 persone, identificate o identificabili, comunque di etnia algerina.

KHALED FOUAD ALLAM. Nel caso algerino all�origine dell�immigrazione pu� esservi un motivo etnico. Molti sono berberi, dal momento che in Algeria esiste un problema tra l�etnia araba e l�etnia berbera.

ANTONIO MANGANELLI, Capo della Polizia. Certo. � anche vero che per alcuni casi di terrorismo, come quelli che ho evocato prima, la spiegazione � anche �nazionale�, nel senso che riguarda il rapporto con il Governo del Paese di provenienza. Dall�offensiva di matrice nazionalista il passo verso l�Occidente � molto breve, tanto � vero che le preoccupazioni nel nostro Paese derivano dalle ragioni che abbiamo detto.

Per quanto riguarda lo spaccato dell�attuale situazione della sicurezza, potrei dire di aver concluso questa rapida carrellata. Mi sembra importante ribadire che dobbiamo fare i conti con il dovere di rassicurare il cittadino, che non passa soltanto attraverso la riduzione della criminalit� reale, ma anche attraverso la riduzione della percezione di insicurezza, assai diffusa. Ho notato che, negli ultimi anni, il cittadino ha cambiato percezione intanto di quello che � criminalit�, ritenendo a ragione criminali anche comportamenti che il codice penale non prevede come tali e che le forze di polizia non sono chiamate istituzionalmente a combattere. Gli atti di arroganza, di incivilt�, di aggressivit�, anche verbale aumentano oggi la diffusione della paura. E il cittadino oggi vive anche l�incivilt� come fatto di criminalit�. Ha modificato, altres�, anche la sua percezione delle forze di polizia: non pi� forze chiamate a costituire una sorta di scudo a difesa del cittadino dalla grande criminalit� e dal terrorismo, ma chiamate a tutelarlo nella vita di tutti i giorni (allo stadio, davanti alla scuola, sui mezzi di trasporto). Insomma, la gente tende a richiedere la polizia vicina, sotto casa. Credo che dobbiamo farci carico di questa esigenza.

Tra l�altro, il cittadino prima si avvicinava - ho ricordi da commissario - molto timidamente alla Pubblica sicurezza in genere, quasi non volesse sottrarre tempo, magari per una denuncia di poco conto, ad esempio di un furto in appartamento, che poi di poco conto non �, dal momento che questi episodi determinano un allarme che rimane per tutta la vita e che condiziona il cittadino colpito per il resto dell�esistenza. Comunque, il cittadino viveva il ricorso alle forze dell�ordine quasi come se stesse arrecando fastidio, rispetto alle cose pi� importanti di cui quelle forze, nella sua percezione, si dovevano occupare. Ora, invece, il cittadino si sente utente di un servizio, che pretende - come � giusto che sia - efficiente e tempestivo. Noi ci troviamo, quindi, a dover modulare la nostra attivit�, nonch� la formazione dei nostri poliziotti. Sono cambiate molte cose, sono stati introdotti nuovi termini. Io stesso ho parlato pi� volte di �prossimit� e utilizzo spesso termini come �partenariato�, �sicurezza partecipata� e via dicendo. Si tratta di termini nuovi cui i nostri poliziotti non erano abituati. Noi siamo stati formati nelle scuole che davano un�indicazione legata al capo, alla gerarchia, alla catena di comando, all�autorit� statuale. Guai, ovviamente, se si perdesse questa dimensione verticale, ma accanto a questa c�� una dimensione orizzontale.

Che cosa significa oggi task force? Che cosa significa partenariato? � proprio quello che noi stiamo praticando e a cui dobbiamo progressivamente abituarci, senza mai dimenticare che esiste una  gerarchia e una catena di comando. Il sistema si regge anche attraverso i comandi e la vigilanza sul rispetto degli stessi. Oggi comando significa riuscire a far condividere un progetto. Oggi non si riesce a comandare senza condivisione e senza persuasione. La condivisione � un aspetto che bisogna sapersi guadagnare attraverso la validit� di quello si fa.

Parlando di sicurezza partecipata, posso ricordare che la stiamo praticando molto. Parlo del partenariato con comuni (protocolli di legalit� e quant�altro), regioni, associazioni di categoria e di volontariato, ossia con il coinvolgimento delle forze sane della societ�, che - ciascuna nella propria dimensione e nelle proprie funzioni, senza confusione di ruoli - possono dare un contributo. L�ultimo esempio in ordine di tempo � la scelta dei patti per la sicurezza nelle grandi citt�. Noi stiamo investendo persone e ricevendo contributi per le nostre tecnologie. Si sta creando un circuito virtuoso nella combinazione tra identificazione dei bisogni di una comunit�, interpretazione degli stessi e azioni per soddisfarli. A questa operazione, che deve vedere in campo gli attori che operano in un�area (quindi la regione, la provincia e il comune), secondo me � dovuto il salto di qualit� che in questo periodo si sta realizzando.

Per fare tutto ci�, ovviamente, sono necessarie risorse umane, strumentali e finanziarie. Avete gi� avuto occasione, di recente, di affrontare questi temi, attraverso le audizioni tra cui quella del Ministro dell�interno che il 30 maggio scorso ha definito alcune esigenze. Il parco automezzi delle forze di polizia ha oltre il 50 per cento delle autovetture vecchio di oltre sette anni. Ora, � evidente che le nostre vetture personali di sette anni possono essere rimaste ferme per giorni, a volte mesi, che sono sempre state trattate con la necessaria cura e utilizzate il giusto, compatibilmente con la nostra vita privata. Le vetture delle forze di polizia, invece, sono �spremute�, dunque il nostro parco veicolare non � modernissimo. La situazione debitoria in relazione alle locazioni degli immobili � nota. Dal 2002 ad oggi si registra una situazione sicuramente non confortante, nel senso che non si riescono a pagare gli affitti. Per quel che riguarda i consumi cosiddetti intermedi - spese di funzionamento, carburante e quant�altro - negli ultimi anni, con l�eccezione del 2004, abbiamo avuto una sistematica riduzione.

Tutto questo dovrebbe far s� che noi, forze di polizia, ci rimbocchiamo le maniche. Abbiamo il dovere di economizzare, e lo stiamo facendo. Innanzitutto, stiamo razionalizzando l�aspetto organizzativo ed ordinamentale dell�amministrazione. Abbiamo chiuso delle scuole e in questo modo risparmiamo - ma questo incider� solo sui bilanci futuri - circa 15 milioni di euro. Quest�anno con la chiusura della scuola di via Casal Lumbroso a Roma abbiamo risparmiato 3 milioni 700 mila euro. I contenimenti della spesa, dunque, vi sono.

Con i patti della sicurezza, le regioni, le province e le citt� metropolitane si sono impegnate a mettere a disposizione finora oltre 35 milioni di euro. Pertanto, in questo partenariato stiamo anche sperimentando forme di contenimento della nostra situazione complessiva di difficolt�.

Naturalmente le riduzioni delle risorse sono superiori ai risparmi realizzati. Negli ultimi giorni, tuttavia, un�attenuazione di queste esigenze si � potuta ottenere attraverso un riparto di fondi a disposizione del Dipartimento della Pubblica sicurezza, corrispondente ad oltre 42 milioni di euro.

La Polizia, l�Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza hanno avuto 80 milioni di euro dei complessivi 100 (20 milioni sono andati ai Vigili del fuoco) da ripartire al loro interno.

FILIPPO ASCIERTO. Sono sufficienti?

ANTONIO MANGANELLI, Capo della Polizia. Sto parlando di boccate d�ossigeno, non di ripianamento. Abbiamo infatti una situazione debitoria di cui la legge e il nostro dovere morale ci impongono di occuparci. Solo per quanto riguarda l�affitto dei nostri immobili, la spesa � di gran lunga superiore a questi stanziamenti. Del resto, ovunque abbia  svolto la funzione di questore, sono sempre stato moroso con il proprietario. Pagare gli affitti darebbe maggiore dignit� alle forze di polizia.

Sul piano delle risorse umane, sono state previste dalla legge finanziaria 2.000 unit�, di cui 1.316 erano per� agenti ausiliari gi� in servizio, la cui assunzione � stata semplicemente formalizzata. Sono rimaste quindi solamente 684 unit�. Per il turn-over occorrerebbero 1.670 uomini per la Polizia di Stato e 1.670 unit� per l�Arma dei carabinieri. Al di l� della necessit� di accontentarsi di quanto si dispone, il turn-oversignifica anche ringiovanire. Vi sono reparti in cui l�et� media supera i 40 anni, laddove invece l�entrata in campo di un ventenne � utile a creare prospettive future. Il mio discorso tuttavia non vuole essere il lamento di chi pretende di pi�, perch� noi - Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Polizia di Stato - siamo abituati a farci bastare quello di cui disponiamo, cercando di economizzare e di razionalizzare, cos� come stiamo facendo in questo periodo. Con la chiusura di alcuni uffici che forse potevano essere considerati sovradimensionati e risparmiando in vari settori riusciremo dunque a recuperare 500 poliziotti. Il problema, tuttavia, non � tanto quello di accontentarci di quanto abbiamo - cosa che gi� facciamo con risultati positivi sotto l�aspetto investigativo e in altre espressioni dell�attivit� delle forze di polizia - quanto in prospettiva di ringiovanire il settore attraverso il fisiologico ricambio di uomini.

Mi fermo qui, dichiarandomi disponibile a rispondere alle vostre eventuali domande.

PRESIDENTE. Ringrazio molto il prefetto Manganelli per la completezza, la sintesi e la concretezza delle sue considerazioni.

DONATO BRUNO. Mi scuso, presidente, non volevo interromperla o prendere il posto dei colleghi. Mi pare che il prefetto Manganelli, che ringrazio e al quale rivolgo un augurio di buon lavoro, sunteggiasse una relazione. Vorrei sapere se possa fornirci, oltre al resoconto stenografico, anche la relazione.

ANTONIO MANGANELLI, Capo della Polizia. Grazie intanto per gli auguri. Per la verit�, ho una serie di appunti con me, non una relazione. Ho inoltre richiamato il rapporto sullo stato della sicurezza presentato dal Ministro dell�interno. Se ritenete opportuno che formalizzi in una relazione quanto detto, posso tranquillamente farlo.

DONATO BRUNO. Pensavo avesse una relazione pi� ampia.

PRESIDENTE. Come in altre occasioni, procederemo con interventi brevi. Invieremo poi il resoconto stenografico al capo della Polizia, che risponder� per iscritto in tempi brevi.

Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

GRAZIELLA MASCIA. Anch�io ringrazio il dottor Manganelli e mi limito a porre alcune questioni, perch� ciascuna delle questioni da lui affrontate meriterebbe alcune considerazioni, sia perch� � la prima volta che lo incontriamo, sia perch� gli elementi forniti sarebbero sufficienti per condizionare le valutazioni della politica e le misure da intraprendere. Il tema della sicurezza viene spesso affrontato con impeto ideologico e non con lo sforzo collettivo per trovare soluzioni.

Limiter�, pertanto, il mio intervento per sottolineare come primo elemento la considerazione circa il concetto di sicurezza e l�aspettativa della qualit� della vita delle persone. L�idea di sicurezza � definita da un insieme di questioni e ci� spiega anche l�aumento della percezione di insicurezza tra le persone. Ci� presuppone politiche articolate e non univoche.

Questo si ricollega ad altri due dati che lei ha sottolineato. Il primo riguarda l�incidenza degli immigrati, prevalentemente clandestini. Tale questione, legata anche alla relazione svolta pochi giorni fa dal capo del Dipartimento dell�amministrazione  penitenziaria (DAP) rispetto alla popolazione carceraria e alle sue modificazioni, richiede misure strutturali in termini legislativi, uscendo dagli schieramenti. Anche sul fronte sicurezza, � infatti interesse comune riconsiderare l�attuale legge sull�immigrazione e garantire a tutti la possibilit� di mettersi in regola e di accedere a condizioni di lavoro.

Il secondo elemento molto importante, che mi spinge a ritenere impossibile risolvere il problema della sicurezza solo attraverso una maggiore presenza delle forze dell�ordine, ma necessario perseguire una loro diversa presenza rispetto al passato, � l�incredibile aumento della violenza sulle donne e in famiglia, gi� sottolineato dal Ministro dell�interno. � chiaro che non si possono portare i poliziotti in casa e quindi le misure che possono essere adottate dalle istituzioni rispetto ai dati forniti, devono essere di carattere diverso e comprendono la presenza, una diversa organizzazione, una diversa modalit�, ma soprattutto misure legislative in grado di affrontare i problemi concreti e culturali delle persone. Bisognerebbe evitare quindi in futuro di ridurre queste discussioni in scontri pregiudiziali che non producono assolutamente nulla.

Avrei altre considerazioni da aggiungere su fenomeni quali le nuove BR. Mi piacerebbe successivamente avere modo di confrontarci sulla lettura di questi fenomeni attuali e su quelli passati. Desidero ricordare solo la questione venuta alla ribalta oggi per quanto riguarda le recenti esperienze di Villa Ada, che hanno una storia pi� lunga nel resto del Paese. Nel bresciano, nel bergamasco e nel nord in genere si registra la ripresa di numerosi fenomeni di violenza neofascista, piccoli rispetto a questioni pi� gravi, come quelle della criminalit� organizzata o di altri fenomeni pi� vasti, ma a mio avviso molto preoccupanti. Mi chiedevo se il fatto che non li avesse citati derivasse da un giudizio di non pericolosit�, oppure da semplice dimenticanza, per capire quale valutazione esprimiate rispetto alla pericolosit� di questo fenomeno e alla possibilit� che alimenti una temibile catena.

Oggi la ascoltiamo sulle questioni della sicurezza, tuttavia ritengo che sarebbe errato da parte mia tacere su un�altra questione. Ho letto una sua intervista, che ho apprezzato. Rispetto alle vicende di Genova, stiamo discutendo il testo base per istituire una Commissione di inchiesta. Nell�intervista lei affermava che avrebbe condiviso qualunque strumento si dovesse scegliere per fare chiarezza. Ho apprezzato questa sua dichiarazione, ma allo stesso tempo so che l�opinione pubblica, soprattutto quella che non ha conosciuto quei fatti, � stata molto colpita dalla lettura delle intercettazioni, che riportano dichiarazioni inquietanti, espresse da alcuni esponenti delle forze dell�ordine. Senza aprire una polemica, perch� su questa materia torneremo in modo compiuto, mi permetto di chiederle come sia organizzata oggi la formazione del vostro personale e se esistano elementi di novit� o un programma che connotino diversamente questa attivit� rispetto al passato.

GIANPIERO D�ALIA. Anche per quanto ci riguarda, rivolgiamo gli auguri di buon lavoro ed esprimiamo compiacimento per la nomina del prefetto Manganelli a Capo della Polizia, non per forma, ma per stima e per ragioni di carattere sostanziale.

Desidero porre in questa occasione non poche, ma sintetiche domande. La prima riguarda i fatti di Perugia, riferendomi ovviamente all�ultima, brillante operazione antiterrorismo. Vorrei sapere se vi risulti un legame o un�associazione tra questa informale moschea perugina e l�Unione delle comunit� e organizzazioni islamiche in Italia (UCOII).

La seconda domanda riguarda la questione degli incendi. Qualche giorno fa ho ascoltato un�intervista in cui il dottor Bertolaso, che, dopo essersi brillantemente cimentato nel fronteggiare i rifiuti a Napoli, si sta cimentando altrettanto brillantemente sulla vicenda degli incendi. Bertolaso legava il problema degli incendi in alcune zone del nostro Paese alla criminalit� organizzata. Vorrei sapere se possediate elementi in questo senso, soprattutto  per quanto riguarda le regioni del Mezzogiorno e a cosa sia funzionale tale fenomeno, giacch� deve esistere un obiettivo ed uno scopo.

La terza questione riguarda l�immigrazione. Lei ha fornito alcuni dati molto importanti, che non devono essere sottovalutati, con riferimento alla vicenda degli sbarchi, che notoriamente costituisce solo una piccola parte dell�immigrazione irregolare. � quella che colpisce di pi�, perch� viene vista in televisione, ma incide per circa il 10 per cento sul fenomeno complessivo dell�immigrazione irregolare. Lego il calo degli sbarchi a Lampedusa alla crescita di quelli sulle coste siciliane e ai nuovi fenomeni in Sardegna. Lampedusa � stato trasformata da �centro ibrido� in centro di prima assistenza, per cui, dopo la prima accoglienza e il soccorso, i migranti vengono trasferiti a Crotone, piuttosto che a Cosenza o in altri centri a seconda dello status accertato. Questo circuito, ormai rodato, scoraggia come meta preferita Lampedusa, ancorch� logisticamente e geograficamente utile e comoda soprattutto per chi viene dalle coste africane. Mi preme dunque sapere se il centro attuale risulti, nonostante il calo degli sbarchi, ancora insufficiente e inadeguato come era ieri - non � infatti una questione legata al Governo pro tempore - e a che punto siano i lavori per la realizzazione del nuovo centro, qualora ne abbia conoscenza, visto che anche a voi sarebbe utile saperlo per il lavoro �ingrato� che svolgete nel settore dell�immigrazione. Vorrei insomma conoscere i tempi di completamento del nuovo centro ubicato nell�area militare dismessa, che era stato programmato ed era in fase di realizzazione. Mi chiedo inoltre se potr� essere utile rispetto ad un�emergenza che comunque resta, sebbene sia calato il numero degli sbarchi e, quindi, il numero degli immigrati irregolari. Comunque, si tratta sempre di oltre 3.000 persone che vengono accolte in un centro che ha una capienza massima di duecento o trecento.

L�altra domanda riguarda la questione del terrorismo interno, in particolar modo la vicenda della manifestazione svoltasi all�Aquila e l�autorizzazione di quella manifestazione, in cui si sarebbero concentrati tutti gli elementi rappresentativi delle aree antagoniste, in parte contigue al terrorismo. Infatti, credo che la questione della solidariet� facesse riferimento a quella e ad altre manifestazioni. Vorrei conoscere, se possibile, la sua opinione anche su come possa incidere la scarcerazione di alcuni brigatisti definiti irriducibili, che non si sono pentiti, che non hanno avviato forme di collaborazione con lo Stato e che usciranno dopo aver scontato la pena loro inflitta.

Da ultimo, signor prefetto, anche se vorrei porle tante altre domande, mi limito a rivolgerle un quesito sulle risorse relative alla sicurezza. Nel decreto relativo al cosiddetto �tesoretto�, sono state affrontate alcune questioni riguardanti la sicurezza. Lei ha sottolineato come si tratti di una boccata d�ossigeno e non della soluzione del problema. La norma che riguarda le cosiddette riassegnazioni (norma sbagliata emanata nella passata legislatura) fa �circuitare� al Ministero dell�interno risorse che derivano da servizi resi dal Ministero stesso ad altri soggetti pubblici, determinando una decurtazione dello stanziamento per il Ministero dell�interno e per il dipartimento di circa 400 milioni di euro solo per l�anno in corso. Essa � stata modificata, ma solo per il 2007 e quindi non a regime. Vorrei conoscere la sua opinione in proposito.

Vorrei, dunque, che esprimesse una previsione di stima per l�anno prossimo - a noi servirebbe in sede di esame della legge finanziaria - delle risorse necessarie a ricondurre a una situazione di normalit� l�attivit� del vostro dipartimento. Considerando il fatto che sono state tagliate le somme per i centri di permanenza temporanea senza che sia stata approvata la preannunciata legislazione alternativa, ci troviamo nella paradossale situazione in cui il contrasto all�immigrazione clandestina � fermo. Manca infatti il nuovo sistema - sul quale possono esserci opinioni diverse -, ovvero la modifica della cosiddetta Bossi-Fini, e d�altro canto la finanziaria ha tagliato una serie di risorse  che riguardavano il completamento di alcuni centri di identificazione e la realizzazione di nuovi centri di permanenza temporanea. Tutto questo genera una situazione di stallo, poi scaricata sulle spalle degli operatori della sicurezza.

Ci piacerebbe avere un quadro delle previsioni finanziarie, utile affinch� a regime non si rilevino problemi di emergenza come quelli segnalati da lei e dal Ministro, nel corso della sua precedente audizione.

La ringrazio molto e le rinnovo i miei migliori auguri.

PRESIDENTE. Capisco l�interesse che ha suscitato la relazione del prefetto Manganelli, ma chiederei agli onorevoli di limitarsi a porre le questioni.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Anch�io nel manifestare un apprezzamento in ordine alla sua relazione, anche per le questioni poste in modo critico e aperto che indurrebbero a tante riflessioni, mi limito semplicemente, oltre che a rivolgerle gli auguri per il suo lavoro e per il suo incarico, a porre alcune domande in modo diretto, avendola anche conosciuta sul territorio e sul campo.

Tre questioni mi sembrano fondamentali. La prima riguarda i dati. Mi pare che siano stati compiuti progressi importanti soprattutto nella presentazione di dati per il lungo periodo, perch� sull�individuazione dei fenomeni di sicurezza occorre questo tipo di parametro per valutare scostamenti significativi.

Mi sembra di convenire sulla questione della percezione, che addirittura contraddice in qualche modo l�andamento effettivo. Potrei citare, ad adiuvandum, il caso Napoli, che sappiamo aver avuto un picco negli anni Novanta, non registrato dai media con la stessa enfasi con cui invece sono stati sottolineati alcuni reati nel 2006, sebbene in presenza di un loro calo. Mi chiedo quindi quali politiche di rassicurazione, anche in termini comunicativi, potrebbero essere attuate nei confronti dei cittadini da parte della Polizia, ma complessivamente del Dipartimento delle forze dell�ordine. Inoltre, mi chiedo se lei ritenga che alcuni dati, spesso noti solo agli addetti ai lavori, e iniziative assunte con successo sul territorio possano essere spiegati con strumenti comunicativi di diffusione ai cittadini, in grado di garantire una sensazione di vicinanza e di costante colloquio.

Un�altra questione riguarda la dimensione orizzontale da lei evocata. Concordo sui due aspetti (orizzontale-verticale), in modo da �coprire il piano�. Quanto alla dimensione orizzontale, vorrei sapere adesso, in qualit� di capo della polizia, quindi anche del Dipartimento, cosa ritenga di poter ulteriormente produrre, naturalmente sotto l�indirizzo del Ministero dell�interno, in termini di coordinamento, di risorse aggiuntive, di novit� di intreccio di politiche terriroriali in grado di alleggerire le funzioni delle forze dell�ordine. Si � parlato degli stadi, per cui si potrebbero trovare soluzioni, cos� come per quanto accade �sotto casa�, non solo nell�intento di garantire una sicurezza partecipata, ma addirittura inducendo gli enti locali a collaborare con soggetti in grado di creare sicurezza in senso lato, ampliando le potenzialit� (braccia, mani ed occhi) delle forze dell�ordine.

Vorrei sapere se, come capo della polizia, ritenga di poter dare un input innovativo, rafforzando maggiormente questo tipo di sperimentazione e di collaborazione. Poich� risponder� per iscritto, le chiederei inoltre, prefetto Manganelli, di considerare alcune proposte di legge, in particolare una di cui sono firmataria, esito di un lungo percorso che ha coinvolto tutti gli enti locali, sulle questioni del coordinamento delle politiche di sicurezza. Mi piacerebbe pertanto che lei esprimesse un giudizio non tanto di merito sull�articolato, ma complessivamente sull�approccio della sicurezza integrata.

JOLE SANTELLI. Nel ringraziare il prefetto Manganelli e nel formulargli i miei migliori auguri di buon lavoro, vorrei tornare a quel che mi � parso, al di l� delle dinamiche specifiche dell�attuale situazione della criminalit�, il cuore della  sua relazione, ovvero il concetto di sicurezza.

Alla percezione della sicurezza contribuiscono una serie di concause ed � evidente la �trasformazione� della Polizia anche attraverso modifiche normative e amministrative avviate nel tempo. Nel momento in cui, forse anche inconsapevolmente, sovrapponiamo il concetto di polizia a quello di riposta all�allarme sociale - anche normativamente dagli stadi alle strade, alla verifica della presenza di alcool nelle discoteche -, rischiamo forse di rendere l�ambito di operativit� delle forze di polizia talmente sproporzionato da non riuscire mai ad avere risorse sufficienti. Vorrei capire quindi quali siano realmente i compiti spettanti alle forze dell�ordine nell�ambito del concetto di sicurezza e quali quelli da attribuire ad altre istituzioni competenti. In questo caso, considerando la strada intrapresa anche negli accordi e nei protocolli di legalit� con gli enti locali, vorrei conoscere i paletti di differenziazione, visto che la sicurezza � compartecipata ed esiste una serie di cause. Vorrei sapere dunque cosa spetti rispettivamente alla Polizia e agli enti locali, quali siano soprattutto nelle grandi citt� i rapporti con la polizia municipale e quali riforme normative possano essere utilizzate per un miglior coordinamento e per una migliore efficacia di quelle strutture.

Passando ad altro, proceder� per salti per evitare di perdere tempo. Per quanto riguarda il rapporto fra forze dell�ordine e procure, il Ministro e il Viceministro dell�interno hanno ribadito come, nonostante l�allarme, l�azione risulti efficace perch� veloce e immediata. Esiste tuttavia un �burrone�, difficilmente colmabile perch� costituito da una serie di incidenze. Vorrei capire ora, a distanza di anni, come si articoli il rapporto tra forze dell�ordine e, nei vari passaggi, tra servizi, sezioni di polizia giudiziaria e procure. In particolare, soprattutto per le regioni del sud, vorrei conoscere il livello di operativit� delle strutture relative ai servizi specializzati, i rapporti con la Direzione investigativa antimafia e quanto la normativa sia eventualmente migliorabile.

Per quanto riguarda il rapporto tra clandestinit� e immigrazione, vorrei sapere se si stiano predisponendo strumenti per fronteggiare l�allarme derivante dall�arrivo in massa di rumeni nei nostri territori e quali strumenti di controllo e di prevenzione si possano adottare nel rispetto dell�attuale legge.

Desidero chiedere infine, ribadendo la richiesta del collega D�Alia, di quante risorse le forze di polizia, e nello specifico la Polizia di Stato, avrebbero bisogno per poter accompagnare un processo graduale di recupero di efficienza. Vorrei sapere anche se in tale contesto abbiate bisogno anche di modifiche normative o se il recupero di risorse possa essere attuato soltanto in termini amministrativi.

MARCO BOATO. Buongiorno, prefetto Manganelli. Mi associo al ringraziamento del presidente e dei colleghi per la sua presenza, anche anticipata rispetto alle previsioni, e formulo un augurio di buon lavoro per l�incarico ricevuto da poche settimane.

Credo che lei abbia fatto bene - aspetto che mi permette anche di essere sintetico nella domanda - a far riferimento al rapporto sulla sicurezza, recentemente presentato al Ministero dell�interno dal Ministro, dal Viceministro e da lei stesso. Tra l�altro, in tale occasione era presente anche il presidente e una rappresentanza di questa Commissione. Credo quindi che di questo dovremo tener conto, riconoscendo alla sua relazione odierna un carattere molto immediato e, sia pure nella formalit� dell�audizione, molto informale, aspetto che ho apprezzato per assenza di ritualit� rispetto a questo genere di interlocuzioni con il Parlamento.

Per quanto riguarda la questione da lei affrontata nell�ultima parte del suo intervento, tema che si ripropone da molte legislature, al di l� della differenza e del colore politico dei Governi, ovvero la questione delle risorse, ho apprezzato il modo in cui lei ha affrontato il tema con grande  senso di responsabilit�. Lo stesso senso di responsabilit� � stato dimostrato da questa Commissione, che, nell�approvare pochi giorni fa il parere sul DPEF, ha chiesto maggiore impegno sul terreno delle risorse solo per quanto riguarda il comparto della sicurezza.

Passo alle mie domande, che rappresentano una richiesta di approfondimento su temi che lei ha gi� affrontato, sapendo che lei fornir� risposte scritte. Il primo approfondimento riguarda quella che lei ha definito la dimensione orizzontale della cooperazione con il sistema delle autonomie, tema da lei affrontato anche sotto il positivo profilo delle risorse che possono derivarne, ma che riguarda anche la sicurezza partecipata, il partenariato, aspetti che lei ha giudicato positivamente rispetto al cambiamento dal rapporto tra le forze di polizia, la collettivit�, le istituzioni centrali e quelle locali e regionali.

Il secondo approfondimento riguarda un tema cui lei ha accennato, ma che � rimasto sfumato nella sua relazione, ovvero la questione della collaborazione tra forze di polizia sul piano internazionale, sotto il profilo sia della criminalit� organizzata, sia della problematica della riduzione dell�immigrazione clandestina e - aspetto in questo momento forse pi� importante (ma anche gli altri lo sono) - sia della capacit� di fronteggiare la minaccia del terrorismo di matrice internazionale. Lei ha giustamente citato la recente operazione di Perugia. Si tratta di un problema di grandissimo rilievo, sebbene fortunatamente - la fortuna non � dovuta solo al destino, ma anche alle capacit� preventive, investigative e operative - il nostro Paese non sia stato finora oggetto di attentati di terribile gravit� come quelli che hanno colpito gli Stati Uniti d�America, la Spagna e il Regno Unito. Ritengo che questo aspetto della collaborazione sul piano internazionale rispetto al terrorismo di matrice internazionale sia un tema di grandissimo interesse.

L�ultima domanda riguarda un argomento fondamentale per il suo duplice ruolo di Capo della Polizia e di responsabile del Dipartimento della pubblica sicurezza che, ai sensi della legge del 1981, ha responsabilit� di coordinamento delle altre forze di polizia. Per quanto concerne le vicende del G8 di Genova del 2001, accennate dalla collega Mascia - sulle quali non possiamo chiederle nulla, in quanto all�epoca non ricopriva nessuna funzione - sei anni fa emersero le enormi difficolt� di coordinamento delle forze di polizia. Al di l� degli episodi specifici, che non sono oggetto di questa audizione, il tema del coordinamento tra le forze di polizia - che si pone istituzionalmente a partire dal 1981, anno in cui una legge lo affronta in modo sistematico e organico, per cui a lei compete anche questa seconda (o prima) responsabilit� - ha grandissima importanza in quanto riguarda l�efficienza e l�efficacia, ma anche il razionale utilizzo di risorse cui lei ha fatto riferimento.

Non mi dilungo su questo tema, sul quale si potrebbe discutere a lungo, perch� devo limitarmi a porre le domande e chiederle la cortesia di approfondire questo argomento.

FILIPPO ASCIERTO. Le auguro �in bocca al lupo� per il futuro, ma lei viene da un�esperienza sul campo, per cui non avr� problemi nel corso della sua attivit�, se non quelli che possono essere causati da noi o dalle esigue risorse a disposizione.

Abbiamo parlato di aumento delle rapine, senza fare riferimento all�indulto, che ritengo ne sia una delle cause. Il 40 per cento di coloro che hanno usufruito dell�indulto ormai sono tornati in carcere, mentre il restante 60 probabilmente non si sta comportando correttamente, ma non � stato ancora preso. Ritengo sia una questione di tempo.

La collega Santelli ha accennato in precedenza al grosso problema dei rumeni e dei Rom nelle nostre citt�. In Austria un rumeno che ha fatto saltare un bancomat per appropriarsi del denaro � stato condannato a 12 anni, che avrebbe scontato l� se, grazie a un accordo tra Austria e Romania, non fosse stato mandato ad espiare la pena nel suo Paese di origine.

Esiste una direttiva europea su cui ha lavorato la Commissione presieduta dal presidente Frattini. Vorrei sapere se lei ritenga valida anche per l�Italia l�impostazione gi� in atto in Austria e se ritenga opportuno consigliare al Ministero di siglare un accordo europeo per creare grandi ed attrezzati campi nomadi in Romania in cui ospitare i Rom con ogni garanzia.

La ringrazio per aver posto la questione del nord sull�immigrazione clandestina. Le citt� del nord sono in forte sofferenza e il 60 per cento dei reati commessi sono opera di immigrati clandestini. Molti di questi reati riguardano soprattutto lo spaccio di sostanze stupefacenti. Alcuni clandestini che spacciano sono stati raggiunti da provvedimenti di espulsione, ma vorrei chiederle per quale motivo oggi non si riesca effettivamente ad espellere un extracomunitario. Mancano i voli, i CPT, gli uomini?

Vorrei sapere se lei ritiene un�iniziativa praticabile la collaborazione degli enti locali all�espulsione dei clandestini che abbiano commesso un reato, qualora ovviamente dessero disponibilit�. A tal proposito, nell�ultima finanziaria � stata approvata una norma che prevede la possibilit� per gli enti locali di concorrere alla sicurezza, considerando anche i patti che si stanno realizzando tra le varie citt�. Vorrei invitare il capo della Polizia, se lo ritiene, a rendere protagoniste anche le regioni, coinvolgendole in questi patti, giacch� dispongono delle risorse necessarie e alcune, come Veneto e Lombardia, addirittura di un assessorato alla sicurezza.

Un�altra questione riguarda la percezione della sicurezza stessa. Lei ha sottolineato la necessit� di rassicurare il cittadino e di far crescere in lui la percezione della sicurezza. Concordo con lei, riconoscendo l�esigenza di avvicinare sempre pi� il poliziotto e i cittadini. Per questo avevamo lanciato l�esperimento del poliziotto di quartiere. Si rileva per� anche l�altro problema, sul quale vorrei conoscere la sua opinione, di un personale piuttosto sfiduciato non dall�organizzazione, ma da un contratto la cui fase di definizione si sta concludendo presso il Dipartimento della funzione pubblica. Sono in corso trattative per aumenti che al massimo raggiungeranno cifre di 10 euro al mese, umilianti per chi indossa una divisa.

Lei ha citato il problema del parco auto, ma faccio notare che per quanto concerne la benzina esistono, a quanto mi consta, limitazioni chilometriche quando si intraprende un servizio. Non parliamo poi delle divise, delle tecnologie, della formazione. Per quanto riguarda gli affitti, vorrei ricordare che nell�ultima finanziaria del Governo Berlusconi furono stanziati 150 milioni di euro come ultima tranche per gli affitti. Vorrei sapere se ritenga opportuno seguire la strada di uno stanziamento ad hoc per gli affitti, onde evitare di sottrarre risorse agli altri capitoli.

Quello del terrorismo internazionale � un discorso da affrontare in altra sede. Non si pu� limitare la libert� di esprimersi sotto il profilo religioso, ma se le moschee rappresentano un problema perch� vi avviene la diffusione dell�integralismo, la mappatura e soprattutto il controllo di alcune di esse diventano, con un gioco di parole, �fondamentali�per evitare fondamentalismi.

OLGA D�ANTONA. Mi unisco ai colleghi per porgerle, prefetto Manganelli, il mio saluto e il mio augurio di buon lavoro. Dalla sua relazione sono venute alcune indicazioni sulle linee da seguire per quanto riguarda l�immigrazione e il collegamento tra immigrazione clandestina e tipologia di reati, aspetto che ci conforta nel perseguire una linea a favore di un�immigrazione regolare.

Per quanto riguarda la percezione che i cittadini hanno della sicurezza, alcune recenti inchieste rilevano come essa sia disomogenea nel Paese e spesso non in relazione alla realt� dei crimini subiti. Ritengo che non siano da sottovalutare, sebbene riguardino soltanto il 3 per cento del totale, le rapine negli appartamenti e quanto esse influiscano sul livello di insicurezza. La casa � il luogo (la �tana�) in cui ogni cittadino vorrebbe sentirsi sicuro, per cui non si pu� sottovalutare questo  aspetto. La percezione di insicurezza in questo senso � comprensibile.

In parte le domande che desideravo porle sono state gi� state formulate da altri colleghi, in modo particolare dall�onorevole Mascia.

Un particolare allarme � stato destato dalla manifestazione di solidariet� rispetto agli arresti dello scorso febbraio per quanto riguarda i brigatisti di Seconda posizione. Constatare come queste manifestazioni di solidariet� escano allo scoperto ci allarma profondamente, cos� come i fatti del 29 giugno a Villa Ada, sui quali lei ha avuto modo di esprimersi. Cos� come il Gramigna � il luogo di riferimento rispetto alla solidariet� con il terrorismo di sinistra, ci chiediamo se il centro sociale di via Montebuono a Piazza Vescovio sia in qualche modo collegabile ai fatti di Villa Ada, che lei ha avuto modo di definire ....

FILIPPO ASCIERTO. Ce ne sono tanti!

OLGA D�ANTONA. S�, certamente, comunque io dico la mia! Come dicevo, chiedevo se quell�episodio sia collegabile alle frange squadriste. Si innesca una guerra per bande che la nostra generazione ha gi� visto e sappiamo a quali danni abbia portato. Ad esso sono infatti seguiti - mi riferisco a Roma perch� � la mia citt� - i fatti di Casal Bertone, per cui ci preoccupa l�avvio di una spirale di violenza, di vendette e di scontri per bande. Vorrei chiederle quindi se lei, prefetto, ritenga opportuno chiudere questi centri sociali o invece se sia meglio avere la possibilit� di identificare i luoghi in cui queste persone si incontrano per garantire maggior controllo e una via di indagine. Sono domande che ci poniamo e alle quali pu� essere data risposta solo da chi abbia maturato un�ampia esperienza sul campo.

Ho trovato assolutamente allarmante anche che, in merito alla violenza negli stadi, si parli di 8.000 denunciati, che rappresentano un esercito. Vorrei quindi chiederle se la privatizzazione della sicurezza negli stadi possa favorire la sicurezza stessa e quali misure...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole D�Antona, proprio stamattina questa Commissione, congiuntamente con la VII, ha espresso il parere su un documento del Governo che riguarda la sostituzione della polizia con gli steward all�interno degli stadi.

OLGA D�ANTONA. Grazie. Oggi stesso comunque dovrei avere risposta da parte del Governo sui fatti di Villa Ada rispetto ai quali avevo presentato un�interpellanza.

Non riguarda l�audizione di oggi, ma lei ha fatto riferimento ad esempio all�impegno delle forze di polizia nelle manifestazioni e al loro ruolo di contenimento per evitare momenti di violenza. L�onorevole Mascia faceva riferimento ai fatti di Genova che hanno rappresentato una pagina oscura nella storia della sicurezza nel nostro Paese, per cui mi auguro che quanto prima sia fatta luce su quegli episodi, che possono rappresentare un�ombra sulle nostre forze di polizia, laddove invece riteniamo dovuto un rapporto di grande amicizia e solidariet� tra cittadini e forze di polizia. I cittadini debbono considerare le forze di polizia loro amiche e preposte alla loro protezione, per cui riteniamo doveroso chiarire i fatti di Genova e individuare le eventuali responsabilit�.

Mi associo all�onorevole Mascia nel chiedere, anche relativamente a certe, sgradevoli intercettazioni telefoniche, quale sia la formazione garantita affinch� gli errori di pochi non gettino ombra sul lavoro onesto, coraggioso e leale della maggioranza.

GIACOMO STUCCHI. Naturalmente mi associo nel formulare gli auguri di buon lavoro al prefetto Manganelli per l�importante incarico che � stato chiamato a ricoprire.

La questione della percezione della sicurezza o dell�insicurezza � una grande tematica che riguarda tutti noi, compresi i deputati. A me � capitato di subire una �visita non programmata� (un furto in casa) qualche anno fa. La sensazione che si vive pu� indurre, come nel mio caso, a  decidere di cambiare appartamento, perch� non ci si sente pi� sicuri nemmeno in una casa costruita appositamente per viverci tutta la vita. Immagino dunque la sensazione di persone pi� anziane costrette a vivere questo tipo di esperienza, che si vedono private di ricordi particolarmente cari, a prescindere dal loro valore economico. Questo � un dato su cui tutti dobbiamo ragionare e concentrare la nostra attenzione, perch� si tratta di una sensazione molto diffusa, che a volte prescinde anche dal mero aspetto economico.

Il collega Ascierto ha trattato della problematica dell�indulto con considerazioni che condivido, soprattutto per quanto riguarda le zone �ricche� del nord e gli effetti di questa legge sulla microcriminalit�, riscontrabili sia nella pratica che nei dati.

Le volevo porre tuttavia due questioni puntuali. La prima riguarda la polizia di frontiera, specialmente negli aeroporti. Ho presentato qualche settimana fa un�interrogazione, perch� ad esempio nella mia zona di provenienza, la provincia di Bergamo, l�aeroporto ha circa 4 milioni di passeggeri all�anno e un quinto degli addetti della polizia di frontiera rispetto ad esempio all�aeroporto di Lamezia Terme, che ha un ottavo dei passeggeri. Secondo l�opinione di tutti i sindacati di polizia, questo implica l�impossibilit� di garantire un adeguato controllo, necessario soprattutto quando si tratta di accessi sul territorio nazionale.

Ci� potrebbe essere riferito anche al rapporto tra popolazione e forze dell�ordine, giacch� numerose zone del Paese, quali ad esempio Bergamo e Treviso, oggetto anche di risoluzioni presentate negli anni passati nel corso di pi� legislature in questa Commissione, soffrono di una carenza. particolare. Vorrei sapere quindi se sia previsto un piano di riequilibrio territoriale per quanto riguarda la collocazione delle forze dell�ordine, giacch� si tratta di interventi condivisi anche dai questori di riferimento territoriale, dai prefetti e dai comandanti provinciali della Polizia. Esiste la volont� di considerare la problematica in modo globale e di dare risposte a tutti i territori, sapendo che spesso quelli pi� �ricchi� non sono isole felici, ma anzi quelli pi� appetibili per un certo tipo di criminalit�?

Affronto un�ultima questione. Mi interesserebbe capire la strategia operativa che lei intende perseguire. Personalmente non credo molto negli interventi spot e considero sbagliato rincorrere le emergenze, che talvolta diventano tali perch� finiscono sulle prime pagine dei giornali, a differenza di fatti drammaticamente eclatanti. Mi riferisco ad esempio agli incidenti causati dalle persone che guidano in stato di ebbrezza, piuttosto che a quanto accaduto al povero ispettore Raciti, o alla questione dei rumeni minori che imperversano nella stazione centrale di Milano. Ritengo invece opportuno adottare una strategia operativa che garantisca sempre risultati adeguati, cosicch�, di fronte a situazioni del genere, si possa intervenire solo con interventi aggiuntivi, che possono comunque trasmettere all�opinione pubblica la sensazione di maggiore attenzione verso la problematica verificatasi in modo cos� cruento. Tuttavia, tali interventi dovrebbero essere soltanto aggiuntivi rispetto alla strategia adottata, in grado di per s� di dare certezze di sicurezza e di tutela ai cittadini.

� molto importante tenere alto il livello della strategia operativa per prevenire, obiettivo fondamentale delle forze dell�ordine.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Ringrazio anch�io il prefetto Manganelli per questa esposizione cos� chiara e logica del percorso intrapreso, grazie alla quale siamo riusciti a capire la strategia e la situazione in cui stiamo vivendo.

Ho molto apprezzato le sue considerazioni sulla sicurezza come diritto dei cittadini e dovere delle istituzioni. Possiamo convenire per� sul fatto che non si possa accrescere la percezione della sicurezza, assecondando le paure, n� tantomeno utilizzando strumenti che tendano ad esacerbarle, come accade spesso. In particolare, mi riferisco alla questione dei patti per la sicurezza e alla questione della  partecipazione degli immigrati irregolari nei crimini da lei descritti.

Per quanto riguarda questa partecipazione, cui i giornali hanno dato molto risalto e di cui la questione dei patti rappresenta una risposta, sono state utilizzate statistiche riguardanti la percentuale di denunce e quella di immigrati carcerati. Per quanto concerne le denunce, sottolineo come un denunciato non sia necessariamente un condannato. Il dato � dunque eloquente, ma non esaustivo. Inoltre, ricordo che il 65 per cento degli stranieri nelle carceri � in attesa di giudizio. Nelle carceri di quasi tutti i Paesi le minoranze sono sovrarappresentate, non solo in quelle italiane; per questo esiste la necessit� di analizzare tale informazione. Non voglio minimizzare, perch� i dati che lei ci ha fornito sono allarmanti. Manca tuttavia il nesso fra l�irregolarit�, che � una condizione amministrativa, e il compimento di reati. La differenza fra irregolare e irregolare � una scelta politica, perch� un Governo con una sanatoria pu� rendere regolare chi oggi � irregolare, come dimostra il fatto che la stragrande maggioranza degli immigrati regolari siano stati irregolari. In questo Paese il sistema di regolarizzazione � rappresentato dalle sanatorie, viste le nostre politiche di ingresso.

Mi chiedo quindi se questi fatti delittuosi - che portano alla denuncia e alla presenza nelle carceri - non rientrino pi� in un ambito legato alla condizione di irregolare che a reati effettivamente compiuti. � necessario infatti valutare questo passaggio che manca.

Sempre mantenendosi nell�ambito della percezione, pi� che dei fatti concreti, a livello di mass media, ma conseguentemente anche di istituzioni, si rileva una tendenza ad una criminalizzazione generalizzata che mette allo stesso livello questioni che spaziano dallo spaccio di droga alla vendita ambulante. Dal punto di vista comunicativo tali fattispecie vengono considerate allo stesso modo e spesso ci� accade anche per quanto riguarda i fermi.

Per quanto riguarda la questione dei patti per la sicurezza, i contenuti differiscono a seconda delle citt� che li hanno firmati; tuttavia in tutti � presente un comune denominatore: sono patti anti-immigrati, anti-tossicodipendenti. Sono �anti�,, anche nei confronti degli ambulanti e di aspetti poco gradevoli, cui tuttavia non necessariamente corrisponde un�incidenza significativa dal punto di vista della devianza. Mi sembra che essi evidenzino la volont� di assecondare una percezione distorta rispetto alla reale situazione di pericolo.

Considero terribilmente allarmante il dato del 29 per cento di omicidi in famiglia, su cui non stiamo facendo molto, nell�impossibilit� di siglare patti per la sicurezza all�interno delle mura domestiche.

Infine, pongo la questione dei fermi di polizia. Ritengo infatti che debba essere riconosciuto il diritto alla dignit� delle persone, anche se sospettate di delinquere, visibilmente sporche, ubriache o drogate. I fermi di polizia dovrebbero quindi rispettare la dignit� delle persone, indipendentemente dalla condizione o dall�eventualit� che siano devianti. Vorrei sapere quale azione formativa sia attualmente realizzata dalla Polizia sotto questi aspetti.

KHALED FOUAD ALLAM. Anch�io mi associo agli auguri che le hanno gi� rivolto per il suo nuovo incarico, prefetto Manganelli, e la ringrazio per la sua relazione molto esauriente.

La lotta contro il terrorismo di matrice islamica richiede personale altamente qualificato, perch� ci sono problemi di ordine culturale e linguistico; si va dall�arabo, al farsi, all�urdu, a tutte le lingue veicolo della religione islamica. Vorrei sapere se incontriate difficolt� nel reclutamento di personale altamente qualificato, ovvero analisti, specialisti di informatica araba e di lingue che appartengono al ceppo delle lingue orientali. Dalla recente relazione del suo collega, il prefetto responsabile del SISDE, si evinceva infatti una preoccupante difficolt� nel reclutamento. Vorrei sapere quindi se la difficolt� di reperire questi analisti sia rilevabile a livello curricolare, finanziario o legislativo-giuridico.

Vorrei porle un�altra domanda legata ad un�esperienza da me maturata qualche tempo fa con il suo Ministero. Ho infatti lavorato nel Comitato per la redazione della Carta dei valori della cittadinanza e dell�integrazione. Quando abbiamo posto il problema della traduzione di questa Carta in varie lingue, per il francese, l�inglese, lo spagnolo e il tedesco non sono emersi problemi, mentre sembrava impossibile reperire traduttori di lingua araba, cinese e di altre lingue meno diffuse in Italia in seno al Ministero dell�interno. Mi sto chiedendo se non sarebbe opportuno modernizzare e agevolare la questione linguistica, che appare centrale nei dati informativi in un�epoca di globalizzazione e modernizzazione, costituendo eventualmente una sorta di ufficio centrale della traduzione che colleghi direttamente o indirettamente i diversi ministeri interessati. Non ritengo difficile reperire materiale umano, perch� potrei suggerire alcune persone, che ho anche formato. Oggi alcuni ragazzi italiani sono quasi bilingue, perch� conoscono perfettamente la lingua araba. Potrei citare anche altri colleghi che hanno formato studenti, oggi studiosi italiani, che conoscono perfettamente il cinese. Si tratta certamente di un problema strutturale e finanziario.

In ultimo, vorrei conoscere lo stato della cooperazione del vostro Ministero con i Ministeri degli interni dei diversi Paesi arabi, non tanto per quanto riguarda l�analisi dell�esistente, quanto per sapere, secondo la sua esperienza e il suo progetto nell�ambito delle sue nuove funzioni, che cosa sarebbe opportuno aggiungere o innovare per rendere pi� razionale la cooperazione fra l�Italia e i Paesi arabi.

CINZIA DATO. Vorrei ringraziarla, prefetto Manganelli, e rivolgerle le mie congratulazioni e i miei auguri di buon lavoro.

Desidero porle alcune domande, che comprendono anche qualche suggestione. Lei ci ha fornito i dati relativi alla popolazione immigrata carcerata (denunciata o colpevole), ma sarebbe anche interessante avere una percentuale - ponderata in rapporto alla popolazione - degli immigrati vittime di crimini, perch� questo � un dato fondamentale. Dobbiamo garantire la sicurezza a tutti coloro che vivono nel nostro territorio nazionale e per quanto riguarda alcune fattispecie brancoliamo nel buio.

Personalmente sto partecipando ad azioni volte a fare chiarezza sul fenomeno della tratta degli esseri umani, sul quale sembrano mancare dati e conoscenze sufficienti. Poich� si incrocia con una serie di altri aspetti inquietanti, vorrei sapere come sia possibile ottenere dati pi� chiari al riguardo.

Stiamo lavorando a un testo di legge relativo al dramma delle persone scomparse - di queste vite sospese - e lo stesso Ministro Amato ha citato un dato corrispondente a circa 8.000 casi l�anno, cifra che, se confrontata con le 5.000 vittime di incidenti stradali, evidenzia quanto il fenomeno sia inquietante. Nel progetto di legge sono contenute alcune misure, tuttavia ci chiediamo il motivo di una insoddisfacente esistenza di banche dati o, forse, del coordinamento delle forze che si occupano di queste materie.

Ci troviamo di fronte al vissuto di famiglie, rappresentato da vivaci associazioni, che denunciano come i congiunti dello scomparso, che si rivolgono magari ai Carabinieri, non trovino un team organizzato che comunica al suo interno. Vorrei sapere quindi se sia possibile, anche riguardo a fattispecie particolari di reati, organizzare un migliore collegamento tra le forze dell�ordine - laddove il problema della comunicazione e del collegamento dei team non � solo internazionale - in grado non solo di rendere pi� efficace la vostra azione, ma anche di rasserenare notevolmente il cittadino.

� interessante quanto da lei rilevato a proposito sia della percezione della sicurezza del cittadino sia dell�importante aspetto della partecipazione, che rientra nella teoria ormai datata (espressa da diverso tempo, ma poco praticata) dell�amministrazione condivisa. Sempre meno decisioni possono essere prese e rese efficaci senza la partecipazione attiva dei cittadini.

L�esempio pi� banale � la raccolta differenziata, che lei inserisce nell�ambito della sicurezza.

A questo proposito, vorrei sapere se sia per la percezione dell�insicurezza - che diventa un fattore di allarme sociale, quindi di insicurezza ulteriore - sia per la capacit� di cooperazione del cittadino con le forze dell�ordine, non sia possibile agire in termini di comunicazione pubblica. Abbiamo fondi allo scopo adoperati maldestramente, spesso da ministri che si fanno pubblicit�, anzich� promuovere un�utile comunicazione pubblica. Mi chiedo dunque se non si potrebbe realizzare una vostra interazione con altri ministeri e istituzioni per utilizzare efficacemente i fondi della comunicazione pubblica in azioni volte sia a tranquillizzare sia a mobilitare, responsabilizzare e indirizzare l�azione del cittadino in cooperazione con la vostra. Le chiedo dunque se sia opportuna un�azione specificatamente parlamentare a sostegno di un�ipotesi di questo tipo. Poich� dunque la sicurezza � un fenomeno di tale allarme sociale che riguarda la partecipazione e la percezione del cittadino, � questo uno degli ambiti verso cui prioritariamente bisognerebbe indirizzare questi fondi e queste azioni.

Da ultimo, lei, signor prefetto, ha segnalato come in questo periodo sia cresciuto il fenomeno delle droghe pesanti requisite. Vorrei quindi chiederle se l�attuale legge, avendo creato confusione tra le varie sostanze stupefacenti, abbia magari avuto l�effetto di rendere preferibile, a parit� dei rischi, l�immissione di droghe pesanti sul mercato e quindi se essa sia collegata ai vostri sequestri.

PRESIDENTE. Vorrei solo sottolineare un problema gi� riscontrato altre volte. Ritengo che, come evidenziato anche dall�intervento del Capo della Polizia, emerga l�esigenza che questa Commissione, in fase di esame della legge finanziaria, presti particolare attenzione alla questione delle risorse. Ci assumiamo un impegno comune a maggioranza e opposizione affinch� su questo punto si realizzi un�iniziativa condivisa.

Ringrazio il capo della Polizia per il contributo offerto. Considerati i successivi impegni della Commissione, nonch� il numero e la complessit� delle questioni poste, ritengo opportuno, d�intesa con il prefetto, che egli risponda per iscritto ai quesiti posti - sar� inviato il resoconto stenografico dell�audizione - compatibilmente con i suoi impegni, ma, se possibile, in tempi contenuti.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 14,10.


 

 

 

 


 

 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

6.

 

 

Seduta di LUNEd� 30 LUGLIO 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle ore 15,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione del comandante generale della Guardia di finanza, generale Cosimo D�Arrigo.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione del comandante generale della Guardia di finanza, generale Cosimo D�Arrigo.

Secondo le nostre abitudini, do immediatamente la parola al generale per la relazione, cui seguiranno le questioni poste dai colleghi.

COSIMO D�ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero anzitutto ringraziarvi per l�invito a questa audizione, che offre l�occasione di illustrare il contributo della Guardia di finanza sullo stato della sicurezza nel Paese. Desidero descrivere la sostanza e la peculiarit� dell�apporto sviluppato dai reparti del Corpo per la tutela dell�ordine e della sicurezza pubblica, comunque sotto l�alta direzione del signor Ministro dell�interno.

Tenuto conto delle tematiche di maggiore interesse per i lavori della Commissione, cos� come indicate nella delibera di approvazione dell�indagine, articoler� la mia relazione su tre punti: preliminarmente, richiamer� i tratti salienti della missione istituzionale della Guardia di finanza, con particolare riguardo ai compiti specifici di concorso al mantenimento dell�ordine e della sicurezza; successivamente, fornir� uno spaccato dell�andamento della criminalit� nei settori tradizionalmente riconducibili alla competenza specialistica della Guardia di finanza, ossia ai fenomeni connessi al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, alla contraffazione e alla pirateria, alle scommesse clandestine, al gioco d�azzardo, ai traffici di sostanze stupefacenti ed all�immigrazione clandestina, alla criminalit� organizzata, al riciclaggio, all�usura ed al finanziamento del terrorismo; illustrer�, quindi, dati di situazione aggiornati sull�impiego delle risorse umane, finanziarie e strumentali, senza trascurare un accenno alle riforme pi� recenti di semplificazione e di snellimento della struttura organizzativa dei reparti.

Per evitare di appesantire il discorso, ho preferito sintetizzare al massimo gli argomenti, e nello stesso tempo fornire  alla Commissione i dati di analisi dei vari punti mediante apposite schede illustrative, che consegno agli atti.

Il primo punto riguarda la missione istituzionale e il ruolo di concorso alla tutela dell�ordine e della sicurezza pubblica.

La Guardia di finanza � una forza di polizia ad ordinamento militare che ha competenza generale per la prevenzione e la repressione di tutti gli illeciti economici e finanziari. La missione istituzionale, fissata dalla legge-base n. 189 del 23 aprile 1959, da ultimo attualizzata dal decreto legislativo n. 68 del 19 marzo 2001, si pu� schematizzare in cinque aree omogenee: la finanza pubblica e l�economia, riferite alle funzioni primarie ed autonome di polizia economico-finanziaria espletate dal Corpo; la sicurezza, i servizi a richiesta e la difesa, identificativi degli ulteriori settori concorsuali e comprimari.

Pi� in dettaglio, l�area della finanza pubblica -cui ci si riferisce quando si parla di �polizia finanziaria� - si compone di due segmenti, le �entrate� e le �uscite�, nei quali vengono fatte confluire, rispettivamente, le gi� citate attivit� di contrasto all�evasione fiscale e di controllo della spesa pubblica. Analogamente, l�area dell�economia - identificata dall�espressione �polizia economica� - � scomposta nei segmenti del �mercato dei capitali� e del �mercato dei beni e dei servizi�.

Questi quattro comparti rappresentano la missione primaria ed esclusiva del Corpo, sancita dall�articolo 2 del decreto legislativo n. 68 del 2001. Di contro, nel settore della sicurezza vengono annoverate sia le funzioni di polizia giudiziaria svolte con riguardo ai reati non rientranti nei settori della finanza pubblica e dell�economia, quali il traffico di sostanze stupefacenti e l�immigrazione clandestina, sia le attivit� di concorso al mantenimento dell�ordine e della sicurezza pubblica. Infatti, l�articolo 16 della legge-base n. 121 del 1o aprile 1981 prevede che la tutela dell�ordine e della sicurezza sia affidata, in via prioritaria, alle due forze di polizia a competenza generale, ossia alla Polizia di Stato e all� Arma dei carabinieri, ed in termini di concorso permanente alla Guardia di finanza, cui si aggiunge il concorso eventuale del Corpo di polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato. Il Ministero dell�interno ha emanato, nel tempo, una serie di direttive di coordinamento dei compiti e delle attivit� specificamente demandate alle singole forze di polizia. In particolare, il decreto del Ministro dell�interno del 28 aprile 2006, sul riassetto dei comparti di specialit� delle forze di polizia, da ultimo, ha valorizzato il ruolo di polizia economica e finanziaria del Corpo, in relazione alle funzioni esercitate dalle altre forze di polizia e favorendo il riassorbimento di alcune aree di possibili sovrapposizioni, nell�ottica di consentire un equilibrato recupero di risorse per le esigenze generali della sicurezza pubblica. Quello che ho appena esposto � il preambolo del decreto del Ministro dell�interno.

In conclusione, sul punto, vorrei rimarcare che il ruolo istituzionale della Guardia di finanza nel comparto �sicurezza� ruota intorno a quattro principi di base, posto che: anzitutto, la Guardia di finanza concorre alla tutela dell�ordine e della sicurezza pubblica, la cui responsabilit� � affidata, in via principale, alla Polizia di Stato e all�Arma dei carabinieri, quali forze di polizia a competenza generale, sotto l�alta direzione e il coordinamento del Ministro dell�interno; in secondo luogo, il coinvolgimento della Guardia di finanza nei servizi di ordine e sicurezza pubblica in posizione non paritetica rispetto alle altre forze di polizia deriva, oltre che da specifiche disposizioni legislative, dalla necessit� di assicurare l�adempimento dei primari compiti istituzionali che i reparti del Corpo sono chiamati a svolgere per espressa volont� del legislatore e dell�autorit� politica; in terzo luogo, tra i compiti primari e quelli concorsuali affidati all�Istituzione esiste una naturale sinergia, tenuto conto che spesso l�espletamento dei primi innesca indagini nei confronti di organizzazioni delinquenziali, ben radicate sul territorio e con forti proiezioni  internazionali, in grado di mettere a repentaglio anche l�ordine e la sicurezza interna. Per tale ragione, nel caso della Guardia di finanza, l�ordine e la sicurezza nazionale trovano tutela anche attraverso le attivit� di polizia fiscale ed economico-finanziaria, a tutela degli interessi nazionali e comunitari; con riferimento alle competenze, � necessario �utilizzare�razionalmente le capacit� professionali e le risorse del Corpo nei settori di precipuo interesse istituzionale, nonch� nel contrasto dei traffici illeciti via mare, in virt� della significativa consistenza della componente aeronavale e delle avanzate caratteristiche tecnologiche dei mezzi in dotazione.

PRESIDENTE. Mi scusi, preferisce che abbiano il testo anche i colleghi per seguire meglio?

COSIMO D�ARRIGO,Comandante generale della Guardia di finanza. S�, certamente.

PRESIDENTE. Lo facciamo avere subito.

COSIMO D�ARRIGO,Comandante generale della Guardia di finanza. Posso anche interrompere un attimo.

PRESIDENTE. No, pu� continuare.

MARCO BOATO. Vorrei chiedere di leggere pi� lentamente.

PRESIDENTE. Ma una volta che lei ha il testo davanti, il problema � superato.

COSIMO D�ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. Passando ora al secondo capitolo del mio intervento, desidero premettere che le strategie d�impiego delle risorse umane, finanziarie e logistiche per l�assolvimento dei suddetti compiti istituzionali sono fissati ogni anno, sulla base degli obiettivi assegnati dal Ministro dell�economia e delle finanze mediante la direttiva generale per l�azione amministrativa e per la gestione. In tale quadro, i piani di azione varati negli ultimi anni per l�attivit� operativa del Corpo, sulla base degli indirizzi impartiti dall�autorit� di Governo e dal Parlamento, danno risalto a tre priorit� strategiche, incentrate su: la lotta sistematica e decisa all�evasione fiscale ed all�elusione, in tutte le loro manifestazioni; il contrasto alla criminalit� economica, per ricercare e reprimere i fenomeni di inquinamento della criminalit� nel sistema produttivo; il potenziamento del controllo economico del territorio, al fine di contrastare il lavoro nero ed irregolare, l�immigrazione clandestina, il gioco illegale, il contrabbando ed i traffici illeciti internazionali.

Il secondo e il terzo obiettivo programmatico impattano direttamente sulle attivit� di concorso della Guardia di finanza al mantenimento dell�ordine e della sicurezza pubblica, per cui � su questi due settori che si concentrer� nel prosieguo la mia attenzione, al fine di tracciare un punto di situazione aggiornato.

Tratter� separatamente i vari aspetti.

Il contrabbando di tabacchi lavorati esteri � un fenomeno transnazionale di grande pericolosit� sociale, economica, finanziaria e fiscale, in grado di turbare l�ordine e la sicurezza pubblica, sottrarre ingenti risorse al bilancio nazionale e a quello dell� Unione europea e di finanziare in modo rilevante l�attivit� delle organizzazioni criminali, in ragione degli ingenti profitti accumulati. Dopo un periodo in cui il contrabbando di tabacchi ha avuto una notevole flessione, determinata dall�inasprimento delle sanzioni e da un pi� efficiente impiego delle risorse, il fenomeno fa registrare, negli ultimi anni, un sensibile incremento - in particolare, in Campania - come dimostrano anche i dati riferiti alle persone segnalate all�autorit� giudiziaria e ai sequestri effettuati. Si tratta, tuttavia, di livelli di gran lunga inferiori a quelli evidenziati negli anni Novanta, che hanno visto, in particolare, il territorio pugliese investito da gravi fatti di criminalit�. Le sigarette di contrabbando sequestrate nell�ultimo triennio ammontano complessivamente a  460 tonnellate, cui si aggiungono altre 60 tonnellate di tabacchi confezionati con marchi contraffatti, bloccate ultimamente nei porti di Gioia Tauro e Taranto. Sono ovviamente di provenienza cinese, come tutte le altre contraffazioni. Va rimarcato che il contrabbando di tabacchi lavorati esteri non � pi� una attivit� fraudolenta posta in essere solo o quasi esclusivamente in Italia, ma, da tempo, ha conosciuto un indice esponenziale di crescita in tutta l�Unione europea e, in particolare, in quegli Stati caratterizzati da un pi� elevato livello di incidenza fiscale: Regno Unito in primis, ma anche Francia, Olanda, Germania e Belgio. Il nostro Paese, oltrech� mercato di consumo di tabacchi, � interessato dal menzionato traffico illecito soprattutto quale area di transito, anche a causa della sua posizione centrale nel bacino del Mediterraneo.

I principali canali che alimentano il contrabbando di tabacchi lavorati esteri interessano: l�Europa orientale e, in particolare, l�Ucraina; il Medio Oriente; la Cina e, pi� in particolare, il Sud est asiatico, da dove proviene soprattutto, come avevo gi� detto, il prodotto contraffatto.

I tabacchi sono introdotti in Italia, in via preminente, con modalit� �intraispettive�, cio� attraverso i varchi doganali, scortati da documentazione materialmente o ideologicamente falsa, da parte di organizzazioni nostre, italiane, polacche, ucraine, cinesi, nord-africane, talvolta in stretta connessione tra loro. Le investigazioni sono state orientate, altres�, sulla rete Internet perch�, come si � potuto accertare, viene utilizzata sovente per la vendita di prodotti da fumo di contrabbando.

Alla luce di tale quadro di situazione, il livello di attenzione dei reparti viene mantenuto costantemente elevato, attraverso un�intensificazione delle attivit� di �intelligence� e della cooperazione internazionale con i Paesi d�origine, di transito e di destinazione finale dei flussi del contrabbando.

Il fenomeno dell�industria del falso ha fatto registrare negli ultimi anni un salto in avanti di dimensioni esponenziali. Basti pensare che i sequestri di prodotti recanti i marchi di fabbrica contraffatti, da parte della Guardia di finanza, sono triplicati, passando da 34 milioni di pezzi del 2003 a 90 milioni nel 2006. Quest�ultimo dato, peraltro, � superiore alla somma dei sequestri operati dalle dogane di tutti i Paesi dell�Unione europea nel 2005, ammontante a 75 milioni di pezzi, quindi, molto brava la Guardia di finanza, ma anche in presenza di un mercato straordinariamente in espansione.

Si tratta indubbiamente di cifre oggettive che danno l�idea delle dimensioni preoccupanti del mercato del falso che, nel nostro Paese, sta erodendo spazi sempre pi� ampi, provocando danni enormi al sistema economico e sociale, a causa delle connessioni della contraffazione con l�evasione fiscale e contributiva, con lo sfruttamento del lavoro nero ed irregolare, con il favoreggiamento e l�utilizzo dell�immigrazione clandestina, con i rischi gravi per la salute dei consumatori provocati da medicinali, generi alimentari o ricambi meccanici falsificati e insicuri.

Rilevanti sono, altres�, gli interessi e le ingerenze della criminalit� organizzata, sia endogena che straniera, data l�alta redditivit� dei traffici a fronte di investimenti finanziari abbastanza contenuti.

Sono noti, peraltro, i caratteri tipicamente transnazionali del fenomeno: secondo alcuni studi del Ministero dello sviluppo economico, circa il 70 per cento della produzione mondiale di merci contraffatte proviene dal Sud-est asiatico (Cina, Corea e Taiwan), destinate per il 60 per cento nell�Unione europea. Il restante 30 per cento proviene, invece, dal bacino mediterraneo, specie, ahim�, dall�Italia, dalla Spagna e dalla Turchia.

Dato questo scenario, l�approccio dell�azione di contrasto alla contraffazione ed alla pirateria si � ispirato ad una strategia operativa condivisa a livello interforze, nata dal confronto tra gli esperti delle forze di polizia, dell�Associazione nazionale dei comuni d�Italia e della  SIAE, riuniti in un gruppo di lavoro istituito dal Dipartimento della pubblica sicurezza nel 2004.

L�obiettivo � quello di esercitare il controllo del territorio mirando alla ricostruzione della filiera del falso, al fine di colpire le organizzazioni a monte che gestiscono i canali d�importazione, i centri di produzione, di stoccaggio e di distribuzione delle merci fino alla fase finale della vendita al pubblico, che viene effettuata non solo dagli ambulanti, questo sarebbe nulla, (abusivi e non) sulle vie cittadine, ma anche attraverso l�e-commerce illegale e la rete dei negozi regolari, ove la merce contraffatta � offerta fraudolentamente alla clientela accanto a quella originale.

Di fronte a questa realt�, la Guardia di finanza, in quanto polizia economica e finanziaria, ha rafforzato i servizi di controllo del territorio, in termini sia quantitativi che qualitativi. E infatti: gli interventi repressivi sono aumentati del 43 per cento negli ultimi quattro anni, passando da 11.400 del 2003 a 16.300 del 2006; la strategia operativa adottata ha portato nel biennio pi� recente all�individuazione e alla chiusura di 300 opifici e laboratori clandestini di merce contraffatta, nonch� al sequestro di 2.700 carichi di container intercettati nella fase del trasporto verso i luoghi di destino, a cui si aggiungono 2.100 depositi scoperti in capannoni, magazzini, appartamenti privati, nonch� a valle il controllo di oltre 22.300 ambulanti ed esercizi commerciali verbalizzati; le investigazioni di polizia giudiziaria sviluppate per i contesti pi� rilevanti hanno portato alla denuncia all�autorit� giudiziaria, sempre nel biennio 2005-2006, di 1.900 persone per associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione, di cui 145 tratti in arresto; pi� in generale, le persone verbalizzate per contraffazione nell�ultimo biennio sono state circa 30 mila, di cui il 37 per cento di nazionalit� italiana, il 21,4 per cento senegalese, il 9,1 per cento cinese ed il 4,8 per cento marocchina (seguono tutti gli altri con percentuali via via pi� basse, ma il dato importante, ahim�, � quello dell�Italia); i prodotti sequestrati dai reparti del Corpo corrispondono al 90 per cento del totale nazionale del 2005 e 2006; si tratta, infatti, di 165 milioni di pezzi, aventi un valore stimato di mercato pari a circa 640 milioni di euro.

Concludo sul punto, con due riflessioni prospettiche. La prima, serve a sottolineare che il fenomeno della contraffazione provoca nei cittadini, a livello di sicurezza percepita, un alto fattore di rischio di turbativa alla civile convivenza: prova ne sia il fatto che, come gi� avvenuto frequentemente nei comitati provinciali per l�ordine e la sicurezza pubblica, anche da parte dei sindaci delle citt� metropolitane, con le quali il Ministro dell�interno ha stipulato recentemente i patti per la sicurezza, � emersa nettamente una richiesta di rafforzamento della lotta alla contraffazione, alla pirateria e al connesso abusivismo commerciale, per cui il Corpo ha assunto l�impegno di collaborare pi� intensamente con le altre forze dell�ordine e con le polizie municipali, sotto il coordinamento dei prefetti, nell�ambito dei piani coordinati di controllo del territorio.

Inoltre, rammento che, in accordo con il Ministro dell�istruzione, onorevole Giuseppe Fioroni, � allo studio un progetto denominato �Educazione alla legalit� rivolto ai discenti delle scuole secondarie di secondo grado. Si tratta di lezioni e dibattiti, tenuti anche a cura di ufficiali e ispettori della Guardia di finanza, che riguarderanno, tra l�altro, i comportamenti legali da assumere con riferimento alla contraffazione dei marchi e alla pirateria audiovisiva, nonch� i rischi derivanti dall�uso di Internet.

La seconda riflessione � pi� tecnica, posto che l�attuale normativa penale in materia di contraffazione risulta scarsamente efficace e presenta un livello di deterrenza della pena molto relativo; per questo motivo, sono in corso degli approfondimenti specifici da parte di un tavolo di lavoro attivato dall�Alto commissariato per la lotta alla contraffazione che avanzer� presto al Ministero per lo sviluppo  economico specifiche proposte legislative basate sull�esperienza delle forze di polizia e delle istituzioni coinvolte.

L�attivit� di organizzazione e gestione di giochi, scommesse e concorsi pronostici � riservata all�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) con la quale il Corpo intrattiene stabili rapporti istituzionali - sia per il contrasto del gioco irregolare e clandestino, sia in ordine all�individuazione e condivisione delle linee strategiche e normative - al fine di garantire la tutela dei correlati interessi finanziari e la protezione del comparto dalle infiltrazioni criminali. Tali sinergie hanno consentito di conseguire, nell�ultimo triennio, un costante trend di crescita dei risultati.

Infatti, gli interventi in flagranza di illeciti sono aumentati del 66 per cento tra il 2004 e il 2006 ed hanno portato a sequestri complessivi di 28.800 videopoker ed apparecchi di intrattenimento di genere vietato, nonch� di 2.100 terminali informatici di raccolta non autorizzata di scommesse da parte di bookmaker stranieri, con l�oscuramento altres� di 765 siti Internet utilizzati per il gioco d�azzardo on line. Le cifre in gioco dimostrano l�importanza di questo fenomeno, che per la sua alta redditivit� e diffusione presenta rilevanti profili di infiltrazione della criminalit� organizzata. Basti pensare che il mercato dei giochi e delle scommesse ha visto crescere nel 2006 il volume della raccolta complessiva delle giocate fino a 35 miliardi di euro, con corrispondenti entrate erariali di 6,7 miliardi.

L�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, al riguardo, nell�ultimo rapporto annuale, ha sottolineato che l�incremento di 20 miliardi nella raccolta di gioco tra il 2003 e il 2006 deriva essenzialmente dalla emersione dall�illegalit� di quote significative di gioco che in passato erano incanalate sui videopoker vietati, nonch� dal parziale recupero delle scommesse �in nero� convogliate irregolarmente verso operatori esteri non autorizzati.

I traffici di stupefacenti costituiscono una delle maggiori fonti di profitto delle organizzazioni criminali, che vanno ad alimentare �l�industria del crimine� interna ed internazionale.

Il fattore economico legato al reimpiego dei capitali accumulati e dei relativi flussi finanziari assume, pertanto, una rilevanza criminogena centrale e rappresenta l�aspetto fondante dell�impegno della Guardia di finanza nel settore.

L�attivit� dei reparti del Corpo finalizzata a contrastare questa piaga criminale si sviluppa su tre direttrici convergenti, che fanno leva: sui controlli dei movimenti di merci e passeggeri ai confini terrestri ed aeroportuali, nell�esercizio dei compiti storici di polizia doganale; sulla vigilanza aeronavale dei confini marittimi, nel contesto della pi� ampia azione di controllo del territorio esercitata sul mare per prevenire, ricercare e reprimere i traffici illeciti di contrabbando, di stupefacenti ed armi, l�immigrazione clandestina ed altri reati; infine, sul piano investigativo, mediante le indagini di polizia giudiziaria sviluppate soprattutto dalle unit� specializzate antidroga dei nuclei di polizia tributaria, spesso in collaborazione con organi collaterali, tese a disarticolare le compagini criminali, aggredendole sul versante penale e patrimoniale, per interrompere l�alimentazione dei canali di riciclaggio.

Complessivamente, nell�ultimo triennio i reparti del Corpo hanno effettuato sequestri di oltre 54 tonnellate di stupefacenti ivi comprese 8 tonnellate di cocaina - che adesso va, purtroppo, a prezzi stracciati a Roma -, 4 tonnellate di eroina e 38 tonnellate di hashish e marijuana.

Il trend del fenomeno risulta in crescita, in quanto non si registrano battute di arresto malgrado la ferma e determinata azione di contrasto delle forze di polizia. Un esempio di questa evoluzione allarmante � quello dato dallo spaccio di cocaina, ove si pensi che i 3.114 chilogrammi sequestrati dalla sola Guardia di finanza nel 2006 rappresentano il picco pi� alto dei consuntivi degli ultimi dieci anni, che sopravanza del 50 per cento la media del decennio.

Per questo motivo, l�impegno dei reparti rimane molto elevato, come testimoniano i dati delle relazioni annuali elaborate dalla direzione centrale dei servizi antidroga del Ministero dell�interno. Da tali documenti risulta, infatti, che la Guardia di finanza ha intercettato nell�ultimo triennio circa il 70 per cento della cocaina, l�80 per cento dell�eroina e il 55 per cento dell�hashish e marijuana sequestrati complessivamente a livello nazionale.

Come ha avuto modo di spiegare il signor Ministro dell�interno nel corso dell�audizione davanti a questa Commissione parlamentare il 20 giugno scorso, l�immigrazione � un tema epocale, di grande allarme sociale, che ha assunto connotazioni di altissimo rischio per la vita dei migranti. In questo quadro, occorre considerare che secondo le analisi del Dicastero dell�interno circa il 60 per cento dei flussi di immigrati irregolari e alimentato dagli overstayers, ossia dagli stranieri che entrano regolarmente in Italia e vi permangono dopo la scadenza del visto o dell�autorizzazione di soggiorno; il 25 per cento giunge, invece, illegalmente da altri Paesi dell�area Schengen, approfittando dell�abolizione dei controlli alle frontiere interne; il restante 15 per cento giunger via mare, partendo dalla Libia e dal nord Africa, con mezzi assolutamente inadatti e pericolosi per la traversata, fino a Lampedusa e alle coste della Sicilia, nonch� ultimamente anche sulle coste della Sardegna.

La responsabilit� prioritaria per questo settore della sicurezza pubblica � attribuita, come noto, alla Polizia di Stato, che la esercita avvalendosi dell�apposito comparto di specialit�. La Guardia di finanza, come confermato dal Ministro dell�interno con il decreto del 28 aprile 2006, concorre ai servizi di polizia di frontiera, nell�esercizio dei propri compiti di polizia economica e finanziaria, sia in corrispondenza dei confini terrestri e marittimi, sia all�interno del territorio nazionale. Ci� avviene in connessione con i servizi di controllo economico del territorio che i reparti del Corpo sviluppano quotidianamente ai fini soprattutto della lotta alla contraffazione, ai traffici illeciti internazionali e al lavoro nero e/o irregolare.

Circa le interrelazioni tra i fenomeni della contraffazione e dell�immigrazione ho gi� riferito poc�anzi. Qui mi preme aggiungere che anche i legami tra economia sommersa e immigrazione risultano molto stretti, alla luce dell�esperienza operativa della Guardia di finanza. Infatti, nell�ultimo triennio, a fronte di 93 mila lavoratori in nero e irregolari identificati dalle pattuglie del Corpo durante gli accessi presso cantieri edili, laboratori tessili, manifatturieri, alberghi, bar, ristoranti ed altri settori del terziario, quasi il 20 per cento (18 mila persone) era formato da immigrati extracomunitari, provenienti dal Marocco, Cina, Albania, Croazia ed altri Paesi in misura minore.

A questo punto, resta da dire dell�impegno notevolissimo della flotta aeronavale, formata da 348 unit� navali e 99 velivoli, mediante la quale la Guardia di finanza: assicura, nel mare territoriale (12 miglia dalla costa) e nella �zona contigua� (ulteriori 12 miglia), una funzione, prevista dal decreto ministeriale del luglio 2003 del Ministro dell�interno, di coordinamento dei mezzi navali delle forze di polizia e degli altri organi coinvolti (Marina militare e capitanerie di Porto); concorre ai piani coordinati interforze di controllo delle frontiere marittime, predisposti dai prefetti delle province di confine; partecipa a numerose iniziative comunitarie assunte dall�Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell�Unione europea (Frontex).

Un particolare significato strategico assume, in questo quadro, il rapporto di partenariato instaurato dal Ministero dell�interno con l�Agenzia Frontex nel settore della formazione del personale, in forza del quale la Scuola di Cesena della Polizia di Stato e il Centro aeronavale di specializzazione di Gaeta della Guardia di finanza hanno assunto il ruolo di poli europei di addestramento degli operatori  delle forze di polizia dei Paesi membri, ai fini del contrasto dell�immigrazione clandestina.

Ricordo, inoltre, che, dal mese di agosto 2006, l�Istituzione, la Guardia di finanza, partecipa alle missioni �HERA� in favore della Spagna, per intercettare i flussi migratori clandestini sulle coste del Senegal e della Mauritania verso le Isole Canarie.

Pi� in concreto, l�attivit� complessivamente svolta dai reparti del Corpo nell�ultimo triennio ha portato all�individuazione di 37.600 cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, con l�arresto di 1.500 trafficanti e soggetti inottemperanti ai decreti di espulsione, nonch� con il sequestro di 379 mezzi navali e terrestri.

La Guardia di finanza, in virt� sia dei compiti attribuiti dal quadro normativo vigente, sia dello specifico patrimonio professionale, � chiamata a contrastare la penetrazione di interessi illeciti nel sistema economico, perseguendo l�obiettivo primario di incidere sui flussi di �denaro sporco� e di privare le organizzazioni criminali delle risorse economiche.

L�azione del Corpo � cos� orientata prioritariamente verso l�aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati e viene rivolta al contrasto di varie manifestazioni della criminalit� economica, quali il riciclaggio, l�usura, la tutela dei mezzi di pagamento, l�infiltrazione criminale nel sistema degli appalti pubblici.

Tale strategia di intervento si declina in tre indirizzi operativi, tra loro correlati: sequestrare e confiscare i beni delle organizzazioni criminali e dei loro appartenenti; disarticolare le reti di riciclaggio; prevenire l�utilizzo del sistema finanziario per finalit� di riciclaggio.

� questo un campo d�azione contiguo e interattivo con il contrasto all�evasione fiscale, poich� spesso i due fenomeni hanno radici comuni: infatti, il possesso di patrimoni e capitali di valore sproporzionato alle attivit� economiche svolte da soggetti �a rischio� individuati mediante azione di intelligence e di controllo economico del territorio pu� derivare, all�origine, dal riciclaggio o dal reinvestimento di proventi illeciti oppure da semplice evasione di redditi occultati al fisco.

Alcune volte le due causali non sono alternative, ma concorrenti, come avviene - ad esempio - sempre pi� spesso nel settore delle frodi dell�IVA e dei contributi comunitari, ove i gruppi criminali organizzati architettano complessi giri di fatture false, bilanci gonfiati e utilizzo di societ�-schermo, teste di legno e rapporti con Paesi off-shore per evadere il fisco, incassare indebitamente rimborsi IVA e aiuti finanziari, che poi reinvestono in altre attivit� illecite o imprenditoriali.

Da qui deriva l�importanza delle indagini sui flussi finanziari e patrimoniali che permeano sempre i controlli di polizia tributaria dei reparti del Corpo, diretti ad incidere sui fenomeni pi� gravi di evasione sostanziale, di frode o di ingerenza della criminalit� economica ed organizzata nel sistema produttivo. In altri termini, le verifiche della Guardia di finanza non si fermano all�ispezione contabile basata sulle normali tecniche di audit e di revisione aziendale, ma vanno oltre per ricostruire con le metodologie tipiche di una forza di polizia i flussi di capitali e di ricchezze, per finalit� sia fiscali sia di contrasto al riciclaggio ed al reinvestimento di proventi illeciti.

Con riferimento specifico all�attivit� volta a privare le organizzazioni criminali della loro ricchezza, la Guardia di finanza, nel triennio 2004-2006, ha eseguito investigazioni economiche, patrimoniali e finanziarie nei confronti di 5.100 persone fisiche ed 800 persone giuridiche, formulando all�autorit� giudiziaria proposte di sequestro di beni, poi eseguite in concreto, per un valore di oltre 2 miliardi e 300 milioni di euro. Si tratta di consuntivi di tutto rilievo, ove si consideri che i sequestri del 2006, per 1 miliardo di euro, costituiscono il picco pi� alto degli ultimi dieci anni.

In questo quadro rientrano due piani mirati di intervento promossi, nel 2006, dal Ministro dell�interno per contrastare la recrudescenza della criminalit� in Campania e in Calabria. In particolare, nell�ambito  del Patto per la sicurezza di Napoli e delle citt� della provincia, la Guardia di finanza ha rafforzato il dispositivo investigativo per l�aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali, specialmente avuto riguardo alle ingerenze nei settori della contraffazione e dei traffici internazionali. Tra le operazioni portate a termine in tale contesto, � emblematico un ingente sequestro patrimoniale eseguito dal nucleo di Napoli, lo scorso mese di giugno, su disposizione del tribunale di S. Maria Capua Vetere, nei confronti di un imprenditore legato ad esponenti apicali di alcuni clan camorristici con l�acquisizione di immobili e disponibilit� finanziarie per 103 milioni di euro.

Per quanto attiene alla regione Calabria, la Guardia di finanza ha provveduto a: rafforzare i servizi di controllo della spesa pubblica e di contrasto delle frodi di finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo economico e sociale; incentivare il controllo del territorio e le investigazioni finanziarie e patrimoniali nelle zone della Locride e di Lamezia Terme, per la lotta all�usura, all�estorsione e al riciclaggio; partecipare ai �desk interforze� assieme a DIA, Polizia e Carabinieri, preordinati all�aggressione dei patrimoni delle cosche nelle province di Catanzaro, Reggio Calabria e Crotone, mediante lo svolgimento coordinato di indagini patrimoniali.

La risposta data dai reparti sul campo � stata davvero massiccia e ha portato, nell�ultimo triennio: a sequestrare patrimoni, ai sensi della normativa antimafia, per 54 milioni di euro; ad accertare truffe di contributi alle imprese, ai sensi della legge n. 488 del 1992, con la denuncia all�autorit� giudiziaria di 1.200 persone per illecita percezione di contributi pari a 500 milioni di euro (di cui 200 bloccati prima dell�erogazione ed altri 60 recuperati mediante sequestri di beni di valore equivalente); a denunciare 2 mila persone per responsabilit� per danni erariali pari a 380 milioni di euro.

La lotta al riciclaggio da parte della Guardia di finanza � frutto di una forte strategia di prevenzione e repressione, tesa ad incidere sui flussi monetari e sui patrimoni illeciti intercettandoli prima del reinvestimento nel sistema economico legale. A testimonianza di ci�, l�analisi degli esiti delle indagini sviluppate dai reparti evidenzia un costante trendin crescita del numero delle indagini concluse e delle persone denunziate, nonch� un forte incremento degli importi e dei valori oggetto di riciclaggio.

Infatti, le investigazioni hanno consentito, tra il 2004 e il 2006, di segnalare all�autorit� giudiziaria circa 2.600 soggetti, di cui 370 tratti in arresto, con il sequestro di quasi 500 milioni di euro di beni e disponibilit� economiche, e l�accertamento dei flussi finanziari reinvestiti pari a 200 milioni di euro.

Si tratta di risultati di rilievo, l� dove si consideri che secondo le statistiche del Ministero della giustizia, il 60-70 per cento dei procedimenti penali per riciclaggio e reati connessi sono frutto delle indagini della Guardia di finanza a seguito dell�approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette.

Ci� conferma la validit� e la centralit� del sistema antiriciclaggio disciplinato dalla legge-base n. 197 del 5 luglio 1991, in base al quale gli intermediari finanziari prestano una collaborazione attiva alla prevenzione del lavaggio del denaro sporco, inviando segnalazioni mirate di operazioni sospette all�Ufficio italiano dei cambi, che poi le analizza e attiva il Nucleo speciale di polizia valutaria e la Direzione investigativa antimafia, per il successivo approfondimento e riscontro investigativo dei singoli casi. In questo settore, il Nucleo valutario e i nuclei di polizia tributaria delegati hanno sviluppato, nell�ultimo quinquennio, le indagini innescate da 31.500 segnalazioni sospette.

Dagli accertamenti sono emersi: 3.700 violazioni amministrative alla legge n. 197 del 1991, in gran parte riconducibili al divieto di trasferimento di denaro contante per importi superiori a 12.500 euro; 670 fattispecie penali, specialmente dovute all�omessa istituzione da parte degli intermediari dell�archivio unico obbligatorio ed alla omessa o incompleta identificazione  dei clienti; 333 casi di riciclaggio o reimpiego di proventi illeciti, con la denuncia di 450 persone.

Per quanto attiene, invece, al contrasto all�usura, l�azione della Guardia di finanza parte dalla considerazione che il fenomeno usurario, oltre a rappresentare un metodo particolarmente utilizzato dalle organizzazioni criminali per assicurarsi canali occulti di riciclaggio e costanti approvvigionamenti di denaro, costituisce un efficace strumento per acquisire il controllo dell�impresa usurata. Per questo motivo, parallelamente allo svolgimento di indagini di iniziativa o delegate dall�autorit� giudiziaria, le unit� operative prestano particolare attenzione alle verifica del rispetto dei limiti relativi al tasso di interesse usuraio, nonch� della normativa sulla trasparenza dei rapporti con la clientela.

Per dare un�idea della situazione attuale, accenno soltanto che nell�ultimo triennio la Guardia di finanza ha mantenuto un trenddi risultati di servizio in lieve ma costante crescita, e ci� seppure sia stata registrata nel 2006 una contrazione delle denunce delle vittime di usura.

Complessivamente, sono stati effettuati sequestri di beni immobili e disponibilit� finanziarie pari a 100 milioni di euro, con denunce per usura indirizzate all�autorit� giudiziaria a carico di 1.300 soggetti.

A completamento del quadro dei servizi a tutela del mercato dei capitali, evidenzio infine che nell�ultimo triennio: le indagini condotte in materia di reati finanziari hanno portato alla denuncia di 145 persone per insider trading ed aggiotaggio, nei cui confronti sono stati effettuati sequestri di conti bancari e disponibilit� finanziarie per oltre 3 miliardi di euro; gli accertamenti per i reati fallimentari hanno determinato la segnalazione alle procure della Repubblica di quasi 4 mila persone per bancarotta, di cui 401 tratte in arresto, con sequestri per oltre 230 milioni di euro; le investigazioni per i reati bancari hanno comportato la denuncia di oltre mille persone per abusivo esercizio dell�attivit�, di cui 53 sottoposte ad arresto; il contrasto alla falsificazione di euro ha condotto alla denuncia di oltre mille persone ed al sequestro di valuta e titoli per un importo complessivo di quasi 700 milioni di euro.

L�uso del circuito finanziario da parte delle organizzazioni terroristiche, per autofinanziarsi tramite la raccolta e il reimpiego di capitali anche ingenti, costituisce un concreto fattore di rischio non solo per il proliferare delle cellule di gruppi armati nelle varie parti del globo, ma anche per la destabilizzazione della trasparenza, della solidit� e della correttezza dei movimenti di denaro e valori nel circuito economico legale.

Nello specifico settore, il Corpo provvede all�espletamento delle attivit� di contrasto del terrorismo sotto il profilo finanziario, la cui responsabilit� generale � attribuita al Ministero dell�economia e delle finanze, presso il quale � stato istituito il Comitato di sicurezza finanziaria, organismo collegiale di coordinamento a livello nazionale che, presieduto dal direttore generale del Tesoro, si avvale anche dell�apporto di un ufficiale della Guardia di finanza. Tra i suoi compiti, il Comitato pu� chiedere l�effettuazione di accertamenti patrimoniali e finanziari all�Ufficio italiano cambi, alla Consob e al Nucleo speciale di polizia valutaria e, ove ne ravvisi la necessit�, lo sviluppo di attivit� informative alla Guardia di finanza.

Da un punto di vista operativo, le attribuzione dell�UIC e del Nucleo valutario, previste dalle disposizioni vigenti per la prevenzione dell�uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, sono state estese anche per il contrasto del terrorismo sul piano finanziario.

In questo quadro d�assieme, si comprende bene come nello specifico comparto la Guardia di finanza non si occupi prioritariamente delle investigazioni di polizia giudiziaria finalizzate all�indicazione di cellule terroristiche - questo lo sottolineo per evitare qualche equivoco -,che rientrano nelle funzioni primarie delle due forze di polizia a competenza generale, bens� abbia un ruolo fondamentale nell�attivit� di natura preventiva, allo scopo di rintracciare i flussi di capitali originati da  altre attivit� criminali o da imprese di iniziative economiche lecite, ma poi destinati ad alimentare la rete internazionale del terrorismo.

In merito, assume particolare significato il decreto legislativo in via di pubblicazione, approvato dal Consiglio dei ministri il 5 giugno scorso che, dettando misure preventive e patrimoniali per la lotta al fenomeno terroristico, conferma le attribuzioni del Nucleo speciale di polizia valutaria e le estende anche per l�attuazione delle sanzioni finanziarie adottate dall�Unione europea nei confronti dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale.

Per adempiere a questa missione, il Corpo ha affinato le tecniche investigative con l�impiego di personale e di strutture specializzate, ma soprattutto mettendo a frutto le professionalit� maturate con gli approfondimenti delle segnalazioni di operazioni sospette, con le ispezioni presso gli intermediari e gli operatori non finanziari e con il pi� alto ventaglio di interventi effettuati dai nuclei di polizia tributaria e dagli altri reparti sul territorio nazionale.

Sotto questa angolazione, l�attenzione dei reparti si � concentrata sulle agenzie di money transfer, che formano un circuito parallelo a quello bancario, autonomo e molto ramificato sul territorio, che movimenta una massa consistente di capitali destinati all�estero. In tal senso, sono stati effettuati nell�ultimo biennio, anche su richiesta del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, istituito presso il Ministero dell�interno, 1.460 interventi, con la denuncia di 1.100 persone di cui quasi mille per esercizio abusivo dell�attivit� finanziaria.

Degni di nota, infine, sono anche i filoni investigativi innescati d�iniziativa e sviluppati con indagini mirate di polizia giudiziaria. Al riguardo, dir� soltanto che negli ultimi anni il Nucleo di polizia tributaria di Milano ha condotto un�inchiesta molto delicata che ha portato alla denuncia di 30 cittadini tunisini ed algerini affiliati al Gruppo islamico armato-Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, di cui 15 raggiunti da ordinanze di custodia cautelare in carcere. In quel caso, le investigazioni sono state focalizzate anche su una rete di piccole e medie imprese utilizzate per incontri tra persone coinvolte in preparativi di atti di terrorismo islamico, i cui redditi prodotti venivano successivamente destinati al sostegno di gruppi radicali.

In chiusura di questa seconda parte della relazione, mi preme completare il quadro degli impegni del Corpo nel comparto �sicurezza�, fornendo alla Commissione i dati relativi al concorso della Guardia di finanza ai servizi di ordine pubblico propriamente intesi.

Si tratta - prendendo a riferimento l�anno 2006 -di 151.032 giornate-uomo di militari del Corpo comandati per servizio di tutela dell�ordine pubblico centralmente determinati, a richiesta del Dipartimento della pubblica sicurezza, in occasione di manifestazioni politiche, sindacali o sportive, nonch� per le vigilanze ai seggi durante le consultazioni elettorali e referendarie; 104.750 giornate-uomo impiegate per la vigilanza ad obiettivi sensibili (uffici giudiziari, obiettivi fissi, aeroporti); 95.500 giornate-uomo impiegate per servizi di tutela, scorta e protezione di persone; 29.750 giornate-uomo impiegate per vigilanza fissa ai centri di permanenza temporanea degli immigrati.

Complessivamente, pertanto, la Guardia di finanza ha destinato - e mediamente continua a destinare - alla missione istituzionale del concorso all�ordine pubblico 381 mila giornate-uomo annue, che corrispondono all�impiego quotidiano in media di 1.524 uomini e donne del Corpo.

Accanto a questi, laddove la visuale dell�osservatore esterno dovesse allargarsi dal comparto �ordine pubblico� a quello pi� in generale onnicomprensivo dell��ordine e sicurezza pubblica�, andrebbero considerati altres� tutti gli altri militari del Corpo che sono impegnati quotidianamente nei servizi di controllo economico del territorio, di lotta al contrabbando, alla contraffazione, al gioco d�azzardo, al traffico di stupefacenti, e cos� via.

Ora illustrer� l�organizzazione ed il funzionamento della Guardia di finanza.

Le dotazioni organiche della Guardia di finanza ammontano a 68.134 unit�. La forza effettivamente disponibile � oggi, invece, formata da 63.635 militari di ogni ordine e grado. Il divario di 4.499 unit� tra gli organici previsti per legge e gli effettivi non pare destinata a colmarsi, stando all�attuale normativa che regola la materia delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni (speriamo di s�!).

In particolare, la speciale procedura di controllo delle assunzioni, nei limiti della deroga al blocco generale prevista per legge, nel 2006 ha determinato uno sbilanciamento tra i 442 arruolamenti autorizzati ed i 1.008 esodi di personale andati in quiescienza, con il conseguente abbattimento di 566 unit� operative. Anche per il corrente anno, come preciser� tra poco, nelle conclusioni del mio intervento, si ravvisano possibili profili di criticit�. Peraltro, in prospettiva futura, per gli anni 2008 e 2009, le pubbliche amministrazioni potranno procedere a nuove assunzioni nei limiti del 20 per cento della spesa relativa alle cessazioni del servizio dell�anno precedente. Inoltre, per le medesime finalit�, in tali anni le stesse pubbliche amministrazioni potranno far ricorso - alternativamente - ad un fondo pari, a regime, a 75 milioni di euro, ovvero alle cosiddette misure di �stabilizzazione�, attuabili nel limite del 40 per cento della spesa relativa alle cessazioni del servizio dell�anno precedente.

Ai fini dello svolgimento delle missioni istituzionali, pertanto, risulta necessario un adeguamento delle risorse umane della Guardia di finanza agli organici previsti dalla legge.

Negli ultimi anni, l�intera organizzazione dei reparti del Corpo � stata ridisegnata nell�ambito di un piano molto incisivo di snellimento, di razionalizzazione e di semplificazione della struttura. Ci� � avvenuto perch�, dopo il decreto legislativo n. 68 del 2001, lo stato maggiore ha sviluppato una due diligence review di tutto l�assetto organizzativo centrale e periferico, al fine di verificarne la coerenza con il posizionamento ottimale da raggiungere per un�efficace presidio delle missioni istituzionali.

Per questo motivo, sono stati realizzati e messi a fuoco sia i punti di forza che quelli di debolezza interni, nonch� i fattori di opportunit� e di minaccia dello scenario in cui si inquadra il percorso strategico di evoluzione della Guardia di finanza degli anni 2000.

A seguito del piano di ristrutturazione, l�architettura del Corpo � stata riordinata su sei tipologie di comandi e reparti, ossia: il comando generale, che � l�organo centrale di direzione, programmazione e controllo di tutte le attivit� istituzionali del Corpo; i comandi territoriali, che rappresentano la struttura portante dell�attivit� operativa della Guardia di finanza, e sono gerarchicamente articolati in sei comandi interregionali, 20 regionali, 102 provinciali da cui dipendono 710 nuclei di polizia tributaria, gruppi, compagnie, tenenze e brigate capillarmente distribuiti nelle varie province; i reparti speciali, che sono unit� altamente qualificate per l�analisi di rischio attinenti a ciascun segmento della missione istituzionale, capaci di elaborare e di lanciare progetti centralizzati di intervento su larga scala, connotati da elevati standard qualitativi (i reparti speciali sono sostanzialmente reparti di pensiero, di organizzazione, di intuizione, di linea d�azione); i reparti aeronavali, d�altura e costieri, che assolvono tutti compiti operativi in mare, integrando la loro azione con quella dispiegata dalla componente territoriale; gli istituti di formazione ed il centro di reclutamento, che curano le procedure di arruolamento, la formazione di base, la post formazione e la specializzazione professionale del personale; i comandi ed i reparti di supporto tecnico, logistico ed amministrativo.

Fatta questa panoramica, mi corre l�obbligo, a questo punto, di esaudire la richiesta della Commissione tesa a conoscere gli interventi posti in essere, pi� in concreto, dalla Guardia di finanza ai fini del pi� efficiente impiego delle risorse. Per far questo, debbo illustrare, per sommi capi, i contenuti di cinque riforme interne  di grande portata innovativa, che hanno riguardato nell�ultimo triennio i reparti speciali, i nuclei di polizia tributaria, i comandi territoriali, i reparti aeronavali e le relazioni internazionali.

La prima riforma riguarda i reparti speciali, che sono stati rafforzati con personale appositamente addestrato in materia informatica e di intelligence, capace di ricercare, di acquisire e di governare notevoli masse di informazioni selezionate da Internet e da banche dati esterne, al fine di individuare le tendenze e le dinamiche dei fenomeni illeciti, i soggetti �a rischio� che li pongono in essere, e gli ambiti territoriali in cui si sviluppano. Il frutto di questo lavoro, oscuro ma importante, si traduce in veri e propri piani operativi che sfruttano le migliori esperienze investigative maturate dai reparti territoriali, per rilanciarle su larga scala con risorse, metodologie e tempi predefiniti.

Questa innovazione organizzativa si sta rivelando sicuramente positiva, non solo per l�effetto moltiplicatore dei risultati che essa consente di realizzare, ma soprattutto per il clima di maggiore coesione interna, per lo spirito di squadra e per la valorizzazione delle capacit� professionali che le sinergie tra i reparti speciali e quelli territoriali hanno contribuito a far crescere e consolidarsi.

Altrettanto � da dirsi per la ristrutturazione dei nuclei di polizia tributaria: essi rappresentano gli organi investigativi di punta istituiti in ogni provincia, che sono incaricati di sviluppare le indagini pi� complesse di polizia economica e finanziaria sui fenomeni criminali e sulle organizzazioni radicate nelle varie aree destinando a tal fine le risorse professionali pi� qualificate del Corpo.

La riforma si � ispirata a criteri di semplificazione e di riunificazione del dispositivo investigativo, su base provinciale. Infatti, � stata abolita la tradizionale distinzione tra nuclei regionali e nuclei provinciali di polizia tributaria, confermando questi ultimi in virt� della maggiore aderenza al territorio e delle sinergie realizzate, sotto la direzione dei comandi provinciali, con i gruppi, le compagnie ed i reparti che assolvono compiti di controllo economico del territorio.

Ci� ha comportato l�eliminazione in radice delle aree di sovrapposizione tra i nuclei ex regionali e provinciali, che avevano provocato in passato qualche rischio di disfunzioni o duplicazioni, assicurando invece l�uniformit� e la centralit� del ruolo unificante dei comandanti provinciali, in quanto responsabili di tutta l�attivit� del Corpo nell�ambito delle rispettive circoscrizioni, anche ai fini del coordinamento con le altre forze di polizia in seno ai comitati provinciali per l�ordine e la sicurezza pubblica.

Nel contempo, la struttura interna dei nuclei di polizia tributaria � stata completamente ridisegnata, in modo da renderla pi� coerente con i segmenti della missione istituzionale del Corpo.

L�obiettivo di fondo � stato quello di creare in ogni provincia strutture investigative moderne e avanzate, nei vari campi di intervento della Guardia di finanza, allo scopo di rafforzare la capacit� di affrontare con risorse professionali sempre pi� specializzate i compiti che si presentano maggiormente complessi e impegnativi.

La terza riforma ha riguardato i reparti operativi territoriali, ossia i gruppi, le compagnie, le tenenze e le brigate, la cui dislocazione all�interno delle varie province � correlata alle specifiche finalit� istituzionali del Corpo; come si ricorder�, � questo il criterio fissato dalle direttive emanate dal Ministro dell�interno con decreto del 12 febbraio 1992.

Sono stati rivisti il numero, le sedi, le circoscrizioni, le dipendenze gerarchiche e le dotazioni organiche di circa 650 reparti, al duplice fine di rendere pi� adeguata la presenza del Corpo rispetto alle caratteristiche socio-economiche delle varie realt� locali, nonch� di sopprimere i reparti con il pi� basso indice di produttivit�, in termini di costi-rendimenti. Per questa via, nell�ultimo triennio sono stati soppressi oltre 50 reparti.

Nel contempo, la forza organica del dispositivo territoriale del Corpo � stata incrementata di circa 600 unit�, che sono  state recuperate all�attivit� operativa grazie agli interventi di ammodernamento e di semplificazione dei processi logistico-amministrativi centrali e periferici.

Altrettanto incisiva � stata la riforma del comparto aeronavale, che si � resa necessaria a causa del mutamento dello scenario dei traffici illeciti e dei flussi migratori nel Mediterraneo, in un contesto di rafforzamento della cooperazione con l�agenzia Frontex e con i partnercomunitari. La strategia � stata quella di potenziare la capacit� di difesa avanzata del dispositivo del Corpo in acque internazionali, sia per prevenire le minacce e razionalizzare gli interventi repressivi nel mare territoriale o nella zona contigua (il mare territoriale, ricordo, sono 12 miglia dalla costa e la zona contigua sono le successive 12 miglia), sia per interagire con gli organi collaterali dei Paesi del Mediterraneo.

A tale scopo, sono stati creati due centri di responsabilit� e di comando, articolati su una componente aeronavale di altura, dotata di mezzi aerei e navali capaci di operare in profondit�, e su una componente regionale costiera che opera costantemente integrandosi con la prima.

Sulla flotta � in atto un significativo programma di ammodernamento e razionalizzazione che porter�, entro il 2011, ad una riduzione importante dei mezzi navali del 44,2 per cento e di quelli aerei del 15 per cento rispetto alle dotazioni del 2005, con la radiazione dei mezzi pi� obsoleti e di quelli pi� onerosi da mantenere. Cito ad esempio il settore navale ove sono stati gi� dimessi 2 pattugliatori, 12 guardacoste, 54 vedette e 92 unit� minori. La nuova flotta del Corpo sar� pi� ridotta in termini numerici, ma assicurer� lo svolgimento di una maggiore quantit� ed una migliore qualit� di attivit� operativa. Si eleveranno gli standard di efficacia ed economicit�, in quanto queste unit� sono molto pi� economiche dal punto di vista del sostegno logistico, comportano la presenza di equipaggi pi� ridotti, hanno un�autonomia nettamente superiore tale da poter essere impiegate in pratica sempre nell�arco delle ventiquattro ore, operando una turnazione degli equipaggi e mantenendo costantemente impiegati i mezzi.

Da ultimo, la quinta direttrice su cui si � mossa la riforma del Corpo � quella finalizzata al potenziamento delle relazioni internazionali e con gli organi collaterali della Unione europea e dei Paesi terzi, che rappresentano indubbiamente uno dei punti di forza su cui si basa l�apparato investigativo della Guardia di finanza, anche per effetto di quanto previsto dall�articolo 4 del decreto legislativo n. 68 del 2001. In forza delle disposizioni di quest�ultima norma, che ha assegnato al Corpo il compito di promuovere ed attuare �forme di cooperazione operativa a livello internazionale, con organismi collaterali esteri, per il contrasto delle violazioni in materia economica e finanziaria a tutela del bilancio dello Stato e dell�Unione europea�, � stato previsto il distacco di 12 esperti presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari italiani all�estero, nonch� l�invio di quattro ufficiali di collegamento presso istituzioni internazionali e comunitarie.

Finora, la Guardia di finanza ha distaccato ufficiali nelle ambasciate d�Italia a Washington, Berna, Londra, Belgrado, Vienna, Mosca, e cos� via. Entro quest�anno, un altro ufficiale sar� distaccato presso l�ambasciata d�Italia a Buenos Aires.

Al di l� di queste ultime iniziative, si pu� affermare che oggi la Guardia di finanza � inserita a pieno titolo nei principali network di cooperazione comunitari ed extracomunitari. I nostri specialisti operano, a tutela del sistema dell�IVA sugli scambi intracomunitari, nell�ambito della rete di comunicazione riservata della Commissione europea, in costante contatto - esclusivamente telematico e di lingua veicolare - con gli omologhi degli altri 26 Paesi dell�Unione europea. Sin dai primordi della cooperazione nel campo doganale, la Guardia di finanza coltiva relazioni costanti con tutte le amministrazioni doganali investigative estere, ed � oggi riconosciuta quale parte ufficiale ai fini dell�applicazione sia degli strumenti di cooperazione comunitaria, sia degli accordi  e convenzioni bilaterali e multilaterali stipulate dal nostro Paese. In materia di imposte dirette, il Corpo applica tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni e per prevenire le frodi fiscali stipulate dall�Italia sulla base del modello predisposto, a livello mondiale, dall�OCSE.

Naturalmente, quale forza di polizia, il Corpo partecipa per quanto di competenza alle attivit� di cooperazione internazionale previste e condotte nell�ambito dell�Interpol, Europol e Schengen.

Per dare un�idea del volume molto consistente degli scambi d�informazioni - a testimonianza del pieno inserimento del Corpo nel sistema globale di cooperazione - evidenzio che, nel periodo che va dal gennaio 2005 fino a giugno 2007, la Guardia di finanza ha ricevuto 10.387 richieste di�cooperazione passiva� dall�estero e inoltrato 9.661 richieste di �cooperazione attiva�.

Veniamo alle risorse finanziarie.

PRESIDENTE. Arriviamo alle dolenti note!

MARCO BOATO. Dulcis in fundo!

COSIMO D�ARRIGO,Comandante generale della Guardia di finanza. Dulcis in fundo, ovviamente! La situazione non � poi cos� drammatica ma � meritevole di una certa attenzione.

Signor Presidente, onorevoli membri della Commissione, le risorse finanziarie a disposizione della Guardia di finanza risultano inadeguate rispetto all�ampliamento dei relativi compiti e piani operativi (credo che questo sia un film gi� visto).

Con le ultime manovre di finanza pubblica, il bilancio del Corpo ha registrato un rilevante ridimensionamento, in particolare, dei fondi relativi all�area dei consumi intermedi, indispensabili per supportare l�attivit� operativa: � questo il punto. La contrazione delle risorse disponibili ha determinato la riduzione dell�entit� di taluni capitoli al di sotto dei livelli minimali. Nel periodo 2002-2007, raffrontando le dotazioni iniziali di bilancio, la flessione complessiva � stata pari a circa il 23 per cento, con riduzioni ben pi� gravose, in termini percentuali, su specifiche voci di spesa direttamente connesse all�azione di servizio (� questo che pi� mi preme).

Il fondo straordinario per il 2007 di complessivi 29 milioni di euro (17 di parte corrente e 12 di conto capitale) previsto dall�ultima legge finanziaria non � stato sufficiente per fronteggiare il fabbisogno dell�Istituzione. La situazione di difficolt� gestionale � altres� aggravata dall�esistenza di debiti pregressi, che al momento ammontano ad oltre 65 milioni di euro, su capitoli, come vedrete dalle tabelle, che non sono affatto discrezionali, ma assolutamente obbligatori.

Non voglio dilungarmi oltre, ma aggiungo soltanto che la situazione deficitaria sarebbe ancora pi� pesante se il Corpo non avesse adottato negli ultimi anni una serie di misure di contenimento dei costi e di razionalizzazione dei processi logistico-amministrativi interni, quali: la progettazione e la realizzazione di un modello centralizzato di gestione degli acquisti e della logistica; l�esternalizzazione della gestione, movimentazione, trasporto e consegna dei beni di casermaggio, del vestiario e dei pezzi di ricambio dei mezzi navali ed aerei; la centralizzazione delle forniture di beni e servizi di manutenzione dei mezzi navali; l�introduzione della protocollazione informatica e dell�archiviazione ottica dei documenti cartacei in partenza e in arrivo; la digitalizzazione dei documenti matricolari del personale; la rimodulazione dell�orario di lavoro per agevolare economie di spesa per il vitto e lo straordinario; la diffusione di corsi di formazione del personale con modalit� e-learning; il piano di sviluppo tecnologico per l�integrazione delle banche dati del Corpo.

In parallelo alle restrizioni dei consumi intermedi, altrettanto significativa � la situazione dei fondi per investimenti, ove dobbiamo contemplare: il programma infrastrutturale per la costruzione di nuove caserme ed alloggi di servizio e per la ristrutturazione di immobili gi� in uso; il programma di ripianamento ed ammodernamento  dei mezzi aeronavali, del sistema di telecomunicazioni e degli strumenti informatici.

Si tratta di progettualit� importanti, indispensabili per mantenere un livello di efficienza del dispositivo della Guardia di finanza che sia all�altezza dei compiti e delle responsabilit� che vogliamo onorare. � davvero questo uno sforzo minimale, che riteniamo imprescindibile per affrontare le minacce attuali e future alla sicurezza economica e finanziara del Paese, in un contesto di globalizzazione accentuata e di sempre pi� stretti rapporti di integrazione con l�Unione europea.

� questo lo spirito che ci ha mossi a raccordarci con le altre forze di polizia, sotto l�egida del Ministero dell�interno, in uno spirito di autentica collaborazione interforze verso comuni obiettivi, come � avvenuto nell�ambito del Programma operativo nazionale per la sicurezza del Mezzogiorno, al quale sin dal 1997 la Guardia di finanza partecipa con la realizzazione di progetti mirati al rafforzamento del controllo del territorio e della vigilanza aeronavale sul mare.

Si tratta di interventi di spessore, che hanno permesso - ad esempio - di implementare la nuova rete di telecomunicazioni in ponte radio digitale, l�informatizzazione e l�interconnessione delle sale operative provinciali, l�acquisizione di 10 apparati mobili per il controllo scannernon invasivo dei container e i veicoli di grandi dimensioni, nonch� di apparati radar, videocamere e sensori di ricerca per gli elicotteri e guardacoste del Corpo.

Tutto ci� dimostra l�attenzione dell�organizzazione a stare al passo con i tempi e conferma l�impegno morale a continuare su questa strada, con rigore finanziario unito ad una chiara visione dei progressi da compiere.

In conclusione, mi preme dare atto che l�inadeguatezza delle risorse finanziarie assegnate � stata peraltro riconosciuta dal Governo, negli ultimi mesi, con l�accoglimento di specifici ordini del giorno. In particolare, l�Esecutivo si � impegnato ad attribuire alla Guardia di finanza adeguate risorse finanziarie per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali. La necessit� di integrare in modo strutturato le dotazioni di bilancio � stata pi� volte sottolineata anche in ambito parlamentare, ed in particolare dalle Commissioni bilancio e finanze della Camera e del Senato.

Desidero ricordare in merito che, recentemente, la VI Commissione (finanze e tesoro) del Senato, ha auspicato �che il Corpo venga dotato, nella corrente annualit� e nelle prossime, di ulteriori risorse finanziarie indispensabili per assolvere la delicata missione ad esso affidata�. Ci� sia con la risoluzione relativa all�atto di indirizzo della politica fiscale, sia con il parere reso sul Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) per gli anni 2008-2011.

Analoghe considerazioni sono state espresse per il fabbisogno reclutativo del Corpo, in relazione al quale il predetto Organo parlamentare ha evidenziato la necessit� del �ripianamento delle carenze organiche e, laddove ci� non fosse realizzabile da subito, almeno di quelle connesse alle cessazioni dal servizio registrate nel 2006, pari a 1.008 unit�.

A tal fine, la Commissione ha reputato �indispensabile che sia assicurata, tra l�altro, in sede di attuazione delle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2007, l�assunzione di almeno 342 unit�, delle 684 residue, tra quelle riservate alle forze di polizia e la "stabilizzazione" di 280 volontari in ferma breve�.

Da ultimo, in relazione al tema in rassegna, giova segnalare la richiesta di �reclutamenti straordinari� per le forze di polizia, avanzata dal Ministero dell�interno nell�ambito del tavolo tecnico per il mantenimento degli standard nei servizi di sicurezza, che, per la Guardia di finanza, � stata quantificata in mille unit� di personale.

Sulla scorta delle suesposte considerazioni, confidiamo nel fatto che nel dare attuazione agli impegni che il Governo ha assunto in sede parlamentare nell�ambito della manovra finanziaria 2007 ed agli autorevoli auspici formulati dalle competenti Commissioni parlamentari, si provveder� a soddisfare il suesposto quadro  esigenziale - in termini di fabbisogno finanziario e di risorse umane -nell�ambito di pi� idonei contesti normativi di breve termine.

Segnali positivi in tal senso si sono gi� registrati anche nel contesto di varie iniziative in itinere. Mi riferisco in particolare al decreto del Ministro dell�economia e delle finanze, concernente le variazioni degli accantonamenti operati in base all�articolo 1, commi 507-509, della legge finanziaria 2007, ove � stata disposta - in accoglimento del relativo parere reso dalla V Commissione (bilancio) della Camera - l�eliminazione dei �tagli� di bilancio effettuati sui capitoli della Guardia di finanza. Tale parere esplicher� i suoi effetti anche in relazione alle successive annualit�. Questa � la cosa pi� importante! Io debbo rientrare rispetto a 65 milioni di debito su capitoli niente affatto discrezionali: missioni del personale - sono dati operativi -, pagamento di affitti, luce, acqua, gas, spazzatura, e via dicendo.

Infine, mi corre l�obbligo di segnalare come il predetto Organo parlamentare - durante la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 81 del 2007 recante �Disposizioni urgenti in materia finanziaria� - ha approvato un emendamento che prevede, tra l�altro, l�istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell�interno, di un fondo da ripartire per esigenze connesse all�acquisizione di beni e servizi ed investimenti della Polizia di Stato, dell�Arma dei carabinieri e alla Guardia di finanza, con una dotazione, per l�anno 2007, di 80 milioni di euro.

Non di meno, coltiviamo l�aspettativa che ulteriori e pi� organiche misure di carattere finanziario a sostegno della Guardia di finanza, nei termini in cui sono stati assunti impegni dall�Esecutivo, siano adottate nell�ambito dell�imminente manovra di finanza pubblica relativamente all�esigenza di incrementare le ordinarie dotazioni di bilancio, a decorrere dal prossimo esercizio finanziario.

Signor presidente, signori membri della Commissione, mi auguro di aver contribuito in maniera concreta, con questo intervento, alla realizzazione degli obiettivi della vostra indagine conoscitiva, delineando un quadro generale che si caratterizza per un impegno costante e continuo della Guardia di finanza, corroborato anche da positive e proficue relazioni e interazioni con le altre forze di polizia.

Per quanto di mia competenza, posso garantire che il Corpo proseguir� davvero con massimo impegno e dedizione nella propria missione al fine di garantire livelli di sicurezza e legalit� sempre maggiori, in linea con gli obiettivi assegnati dall�autorit� di Governo, per il bene dei cittadini e del Paese.

Vi ringrazio dell�attenzione e della pazienza.

PRESIDENTE. Ringraziamo il generale per la completezza della sua esposizione, molto utile proprio per le questioni specifiche che ha posto.

Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Faremo successivamente avere al generale il resoconto stenografico della seduta, in modo tale che possa risponderci per iscritto in tempo relativamente breve.

MARCO BOATO. Ringrazio il generale per la sua relazione ed esprimo i miei auguri di buon lavoro per l� incarico recentemente assunto.

Il presidente potr� confermare che da parte di questa Commissione vi � la massima attenzione sulla tematica delle risorse, citata in modo ricorrente e con particolare ampiezza e puntualit� nell�ultima parte della relazione. Anche in occasione del parere sul Dpef (cos� come avverr� in occasione dell�esame della legge finanziaria, quando sar� il momento) l�aspetto delle risorse per le forze di polizia e per tutto il comparto sicurezza � stato pi� volte sottolineato da questa Commissione.

Con la celerit� che ci viene richiesta nell�esporre le nostre questioni, sulle cui risposte lei avr� modo di riflettere, � mia intenzione chiederle un approfondimento circa il coordinamento con le altre forze di  polizia, sia in generale sia in modo particolare sul tema specifico dell�ordine pubblico, che non � quello pi� rilevante ma che in passato ha suscitato alcune questioni.

Mi ha colpito (come lei ci ha riferito dettagliatamente) l�esistenza di un decreto ministeriale che prevede una pi� adeguata ripartizione delle competenze tra le diverse forze di polizia al fine di evitare sovrapposizioni e che riporta la data del 28 aprile 2006. Il decreto � opera di una personalit� di grande competenza quale il Ministro Pisanu, ma in particolare mi ha colpito la data del 28 aprile (non chiedo un chiarimento a lei, lo voglio soltanto sottolineare): essa � successiva di 18 giorni alle elezioni politiche. Mi ha stupito che un tema di cos� grande rilevanza abbia portato ad emanare un decreto ministeriale quando ormai il Governo era in carica solo per l�ordinaria amministrazione. � per� una questione che riguarda la continuit� istituzionale dello Stato e quindi mi limito a rilevare il momento in cui � stato emanato il decreto, che pure mi pare di grande importanza.

Per quanto riguarda le varie strutture da lei puntualmente ricordate, mi ha colpito positivamente l�esistenza del centro aeronavale di specializzazione della Guardia di finanza a Gaeta, che lei indica come polo europeo di addestramento. � di grande interesse il fatto che una struttura italiana di tale genere abbia una valorizzazione in ambito europeo, le chiedo pertanto qualche informazione pi� dettagliata a tale riguardo.

Sarebbe interessante un ulteriore approfondimento riguardo al tavolo di lavoro attivato dall�Alto commissariato per la lotta alla contraffazione. Poich� esso � citato solo in modo generico, vorrei che anche su questo lei ci desse qualche ulteriore specificazione.

Le vorrei inoltre fare una domanda circa le riforme di riorganizzazione interna, importanti sia sotto il profilo dell�efficienza della Guardia di finanza sia sotto il profilo della razionalizzazione e riorganizzazione dei costi (sono le informazioni contenute da pagina 28 in poi della relazione circa la struttura organizzativa). Lei ha citato tra le varie strutture 6 comandi interregionali, 20 regionali e 102 provinciali. Mi scuser� se non sono competente in materia, cerco di fare un ragionamento soltanto di carattere istituzionale, ma poich� questa � una riflessione che - se non ricordo male - � stata fatta ed ha portato ad una riorganizzazione anche in altri corpi di polizia, mi chiedevo se avesse un senso che a fronte di 20 comandi regionali e 102 provinciali sopravvivano anche sei comandi interregionali. Non si tratta di una domanda polemica ma di un chiarimento. Se la risposta � positiva, qual � la loro finalit�? Le chiedo questo perch� in un�altra occasione, riferendosi ad altre forze di polizia, � stato spiegato che l�abolizione dei comandi interregionali che inizialmente aveva incontrato delle resistenze -come sempre accade quando si fanno delle riforme - poi invece aveva consentito una maggiore efficienza interna e anche un risparmio dal punto di vista dei costi, cosa che non guasta.

Per concludere, le pongo una domanda a cui immagino non sia facile per lei dare una risposta; le dico quindi fin da ora che se non me la dovesse dare non la considerer� una mancanza di attenzione, poich� essa riguarda pi� l�attivit� legislativa che non l�attivit� del comandante di un corpo militare. Mi riferisco al fatto che la Guardia di finanza sia nella sua integrit� una forza di polizia ad ordinamento militare. Per alcune delle funzioni che lei ci ha cos� dettagliatamente e puntualmente ricostruito � evidente quale sia il significato del carattere militare; per altre funzioni, mi riferisco a quelle di polizia fiscale, finanziaria ed economica, si potrebbe immaginare anche una dimensione civile della Guardia di finanza, sebbene non certo per l�ordine pubblico o l�attivit� in mare.

Le chiedevo una riflessione sotto questo profilo, anche se di carattere del tutto ipotetico.

COSIMO D�ARRIGO,Comandante generale della Guardia di finanza. Le risponder�  in modo puntuale, anche perch� questo � un argomento importante.

MARCO BOATO. So che � importante ma io non voglio caricarla di responsabilit�.

PRESIDENTE. Avr� modo poi di rispondere per iscritto.

COSIMO D�ARRIGO,Comandante generale della Guardia di finanza. Si tratta di un argomento di fondo. Io potrei darle anche una risposta �di getto�, ma sarebbe una mia opinione. Desidero invece dare una risposta articolata ed ufficiale che promani dalla Guardia di finanza, non la mia personale. Tra l�altro, essendo io un militare potrei anche dare una risposta personalmente interessata! � comunque da considerare che, al di l� del discorso sul carattere militare, sul quale per il momento non ho intenzione di entrare, l�unit� operativa e organizzativa della Guardia di finanza, indipendentemente dal carattere militare o civile, � un moltiplicatore di efficacia. Noi potremmo anche �spezzettare� la Guardia di finanza in tanti elementi separati, per� la mia opinione � che la somma delle capacit� operative della Guardia di finanza (ripeto, a prescindere dalla �militarit�) in una sinergia fortemente accentrata � un grande moltiplicatore d�efficacia. Esprimo in questo modo una mia opinione �di getto� che non c�entra nulla con la distinzione tra civile e militare.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor comandante, le propongo anch�io qualche quesito di approfondimento, facendo due premesse - e non domande - dal contenuto politico.

La prima precisazione politica � insita nell�augurio di buon lavoro che le rivolgo a nome personale e del gruppo di Alleanza nazionale, tenuto presente che si tratta (come lei sapr�) di un gruppo che ha particolarmente censurato l�escomio del suo illustre predecessore e la relativa procedura politica, che riteniamo pagina non luminosa nella storia istituzionale di questo Paese. Ci� non esclude minimamente l�augurio fervido e la grande fiducia che anche alla luce del suo comando, tecnicamente altamente accreditato, abbiamo nella prosecuzione dell�opera della Guardia di finanza e per tale motivo esprimiamo pieno sostegno alla sua opera.

La seconda considerazione di carattere politico � che la riduzione delle risorse che lei ha inevitabilmente sottolineato non � una doglianza tanto fondata, per quanto scontata, per ciascuno dei Corpi che viene a fornirci le sue informazioni e le sue giustificate aspettative. Noi viviamo una stagione nella quale il Governo insiste particolarmente, anche agli occhi e alle orecchie dell�opinione pubblica, sulla necessit� del recupero dell�evasione e di quella che noi nel confronto e nella polemica politica definiamo �una forsennata accelerazione sul piano dell�aggressione fiscale�, anche nei confronti di talune categorie. Ebbene, a fronte di questa posizione, il problema della riduzione delle risorse � una specie di contraddizione politica in re ipsa, perch� sottrarre risorse a qualunque tipo di Corpo che cooperi per la sicurezza � gi� un problema; sottrarle a chi deve aiutarci a trovare le risorse � decisamente una grossa contraddizione.

Quanto alle risorse di personale credo che la sua illustrazione sia stata esaustiva, ma desidererei che nelle sue risposte lei ci volesse ragguagliare, dal punto di vista assolutamente tecnico, su quelle che a suo avviso potrebbero essere ragionevoli aspettative di incremento del capitolo a questo riguardo, poich� in tal modo avremmo un dato quantitativo pi� preciso.

Detto questo, gi� il collega Boato ha fatto riferimento ai problemi di coordinamento che ormai sembra quasi rituale sottolineare. Io stesso ricordo che anni fa, quando facevo parte della Commissione difesa, si parlava continuamente dei problemi di coordinamento. Ora mi spingo a chiederle la risposta meno diplomatica possibile: quanto incidono i problemi di coordinamento - che di per s� non sono colpa di nessuno - sull�operativit� del Corpo da lei comandato sotto il profilo della sicurezza? Per la verit� in un passaggio  della sua relazione lei ci ha gi� fornito dei dati su quanto la Guardia di finanza � impegnata per la sicurezza strettamente intesa in termini di ore lavoro o di altri parametri; vorrei per� avere il suo giudizio tecnico, non politico, affinch� noi possiamo assumere le nostre considerazioni. Quanto - troppo? - incide l�impegno della Guardia di finanza sul versante della sicurezza strictu sensu che lei ci ha tecnicamente illustrato, cio� il fatto che la finanza cooperi con la sicurezza?

Ci� apre una finestra importante su un concetto ormai acquisito, secondo cui con i suoi compiti di istituto oggi la Guardia di finanza fa fronte ai problemi della sicurezza perch� oggi l�aggressione alla sicurezza avviene sotto il profilo economico e finanziario in una maniera inusitata e molto diversa da quanto fosse in passato. Sarebbe utile se lei volesse circostanziarci su quanto incida questa attivit� non strettamente di istituto nell�impegno del suo personale e dei suoi mezzi.

Un altro quesito � di tipo statistico, affinch� poi se ne possa fare una valutazione, ed � il seguente: nei settori di criminalit� strettamente attinenti ai compiti di istituto quante persone di nazionalit� italiana e quante di nazionalit� estera vengono coinvolte? In tale quesito non c�� niente di xenofobo, vorrei che uscissimo da luoghi comuni che in me non albergano di sicuro; dal punto di vista dell�acquisizione dei dati necessari alla costruzione delle analisi, e nel campo specifico dei reati che attengono ai compiti di istituto, quanto incidono statisticamente i responsabili di reati di nazionalit� italiana e quanto gli immigrati?

COSIMO D�ARRIGO,Comandante generale della Guardia di finanza. Naturalmente risponder� in modo puntuale, ma molti dati sono gi� indicati nelle schede allegate.

PRESIDENTE. Nel secondo fascicolo, quello delle schede: evidentemente nessuno di noi ha avuto modo di consultarlo.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. No, effettivamente non l�ho consultato. Se � cos�, ha anticipato le risposte.

Per quello che attiene al capitolo droga, esso ha immediati riflessi sui problemi di sicurezza a cui lei giustamente accennava; inoltre, i dati che ci ha fornito di impressionante crescita soprattutto per alcune tipologie di droghe, per quello che mi riguarda, non sono passati inosservati. Anche in questo caso le chiedo un contributo tecnico, non valutazioni politiche - sebbene il �bagnasciuga� diventi non facilmente delimitabile, lo capisco -, poich� noi siamo qui per fare norme, non per assumere misure tecniche che competono ai vostri comandi. Le chiedo pertanto di indicare le norme che auspicherebbe perch� si possa facilitare il compito di prevenzione e repressione da parte dei vostri comandi e dei vostri operatori.

Anch�io come il collega Boato ho preso atto con compiacimento dell�esistenza di un centro di addestramento che ha assunto un ruolo a livello europeo, e che quindi � evidentemente al servizio anche del personale di altri Paesi europei; si tratta di un compito che ci onora e che ci carica di responsabilit�. Mi sembra che esso operi specificamente riguardo all�immigrazione clandestina, per cui ci ha fornito anche dei dati interessanti: per oltre il 60 per cento si tratterebbe di persone che poi si trattengono. A tal proposito c�� un punto di particolare interesse che riguarda le verifiche compiute dai vostri comandi sul lavoro irregolare: solo il 20 per cento dei lavoratori irregolari sarebbe costituito da immigrati clandestini. Molte volte � un luogo comune dire che le imprese, specie in alcuni settori, assumono personale immigrato che lavora �in nero�; se ne parla come se si trattasse dell�80 o del 90 per cento del personale. I dati che lei ci fornisce dicono invece che si tratterebbe di 18 mila lavoratori su 90 mila �scoperti�. Evidentemente il fenomeno non attiene tanto al personale immigrato, pi� o meno clandestino, quanto invece al personale di nazionalit� italiana. Vorrei che ci fornisse qualche approfondimento anche a tale riguardo.

Ancora una domanda. C�� un tormento nella vita economica nazionale che attiene alla dinamica del recupero e della tutela dei crediti nel commercio, nell�industria, nell�interscambio e via discorrendo: quello delle �scatole cinesi�, della societ� che ne possiede un�altra, che a sua volta ne possiede un�altra. Alla fine il responsabile non si trova mai, il terminale � una societ� a responsabilit� limitata pi� o meno fantomatica e gli operatori onesti, che magari hanno un credito, non riescono mai a realizzarlo. � questo, al di l� di certe nostre filosofie, che drammatizza tanto i rapporti, che d� sfiducia nella giustizia e che spesso mette sul lastrico gli operatori pi� onesti che vivono sul credito e sull�interscambio continuo.

Ora le chiedo: abbiamo le possibilit� sul piano tecnico-operativo, vi sono limiti normativi che debbano essere rimossi, facolt� in pi� che possono essere attribuite, affinch� si possa intervenire per scoprire, stroncare e disincentivare il fenomeno delle �aziende fantasma�,delle �societ� fantasma�, anche quando non debordi nel reato? Possiamo, attraverso la vostra operativit�, anche eventualmente con suggerimenti di carattere normativo, darvi maggiori strumenti per concorrere a bonificare questa situazione?

Un�altra domanda ancora concerne il sistema del credito, con particolare riferimento alle banche. Nella sua relazione ha dedicato un capitolo all�usura. Per� in questo settore � diffusa sempre pi� la sensazione che anche gli interventi delle Authority e dei vari Garanti siano pi� declamatorii che non incidenti sulla realt�. Siamo nella condizione, attraverso la vostra attivit� anche ispettiva, di verificare che gli istituti di credito osservino nei confronti della propria clientela, al momento almeno, le normative esistenti affinch� ci si trovi non pi� di fronte ad un rapporto di pesante e punitiva disuguaglianza nel rapporto commerciale tra istituti di credito e clientela?

Due ultimi quesiti. Uno � di carattere generale ed attiene ai compiti di istituto. Personalmente non sono favorevole all�espulsione della moneta dal corso legale che il �nostro� viceministro Visco intende progressivamente attuare, con l�obbligo tra non molto di fare persino l�elemosina nella �bussoletta� della chiesa con moneta telematica di cui sia ricostruita la rintracciabilit�, e cos� via. Vi � una specie di ossessione da �Grande fratello�. Non ritengo sia la strada giusta per un Paese libero, in cui vi sia l�equilibrio tra le esigenze della collettivit� e quelle della privatezza di un mondo libero, non assoggettato a questa specie di spionaggio nel privato, diventato una ossessione. Sono per� correlativamente assai favorevole ad un rinvigorimento, ad una intensificazione del controllo - sistematico o �a campione� e cos� via - su tutte le attivit� di rilievo economico, perch� � giusto che i contribuenti siano tenuti ai loro doveri. Ritiene che con il personale di cui disponiamo, con le doglianze che ci ha fatto presenti ma anche con l�impegno che mette in campo, con queste risorse, sia ragionevole preconizzare la possibilit� tecnico-organizzativa di incrementare per numero, qualit� e penetranza i controlli sull�attivit� di rilevanza economica, oppure dobbiamo rassegnarci solo alla strada alternativa del �Grande fratello� e dell�espulsione della moneta dal corso legale del nostro Stato?

L�ultima domanda � di carattere organizzativo. Personalmente, nell�organizzazione dei servizi (non solo che attengano alla sicurezza, per la verit�, ma in via generale) sono un fautore del decentramento e della prossimit� dei servizi alle comunit�. Non mi piacciono gli accentramenti che, in nome delle presunte economie di scala, si attuano un poco in tutti i nostri servizi. Vorrei che fossero smantellati di pi� gli enti e che invece i servizi fossero prossimali. Nella sua relazione, generale, ha fatto un riferimento - e non poteva non farlo, chiaramente - all�organizzazione territoriale. Ritiene che il futuro anche dell�organizzazione del vostro benemerito Corpo sia pi� orientato verso il mantenimento della prossimalit� dei nuclei, anche in centri non di carattere regionale o provinciale (insomma: anche a prescindere dall�organizzazione su provincia,  che ormai avvertiamo come obsoleta soprattutto nella Commissione affari costituzionali dovendoci occupare di riforme), oppure ritiene che inevitabilmente si debba andare sulla strada della concentrazione? In altri termini, chi come me propende per la filosofia della conoscenza pi� prossimale delle realt�, specialmente nel mondo delle imprese e delle risorse economiche esistenti sui territori, pu� ritenere possibile un mantenimento della prossimalit� della vostra presenza, oppure deve disperare da questo punto di vista in quanto si proceder� ineluttabilmente verso una concentrazione delle realt�, delle risorse, dei comandi, delle operativit�?

La ringrazio se vorr� rispondere alle cos� numerose domande.

PRESIDENTE. Dunque, molti colleghi hanno chiesto di intervenire. Ritengo che l�esempio del collega Benedetti Valentini, preciso come al solito, si possa eventualmente tenere come modello per un�altra volta!

ROBERTO ZACCARIA. Signor generale, lei ci ha dato molte informazioni. Aver avuto la possibilit�, mentre lei parlava, di scorrere il testo che ha voluto consegnarci ci ha consentito di approfondire ulteriormente queste informazioni.

Giudico positivamente questo incontro. Naturalmente sarebbe molto interessante, al di l� delle domande che poniamo, percepire il senso delle sue risposte che - per le regole di questa audizione - ci dovr� fornire successivamente. Credo che sarebbe molto importante, paradossalmente, leggere prima la relazione introduttiva, fare le domande ed avere risposte dal vivo, anzich� l�introduzione. Questo comunque � un problema che riguarda noi e non certamente lei.

Le dir� che ho visto con interesse la parte conclusiva della relazione, dove giustamente rievoca un motivo conduttore che fa parte di questa audizione e delle audizioni di altri soggetti che l�hanno preceduta. Naturalmente capisce che trovandosi in un luogo dove si fa politica, queste affermazioni sono �tirate� da una parte o dall�altra per il dibattito politico. Vorrei precisare che, poich� un dato da lei fornito fa riferimento non ad un anno ma ad un trend degli anni precedenti, sarebbe quanto meno corretto da parte nostra tener conto che le limitazioni delle risorse nei confronti di una certa forza militare o comunque di un certo ramo della pubblica amministrazione non risalgono a questo anno pi� recente. Anche perch� lei ha indicato un dato che, se letto attentamente, parla di �debiti�che sono accumulati, per effetto quindi di mancanze negli anni precedenti. Anche quando parla della riduzione del turn-over, evidentemente non si riferisce all�ultimo esercizio. Ma questo avr� modo di precisarlo nel fornirci quei dati che le sono stati richiesti dai colleghi di una parte politica o della mia parte politica. Certamente siamo interessati a capire.

Io do un giudizio esattamente opposto. Insomma, mi pare che quando cita il decreto-legge recentemente intervenuto in questa materia, fa riferimento ad un investimento che comunque d� un poco di ossigeno nella direzione che lei auspicava.

PRESIDENTE. Era un emendamento bipartisan, fra l�altro!

ROBERTO ZACCARIA. Non vi � il minimo dubbio. Per� voglio dire che mi pare un poco discutibile assommare una specie di riduzione delle risorse, come se fosse una scelta recentemente intervenuta in questa materia. Quindi, semmai vi � un trend.

Nel fascicolo allegato che ha prodotto e che ho potuto sfogliare mentre parlava (perch� naturalmente � pi� facile leggere che parlare, come velocit�), � riportata una serie di dati di grande interesse. Alcuni - vorrei dirlo dal nostro punto di vista - sono estremamente significativi: quando ad esempio cita i sequestri di merci contraffatte (a pagina 4 del fascicolo allegato), dei dati parlano di per s�, sono degli indicatori. � chiaro infatti che se in un anno erano una certa cifra, 4 milioni nell�elettronica, e poi diventano 29 milioni, siamo chiaramente in presenza di un  trend. Ugualmente nel caso citato con riferimento alla droga o ad altre cose; sono dati di per s� significativi.

Sono, per me almeno, dati meno significativi (per� capisco che lo siano per lei, dal punto di vista generale) quelli riguardanti il numero di giornate-uomo. Infatti quelli sono dati che fanno capire la rilevanza di un impegno quantitativo, ma ve ne sono altri che - come appunto dicevo - per noi parlano pi� direttamente.

Vi sono anche notazioni molto significative. Ho notato puntualmente nella sua relazione (alle pagine 10, 20, 23 e 28) tutti i casi in cui lei fa riferimento all�adeguatezza o meno degli strumenti normativi. Certo, questa � la Commissione affari costituzionali e spesso l�interlocutore per queste materie pu� essere costituito piuttosto dalle Commissioni finanze o bilancio, che giustamente cita. Per� certamente se capiamo che in materia di contraffazione la normativa penale � modesta, evidentemente vuol dire che occorre mettere mano a questi strumenti, dandovi la possibilit� di utilizzare quelle ore-uomo - di cui lei parla - in maniera pi� proficua che non invece a strumenti normativi invariati. Da questo punto di vista, siccome a pagina 17 della relazione colloca in una correlazione molto stretta la materia dell�evasione, dell�elusione e del riciclaggio (naturalmente � inutile che ripeta quello che ha gi� detto con parole esemplari), non dobbiamo considerare l�intervento normativo in questo campo come se fosse limitato a ridurre il problema dell�evasione e dell�elusione riguardante i singoli contribuenti. Vi � invece, in questa conoscenza di una serie di dati di base, la correlazione con altri istituti che poi diventano criminosi ad altri fini e che sono gli oggetti di questa indagine.

Da questo punto di vista le vorrei fare una domanda, che in fondo � la seconda. La prima infatti si riferiva al trendstorico che lei ha perfettamente percepito, con riferimento alla mancanza di risorse o di interventi economico-finanziari; a tale riguardo chiedevo se vi � stato in questi anni un miglioramento o un peggioramento, perch� ci� ci pu� interessare per evitare speculazioni di natura politica, che sono naturali ma che possono essere circoscritte.

D�altra parte, a me interessa molto la parte relativa agli interventi pi� recenti, ai decreti Bersani in modo particolare, che sono intervenuti in questa materia con riferimento alle comunicazioni all�anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari e all�utilizzo delle informazioni per le indagini economiche e finanziarie. Si tratta degli articoli 35 e 37 del decreto Bersani, e poi vi � la parte relativa agli obblighi a carico dei professionisti, e naturalmente anche le osservazioni che faceva da ultimo il collega Benedetti Valentini.

Devo dire la verit�, ho sentito un dibattito - quando si parla di queste cose, � comprensibile ancora una volta, perch� vi era la riserva sul fatto che si potessero modificare o meno queste cose - che comunque facendosi carico dei problemi della �signora Pina� - ossia di questa emblematica signora che ha difficolt� a manovrare gli strumenti informatici o gli cheque o altre cose di questo genere - ha tuttavia prodotto come risultato complessivo il rallentamento del meccanismo dei pagamenti attraverso strumenti elettronici, informatici e cos� via: la famosa �tracciabilit�. Non discuto che possa essere romantico in questa materia, ed in alcuni casi perfino efficiente, quando si tratta di transazioni di modesto valore, perch� non credo che le grandi operazioni che poi portano a quella combinazione di evasione, elusione e riciclaggio, siano quelle al di sotto di certe cifre. Per� ho certamente la sensazione che il Parlamento debba farsi carico in maniera pi� convinta, pi� appropriata e pi� incisiva degli strumenti di cui voi avete bisogno.

Certo avete bisogno di uomini, ossia di risorse finanziarie: quando parla degli scanner per selezionare il contenuto di un container, mi fa effetto. Certamente quelli sono investimenti in macchine che servono per poter fare meglio un certo lavoro, in maniera pi� incisiva e pi� diretta. Per� non vi � dubbio che la normativa debba  essere adeguata ai tempi che stiamo vivendo, dove questi spostamenti eludono pi� facilmente i controlli se avvengono attraverso lo spostamento cartaceo anzich� attraverso gli strumenti elettronici o altri strumenti. Ecco, vorrei un approfondimento dal punto di vista del rapporto che vi � tra la vostra azione e gli interventi normativi, che non possono certamente essere sostitutivi. In altri termini, se mancano le persone per fare un lavoro pi� incisivo, nonostante gli interventi che avete fatto, saranno sempre indispensabili quelle persone, quei finanziamenti, quegli interventi dello Stato. Ma vi sono anche interventi che riguardano la strumentazione normativa, che riguardano il potenziamento dell�anagrafe tributaria, che non � soltanto nella direzione della riduzione dell�elusione, dell�evasione e delle cose che abbiamo detto, ma � anche rilevante per la combinazione che si determina fra questi settori.

Ecco, quello � un settore che mi interessa molto. Si tratta di capire (non abbia preoccupazione, in una indagine di questo tipo facciamo a lei delle domande) anche la strumentazione normativa, che spetta a noi ovviamente; tuttavia potete benissimo capire, anche nei rapporti internazionali, quali sono le nazioni che hanno strumenti pi� avanzati e quali invece sono le nazioni che hanno strumenti un poco pi� arretrati.

Da questo punto di vista le mie due domande riguardano questi due punti.

La ringrazio molto.

GIACOMO STUCCHI. Ringrazio il comandante per la relazione e la documentazione che ci ha fornito, nonch� naturalmente per tutta l�attivit� svolta in questo periodo e per quella che verr� svolta nelle settimane e nei mesi futuri.

Esprimo il timore che la carenza di risorse, evidenziata anche all�interno della relazione, possa limitare eccessivamente -� un eufemismo, il mio - l�attivit� svolta dalla Guardia di finanza. A parer mio, non sembra esserci da parte del Governo quella necessaria ed adeguata considerazione delle esigenze del vostro Corpo e quindi dell�attivit� che svolgete. Invito quindi il Governo ad intervenire su questo punto, perch� comunque chi si impegna deve essere messo nelle migliori ed adeguate condizioni per poter operare al meglio.

Detto questo, pongo quattro questioni velocissime, di cui tre di carattere generale.

La prima riguarda il discorso dei porti e delle merci contraffatte. Si parla di prodotti di moda, di grandi marchi di moda, ma non solo. Preoccupazione grossissima di questi ultimi periodi � quella dei prodotti sanitari, e quindi dei prodotti per l�igiene personale, come farmaci e dentifrici: tutto quanto viene importato e copiato dai Paesi al di fuori dell�Unione europea. A volte questi prodotti sono effettivamente dannosi per la salute, come del resto sono dandosi per l�integrit� delle persone i forni a microonde che esplodono e tutti quegli elettrodomestici che si incendiano facilmente perch� non prodotti secondo le regole europee. Questi prodotti spesso entrano dai porti del nostro Paese, dai porti italiani o addirittura da altri porti dove � pi� easy �sdoganare� le merci, ma poi da quei porti europei vengono comunque portati all�interno del nostro Paese. Questo � un tema rilevante su cui gi� state operando, ma - secondo me - bisogna implementare la vostra azione.

La seconda questione � legata agli immobili, ossia all�attivit� che state svolgendo per monitorare la compravendita degli immobili, soprattutto i grandi interventi immobiliari. Infatti all�improvviso si vedono nascere societ� immobiliari che dispongono di tantissimi soldi, possono fare investimenti enormi, magari non giustificati dalle persone che formalmente compongono i consigli di amministrazione di queste societ�, ma che diventano �piene� di liquidit� per poter fare queste operazioni, anche al di fuori dei prezzi di mercato. E dietro di esse vi � spesso qualcosa che non funziona.

La terza questione generale attiene alla sicurezza. Naturalmente i dati che ci ha fornito testimoniano come la situazione sia critica. Credo che la questione, gi�  toccata, del coordinamento sia fondamentale. In alcune realt� del Paese purtroppo il coordinamento non funziona bene e credo si verifichino ancora troppo spesso delle sovrapposizioni - non per colpa sua! - o una non-condivisione di informazioni utili per svolgere al meglio questo lavoro e quindi per rendere stabile, omogeneo ed adeguato un livello di funzionamento dell�azione di coordinamento, che deve essere sempre tale per ottenere dei risultati. Quali sono i �buchi� che pu� vedere in queste azioni? Quale pu� essere la strategia da seguire per sopperire a questa situazione, che a volte appalesa delle problematiche?

La quarta questione � di natura territoriale-particolare. Vengo da Bergamo dove � stata decisa la costruzione della nuova accademia della Guardia di finanza e mi interessava conoscere - visto che � stata oggetto di una discussione approfondita all�interno del consiglio comunale, anche con la partecipazione di tutte le realt� territoriali ed istituzionali - qual � lo stato dell�iter per la realizzazione della nuova accademia.

COSIMO D�ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. Su questo posso anche risponderle subito. Lo stato esatto dell�iter non lo conosco. O meglio: abbiamo tutta la buona volont�...

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, generale: per nostro ordine � bene avere tutte le risposte per iscritto, perch� altrimenti ci perdiamo tra quelle orali e quelle scritte...

COSIMO D�ARRIGO, Comandante generale della Guardia di Finanza. Va bene, presidente. Dar� una risposta scritta...

PRESIDENTE. � un ordine quasi militare, diciamo...

COSIMO D�ARRIGO,Comandante generale della Guardia di finanza. Certamente!

MARCO BOATO. Questa era la parte civile!

FRANCO RUSSO. Signor presidente, innanzitutto mi associo anch�io al ringraziamento gi� espresso da tutti i componenti della Commissione al comandante generale della Guardia di finanza per la relazione scritta e per l�ampia e precisa documentazione dei dati fornita nel secondo fascicolo.

Vorrei porre solo due domande. Una l�ha gi� posta l�onorevole Boato, quindi mi associo limitandomi a richiamarla. Anch�io sarei interessato a conoscere le sue considerazioni personali come comandante generale, nonch� quelle del Corpo nel suo complesso, sul rapporto fra �connotazione civile� e�connotazione militare� all�interno della Guardia di finanza. Anche perch� vi sono delle proposte di legge, per cos� dire, nel pensiero recondito di alcuni gruppi appunto per affrontare la questione del rapporto tra connotazione civile e connotazione militare all�interno della Guardia di finanza. Di questo ha gi� parlato l�onorevole Boato, quindi mi associo semplicemente.

Invece, signor generale, vorrei porre alcune domande relative ai dati riportati da lei e dai suoi uffici alle pagine 15, 16 e 17 del fascicolo allegato, che si riferiscono casualmente alla pagina 22 della sua relazione. Sarei fondamentalmente interessato a conoscere, in un pi� ampio margine temporale, i reati societari: specificamente l�insider trading. Lei ed i suoi uffici fate riferimento al 2004-2006 e le tendenze sono un poco variegate: complessivamente vi � un aumento sia dell�insider trading che degli altri reati societari, per� con una diminuzione nel 2005-2006. Sarei interessato ad un ordine temporale pi� vasto; fondamentalmente vorrei conoscere la situazione precedente e successiva all�entrata in vigore della legge che disciplina la societ� per azioni, in maniera tale da capire bene se la disciplina sia stata o meno incisiva in generale.

Le pongo inoltre una domanda pi� specifica, signor generale, su una questione cui non ha fatto riferimento, anche perch� oggetto dell�audizione � la sicurezza strettamente intesa: vorrei conoscere la valutazione della Guardia di finanza - e la  sua, naturalmente, come suo massimo esponente - sui reati dei cosiddetti�colletti bianchi� negli ultimi dieci anni. Vorrei sapere se vi � una tendenza alla diminuzione o invece una certa collusione tra mondo legale e mondo illegale, fra il mondo dell�impresa ed il mondo dell�illegalit�. Dico questo non per �sparare nel mucchio�, come suol dirsi, perch� ho in mente specificamente, signor generale, la vicenda della Impregilo ad esempio per quanto riguarda i rifiuti in Campania (dico della Impregilo proprio per non �sparare nel mucchio�in generale, perch� vi sono dei casi specifici) e...

DONATO BRUNO. E cosa c�entra con la Guardia di finanza?

FRANCO RUSSO. Vorrei capire qual � la valutazione che si d� su questo. L�Impregilo, come ben sa, presidente - mi rivolgo a lei -, ha utilizzato delle discariche della camorra. Quindi vorrei capire se vi � una diffusa utilizzazione...

PRESIDENTE. Vuole sapere, onorevole Russo, se per i reati di competenza specifica della Guardia di finanza vi sia stato un incremento o meno...

FRANCO RUSSO. Esatto: se vi � stato un incremento o meno.

Infine, vi sono stati - e questo � sicuramente di competenza della Guardia di finanza -fenomeni come quelli di Fiorani e Ricucci: vorrei appunto sapere se vi � stato un incremento o un decremento, perch� - le ripeto - dai dati dell�ultimo triennio pare che nel complesso vi sia stato disgraziatamente un aumento, anche se vi � una flessione nel 2005-2006. Probabilmente, analizzando solo un triennio la tendenza non � cos� ben chiara. Se fosse possibile chiarire questo punto, le sarei profondamente grato.

DONATO BRUNO. Ringrazio il comandante generale della Guardia di finanza e mi associo agli auguri per un buon lavoro.

La ringrazio per la relazione ampia. Mi interessava sapere da lei - mi rendo conto che � solo all�inizio, ma proprio perch� � all�inizio- se abbia intenzione o meno di incentivare l�aggiornamento del Corpo, il quale gi� nella sua specialit� � - devo dire - una pietra miliare, soprattutto per taluni reati. Questo proprio perch� ritengo che vi sia bisogno di un raccordo, per esempio, tra coloro che procedono alle ispezioni e le commissioni tributarie. Vorrei capire se esiste questo raccordo e se � continuativo. La domanda mi sorge - e quindi volevo su questo una sua risposta, non immediata - poich� a seguito di una serie di contestazioni che i membri della Guardia di finanza normalmente fanno (sono poi gli ammontari che vengono indicati statisticamente) non viene rappresentato quanto � l�effettivo contenzioso incassato n� quali sono i tempi dell�incasso.

Di qui discendono alcune considerazioni. In primo luogo, quindi, la professionalit� di coloro che svolgono gli accertamenti; in secondo luogo, il raccordo - come ho detto prima - con le commissioni tributarie; in terzo luogo, chiedo se non sia possibile, piuttosto che indicare importi che destano a volte veramente molta preoccupazione nell�opinione pubblica, identificare esattamente nel particolare qual � l�eventuale contestazione, e quanto poi lo Stato realmente incamera per effetto delle contestazioni stesse.

Certamente le vostre scuole sono altamente rappresentate ed hanno una valenza riconosciuta da tutti. Temo per� che la scuola formi e poi non continui a dare quell�aggiornamento necessario, che invece i rappresentanti della Guardia di finanza devono avere proprio per fatto istituzionale. Mi rendo conto che anche questo pu� comportare un onere di spesa non indifferente, ma forse su questo comparto vale la pena di soffermare l�attenzione, perch� - ripeto - il cittadino rimane frastornato nel momento della contestazione, i tempi sono lunghissimi e i risultati poi sono risibili.

Vorrei dunque sapere se su questi tre punti ritiene di poter intervenire e dove intende intervenire.

MAURIZIO TURCO. Vorrei soffermarmi in particolare sull�organizzazione ed il funzionamento della Guardia di finanza, a partire da due nuclei speciali che ne sono - almeno a mio avviso - il fiore all�occhiello: il Nucleo repressione frodi comunitarie e il Nucleo speciale frodi telematiche. Sappiamo che i loro �superesperti�, proprio per la loro formazione e la loro capacit�, sono oggetto di attenzione da parte del mercato esterno. Non pensa che, dopo aver formato queste persone, bisognerebbe anche trovare dei modi per trattenerle in servizio e non invece, per ragioni anche abbastanza banali, consegnarle al libero mercato? Questa � la prima domanda.

La seconda domanda verte in particolare sul Nucleo speciale frodi telematiche, che � davvero conosciuto e riconosciuto a livello mondiale. Non vorrei dimenticare che ha assicurato alla giustizia gli hackerche avevano violato il Pentagono, la Nasa e diversi governi stranieri. I loro esperti sono utilizzati dai governi di diversi Paesi. Vi � un qualcosa che per me � incomprensibile: perch� la Polizia e il Viminale, per saggiare e difendere le proprie reti telematiche, hanno fatto ricorso ad un servizio privato, ossia a quello della Telecom? Avevate avuto la richiesta ed eravate troppo impegnati su altri fronti, o questa richiesta non vi � mai pervenuta? E vorrei sapere se questo Nucleo speciale frodi telematiche abbia una qualche competenza sulle reti telematiche nazionali, per esempio rispetto al controllo su come vengono assicurate tutte le rilevanze delle intercettazioni, ovvero se vi sia un controllo da parte di questo nucleo. Questa, diciamo, era anche la nota positiva sul Corpo.

Noi radicali, penso una ventina di anni fa, presentammo un quesito referendario volto a �smilitarizzare� la Guardia di finanza. Abbiamo poi saputo che la Corte costituzionale, anzich� usare gli occhi per leggere la Costituzione, quella notte fu molto impegnata ad ascoltare dei suggerimenti. Detto questo, continuiamo ad essere per la�smilitarizzazione� della Guardia di finanza e penso che alcune attivit� -specie quelle di punta - non avrebbero alcun bisogno, a nostro avviso, di questa struttura. D�altronde la caratteristica militare fu acquisita dal Corpo per ragioni estranee alle proprie funzioni, ossia nel periodo della prima guerra mondiale per poter avere pi� truppe da mandare a combattere. Non so se in seguito vi furono anche altre ragioni.

Per� dico: proprio una struttura militare, come fa a non avere il controllo dei propri membri? Voglio dire: tutti gli scandali nazionali - dal caso Ricucci a quello Moggi, dal caso Storace al caso Sismi - vedono coinvolti appartenenti al Corpo della Guardia di finanza. Non so se lei, generale, vede qualche ragione particolare per spiegare ci� che accade.

Vi � poi la questione, che secondo me deriva sempre dalla strutturazione militare, dell�alto numero - a mio giudizio - di controversie che vedono in lite i militari della Guardia di finanza contro il Corpo dal quale dipendono. Se avete una articolazione volta a seguire il contenzioso, le sarei grato se potessimo avere dei numeri e comprendere le ragioni di questo contenzioso: soprattutto se � legato alle promozioni al grado superiore da parte di ufficiali generali ed in particolare quali sono le risposte dei TAR.

Infine nella parte finale della sua relazione, laddove si affronta il tema delle risorse economiche e finanziarie, mi � parso di capire che soprattutto per quanto riguarda i fitti - immagino quindi in relazione al rimborso per affitti a seguito di trasferimenti - vi sia un ritardo tra l�anticipo versato dal soggetto trasferito ed il rimborso versato dalla Guardia di finanza. Anche sulla programmazione dei trasferimenti annuali, sui fondi stanziati per coprire questi trasferimenti, accade che non vi siano i denari necessari per farvi fronte. Su dette questioni, se fosse possibile vorrei comprendere un poco pi�  approfonditamente come � organizzata e come funziona la Guardia di finanza da questo punto di vista.

PRESIDENTE. Spero che anche qui vi sar� un impegno comune quando affronteremo nella legge finanziaria, per le parti che ci riguardano, il cosiddetto �comparto sicurezza�. Lo abbiamo detto per l�Arma dei carabinieri, per la Polizia di Stato e cos� via: ci preme particolarmente che vi siano risorse adeguate alle funzioni e ci� costituir� un impegno che assumeremo insieme.

Considerato che le questioni sollevate dai deputati sono numerose e complesse, secondo quanto convenuto con il comandante generale, faremo pervenire ai suoi uffici nel giro di qualche giorno il resoconto stenografico, in modo tale che possa rispondere per iscritto in un arco di tempo ragionevole. Lo ringrazio molto per la completezza e la chiarezza del suo intervento.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 17,15.


 

 

 

 


 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

7.

 

 

Seduta di LUNEd� 5 NOVEMBRE 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 16,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali del personale dell�Arma dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di Finanza, del Corpo della Polizia penitenziaria, del Corpo della Polizia di Stato e della Polizia locale.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia, l�audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali del personale dell�Arma dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di Finanza, del Corpo della Polizia penitenziaria, del Corpo della Polizia di Stato e della Polizia locale.

Per dare un ordine ai nostri lavori, poich� le iscrizioni a parlare avvengono sulla base delle richieste pervenute e suppongo che interverranno tutte le organizzazioni presenti, invito i presenti a contenere la durata degli interventi tra sette e dieci minuti.

Chiedo ai nostri ospiti di illustrare, sulla base della specifica esperienza di ciascuno nell�ambito della propria organizzazione, i problemi prioritari, gli obiettivi da perseguire, i problemi relativi ai mezzi normativi, strutturali e finanziari e quant�altro. Questo � il quadro delle questioni di nostro interesse e vi preghiamo di attenervi ad esso.

I colleghi deputati che seguono l�indagine conoscitiva sono presenti. Se ci sar� tempo sufficiente, essi potranno porre alcune questioni una volta che i rappresentanti delle diverse organizzazioni sindacali avranno svolto il loro intervento. Spero che avremo il tempo per farlo, in modo che, ove si renda necessario, possiate incrociare le vostre osservazioni su quanto ascoltato.

Do ora la parola ai nostri ospiti.

FILIPPO SALTAMARTINI, Segretario generale del SAP. Signor presidente, ringrazio lei e tutta la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati per questa indagine, che � molto importante per valutare il livello di sicurezza nel nostro Paese. Mi atterr� scrupolosamente ai tempi che lei ha cortesemente indicato. Vorrei sottolineare che abbiamo seguito i lavori della I Commissione e che annettiamo grande importanza al loro svolgimento. Probabilmente, questa indagine conoscitiva rievoca ci� che da tanti anni rivendicavamo, ossia il fatto che il Parlamento dedicasse pi� tempo ai problemi  della sicurezza, al fine di evitare il rischio di portare avanti una politica del diritto e della sicurezza connotata da fatti emergenziali e da decreti-legge, come quella seguita nel nostro Paese all�incirca dal 1969 ad oggi.

Sarebbe necessario, invece, che tutta la politica della sicurezza fosse accompagnata da un esame pi� approfondito. Pertanto, il SAP rinnova l�idea di ricostituire la famosa Commissione interni. Nella Commissione affari costituzionali, non c�� spazio per seguire tutto, dalla riforma costituzionale a tutti gli altri provvedimenti di sua competenza.

Entrer� subito nel dettaglio dei temi che vorrei affrontare. Il primo riguarda la revisione di tutta la legislazione speciale in materia di pubblica sicurezza, che � fuori dal codice penale, in un�ottica maggiormente rispondente ai postulati moderni dello Stato di diritto e dell�evoluzione della normazione anche a livello europeo. Si pensi al rilievo che il diritto alla sicurezza sta assumendo e ha assunto nel trattato che adotta la Costituzione europea - sebbene questa non entrer� mai in vigore -, ma anche a tutta la politica degli Stati dell�Unione europea, indirizzata a intervenire in maniera pi� decisa per assicurare non la sicurezza, ma l�esercizio dei diritti inviolabili a rilevanza costituzionale.

A livello normativo, questo percorso si pu� seguire attraverso rafforzando l�idea che emerse con la riforma dell�ex Corpo delle guardie di pubblica sicurezza del 1981, ma, nonostante le affermazioni rese in Parlamento, si sta affermando una tendenza assolutamente inversa. Pensiamo al decreto-legge che � stato emanato dal Governo e all�attribuzione del potere di espulsione dei cittadini extracomunitari in capo alla figura del prefetto.

In questa sede non intendo sostenere, in quanto funzionario di Polizia, un�esigenza legata a interessi corporativi o dei funzionari di pubblica sicurezza, ma desidero ricordare a me stesso che l�autorit� di pubblica sicurezza a rilevanza costituzionale, prevista dagli articoli 13, 16 e 21 della Costituzione, � il questore, che ha una competenza tecnica.

Viceversa, tutta la legislazione approvata negli ultimi anni ci porta a porre al centro del sistema la figura del prefetto, in controtendenza, peraltro, con la riforma costituzionale attuata con la legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha ampliato la potest� legislativa e normativa delle regioni e potenziato il sistema delle autonomie locali.

Rileggendo quella riforma costituzionale, emerge chiaramente, anche alla luce di quanto sostiene la Corte costituzionale, che, per ordine pubblico e sicurezza, si intendono, seppure in termini di endiadi, tutte quelle attivit� dirette a contrastare la criminalit�.

Nel nostro Paese, essa � contrastata da una struttura tipica che fa capo al Ministro dell�interno, autorit� nazionale di pubblica sicurezza, il quale risponde di fronte al Parlamento, e, a livello locale, dalle autorit� provinciali di pubblica sicurezza, che non possono che essere le figure tecniche costituite dai questori e dai funzionari di pubblica sicurezza.

Affermo ci� perch� il decreto-legge che giunger� all�esame della Camera introduce questo meccanismo: la questura adotta il provvedimento, che viene poi portato alla firma del prefetto. Bisognerebbe spiegare per quale motivo, all�interno di un sistema che dovrebbe essere canonizzato e indirizzato a garantire l�efficienza, l�imparzialit� e il buon andamento della pubblica amministrazione, ci sia questa superfetazione assolutamente inutile.

Veniamo poi alla struttura dei servizi di polizia giudiziaria e al contrasto alla criminalit� organizzata. L�operazione che � stata eseguita oggi a Palermo dai servizi di polizia giudiziaria della Polizia di Stato non rappresenta un caso, ma costituisce il frutto di una lunga indagine e dell�impegno di professionalit� assolutamente spiccate. In questa direzione, vorrei sottolineare il fatto che, anche se la maggior parte delle operazioni antimafia, dalla strage di Falcone in poi, sono state condotte dai servizi di polizia giudiziaria, come lo SCO, il GICO e altri, gli appartenenti a tali servizi non percepiscono il  trattamento economico accessorio (TEA), che corrisponde a un�indennit� di mille euro.

Quindi, in Italia la situazione � la seguente: chi ha arrestato i mafiosi e ha assicurato alla giustizia - come confermato dai processi che sono seguiti - gli appartenenti a Cosa nostra percepisce una retribuzione di mille euro in meno rispetto agli appartenenti alla DIA e ai servizi segreti. Evidentemente, quindi, qualcosa non funziona, anche sul piano costituzionale della parit� di trattamento e della proporzionalit� tra retribuzione e funzioni.

Signor presidente, l�altra questione che intendo sottolineare deriva dal fatto che il comparto sicurezza e difesa, seppur tenuto fuori dalla privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, subisce pesanti penalizzazioni per il fatto che tutta la contrattazione collettiva risente di aumenti pari al tasso di inflazione programmata e non tiene conto della specificit� delle prestazioni che le forze dell�ordine svolgono.

Per spiegare esattamente a cosa alludo, faccio presente che il contratto di lavoro 2006-2007, entrato in vigore in questi giorni, oltre al tasso di inflazione programmata, che non � altro che una specie di ristoro o di risarcimento per la perdita del potere di acquisto, prevede un incremento di 80 milioni di euro, che, diviso per 420 mila soggetti, determina un aumento di soli cinque o sei euro.

Per un poliziotto, che ha una retribuzione di 1.200 euro al mese, ci� significa essere prossimi alla soglia della povert�. Vi � anche in questo caso una lesione evidente, dovuta a un trattamento assolutamente sperequativo.

Il SAP (che � il secondo sindacato di polizia con 20 mila agenti) lo scorso anno ha dovuto organizzare una manifestazione proprio per protestare contro questa situazione. Ci auguriamo che la legge finanziaria- che arriver� presto all�esame di questo ramo del Parlamento - possa cambiare la situazione attuale. Vi �, infatti, una sensazione di estremo disagio tra tutti gli appartenenti alle forze dell�ordine, assolutamente giustificato per il fatto che, a fronte di un aumento di cinque euro, l�anno scorso la pressione fiscale � aumentata di quattro punti per quell�agente di polizia che � prossimo, alle soglie della povert�.

Concludo con un�ultima constatazione. Si � a lungo dibattuto in Parlamento in ordine alla costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli episodi del G8; a tale proposito, vorrei sottolineare alcuni aspetti. Nei Paesi, in genere, da molto tempo - almeno dalla rivoluzione francese in poi - l�accertamento delle responsabilit� � di competenza di un giudice ordinario, mentre noi equipariamo la Commissione d�inchiesta ad una sorta di giudice speciale, che � vietato dalla nostra Costituzione. Sottolineo, inoltre, che se vi fossero e se vi sono dei problemi, l�indagine dovrebbe riguardare il modo, il periodo e gli strumenti di formazione del personale delle forze dell�ordine.

Vorrei aggiungere - e concludo veramente - che da vent�anni le forze di polizia non ricevono neppure un codice delle leggi da parte dell�amministrazione. Per un appartenente alle forze dell�ordine che riceve una retribuzione di 1.200 euro al mese diventa difficile acquistare un codice che costa come il premio di produttivit� annuale. Non credo che l�Italia (che � la sesta potenza pi� industrializzata del mondo) si trovi in queste condizioni economiche, mentre il Parlamento (che rappresenta, anche secondo la legge n. 121 del 1981, l�istanza ultima cui noi dobbiamo indirizzare le nostre richieste) credo che debba assicurare giustizia, equit� retributiva e buon andamento.

PRESIDENTE. La ringrazio Saltamartini, anche per le questioni affrontate nell�ultima parte. Signori, tengo a precisare che, per ragioni di garbo, i temi relativi alla Commissione lavoro non possono essere trattati in questa sede, dove ci si deve occupare di sicurezza.

GIOVANNI BATTISTA DURANTE, Segretario generale aggiunto del SAPPE. Signor presidente, la ringrazio per l�occasione  di poter trattare i temi della sicurezza che da sempre sono alla ribalta nel nostro Paese. In effetti ci� che sorprende � che la sicurezza sia spesso trattata come un problema emergenziale in uno Stato come quello italiano. Credo che ci� debba essere detto e sfatato perch�, purtroppo, in Italia le questioni legate alla sicurezza non costituiscono un�emergenza, in quanto riguardano costantemente sia noi tutti sia il Governo attuale, cos� come quelli che lo hanno preceduto. Dunque, � un problema che ci riguarda da vicino e da sempre. Il tema della sicurezza dovrebbe essere, per ogni Governo, il tema prioritario da affrontare con provvedimenti legislativi, ma anche con risorse adeguate. A tal proposito, mi riferisco, evidentemente, alle risorse necessarie da introdurre nella legge finanziaria.

Non voglio dilungarmi molto e cercher� di limitarmi al settore che mi riguarda pi� da vicino, ovvero l�amministrazione e il Corpo di polizia penitenziaria. Sentiamo spesso parlare di certezza della pena, ma con riferimenti, credo, fuorvianti rispetto a quelli che il nostro ordinamento ci impone. Quando sentiamo che chi viene condannato a vent�anni di carcere deve scontare vent�anni di carcere, sentiamo una banalit�, in quanto sappiamo bene che il nostro ordinamento prevede il concetto di flessibilit� della pena per cui chi viene condannato a vent�anni probabilmente, in carcere ne sconter� dieci.

Tuttavia, il problema che si deve affrontare - a meno che non si decida di cambiare completamente il nostro ordinamento - � di fare in modo che chi ha commesso un certo genere di reati non usufruisca di determinati benefici e non ne usufruisca, come avviene molto spesso, automaticamente. Per realizzare ci� credo sia necessario dare molto pi� rilievo all�unica polizia che opera all�interno delle carceri e, per alcuni aspetti, anche all�esterno. Mi riferisco ai necessari collegamenti che questa polizia deve avere con la magistratura di sorveglianza, affinch� possa fornire informazioni ed un contributo utile, cosicch� chi ha commesso determinati reati non torni libero, in breve tempo, nella societ� a commettere ulteriori reati.

� stato emanato di recente un decreto interministeriale (Ministero dell�interno e Ministero della giustizia) che prevede l�accesso della polizia penitenziaria ai controlli delle persone ammesse alle misure alternative. Riteniamo che sia un provvedimento da rendere effettivo al pi� presto, non solo nei capoluoghi di provincia - come avverr� ora - ma in tutte le realt� dove vi sono gli uffici di esecuzione penale esterna. Inoltre, ritengo opportuno che la polizia penitenziaria debba collaborare a pieno titolo con le altre forze di polizia, anche nelle attivit� investigative. � di recente costituzione il nucleo centrale investigativo della polizia penitenziaria proprio per l�attivit� di contrasto alla criminalit� mafiosa e organizzata. Si tratta di un provvedimento che abbiamo sollecitato da sempre e che finalmente sta trovando attuazione.

PRESIDENTE. Mi spieghi: c�� un nucleo investigativo della polizia penitenziaria in relazione a competenze sulla criminalit� organizzata all�interno degli istituti?

GIOVANNI BATTISTA DURANTE, Segretario generale aggiunto del SAPPE. No, all�interno del dipartimento.

PRESIDENTE. Si tratta delle organizzazioni criminali dentro gli istituti penitenziari?

GIOVANNI BATTISTA DURANTE, Segretario generale aggiunto del SAPPE. S�. Il nucleo agisce su delega dell�autorit� giudiziaria e della Direzione nazionale antimafia. Riteniamo che sia un tipo di attivit� da potenziare e incrementare, non perch� vogliamo sostituirci alle altre forze di polizia, ma perch� riteniamo che sia utile ed indispensabile fornire tutta la collaborazione necessaria per il contrasto alla criminalit� organizzata e per fare in modo che chi sta all�interno del carcere non continui ad avere contatti con l�esterno.

Queste sono alcune iniziative che la nostra amministrazione ha posto all�attenzione del Ministero della giustizia in questi ultimi tempi e credo che anche il Parlamento debba occuparsi di questi temi, anche modificando la legislazione che impedisce la diretta partecipazione della polizia penitenziaria agli organismi interforze.

Ci� � quanto ritenevo opportuno evidenziare. Ringrazio ancora per l�opportunit�.

EUGENIO SARNO, Coordinatore generale della UIL-PA/PP. Signor presidente, cercher� di rimanere nei limiti di tempo che ci avete assegnato. Sui tempi della convocazione (che noi apprezziamo molto) devo dire che se il Governo si fosse comportato allo stesso modo, probabilmente, avrebbe agevolato il suo stesso compito, perch� trovarsi di fonte a decreti-legge emanati senza un minimo di consultazione, in un certo senso sminuisce anche la convocazione odierna.

Non voglio pensare che questa convocazione derivi da quello che � piuttosto un approccio emotivo alla questione sicurezza, con tutto il confronto che si � aperto nel Paese. Come sosteneva qualcuno precedentemente l�emergenza sicurezza, ormai, non � solo un�emergenza, ma qualcosa di consolidato e radicato nel nostro Paese. Chi garantisce la sicurezza nel quotidiano, in quanto svolge il proprio lavoro, ha lanciato gli allarmi gi� da molti anni (lei, presidente, lo ricorder� avendo partecipato anche a qualche nostro convegno).

Nel 1993 gi� fornivamo delle indicazioni piuttosto preoccupanti sulle conseguenze per i flussi migratori, sia all�interno degli istituti, sia, soprattutto, nel tessuto sociale. Oggi, infatti, dobbiamo riscontrare che il 60 per cento dei detenuti � di origine non italiana e ci� rileva anche in fatto di mancata prevenzione.

Sento parlare molto di certezza della pena, spesso ascoltando cose non condivisibili e che hanno un riflesso diretto anche all�interno degli istituti di pena. Sottolineo come sia io personalmente, sia l�organizzazione che rappresento, ci siamo battuti, anche in tempi non sospetti, affinch� si approvasse il provvedimento relativo all�indulto, ritenendolo una condizione necessaria per ridare civilt� alla detenzione. Tutti quanti sappiamo, infatti, come gli istituti di pena fossero sovraffollati, in quali condizioni i detenuti erano costretti a vivere la loro detenzione e come gli stessi operatori penitenziari dovevano subire sulla propria pelle quelle condizioni di incivilt�.

L�indulto, quindi, � stato una misura necessaria, i cui effetti, per�, stanno quasi per svanire, perch� il trend di ingressi fa registrare un saldo attivo rispetto alle uscite (si parla di circa 650-700 detenuti in pi� al mese): non vorrei che si creassero le condizioni di tensione verificatesi immediatamente prima dell�approvazione della legge sull�indulto. Sapete che l�indulto, oltre alle condizioni di cui ho parlato, si era reso necessario perch� eravamo sulla border line di una rivolta generalizzata: gli istituti erano una polveriera. Adesso, sentir parlare un giorno s� e l�altro pure di modifiche alla legge Gozzini e di maggiore ricorso alla custodia cautelare genera all�interno degli istituti uno stato di tensione.

La legge Gozzini, probabilmente, nel corso di questi anni ha consentito una gestione della detenzione - lasciatemi passare il termine - �pacifica�. Credo che il punto non sia tanto incidere sulla legge Gozzini, quanto incidere sulla possibilit� di accedere ai benefici che la legge Gozzini medesima prevede: si tratta, quindi, di un discorso che deve coinvolgere anche la magistratura ed il poliziotto penitenziario, il cui lavoro si potrebbe rivelare prezioso soprattutto riguardo alle relazioni che accompagnano la concessione dei benefici. Tale figura professionale, ogni giorno, ogni ora e ogni minuto segue il detenuto nelle stazioni e pu� evidentemente determinare la possibilit� che lo stesso sia reinserito all�interno della societ�.

Come rilevava anche il dottor Durante in precedenza, uno dei temi che preoccupano, riguardanti la certezza della pena, � il maggior ricorso - cos� ci sembra di aver  letto - alla custodia cautelare. Bisognerebbe capire che non si dovrebbe agire solo dal punto di vista emotivo, ma che, se proprio vi � questa necessit�, bisogna affrontare la questione a 360 gradi. Intanto, solleciterei il Parlamento a rivolgere particolare attenzione nei confronti del sistema penitenziario e dell�edilizia penitenziaria. Nel 2001 fu approvato un pacchetto di edilizia penitenziaria: i tempi sono quelli che sono, nel frattempo potremmo avere difficolt� ad allocare i detenuti.

Abbiamo condiviso molto positivamente le indicazioni del Ministro Mastella rispetto a un maggior ricorso alle misure alternative alla detenzione, che potrebbe apparire, ad una prima lettura, superficiale, in contraddizione con l�invocato principio della certezza della pena. Credo, invece, che possiamo garantire la certezza della pena anche attraverso un maggiore ricorso alle misure alternative, perch� � orientamento europeo che la detenzione debba essere l�extrema ratio. Ovviamente, per garantire la certezza della pena anche a quei soggetti che sono sottoposti a misure alternative, bisogna assicurare i controlli, che oggi - lo sappiamo - o non vi sono del tutto o, quanto meno, sono molto limitati. � necessario, quindi, un decreto interministeriale (del Ministro della giustizia e di quello dell�interno) che organizzi questo sistema di controllo, affidandolo alla polizia penitenziaria. Se cos� deve essere, � necessario, per�, che il Parlamento, anche in sede di approvazione della legge finanziaria, sblocchi il turn over e preveda assunzioni per il Corpo della polizia penitenziaria.

Ancora con riferimento al sistema penitenziario, credo che bisognerebbe agire riguardo a una condizione che tutti gli operatori penitenziari, con la loro competenza, hanno da molto tempo rivendicato (sulla quale credo che lei, signor presidente, convenga con noi): mi riferisco all�organizzazione in circuiti penitenziari e, quindi, alla selezione dei detenuti. Ci�, sia per concentrare in maniera maggiore o minore il discorso del trattamento, sia per dare agli operatori dell�area trattamentale la possibilit� di seguire con pi� omogeneit� alcuni detenuti e agli operatori della sicurezza la possibilit� di concentrarsi soprattutto rispetto ad una tipologia di detenuti.

Con riferimento al Nucleo investigativo centrale che � stato organizzato presso il Dipartimento dell�Amministrazione penitenziaria, credo che esso tragga origine da un�indicazione lasciata quasi come testamento da Falcone e Borsellino, i quali affermavano che il carcere � un pozzo di informazioni che non si pu� disperdere: aver organizzato tale Nucleo di investigazione centrale, pertanto, serve a rendere agli organi di polizia maggiori informazioni.

NICOLA RAGGETTI, Presidente del COCER Carabinieri. Signor presidente, la ringrazio per averci dato la possibilit� di prender parte a questa audizione e di illustrare il nostro punto di vista sul problema della sicurezza. Non spetta a me, come presidente del COCER, parlare di quello che esula dai miei compiti, e cio� del funzionamento, dell�operativit�, della struttura e dell�attivit� operativa dell�Arma dei carabinieri, perch� credo che proprio dinanzi a questa Commissione lo abbia gi� fatto ampiamente il Comandante generale dell�Arma. Sicuramente, per�, occupo una posizione di privilegio e sono in un osservatorio privilegiato per conoscere il pensiero del nostro personale e il morale di quegli uomini che sono chiamati a dare attuazione al �pacchetto� di norme emanate periodicamente per garantire e assicurare la sicurezza dei cittadini. Limiter� il mio intervento, quindi, soltanto a tale aspetto, anche per rientrare nei famosi cinque o dieci minuti.

Non posso nascondere che in questo momento il personale dell�Arma vive uno stato di profondo disagio e di delusione. Mi spiego meglio. Il Governo, sin dal suo programma, ma poi anche nel documento di programmazione economica e finanziaria, nel Protocollo allegato al rinnovo del contratto e in tanti altri documenti ha sempre posto al vertice delle sue priorit� il problema della sicurezza. Soprattutto  nel Protocollo allegato al rinnovo del contratto, in cambio di un�accresciuta operativit�, l�Esecutivo si � impegnato, nella persona del Presidente del Consiglio - lo abbiamo sottoscritto tutti quanti noi qui presenti - a trovare una soluzione alle problematiche che maggiormente colpiscono il personale del comparto sicurezza, che, ripeto, deve dare attuazione alle diverse norme.

Basta leggere la legge finanziaria per rendersi conto del fatto che tutte quelle promesse siano state, in realt�, disattese. Un esempio per tutti: il blocco delle assunzioni. L�Arma dei carabinieri, in questo momento, lamenta un sottoorganico intorno alle 6.500 unit�, che si traduce, in media, in 6 mila servizi in meno (tenuto conto che svolgiamo ancora servizi �spezzati�). Qualcuno si lamentava della mancanza di benzina: non voglio parlare di questioni che mi sembrano superflue e, scusatemi l�espressione,�terra terra�, anche perch� il Comando generale, sotto tale aspetto, � stato molto oculato, formulando una scala di priorit�, secondo la quale, fino alla fine dell�anno - anzi, fino ai prossimi mesi dell�anno prossimo - saranno assicurati la benzina, il vestiario e le esigenze primarie delle strutture.

Certo � che il parco automezzi sta inevitabilmente invecchiando. Prima dicevo a un giornalista che � difficile chiedere a un proprio collaboratore e a un proprio dipendente di effettuare un inseguimento con una macchina che ha 200-300 mila chilometri: i mezzi sono vecchi, obsoleti e richiedono una voragine di soldi per la manutenzione. Giustamente, quindi, il Comando generale eliminer� dalla linea di volo una parte degli elicotteri che oggi garantiscono la sicurezza dei cittadini, eliminer� dal mare una parte significativa delle nostre motovedette e dal nostro parco autoveicoli oltre 3 mila automezzi.

Tutto questo si riflette sulla sicurezza dei cittadini, � inevitabile! Perci� avevamo chiesto al Governo di emanare dei provvedimenti, anche a costo zero, perch� nessuno ci deve dire che siamo attaccati ai soldi. Ad esempio, avevamo chiesto il riconoscimento della specificit� di questo comparto, c�� stato risposto che nel protocollo allegato il Governo aveva compreso tale nostra esigenza e si era impegnato a riconoscere la nostra specificit�; invece, nella legge finanziaria si usano allocuzioni contorte per parlare di specificit�, ma non vi � neanche l�ombra di un provvedimento legislativo. Vi sono problemi quali il riordino dei ruoli, delle carriere, nonch� della rappresentanza militare, che � a costo zero e la stiamo reclamando da tanti anni; perch� noi del COCER non dovremmo avere la stessa dignit� giuridica di sederci al tavolo delle trattative al pari delle organizzazioni sindacali? � ci� che si chiede il nostro personale e - lo ripeto - si tratta di provvedimenti a costo zero; ciononostante, non � stato fatto alcun cenno ad essi.

Malgrado questi tagli continui - per i quali, sia ben chiaro, non voglio imputare la responsabilit� all�attuale Governo, perch� il problema non � di oggi in quanto veniamo da anni in cui vi sono stati tagli ripetuti e per questo siamo arrivati al limite di sopportazione - l�Arma dei carabinieri ha continuato a operare in maniera estremamente efficace. Non voglio commettere errori, pertanto mi limito a leggere dei dati che credo gi� conosciate: nel 2006 abbiamo registrato un incremento del 15 per cento dei servizi esterni e soltanto l�Arma dei carabinieri ha ricevuto sul territorio pi� del 69 per cento delle denunce presentate a tutte le forze di polizia e questo trend in aumento si conferma anche nel primo semestre dell�anno in corso. Sono state compiute delle scelte di effettuare tagli che sono state anche oculate, ma che inevitabilmente si riflettono sul benessere e sul morale di quel personale che deve dare attuazione alle norme, non mi stancher� mai di ripeterlo.

Quindi, ritengo che il Parlamento abbia ancora la possibilit� di modificare la legge finanziaria perch� non credo sia giusto continuare a chiedere ulteriori sacrifici al personale di polizia. � importante che il Parlamento ci dia un segno concreto dell�attenzione che nutre verso i problemi  della sicurezza dello Stato e del benessere del personale che serve il Paese in uniforme.

GIUSEPPE DE MATTEIS, Segretario nazionale SIULP. Signor presidente, per il SIULP una delle cose peggiori da fare � quella che stiamo facendo: discutere di problemi delicati e complessi come quello della sicurezza sull�onda dell�emergenza...

PRESIDENTE. No, mi scusi dottor De Matteis, questo lavoro della Commissione � in corso da un anno e voi siete stati convocati alcune settimane fa, quindi l�emergenza non c�entra niente. Vorrei che ci� fosse chiaro, altrimenti non ci capiamo. La prego di continuare.

GIUSEPPE DE MATTEIS, Segretario nazionale SIULP. Signor presidente, la mia affermazione non era rivolta a lei. Diciamo che la cosa migliore da fare � parlare della sicurezza quando non si � all�indomani di un fatto che desta emozioni nell�opinione pubblica. Secondo il SIULP la sicurezza � un fatto che richiede essenzialmente due cose: equidistanza rispetto agli interessi in gioco e, soprattutto, capacit� di pianificazione per quanto riguarda gli interventi. A nostro giudizio la sicurezza esige oggi pi� che mai interventi strutturali che non possono essere delegati a interventi �tampone� come a volte appaiono essere alcuni pacchetti sicurezza.

In tema di sicurezza � stato fatto molto negli ultimi anni, siamo obiettivamente lontani dai livelli degli inizi degli anni Novanta, per� vi � ancora molto da fare. Ultimamente il Dipartimento dell�interno ha molto insistito sul tema della percezione della sicurezza, ossia sul modo in cui il cittadino intende la sicurezza. Sono stati creati, quindi, esempi anche positivi di gestione dell�immagine della Polizia di Stato quali, ad esempio, il poliziotto di quartiere, il pattugliamento del territorio tramite reparti mobili, i posti di controllo soprattutto nelle periferie, e altro. Avvisiamo, per�, che ormai anche questo filone della percezione dell�insicurezza � venuto ad esaurirsi; occorrono quindi interventi concreti sul piano dell�apparato.

Al di l� del riscontro puramente statistico, � necessario recuperare la cultura e la professionalit� della polizia giudiziaria studiando anche dei moduli d�intervento che le riconoscano una maggiore autonomia rispetto al pubblico ministero che con il codice di procedura penale del 1989 � diventato dominus dell�indagine, ma non � mai diventato responsabile dei servizi di polizia dei quali l�attivit� di polizia giudiziaria � soltanto uno dei molteplici aspetti. Occorre recuperare una formazione professionale per gli addetti ai servizi di polizia giudiziaria e orientarsi verso un coordinamento tra servizi centrali e servizi territoriali.

Per quanto concerne la Polizia di Stato, oggi il vero nodo del problema riguarda, per�, anche il deficit di organico; la possibilit� di sostituire i poliziotti che vanno in pensione inizia, infatti, a essere veramente in pericolo. Il dato ufficiale del Ministero dell�interno ci dice che al 30 settembre 2007 nell�organico della Polizia di Stato, che secondo un decreto del 1989 ammonta a 107 mila operatori, vi � un deficit gi� accumulato di 5.700 poliziotti. A questo deficit si deve sommare il dato di 1.300 poliziotti che ogni anno cesseranno il servizio per raggiunti limiti di et�; quindi 1.300 cesseranno nel 2008, 1.300 nel 2009 e altri 1.300 nel 2010. La sola Polizia di Stato entro il 2010, sommando i 5.700 ai 3.900 poliziotti, perder� quasi 10 mila operatori. Il dato ufficiale che ci viene fornito dalla legge finanziaria � che verranno assunti 4.500 operatori entro il 2010, da dividere tra le cinque forze di polizia e da esso bisogna partire se davvero si vuole mettere mano ai problemi reali della sicurezza.

Siamo sempre pi� convinti che in tema di sicurezza non siano ammessi miracoli; non � possibile diminuire le risorse e aumentare il livello di sicurezza! Purtroppo (o per fortuna) � venuto il momento di porre ancora una volta mano all�articolo 6 della legge n. 121 del 1981 che pone le basi per un coordinamento reale e non virtuale delle forze di polizia. Oggi siamo - e ci dispiace esserlo - il Paese in Europa che ha il pi� alto rapporto  tra operatori di polizia e cittadini; questo dato per� � falsato dal fatto che in mancanza di un coordinamento reale tra Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria e forestale vi sono reati per i quali � ammessa contestualmente l�attivit� d�indagine da parte di pi� forze di polizia e vi sono reati sui quali nessuno indaga. Il risultato concreto della mancanza del coordinamento reale (perch� quello virtuale bene o male � stato sperimentato) tra le forze di polizia, � rappresentato dal fatto che, come ha affermato il procuratore generale della Corte di Cassazione all�inaugurazione dell�anno giudiziario, una percentuale di gran lunga superiore al 90 per cento dei reati commessi in Italia (si parla di quasi 5 milioni di reati) rimane senza un colpevole accertato. Questo � un dato concreto che sicuramente ha risvolti anche sulla percezione di insicurezza che pervade sempre di pi� il cittadino e costituisce il secondo piano sul quale bisogna intervenire.

L�evolversi dell�insicurezza e dell�apparato di sicurezza ha permesso alla polizia di adattarsi essenzialmente a due modelli che in Europa hanno avuto un riscontro positivo: quello anglosassone del Bobbyinglese e quello francese dei contratti territoriali per la sicurezza. Entrambi presentano degli aspetti positivi e hanno prodotto risultati positivi, ma entrambi non sono applicabili sic et simpliciter alla realt� italiana. Purtroppo siamo ancora il Paese che ha causato l�origine del fenomeno mafioso e dobbiamo fare i conti con un contesto che vede la microcriminalit� nazionale e degli extracomunitari, o dei cittadini stranieri, comunque inserita in un contesto di macrocriminalit�. Con questo dobbiamo fare i conti, Ecco quindi che vi sono le premesse per costruire un modello nuovo di polizia.

La soluzione della SIULP per costruire un nuovo modello di polizia � questo. Innanzitutto bisogna, quanto prima sia possibile, lavorare per una revisione degli assetti ordinamentali. Noi siamo un corpo di polizia ad ordinamento civile che ancora � strutturato secondo un modello gerarchico militare, che va benissimo per i militari, ma non va bene per la Polizia di Stato. Abbiamo ancora un modulo di intervento a quattro - agente, agente scelto, brigadiere e ufficiale - che comporta un dispendio di energia e una perdita di professionalit�. Il modello che vige in Europa e nei Paesi anglofoni �, invece, diverso. � un modello a due - agente e agente speciale - dove l�agente ha compiti esecutivi e l�agente speciale, possibilmente laureato, ha compiti direttivi-dirigenziali. Dobbiamo quindi, quanto prima, porre le mani ad una riforma delle carriere della Polizia di Stato e delle forze di polizia in genere.

La seconda decisione da prendere � quella di dividere da subito, anche in sede contrattuale, il comparto difesa dal comparto sicurezza, poich� si tratta di professioni evolute, ma differenti. Da questo punto di vista, mi permetto di notare che la scelta fatta di cancellare la possibilit� di accedere direttamente ai ruoli della Polizia di Stato o dell�Arma dei Carabinieri o della Guardia di Finanza o delle altre forze di polizia, riservando questa possibilit� soltanto agli operatori provenienti dall�esercito, � una scelta che, di giorno in giorno, si rivela per noi sempre pi� infelice. Non abbiamo a disposizione, come ci � stato detto, prodotti semilavorati, abbiamo a disposizione per le nostre esigenze prodotti sui quali bisogna investire risorse e ulteriore tempo per riuscire ad avere l�operatore che vada bene per la Polizia di Stato o per altre forze di polizia. Dobbiamo quindi ripristinare, anche per rimpinguare l�organico che diventa sempre pi� deficitario, la possibilit� di accedere ai ruoli della Polizia di Stato per concorso esterno.

Occorre, inoltre, prevedere finanziamenti pluriennali per tutto ci� che concerne la sicurezza. La deficienza di mezzi, che � stata pi� volte espressa in questa sede da chi mi ha preceduto, � conseguenza anche del fatto che non v�� certezza sugli stanziamenti che ogni finanziaria prevede in tema di sicurezza. Per rinnovare il parco auto, per rinnovare gli approvvigionamenti, per rinnovare gli equipaggiamenti bisogna poter contare su  finanziamenti almeno biennali o triennali, perch� tutti sappiamo che quando si fa un contratto con una ditta per la fornitura di auto o di divise, questo contratto non pu� esaurirsi nell�anno solare. Quindi, se bisogna prendere impegni pluriennali, bisogna far fronte con finanziamenti pluriennali.

Presidente, ho finito, chiedo solo di lasciare un elaborato scritto contenente quello che ho detto e altre cose.

PRESIDENTE. La ringrazio e faccio presente anche agli altri oratori che, se hanno documenti scritti, siamo interessati ad averli perch� probabilmente dovranno sintetizzare gli interventi per esigenze di tempo, mentre negli elaborati possono esporre in maniera pi� approfondita il loro pensiero e la loro posizione. � anche possibile trasmetterli alla Commissione successivamente, comunque entro una settimana perch� dobbiamo lavorarci sopra.

GIUSEPPE TIANI, Segretario generale del SIAP. Le far� avere il documento perch� la convocazione � giunta rapidamente e non abbiamo avuto il tempo di predisporlo.

Sintetizzo alcuni concetti. Anzitutto, ringrazio per questa indagine conoscitiva perch� i poliziotti italiani, la stessa amministrazione, sono parzialmente orfani di una Commissione parlamentare di riferimento, essendo noto che gli affari interni siano una competenza residuale della Commissione affari costituzionali. Ringrazio quindi il presidente e la Commissione per la sensibilit� su un tema importante, anche perch�, negli ultimi anni, il crescente bisogno di sicurezza sta cambiando la visione che ha la societ� della sicurezza, ma sta anche emergendo il ritardo degli apparati rispetto alle odierne esigenze della cittadinanza.

Vorrei partire da un concetto generale. Qualche anno fa il bene sicurezza era considerato un bene collettivo; oggi il concetto � cambiato, anche alla luce delle direttive della Corte europea dei diritti dell�uomo. Oggi la sicurezza � un diritto primario e rispetto a questo obiettivo, di servizio al cittadino, ci dobbiamo muovere e inquadrare il problema.

Anzitutto vorrei fare chiarezza rispetto ad un problema ordinamentale, il problema dell�organizzazione del comparto sicurezza e difesa. Appare evidente che l�alveo, il contenitore amministrativo generale dei due comparti non � pi� compatibile con le odierne esigenze, sia per i differenti profili ordinamentali tra Polizia a ordinamento civile e Polizia a ordinamento militare, sia per le diverse funzioni previste e richieste per la difesa.

Alla luce di ci�, vorrei far notare che emergono una serie di difficolt�. Colgo l�occasione per ringraziare - ho letto attentamente gli atti della Commissione -, l�onorevole Boato per il suo intervento nel quale ha ricordato parzialmente, di passaggio, la storia delle forze di polizia del nostro Paese in fase prerepubblicana e repubblicana; il fatto � che questa storia si � modificata, quando probabilmente il sistema funzionava, dopo la legge n. 121 che, sebbene intesa a rafforzare il coordinamento, ha, invece, operato il contrario: il coordinamento ha creato una confusione di ruoli tra le forze di polizia a competenza generale, producendo sovrapposizioni.

Con rammarico leggo cose poco attinenti alla realt� dette dallo stesso capo della polizia e poi dal viceministro Minniti rispetto al ruolo dei sindacati che frenerebbero determinate questioni. Nel caso della Polizia di Stato e dei sindacati della Polizia di Stato, questo non � avvenuto perch� siamo stati disponibili e abbiamo avvallato e partecipato alla chiusura e alla razionalizzazione degli uffici di polizia che non erano efficienti. Ma non si pu� prescindere dal personale, perch� in tutti gli atti parlamentari che questa Commissione ha trattato e le audizioni, manca l�elemento oggettivo che poi fornisce la sicurezza: non � soltanto l�apparato, � l�uomo. Lo ha citato solo il Ministro dell�interno Amato quando ha detto che questo � un lavoro che non pu� essere delegato ai computer perch� ci sono atti, in questo settore, che devono essere posti in essere dall�uomo.

Quindi, anzitutto c�� un problema oggettivo di organico perch�, per ammissione  dello stesso Ministro - il collega che mi ha preceduto ha dato i numeri per la sola Polizia di Stato -, nel giro dei prossimi due anni, saremo sotto di circa 25 mila-30 mila unit�. Ci sono forze che insistono sulla riduzione degli organici perch� non in linea con le polizie europee. Anche questo � un dato in controtendenza e non veritiero perch�, per esempio, la Francia e la Spagna hanno aumentato l�investimento in sicurezza mentre l�Italia lo ha ridotto. Nel nostro Paese abbiamo problemi storici di �ndrangheta, di mafia, di camorra, di terrorismo interno e internazionale, abbiamo, nel sud dell�Europa, la pi� grande tra le coste esposte all�immigrazione.

La mia sigla ha condiviso l�impostazione data dal Ministro Amato quando ha operato il rapporto funzioni-personale. Il Ministro Amato, uomo intelligente, ha sintetizzato la discrasia dell�aumento delle funzioni con poco personale e questo � un dato oggettivo. � stato evidenziato negli atti dei lavori parlamentari che ci sono 22 mila impiegati cosiddetti civili del Dipartimento della PS che non espletano l�attivit� amministrativa interna della Polizia di Stato che in altri Paesi � delegata. Il Ministro ha lasciato intendere che vi sarebbe un progetto secondo il quale questo personale potrebbe passare in carico ai ruoli della Polizia. Le cose non stanno esattamente cos�. Grazie al coordinamento abbiamo 22 mila persone, di cui quasi 10 mila diventati funzionari e predirigenti, che non possono pi� espletare determinate funzioni. I pochissimi poliziotti che sono dentro hanno sostituito quelli che una volta erano dattilografi, archivisti e che erano necessari per sviluppare l�attivit� di polizia. Allora, se c�� un progetto generale di riforma ordinamentale che riguardi gli impiegati civili, non pu� prescindere da un riforma ordinamentale dei ruoli della Polizia di Stato e delle qualifiche che deve riguardare anche la riforma delle carriere. � noto a tutti che noi abbiamo diciannove qualifiche funzionali, eccessive per uno Stato moderno, in quanto una gerarchia cos� lunga e dispersiva crea problemi.

Per quanto attiene al ruolo dell�Autorit� nazionale della sicurezza pubblica, non viene mai citata l�autorit� provinciale e locale. Non ci risulta che vi siano state modifiche legislative in tal senso, tranne il tentativo del comma 439 della finanziaria dell�anno scorso, in cui sono stati istituiti i �patti per la sicurezza�. Non possiamo che essere preoccupati per quanto afferma il viceministro Minniti quando dice apertamente che, attraverso i �patti per la sicurezza� e attraverso l�investimento che i comuni hanno portato alle prefetture per favorire la sicurezza partecipata rispetto ad un impegno di sicurezza nazionale e primaria, i sindaci possano intervenire disponendo addirittura dell�uso delle forze di polizia sul territorio.

Allora, se questi sono i problemi, dobbiamo puntare alla razionalizzazione e alla chiarezza dei ruoli. Si innescano taluni meccanismi perch� c�� una palese esigenza finanziaria, nota a tutti, nel tentativo di distribuire le risorse su pi� livelli di autorit�, da quello nazionale a quello regionale e locale, ma ci� non deve ingenerare confusione nei ruoli, nei compiti e nelle funzioni. Ci preoccupiamo quando il Ministro dell�interno sostiene che i sindaci, poich� partecipano alla gestione del denaro, possono disporre l�utilizzo delle forze di polizia, come � accaduto a Milano in una fase sperimentale o a Napoli; allo stesso modo, ci preoccupiamo quando egli parla della FIR, la Forza di intervento rapido, che altro non � se non �acqua riscaldata� dei cosiddetti nuclei prevenzione crimine, nuclei mobili in grado di effettuare interventi immediati. Non possiamo nascondere il problema della sicurezza dietro nuove locuzioni o nomi diversi che celano soluzioni gi� esistenti: tutto ci� per noi � fonte di grandi preoccupazioni.

Rispetto alla situazione descritta, signor presidente, noi auspichiamo che dall�incontro odierno emerga la possibilit� che le riforme che interesseranno gli impiegati civili dell�amministrazione dell�interno siano simmetricamente estese al personale di Polizia; diversamente, i problemi resteranno sul campo. Tali riforme dovranno riguardare anche il comparto sicurezza, che dovr� essere scisso dal comparto difesa,  la competenza sulle arterie viarie principali e su quelle secondarie e rurali, che non sono attualmente controllate. Ci sono molte �polizie�, dalla municipale alla locale, ma i compiti non sono ripartiti in maniera chiara. Dal momento in cui si � iniziato a parlare di coordinamento, � sorta una confusione di ruoli che non esisteva prima del 1981 e che occorre evitare in tutti i modi.

Signor presidente, lei ha sempre dimostrato sensibilit� verso tali argomenti, pertanto la invitiamo a prendere atto dei fatti che concretamente riguardano la sicurezza, per fornire un serio contributo alla soluzione delle questioni prospettate. In particolare, non si possono ignorare le esigenze del personale, specie quando i sindacati della Polizia di Stato che lo rappresentano hanno risposto positivamente a tutte le richieste di razionalizzazione avanzate, realisticamente e senza opporre alcuna forma di resistenza. Malgrado ci�, non possiamo non considerare che, se il personale di una scuola di polizia viene trasferito a seguito della chiusura della scuola stessa, lo Stato si deve preoccupare di trovargli un alloggio e di conferirgli un�indennit� di trasferimento. La chiave di lettura data dal viceministro Minniti, che noi stimiamo molto, � equivoca sulle possibili forme di resistenza interne all�amministrazione, che a me risultano assenti. Allo stesso modo, � necessario intervenire sulla gerarchia dei ruoli della Polizia.

La ringrazio per il tempo che mi � stato concesso e rapidamente riepilogo quelle che a mio avviso rappresentano delle priorit�: riforma del comparto sicurezza e difesa, perch� gli ordinamenti civili e militari ingenerano confusione e sovrapposizioni, con conseguente dispendio di energie per lo Stato; riforma ordinamentale dei ruoli e delle qualifiche del personale della Polizia di Stato e del personale civile, attraverso idonee soluzioni, perch� sia chiaro che la traccia fornita in questa Commissione non � rispondente alla realt�; infine, adeguamento degli organici e piano di finanziamento. In seguito all�intervento dell�ente europeo, che ha bloccato la legge n. 217 del 1992 e la possibilit� di finanziamento pluriennale, si � giunti all�emanazione del comma 439 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) per poter reperire i fondi per l�acquisto degli automezzi. Oggi, l�et� media di sette anni delle vetture della Polizia non � pi� un parametro utile, a fronte dei 300 mila chilometri percorsi, che le rendono inidonee alla propria funzione.

Signor presidente, la ringrazio e le anticipo che far� pervenire alla Commissione una scheda del mio intervento che conterr� anche alcuni punti che, per brevit�, ho omesso di richiamare.

CLAUDIO GIARDULLO, Segretario generale SILP per la CGIL. Presidente, la ringraziamo per questa indagine conoscitiva, che riteniamo sia un�iniziativa importante perch� la possibilit� per il Parlamento di riappropriarsi di una sfera pi� ampia di competenze e di possibilit� di intervento in materia di sicurezza riveste, secondo noi, un carattere strategico.

A nostro giudizio, infatti, la reiterazione di politiche di emergenza su tale versante deriva anche dalla convinzione che in materia di sicurezza e di impiego delle forze di polizia vi sia una competenza quasi esclusiva dell�esecutivo, qualunque esso sia. Auspichiamo che una maggiore capacit� di intervento del Parlamento possa aiutare ad affermare una logica di misure strutturali, che non siano frutto esclusivo dell�emergenza. In ci� consiste la valenza strategica dell�iniziativa, ancor pi� rilevante per la concomitanza della discussione che il Paese sta portando avanti, non solo in questi giorni ma dall�inizio dell�estate.

Negli ultimi tempi, abbiamo assistito a un dibattito che, visto dalla parte dei singoli operatori delle forze di polizia, a volte � sembrato un po� confuso. Si sono verificati repentini capovolgimenti di alcuni principi maturati negli ultimi anni, primo fra tutti il principio del �diritto penale minimo�, vale a dire la capacit� di utilizzo prudente di risorse preziose e limitate, come quelle delle forze di polizia, nei circuiti giudiziario e penitenziario:  forti orientamenti puntano a un capovolgimento di tale indirizzo. Nello stesso tempo, � mancata l�affermazione dell�idea che, per rafforzare le politiche di sicurezza nel territorio, si debba rivolgere attenzione al funzionamento degli apparati, a partire dal coordinamento delle forze di polizia.

Non nascondiamo le nostre perplessit� in merito agli ultimi indirizzi adottati e alle misure che il Governo si appresta a varare e il Parlamento a discutere, che sembrano mosse da un�ottica emergenziale e non strutturale. Temiamo una possibile confusione sulle reali priorit� in materia di sicurezza e sulla loro corretta collocazione nella scala delle pi� gravi minacce del Paese. Sono tali quelle che riguardano la criminalit� mafiosa e il terrorismo; solo in seguito, riscontriamo le minacce minori, intendendo per tali quelle che promanano dalla marginalit� sociale all�interno del Paese. Esse dovranno essere comunque perseguite, ma non dovranno cambiare il proprio posto nella scala gerarchica delle priorit�.

Esprimiamo perplessit� anche riguardo all�idea forte, che sembra pervadere il �pacchetto sicurezza� e in particolare il decreto che dovrebbe essere varato, per la quale una maggiore sicurezza del Paese � soprattutto in funzione di un intervento normativo, pi� che di un efficace ed efficiente funzionamento degli apparati di polizia. Noi, al contrario, riteniamo che solo attraverso il rafforzamento dell�azione di prevenzione nel territorio e della repressione da parte delle forze dell�ordine si possano garantire maggiori livelli di sicurezza; solo attraverso un pi� incisivo ruolo del coordinamento si possono ottenere questi risultati, e a tal fine riveste un ruolo primario il rafforzamento del controllo del territorio.

Ci� vale per la criminalit� diffusa, ma vale anche per la criminalit� mafiosa. L�arresto, proprio questa mattina, di Salvatore Lo Piccolo, e prima ancora quello di Bernardo Provenzano, sono una riprova dello stretto legame esistente tra il territorio e la criminalit� mafiosa: � nel territorio che si condizionano le attivit� economiche, che si amministra la giustizia, � il territorio che fa di un�organizzazione criminale un�organizzazione mafiosa, e non una semplice banda. Per tale motivo, riteniamo che si debba intervenire sul territorio prima che su ogni altro ambito, e che lo si debba fare non attraverso misure di occupazione ma attraverso misure di conoscenza del territorio in cui si agisce.

Le perplessit� che riguardano il �pacchetto sicurezza� e il disegno di legge finanziaria per il 2008 si trasformano in forti preoccupazioni quando registriamo, oltre alle questioni di indirizzo strategico sul piano politico e culturale volte a definire l�idea di societ� di cui tali misure sono espressione, che la questione strategica e il �pacchetto sicurezza� determinano un inasprimento penale, un maggior carico di lavoro per le forze di polizia, per il circuito giudiziario e per il circuito penitenziario. Non c�� un incremento della capacit� sul piano della formazione, delle risorse e del rafforzamento degli uffici, non viene previsto un rafforzamento della capacit� operativa delle Forze di polizia.

La legge finanziaria di quest�anno consolida il taglio di 241 milioni gi� operato dalla finanziaria dell�anno scorso, risultando quindi in pareggio rispetto a quest�ultima sulla base del disegno di legge presentato. Il consolidamento del taglio di 241 milioni impedisce di parlare di un progetto di investimenti sulla sicurezza e aggrava ulteriormente la condizione delle Forze di polizia, che per il secondo anno consecutivo avranno serie difficolt� persino nella gestione dell�ordinario, quindi per quanto riguarda benzina, autovetture e uffici.

La legge finanziaria non inverte la linea di tendenza neanche per quanto concerne la perdita di posti di lavoro, giacch� le Forze di polizia stanno riducendo i posti di lavoro; appare peraltro singolare che, per garantire un maggiore controllo del territorio, si proponga di ridurre gli uffici di polizia e il numero degli operatori. A seguito della legge finanziaria dell�anno scorso, abbiamo gi� chiuso sei scuole di polizia, e nel progetto specifico per Napoli  � prevista la chiusura di otto commissariati sotto la voce "razionalizzazione accorpamento", senza un progetto di investimento alternativo per il rafforzamento degli uffici di controllo del territorio. � di queste settimane, inoltre, un programma di chiusura di una cinquantina di uffici della polizia stradale, della Polfer e della Polmare. � davvero singolare che, mentre da una parte si chiede maggiore impegno alle Forze di polizia, anche per le misure contenute nel �pacchetto sicurezza�, dall�altra si riducano risorse e si chiudano uffici di polizia.

Abbiamo bisogno di politiche della sicurezza che partano dalla consapevolezza del ruolo della legalit� e della sicurezza per lo sviluppo, nonch� di una diversa idea non ragionieristica dello sviluppo. I conti sono fondamentali, come anche il risponderne a Bruxelles, per un Paese dell�Unione europea, ma, con la presenza di criminalit� organizzata e diffusa esistente in Italia, un�idea di sviluppo meramente ragionieristica, che prescinda da un alto livello di sicurezza e di legalit�, appare assolutamente singolare.

ROSARIO PALAZZOLO, Segretario nazionale del SILPOL. Grazie per questa opportunit� di esprimere il nostro pensiero in rappresentanza del sindacato di polizia locale.

La polizia amministrativa locale, secondo la denominazione introdotta nell�articolo 17 della Costituzione, modificato dalla legge n. 3 del 2001, � un complesso di migliaia di corpi e servizi di polizia locale, tanti quanti i comuni d�Italia e le province che hanno provveduto a istituire un proprio corpo di polizia provinciale. La Polizia locale nel suo complesso �, purtroppo, tuttora disciplinata dalla legge n. 65 del 1986, la quale, dopo l�elezione diretta dei sindaci introdotta dalla legge del 1992, la privatizzazione del rapporto del lavoro pubblico, la legge Bassanini e la riforma costituzionale del 2001, appare inadeguata all�attuale assetto politico e istituzionale, ma anche profondamente ingiusta per quanto riguarda l�aspetto normativo e lo status giuridico delle 60.000 unit� che compongono i corpi di polizia locale.

Il mancato adeguamento dell�ordinamento della polizia locale alla realt� attuale, ben diversa da quella di venti anni fa, determina purtroppo il verificarsi quotidiano di situazioni di intollerabile contraddittoriet� e ingiustizia, perch� la polizia locale, essendo esclusa dal novero delle Forze di polizia indicate dalla legge n. 121 del 1981, nonostante concorra nel fronteggiare situazioni di polizia di prossimit�, nel contrastare fenomeni di microcriminalit�, nell�effettuare sgomberi di insediamenti abitativi abusivi o baraccopoli sorti ai margini di quasi tutte le realt� urbane, nonch� nel sedare risse, rimane priva di un riconoscimento del ruolo svolto in questo settore estremamente delicato e rischioso della pubblica amministrazione.

Oltre alla contraddittoriet�, ho citato l�ingiustizia perch� il rapporto di lavoro del personale della polizia locale � disciplinato dal medesimo contratto di lavoro di tipo privatistico degli altri dipendenti amministrativi ausiliari e tecnici, che non svolgono funzioni di polizia, perci� non sono soggetti a turni di servizio e di pronta reperibilit�, ad obblighi di intervento e ai rischi che tale compiti comportano. Tale contratto � valido per 600.000 dipendenti, compresi i 60.000 addetti di polizia locale, senza alcuna differenziazione sul piano delle assunzioni, delle valutazioni, degli avanzamenti di carriera, dei procedimenti disciplinari e degli emolumenti del collocamento in quiescenza.

In questo contesto, auspichiamo che, ancor prima dell�approvazione del disegno di legge sulla sicurezza urbana presentato in questi giorni (che ci coinvolge e che � gi� previsto nel protocollo operativo con le questure e con le stazioni dei Carabinieri), il Parlamento, presso il quale giacciono gi� diversi disegni di legge di modifica dell�ordinamento della polizia locale, si faccia carico di risolvere, con una legge organica e vincolante per tutte le regioni cui � demandata la competenza organizzativa, la questione della riforma dell�ordinamento della polizia locale  nelle materie rimaste nell�ambito esclusivo dello Stato, ovvero status giuridico, dotazione e uso delle armi, contratto di lavoro e previdenza.

Auspichiamo, quindi, una riforma assolutamente necessaria per le comunit� locali, nell�ambito loro assegnato nella riforma costituzionale dalla legge di trasferimento di competenza dallo Stato agli enti locali, una moderna polizia locale adeguatamente preparata, addestrata e all�altezza delle aspettative delle comunit� locali, nonch� fortemente motivata dal riconoscimento di un nuovo status giuridico, economico e previdenziale che, coerentemente con la primaria funzione pubblica svolta dagli addetti ai corpi e servizi di polizia locale nel campo della sicurezza urbana e della custodia della legalit�, nonch� nell�ambito delle competenze demandate agli enti locali, la annoveri finalmente all�interno delle Forze di polizia elencate all�articolo 16 della legge n. 121 del 1981.

Conseguentemente a tale importante e irrinunciabile riconoscimento, come operatori di polizia locale, auspichiamo che la nuova legge di riforma, nell�ambito proprio ed esclusivo delle competenze statali (quali disciplina del lavoro e previdenza), statuisca il ritorno nell�ambito dell�ordinamento pubblicistico del nostro rapporto di lavoro, con l�abbandono della contrattazione di tipo privatistico, la realizzazione di una separata area di contrattazione collettiva, negoziata specificatamente dai sindacati di categoria, ai quali dovr� essere riconosciuta la rappresentativit� sindacale diretta della stessa, nonch� l�inserimento delle attivit� di polizia locale tra quelle riconosciute usuranti. Non ci � ancora riconosciuta, infatti, la specificit� di lavoro usurante, cos� come invece da sempre � riconosciuto alle altre Forze di polizia.

Infine, signor presidente, chiediamo anche la modifica dell�articolo 57 del codice di procedura penale, con l�abbattimento degli anacronistici limiti temporali e spaziali che limitano il nostro intervento a quando siamo in servizio.

Consegner� questi appunti, da me sintetizzati per ragioni di tempo, sperando che la I Commissione, che gi� si � occupata delle otto o nove proposte di legge giacenti, dia un impulso affinch� siano sottoposte al Parlamento contestualmente al �pacchetto sicurezza�, per garantire a questi operatori uno status che attualmente difetta.

MARCO MAMMUCCARI,Coordinatore responsabile della CISL-FP. La ringrazio, presidente, per questa convocazione. Cercher� di attenermi ai tempi indicati, tenendo conto che invieremo un documento dettagliato sulla problematica che oggi investe il sistema penitenziario di questo Paese.

Vorrei partire dal provvedimento dell�indulto, da noi sostenuto in un contesto in cui il sistema penitenziario stava esplodendo, che doveva essere accompagnato - come poi non � avvenuto - da interventi strutturali soprattutto negli istituti penitenziari. Fanno sorridere le inchieste che mostrano istituti penitenziari non ancora aperti, laddove la maggioranza degli istituti penitenziari costruiti nell�ultimo decennio appaiono gi� vetusti e comportano un enorme dispendio di personale.

Questo intervento strutturale non � stato realizzato n� inserito nella legge finanziaria per il 2007 o in quella per il 2008, se non in modo molto parziale. Ritengo che una riforma del sistema penitenziario possa avere un costo importante, perch� nessun Governo ha posto al centro dei propri programmi una riorganizzazione complessiva del sistema penitenziario del Paese.

Oggi, gli uomini e le donne della Polizia penitenziaria hanno dovuto sostenere il post indulto, giacch� gli effetti dell�indulto stanno vanificandosi con il tempo, tanto che si � giunti a 47.000 detenuti, a fronte dei meno 40.000 presenti dopo quella data.

La CISL ritiene che il carcere sia il contesto in cui si realizza un forte contrasto alla criminalit� organizzata, come dimostrano anche le ultime iniziative dell�amministrazione penitenziaria e dei nuclei  di investigazione per combattere dall�interno gli ordini provenienti dall�esterno da parte di appartenenti alla criminalit� organizzata.

Tutto questo passa attraverso la consapevolezza della mancata realizzazione di una politica rispetto al sistema della giustizia minorile di questo Paese, perch� troppo velocemente i minori passano dal carcere minorile a quello degli adulti. Considero quindi necessario intervenire sulle realt� pi� emarginate, in cui attecchisce la criminalit� organizzata, per evitare che la microcriminalit� minorile sia la criminalit� del domani.

Se il sistema penitenziario fa parte del contesto sociale, nonostante ultimamente si tenda a costruire gli istituti penitenziari lontano dai centri abitati, modello a mio parere sbagliato, la spesa pubblica deve essere indirizzata anche in questo settore. I cittadini, infatti, pagano le tasse per la scuola, per la sanit� e anche per il sistema sicurezza. Gli istituti penitenziari di questo Paese devono quindi annoverarsi tra le problematiche della sicurezza. Non si pu� pensare di affrontare il postindulto con 3 milioni di euro, come invece � avvenuto, per garantire un sostentamento familiare agli ex detenuti, n� di non intervenire in un contesto di accordi bilaterali con altre nazioni.

Oggi, il rapporto tra detenuti italiani e stranieri si � ribaltato rispetto a vent�anni anni fa, giacch� il 60 per cento dei detenuti � costituito da stranieri e il 40 per cento da italiani. Non � stato siglato un accordo affinch� gli stranieri che delinquono in Italia possano poi scontare la propria pena nei Paesi di origine, per evitare di liberare detenuti extracomunitari cui non si applicano misure alternative alla detenzione, che poi spesso rientrano nel circuito criminale. Al riguardo, � opportuno un importante intervento di riforma del codice di procedura penale, perch� in Italia non intervenire in maniera forte nell�ampliamento delle misure alternative al carcere rappresenta una disfatta rispetto alla situazione del sistema penale, a meno che il Parlamento, il Governo, le istituzioni, la politica ritengano che questo Paese debba avere 100.000 detenuti all�interno degli istituti penitenziari.

� necessario costruire carceri e assumere personale, aspetti che richiedono determinate condizioni. Devono quindi essere riconsiderate le scelte indicate dall�articolo 27 della Costituzione rispetto alle risorse umane e finanziarie da destinare al sistema penitenziario.

La CISL confederale, che su questo ha anche organizzato un convegno, ritiene che l�ampliamento delle misure alternative al carcere sia uno strumento fondamentale di verificabilit� delle esigenze di reinserimento dei detenuti. Si sta arrancando sul sistema multi-videoconferenze, che richiede costi minori rispetto allo spostamento dei detenuti. Anche il sistema speciale previsto dall�articolo 41-bis non � stato accompagnato da un intervento di ampliamento del personale. Oggi ci troviamo ad affrontare con gli stessi 43.000 uomini del corpo di polizia penitenziaria del 1991 esigenze maggiori rispetto a quelle che hanno motivato la riforma del corpo.

Ritengo quindi necessario intervenire in maniera consistente sugli organici, per giungere almeno a 50.000 unit� tra agenti, assistenti, sovrintendenti e ruoli di funzionari e dirigenti.

Oltre a questo intervento concernente le dotazioni organiche, � opportuno garantire una formazione continua. Anche in un contesto di accordi con l�Europa e di relativi fondi, si potranno ottenere ulteriori risorse per una formazione continua e duratura rispetto ai compiti di polizia e di polizia giudiziaria.

Mi stupirei se si trovassero le condizioni per siglare un contratto di livello nazionale in grado di garantire, nell�ambito della fornitura di divise, di mezzi, di strumenti, una risposta concreta alle esigenze complessive delle Forze di polizia. � doveroso infatti rivedere l�aspetto ordinamentale del personale, come anche riflettere sui ruoli tecnici di tutto il personale penitenziario, laddove siamo l�unica amministrazione  dello Stato in cui esistono complementariet� di figure professionali, per cui se ne manca una...

PRESIDENTE. Poich� ha toccato questo tema, vorrei sapere quanti siano oggi i ruoli professionali all�interno degli istituti.

MARCO MAMMUCCARI, Coordinatore responsabile della CISL-FP. Oggi abbiamo 42.000 agenti complessivamente.

PRESIDENTE. No, intendo i ruoli, ovvero polizia penitenziaria, medici penitenziari, assistenti, ragionieri, direttori...

MARCO MAMMUCCARI, Coordinatore responsabile della CISL-FP. Abbiamo agenti di polizia penitenziaria, quindi personale nelle varie qualifiche del corpo di polizia penitenziaria, e 6.800 unit� di personale nei vari ruoli del comparto ministeri, al cui interno ci sono educatori, assistenti sociali, psicologi, ragionieri, contabili, dirigenti.

PRESIDENTE. Uno dei problemi � quindi costituito dall�intrecciarsi di molte di queste competenze senza un ordine e senza confini prestabiliti.

MARCO MAMMUCCARI, Coordinatore responsabile della CISL-FP. Ritorno velocemente al primo punto, riferito all�indulto, perch�, senza il contabile che consegna i soldi al detenuto uscente, sarebbe emerso un problema. Abbiamo quindi la necessit� di intervenire in maniera consistente sulla Costituzione in un contesto ordinamentale.

L�ultima considerazione, presidente, riguarda gli alloggi. � doveroso tenere conto di una necessit� impellente, che riguarda gli alloggi dei Carabinieri, della Guardia di finanza, dei poliziotti, della polizia penitenziaria, dei forestali, attraverso un eventuale accordo con alcune banche per ottenere mutui a basso costo, o un intervento del Parlamento per la costruzione di nuovi alloggi. Oggi la situazione � insostenibile e richiede un intervento, in quanto un poliziotto guadagna 1.200 euro al mese e deve pagarne 1.000 di affitto in alcune realt� del nord Italia.

DOMENICO PIANESE, Segretario nazionale del COISP-UP-FPS. La ringrazio, presidente, per aver realizzato questo momento di incontro.

Come sindacato della Polizia di Stato, vorremmo soffermarci su due aspetti centrali dell�indagine conoscitiva, lo stato della sicurezza in Italia e la percezione della sicurezza da parte dei cittadini. Sono state citate le gravi carenze di organico che, nei prossimi tre anni, porteranno la Polizia di Stato ad avere un ammanco di circa 10 mila poliziotti.

Desidero sottolineare come questa grave carenza si riferisca alle piante organiche del 1989. Se queste fossero attualizzate alle attuali esigenze del Paese, quali l�emergenza terroristica e le problematiche legate all�immigrazione all�ordine del giorno in queste settimane, si rivelerebbero superiori alle 10 mila maturate attualmente.

Per valutare cosa comporti una carenza di organico di tale importanza all�interno della Polizia di Stato, mi permetto di citare alcuni esempi concreti. La nostra capitale negli ultimi tre anni ha sub�to un decurtamento di circa il 50 per cento del dispositivo di controllo del territorio, le volanti.

PRESIDENTE. Qui a Roma?

DOMENICO PIANESE, Segretario nazionale del COISP-UP-FPS. S�, qui a Roma. Ogni questura e ogni citt� hanno per� sub�to lo stesso trattamento. Questo comporta che un cittadino in pericolo che chieda l�aiuto di questo dispositivo di controllo del territorio veda raddoppiati i tempi di intervento, laddove cinque minuti talvolta possono fare la differenza tra la vita e la morte. Affermo questo con l�amarezza dei poliziotti che controllano il territorio, delle forze dell�ordine che si impegnano quotidianamente nel rispondere alle richieste dei cittadini, spesso anche con computer o con autovetture proprie,  laddove quelle di servizio hanno spesso 300 mila chilometri e non sono pi� in grado di ottemperare all�attivit� istituzionale. Ormai, tutto si basa esclusivamente sullo spirito di abnegazione del personale. Il personale avverte un divario sempre pi� ampio tra l�istituzione e l�attivit� operativa che quotidianamente svolge. Siamo certi che lo stato della sicurezza in Italia inevitabilmente dipenda da un dispositivo di controllo del territorio, perch� l�attivit� di prevenzione dei reati � l�unico sistema per abbattere realmente la recrudescenza criminale, la �criminalit� predatoria�, erroneamente definita�microcriminalit�. La criminalit� predatoria crea nel cittadino un crescente stato di insicurezza. Qualcuno ha prima ricordato come il 90 per cento dei reati rimanga impunito e i cittadini ne abbiano ormai purtroppo la percezione, nonostante i continui sforzi delle forze di polizia, come si verifica ogni giorno. Spesso infatti i cittadini non sporgono denuncia per i reati sub�ti per la convinzione che le attivit� svolte per garantire sicurezza siano inadeguate alle loro esigenze. Questa situazione deve essere affrontata.

La ringraziamo per la volont� da lei dimostrata nel promuovere questa indagine conoscitiva e la ringraziamo per quanto far�.

SEBASTIANO DI LUCIANO, Segretario generale della UILPS. Indubbiamente, un Paese moderno e democratico tende a investire sempre maggiori risorse sulla sicurezza. Purtroppo, negli ultimi anni si � invece rilevata una costante diminuzione delle risorse investite in sicurezza, come dimostrano provvedimenti ben precisi, quali il blocco parziale delle assunzioni, la chiusura di scuole di Polizia e di posti di Polizia stradale. Il sindacato si confronta non con un progetto complessivo, ma con provvedimenti singoli rispetto ai quali di volta in volta sono richiamati al senso di responsabilit�.

Cos� stando le cose, la scelta � quella o di ridurre i livelli di sicurezza di questo Paese o di aumentare la mole di lavoro del personale della Polizia di Stato. A me sembra che si stiano raggiungendo entrambi gli obiettivi ...

PRESIDENTE. Scusi, credo che nessun Governo al mondo intenda aumentare i livelli di insicurezza! Credo piuttosto che sia necessario rendere compatibili le risorse finanziarie con gli obiettivi da perseguire.

SEBASTIANO DI LUCIANO, Segretario generale della UILPS. Caro presidente, ritengo invece che possano servire anche meno uomini della Polizia di Stato, cos� come delle altre forze di polizia, ma che ci� dipenda dalle scelte politiche; si consente infatti di impiegare per i servizi anti-TAV (alta velocit�) centinaia di poliziotti per una mancanza di scelta politica, cos� come nei servizi di ordine pubblico, rispetto ai i centri sociali. Pur essendo a favore della libera espressione delle opinioni, siamo contrari al fatto che si partecipi alle manifestazioni armati di caschi, mazze ferrate, bulloni. Sono quindi necessari una scelta politica precisa e ordini perentori, come dimostrano anche gli episodi di ordine pubblico a Catania, giacch� il giorno della morte dell�ispettore Raciti erano in servizio 1.500-1.700 uomini.

La soluzione del problema e l�efficienza dei servizi non passano dunque attraverso la cultura della militarizzazione del territorio e dello stadio, ma soprattutto attraverso il rispetto delle regole. Possiamo fare tutti i pacchetti sicurezza che vogliamo, ma se non riconosciamo che il rispetto delle regole � necessario per la democrazia del Paese, per uno Stato civile e di diritto non raggiungeremo mai il nostro obiettivo.

Abbiamo avuto l�impressione che questi provvedimenti di ottimizzazione siano serviti a fare cassa, mentre invece � necessario un investimento almeno parziale delle risorse laddove sono state effettuate chiusure delle scuole e dei posti di polizia stradale. Non chiediamo quindi di investire maggiori risorse sulla sicurezza, ma di reinvestire dove � stato tagliato.

Do atto invece dell�ottima intuizione del patto per la sicurezza - c�� una confusione in termini di pacchetto sicurezza, patto per la sicurezza, patti territoriali per la sicurezza, tre aspetti ben distinti -discusso da Governo e organizzazioni sindacali con il sottosegretario per la funzione pubblica. Per la prima volta si va oltre la parte normativa del contratto, oltre le prerogative della legge n. 121, delle competenze delle organizzazioni sindacali, rendendo partecipe il sindacato di questioni che riguardano ci� che � all�ordine del giorno nell�indagine conoscitiva.

Abbiamo apprezzato e apprezziamo il tentativo del Governo - adesso le procedure del patto per la sicurezza sono sospese - di coinvolgere le parti sociali sui temi dell�ammodernamento dell�apparato e della valorizzazione professionale degli operatori della Polizia di Stato. Nel Patto per la sicurezza si parla poi di altre questioni su cui non mi soffermo perch� non sono all�ordine del giorno (il contratto, la mancanza di risorse per il 2008-2009, di risorse sulla specificit�), ma nel complesso si tratta di un�intuizione geniale.

Non capiamo quindi la scelta del Governo di non garantire la copertura in termini di risorse nel disegno di legge finanziaria per il 2008 e ci sembra di dover ascrivere al libro dei sogni una serie di questioni estremamente importanti, rinviate alla battaglia parlamentare tra Camera e Senato per l�approvazione definitiva. Riteniamo invece che a prioriil Governo avrebbe dovuto operare una scelta pi� chiara e prevedere una copertura finanziaria per questi temi estremamente importanti.

Sulla sicurezza � necessario il coinvolgimento di tutti gli attori politici del sistema, di tutte le forze partitiche e quindi di tutto Parlamento, giacch� non si tratta di un bene di destra o di sinistra, laddove senza demagogia riconosciamo di esprimere oggi le stesse considerazioni gi� espresse ad altri Governi. La sicurezza del Paese � un bene dei cittadini e deve essere considerata da tutto il Parlamento.

Poich� i tempi sono estremamente esigui (ci vuole tempo per poter argomentare), - potrei parlare dei mezzi navali fermi, privi di carburante in molte realt� territoriali al pari delle volanti impegnate nel controllo del territorio - per dare un contributo maggiore vorrei trattare qualche aspetto che non � stato affrontato. Al di l� di una necessaria azione politica complessiva che coinvolga tutte le forze del Parlamento in una seria riforma, questo Paese non pu� pi� sopportare i costi di cinque polizie con un proliferare di altre. Abbiamo inflazionato anche il termine tra Polizia provinciale, Polizia regionale, Polizia comunale...

PRESIDENTE. Mi scusi, tenga conto che pu� inviare anche una nota scritta.

SEBASTIANO DI LUCIANO, Segretario generale della UILPS. S�. La ringraziamo per averci dato questa possibilit�, poi seguir� una nota scritta.

Occorre dunque una riforma seria del Parlamento che riconsideri l�intero apparato per la sicurezza. Riteniamo infatti che il Governo lasci segni indelebili, ma esistono anche opinioni differenti. Sebbene riconosca come la Polizia di Stato soffra della mancanza di 5.700 uomini, in questo Paese il numero complessivo di operatori della sicurezza � comunque di gran lunga superiore rispetto a quello degli altri Paesi europei. Questo � il segno inequivocabile dell�esigenza di una seria riforma dell�apparato sicurezza.

PRESIDENTE. Oggi attribuiamo alle forze di polizia funzioni che in altri Paesi sono svolte da altri. Questo � un problema delicato. Nel calcolare le cifre, dunque, � opportuno considerare chi effettivamente sia adibito a funzioni di polizia.

SEBASTIANO DI LUCIANO, Segretario generale della UILPS. Cito in sintesi una scuola di pensiero.

Riteniamo opportuno inserire il patto per la sicurezza in questa legge finanziaria, individuare e valorizzare gli strumenti normativi in Parlamento per perseguire gli  obiettivi contenuti nel patto. Il patto stesso indica una duplicazione di compiti, di ruoli, di funzioni, che deve essere valutata in quella sede.

DOMENICO MINERVINI, Presidente del COCER Guardia di finanza. Cercher� di riassumere il contenuto di un documento che lasceremo alla Commissione. Il concetto di ordine e sicurezza pubblica � gi� stato trattato in numerosi interventi anche nelle precedenti audizioni cos� come in quella odierna.

Il tradizionale concetto di sicurezza e di ordine pubblico � connesso al diritto dei cittadini a non essere scippati, borseggiati, rapinati, a non subire furti in casa e a poter passeggiare serenamente in un parco senza essere aggrediti o violentati.

Accanto a questo concetto tradizionale di ordine e sicurezza pubblica, si rileva per� anche la fondamentale esigenza della collettivit� di tutelare la legalit� economico-finanziaria. Tale esigenza cresce di pari passo con l�aumentare della complessit� e della quantit� delle relazioni economiche che si sviluppano nel contesto sociale. Dalla mancanza di giustizia tributaria e di equa ripartizione della ricchezza in un Paese conseguono disfunzioni, disallineamenti che non possono non turbare l�ordine e la convivenza sociale. La capacit� di far rispettare le regole in questo settore � dunque un importante indicatore per misurare il livello di civilt� e il grado di efficienza di un Paese moderno, in quanto contribuisce a garantire la qualit� di vita dei cittadini e, nella prospettiva della globalizzazione, che connota la nostra epoca, costituisce uno dei criteri fondamentali per valutare l�attrattivit� per gli investimenti e gli affari, quindi in definitiva le possibilit� di sviluppo.

Questo aspetto della sicurezza economico-finanziaria probabilmente oggi non � ancora adeguatamente percepito dagli italiani nei termini che richiederebbe, mentre in altri Paesi occidentali pi� avanzati � molto sviluppato e coglie la sensibilit� dell�ordinamento giuridico e dei cittadini. Negli Stati Uniti, ad esempio, l�evasione fiscale � da sempre considerata come un elemento di profonda turbativa dei valori sociali.

Anche in Italia si comincia a percepire l�esigenza della lotta all�evasione fiscale, di evitare gli sprechi della spesa pubblica e gli scandali finanziari, che provocano grandi difficolt� ai risparmiatori. Oggi l�operaio, il dipendente si sente insicuro, non sa se la sua liquidazione e i suoi risparmi tra qualche anno potranno essere considerati semplice spazzatura. Si rileva dunque anche in Italia una forte domanda di sicurezza economico-finanziaria, settore in cui la Guardia di finanza si propone come protagonista nel fronteggiare problematiche complesse e coinvolgenti.

Ulteriore punto di forza di questo modello � la capacit� riconosciuta alla Guardia di finanza di operare tanto in via amministrativa quanto come polizia giudiziaria. Questa � una sua prerogativa; essa costituisce infatti un organismo particolare, complesso; non dico che sia il migliore o un modello cui ispirarsi; sta di fatto che � il frutto di un evolversi cui la nostra societ� storicamente lo ha indotto.

Questo ci consente di adattare la nostra azione di controllo alla gradualit� delle scelte legislative nel tempo operate, che di volta in volta inducono il Parlamento a predisporre risposte differenziate con l�introduzione di sanzioni amministrative o penali al ricorrere delle violazioni dei precetti che regolano il settore economico e finanziario.

Questo aspetto connota particolarmente l�azione della Guardia di finanza rispetto a quella degli altri soggetti istituzionali interessati (magistratura ordinaria e contabile, autorit� indipendenti e amministrative). Non di meno, la formazione della legalit� nel settore non pu� prescindere dall�instaurazione e dal costante sviluppo di valide ed efficienti forme di collaborazione con gli stessi.

Questa � la missione che la Guardia di finanza oggi � chiamata a espletare alle dipendenze dirette del Ministro dell�economia.

Accanto a questa missione principale ci � per� richiesto di concorrere al mantenimento dell�ordine e della sicurezza pubblica,  prevedendosi per tale compito una dipendenza funzionale dal Ministero dell�interno. Qui si pone il problema del coordinamento, parola magica da tutti evocata, ma sempre di difficile definizione, nel momento in cui vogliamo dare a questa parola un significato concreto. In base all�esperienza nell�azione di polizia in questo Paese si constata l�esistenza di aree di sovrapposizione, con conseguenti dispersioni di energie finanziarie e umane. Occorre quindi che il Parlamento assuma decisioni nette, precise, equilibrate e lungimiranti, in modo da definire una volta per tutte settori di competenza, comparti di pertinenza, responsabilit�. Talvolta dimentichiamo il concetto di responsabilit�. La Guardia di finanza � pronta a mettersi in discussione in termini di efficienza e di produttivit�. Siamo una delle poche organizzazioni pubbliche che ogni anno si vede attribuire obiettivi dal Ministro in termini numerici (verifiche, controlli), che, se non raggiunti, possono far richiedere al Comandante generale giustificazione da parte dell�autorit� politica.

Desidero quindi soffermarmi sui concetti di �responsabilit� e di �efficienza�. Alla base del coordinamento dovrebbe sempre essere posta la ripartizione chiara dei compiti e dei livelli di responsabilit�. Riteniamo che la Guardia di finanza, in quanto forza di polizia con competenza generale in materia economico-finanziaria, ferme restando le competenze di polizia giudiziaria conferite a ciascuna forza di polizia, debba pienamente farsi pieno carico dell�operativit� nel settore economico-finanziario, mentre la Polizia di Stato e l�Arma dei Carabinieri dovrebbero concentrare la loro azione sulla tutela dell�ordine e della sicurezza pubblica e sul contrasto della criminalit� tradizionalmente intesi evitando cos� reciproche invasioni di campo.

In una delle precedenti audizioni ad esempio l�onorevole Turco plaudiva alla presenza dell�Arma dei Carabinieri nell�ambito dell�Office Europ�en de lutte anti-fraude (OLAF), organismo comunitario per la lotta alle frodi fiscali. Non siamo contrari, ma vorremmo ricordare come indebiti finanziamenti europei e statali vengano realizzati attraverso meccanismi fraudolenti nella contabilit�. Per ottenere un finanziamento, infatti, si creano costi fittizi grazie ai quali ottenere indebitamente fondi. Per scoprire un indebito finanziamento, occorre quindi esaminare la contabilit� di un�azienda o di un�impresa, effettuabile non attraverso appostamenti, pedinamenti, perlustrazioni, bens� attraverso un�attivit� di controllo contabile che oggi solo la Guardia di finanza tra gli organismi di polizia sa e pu� realizzare.

Una specifica considerazione merita poi la tutela dell�ordine pubblico e della sicurezza in mare, problema che non a tutti interessa, ma che ha sicuramente valenza nazionale e internazionale.

La Guardia di finanza, in ragione delle proprie funzioni doganali, ha alle spalle una lunga tradizione di presenza sul mare, che l�ha portata a disporre di un�efficiente flotta aeronavale, che rappresenta oggi una fondamentale componente del sistema europeo di controllo delle frontiere, gestite dall�agenzia Frontex. La Guardia di finanza inoltre costituisce uno snodo operativo attraverso il quale i prefetti assicurano il coordinamento degli interventi di polizia nel mare territoriale, soprattutto per quanto riguarda il contrasto all�immigrazione clandestina.

Una linea di tendenza che volesse affidare compiti di polizia anche alle capitanerie di porto creando un�ulteriore polizia sarebbe sicuramente foriera di altre dannose sovrapposizioni; lo dico nell�ambito del concetto di coordinamento e della chiara ripartizione della competenze che deve essere assicurata nel nostro Paese. Un�efficace difesa delle frontiere dai traffici illeciti, sia dall�immigrazione clandestina che anche dal narcotraffico e dal contrabbando, richiede un network rispondente a un unico centro di comando e di controllo, in grado di integrare gli interventi in mare con l�azione delle forze terrestri, cui affidare il controllo delle coste e la possibilit� di condurre indagini  di polizia giudiziaria o attivit� di intelligence anche in collaborazione con Stati rivieraschi.

PRESIDENTE. Sono trascorsi i famosi dieci minuti, che valgono anche per i generali!

DOMENICO MINERVINI, Presidente del COCER Guardia di finanza. Ci mancherebbe! Concludo rapidamente.

Il COCER ha molta sensibilit� anche al tema della rappresentanza militare, di cui auspichiamo presto una riforma, che potr� sicuramente fornire un contributo nel contesto della sicurezza per il raggiungimento dell�efficienza dell�amministrazione.

FRANCESCO QUINTI, Coordinatore nazionale della CGIL-FP/PP. La ringraziamo, presidente, di averci dato l�opportunit� di riflettere su alcuni temi relativi alla sicurezza, che riguardano la Polizia penitenziaria che rappresentiamo e pi� in generale un sistema-sicurezza che interessa l�intera collettivit�, ossia quello del carcere. La polizia penitenziaria si occupa non da oggi di sicurezza ma anche di trattamento e di rieducazione del detenuto in istituti di pena, il cui quadro � alquanto desolante dal punto di vista degli edifici che ospitano queste persone e gli operatori. Si tratta di istituti ormai in larga parte fatiscenti, rispetto ai quali vi � carenza di risorse finanche per la manutenzione. Da tempo si registra una forte contrazione delle risorse economiche necessarie al sostentamento del sistema e dei servizi assicurati dalla Polizia penitenziaria. Oggi l�impiego della Polizia penitenziaria � previsto in molti ambiti: pensiamo alla gestione dei detenuti ad alto indice di pericolosit�, i 41-bis, ai collaboratori di giustizia all�interno e all�esterno degli istituti, alla vigilanza dei tribunali, alla multivideoconferenza e prossimamente agli uffici esecuzione penale esterna.

Tutto ci� comporta un carico di lavoro che sta divenendo insostenibile, presidente. Gli organici sono assolutamente inadeguati, come gi� nel 2001 quando ragionammo di organici che la sola amministrazione penitenziaria intese formulare in quel modo.

Molti colleghi si stanno avviando al pensionamento, dato preoccupante, mentre molti altri, per motivazioni legate a stati di salute accertati dalle autorit� sanitarie preposte, stanno passando a ruoli civili dell�amministrazione assottigliando ancor pi� i contingenti di Polizia penitenziaria. Stiamo avvertendo in misura maggiore il problema nel nostro contingente femminile. Il ricorso all�esercito e non a concorsi esterni comporta una problematica davvero importante; oggi abbiamo un contingente femminile davvero estremamente ridotto.

PRESIDENTE. Volevo chiedere se, vista la specificit� dell�intervento del contingente femminile nelle carceri femminili, l�organico della polizia sia complessivo o differenziato.

FRANCESCO QUINTI, Coordinatore nazionale della CGIL-FP/PP. Gli organici sono differenziati in ordine al sesso. Al momento non ho il dato ufficiale, ma ve lo invieremo, perch� questo � veramente un tasto dolente. Questo problema crea evidentemente un allarme, cos� come il ritorno al sovraffollamento degli istituti. Siamo gi� oltre i 47 mila detenuti, di cui molti sono extracomunitari. Si rischia di ritrovarsi esattamente nelle condizioni precedenti l�indulto. Riteniamo dunque necessario implementare, attraverso misure strutturali, l�accesso a misure alternative alla detenzione, dove sia possibile, e che sia ancora pi� opportuno prevederlo nell�ambito della riforma dei codici, di cui la Commissione si sta occupando. Riteniamo che in prospettiva questa sia una delle possibilit� che permette di deflazionare la presenza in carcere.

Per quanto riguarda il personale di Polizia penitenziaria, dobbiamo rilevare come l�assenza nella proposta di legge finanziaria per il 2008 delle risorse economiche necessarie a rinnovare il contratto che scade il 31 dicembre prossimo e a dare piena attuazione al patto per la  sicurezza, in cui sono inserite le misure strutturali che invochiamo, rappresenti una scelta in assoluta controtendenza rispetto alle intenzioni pi� volte manifestate dal Governo.

� opportuno ribadire che, ancor pi� di altre forze di polizia, abbiamo il rilevante problema degli alloggi. Il nostro personale proviene dal sud del Paese e non riesce a radicarsi al nord a causa di improponibili condizioni di vivibilit�. � quindi necessario attuare una politica degli alloggi che garantisca una prospettiva, accompagnandola a un aumento degli organici nei prossimi anni non inferiore alle 6-7 mila unit�.

Occorrono quindi misure strutturali sostenibili e soprattutto investimenti sul sistema carcere e sugli operatori di tutte le professionalit� penitenziarie. Anche l� emerge un problema, perch� laddove mancano queste professionalit� supplisce la Polizia penitenziaria drenando ulteriori risorse. C�� quindi bisogno di educatori, di amministrativi, ma soprattutto, per accompagnare il maggiore carico di lavoro e le diverse prospettive della Polizia penitenziaria, di un percorso di costante formazione qualificata.

Occorrono risorse anche per questo, presidente, altrimenti difficilmente potremo accompagnare un processo di ammodernamento del sistema e delle forze di polizia.

STEFANO CITARELLI,Coordinatore nazionale della FP-CGIL. Ritengo che questo consesso e il patto per la sicurezza improntino la questione sicurezza sull�abbandono di una logica di emergenza a favore di una logica di programmazione e di prevenzione.

La percezione di insicurezza nel Paese � diffusa anche se a volte maggiore rispetto a quella reale in alcune aree, spesso a causa di strumentalizzazioni politiche o di altri motivi. La stessa percezione dell�emergenza sembra cambiare a seconda del momento, perch� � sufficiente che un giornale titoli che anche l�Italia si trova nel mirino del terroristi perch� questa percezione si sposti su un piano diverso. Quest�estate l�emergenza incendi era sottolineata da tutti i giornali, ma sembra che ci si muova in base all�agenda talvolta dettata dalla funzione dei media. Per emergere da questo, occorre dunque una logica programmatoria che punti alla prevenzione e al controllo del territorio.

Vorrei per� ripartire dalla precisazione delle competenze e dei compiti dei vari corpi di polizia. Ritengo che il decreto Pisanu reiteri duplicazioni e sovrapposizioni di compiti e di competenze, che causano uno spreco di risorse o comunque un rapporto squilibrato tra costi e benefici.

PRESIDENTE. Scusi l�ignoranza, ma a quale decreto Pisanu fa riferimento?

STEFANO CITARELLI, Coordinatore nazionale della FP-CGIL. Il decreto - non ricordo la data - in cui venivano precisati i compiti e le competenze delle varie forze di polizia, con numerose duplicazioni e sovrapposizioni.

Laddove non si riesce a ottenere una maggiore precisazione - spesso a causa di corporativismi incrociati delle varie forze di polizia, per cui nessuno sacrifica un proprio settore a favore di altri - � per� necessario incidere pesantemente sul loro coordinamento. Non so se esista un incrocio di banche dati, di archivi, di risultati dei nostri nuclei investigativi ad esempio sui reati ambientali con quelli dei Carabinieri o della Polizia e viceversa. Mi chiedo, per esempio, se sia logico chiamare il Corpo forestale a compiti di ordine pubblico, sottraendolo quindi al controllo del territorio e impegnare magari in compiti di polizia ambientale nuclei dei Carabinieri o nuclei di Polizia, spesso nelle stesse giornate in cui il Corpo forestale � stato chiamato a svolgere compiti di ordine pubblico. Questo si pone al di fuori di ogni logica riguardante quello che dovrebbe essere il compito di ciascuna forza.

Si rileva tra l�altro uno spreco in termini di formazione, di mezzi e di risorse perch�, se ogni corpo di polizia conoscesse chiaramente il suo investimento in termini di formazione e di precisazione di proto  colli procedurali, sarebbe pi� facile realizzare un risparmio e investire meglio le risorse disponibili.

Per quanto riguarda il Corpo forestale, � necessario ripartire da una logica di controllo del territorio per quanto riguarda gli incendi boschivi. L�impostazione degli anni passati induceva a ritenere che gli enti locali potessero rispondere efficacemente alle esigenze di controllo del territorio per quanto riguarda la questione degli incendi boschivi, cosa che invece non si � riusciti a fare. Bisogna ripartire da l� e dotare il Corpo forestale di strutture adeguate per il controllo del territorio e del terreno per quanto riguarda il catasto delle aree percorse dal fuoco, operazione gi� in atto. Quanto accaduto la scorsa estate ha infatti evidenziato come solo il 15 per cento dei comuni effettui il censimento delle aree percorse dal fuoco previsto dalla legge.

La dislocazione sul territorio � una questione molto importante, perch� risulta molto sbilanciata a sfavore del Nord. In alcune aree del Centro-sud si constatano esuberi (rispetto alla pianta attuale, dovrebbero essercene di pi�) dovuti a cause diverse. Al di l� di una politica di dislocazione del personale e di trasferimenti che negli ultimi anni ha portato a un peggioramento, emerge un�altra situazione di fondo. La legge n. 226 del 2004 consente l�ingresso nelle forze di polizia alla totalit� dei volontari di ferma breve o ferma prolungata dell�esercito fino al 2020; ci� comporta un duplice problema, ovvero un problema di diritto costituzionale del cittadino che vorrebbe partecipare a concorsi per entrare nelle forze di polizia senza effettuare la leva seppur volontaria, e uno squilibrio di genere molto forte, in quanto la percentuale di donne nelle forze armate � molto piccola, per cui nelle forze di polizia spesso non entrano donne. La percentuale di presenza femminile del 12-13 per cento nel Corpo forestale sta calando parallelamente al procedere degli ingressi dalle Forze armate. Non abbiamo un organico separato, quindi su questo bisogner� intervenire.

Emerge inoltre lo sbilanciamento territoriale, perch� purtroppo nelle Forze armate entrano soprattutto cittadini del Centro-sud anche a causa della disoccupazione. La mancanza di alloggi induce quindi a dislocarli nuovamente nel Centro-sud. Questo ci impedisce di bandire concorsi su base regionale. Se ad esempio il Piemonte, in vacanza di organico del 50 per cento, avesse la possibilit� di bandire un concorso per far fronte alle sue necessit�, sarebbe molto pi� facile risolvere il problema.

La legge n. 226 del 2004 deve quindi essere rivista o riportata alla sua concezione originale, in cui prevedeva che solo una quota di personale passasse dalle Forze armate alle forze di polizia. Grazie.

RAFFAELE PELLEGRINO, Segretario generale aggiunto del SINAPPE. Presidente, la ringrazio per la convocazione. Spero sia occasione per un primo confronto, che auspico diventi duraturo e permanente. Come appartenente al corpo della Polizia penitenziaria, mi piacerebbe chiedere senza demagogia cosa ci si aspetti dal carcere, che oggi � solo un grande contenitore. Se ad oggi ci sono 47.700 detenuti, se da questa estate in poi la popolazione carceraria cresce a un ritmo di mille detenuti al mese e le prigioni in Italia sono...

PRESIDENTE. Quanti ne escono?

RAFFAELE PELLEGRINO, Segretario generale aggiunto del SINAPPE. Ne escono molti meno. Ci sono circa mille ingressi al mese nei 205 penitenziari italiani. Gli effetti dell�indulto sono ormai quasi annullati e, poich� con l�indulto sono usciti circa 27 mila detenuti, di cui quasi 11 mila stranieri, � necessario effettuare una riflessione, anche perch� la maggior parte di questi 11 mila detenuti stranieri � uscita in Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana, per cui sarebbe opportuno compiere un�analisi del fenomeno criminale sul territorio.

Degli attuali 47 mila detenuti oltre 17 mila sono stranieri, di cui il 21 per cento � marocchino, il 16 per cento rumeno, il  12 per cento albanese e il 6 per cento algerino. Questo significa quindi che all�interno delle carceri, in questo grande contenitore indistinto e generalizzato, serpeggiano tensioni pari a quelle attualmente registrate nella societ� civile esterna.

Questi segnali dovrebbero indurre a riflettere, cos� come in modo ancora pi� allarmante - questo non fa diminuire la generale percezione di insicurezza da parte della societ� civile - la constatazione che il numero dei detenuti in attesa di primo giudizio � identico al numero dei detenuti definitivi, ovvero 17 mila.

Ritengo quindi che questa indagine conoscitiva dovrebbe valutare se la custodia cautelare, cos� come attualmente concepita, possieda ancora un senso e una funzione. Il meccanismo della custodia cautelare infatti teoricamente risulta essere consolidato, laddove invece non � quello contemplato dai libri di diritto, che prevedono un iter di processo, condanna, carcere, mentre avviene esattamente il processo contrario: imputazione e carcere in attesa di processo. Questa costituisce un�aberrazione, perch� chi non � ancora dichiarato colpevole dal nostro sistema giudiziario finisce comunque in carcere qualora sussistano gravi indizi di colpevolezza.

Ravvisiamo in questo una palese contraddizione, perch�, sebbene le politiche legate al carcere siano pseudo-garantiste, la matrice giustizialista appare evidente.

� necessario comprendere cosa si desideri ottenere dal carcere; da questa esigenza prende spunto la provocazione della mia domanda, perch�, se si vuole che il carcere sia un contenitore, con questi ritmi, che sono anche prova dell�efficienza delle forze dell�ordine sul territorio, esso fra brevissimo tempo sar� nuovamente pieno.

Desidero invitarvi a riflettere anche sugli effetti prodotti dal cosiddetto �indultino�, dalla legge n. 207 del 2003, grazie al quale sono usciti dal carcere circa 6 mila detenuti. Evidentemente, qualcosa in questo meccanismo non funziona e la politica della sicurezza dovrebbe essere rivista. In molte circostanze abbiamo suggerito forme diverse dalla detenzione, ma nel momento attuale - le politiche, infatti, risentono anche del momento in cui vengono proposte - mi riuscirebbe difficile parlare di una depenalizzazione dei reati minori o di pi� strutturate misure alternative. Invito dunque a studiare un diverso modello di diritto penitenziario, che inevitabilmente comporter� una decisa riforma del codice penale e del codice di procedura, perch� non saranno sufficienti migliaia di indagini conoscitive per risolvere in maniera compiuta le problematiche legate alla dinamica carcere e alla dinamica sicurezza.

PIER GIORGIO CORTESI, Coordinatore generale della CISL-CFS. I colleghi che mi hanno preceduto hanno evidenziato questioni molto condivisibili, che per� trattano semplicemente carenze strutturali, operative e di organico, che uno Stato organizzato dovrebbe affrontare nella ordinariet�, senza dover ricorrere a commissioni, gruppi di lavoro, interventi parlamentari.

Purtroppo viviamo in un Paese in cui il diritto � spesso messo in discussione e la certezza della pena per chi delinque � aleatoria. Per noi � difficile parlare serenamente di sicurezza, giacch� dovendo comunque garantirla riscontriamo un disagio molto forte. Questa indagine conoscitiva pu� essere un valido strumento per affrontare le questioni elencate, che devono essere risolte, perch� da anni vengono ripresentate anche in occasioni come queste. Il Parlamento deve farsene carico e cominciare a decidere.

Il coordinamento coinvolge anche la razionalizzazione, perch� si coordina se si razionalizzano le forze. Attualmente, le forze sul territorio non sono razionalizzate, n� coordinate. Non so che fine abbiano fatto le famose sale operative unificate, non sembra neanche che esistano, tanto che i colleghi rilevano come i problemi legati alle sale operative siano aumentati e gli interventi sul territorio sono diminuiti.

Abbiamo cinque forze di polizia che dipendono da cinque diversi Ministeri, cinque comandi generali, ciascuno con apparati burocratici propri: un dispendio enorme di energia. Finch� ci sar� questo sistema, sar� difficilissimo razionalizzare e armonizzare tutti.

Si devono inoltre considerare le polizie locali, delle quali � in atto la riforma. Gli uomini della polizia locale sono quasi il doppio delle forze di polizia nazionale, ma si trovano sul territorio. Hanno qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza.

Questo � un problema contestuale a quello della vigilanza privata, perch� vengono richiesti sempre maggiori poteri di intervento e il territorio � costretto a concederli per esigenze di tutela e sicurezza. Questa questione deve essere affrontata seriamente.

� necessario individuare un sistema chiaro di distribuzione del personale. Le specializzazioni citate dal collega devono essere affrontate in maniera diversa affinch� non si verifichino sovrapposizioni tra le forze di polizia, causa di enormi sprechi.

La ripartizione del personale sul territorio � fondamentalmente un problema di edilizia residenziale. Il Corpo forestale dello Stato possiede caserme vuote al Sud ma non ne ha al Nord, dove il costo della vita � enorme. Abbiamo un comando stazione a Portofino ma chi vi lavora si deve spostare di 200 chilometri, perch� altrimenti � impossibile prendere in affitto un appartamento. � necessario quindi prevedere un piano di edilizia residenziale di tutto il comparto e iniziare anche a riflettere, come avviene nel pubblico impiego, sulla mobilit�.

PRESIDENTE. Scusi, citava caserme vuote al Sud?

PIER GIORGIO CORTESI, Coordinatore generale della CISL-CFS. S�, caserme vuote al Sud, perch�, come evidenziato dal collega, i concorsi sono vinti soprattutto da cittadini del Sud, che abitano nella propria casa lasciando libere le caserme.

� opportuno riflettere sulla mobilit� intercompartimentale, che sembra impossibile tra le forze di polizia. Esistono specificit�, per� � opportuno anche studiare questo tipo di organizzazione.

Come Corpo forestale, siamo circa 8 mila persone sul territorio nazionale, meno dei vigili urbani di Roma. Siamo il corpo di polizia che ha svolto il maggior numero di indagini di tutela ambientale, attivit� che � mirata a reprimere chi esercita la caccia, ma � anche legata all�inquinamento, alle frodi alimentari, che creano grossi problemi di natura sanitaria. Che cosa possono fare 8 mila uomini su tutto il territorio nazionale? Possono fare pochissimo.

Tra l�altro, una questione di sovrapposizione di competenze rende difficile affrontare l�emergenza incendi boschivi con le leggi attuali. Da tempo suggeriamo di intraprendere serie campagne di sensibilizzazione dei giovani rispetto al senso civico e sociale. Nel servizio civile impieghiamo i giovani a fare di tutto meno che a essere presenti sul territorio, mentre potrebbero svolgere un�intensa attivit� di prevenzione. Spesso abbiamo proposto di affrontare la questione e speriamo che questo principio sia introdotto nella nuova legge di riforma per quanto riguarda la tutela dei boschi e delle foreste.

Devo inoltre sottolineare tre punti fondamentali: la definizione dell�aspetto ordinamentale - il riordino delle carriere non pi� rinviabile - la separazione del comparto difesa-sicurezza e la questione dei concorsi dall�esterno. Su questi punti deve essere presa una decisione importante, fermo restando che le forze di polizia ad ordinamento militare possono avere dignit� pari alla nostra.

GIOVANNI ALIQU�,Presidente dei probiviri della ANFP. La ringrazio moltissimo, presidente, perch� la convocazione odierna testimonia l�attenzione di questa Commissione alle questioni della sicurezza, che dovrebbe essere rafforzata, dedicando ricorrenti indagini alla sicurezza interna del Paese. Purtroppo, mi rendo conto che la Commissione ha molto da  fare e mi associo per questo alle richieste di un foro dedicato, variamente denominabile.

Desidero seguire la traccia indicata nell�invito inviatoci. Per quanto riguarda lo stato della sicurezza nel nostro Paese e le sue dinamiche, rinvio a quanto gi� espresso in questa sede dal Ministro dell�interno e dal capo della Polizia Manganelli. Devo tuttavia riflettere sui limiti di quelle letture in relazione agli episodi che in questi giorni hanno tristemente segnato il nostro Paese.

� necessario riconoscere il progressivo deterioramento della sicurezza e della legalit� del quotidiano. Ho letto alcune analisi sull�immigrazione, e in questa Commissione � stato affermato come non fosse prevedibile che il fenomeno dell�emigrazione si sarebbe sviluppato lungo tali direttrici. Su questo punto, ritengo opportuno compiere una riflessione. L�analisi dei fenomeni � carente nel nostro Paese, cos� come conseguentemente la destinazione delle risorse, perch� manca un�intelligenza a monte. L�analisi riguarda i fenomeni pi� vari, il movimento dei gruppi criminali sul territorio nazionale, ma anche i movimenti dei flussi migratori. Devo ricordare, signor presidente, che la Direzione investigativa antimafia doveva svolgere, per quanto riguarda le attivit� del crimine organizzato, in via prioritaria e per tutte le agenzie di sicurezza, il ruolo di centro di analisi, mentre invece in questi anni, proprio in tale settore specifico, che costituiva il suo core business, � stata ampiamente depotenziata.

Quando si considerino i principali indirizzi della politica di sicurezza dei cittadini, si deve constatare che, a causa di un non perfetto coordinamento al centro e sul territorio tra le Forze di polizia, si assiste a un proliferare delle politiche di sicurezza, che si possono ricondurre ad almeno due filoni: quello che promana dal Dipartimento di pubblica sicurezza, non sempre univoco e chiarissimo, per� organo di supporto del Ministro dell�interno, e quello delle altre politiche della sicurezza, che promanano da attori variamente denominati al centro e sul territorio. Vi sono micropolitiche della sicurezza, e con il �pacchetto sicurezza� in discussione probabilmente vi saranno anche politiche della sicurezza comunali, oltre a quelle regionali e provinciali. Si deve quindi riflettere, perch� questo, oltre a costituire un elemento di disordine, causa spreco di risorse, duplicazione di interventi o loro scoordinamento, provocando un aggravio sulle pubbliche finanze.

Per quanto riguarda il terzo punto, la percezione della sicurezza, dobbiamo convenire con chi ha affermato che le forze di polizia e la magistratura sono diventate per i cittadini una sorta di rifugio, al quale ricorrere nella speranza di ottenere la tutela di diritti, aspettative e interessi, che dovrebbe essere garantita da altre amministrazioni. Alle forze di polizia in Italia sono attribuite, come da lei rilevato, presidente, funzioni diverse da quelle spettanti loro all�estero, ma soprattutto sussidiarie rispetto alle deficienze strutturali di altre amministrazioni pubbliche, segnatamente di quelle che dovrebbero governare il territorio. Nei giorni scorsi, abbiamo visto la Polizia di Stato impegnata nello sbancamento di baracche sulle rive del Tevere, compito che non le appartiene. Non avrebbe dovuto essere un compito della Polizia di Stato il governo del territorio e dell��edilizia spontanea� che su esso si manifesta.

Il quarto argomento suggerito riguarda il riparto delle funzioni tra le forze di polizia, in merito al quale dobbiamo constatare un profondo malessere in seno alla Polizia di Stato. Questa constatazione si fonda sulla consapevolezza, ormai maturata anche dagli agenti pi� giovani, di come la Polizia sia rimasta l�unica forza a competenza generale, ove per� essa diventa una sorta di serbatoio in cui concentrare funzioni non sempre piacevoli, gratificanti o remunerate, proprio perch� non specialistiche, che altri tendono a dismettere progressivamente.

Si lasciano dunque ai poliziotti i compiti generalisti pi� ingrati, e segnatamente i pi� pesanti e rischiosi servizi di ordine pubblico, oltre che, con un fortissimo dispendio di uomini, molti pi� di quanti se  ne siano spesi negli istituti di istruzione che sono stati e saranno chiusi, di supporto esecutivo delle prefetture. Alcuni giovani agenti sono di piantone presso le prefetture, al posto di un controllo che potrebbe essere sviluppato da guardie giurate, mandando gli agenti giovani a compiere attivit� investigative.

Si rileva, dunque, la mancanza di un nucleo riconosciuto per legge, perch� qualcuno potrebbe affermare che la Polizia di Stato svolga il ruolo della polizia stradale, senza che sia indicato da nessuna norma. Questa � una delle cause di perdita dell�identit� all�interno della Polizia.

Il quinto punto � il pi� difficile da trattare. Per quanto riguarda le forme di coordinamento tra le forze di polizia, si pu� affermare che esse si fondano soprattutto sui rapporti interpersonali tra dirigenti delle varie strutture centrali e territoriali, non su un razionale disegno legislativo o regolamentare.

La legge n. 121 del 1981 appare per molti versi superata dalla legge n. 78 del 2000. Il legislatore del 2000 ha scelto di superare la legge n. 121 del 1981. Anche in questa sede non sempre si � riusciti a distinguere su questioni con una forte valenza simbolica. Il capo della polizia, con la �p� minuscola, sta a indicare la responsabilit� di direzione della funzione tecnica e generale della pubblica sicurezza, ma anche in quest�aula si � equivocato, chiamando capo della Polizia, con la �P� maiuscola, il prefetto Manganelli, come troviamo nel resoconto stenografico della Commissione del 26 luglio, capo della Polizia di Stato, qualifica che nella legge non esiste.

Si tratta di questioni non solo terminologiche, ma di sensibilit� istituzionale verso i ruoli e le funzioni di ciascuno, e anche verso la collocazione della Polizia di Stato e dei vertici operativi del Dipartimento della pubblica sicurezza in un contesto di centralit� nella gestione della sicurezza pubblica.

Per quanto riguarda infine la riforma della Polizia, attendiamo una riforma per le carriere dei direttivi e dei dirigenti della Polizia di Stato, ma ancor prima, segnale che dovrebbe essere dato chiaramente, dovremmo adeguare le risorse umane tenendo presente la questione anagrafica. Oggi, in tutte le qualifiche abbiamo personale vecchio, difficilmente spostabile sul territorio. La questione della selezione e della formazione esige risorse da destinare, mentre invece si chiudono le scuole. Un grosso problema � rappresentato dalla questione morale, interna, per il quale dovrebbe essere istituito un reale ufficio ispettivo, e non �uffici ombra� come quelli attuali.

Avrei altro da dire, ma consegner� una relazione pi� completa. Grazie, presidente.

GIUSEPPE MORETTI, Segretario generale della USPP. Presidente, grazie per l�invito. Anche la nostra organizzazione � stata positivamente sorpresa, ma anche pronta a presentare le proprie riflessioni, che perverranno alla Commissione anche per iscritto.

Questa sera, in qualit� di rappresentanti della Polizia penitenziaria e di un�organizzazione che rappresenta il personale appartenente all�amministrazione penitenziaria, desideriamo sottolineare come da tempo il ruolo della Polizia penitenziaria nell�ambito del mantenimento della sicurezza sia strategicamente fondamentale.

Per avvalorare questo concetto, la nostra organizzazione ha anche promosso iniziative volte alla ricerca di soluzioni alternative, per consentire alla Polizia penitenziaria di contribuire meglio al mantenimento della sicurezza della societ�.

I punti inseriti in questa indagine conoscitiva sono di tale spessore da averci causato qualche difficolt�, anche se il progetto complessivo riguarda la riorganizzazione del corpo di Polizia penitenziaria e il funzionamento della sua attivit� istituzionale, che non si limita solo al mantenimento dei detenuti e dei condannati all�interno delle strutture penitenziarie, di cui ben note sono le condizioni, cos� come il nostro sforzo affinch� nelle leggi finanziarie venga accresciuto lo stanziamento per il superamento dei deficit strutturali. Riteniamo che la Polizia penitenziaria possa contribuire al mantenimento  e al miglioramento delle condizioni sicurezza, diventando polizia dell�esecuzione penale in toto.

Mi riferisco, in particolare, alla dotazione di strumenti adeguati per garantire il controllo di tutta l�esecuzione penale, perch� il progetto complessivo, che riguarda il miglioramento della sicurezza, deve non solo assicurare alla giustizia chi delinque, ma anche creare concrete condizioni di reinserimento, come previsto dall�articolo 27 della Costituzione, che assegna questo compito anche alla Polizia penitenziaria.

Riteniamo quindi fondamentale incentivare un�attivit� che porti a una modifica dell�attuale ordinamento penitenziario e alla possibilit� di usufruire di misure alternative alla detenzione. Questo richiede, per�, un maggiore controllo. Negli ultimi anni, infatti, si � assistito alla crescita di pi� del 200 per cento del ricorso a misure alternative alla detenzione, mentre i dati indicano che, laddove si operi un concreto reinserimento, la reiterazione dei reati diminuisce.

Riteniamo che anche il passaggio del controllo dei detenuti e dei condannati che usufruiscono delle misure alternative alla Polizia penitenziaria sia utile a verificare la reale efficacia del reinserimento. Questo ci consente anche di liberare altre forze in collaborazione con le altre forze di polizia. Un decreto interministeriale in corso di approvazione destina alla Polizia penitenziaria questo incarico.

Ci� significa anche liberare forze sul territorio che attualmente effettuano i controlli dei condannati che usufruiscono di misure alternative e si potranno occupare di altri incarichi. Questo rientra nell�esigenza di trovare nuovi mezzi di contrasto della criminalit� organizzata. Riteniamo che il coordinamento tra le varie forze di polizia debba essere implementato, e che il disegno di legge che prevede la costituzione di un ruolo tecnico per la Polizia penitenziaria, inserito nel �pacchetto sicurezza� in cui viene costituita la banca del DNA, sia un passaggio fondamentale, anche se non sufficiente a dare contezza alla grande mole di lavoro svolta dalla Polizia penitenziaria anche sotto il profilo tecnico. Il ruolo tecnico deve essere parificato a quello delle altre forze di polizia, soprattutto a quello della Polizia di Stato.

In questo contesto, � necessaria una modifica dell�assetto ordinamentale di tutte le forze di polizia, e in particolare una riorganizzazione della Polizia penitenziaria, una modifica e una nuova ristrutturazione del decreto costitutivo del Corpo. Stiamo assistendo infatti a una serie di attivit� volte a ottimizzare le attivit� della Polizia penitenziaria. Il gi� citato Nucleo investigativo centrale � un ufficio significativo, ma temiamo che si possa assistere a uno scollamento dei vari uffici, non integrati in un contesto di riorganizzazione complessiva. Questo � un altro punto sul quale vorremmo trovare una convergenza.

Non desidero dilungarmi nell�elencazione delle esigenze del nostro Corpo rispetto alla volont� di garantire la sicurezza, prima delle quali una necessaria migliore formazione legata all�ampliamento delle caratteristiche delinquenziali, alla presenza di detenuti stranieri e a tutto quello che ne consegue. Questo deve avvenire anche in collaborazione con interventi economico-finanziari provenienti dall�Europa, perch� l�Italia non pu� affrontare da sola un�emergenza come quella della criminalit� in questi giorni oggetto di cronaca. Il rafforzamento della dotazione organica della Polizia penitenziaria � necessario per migliorare la funzionalit� nel controllo dei detenuti sottoposti a misure alternative, come anche il riconoscimento della specificit� del funzionamento delle forze di polizia.

Dietro questo lavoro c�� l�uomo, ma � necessario sottolineare come non produciamo beni materiali, bens� sicurezza. Il nostro operato non coinvolge solo il personale che lo svolge ma anche le famiglie. Deve essere considerato, quindi, che la sicurezza coinvolge 300.000 unit� e le loro famiglie. Riteniamo pertanto fondamentale che il Governo e lo Stato si occupino di sicurezza in modo pi� compiuto.

PRESIDENTE. Grazie. Dottor Aliqu�, volevo ringraziarla perch� effettivamente abbiamo riscontrato che il prefetto Manganelli figura come capo della Polizia di Stato, per cui faremo una correzione in base al suo appunto.

MARCO MORONI, Segretario generale della SAPAF.La ringrazio per la convocazione e per il contributo che ci viene permesso di dare all�importante indagine conoscitiva che la Commissione sta svolgendo.

Crediamo che le sicurezze della Polizia nel settore agro-ambientale debbano incidere sulle dinamiche della sicurezza dei cittadini. Anche se i punti che ci avete inviato nei giorni scorsi sono molti, vorremmo principalmente sottolineare come sia impossibile svolgere la nostra professione senza una motivazione di fondo. Tali motivazioni nascono anche da aspetti contrattuali e stipendiali, ma soprattutto da una vera funzionalit� dell�amministrazione cui si appartiene, del concetto di politica lavorativa e quindi professionale.

Purtroppo, ultimamente queste motivazioni vengono meno, non in virt� di una differenziazione di assunzioni. Ad esempio, agli ultimi concorsi del Corpo forestale svolti con personale proveniente dall�esterno ha partecipato un�altissima percentuale di personale laureato, a differenza degli anni precedenti. Purtroppo, come pi� volte ricordato, in virt� della normativa vigente, fino al 2020 le forze di polizia non potranno pi� attingere a personale proveniente dall�esterno.

Uno degli aspetti pi� importanti � sempre quello formativo. Nella nostra amministrazione, ma credo anche in altre, un agente di polizia segue un corso di formazione per l�accesso alla professione, e poi per circa vent�anni non segue pi� alcun corso. Questo � uno degli aspetti demotivanti dal punto di vista della possibilit� di garantire sicurezza.

Auspichiamo quindi un investimento serio da parte dello Stato nella formazione e riqualificazione, concordando con chi, come sindacato, ha sottolineato l�esigenza di una celere riforma delle carriere del personale, non solo direttivo, delle forze di polizia. Le nostre carriere sono oggetto di materia ordinaria, quindi solo attraverso uno strumento normativo possono essere modificate, e non, come per altri comparti, con semplici contratti di lavoro.

Volendo individuare nella funzionalit� delle singole amministrazioni anche un benessere sociale e un incremento della sicurezza, riteniamo opportuno segnalare all�interno dell�aspetto della sicurezza agro-ambientale percorsi che portino a implementare le polizie europee, punto sottolineato dall�indagine di questa Commissione.

Esempi legati a traffici di rifiuti, a controlli agro-alimentari, a criminalit� ambientale proveniente dai Paesi dell�est sono ormai pressoch� quotidiani. Una seria politica della sicurezza pu� essere svolta solo contemplando un intervento congiunto nell�ambito dell�Unione europea. Uno degli aspetti toccati, che ci piace rimarcare in ultimo, riguarda il coordinamento interno. Da circa 15 anni faccio parte della Polizia e ho sempre sentito parlare di coordinamento. Qui � stato citato poc�anzi il cosiddetto decreto Pisanu, cio� il decreto del Ministero dell�interno per l�indicazione delle specificit� del 2005...

PRESIDENTE. Personalmente, ne sento parlare da quarant�anni...

MARCO MORONI, Segretario generale della SAPAF. S�, lo so. Rispetto al coordinamento, nell�ambito dell�operativit�, non si rilevano grossi problemi. Abbiamo circa 1200 comandi stazione su tutto il territorio nazionale, e sicuramente nell�ambito del coordinamento non abbiamo problemi rilevanti con gli operatori professionisti, mentre ritengo che qualche problema probabilmente si rilevi a livelli pi� alti.

Il cosiddetto decreto Pisanu del 2005, dopo un lavoro abbastanza lungo di circa 18-24 mesi, individuava specificit� delle forze di polizia che precedentemente erano state rilevate dal Ministro Scotti, nel 1992. Sono trascorsi circa 13 anni prima di individuare questo tipo di specificit� e  suddividere l�impiego del personale per razionalizzarlo, per cui, evidentemente, la politica di sicurezza in quegli anni � stata inadeguata.

Concludo con un�indicazione, che proviene dalle nostre strutture territoriali, in quanto rappresentiamo la polizia di prossimit�. L�aspetto relativo all�immigrazione, che molto contribuisce a innalzare problematiche connesse al livello di sicurezza percepito dai cittadini nel futuro, vedr� sempre pi� impegnate le polizie che operano in ambienti rurali, montani o comunque di prossimit�, proprio perch� la forte attenzione, anche mediatica, nei centri di maggiore risalto far� s� che questo tipo di immigrazione porti determinati soggetti in ambienti meno controllati, e quindi con maggiori possibilit�. Anche da questo punto di vista, riteniamo opportuna un�attenzione maggiore a polizie, come il Corpo forestale dello Stato, che operano in luoghi pi� periferici.

ALESSANDRO DE PASQUALE, Segretario nazionale del CNPP. Credo che la sicurezza sia una priorit� di ogni Governo, laddove si tratti di sicurezza concreta, che questa Commissione sta cercando di perseguire. I cittadini devono percepire questa sicurezza, e ci� pu� avvenire con l�accordo di tutte le forze politiche, cui ogni cittadino ha dato mandato.

Sicurezza significa anche certezza della pena e maggiore riconoscimento alla Polizia penitenziaria, che ha la responsabilit� dell�esecuzione penale. Chiudere nei circuiti penitenziari i cosiddetti delinquenti non soddisfa pienamente le esigenze di sicurezza, il che pu� avvenire soltanto quando l�esecuzione penale sia garantita evitando gli sconfinamenti. Nell�ambito dell�amministrazione penitenziaria vi sono infatti diverse figure, che a volte confondono i propri compiti istituzionali: direttori che vogliono fare i poliziotti penitenziari, educatori che vogliono fare i direttori, poliziotti penitenziari che non riescono a svolgere il proprio lavoro. Abbiamo bisogno di mezzi non obsoleti per le traduzioni dei detenuti, di adeguate risorse umane e anche di nuovi istituti penitenziari.

La Polizia penitenziaria sta assumendo nuovi compiti. Si � parlato del Nucleo investigativo centrale, che svolge attivit� investigativa principalmente nell�ambito penitenziario. Saremo a breve negli uffici di esecuzione penale estrema (UEPE), e abbiamo anche un�attivit� di polizia stradale. In sostanza, crescono i compiti, ma le risorse rimangono invariate.

Credo che l�indulto non abbia sufficientemente garantito quanto speravamo, ovvero maggiore sicurezza soprattutto nell�ambito degli istituti penitenziari. Sono stati scarcerati criminali che purtroppo hanno riempito le strade del territorio.

Vorrei suggerire un punto da cui partire per evitare che l�effetto dell�indulto possa essere annullato, ovvero la cassa delle ammende, definita �banca dei detenuti�. La cassa dispone di immense quantit� di denaro, che per� non vengono investite per il reinserimento dei soggetti beneficiari dell�indulto o comunque usciti dagli istituti penitenziari. Le risorse della cassa delle ammende sono destinate, per legge (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000), a soggetti usciti dagli istituti penitenziari o alle loro famiglie. L�amministrazione penitenziaria ha riorganizzato questa cassa, per� molti progetti sono ancora fermi. Se scarceriamo un detenuto e lo ricollochiamo nella societ�, il reato viene nuovamente commesso, perch� quel soggetto risulta privo dei mezzi necessari per potersi reinserire.

Per quanto riguarda la Polizia penitenziaria, ci chiediamo come sia possibile chiedere ai poliziotti di rischiare la loro vita per 1.200 euro mensili. Adeguare gli stipendi dei poliziotti italiani a quelli dei poliziotti dei Paesi pi� sviluppati sarebbe utile anche alla sicurezza.

Concludo, quindi, chiedendo l�apertura di nuovi istituti penitenziari, l�assunzione di almeno 2.000 uomini, il riordino delle carriere, l�adeguamento dei funzionari della Polizia penitenziaria ai funzionari della Polizia di Stato e, infine, l�istituzione  di ruoli tecnici della Polizia penitenziaria allo stesso livello dei ruoli tecnici della Polizia di Stato.

FRANCESCO GAROFALO, Segretario nazionale della FIADEL. La ringrazio dell�invito, presidente, perch� ci offre la possibilit� di inserirci in un ragionamento estremamente complesso.

Oggi rappresento anche le sigle che compongono la rappresentanza dei sindacati di categoria. Desidero accennare a questi sindacati perch� � importante capire come un esercito di 50.000 uomini si muova sul territorio senza alcuna certezza di cosa siano e individuare il ruolo della polizia locale, delle polizie municipali, delle polizie provinciali in questo �pacchetto� esposto in prima linea, insieme ad altre forze di polizia, senza i giusti riconoscimenti.

Mi riferisco all�OSPOL (Organizzazione sindacale delle polizie locali), al SIAPOL (Sindacato autonomo polizia locale), allo SNAVU (Sindacato nazionale polizia locale), al SIULP (Sindacato unitario polizia locale), che rappresentano, con 50.000 lavoratori, il sindacato storico di questa categoria, che da anni rivendica una riforma legislativa, di che modifichi l�articolo 57 del codice penale e le consenta di rientrare nell�ambito della legge n. 121 del 1981, relativa alle forze di polizia oggi riconosciute in un �pacchetto� complessivo del Paese.

Vogliamo evitare che, domani, alcuni sindaci e il�pacchetto sicurezza� garantiscano sicurezza ai cittadini, a discapito di lavoratori ogni giorno esposti nella lotta alla microcriminalit� e nello svolgimento di compiti che spettano alla Polizia di Stato o ad altre forze di polizia. Nel �pacchetto sicurezza� deve essere definito il ruolo della polizia locale, esposta sul territorio al primo urto del cittadino che chiede aiuto a un uomo in divisa.

Vi faremo sicuramente pervenire la nostra proposta, che sar� legata non solo allo stipendio, ma anche allo stato giuridico di 50.000 agenti che non hanno la certezza dei loro compiti e che, qualora forniscano un contributo nella soppressione dei reati al di fuori delle loro competenze e dell�orario di servizio, vengono penalizzati dalle leggi dello Stato. Per dare un contributo sostanziale al �pacchetto sicurezza�, invitiamo dunque questo Governo a considerare l�esigenza di una categoria costituita da 50.000 uomini in divisa, esposti in prima persona su tutto il territorio insieme altre forze di polizia, senza alcuna garanzia di svolgere un lavoro non usurante e di poter esercitare pienamente le proprie funzioni, perch�, tolta la divisa, ritornano ad essere cittadini accusabili di commettere reati qualora intervengano nella loro soppressione.

Il nostro intervento in questa sede su una materia cos� complessa mira solo a far riflettere questo Governo e a definire il ruolo delle polizie locali sull�intero territorio nazionale, senza attribuire ai sindaci o ad altri soggetti all�interno dei comitati di sicurezza compiti non assegnati loro dalla legge. L�articolo 57 del codice penale e l�inserimento all�interno della legge n. 121 del 1981, per la categoria, sono aspetti fondamentali.

Desidero ricordare solo alcuni episodi, per far comprendere quanto desideriamo rivendicare ci� che ho evidenziato. Alcuni colleghi sono stati esposti a compiere arresti di terroristi importanti, come la Lioce e altri elementi di spicco del terrorismo. Non ci siamo mai tirati indietro, siamo sempre intervenuti, abbiamo sempre dimostrato di essere all�interno di un �pacchetto sicurezza� e siamo forze di polizia, sebbene prive di adeguata formazione. Ci� perch� i sindaci non rimpinguano i fondi per formare questi lavoratori e garantire loro attrezzature migliori, per esporli in modo pi� corretto alle esigenze della cittadinanza.

Oggi rivendichiamo tutto questo. Pertanto, vi ringrazio a nome delle citate organizzazioni sindacali, che hanno svolto degli studi su questo �pacchetto sicurezza�, che tutti i cittadini stanno aspettando e a cui vogliamo fornire il nostro contributo.

DANILO SCIPIO, Segretario nazionale della UGL-CFS. Sar� schematico, perch�  sono l�ultimo e molte considerazioni sono gi� state espresse dai miei colleghi.

Come cittadino e come padre, ho una fortissima percezione di insicurezza. Sono costretto ad accompagnare mia figlia all�oratorio, che dista solo 300 metri, perch� in 300 metri potrebbe succedere di tutto. Siamo circondati da zingari, barboni, extracomunitari, sempre con le bottiglie in mano; quindi, come cittadino e come addetto alla sicurezza, percepisco un�assoluta mancanza di fiducia verso le istituzioni ad essa preposte.

Come Corpo forestale, abbiamo pagato a caro prezzo le scarse risorse destinate dal Governo all�operativit�. Sino allo scorso anno, avevamo raggiunto risultati straordinari sul fronte della lotta agli incendi boschivi. Quest�anno, insieme ai boschi, abbiamo mandato in fumo anche quanto realizzato fino allo scorso anno, soprattutto grazie all�attivit� di prevenzione, laddove gli incendi boschivi non si devono spegnere, ma prevenire. Quest�anno, con 20 euro di carburante al mese per ogni vettura, non eravamo in condizione di farlo e le conseguenze sono evidenti, giacch� 18 morti rappresentano una strage.

La sicurezza si garantisce attraverso il controllo capillare e permanente del territorio, oltre che attraverso la certezza della pena. Per fare questo, abbiamo l�esigenza di un potenziamento dell�organico. Come gi� ricordato, siamo 8500, meno dei vigili urbani di Roma, e soprattutto siamo presenti soltanto nelle regioni a statuto ordinario. La legge n. 36 del 2004 rafforza la legge n. 121 del 1981, per cui siamo la quinta forza di polizia dello Stato, per�, incredibilmente, tuttora siamo presenti esclusivamente nelle 15 regioni a statuto ordinario, situazione che deve essere normalizzata.

A ci� si deve aggiungere l�incremento dei rapporti con l�autorit� giudiziaria. Chiediamo quindi una modifica normativa anche del decreto di recepimento del codice di procedura penale, laddove non prevede nella costituzione delle sezioni di polizia giudiziaria la presenza del Corpo forestale dello Stato. Gli uomini che lavorano presso le procure sono applicati, ma non effettivi, con tutte le problematiche connesse.

Sempre dal punto di vista delle modifiche normative, abbiamo richiesto, anche in un recente convegno alla presenza del Ministro De Castro, di modificare la legge n. 353 del 2000 sugli incendi boschivi, fronte che pi� ci caratterizza dal punto di vista della sicurezza, perch�, se da una parte si rileva lo scarso coordinamento tra i cinque Corpi di polizia, si deve lamentare l�inesistente coordinamento con gli enti locali, soggetti ai quali spetta la direzione dell�attivit� di prevenzione e lotta agli incendi boschivi. Purtroppo, stiamo assistendo a una sorta di guerra fra poveri, perch� dove la carenza di organico ci impedisce di essere efficacemente presenti cercano di infilarsi altre amministrazioni dello Stato. L�ultima polemica � nata con i vigili del fuoco, che rivendicano alcune competenze storicamente del Corpo forestale dello Stato, come la direzione delle operazioni di spegnimento. Svolgiamo attivit� nei boschi da 184 anni, che non possono essere cancellati soltanto per deficienze di carattere economico.

L�adeguamento dell�organico deve seguire il nuovo ordinamento delle carriere. Come � stato gi� ricordato, abbiamo oltre 1.200 comandi stazione e, come dotazione organica complessiva sulla carta, 1.440 ispettori, ma per collocare un ispettore per ogni comando stazione non dovremmo coprire i posti in ufficio. La dotazione organica, anche se fosse a pieno regime, � quindi assolutamente inadeguata ai compiti che siamo chiamati a svolgere.

Per quanto riguarda il Patto per la sicurezza pi� volte evocato, chi si � fatto garante del mantenimento di quell�accordo non ha poi dato riscontri oggettivi in sede di legge finanziaria. Ci auguriamo, ovviamente, di non vedere disattese le aspettative del personale che rappresentiamo, perch� 1.200 euro al mese sono uno stipendio irrisorio e quasi tutti lavoriamo esclusivamente per passione, con fiducia nelle istituzioni e in chi dovrebbe tutelare i nostri diritti dal punto di vista legislativo.

Ci auguriamo, quindi, che sia dato un seguito alle nostre richieste.

MARCO BOATO. Vorrei ringraziare tutti gli ospiti e i rappresentanti delle varie organizzazioni sindacali e dei due COCER, che hanno apportato il loro contributo al lavoro di questa indagine conoscitiva.

Voglio ricordare, come lei ha gi� fatto all�inizio, presidente, come questo lavoro non nasca dalla cosiddetta �emergenza� di questi giorni, perch� questa Commissione ha affrontato i problemi della sicurezza fin dai primi mesi della legislatura, svolgendo una serie di audizioni dei vertici dei vari Corpi di polizia e, ovviamente, del Ministro dell�interno, cui ci sembrava doveroso far seguire anche l�ampio ascolto di tutte le rappresentanze sindacali e delle rappresentanze militari dei Corpi di polizia. Il lavoro che stiamo svolgendo, di cui � stato redatto anche un resoconto stenografico e a cui verranno allegati i documenti scritti preannunciati da molti di voi, servir� anche come contributo essenziale all�emergenza attuale e ai provvedimenti che il Governo ha varato con il decreto-legge recentemente adottato e con i disegni di legge di qualche giorno fa, inserendosi per� in una pi� ampia logica di carattere istituzionale, che valorizza maggiormente il ruolo dei Corpi di polizia, sia nazionali sia di polizia locale, da voi rappresentati in questa sede.

Mi permetto di aggiungere solo due osservazioni, perch� non desidero riprendere molti degli argomenti ascoltati. Ho constatato con particolare interesse l�intento di superare le logiche emergenziali per cui nel nostro Paese, quando si verifica un terribile e drammatico episodio di carattere criminale, esso cattura l�attenzione dei mass media finch� un�altra emergenza si sostituisce alla precedente. Stiamo cercando di lavorare in modo opposto.

Ho molto apprezzato gli interventi che hanno evidenziato una logica non di esclusione, ma di priorit� rispetto a macrocriminalit�, criminalit� organizzata, microcriminalit�, questioni legate alla devianza sociale, aspetti della legalit� economico-finanziaria, di giustizia tributaria, messi in luce dai rappresentanti della Guardia di finanza come temi di gravit� pari a quelli di cronaca quotidiana.

Nei giorni scorsi, si � discusso, e forse si discuter� in Assemblea fra qualche settimana, della questione relativa ad una Commissione d�inchiesta sul G8 e qualcuno ha affermato che rappresenterebbe un giudice speciale vietato dalla Costituzione. Il Parlamento non pu� svolgere attivit� di giudice nei confronti di nessuno, mentre i magistrati svolgono questa attivit�, laddove il Parlamento, nelle Commissioni di inchiesta, svolge un�attivit� volta ad accertare problemi di carattere istituzionale. Molte delle questioni che avete affrontato sotto il profilo del coordinamento nelle vicende del G8 sono emerse in modo particolarmente determinante.

A questo riguardo, sempre interloquendo con alcuni interventi e non su tutto quanto sarebbe assurdo ripetere in pochi minuti, alcuni in modo pi� esplicito, altri in modo pi� implicito hanno rivendicato la ricostituzione in Parlamento della vecchia Commissione interni, che ha concluso la sua attivit� nell�ottava legislatura, proprio con la citata riforma di polizia.

Come il presidente Violante, ho iniziato la mia attivit� parlamentare proprio in quella legislatura e ho seguito tutta l�attivit� della Commissione interni, che var� la legge n. 121 del 1981. Poich� avete posto questo problema, ritengo molto pi� valorizzante del ruolo dei Corpi di polizia l�essere inseriti all�interno di una Commissione in gergo definita �Commissione affari costituzionali�, ma in realt� �Commissione affari costituzionali, Presidenza del Consiglio dei ministri e interni�, nel quadro di una politica generale dello Stato, piuttosto che creare una sorta di corpo separato nel Parlamento, cui corrisponderebbe una logica da corpi separati nell�ordinamento dei Corpi di Polizia.

Credo che un�audizione come quella di oggi valorizzi molto di pi� il vostro ruolo nel quadro di un ordinamento complessivo dello Stato che non creare un comparto  separato, che quasi corporativamente affronti il problema dei Corpi di polizia.

Nel rinnovare il ringraziamento anche a nome del collega Zaccaria e di altri colleghi che si sono avvicendati nell�ascolto, desidero infine rilevare che, come ha detto il dottor Aliqu�, la questione del coordinamento viene continuamente riproposta, da decenni, in modo ufficiale e istituzionale, in particolare dal 1981, poi dalla legge del 2000 e dal decreto del 2005. Si tratta quindi di un tema che attraversa la vostra vita ma anche quella di noi parlamentari, e considero giusto da parte vostra sottolineare come un adeguato coordinamento eviterebbe anche spreco di risorse, duplicazione di servizi, interferenze indebite, talvolta duplicazione di attivit� di personale che, in una logica di scarse risorse quale quella lamentata, aumenta i problemi, oltre che rendere pi� difficile l�efficienza, la tempestivit�, l�efficacia, la trasparenza degli interventi.

Desidero rilevare garbatamente, in base a una lunga esperienza, come talvolta i vari Corpi di polizia incontrino difficolt� di coordinamento anche perch�, per ragioni storiche e istituzionali - esistono intere biblioteche sulla storia dei diversi Corpi di polizia e sulle loro specializzazioni -, palesano la comprensibile ma non sempre giustificabile gelosia che ogni corpo ha rispetto alla propria autonomia, dimostrandosi restio a entrare in una logica di coordinamento.

Nell�arco delle varie legislature, mi sono spesso confrontato con questo problema. Qualcuno di voi ha giustamente usato l�espressione�coordinamento reale�, e non soltanto formale.

Ho molto apprezzato alcuni interventi che hanno affrontato i problemi specifici della Polizia penitenziaria inserendoli nel quadro generale della sicurezza, nonch� la questione indulto, misura probabilmente inevitabile a causa della situazione di sovraffollamento, nel quadro di una generale riforma dell�ordinamento penitenziario e delle funzioni specifiche della Polizia penitenziaria, per evitare che �provvedimenti tampone� adottati in casi emergenziali non risolvano i problemi. Questo � un problema posto anche alla nostra attenzione, oltre che a quella della Commissione giustizia.

Anche a nome del collega Zaccaria, rinnovo il ringraziamento per il vostro prezioso contributo.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Boato. � stata per noi una serata particolarmente utile. Siete intervenuti in ventidue, per oltre quattro ore di lavoro. Ci interessava evidenziare le varie dimensioni del problema sicurezza, dalla sicurezza economica alla sicurezza degli incendi, a quella sulle strade, sui treni, nei penitenziari. In tale quadro, si rilevano problemi comuni e problemi di settore.

Il problema comune fondamentale riguarda le risorse, problema non vostro ma del Paese, perch� in questa fase si � ritenuto di dare priorit� al risanamento del bilancio pubblico, senza il quale non sarebbe possibile realizzare investimenti per il futuro. Oggi abbiamo pi� di ieri, e speriamo che domani ci sia pi� di oggi.

In tale quadro, rilevo la dimensione del coordinamento, che � un modo razionale di utilizzazione le risorse esistenti, al fine di potenziarne le funzionalit�. Qualcuno ha rilevato come il coordinamento sia talvolta amicale, perch� quando i rapporti sono buoni, come avviene in genere, tra le varie forze di polizia, si realizza il coordinamento, altrimenti esso si rivela pi� difficile. Non possiamo per� affidare un problema istituzionale alle relazioni tra capi. Si tratta, quindi, di superare alcune difficolt� e di valutare in che termini modernamente si possa ovviare a questo problema.

Quanto alla Commissione interni, il collega Boato ha toccato con competenza anche questo tema, suggerendo di avere non un luogo specialistico e separato, ma un interlocutore permanente parlamentare, cos� come altri ceti professionali. Finch� non sar� data una risposta adeguata a questo tema, considerate questa Commissione, come la corrispondente Commissione del Senato, quale vostro interlocutore per i profili che riguardano i problemi della sicurezza.

L�avvio di questa indagine molto complessa mira anche a considerare complessivamente le questioni, a segnalare priorit� e terreni di intervento, a valutare lo stato delle cose, proponendoci anche come vostro interlocutore per le parti relative alla sicurezza. Ciascuno avr�, poi, i suoi punti di riferimento: la Polizia penitenziaria si rivolger� anche alla Commissione giustizia, altri alla Commissione ambiente, per� nella dimensione sicurezza vorremmo essere, ripeto, il vostro interlocutore.

Attendiamo anche documenti scritti, che ci serviranno per il nostro lavoro. Vi ringrazio molto per il tempo che avete dedicato a questa indagine del Parlamento e vi auguro di poter svolgere il vostro lavoro nel migliore dei modi e nell�interesse della collettivit�.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 19,30.


 

 

 

 


 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

8.

 

 

Seduta di MERCOLED� 28 NOVEMBRE 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

 

La seduta comincia alle 13,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione del procuratore nazionale antimafia e dei procuratori distrettuali antimafia presso le procure della Repubblica della Campania, della Calabria, della Puglia e della Sicilia, del direttore della Direzione investigativa antimafia e di rappresentanti dell�Associazione nazionale magistrati, della Confindustria, della Confcommercio e della Confesercenti sulle questioni della sicurezza dei cittadini e delle imprese rispetto alla criminalit� organizzata.

 

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia, l�audizione del procuratore nazionale antimafia e dei procuratori distrettuali antimafia presso le procure della Repubblica della Campania, della Calabria, della Puglia e della Sicilia, del direttore della Direzione investigativa antimafia e di rappresentanti dell�Associazione nazionale magistrati, della Confindustria, della Confcommercio e della Confesercenti sulle questioni della sicurezza dei cittadini e delle imprese rispetto alla criminalit� organizzata.

Credo che sia la prima volta che la Camera svolge un lavoro di questo genere; termineremo a gennaio con la relazione che presenteremo al Parlamento sui rischi e lo stato effettivo della sicurezza nei confronti di ogni tipo di problema e possibili modelli alternativi, rispetto a quello attuale, di tutela della sicurezza.

Abbiamo svolto una serie di audizioni di diverso contenuto. Quella di oggi riguarda in particolare la questione dei rischi nei confronti dell�economia; per questo abbiamo invitato gli operatori economici e coloro che operano nei vari settori che sono pi� a stretto contatto con questo tipo di problema.

Naturalmente, questo non ci esime dal prendere in esame il tema specifico della grande criminalit�. Ci interessa, in questa sede in particolare, il rapporto che passa tra le questioni relative alla criminalit� e la tutela dell�economia. Se poi i singoli ospiti vorranno aggiungere, precisare e chiarire i diversi aspetti, questo non potr� che esserci utile.

Vi pregherei di valutare la possibilit� di contenere il primo intervento entro i dieci minuti, in modo da consentire anche uno scambio di idee successivo.

Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento di una relazione introduttiva.

LUCA SQUERI, Presidente della commissione politiche per la sicurezza di Confcommercio. Ringrazio il presidente per averci dato la possibilit� di intervenire su un tema di cos� elevata importanza. Noi,  come Confcommercio, abbiamo condotto un�indagine sul tema nel mese di luglio...

PRESIDENTE. Mi scusi, mi dispiace interromperla. Se alcuni dei relatori s� avessero prodotto delle note scritte e intendessero inviarle, entro un tempo ragionevole, ve ne saremmo grati.

LUCA SQUERI, Presidente della commissione politiche per la sicurezza di Confcommercio. Noi abbiamo portato un piccolo volume che riassume l�indagine che abbiamo svolto a luglio sulla percezione che il nostro mondo ha - 60 mila aziende - del fenomeno della sicurezza, con un�analisi dei temi pi� inerenti al nostro ruolo nel comparto produttivo.

Da questa indagine emerge una percezione negativa: c�� un�insicurezza che aumenta e che corrisponde alla realt� dei fatti. Sappiamo che i numeri dei delitti compiuti nel 2006 sono in aumento rispetto agli anni precedenti e i primi sei mesi del 2007 ci fanno pensare che, purtroppo, questo andamento verr� confermato.

Questo, dunque, � un tema molto preoccupante; che vi sia una correlazione con i danni che una situazione del genere provoca nell�economia � sotto gli occhi di tutti, a vari livelli. Noi, come categorie, siamo esposti al fenomeno del racket, dell�usura, dell�estorsione, e gi� questo potrebbe far capire come i danni provocati da questi fenomeni criminosi siano assolutamente elevati.

Nel documento, che vi consegneremo, si analizzano nel dettaglio i vari punti; mi riferisco anche al pacchetto sicurezza, presentato ultimamente dal Governo, che affronta diverse problematiche e sul quale noi esprimiamo un giudizio chiaramente positivo, poich� vi sono elementi che contribuiscono a dare pi� poteri allo Stato e alle istituzioni per intervenire, nonostante vi siano dei punti che, a nostro avviso, andrebbero rettificati e modificati

In questa sede cos� autorevole, non posso non ribadire i nostri concetti portanti rispetto a come intendiamo affrontare il problema e proporlo alle istituzioni e all�opinione pubblica. Il problema della sicurezza pu� essere affrontato se in maniera efficace si trovano le condizioni necessarie per rafforzare e attuare concretamente due concetti cardine: quello del controllo del territorio e quello della certezza della pena.

Nei pochi minuti che mi rimangono, vorrei approfondire questi concetti che possono sembrare solo slogan, ma che vanno resi concreti e tradotti in realt�.

Per quanto riguarda il controllo del territorio, sappiamo che, laddove lo Stato - per Stato intendo non solo il Governo, le Forze dell�ordine, ma anche i cittadini - lascia spazio ad altre realt�, che non siano rappresentanti dello Stato stesso, in quanto attivit� legali e riconosciute, in tale ambito la criminalit� dilaga. Pertanto, il controllo del territorio deve partire dai cittadini e coinvolgere le varie istituzioni. Chiaramente, le Forze dell�ordine sono in prima linea su questo aspetto e devono svolgere un ruolo assolutamente incisivo.

Occorre evidenziare che la finanziaria, che � stata approvata in Senato e a breve giunger� qui alla Camera, da questo punto di vista non � confortante, visto che constatiamo una riduzione di risorse che sono messe a disposizione delle Forze dell�ordine per svolgere il proprio ruolo.

Dobbiamo, invece, registrare con apprezzamento quanto � stato attuato, ad esempio, per i tabaccai, un aspetto chiaramente di dettaglio che per� rientra proprio nell�ambito della problematica del controllo del territorio. � stato previsto, infatti, in finanziaria, un credito di imposta che consenta a quella categoria di intervenire per controllare quel piccolo spicchio di territorio che � di loro competenza.

Su questo tema siamo ancora in tempo per intervenire, nonostante i termini stiano per scadere. Provvederemo in giornata, o al pi� tardi domani mattina, a presentare una ulteriore proposta emendativa del testo, perch� ci sembra illogico non coinvolgere in questo intervento produttivo un�altra categoria, quella dei benzinai, che ha caratteristiche simili a quella dei tabaccai.

Inoltre, proporremo di ripristinare un fondo di 20 milioni, una cifra che riteniamo non problematica, al fine di rifinanziare i fondi regionali - mi riferisco alla legge n. 289 del 27 dicembre 2002 -, che possono essere usati dalle piccole e medie imprese proprio per controllare meglio il territorio con strumenti tecnologici, telecamere e quant�altro.

Concludo passando al secondo tema, ossia quello della certezza della pena. Potrebbe sembrare una rivendicazione emotiva, quasi vendicativa, che invoca la pena per punire chi ha commesso un delitto. Sappiamo benissimo che la punizione � una componente; tuttavia, se vogliamo davvero dare un contributo adeguato rispetto al grande problema della criminalit� affrontando la questione della certezza della pena, bisogna fare molto altro.

Noi sappiamo che nell�ambito della politica carceraria si vive una situazione assolutamente emergenziale; l�indulto approvato dal Parlamento ne ha limitato gli effetti, ma sappiamo benissimo che nel giro di poco tempo - si parla di un anno, un anno e mezzo - il Parlamento, l�opinione pubblica, l�intero Paese dovr� riaffrontare ancora tale problematica. Per �certezza della pena� noi intendiamo far s� che le pene comminate siano poi effettivamente applicate.

Infatti, quando le carceri non contengono pi� coloro che dovrebbero essere i destinatari dell�applicazione della pena detentiva, si ricorre all�indulto, tuttavia, noi su questo tema, che � assolutamente importante, speriamo, invochiamo ed auspichiamo che il Parlamento metta mano ad una radicale modifica della politica delle sanzioni.

Ci sono istituti come la giustizia riparatoria piuttosto che gli istituti della mediazione che consentono di applicare realmente le pene in relazione a certi delitti che, per le modalit� con cui sono stati commessi, non richiedono l�applicazione di una pena da scontare in carcere. Laddove, per�, ci sono delitti di altro genere - chiaramente quelli contro la persona sono delitti che da questo punto di vista vanno presi in considerazione - � necessaria una politica carceraria, che consenta davvero di eseguire una pena che, altrimenti, rimarrebbe una parola vuota e servirebbe a molto poco.

Concludo dicendo che, attualmente, la politica dell�esecuzione della pena, la politica carceraria, non solo non d� alcun beneficio al grande problema della sicurezza, di come viene percepita e degli strumenti per affrontarla, ma, addirittura, penalizza e d� un contributo negativo che deve essere assolutamente corretto e modificato.

PRESIDENTE. Scusi dottore, lei ha parlato di estorsione ed usura. Le volevo chiedere se questo � un fenomeno che ha le stesse caratteristiche su tutto il territorio nazionale per quel che riguarda i vostri associati, se si presenta in modo differenziato o se si manifesta in entrambi i modi.

LUCA SQUERI, Presidente della commissione politiche per la sicurezza di Confcommercio. Il fenomeno si presenta in modo differenziato.

Innanzitutto, l�usura � un fenomeno, ahinoi, non conosciuto. Se si pensa, infatti, che nel 2006 sono stati denunciati, in tutta Italia, poco pi� di 300 casi di usura, questo vuol dire che � proprio un fenomeno sommerso. Su di esso possiamo fare delle stime, anche oggettive e significative, ma rimane un fenomeno oscuro che, a nostro avviso, diventa una piaga ancor pi� per i privati, per le famiglie, che per le imprese.

Il racket dell�estorsione � un fenomeno pi� conosciuto, che si caratterizza in maniera differente, nonostante anch�esso possieda la caratteristica di rimanere sommerso. Si tratta di un fenomeno che coinvolge intere regioni, come Sicilia e Calabria (fondamentalmente le regioni meridionali).

� presente anche al nord, sebbene con caratteristiche differenti. Per usare le parole del procuratore antimafia Grasso, �al nord la mafia fa parte del sistema, al sud la mafia � il sistema�. Anche al fenomeno del racket si pu� applicare questa affermazione. Al nord questo fenomeno fondamentalmente  � etnico. Infatti, laddove ormai nelle grandi metropoli ci sono insediamenti di etnie anche extra confine, c�� una caratteristica di estorsori che si rivolgono ai loro connazionali. Questo vale anche per i corregionali; si tratta di un fenomeno che, chiaramente, si � attenuato nell�arco degli anni, ma che esiste ancora.

Per quanto riguarda, invece, la criminalit� relativa ad altre nazioni, si osserva che la mafia albanese si rivolge agli albanesi, la cinese ai cinesi e via dicendo.

LUIGI APICELLA, Procuratore distrettuale antimafia di Salerno. Il tema di oggi riguarda sostanzialmente il problema della sicurezza con riferimento ai cittadini, agli imprenditori e alle Forze di polizia. Affronter� questo tema molto brevemente, con riferimento a vari profili: quello della presenza delle Forze di polizia e quello dell�atteggiamento e comportamento dei cittadini e degli imprenditori.

Con riferimento al primo punto, debbo riconoscere il grande impegno e la grande professionalit� delle Forze di polizia che sono sul campo per tutto ci� che riguarda il controllo del territorio e le investigazioni. Tuttavia, debbo rilevare che il numero degli organici delle Forze di polizia � sicuramente inadeguato rispetto alle esigenze che riguardano il territorio.

Soprattutto per quanto riguarda Salerno, data l�ampia estensione del territorio ed il numero degli obiettivi da controllare, l�attuale organico di tutte le Forze di polizia messe insieme non � sicuramente adeguato. Se poi alla questione dell�organico inadeguato si aggiunge quella della mancanza di copertura degli uomini, il problema diventa veramente rilevante.

L�auspicio da parte di tutti noi � che si provveda almeno alla copertura delle Forze di polizia.

Per quanto riguarda l�atteggiamento dei cittadini e degli imprenditori rispetto al problema della sicurezza, devo rilevare che, per quello che � la nostra esperienza, sia i cittadini, sia gli imprenditori non hanno spirito di collaborazione con le istituzioni. I cittadini, in quanto non denunciano tempestivamente - e in alcuni casi non denunciano affatto - i fatti di cui sono vittime; gli imprenditori, poich� non denunciano e addirittura, a volte, diventano vittime di sistemi quali, per esempio, la fornitura coatta di servizi e materiali.

Molte volte, dalle indagini che conduciamo veniamo a rilevare la presenza di queste estorsioni e scopriamo che non � stata fornita alcuna collaborazione da parte degli imprenditori. Questo sarebbe, invece, un elemento essenziale per continuare a lavorare.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale antimafia. Ho preparato un documento che metter� a vostra disposizione e che, se sar� il caso, integrer� con qualche spunto suggerito dalla discussione.

PRESIDENTE. Come dicevo prima, se avete dei documenti potete presentarli. Se invece ritenete di dover integrare la vostra documentazione, potete trasmetterla alla Commissione in un momento successivo, comunque entro pochi giorni.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale antimafia. Il problema della sicurezza delle imprese va posto avendo come centro di attenzione il comportamento delle imprese stesse e il comportamento della criminalit� che agisce in tale contesto.

Abbiamo potuto constatare, soprattutto nelle regioni del sud - sono oggi presenti i procuratori distrettuali antimafia di quelle che sono al centro dell�attenzione - che non tutte le imprese reagiscono in modo uguale alla presenza delle organizzazioni criminali. C�� chi chiude l�attivit�, c�� chi continua a lavorare e produrre, eventualmente crescendo e incrementando la propria produzione.

Tutto questo porta alla seguente contraddizione: sebbene la criminalit� organizzata sia da tutti percepita come ostacolo allo sviluppo e agisca da freno alla mobilit� dei fattori, la maggior parte degli imprenditori, che operano in zone con una qualche presenza di organizzazioni criminali, ha purtroppo imparato a convivere, trovando spunti, canali e comportamenti che consentono alle loro aziende di sopravvivere  e di perseguire l�obiettivo di massimizzazione del profitto, pur in contesti di non piena agibilit� legale. Questo avviene, naturalmente, a scapito di quegli imprenditori onesti che vengono estromessi dal mercato e non hanno altra scelta se non l�emigrazione in altre regioni o la definitiva chiusura.

Le imprese che restano sul territorio hanno tre possibili comportamenti: l�acquiescenza, la resistenza o la connivenza. Nel primo caso, l�imprenditore si assoggetta al ricatto; nel secondo, resiste alle pressioni e sostiene il costo di questa resistenza. A volte, la resistenza all�operare dell�organizzazione mafiosa assume caratteri pubblici, concretizzandosi nella creazione di associazioni antimafia, anti racket di rilievo locale o nazionale.

Vi �, infine, un terzo approccio, di relazione, che le imprese possono adottare nella propria connivenza con la mafia; cio� l�individuazione di spazi di cointeressenza. In questo caso, si verifica l�ipotesi dell�impresa connivente la quale pu� assumere varie forme per prestarsi al gioco criminale. Innanzitutto, essa pu� proporsi come luogo di riciclaggio o ripulitura di denaro sporco, offrendo in tal caso un servizio all�organizzazione criminale e ricevendo in cambio un flusso aggiuntivo di finanziamento sotto forma, presumibilmente, della percentuale dell�importo riciclato.

Un secondo comportamento connivente pu� consistere nell�accettazione di una sorta di patronage, una sorta di padrinaggio, nella gestione dei rapporti con la pubblica amministrazione. L�esempio pi� tipico e pervasivo di questa forma � fornito dal settore degli appalti pubblici; in tal caso, � l�impresa a fruire di un servizio da parte dell�organizzazione. Essa diventa capo di una cordata di imprenditori e condivide la parte di utile derivante dalla acquisizione e aggiudicazione degli appalti pubblici, suddividendoli poi fra gli imprenditori che fanno parte di questa cordata privilegiata.

Infine, l�impresa connivente o riciclante pu� fruire della protezione mafiosa anche sul mercato privato; non � infrequente il caso di imprese, attive nel settore alberghiero e in quello della ristorazione, che ricevono pressioni, intimidazioni, anche attentati, per forzare l�approvvigionamento di risorse alimentari presso produttori o intermediari conniventi con la mafia, a condizioni non favorevoli di mercato o comunque meno favorevoli rispetto ad altri fornitori.

C��, poi, l�impresa che, in tutto e per tutto, pu� definirsi mafiosa, proprio per la qualit� dei suoi effettivi proprietari, che molto spesso non figurano come tali, o per il metodo intimidatorio, essenzialmente tendente al monopolio con cui opera nel mercato. Questa impresa mafiosa � il vero e proprio elemento che turba tutti i mercati, perch� le imprese mafiose - � evidente - cercano di creare delle vere e proprie situazioni di monopolio locale, in particolare nella realizzazione delle opere edilizie, nella aggiudicazione degli appalti, nella esecuzione di contratti di subappalto, di forniture.

All�interno delle aziende vi � in genere una situazione caratterizzata dall�assenza di conflittualit� sindacale e si utilizzano risorse finanziare a costo zero, perch� di provenienza illecita. Frequentemente tali imprese godono di una attenuazione, sotto forma di sconti, o addirittura di esenzione, delle imposizioni estorsive. Infine, esse sono caratterizzate dalla costante violazione della norme contrattuali, previdenziali, antinfortunistiche che sono a tutela dei lavoratori.

Tutto ci� d� un vantaggio notevole a queste imprese che, entrando nel circuito imprenditoriale, inquinano irrevocabilmente il mercato. Lo vediamo soprattutto quando siamo chiamati a gestire, come autorit� giudiziaria - nella forma dell�amministrazione giudiziaria - queste imprese, che sono assolutamente fragili. Infatti, tolte da questo contesto di privilegi, crollano e non possono sostenere alcun mercato, anche perch�, in quel caso, vengono private di tutti gli aiuti delle banche e quant�altro. Questa, dunque, � la panoramica del mercato.

Vi sono, poi, le pratiche delle imprese appaltatrici, soprattutto dei grossi lavori  pubblici, che favoriscono la presenza di piccole imprese locali operanti nel settore degli scavi, del trasporto di materiale, della fornitura di calcestruzzo, del materiale di cava, degli asfalti. In buona sostanza, si tratta di tutti quei settori che, non necessitando di specifiche competenze tecniche o progettuali, consentono l�inserimento di imprese dotate soltanto di beni strumentali minimi e semplice manodopera.

Frequentemente viene usato l�espediente dei noli a freddo per esempio, cio� un contratto di noleggio con la contestuale assunzione degli operai specializzati, spesso destinati anche alla cosiddetta guardiania, alla vigilanza del cantiere, da parte dell�impresa aggiudicataria di una grande opera pubblica. Si tratta, dunque, del noleggio di costosi macchinari, come pale meccaniche, gru, betoniere, impianti di calcestruzzo, forniti da imprese locali mafiose o contigue, assolutamente impresentabili in un�opera pubblica, che, per�, in questo modo, realizzano, nei fatti, un nolo a caldo, in evidente elusione dei controlli antimafia proprio dei noli a caldo dei subappalti.

Ovviamente, l�imposizione di tali pratiche o dei subappaltatori non autorizzati ha finito per mortificare tutti i principi della libera concorrenza in tale settore, penalizzando le imprese sane che sono state, appunto, emarginate ed hanno finito col soccombere fino al fallimento o con l�accettare il sostanziale assorbimento nel cartello delle imprese legate alla criminalit� o contigue.

Questo sistema ha finito col determinare una crescita imprenditoriale delle imprese subappaltatrici che, pian piano, hanno aumentato i loro guadagni e hanno avuto, come imprese, una progressiva lievitazione. Inoltre, esse sono state anche in grado, grazie al ricorso allo strumento giuridico ormai di grande diffusione del general contractor o dell�associazione temporanea di imprese, di passare dalla fase iniziale del subappalto o del nolo - a caldo o a freddo che sia - o della fornitura, a quella diretta della gestione di appalti, sempre fruendo dei metodi illeciti connaturati alla struttura criminale mafiosa.

Abbiamo aziende che iniziano col nolo a freddo e finiscono con l�assumere negli anni la dimensione di grandi imprese, perch� hanno via via accumulato ricchezze, entrando poi in concorrenza con le imprese sane.

La strumentalizzazione dei consorzi di cooperative e dell�istituto dell�associazione di impresa ha consentito a queste aziende, dotate di una liquidit� notevole, proveniente anche da altri traffici illeciti della famiglia mafiosa, una diretta partecipazione anche ai grandi appalti, anche al di fuori delle regioni del sud.

Assistiamo, quindi, a una sorta di emigrazione verso il nord, con presenze di ditte appaltanti dapprima inesistenti che si sono andate a collocare, nell�acquisizione e nell�aggiudicazione degli appalti, in regioni che prima erano assolutamente esenti da queste presenze, quali Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto.

Naturalmente, quando sono stato procuratore di Palermo - ma seguo il fenomeno anche da procuratore nazionale - ho potuto constatare che attraverso le denunce di queste situazioni da parte degli imprenditori si � potuta attuare una repressione (abbiamo raccolto dati rilevanti che vanno in questa direzione).

Nel 2005, in queste quattro regioni del sud - Sicilia, Calabria, Campania e Puglia - sono state compiute 29 operazioni con l�arresto di 738 persone. In massima parte sono imputati di estorsione e, quasi sempre, di associazione mafiosa. Nel 2006, sono state effettuate 24 operazioni con 487 arresti. Fino al luglio del 2007 - sono dati incoraggianti, visto che ancora l�anno non � finito - ci sono state 29 operazioni con 583 arresti.

Insomma, negli ultimi due anni e mezzo, ben 1.808 persone che operavano sul territorio e che sono state indicate o sono state oggetto di indagini sono poi risultate colpevoli e sono state arrestate. Molto spesso non vengono indicate le persone, ma le indagini tecnologiche portano al loro arresto. Tra l�altro, devo dire, che  non sempre - nonostante casi eclatanti, flagranti e visibili con i filmati del pagamento dell�estorsione - abbiamo avuto in dibattimento la conferma, necessaria, secondo il nostro codice, dell�attivit� estorsiva da parte del commerciante che ha dato i soldi.

Questo, dunque, � il quadro della repressione che, naturalmente, non basta da sola a far superare il fenomeno. Questo � evidente, poich� ogni estorsore arrestato � ben facilmente sostituibile con altri. In merito alle recenti operazioni svolte per la cattura del latitante Lo Piccolo, a seguito della documentazione sequestrata, si � potuto notare che addirittura � aumentato da cinquecento a mille il numero degli esattori, proprio per le nuove esigenze di raccolta soldi. A tali esattori venivano offerti circa 2 mila euro al mese, compresa la tredicesima. Pertanto, si trattava di una alternativa a un lavoro ben pagato. Sicuramente mancavano i contributi, ma per un giovane, guadagnare 2 mila euro al mese, rispetto alla media di qualsiasi altro lavoro, anche onesto, rappresenta un�occasione.

PRESIDENTE. Questi esattori erano divisi per territorio?

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale antimafia. Ognuno di loro aveva la propria zona. Tale situazione � stata determinata in quanto, paradossalmente, l�aumento delle operazioni repressive - quindi, l�arresto - comporta l�aumento dei bisogni economici delle famiglie mafiose, che devono sopperire alle esigenze dei carcerati, come il pagamento delle parcelle degli avvocati. Pertanto, esse producono un indotto, dal punto di vista economico che, alla fine, va a discapito o dell�azienda, che a quel punto chiuderebbe, o del consumatore, che riscontra un aumento dei prezzi.

Voglio precisare che anche nel caso di Palermo, di Lo Piccolo, vi � stata una espansione, che doveva essere prevista in altre zone della citt�, e si � cercato di offrire solidariet� economica a componenti di famiglie di altri mandamenti, per tentare di allargare la propria influenza. Questa situazione ha provocato una esigenza sempre maggiore di liquidit� e, quindi, una maggiore resistenza. Difatti, in precedenza l�andamento era softe, almeno fino al momento dell�arresto di Provenzano, la direttiva era la seguente: paghino poco, paghino tutti ed evitiamo ribellioni e problemi.

Addirittura, invece della bomba, si utilizzava l�attack: una mattina i cinesi, a Palermo, hanno trovato le saracinesche dei loro negozi chiuse con l�attack, in quanto anche loro dovevano sottostare alla etnia di Cosa nostra. Ebbene, si � passati dall�attack alle bombe in seguito alla nascita di una nuova resistenza, determinata da una pi� alta imposizione e da una minore cogenza di direttive volte ad un ridimensionamento degli atteggiamenti, presenti invece precedentemente.

Questa situazione ha comportato alcuni attentati intimidatori, che hanno colpito l�attenzione dell�opinione pubblica. A Catania, a Palermo e a Caltanissetta si sono verificati parecchi episodi di questo tipo. A seguito di tutto questo, si � sviluppata anche la reazione da parte degli imprenditori. Badate, non sto dicendo che vi sia una consequenzialit�, si tratta di una realt� che abbiamo colto anche prima di questi eventi: � maturata contestualmente, ma dicendolo non voglio introdurre un problema di rapporto causa-effetto tra l�aumento della oppressione, della richiesta, e la resistenza da parte degli imprenditori.

Certamente, abbiamo con appreso con notevole felicit� la presa di posizione della Confindustria siciliana, la nascita di nuove associazioni antiestorsive, dopo tanti anni. Difatti, dall�assassinio di Libero Grassi, si era cercato inutilmente di raggiungere simili risultati.

Recentemente ho appreso delle notizie attraverso la partecipazione della Procura nazionale, rappresentata da due magistrati, alle riunioni del Comitato di coordinamento per l�alta sorveglianza delle grandi opere. Si tratta di un organismo istituito presso il Ministero dell�interno, nell�ambito del quale, secondo alcune indicazioni  impartite, un gruppo interforze, creato presso la prefettura di una citt� del sud, ha eseguito una attivit� di verifica e controllo di accesso ai cantieri di lavoro di un�opera pubblica di interesse nazionale. In quel caso, � stata riscontrata l�inosservanza, da parte del contraente generale - una grossa societ�, anche quotata in borsa - e delle imprese affidatarie e subaffidatarie dei lavori delle disposizioni contenute nei protocolli di intesa, a suo tempo sottoscritti. � stata segnalata, ad esempio, l�irregolarit� nel mancato allontanamento da un cantiere, da parte del contraente generale, nonostante le precedenti assicurazioni fornite all�ANAS -che era l�ente appaltante - di un soggetto sospettato di essere una �cerniera�tra l�impresa esecutrice dei lavori e le cosche locali, gi� oggetto dell�attenzione investigativa degli inquirenti.

In un altro cantiere � stata riscontrata l�esistenza di gravi indizi di infiltrazione mafiosa nell�esecuzione dei lavori, desumibili non solo dalle violazioni delle clausole stabilite in questo protocollo di intesa - che � stato diffuso in tale settore - ma anche dalla sistematica elusione delle disposizioni relative ai controllo antimafia e, altres�, dal fatto che proprio alcuni funzionari dell�ANAS sarebbero stati sorpresi, in sede di accesso, in compagnia di persone ritenute collegate alle cosche locali, che avrebbero addirittura lottizzato i lavori in questione.

Al di l� di una richiesta rivolta all�ANAS di fornire una relazione in merito a tali violazioni del protocollo di intesa, riscontrate dal gruppo interforze, anche al fine di attivare le eventuali sanzioni previste negli stessi, come la risoluzione dei contratti di affidamento o di subaffidamento, non si � potuto fare altro.

Ritengo, a questo punto, che vi sia la necessit�, peraltro gi� avvertita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che le norme pattizie introdotte nei protocolli di intesa vengano tradotte in apposite disposizioni normative aventi forza di legge. Una utile occasione per questa trasformazione normativa potrebbe essere offerta da eventuali ulteriori correttivi da apportare - in virt� della delega legislativa gi� conferita al Governo - al nuovo codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in corso di attuazione.

Pertanto, il problema � proprio il seguente: possiamo fare tutte le leggi che vogliamo, ma il punto focale � riscontrabile nella fase di esecuzione dei lavori, nel momento in cui interviene l�impresa locale, a seguito di una regolare aggiudicazione avvenuta in assenza delle turbative caratterizzanti la fase iniziale. Ebbene, penso che proprio nell�ambito dello svolgimento di quell�atto pratico bisognerebbe garantire una presenza dello Stato nei cantieri, affinch� si sostituisca alla guardiania imposta dalle organizzazioni mafiose.

Capisco che le Forze dell�ordine sul territorio si devono distribuire in maniera tale da andare incontro a tutti i problemi di ordine pubblico che sorgono tra il nord e il sud, ma penso altres� che oggi non si pu� pretendere una reazione da parte degli imprenditori - che pure c�� stata - senza collegamenti con strategie di contrasto, da parte degli organismi di polizia, e senza un intervento concreto e presente sul territorio da parte di tutte le istituzioni che possono controllare il territorio e i cantieri. Si tratta di dare maggiore fiducia, ma anche maggiore sicurezza.

� stata gi� avanzata una nuova proposta, ossia quella del tutor, che rientra nell�ambito di una iniziativa assunta dal Ministero dell�interno (non so se vi sia stato riferito o se l�audizione sia precedente a tale proposta). In ogni caso, � stata proposta una disposizione che prevede una sorta di consulenza per le imprese che vogliono investire al sud, al fine di fornire un supporto di riferimento presso le varie prefetture, le varie province, attraverso l�operato di gruppi di lavoro che possano favorire questi investimenti.

Del resto, si comprende come in una situazione drammatica come quella appena rappresentata si tratterebbe di sollecitare l�investimento da parte di imprenditori, che potrebbero operare in altri contesti ben pi� tranquilli e sicuri, anche all�estero (ad esempio, in Romania o in  Bulgaria). Nei mercati di queste regioni del sud simili investimenti sarebbero ben graditi per soddisfare ad una esigenza di sviluppo, , mentre a causa della presenza asfissiante della criminalit� significa si tende ad andare via, a non investire o a sottostare a questo sistema difficile da sradicare.

Penso che questo sia il momento di far sentire, in tutti i modi possibili, la presenza dello Stato accanto agli imprenditori. Mi riferisco, ad esempio, alle grandi esperienze vissute in Sicilia ed in Campania. In Campania, tali esperienze vanno di pari passo con la splendida attivit� compiuta dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che ha proceduto a una serie frequente (quasi ogni mese) di operazioni di polizia nei confronti di estorsori, stimolando un atteggiamento di fiducia da parte di interi quartieri, che hanno aderito all�associazione antiracket.

Ritengo che questi due aspetti dovrebbero andare di pari passo. Non si pu� fermare la repressione e bisogna conquistare la fiducia. Ad ogni modo, tutto questo ancora non basta. Bisogna provvedere alla gestione della fase successiva, attraverso denunce cui procedere usando le associazioni come filtro, proprio per non esporre, soprattutto nella fase iniziale, l�imprenditore o il commerciante ai rischi che potrebbero derivare dalla denuncia stessa.

Occorre che queste associazioni siano in grado di fornire alla polizia, in un virtuoso raccordo, tutti i dati necessari per comprendere l�incidenza del fenomeno e per poter attuare interventi preventivi, oltre che repressivi. Pertanto, occorre realizzare tutto questo per consentire una efficace opera su tutti i campi.

Noi abbiamo anche a disposizione delle mappe sulla estorsione e sull�usura. Ebbene, visionando tali mappe prendiamo atto del fatto che non si tratta di un fenomeno presente soltanto nel sud. Naturalmente, noi ci occupiamo soltanto del sud perch� dobbiamo principalmente colpire il sistema. Le altre situazioni che si verificano sono isolate e non fanno parte del sistema. Difatti, al nord spesso la collettivit� � in grado di reagire a queste imposizioni e, molto spesso, piuttosto che far accendere i riflettori su una certa realt�, gli estorsori preferiscono vivere in contesti in cui � pi� facile trovare la soluzione dei loro problemi di natura estorsiva.

Laddove si creano sul territorio - anche del nord -delle comunit� come quelle del territorio di origine, assistiamo a fenomeni estorsivi proprio al loro interno. Ad esempio, in un comune del circondario di Milano, all�interno di una comunit� di un�altra regione - penso, ad esempio, a quella calabrese, l� trasferitasi - si ricreano le stesse condizioni. A tal proposito, � stata avanzata la richiesta, da parte di un sindaco, di pretendere la residenza della comunit� - avendo, appunto, mantenuto quella del territorio di origine - che richiedeva alle autorit� locali una risposta a questi fenomeni: il sindaco ha ritenuto di non poter soddisfare quella richiesta fino a quando non si fosse provveduto al riconoscimento della diversa residenza, in modo da rendersi compartecipi anche della volont� elettorale delle amministrazioni locali. Si tratta comunque di particolarit� assolutamente ininfluenti.

Ad ogni modo, devo precisare che anche al nord sono presenti piccole sacche a macchia di leopardo, nell�ambito delle quali alcune operazioni di polizia hanno riscontrato presenze e tentativi di estorsione. Molto spesso sono gli stessi soggetti di origine meridionale che, in altri contesti, cercano di attuare questo tipo di estorsioni.

Chiedo scusa per essermi dilungato oltre il tempo previsto. Resto a vostra disposizione per fornire ulteriori chiarimenti, ricordandovi che, a causa di un impegno, sar� costretto a lasciare l�aula prima del termine della seduta.

GIOVANDOMENICO LEPORE, Procuratore distrettuale antimafia di Napoli. Signor presidente, integro, in parte, quanto riferito dal dottor Grasso, che ha esposto in modo corretto la situazione.

Noi stiamo ottenendo buoni risultati in Campania attraverso la forma dell�associazionismo:  mi riferisco alla collaborazione mostrata dai commercianti soggetti ad estorsioni e anche da qualche impresa. Tuttavia, il fenomeno � molto pi� vasto. Mi riferisco non tanto al fenomeno delle estorsioni, quanto a quello dell�infiltrazione camorristica nell�ambito dell�attivit� economica. Oggi, purtroppo, noi sappiamo benissimo che l�economia criminale ha effetti devastanti su tutta l�economia nazionale. Naturalmente, oggi come oggi, la rottura del confine tra aggressore e vittima � risultata evidente nei rapporti di natura illecita nell�ambito della criminalit� organizzata.

Leggo uno stralcio della relazione che abbiamo preparato in merito all�attivit� svolta dalla DDA di Napoli, presentata al Ministro dell�interno, in occasione dei vari incontri in materia di sicurezza.

� emerso che molto spesso sono proprio le imprese legali a richiedere capitali alla criminalit� organizzata. In questi casi, la scoperta delle operazioni di riciclaggio � estremamente difficile, perch� i soggetti da cui parte l�apparente transazione sono operatori economici realmente esistenti nel mercato e non conosciuti dagli organi investigativi per legami con ambienti del crimine organizzato.

Una frequente modalit� di riciclaggio, che sfugge spesso agli accertamenti, � costituita dal delitto di abusiva attivit� finanziaria nei confronti di imprenditori, di cui all�articolo 132 del decreto legislativo n. 385 del 1993, che costituisce il reato presupposto per un successivo riciclaggio attuato per il tramite degli imprenditori, in tal modo finanziati e, quindi, complici dei riciclatori.

A tutto questo, dobbiamo anche aggiungere che oggi le organizzazioni e le imprese criminali hanno una veste differente: assumono un carattere molto pi� specifico e particolare, rispetto all�attivit� di una volta, di cui conosciamo l�indirizzo e il collegamento tra imprese criminali, in materia politica e di impresa legale, soprattutto nel periodo della ricostruzione. Superato quel periodo - del quale ancora si subiscono gli effetti - oggi abbiamo l�esempio delle imprese della camorra in provincia di Caserta, che si sono organizzate in vari consorzi, secondo diversi tipi di attivit�: imprese fornitrici di calcestruzzo, quelle che operano nel campo dell�estrazione, della fornitura di inerti e via di seguito. Tali imprese non limitano il proprio raggio di azione soltanto al territorio campano, ma oggi - come ha precisato il procuratore nazionale - si stanno espandendo anche al nord, in regioni come l�Emilia-Romagna e la Lombardia.

Un altro fenomeno che abbiamo riscontrato, di cui abbiamo ottenuto anche degli accertamenti, � rappresentato dal controllo nel settore terziario, realizzato attraverso l�imposizione di prodotti commerciali, che l�impresa criminale gestisce in veste di fornitore. Noi abbiamo assistito all�imposizione di prodotti come latte, caff� e acqua minerale. Ebbene, nel nostro territorio abbiamo eseguito diverse operazioni per ottenere il sequestro di questi articoli. Giustamente, la strategia si fonda - come ha precisato il procuratore nazionale - sulla condanna.

Si tratta di una situazione abbastanza allarmante che richiede, secondo me, una reazione da parte delle imprese legali, delle imprese sane, affinch� non si rendano, volontariamente o involontariamente, complici di queste attivit�. La lotta da affrontare � ancora molto dura.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Lepore per il suo intervento. Prima di procedere, voglio rivolgere una domanda ai magistrati che interverranno successivamente. Noi siamo di fronte ad una capacit� di risposta immediata - penso, ad esempio, agli arresti - che funziona abbastanza bene. Cosa succede in seguito? Vorrei sapere quali sono gli ostacoli maggiori che incontra l�accusa, quando ad una importante azione svolta dalla polizia e dalle procure non corrisponde - riprendendo il discorso iniziale della certezza della pena - una sanzione, un giusto processo, una punizione adeguata. Questo � uno dei temi che forse ci interessa particolarmente.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale della Direzione nazionale antimafia. Posso aggiungere una considerazione?

PRESIDENTE. Prego, dottor Grasso.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale della Direzione nazionale antimafia. Signor presidente, intanto il problema a Napoli � stato risolto con l�utilizzo dei fermi, che rappresentano una soluzione, ma non sempre sono perfettamente in regola con le norme previste dal codice di procedura penale. Devo precisare che, purtroppo, alle volte tali fermi rappresentano delle forzature, dal momento che non sempre il pericolo di fuga � provato.

Molto spesso noi abbiamo bisogno di risposte immediate. Difatti, nel corso di una indagine si percepisce immediatamente, attraverso le intercettazioni, l�esistenza di un rapporto di estorsione in atto. Durante i tempi delle indagini, fino alla chiusura dell�inchiesta - prima della quale non si pu� rivelare il reato che si percepisce - durante i tempi dell�informativa, della richiesta della custodia cautelare, di quelli necessari al GIP per emettere quest�ultima, e dell�esecuzione, che coprono un arco temporale di due anni, il reato, in piena coscienza, si continua a perpetrare. Certe volte si pu� intervenire, ma correndo il rischio di svelare l�intera indagine.

I tempi che intercorrono, ad esempio, tra l�esigenza di privare della libert� personale i soggetti che stanno compiendo le estorsioni e quelli richiesti dal GIP, gi� si potrebbero dimezzare. Noi, purtroppo, abbiamo tempi lunghissimi: il GIP rappresenta un collo di bottiglia dove l�intera attivit� di indagine si ferma e non trova risposta. Napoli ha proceduto in questo modo.

Pertanto, si tratta di un problema di procedure: bisogna fornire mezzi legislativi immediati, per potere intervenire in questa situazione.

Proprio per stimolare l�imprenditore che preferisce adeguarsi al sistema criminale, presente in quelle regioni, si � pensato di introdurre un dovere di denunzia, a cui possa corrispondere, in caso di inadempienza, una sanzione che svolga una funzione di deterrenza; capisco che tale misura implichi problemi, anche costituzionali, ma va anche considerato che la nostra legislazione gi� prevede obblighi di referto, di denuncia - � gi� previsto per il reato di sequestro di persona, ad esempio, l�obbligo del relativo sequestro dei beni - cui per� non necessariamente bisogna rispondere con la sanzione penale. Si potrebbe, ad esempio, rispondere con sanzioni che comportano l�interdizione, per un certo periodo di tempo, dai pubblici appalti, la sospensione dalla professione, la revoca di concessione di licenze o altri provvedimenti, in caso di rapporti con la pubblica amministrazione.

Mi esprimo in questi termini in quanto penso che la libera iniziativa economica privata rappresenti un bene costituzionale - previsto dall�articolo 41 della Costituzione - e non possa svolgersi in contrasto con l�utilit� sociale, creando danni alla sicurezza, alla libert� e alla dignit� delle persone.

PASQUALE BUS�, Coordinatore nazionale SOS impresa di Confesercenti. Signor presidente, come lei sa dovr� abbandonare l�aula, e chiedo scusa in anticipo; devo infatti illustrare al CNEL una ricerca svolta nell�ambito dell�usura ...

PRESIDENTE. Potremmo eventualmente averne una copia ...

PASQUALE BUS�, Coordinatore nazionale SOS impresa di Confesercenti. Signor presidente, intervengo brevemente, soffermandomi anche su alcune questioni di metodo. Quando parliamo di sicurezza ci confrontiamo, dal nostro punto di vista, con tre livelli di problemi.

Il primo problema � quello del disordine sociale, legato proprio ad alcune malattie sociali, come droga e prostituzione, fenomeni che sono all�attenzione dell�opinione pubblica e che molte volte colpiscono pi� di altri delitti e reati, che, rispetto a una discussione di questo tipo, sarebbe meglio mettere da parte, in quanto necessitano di sforzi prevalentemente  di natura sociale e presentano problematiche politiche di riduzione del danno.

Un altro ordine di problemi riguarda la criminalit� cosiddetta �diffusa� - mi riferisco ai furti e alle rapine - che crea un forte allarme sociale, colpendo in particolare le nostre imprese che si trovano sulle strade, come i negozi, le farmacie, i distributori di carburanti, le tabaccherie.

Inoltre, � riscontrabile un ulteriore problema che riguarda la criminalit� organizzata.

Bisogna conoscere questo quadro, soprattutto per quanto riguarda le questioni cosiddette �di disordine sociale�: gli interventi dovrebbero essere mirati per ciascun problema. Alcune volte mettere tutto insieme crea sostanzialmente confusione e non � sempre detto che le questioni che creano allarme sociale - e che vengono riportate sulle prime pagine dei giornali - siano quelle cui dare una risposta di un certo tipo.

Per quanto riguarda il problema della criminalit� diffusa, ne parler� rapidamente. Il punto fondamentale, per quanto ci riguarda, � rappresentato dalla esecutivit� della pena. Molte volte, la discussione viene portata avanti in maniera distinta tra le azioni svolte dalle Forze di polizia per il controllo del territorio e il problema dell�effettiva esecutivit� della pena.

Credo che noi dovremmo cominciare a ragionare su misure pi� stringenti, soprattutto per quanto riguarda la recidivit�: penso ai delinquenti abituali, ai professionisti, a coloro che arrestati e condannati pi� volte, restano liberi e continuano a commettere determinati reati.

Noi dobbiamo capire che tutti nella vita possono commettere errori, ma se vi sono soggetti che sbagliano dieci, quindici volte, effettivamente ci troviamo di fronte a un problema. Poich� sono convinto che la stragrande maggioranza di questi soggetti sono noti sia alle forze di polizia che all�autorit� giudiziaria, ritengo che sia necessario cominciare a concentrarsi su questo aspetto.

Per quanto riguarda le questioni della criminalit� organizzata, mi permetto di operare un minimo di distinzione tra l�estorsione e l�usura. Molte volte metterle insieme rappresenta un luogo comune. L�estorsione � il tipico reato di mafia: occorre intervenire mediante un controllo del territorio, una capacit� di intimidazione e una organizzazione. L�usura solo in minima parte rappresenta un reato di mafia.

Inoltre, l�estorsione � un reato commesso prevalentemente nelle regioni meridionali, nonostante oggi vi sia una tendenza ad espandersi. Molte volte - come � stato giustamente detto - si tratta di un reato commesso nei confronti di imprese che provengono dallo stesso territorio o che hanno comunque legami. Ebbene, le intimidazioni principali si realizzano nei territori di origine. Quindi, vincendo un appalto a Brescia, lavorando in quella citt�, magari da residente, � possibile che una parte di intimidazione venga indirizzata a Brescia e che un�altra raggiunga i familiari che abitano, magari, a Barcellona, piuttosto che a Catania, o via elencando.

L�usura, invece, � un reato presente in tutta Italia - da Ragusa a Bolzano - e molto spesso � commesso da soggetti professionisti, in giacca e cravatta, che mascherano la loro attivit� attraverso una commercializzazione. Si tratta sempre, chiaramente, di un reato particolarmente odioso, perch� inquina la comunit� degli affari, ma non sempre, anzi quasi mai, rappresenta un reato di mafia.

Io noto, occupandomi di questi argomenti, che tranne alcuni clan del napoletano, in cui � accertata l�attivit� usuraia di intere famiglie, organizzate e strutturate per questo, non sempre questo aspetto emerge con evidenza. Forse qualcosa si scorge a Vibo Valentia, ma molto meno rispetto alla Sicilia.

Per quanto riguarda il pizzo e l�estorsione, dobbiamo partire da un problema semplicissimo: chiunque oggi svolga attivit� di impresa nel Mezzogiorno, prima o poi, si deve confrontare con l�organizzazione mafiosa. Il problema viene risolto  come � stato detto, ma si tratta di un dato essenziale: in un quarto del territorio italiano la libert� di impresa non � garantita. Fare l�imprenditore a Messina non � come farlo a Treviso o a Verona. Sembra una banalit�, ma � questo il problema con cui ci confrontiamo.

Devo inoltre dire che se, come � scritto in tutti i documenti, la presenza di criminalit� rappresenta un ostacolo allo sviluppo, non si comprende perch�, all�atto di una serie di politiche attive, questo elemento salti del tutto. Penso, ad esempio, alla legge finanziaria: non mi riferisco soltanto alle questioni dei fondi per le forze di polizia, ma penso al fatto che le politiche di incentivazione non sono mai collegate al fatto che effettivamente quell�impresa sia �pizzo-free�, termine utilizzato sulla base dell�esperienza vissuta dai ragazzi di Palermo. Non esistono pertanto delle politiche che acquisiscono il fatto di non pagare l�estorsione o di liberarsi dalla stessa come un elemento discriminante rispetto alla possibilit� di avere delle facilitazioni fiscali, previdenziali e di altra natura.

All�interno di questo quadro, concordo con il fatto che, paradossalmente, a volte pagare il pizzo diventa pi� conveniente del non pagarlo, in termini non solo di rischio, ma anche di garanzia di monopoli di mercato. Da questo punto di vista, dal momento che parliamo di impresa, poich� gli appelli moralistici ed etici valgono poco, ritengo che non si faranno grandi passi avanti se non si interverr� seriamente sugli aspetti relativi a queste convenienze.

Per quanto riguarda la questione degli appalti pubblici, � mai possibile che non si riesca a determinare una corsia preferenziale per le imprese che denunciano? Abbiamo constatato che imprese della Piana di Gioia Tauro, che hanno provveduto a sporgere denuncia, sono state costrette a trasferirsi ad Imperia, a Savona e a Grosseto, mentre altre hanno continuato ad operare. Come abbiamo detto tante volte, contano i singoli, ma anche le convenienze concrete. L�imprenditore che ha sporto denuncia e che non pu� pi� lavorare in quel territorio, agli occhi di tutti � uno �sfigato�,un pazzo che a causa di una denuncia ha perso il lavoro. L�esperienza di Godino a Lamezia, con tutte le perplessit� del caso, va in questa direzione: procedere con una denuncia non vuol dire essere sfigato, ma avere nuove opportunit� di mercato. Bisogna intervenire seriamente sul piano della convenienza.

Questo discorso vale anche per le forniture pubbliche. Mi piacerebbe sapere chi gestisce le mense negli asili nido, nelle scuole elementari di Catania. Non � possibile che l�ente pubblico - una scuola o un ospedale - nel momento in cui si convenziona o fa appalti per fornitori, richieda il �pizzo-free� come un elemento in grado di far ottenere un punteggio maggiore nella graduatoria di aggiudicazione dell�appalto?

Altra questione � quella del tutoraggio: c�� stato un grande impatto mediatico, ma - detto con molta franchezza, e parlo da persona informata - non mi sembra che siano stati compiuti passi in avanti. Si tratta di una grande scommessa, ma il tutor non deve essere considerato- come � stato scritto sui giornali - un garante della sicurezza; si tratta di una sorta di agenzia. Per l�impresa che vuole investire nel Mezzogiorno - per non cadere nei Campanella di turno, tanto per capirci - questo aspetto diventa un elemento importante nella garanzia degli investimenti. Noi, in merito all�esperienza dell�associazione antiracket, cominciamo ad avere contatti con imprenditori, sia italiani che esteri, che ci chiedono informazioni e suggerimenti. A volte il loro problema � non sapere con chi parlare.

Sulla questione dell�obbligo della denuncia ho qualche perplessit�. La collusione aperta � un discorso diverso. Per entrare nel merito del dibattito che si sta svolgendo in questi giorni, scorgo una differenza tra grande e piccola impresa. Un conto � avere una grande impresa, quotata in borsa, con amministratori delegati che si trovano a Milano, che vincono appalti per l�autostrada A3, che mai avranno a che fare con le organizzazioni  mafiose e che poi per� pagano il pizzo per convenienza; diversa � la situazione di chi gestisce un banchetto all�interno di un mercato, luogo in cui ogni giorno � possibile incontrare un mafioso. Chiaramente si tratta, comunque, di una discussione aperta, anche in funzione di direttive europee. Da questo punto di vista, non credo che gli altri Paesi dell�Europa vedano di buon occhio questa situazione.

In conclusione, per quanto riguarda l�usura, si � detto pi� volte che la battaglia da affrontare � soprattutto quella della prevenzione. Si tratta di un fenomeno ancora fortemente sommerso, in relazione al quale sembra, paradossalmente, che gli usurai abbiano saputo utilizzare la legge meglio delle vittime. Sono stati pi� bravi gli usurai a nascondere le loro attivit�, piuttosto che le vittime a liberarsi, stante il numero delle denunce. In questo ambito, vi sono diversi problemi: la lunghezza, il rischio della prescrizione quasi sempre presente, la mancanza di un aiuto rispetto alla situazione di emergenza che la vittima dell�usura � costretta a vivere.

Nella legge finanziaria, ad esempio, manca un rifinanziamento del fondo di prevenzione. Il fatto che vengano spostati soldi dal fondo di solidariet� a quello di prevenzione dovrebbe rappresentare una eccezione, non la norma: da questo punto di vista un segnale va dato. Inoltre, la gestione dei fondi da parte del Ministero dell�economia e delle finanze � assolutamente burocratica. Credo che bisognerebbe valutare la possibilit� di un coordinamento pi� stretto tra il fondo di solidariet� e quello di prevenzione.

Ebbene, anche in tale situazione, occorre intervenire sulla convenienza.

Probabilmente sto per dire una corbelleria, dal punto di vista giuridico - e vi chiedo scusa - per� l�esperienza pratica mi insegna che l�usuraio ha convenienza a portare il processo alle lunghe, per puntare alla prescrizione. Tuttavia, intervenire - non so precisare in quale fase - per cercare di bloccare i beni in attesa della conclusione del processo credo che comporterebbe una velocizzazione: anche lo stesso usuraio avrebbe interesse allo svolgimento del processo, per cercare di concludere, quantomeno di patteggiare o trovare forme che accorcino sostanzialmente i termini.

Assumo l�impegno di farvi arrivare, nei prossimi giorni, un appunto pi� compiuto di quanto vi ho riferito e il rapporto di SOS impresa che abbiamo stilato.

Mi scuso con lei, signor presidente, e con tutti gli ospiti, ma sono costretto ad abbandonare l�aula. Ricordo che in aula � presente il coordinatore, il dottor Cuomo.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Bus� per il suo intervento.

GIOVANNI COLANGELO, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Bari. Signor presidente, parlo in rappresentanza della procura di Bari. I rapporti tra criminalit� e impresa sono emersi in maniera abbastanza evidente dalle ultime indagini e rappresentano un dato, oltre che investigativo, anche processuale, perch� riconfermato da provvedimenti giurisdizionali e da sentenze.

Nel nostro distretto la criminalit� organizzata si caratterizza in maniera diversa da territorio a territorio. Una delle caratteristiche precipue della criminalit� organizzata nel distretto di Bari consiste nel fatto di essere ben diversa rispetto a quella di Foggia o anche rispetto a quella di Trani.

I profili emersi in relazione a questi condizionamenti, a mio parere, possono essere ricondotti a pi� aspetti: vi sono casi in cui la criminalit�, e pi� specificamente la criminalit� organizzata, opera una sorta di sfruttamento delle imprese che diventano vittime - questo sfruttamento viene attuato nei modi che vedremo tra un attimo -, casi nei quali le imprese sono vittime di reati di tipo comune, come furti e rapine, e altri casi nei quali la criminalit� si infiltra nel tessuto dell�economia sana con proprie imprese, che agiscono sotto copertura attraverso atti apparentemente leciti, ma che comunque costituiscono, a mio avviso, una forma di inquinamento della gestione sana dell�economia.

Vi �, infine, un aspetto, emerso abbastanza chiaramente nelle ultime indagini, che � quello dell�utilizzo, da parte delle imprese, di metodi illeciti forniti dal crimine, cio� dalle organizzazioni criminali. Vi dir� fra un attimo di quali metodi si tratta.

Attraverso un rapido esame dei vari profili, emersi grazie alla nostra esperienza giudiziaria, � parso evidente che nella zona di Foggia, per esempio, la criminalit� ha operato soprattutto nel settore dei furti e delle conseguenti estorsioni, cio� quello che nella zona viene chiamato il cosiddetto �cavallo di ritorno�, un fenomeno legato ad un vero e proprio racketdelle estorsioni.

I casi che si sono verificati riguardano prevalentemente il settore dell�agricoltura, ma anche quelli delle pompe funebri e dell�edilizia. Sono casi evidentemente gi� oggetto di riscontri di tipo giudiziario ed investigativo. Di recente, c�� stato il caso piuttosto emblematico dello smaltimento dei rifiuti. Le imprese agricole, organizzate in maniera apparentemente regolare per l�attivit� di smaltimento dei rifiuti, di fatto smaltivano rifiuti di tipo nocivo in maniera irregolare, con conseguenti e gravi danni per l�ambiente.

Per quanto riguarda, invece, l�usura e le estorsioni, non sono molto d�accordo con quanto � stato poco fa affermato in ordine alla eccezionalit� del collegamento tra usura e crimine organizzato. Dati processuali, taluni in corso di verifica - e parlo di prossima emissione di sentenze poich� sono in corso giudizi abbreviati - ed altri gi� giudizialmente accertati, hanno riscontrato ipotesi di gestione dell�attivit� di usura, e sono state provate le conseguenti estorsioni. Un usuraio che non consegue il profitto illecito mediante violenze e minacce finisce con il vanificare le sue aspettative.

� abbastanza evidente la diffusione nell�ambito del borgo antico della citt� di Bari di una rete di usura di questo genere. Tuttavia, anche in altri settori dell�economia, molto frequentemente, le organizzazioni criminali utilizzano questo strumento, che � di facile gestione perch� presuppone un totale stato di assoggettamento della vittima. Quindi, sotto il profilo della sicurezza dei profitti e dell�impunit�, questo strumento si presenta pi� appetibile da parte di settori criminali che sono pi� a rischio.

In merito alle infiltrazioni, abbiamo riscontrato alcuni casi di acquisizione di imprese e, comunque, di danni conseguenti per l�economia, dato che le imprese gestite da soggetti legati al mondo criminale o, comunque, dalle organizzazioni criminali agiscono, come � facile intuire, con criteri molto disinvolti. Mi riferisco alla mancata osservanza delle leggi sull�assunzione, sul collocamento, sull�antinfortunistica, su tutto il settore finanziario, e sul regime delle imposte. Questo, ovviamente, consente un risparmio di costi ingenti ed un incremento degli utili, con danno inevitabile per la concorrenza.

Infine, da parte di alcune imprese, si fa ricorso a mezzi forniti dalle organizzazioni criminali per il contenimento dei costi o per la gestione. In questo caso, non vi � una vera e propria collusione tra organizzazione criminale e impresa - sia essa agricola, edile o di altro genere- ma una fornitura di beni e servizi, quasi assimilabile ad un contratto d�opera. Un caso recentemente riscontrato, sempre nella zona di Foggia, riguarda l�utilizzo da parte di imprenditori agricoli di manodopera a bassissimo costo, con paghe risibili ai cittadini stranieri, che operano in una condizione per la quale � stato ipotizzato (anche in questo caso � in corso una verifica giudiziaria che, per fine anno, porter� ad una sentenza tramite giudizio abbreviato) il reato di riduzione in schiavit� e la tratta di esseri umani. Al riguardo, credo che il danno per le imprese che intendono agire sotto il crisma della legalit� sia evidente e non necessiti di ulteriori delucidazioni.

In tutti questi casi, molto spesso, � necessaria la collaborazione delle vittime. L�esperienza giudiziaria relativa a Bari ha visto gli uffici territoriali del Governo molto attenti sotto questo profilo. Spesso, abbiamo assunto iniziative di pieno concerto con la prefettura, mirate all�immediata  assicurazione delle misure di tutela e sicurezza, ordinarie o addirittura straordinarie, del trasferimento, anche per dare un segnale sul territorio a tutti coloro che intendessero fornire una minima collaborazione.

Per altro verso, vi � anche un�attestata efficacia delle associazioni che agiscono sul territorio per la tutela delle vittime delle usure e delle estorsioni. Infatti, proprio in riferimento al comprensorio di Bari, abbiamo avuto casi nei quali sono intervenute le associazioni di cui parlavo, le quali sono riuscite a tamponare a medio termine la pressione esercitata sulle vittime inducendole ad una forma di cooperazione e collaborazione giudiziaria; sono tuttora in corso iniziative di questo genere. Ovviamente, tutto ci� si consegue anche mediante l�assicurazione dei risultati dell�attivit� giudiziaria, che consente di infondere fiducia nel cittadino per l�immediata risposta.

Come si diceva prima, se questo � vero nell�immediato perch� siamo in grado di assicurare con tempestivit� strumenti come il fermo, l�arresto o le misure cautelari, non lo � nel medio-lungo periodo. In base alla nostra esperienza, il modus operandi � standardizzato ed � diventato un protocollo. Insieme alle indagini di tipo criminale, noi attiviamo sempre indagini di natura patrimoniale. Se queste indagini portano poi a risultati di un certo interesse, si approfondiscono maggiormente per arrivare alla formulazione, da parte del giudice delle indagini preliminari, di una richiesta di misura cautelare personale e di una richiesta di misure patrimoniali, formulata ai sensi dell�articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992 (sequestro preventivo in vista della confisca). L�applicazione di questa normativa ha dato ottimi risultati. In molti casi siamo riusciti anche a pervenire alla pronuncia della confisca definitiva; a volte, abbiamo applicato una norma che si � rivelata di estrema utilit�. Mi riferisco alla normativa prevista dalla legge, ormai remota, n. 575 del 1965, in materia di amministrazione di imprese sospettate di essere sottoposte ad usura. Nei casi -sia pure rari - nei quali questa norma � stata applicata, essa ha dato risultati positivi.

Si sono riscontrate concrete difficolt�, concernenti sia le indagini di natura patrimoniale, per i tempi che esse richiedono, non sempre compatibili con la durata delle indagini preliminari sia le indagini per riciclaggio, per la difficolt� relativa al loro svolgimento; queste indagini, infatti, sono sempre estremamente complesse e articolate. Credo che un possibile spunto di riflessione potrebbe essere offerto da una rivisitazione dell�articolo 12-quinquies, secondo comma, del decreto-legge n. 306 del 1992, dichiarato incostituzionale a causa del contrasto tra la normativa sanzionatoria di natura penale sull�indimostrabilit� della provenienza dei beni di cui non si possa fornire un adeguato supporto e l�impossibilit� di svolgere indagini in questo senso.

Una riflessione su questa norma potrebbe forse consentire, quantomeno, di svolgere indagini anche solo di natura finanziaria; si auspica cio� una riproposizione della norma non tanto per prevedere una sanzione penale - ipotesi ormai esclusa dalla pronuncia della Corte - o un illecito amministrativo, ma per poter svolgere qualche accertamento. Se si riuscisse a studiare un congegno che rendesse questa norma compatibile con l�ordinamento, si potrebbero effettuare accertamenti su soggetti o imprese che vantano budgetrilevanti, a fronte di redditi dichiarati assolutamente esigui, irrisori o irridenti, soprattutto rispetto a quelli che caratterizzano la sana imprenditoria.

PRESIDENTE. Sulla base di quanto detto dal dottor Colangelo, chiedo al dottor Grasso, dopo aver ascoltato tutti i procuratori distrettuali, di farci pervenire una nota in merito. In primo luogo, mi riferisco ai problemi riscontrati nelle indagini patrimoniali, a cui faceva riferimento poc�anzi il dottor Colangelo, in secondo luogo, agli �impedimenti� che incontrano le procure distrettuali nei processi penali in ordine alla rapidit� degli stessi, all�effettivit�, alle prove. Quindi,  tutti i meccanismi che, sulla base della vostra esperienza, andrebbero corretti per poter assicurare processi pi� efficaci e pi� rapidi.

GIOVANDOMENICO LEPORE, Procuratore distrettuale antimafia di Napoli. Signor presidente, la relazione che ho fornito alla Commissione contiene tutti i dati a cui lei ha fatto riferimento, sia in merito a quello che stiamo facendo a Napoli sia per quanto riguarda le difficolt� in materia legislativa.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale antimafia. Vorrei averne una copia.

PRESIDENTE. Dottor Lepore, fornisca una copia al dottor Grasso, per cortesia.

GIOVANDOMENICO LEPORE, Procuratore distrettuale antimafia di Napoli. Un�ultima cosa: chiedo il permesso di potermi allontanare perch� ho un altro impegno.

PRESIDENTE. Impedire ad un procuratore di allontanarsi � complicato!

La ringrazio per il suo contributo.

GIOVANDOMENICO LEPORE, Procuratore distrettuale antimafia di Napoli. Grazie a tutti.

CATALDO MOTTA, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Lecce. Io rappresento l�altra met� della Puglia...

PRESIDENTE. La met� inferiore!

CATALDO MOTTA, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Lecce. Certamente. Anche la penisola salentina versa in condizioni di non uniformit�, in particolare nel settore che maggiormente danneggia gli imprenditori, cio� quello delle estorsioni. Nella provincia di Lecce, e principalmente nella citt� di Lecce, si sono raggiunti risultati ottimi.

Risultati buoni sono stati raggiunti anche nelle province di Brindisi e di Taranto, ma rispetto a situazioni assolutamente diverse.

Noi abbiamo riscontrato a Lecce, da alcuni anni, un aumento delle denunce di estorsione. Nell�ultimo anno sono stati 164 i delitti di estorsione denunciati, di cui 111, cio� il 70 per cento, con imputati noti. Questo dimostra che vi � un incremento del ricorso alla denuncia. La stessa situazione si era verificata nel precedente anno giudiziario, quando si era raggiunto l�80 per cento di imputati noti con riferimento alle denunce presentate per estorsione.

Naturalmente, questo non vuol dire che noi veniamo a conoscenza di tutto quello che accade in materia di estorsione, per� ci sono dei dati oggettivi, quali, per esempio, la riduzione delle manifestazioni esteriori da parte degli ambienti criminali, che per un verso indicano una riduzione del fenomeno e per altro verso seguono la strada dell�inabissamento delle manifestazioni criminali che da un po� di tempo si riscontrano nella realt� pugliese e, in particolare, in quella salentina.

Quando abbiamo tentato, a Lecce, di avviare meccanismi conoscitivi diversi da quelli della denuncia spontanea, e quando abbiamo avuto notizia, tra l�altro verificata, che alcune categorie di commercianti - si � trattato di interventi per categorie e per zone cittadine - erano state visitate da esponenti, a noi ben noti, di ambienti della criminalit� organizzata operanti in quelle zone, abbiamo provato ad avviare un�indagine conoscitiva, senza per� ottenere grossi risultati.

Lo stesso � avvenuto per i concessionari, per i rivenditori di autoveicoli, e poi per le discoteche, i bar, i wine-bar, i pub e le birrerie del centro storico della citt� di Lecce e delle marine, nel periodo estivo. Abbiamo notato una difficolt� dei titolari degli esercizi commerciali a riferire circostanze delle quali, in parte, eravamo gi� venuti a conoscenza tramite l�utilizzo di altri canali; peraltro, abbiamo cos� scoperto che sono state costituite delle vere e proprie societ�, non nelle forme degli istituti di vigilanza, il cui oggetto sociale � dato  dal controllo interno agli accessi, cio� una sorta di sicurezza interna. Secondo la disciplina, chi opera con questo oggetto sociale sfugge all�autorizzazione prefettizia: quindi, si sono costituiti dei veri e propri istituti di vigilanza.

Questo � un fenomeno che gi� da tempo si era rilevato in provincia di Lecce, ma che adesso si � diffuso ancora di pi� in citt�. In questo modo, si d� copertura all�attivit� di estorsione, che viene condotta proprio attraverso tali societ�, la cui compagine sociale �, il pi� delle volte, costituita da esponenti degli ambienti criminali.

La stessa situazione si � sviluppata nelle citt� di Brindisi e Taranto. Abbiamo predisposto due indagini, che si sono concluse proprio nel 2007, le quali hanno fornito indicazioni sul controllo, direi monopolistico, da parte di due organizzazioni criminali, di due clanentrambi riconducibili agli ambienti pi� storici e tradizionali della vecchia sacra corona unita. In particolare, a Brindisi, si era costituita una societ� che svolgeva questa attivit� di protezione in senso lato nei confronti di imprese edili. Naturalmente, per operare tale protezione si era fatto ricorso ai soliti danneggiamenti di macchine operatrici, di macchine da cantiere, di pale meccaniche, di escavatori e quant�altro.

L�aspetto singolare, anche per comprendere il livello di assoggettamento raggiunto in quel territorio, consiste nel fatto che abbiamo verificato che alcuni imprenditori si erano spontaneamente rivolti a questi esponenti criminali, o dopo essere stati vittime di danneggiamenti ai quali poi non erano seguite richieste estorsive o ancor prima di subire danneggiamenti. � evidente, quindi, l�azione preventiva che segnala una sorta di forte assoggettamento, quantomeno comprensibile, anche se non giustificabile.

Lo stesso discorso vale per Taranto dove, come diceva il dottor Colangelo, si verifica un binomio stabile tra usura e criminalit� organizzata. Infatti, a Taranto ci sono situazioni di usura a danno di imprese che seguono il loro tradizionale percorso ma che, alla fine, vengono assorbite dall�organizzazione mafiosa che esercita tale attivit�. Questo in particolare � accaduto per imprese che gravitano nell�area di competenza dell�ILVA di Taranto, sottoposta ad estorsione ed usura da parte degli ambienti della criminalit� organizzata.

Vi illustro cosa abbiamo gi� fatto e cosa dobbiamo ancora fare.

Si � spesso fatto ricorso all�arresto in flagranza quando si � ritenuto di privilegiare l�immediatezza dell�intervento rispetto all�avvio di un�indagine pi� ampia sul fenomeno estorsivo, in quanto riconducibile ad attivit� mafiosa. Gli arresti in flagranza consentono naturalmente di attuare un intervento immediato e, anche quando si � fatto ricorso alle richieste di misure cautelari, il GIP ha provveduto celermente; noi, infatti, siamo al primo posto in Italia quanto ai tempi di risposta del giudice.

Il GIP risponde nel giro di una settimana quando si tratta di episodi singoli o limitati, mentre negli altri casi - tra cui quelli compresi in fascicoli da cinquanta faldoni - la risposta perviene non prima di quindici giorni o un mese.

PRESIDENTE. Dottor Motta, c�� un�organizzazione particolare dell�ufficio che consente questo tipo di comportamento?

CATALDO MOTTA, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Lecce. C�� un�organizzazione particolare per l�ufficio del GIP, diviso tra GIP e GUP. C�� poi chi si occupa principalmente di rispondere alle nostre segnalazioni d�urgenza nel momento in cui si verificano episodi rilevanti. Ci tengo a precisare che, indipendentemente dalle segnalazioni, viene sempre dimostrata una particolare sensibilit�; ci� perch� l�estorsione � un reato al quale si deve rispondere subito.

Tuttavia, dopo questa tempestiva risposta e dopo una faticosa tenuta della custodia cautelare in carcere (dico faticosa perch� a volte interviene il riesame, che esclude l�aggravante del metodo mafioso e della finalit� di agevolazione mafiosa ex articolo 7 del decreto-legge n. 152 del  1991; quindi, vengono concessi gli arresti domiciliari, anche se a volte riusciamo ad ottenere il giudizio immediato, che si deve esplicare entro 90 giorni dall�iscrizione del fascicolo nel registro delle notizie di reato), interviene la fase successiva, su cui nulla pu� il pubblico ministero, che � quella, alla quale si � fatto riferimento pi� volte, della certezza della pena.

Non voglio assolutamente prospettare alcuna sollecitazione, ma devo manifestare un mio disagio. Da quando ho avviato (ormai si tratta di anni) un controllo delle istanze di misure alternative alla detenzione e di liberazione anticipata dei detenuti, valutate ai sensi dell�articolo 4-bis delle norme sull�ordinamento penitenziario, con il parere del procuratore distrettuale antimafia, ho notato, prima di tutto, un�eccessiva sovrapposizione di benefici penitenziari. Alle misure alternative, infatti, si affianca la liberazione anticipata, che, con buona pace dell�intangibilit� del giudicato, interviene sistematicamente e senza possibilit� di non falcidiare la pena. Tutto ci� avviene nonostante l�esclusione dei reati indicati all�articolo 4-bis, primo comma, quindi anche di quelli relativi alla criminalit� organizzata. Le pene, pertanto, diventano minime, anche considerando che � gi� nostra tendenza giudicante quella di non attribuire pene enormi, ma di attenersi in genere al minimo edittale.

Ricorrente, inoltre, � la strumentalizzazione di tutto quel sistema, che � nato per i tossicodipendenti e gli alcol dipendenti. Ormai, la nuova frontiera della criminalit� organizzata � l�alcoldipendenza, che � difficilissima da accertare e che consente di essere liberati e di eludere la pena fino a sei anni di reclusione. Questa situazione � dovuta, in parte, all�atteggiamento di superficialit� di tutti i SERT, che certificano uno stato di alcol dipendenza quasi come fosse un attestato di servizio (naturalmente, lo stesso avviene per gli stati di tossicodipendenza), e, in parte, ad una scarsa incidenza del controllo sui programmi di recupero, che dovrebbe essere demandato (come afferma espressamente la legge) al tribunale di sorveglianza.

PRESIDENTE. Dottor Motta, questo lavoro a cui ha accennato potrebbe farlo pervenire alla Commissione?

CATALDO MOTTA, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Lecce. Certamente. Il discorso riguarda anche - ma in questo caso la colpa � nostra - alcune interpretazioni del tribunale di sorveglianza sull�attualit� dei collegamenti per il condannato. Finalmente, ma solo di recente, la Cassazione ha dichiarato che bisogna tener conto del fatto che si tratta di un�attualit� legata alla circostanza che la persona, della cui pericolosit� ci occupiamo, � detenuta. Il tutto, quindi, va visto e valutato in chiave prognostica, con riferimento ai comportamenti precedenti di quella persona.

Lo stesso � avvenuto per quanto riguarda i condannati per pi� reati, dei quali solo alcuni a carattere ostativo. Se nell�ambito della valutazione di pericolosit�, legata esclusivamente al reato ostativo, si accerta che la pena per tale tipo di reato � stata scontata, se ne pu� chiedere la scorporazione dal cumulo della condanna, accedendo tranquillamente ai benefici penitenziari per gli altri reati.

Di fronte a questa situazione, � ben difficile richiedere all�imprenditore o al commerciante una serena denuncia per la quale si pu� garantire una pena certa. Noi ci impegniamo solo per il mantenimento della custodia cautelare, ma il fenomeno sul quale bisogna incidere, a mio avviso, � un altro.

VINCENZO D�AGATA,Procuratore distrettuale antimafia di Catania. Signor presidente, premetto che la procura distrettuale di Catania ha predisposto due piccole relazioni scritte, che metter� a disposizione della Commissione. Nella prima viene affrontato il problema della sicurezza del cittadino in genere, nell�altra si parla della sicurezza delle imprese. Su questa seconda relazione vorrei brevemente riferire, in ordine, per�, alla parte che riguarda il rapporto tra le imprese e la criminalit� mafiosa.

Non c�� dubbio, infatti, che la sicurezza, lo sviluppo e l�operativit� dell�im  presa vengono messi in pericolo dall�infiltrazione e dall�ingerenza mafiosa, attraverso attivit� violente - sia alle cose sia alle persone - per la esazione del pizzo e, comunque, per intervenire nell�utilizzazione delle notevoli risorse che, specialmente negli ultimi tempi, sono state messe a disposizione, in particolare nel settore dei lavori pubblici.

In merito alle modalit�, da quanto ci risulta dalle indagini fin qui condotte e dalla casistica di cui disponiamo, normalmente, l�aggressione all�impresa non avviene attraverso atti di violenza alla persona. Fortunatamente, nel distretto di Catania - Catania, Siracusa, Ragusa - non si sono verificati casi di aggressione e di iniziative a danno dell�incolumit� o della vita delle persone, degli imprenditori. Al contrario, invece, si registrano casi di aggressione alle cose (danneggiamenti, incendi, attivit� estorsive in genere); stiamo parlando di una fascia di attivit� facilmente riconducibile al comune alveo estorsivo.

Di fronte a questi casi (al riguardo, produrr� delle statistiche), le ipotesi di procedimenti che rimangono a carico di ignoti rappresentano, ovviamente, la stragrande maggioranza, a fronte di un�esigua minoranza di casi denunziati o per i quali vengono identificati gli autori.

In questo senso, solo per richiamare una vicenda di grande attualit�, una breccia nel muro del vittimismo omertoso si � aperta attraverso il caso dell�imprenditore Vecchio, il quale ha sporto denunzia. � un caso che ha avuto dei caratteri peculiari, proprio perch� vi � stata, da un lato, la denunzia da parte dell�imprenditore e, dall�altro lato, la pervicacia da parte degli autori dell�estorsione. Questa vicenda - si tratta, ovviamente, di un�ipotesi investigativa - si � conclusa con la morte dell�istigatore. Infatti, la morte di Angelo Santapaola, ucciso in circostanze mortificanti, in un certo senso, per il ruolo e per il rango al quale apparteneva (�l�autorevole�famiglia Santapaola) -, non � casuale.

PRESIDENTE. Quali sono state le modalit� dell�omicidio?

VINCENZO D�AGATA,Procuratore distrettuale antimafia di Catania. Angelo Santapaola � stato prima sparato, poi bruciato e abbandonato in un casolare dove si � verificato uno scempio da parte dei cani e degli animali in generale. � stato proprio trattato come un killer di bassa lega e non all�altezza del suo rango! Tutto questo proprio perch�, ad un certo momento, egli ha turbato l�ordine al quale oggi mira la criminalit� organizzata nei suoi rapporti con l�impresa. Si vuole sostituire, ai fatti eclatanti di sangue che potrebbero richiamare l�attenzione delle forze dell�ordine, la via degli affari.

Comunque, in generale, il fenomeno delle estorsioni ha il carattere della capillarit�, purtroppo. Questo trova riscontro, in un certo senso, nella concezione che il mafioso attribuisce a tale reato. L�estorsione � la principale risorsa attraverso la quale si alimenta economicamente il clan. Infatti, il provento dell�estorsione viene definito - questo ci risulta dalle intercettazioni telefoniche - come uno stipendio. � considerata un�entrata istituzionalizzata ed ha il carattere della capillarit�. Mi preme sottolineare- sempre in virt� dell�esperienza maturata sui casi concreti - che Catania si � orientata verso un tipo modulabile di estorsione. Si � creato un tipo di estorsione che rientra tra i costi sostenibili: non danneggiare l�impresa oltre certi limiti sino a portarla all�impossibilit� di sopravvivenza economica.

Un�altra caratteristica che abbiamo potuto accertare � quella che chiamiamo �migrazione� dell�estorsione: quest�ultima, cio�, non viene interrotta n� dalla carcerazione dell�esattore o del capo del gruppo di esattori, n� dalla morte, perch� spesso trasmigra da un personaggio all�altro del gruppo o, comunque, continua ad opera di altri soggetti, che destinano poi parte dei proventi a sostegno dei familiari del detenuto.

Per quanto ci risulta dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni dei collaboranti, il rapporto che si crea tra l�impresa ed il clan criminale � di natura del tutto peculiare; esso non � riconducibile al rapporto tra vittima ed aggressore,  poich� � del tutto sui generis e si modifica a seconda che si tratti di piccola-media impresa o di grande impresa.

Per quanto riguarda la piccola-media impresa, il rapporto si instaura attraverso la pretesa e il pagamento del pizzo. Abbiamo potuto accertare, per�, che in cambio c�� sempre la richiesta di servizi, che vengono forniti: mi riferisco alla riscossione dei crediti, alla sicurezza del cantiere e, spesso, anche all�interessamento di chi percepisce il pizzo affinch� la piccola impresa possa ottenere subappalti, e quindi inserirsi nelle grandi opere.

In merito alla grande impresa, invece, il discorso � del tutto diverso. Da alcune intercettazioni relative alla Mangion (personaggi storici della mafia catanese, luogotenenti di Santapaola) abbiamo potuto verificare che, effettivamente, con la grande impresa si preferisce l�affarismo. Si evince dai testi delle intercettazioni - nella relazione abbiamo riportato un passo molto significativo - che non si pu� neanche parlare di estorsione, ma di affari. Si tratta, infatti, di una sorta di affarismo imposto, che si riferisce alla scelta dei fornitori, della manodopera e dei subappaltatori. Questo, lo ripeto, succede nella normalit� dei casi.

Con la cattura di Umberto Di Fazio (altro latitante storico che finalmente, dopo lunga ricerca, � stato arrestato nel novembre del 2005) abbiamo appreso altri particolari. Mi riferisco alla cosiddetta �messa a posto�. Messa a posto significa che soprattutto l�impresa proveniente da fuori, spesso di propria iniziativa, cerca il mafioso, il boss di zona, verso il quale diviene debitrice per poter svolgere la propria attivit� tranquillamente. C�� una spontanea ricerca. Quindi, lo ripeto, non solo l�approccio avviene per iniziativa della famiglia mafiosa, ma chi viene da fuori addirittura si mette in contatto con il mafioso della zona, allo scopo di svolgere tranquillamente la propria attivit�. Ovviamente, questa � una scelta che consente di avere dei costi programmati e che, sostanzialmente, mette in condizioni l�imprenditore di poter �spalmare� tali costi sul lavoro e sull�attivit� che si intende svolgere.

Altra caratteristica, emersa sempre dalle dichiarazioni di Umberto Di Fazio, � che nelle estorsioni si � determinata una sorta di diritto di sequela, come nell�ipoteca. Questa � una mia definizione, ma speriamo che abbia fortuna e diventi di uso comune. Una delle caratteristiche dell�ipoteca � il diritto di sequela, ovvero seguire l�immobile presso chiunque ne divenga proprietario.

L�imprenditore che cade sotto la protezione di una grossa famiglia mafiosa - normalmente quella del territorio della provincia in cui lavora - attribuisce al mafioso una sorta di diritto di sequela. Sostanzialmente, � il mafioso che continua ad essere l�esattore dei benefici dei lavori di quella determinata impresa, qualunque sia la provincia nella quale si svolga il lavoro.

Questo produce l�incrocio di opposti interessi, che comunque convergono nella posizione di reciproco interesse sia per l�imprenditore, sia per il mafioso. L�imprenditore viene sollevato dal problema di contattare e contrattare con il mafioso di zona; inoltre, sempre a vantaggio dell�imprenditore, si crea sin dall�inizio una sorta di camera di compensazione, senza quelle guerre che si vengono a determinare con l�ingresso sul territorio di nuove aziende. Infine, si attua anche una sorta di calmierizzazione dei prezzi, terzo vantaggio che deriva da questo sistema.

Evidentemente, tutti questi tipi di approccio tra impresa e mafioso sono validi nel caso in cui non ci si trovi di fronte al mafioso diventato imprenditore. Catania, tristemente famosa negli anni Ottanta per le sue vicende legate alle grosse imprese, dopo aver vissuto quella determinata avventura, che ha visto scomparire delle aziende per la loro contiguit� alla mafia, ha assistito alla costituzione di una nuova categoria di imprese, alcune delle quali, purtroppo, come abbiamo dovuto constatare, sono direttamente, ma soprattutto  per interposta persona, gestite dal mafioso, il quale interviene o autonomamente o in associazione temporanea di imprese.

Un caso relativo a grossi lavori pubblici a Catania ha portato al sequestro di un�azienda e di parecchie decine di milioni di euro. Si trattava di un�azienda gestita dai nipoti di un mafioso gi� colpito in altre operazioni, il quale in associazione di imprese aveva assunto e svolto grossi lavori pubblici nel catanese.

Questo sul piano ricognitivo del fenomeno quale esso si propone in questo momento, a Catania. Sul piano delle proposte, vi sarebbero dei settori di interventi di tipo processuale che, con il permesso della Commissione, farei illustrare successivamente dalla collega Santonocito.

Per quanto riguarda le strategie generali, condivido e auspico che venga seguita la filosofia che mi � sembrato di cogliere nel �pacchetto sicurezza� all�esame del Parlamento. Mi riferisco alla possibilit� di agire sugli incentivi e disincentivi. Sostanzialmente, ci� avviene in materia di misure di prevenzione e di aziende sottoposte al condizionamento mafioso, per� questa stessa filosofia potrebbe essere trasferita al settore delle estorsioni. Non c�� dubbio che dobbiamo partire da un dato di fatto, ma l�esperienza ci insegna che il pi� delle volte l�imprenditore sottoposto ad estorsione � a conoscenza di chi � il suo estorsore. L�estorsione � uno dei pochissimi reati nei quali, contrariamente a quanto avviene di solito, si registra un contatto diretto tra autore e vittima del reato.

Dobbiamo sforzarci di rendere conveniente per la vittima la collaborazione rivelando il nome dell�estorsore. Questa azione si potrebbe attuare, da un lato, con degli incentivi all�azienda, all�attivit� economica, che potrebbero essere mirati alla protezione per la sicurezza (potrebbe trattarsi di un tutor o, comunque, di qualcosa che garantisca la sicurezza dell�impresa), e, dall�altro lato, con dei disincentivi. Per alcune misure di prevenzione � addirittura previsto il sequestro o la confisca dell�impresa; per�, si potrebbe forse anche arrivare ad ipotizzare, come deterrente, l�applicazione di misure di questo genere. Potrebbe essere ipotizzata, come deterrente, anche la creazione di un�autonoma figura di reato nell�ipotesi della messa a posto spontanea, cio� quando � l�imprenditore stesso che va a cercare il mafioso. � vero che oggi lo potremmo punire, con uno sforzo interpretativo, perch� responsabile in base agli articoli 110 e 416-bis, cio� per concorso esterno, ma forse sarebbe opportuno creare un�autonoma figura di reato.

Si dovrebbe inoltre operare su un altro versante, come � peraltro gi� previsto da alcune legislazioni straniere, cio� assicurando una maggiore copertura di chi denunzia o testimonia in materia di estorsione.

Da ultimo, sempre in direzione dell�incentivazione, ritengo che andrebbe rivista la legge che ha istituito il fondo per le vittime del racket: i contributi da essa previsti non dovrebbero essere distribuiti in maniera indiscriminata, a pioggia, cos� come avviene oggi, ma il loro pagamento dovrebbe essere subordinato, se possibile, ad un atto di effettiva collaborazione.

Non ho altro da aggiungere, presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio, � stato molto chiaro.

FRANCESCO MESSINEO, Procuratore distrettuale antimafia di Palermo. Signor presidente, credo che la cosa pi� utile da fare, considerati i limiti di tempo, sia concentrare l�esposizione sugli aspetti della sicurezza connessi alla diffusa pratica delle estorsioni a danno di imprenditori e commercianti nella realt� criminale della Sicilia occidentale, per quanto mi riguarda.

Mi rendo pienamente conto che su questo argomento � difficile dire delle cose originali e anzi si tende alla ripetitivit�, anche considerato che molti colleghi che mi hanno preceduto se ne sono gi� occupati. D�altra parte, sono convinto che la questione delle estorsioni tenda oggi ad assumere un ruolo di assoluta preminenza e centralit� nel pi� ampio contesto della sicurezza dei cittadini e delle imprese e  che, in verit�, costituisca una vera e propria questione sociale, che condiziona lo sviluppo economico. Mi sembra quindi utile e pertinente che ce ne occupiamo in modo diffuso.

Il contesto territoriale al quale intendo fare riferimento � il distretto della corte di appello di Palermo, che � anche il territorio di competenza della DDA di Palermo ed � costituito dalle tre province di Palermo, Trapani ed Agrigento, con una popolazione di circa 2 milioni di abitanti.

In questo territorio, in tempi diversi e con varie acquisizioni, sono stati complessivamente individuati circa 5.000 soggetti che, a vario titolo, si rapportano all�organizzazione Cosa nostra come aderenti, uomini d�onore, affiliati, fiancheggiatori, e cos� via; non tutti questi soggetti si dedicano cio� alle estorsioni, ma anzi si rapportano in vario modo a Cosa nostra, il che d� una prima idea dell�ampiezza e della complessit� del fenomeno.

Tutte le acquisizioni investigative e processuali che possediamo - dichiarazioni dei collaboratori, intercettazioni telefoniche, esiti di indagini, e cos� via - confluiscono univocamente nell�indicare che l�attivit� di gran lunga preminente di Cosa nostra nel territorio (come altrove, d�altra parte) consiste nel praticare l�estorsione su grande scala e con un�ampiezza ed un�intensit� che � difficile anche soltanto immaginare, a danno dell�intero sistema economico o comunque di suoi settori essenziali.

Questa attivit� estorsiva viene praticata con modalit� diverse, a seconda della tipologia delle attivit� colpite, tra le quali credo che dovremmo distinguere, per chiarezza, due livelli diversi.

Alle attivit� commerciali diffuse viene riservata la cosiddetta �estorsione predatoria� (l�espressione non � mia, ma degli studiosi della materia), che viene attuata con modalit� di intimidazione diretta, accompagnata da violenze fisiche e danneggiamenti, ad opera di una manovalanza brutale e di basso livello, e quindi spendibile rispetto alla eventuale repressione giudiziaria. Questo tipo di estorsione viene riservata, di solito, ai piccoli esercizi commerciali o, comunque, alle realt� produttive meno importanti.

Alle attivit� economiche pi� sofisticate e lucrose- come le attivit� edilizie, che vengono censite e colpite capillarmente nel territorio, soprattutto per gli appalti di opere pubbliche - viene invece riservata la cosiddetta �estorsione-tangente� (anche questa � un�espressione che ho mutuato dagli studiosi), che si articola nella volontaria e preventiva messa a posto dell�imprenditore (qui riprendo un�opportuna espressione del collega D�Agata). Credo che a nessuno sfuggir� la sottile ironia di questa espressione, che cogliamo anche nelle intercettazioni telefoniche: �messa a posto�.

L�impresa che si mette a posto � quella che paga. Come avviene ci�? L�imprenditore, per prevenire una serie di immancabili ostacoli di ogni genere alla sua attivit�, ha cura di contattare preventivamente il referente mafioso, per versargli volontariamente una percentuale che va dal 2 al 4 per cento dell�importo lordo degli appalti. Oppure, in altri casi, stipula una serie di accordi economici, accettando i servizi offerti in subappalto dalle ditte di fiducia di Cosa nostra, che realizzano cos� un profitto pari a questa percentuale. Tali due sistemi sono intercambiabili.

Questa pratica della messa a posto - la pi� importante, dal punto di vista economico, perch� riguarda, come abbiamo detto, le realt� pi� consistenti e significative - � assolutamente devastante, sul piano sociale ed economico. Anzitutto, perch� riguarda le realt� economiche pi� complesse e quelle che si rapportano con la pubblica amministrazione, e quindi perch� incide sulla qualit� stessa delle opere pubbliche realizzate (considerato che, chiaramente, questo 4 per cento deve pur uscire, da qualche parte). In secondo luogo, soprattutto perch� essa sottolinea una volontaria soggezione del sistema delle imprese al sistema estorsivo: l�imprenditore non tenta nemmeno di ribellarsi, ma addirittura previene le richieste dell�organizzazione, alle quali si presta. Comprendiamo  quindi benissimo quale impatto devastante ci� abbia sul sistema economico.

Esistono, poi, varie norme procedurali; il collega D�Agata ha accennato ad una di esse, cio� al diritto di sequela o diritto di seguito. Vi � tutto un galateo della messa a posto: per esempio, se l�impresa proviene da una zona gi� in s� mafiosa, la messa a posto viene contrattata con il capomafia locale, il quale provveder� poi personalmente a mettersi in contatto col capomafia della zona di esecuzione dei lavori per le necessarie compensazioni di carattere economico. Conosciamo anche il sistema di ripartizione dei profitti, e cos� via.

Ho esposto in rapida sintesi il quadro generale della sottomissione e del condizionamento di un intero sistema economico, che vengono attuati capillarmente e con un�intensit� inimmaginabile. Rendiamoci conto che l�estorsione continua, ovviamente, ad essere un reato, ma essa non � un episodio occasionale nella vita dell�impresa, bens� (almeno nelle regioni meridionali, ed io posso parlare per la DDA di Palermo) il modo normale dell�impresa di relazionarsi al contesto criminale complessivo. Non �, cio�, un evento imprevisto ed eccezionale, ma normale.

A tale proposito - (per fornire qualche dato di maggiore concretezza, perch� i concetti generali sono stati esposti benissimo da coloro che mi hanno preceduto, e desumendo questo dato dalla documentazione che di recente abbiamo sequestrato al capomafia Lo Piccolo), segnalo che in uno solo su quindici dei mandamenti mafiosi di Palermo (non parlo della citt� di Palermo, ma della provincia di Palermo, dove abbiamo censito, appunto, quindici mandamenti mafiosi) ci risultano contemporaneamente sottoposte a costante prelievo estorsivo, mese per mese, giorno per giorno, oltre duecento ditte e realt� produttive.

Questo dato, tutto sommato, anche se non completo, potrebbe essere non particolarmente preoccupante, considerato che duecento ditte, in fondo, non sono gran cosa. Contemporaneamente, abbiamo per� accertato che, oltre a queste duecento ditte, almeno un numero doppio - quindi quattrocento o pi� - vengono assoggettate alla cosiddetta messa a posto: sono le imprese edili o di lavori pubblici. Trattandosi del quadro relativo a questo solo mandamento, vi lascio immaginare quale possa essere la resa economica complessiva del fenomeno.

Segnalo anche quella che possiamo considerare una notizia riservata (ma credo che la sede sia tale da poterla esplicitare): abbiamo accertato tentativi di infiltrazione e condizionamento mafioso rispetto ad un�importantissima opera pubblica attualmente in corso nel territorio di Palermo, l�importo del cui ultimo finanziamento � stimato in 620 milioni di euro. Vi lascio calcolare l�importo della messa a posto. Abbiamo inoltre accertato tentativi di infiltrazione mafiosa su lavori che si svolgono nella zona dell�aeroporto Falcone-Borsellino, anche questi per importi notevolissimi. Naturalmente, ci siamo adeguatamente attrezzati e stiamo cercando di venire a capo dell�intero sistema di penetrazione ed infiltrazione mafiosa.

Credo di dover dire con molta amarezza che, in queste condizioni, parlare di percezione della sicurezza da parte degli imprenditori sia un tragico eufemismo. Per la verit�, ho avuto modo di prendere cognizione di una ricerca statistica - condotta sul campo per iniziativa della Confindustria - dalla quale risulterebbe un dato confortante, che quindi enuncio: in alcune regioni meridionali la percezione soggettiva della sicurezza da parte degli imprenditori � leggermente migliorata, spostandosi in avanti di una piccola percentuale.

� un dato confortante, che non pu� per� farci dimenticare come la realt� non sia affatto tale perch�, ad esempio, anche se i dati inerenti le iscrizioni di notizie di reato ci rivelano un numero tutto sommato contenuto di estorsioni (si tratta di 160-170 iscrizioni di notizie di reato contro noti in un anno), il che darebbe un quadro non allarmante, il guaio � che, generalmente, noi non arriviamo a queste  iscrizioni per denunzie dei privati, bens� attraverso indagini, intercettazioni e mezzi comuni.

Questi dati sono quindi chiaramente falsi ed illusori, perch� alterati dalla presenza di un preponderante numero oscuro di casi non denunciati e nemmeno rilevati. Noi non riusciamo nemmeno a conoscere i veri dati.

Le denunzie sono pochissime, anche se si nota un lieve mutamento positivo, sia come effetto dei successi conseguiti dalle forze dell�ordine, sia, pi� ancora, per l�incisiva opera di sollecitazione e mobilitazione svolta dalle associazioni antiracket e dalle associazioni produttive (Confindustria, Confcommercio ed altre), che non a caso cominciano ad essere oggetto di rabbiosi attacchi intimidatori. Credo sia opportuno, in questa fase, esprimere almeno la mia solidariet�, per la chiarissima intimidazione avvenuta a Caltanissetta, che � proprio un segnale di questo genere: proprio nel momento in cui la Confindustria sceglie un determinato atteggiamento coraggioso, si verifica questa reazione rabbiosa.

I timidi segnali di reazione, che pure ci sono, non vanno ignorati e debbono essere valorizzati e tutelati, ma tutto ci� � ancora troppo poco. Credo che occorrano segnali precisi sul piano ordinamentale, organizzativo e delle iniziative di sostegno. Il presidente Violante, poco fa, ha fatto un�interessante provocazione, chiedendoci quali siano i problemi dei processi, se si riesca a svolgerli in tempi brevi e a dare effettivit� alla pena. La mia risposta � largamente negativa, e le ragioni sono sul terreno.

Il nostro codice di procedura penale - come il presidente Violante, anche per la sua formazione, sa benissimo - � stato pensato per processi singoli e non prevede l�ipotesi del processo contro un�associazione criminale. Abbiamo dovuto inventarci noi questa ipotesi, forzando parzialmente le strutture del processo.

Il processo penale italiano, inoltre, non prevede l�acquisizione di dati preconfezionati, perch� tutto deve svolgersi nel dibattimento, e vi lascio immaginare cosa questo significhi nel processo di criminalit� organizzata. Esso ha, quindi, dei tempi necessariamente lunghi: le indagini durano due anni ed altro tempo viene utilizzato dal GIP. Per effetto di un regime tabellare che prevede una sorta di giudice naturale precostituito - per cui il GIP pi� oberato non pu� essere sollevato dal lavoro in favore di un altro -, gli uffici dei GIP sono sovraccarichi di lavoro e devono talvolta affrontare l�accumulazione di casi da esaminare, che determina grossi ritardi nella concessione delle misure cautelari. E potrei continuare.

Certo, noi cerchiamo degli escamotage, quale potrebbe essere quello dei fermi, che restano per� degli escamotage. Tutta la struttura risente di questa situazione e i mezzi a disposizione non sono certo quelli ottimali.

Devo dire che, nelle condizioni date, non mi sembra ci sia molto da fare; certo, possiamo sperimentare delle piccole acquisizioni, possiamo fare dei piccoli progressi, ma non mi sembra che un capovolgimento della situazione sia dietro l�angolo. Occorrono comunque, da una parte, queste riforme e, dall�altra, iniziative di sostegno all�imprenditore che denunzia, accompagnate per� anche da misure di carattere interdittale e da misure sanzionatorie di vario genere nei confronti di quei soggetti che, pervicacemente, insistono nel rapportarsi con la criminalit� organizzata, nell�assoggettarsi volontariamente ad essa e nell�ignorare il dovere di collaborazione con lo Stato.

Dobbiamo riequilibrare i due piatti della bilancia: vanno bene le misure di sostegno, ma dove � necessario bisogna intervenire anche con le sanzioni. Solo una strategia forte ed articolata potr�, con opera paziente ed intensa, spezzare l�attuale stato di assedio che la criminalit� organizzata impone al sistema produttivo delle regioni meridionali.

SALVATORE MURONE, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Catanzaro. Molto � stato gi� detto dai colleghi che mi hanno preceduto e dal procuratore nazionale antimafia, per cui cercher� di  non riproporre le argomentazioni che sono gi� state svolte.

La tipologia dei rapporti tra imprese e criminalit�, nell�ambito del distretto di Catanzaro, � quella che � stata delineata dal procuratore nazionale antimafia, con la differenza che, nell�ambito di tale distretto, � praticamente inesistente l�impresa resistente alla criminalit� organizzata. � cio� rarissimo incontrare, nell�ambito imprenditoriale, la denuncia spontanea e lo spontaneo rivolgersi all�autorit� giudiziaria da parte delle vittime della criminalit� organizzata.

I colleghi che si occupano specificamente di questa zona tendono addirittura ad escludere, per alcuni distretti del territorio, la categoria dell��impresa vittima�. Parlo, ad esempio, del vibonese: il collega che si occupa espressamente di quel territorio parla della presenza di imprese, se non colluse, quasi sempre acquiescenti alle mire ed alle istanze della criminalit� organizzata.

Abbiamo poi la presenza di imprese direttamente mafiose, cio� di mafiosi che, in un modo o nell�altro, hanno acquisito direttamente la gestione di imprese. Naturalmente, il fatto che questo dato emerga � di per s� gi� positivo, in un certo senso, perch� venendone a conoscenza si interviene direttamente ed immediatamente con la repressione.

La realt� che per� caratterizza maggiormente il sistema dei rapporti � quella dell��impresa acquiescente� alle istanze della criminalit� organizzata. La sua diffusione � avvenuta in tutti gli ambiti dell�imprenditorialit�: si va dall�impresa agricola delle zone della Sibaritide, ad esempio, all�impresa turistica delle zone del vibonese, alle imprese commerciali. C�� inoltre un sospetto o, meglio, un indizio, di una presenza della criminalit� organizzata anche nel settore della grande distribuzione.

Naturalmente l�edilizia � pars magna di questo fenomeno perch� � tradizionalmente nell�ambito dell�edilizia che si � sviluppato l�intervento della criminalit� organizzata, anche quello diretto. Non possiamo poi trascurare i rapporti tra criminalit�, imprenditori e, in alcuni casi, amministratori pubblici. � un quadro, in un certo senso, devastante quello che emerge dall�analisi dei procedimenti in corso.

I dati che sottopongo sommariamente all�attenzione della Commissione li ho estrapolati essenzialmente dalle emergenze processuali: dai procedimenti ancora in fase di indagine e, in alcuni casi, giunti anche al dibattimento.

Il dato � ancora pi� grave perch�, com�� notorio, il distretto di Catanzaro e la Calabria sono l�espressione di un sistema economico estremamente debole: � evidente l�effetto moltiplicatore che, al suo interno, pu� avere l�opera della criminalit� organizzata che interviene limitando la libera concorrenza e imponendo una sorta di spazio doganale libero per le sole imprese che operano sotto la sua protezione.

L�associazionismo � ancora debole, da quanto possiamo rilevare; fenomeni di organizzazioni antiracket cominciano a sorgere, mi pare, nei territori del Lamentino e del Vibonese, ma il fenomeno � ancora in fieri, in divenire. Certe volte si ha poi l�impressione che le adesioni non siano effettivamente motivate, ma che si tratti ancora di una operazione superficiale, che cio� non vi sia una vera e propria partecipazione delle istanze associative ai procedimenti, prima, ed al processo poi.

Il numero delle denunce � relativo, non solo perch� basso, ma anche perch� esprime chiaramente solo una parte del fenomeno: la maggior parte delle acquisizioni intervengono de relato o attraverso lo sviluppo di altri tipi di attivit�, soprattutto mediante le intercettazioni telefoniche e quant�altro.

Vengo ora alle misure da assumere. Dal punto di vista della sicurezza, chiaramente, il compito della magistratura � assolutamente limitato all�osservazione. Si � parlato di effettivit� della pena e di tutto il resto, ma non star� a ripetermi.

Forse in alcune zone del territorio catanzarese, del distretto di Catanzaro, sarebbe opportuna - mi pare che in un certo senso sia previsto nel piano di sicurezza, nella parte che riguarda la Calabria  - l�estensione di un�attenzione del tipo che si � gi� indirizzato all�area portuale di Gioia Tauro, specialmente se si vogliono creare delle zone con una vocazione all�espansione industriale. Si parla della zona di Lamezia Terme e del crotonese, tanto per fare due esempi. Quella potrebbe forse essere una misura da valutare e da estendere.

Quanto ai difetti processuali, presidente - giusto per fare un excursus non dico completo ma che, quanto meno, tenga conto delle varie istanze da lei prospettate - il gap temporale esistente tra la richiesta di misure e la risposta relativa da parte degli uffici (soprattutto dell�ufficio del giudice per le indagini preliminari), � notorio e forse ancora pi� grave nell�ambito del distretto di Catanzaro. � comunque un problema soprattutto di organici delle strutture giudiziarie.

PRESIDENTE. I vostri tempi medi quali sono?

SALVATORE MURONE, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Catanzaro. I tempi medi superano i sei mesi e, alcune volte, si arriva anche all�anno, anche nell�ambito dei processi alla criminalit� organizzata; si cerca di ovviare con l�utilizzo del fermo, che per� porta a delle disfunzioni naturali, anche perch� poi si tenta di forzare il giudice a lavorare nell�ambito di quel tempo ristretto e, alcune volte, i risultati non sono brillanti, soprattutto considerato che, al momento del fermo, i numerosi detenuti delle varie operazioni vengono deportati in diverse zone del territorio nazionale.

Quanto al gap temporale, si deve intervenire sugli organici che, nel distretto di Catanzaro, ritengo siano estremamente risicati, sia nell�ambito della magistratura giudicante, sia in quello della magistratura requirente. Non si pu� fare esclusivamente un discorso statistico. Fenomeni assolutamente naturali, come il trasferimento d�ufficio del magistrato o le maternit� e cos� via, intervengono in maniera dirompente nell�ambito di un ufficio con un organico al limite o risicato.

Attualmente la procura ordinaria della Repubblica di Catanzaro vede il proprio organico ridotto a un terzo del necessario. La nostra organizzazione salvaguarda il mantenimento del pieno organico nella procura distrettuale, dunque il deficit incide soltanto nell�ambito della procura ordinaria - la quale assicura tutta una serie di lavori -, dove abbiamo una scopertura del 60 per cento. C�� dunque la necessit� di un aumento degli organici.

Una cosa che abbiamo gi� segnalato, e alla quale mi sembra che adesso si cominci a prestare anche attenzione legislativa, � poi il sistema dell�istituto del patteggiamento in appello sui motivi. Per varie ragioni da analizzare, con il patteggiamento sui motivi, per quanto attiene all�aggravante del metodo mafioso, molte volte abbiamo visto depauperato l�apporto della procura distrettuale e anche del giudice. Si tratta di un effetto che diviene devastante.

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ma credo che sia stato eliminato mediante il pacchetto sicurezza. Ne aveva parlato Boemi tempo fa in un�intervista.

SALVATORE MURONE, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Catanzaro. S�, � stato finalmente eliminato, mi pare. Era una segnalazione ripetutamente fatta anche tramite il procuratore nazionale. Speriamo che questo sistema finisca.

Non ho altro da aggiungere.

SALVATORE BOEMI,Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Reggio Calabria. Presidente, non vorrei ripercorrere i profili che sono stati gi� trattati e quindi vi sottoporr� alcune mie riflessioni personali, che mi auguro abbiano il carattere della logicit�.

Tali considerazioni sono la risultante di un percorso personale: io sono qui in mezzo a colleghi che stanno trattando queste problematiche da pi� tempo di me, perch� il mio percorso � stato caratterizzato da un�interruzione sostanziosa. Ho diretto la procura distrettuale di Reggio dal 1993 al 2001 e l�ho poi lasciata per le  ben note circolari ministeriali; per puro caso, ci sono poi rientrato otto mesi fa.

Il mio sar� allora un intervento personale, sganciato dalle tematiche, tutte serie, sin qui affrontate.

PRESIDENTE. Ci parler� di criminalit�, s�?!

SALVATORE BOEMI,Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Reggio Calabria. Vi parler� del mio paese e della mia provincia, Reggio Calabria, che � una delle capitali delle mafie tradizionali presenti nel nostro Paese.

Signor presidente, io credo che Reggio sia un paradosso, perch� noi, nel 1993, con un pool di magistrati di un certo valore, ci eravamo posti l�obiettivo di dare una giusta collocazione alla �ndrangheta calabrese che, in quel momento storico, veniva da alcuni ritenuta una mafia di serie B (la mafia dei pastori, per intenderci).

Ebbene, in quei cinque, sei, sette anni, noi abbiamo raggiunto un risultato: oltre a scrivere, in alcune maxi-operazioni, la storia di quell�organizzazione, abbiamo portato a giudizio sessantaquattro cosche mafiose e ne abbiamo ottenuto il riconoscimento giudiziario, per la prima volta, nonch� delle condanne significative; 400 ergastoli in primo grado rappresentano, infatti, un risultato veramente importante, anche se collegato alle guerre di mafia che c�erano allora e che ora non ci sono pi�.

Il paradosso sta nel fatto che quando rientrai alla procura distrettuale, nel 2007, trovai una �ndrangheta molto pi� forte di prima, praticamente secondo l�opinione di tutti. Mi trovai dinanzi ad una situazione agghiacciante, perch� durante i primi esami dei collaboratori che ritenevo di dover sentire, mi resi conto che non soltanto il versante giudiziario e repressivo non era servito, ma anche che nel corso degli anni la mafia calabrese si era arricchita ed era diventata pi� potente.

Ecco il paradosso su cui dobbiamo ragionare. Uno dei collaboratori pi� significativi degli ultimi tempi - non ne abbiamo avuti molti - mi ha detto che a Reggio Calabria e in provincia la �ndrangheta assicura quella che viene definita �SN�. Era una delle tante sigle che non conoscevo, quindi ho chiesto al collaboratore di spiegarmi che cosa significasse. Mi ha risposto che non significa nient�altro che l�addizionale della �sicurezza �ndrangheta�, aggiungendo che la �ndrangheta � il presente, il passato e il futuro perch�, diversamente dallo Stato, che io rappresento, e che non � sempre stato presente, essa c��, c�� stata e ci sar�.

Traiamo da questo una prima considerazione di fondo: la repressione, che � naturalmente un�attivit� essenziale, assolutamente necessaria, non serve a debellare il fenomeno, ma soltanto a consentirci delle analisi e, naturalmente, a fare giustizia nel caso concreto. Non mi dite che il maxi-processo o i maxi-processi possono servire a debellare la �ndrangheta, Cosa nostra, la camorra o la quarta mafia.

� da qui che dobbiamo partire e noi lo abbiamo fatto. Analizzando la societ� civile reggina, attraverso le indagini, di cui non possiamo fare a meno, abbiamo verificato in questi mesi che a pagare sono i commercianti, gli artigiani e le imprese: pagano tutti.

Non � per� questo il dato che vi deve preoccupare: deve farlo il fatto che nessuno denuncia, che rende l�analisi ancora pi� significativa, considerati gli interventi svolti finora. Le denunce sono una eccezione perch�, secondo la regola, il cittadino reggino, in provincia di Reggio Calabria, ha scelto e ha scartato lo Stato, preferendo chi assicura l��addizionale della sicurezza�. Ricevendo in cambio il pagamento di una tangente, di una tassa - una delle tante, in questo Paese - la �ndrangheta assicura la tranquillit� della loro attivit� quotidiana.

In un Paese, lasciatemelo dire, dove i valori non sono certamente sbandierati ogni giorno per le piazze, tutto sommato il vivere in modo sicuro costituisce in quell�ambiente un sistema di vita, bench� certamente non legale.

Uno degli altri argomenti che io tengo molto a sottolineare in questa sede, � che noi parliamo di indagini. Tutti i colleghi vi hanno detto che in questi ultimi tempi  sono giunti a risultati significativi. Forse anche a Reggio � stato cos�, per� dobbiamo chiederci - presidente, attenzione - su che cosa le nostre indagini sono basate.

Se infatti, e su questo non sbaglio, i cittadini -naturalmente non tutti, per fortuna nostra, ma una loro parte consistente -hanno scelto la �ndrangheta e ci stanno abbandonando, come facciamo le indagini oggi?

Su questo non ho dubbi e credo di aver capito che anche i colleghi - ho sentito appena ora parlare il dottor Messineo - sono in una situazione simile.

Non � vero, forse, colleghi, che oggi l�80 per cento delle nostre indagini di DDA sono basate sulle intercettazioni? Non � vero, forse, che non c�� un denunciante, in nessun settore? Mi sbaglio? La denuncia rappresenta l�eccezione - vi dir�, poi, come vengono trattate le eccezioni - e noi ci troviamo ad operare con un sistema sussidiario, che solo nel 1997-1998 veniva ritenuto addirittura invasivo. Vi ricordate, all�inizio, quante preoccupazioni? Non sono venuto in Commissione per chiedere di rivedere la normativa sulle intercettazioni, ma per informarvi sullo stato delle cose.

Abbiamo ritenuto inattendibili - e, soprattutto, un male per questa nostra societ� - i collaboratori, perch� provenivano dall�ambiente criminale; non abbiamo testimoni di giustizia e allora i processi li facciamo in modo �residuale�. Mettiamo pure questo termine tra virgolette, perch� utilizzare il sistema delle intercettazioni non � il modo ordinario di procedere in un�attivit� di serio contrasto nella lotta alla ndrangheta, a Cosa nostra o anche soltanto ad altro. Questo accade perch� i cittadini hanno scelto di non stare dalla nostra parte.

La prima risultante di questa introduzione � che spetta alla politica, e non al giudice, recuperare il rapporto con il cittadino. Spetta alla politica soprattutto creare gli strumenti atti a farlo, di qualunque tipo. Secondo me non � questa l�occasione per tracciarne il quadro, ma chiaramente oggi i cittadini non sono dalla nostra parte. Noi magistrati, in questa parte del nostro territorio nazionale, rappresentiamo quasi un corpo estraneo. Mentre sono disposti a dirci tutto in un orecchio, con una lettera anonima o un incontro informale, non sono disposti a dirci nulla per iscritto. Questo, alla lunga, sar� un percorso perdente, presidente, definitivamente perdente, nella lotta alla mafia.

Questa � la situazione che ho riscontrato in questi otto mesi dal mio rientro a Reggio Calabria. Abbiamo programmato, ci siamo riorganizzati. Era per� mio obbligo dire davanti alla Commissione parlamentare antimafia - avendo ormai compreso che i magistrati in Italia vengono dislocati sul territorio in un modo sbagliato e quasi bizantino, o comunque inidoneo -che, se la procura distrettuale di Reggio deve affrontare una grande mafia, essa dovrebbe avere grandi strutture, che per� non ha. Se noi dovessimo aspettare che ci mandino dei magistrati - il collega D�Agata giustamente sorride - naturalmente andremmo in pensione!

Ci siamo quindi organizzati, sicuramente, ma un�altra cosa che ci preoccupa molto � data dal fatto che ci possiamo organizzare solo a livello particolare, ognuno per sua parte. Io, ad esempio, ritengo di aver organizzato la procura di Reggio Calabria in modo moderno, perch� con noi collaborano le procure di Palmi e di Locri. Tutti i giovani magistrati che hanno pi� di tre anni di esperienza sono chiamati a lavorare con il nostro gruppo di lavoro. S�, abbiamo creato una bella e moderna organizzazione, ma il GIP non � organizzato cos� e allora, naturalmente, noi ci troviamo sistematicamente pendenti quindici, sedici, diciotto, venti richieste cautelari. Si � creato cio� un imbuto, perch� la riorganizzazione dovrebbe attenere agli uffici giudiziari e non...

PRESIDENTE. Scusi dottore, i tempi medi da voi quali sono?

SALVATORE BOEMI,Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Reggio Calabria. Dipende dal magistrato - una indagine DDA � sempre complessa -, ma si  pu� dire che i tempi vadano dai due ai quattro mesi. C�� questa pendenza che preoccupa, perch� noi non abbiamo mai meno di dieci, dodici misure pendenti e quando una viene esitata, ne sopraggiungono altre.

Ora, ripeto, questo � un problema organizzativo, ma qual � l�altro profilo, l�altra riflessione che intendo fare? Perch� pagano tutti e che tipo di imprese abbiamo? Abbiamo raccolto dei dati processuali, non voci. Sono agli atti delle nostre indagini alcune risultanze che ritengo di dovervi comunicare. I commercianti che ancora oggi subiscono precise richieste estorsive - non ha importanza se mensili o semestrali, essendo il risultato che conta - non lo denunciano perch� non hanno fiducia in un processo celere e, soprattutto, nel risultato finale, perch� i pochi testimoni che a Reggio Calabria hanno deposto si sono trovati quasi costretti a lasciare la regione e la citt�.

A mio avviso, uno Stato moderno - � facile dirlo da parte mia, anche se capisco i vostri problemi - dovrebbe garantire a chi d� l�esempio di poter restare nella propria citt�, con l�attivit� che svolgeva prima di collaborare. Chi collabora dovrebbe essere tutelato, costi quel che costi. Non si possono mettere decine di uomini delle forze dell�ordine a disposizione di magistrati che, tutto sommato, ne potrebbero fare a meno, a volte; non si dovrebbero disperdere le forze, considerato che il nostro problema di fondo � rendere credibile la collaborazione e mettere accanto a queste persone degli uomini che garantiscano loro la protezione da parte dello Stato.

La cosa pi� grave � che l�usura � ormai diventata una forma di riciclaggio indiretto delle grandi risorse incamerate dalle cosche mafiose, soprattutto quelle meridionali. L�enorme ricchezza attuale, che determina queste attivit� secondarie, � originata praticamente per intero nel campo del commercio delle sostanze stupefacenti. Trovo ridicolo - mi creda, presidente - che si dica che Reggio Calabria e la Calabria hanno il primato sulla cocaina: tutte queste cosiddette �classifiche� non forniscono un dato essenziale e definitivo e cio� che la mafia italiana ha il controllo assoluto del commercio delle sostanze stupefacenti in Italia, e non solo.

Da questo ingresso di denaro a fiumi - giustamente il dottor Grasso disse una volta che noi non ne troveremo mai altrettanto -nascono tutte le gravissime forme secondarie di reato: le cosche sono oggi veramente la prima e pi� importante azienda italiana, sicuramente l�unica con un attivo che deborda. Non soltanto esse sono quindi predisposte ad investimenti immobiliari in tutta Europa - rispetto a questo avremmo bisogno di strumenti per poter intervenire - ma, soprattutto, si � ormai ingenerata nell�opinione pubblica l�idea che a Reggio Calabria - in certe zone, non lasciatemi dire in quali quartieri - la cosa pi� facile, in caso di necessit�, sia rivolgersi all�agenzia della cosca, che mette a disposizione del denaro a tassi che, mi creda, sono veramente competitivi.

C�� poi, purtroppo, un�altra questione: nelle ultime indagini che abbiamo addirittura gi� esitato, ci siamo trovati dinnanzi a fatti inquietanti. La grande impresa, quella che riesce ad appaltare le grandi opere pubbliche al sud, fa drammaticamente parte di un sistema, quello dell�addizionale sicurezza cantiere. I mafiosi dicono - io non posso, non devo e non voglio crederci - che � l�impresa stessa a contattare, in Calabria, il settore mafioso di competenza territoriale, in quello che loro chiamano �il territorio�.

Sono dichiarazioni che noi, fino ad ora, non siamo riusciti a riscontrare, perch� ci vorrebbe la confessione di un imprenditore per farlo, ma � drammatico che un mafioso, quasi con un sorriso sulle labbra, mi dica che sono le imprese a cercare l�aiuto della criminalit� organizzata per risolvere svariati problemi, verificando che non avvengano incidenti, ruberie e danneggiamenti, in cambio del 4 o 5 per cento degli introiti; e che egli, a me che obietto chiedendo se non fosse la mafia stessa a causare i danneggiamenti, risponda che sono invece le forze fresche a farlo, quelle  che hanno fame e che si distinguono dalla mafia, che non � pi� fatta di disperati che hanno bisogno di denaro.

Se questo dovesse essere vero, presidente, se questo corrispondesse alla realt�, sarebbe drammatico pensare che per le grandi opere pubbliche, come dice per esempio un collaboratore di giustizia - del quale naturalmente vi far� avere le dichiarazioni - seduti intorno ad un tavolo, si � addirittura stabilito quanto dare, come darlo e come recuperare il 5 per cento a danno dello Stato. Esiste cio� una truffa sul reato: non sono gli imprenditori a perdere il 5 per cento: � lo Stato a perderlo, con opere sconnesse o con messe in opera vergognose.

Non voglio credere che ci� sia reale ma, ammesso che sia una montatura del collaboratore, resta il fatto che noi, con altri accertamenti di tipo intercettativo, stiamo verificando che, per esempio - io intendo dare un senso concreto a questa mia affermazione - nell�attuale opera pi� importante, ossia il riammodernamento della Salerno-Reggio Calabria, ogni cosca ha avuto il 5 per cento. Per fortuna non siamo andati avanti con il ponte!

Mi hanno poi insegnato un�altra cosa, a me povero sprovveduto, ossia che oltre all�aspetto iniziale, c�� poi la fornitura del cemento che, naturalmente, in Calabria � l�impresa di un compare a mettere a disposizione. Mettendo a disposizione, per l�opera pubblica, anche il cemento e ogni tipo di fornitura e di subappalti, questo ignorante capomafia calabrese mi ha detto che la sua organizzazione arriva al 15-20 per cento.

Si pu� andare avanti cos�, presidente? Possiamo non intervenire ed accettare che ogni opera pubblica, da Napoli in gi�, sia sistematicamente controllata dalle organizzazioni malavitose presenti nel nostro territorio?

Ecco, a questo punto � chiaro che ci vorrebbe quasi una rivoluzione copernicana, che riguardi per� anche gli imprenditori, ai quali, secondo me, bisognerebbe fare capire che lo Stato pu� essere, non pi� cattivo e pi� forte della mafia, ma pi� conveniente di essa. Dobbiamo cio� tirarli dalla nostra parte e farli collaborare perch�, a mio avviso, altrimenti, non potremo fermare la valanga di denaro che in questo momento sta arrivando in Calabria e che, in parte, sar� consegnata alla �ndrangheta. Questo naturalmente non ci dovrebbe andare bene.

PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Boemi, e la prego, se pu�, di farci poi avere la documentazione che ritiene.

SALVATORE BOEMI,Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Reggio Calabria. Naturalmente. Non ho avuto il tempo di prepararla per oggi, ma supporter� con dati processuali le poche cose che ho detto questa sera.

AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore distrettuale antimafia di Catania. Anch�io interverr� in modo breve, perch� in precedenza il procuratore D�Agata ha gi� illustrato i dati che provengono dall�esperienza del nostro distretto e perch� i colleghi che mi hanno preceduto hanno gi� chiarito molti degli aspetti che mi premeva venissero sottoposti all�attenzione della Commissione.

Mi soffermer� quindi soltanto su due singole cose, due aspetti, due elementi che sono emersi nel corso della discussione: in primo luogo, rispondendo al quesito posto dalla presidenza su cosa non vada e su cosa determini indagini cos� lunghe; e, in secondo luogo, parlando di cosa non va quando finalmente si giunge al dibattimento.

Sotto il primo profilo bisogna che si abbia chiara la percezione del fatto che in realt� - come ha bene illustrato il procuratore Boemi - attualmente le indagini si svolgono esclusivamente con le intercettazioni. Quando dico esclusivamente intendo dire proprio in questo solo modo, perch� i testimoni non parlano.

Se abbiamo contezza che taluno � sottoposto ad estorsione, piuttosto che chiamarlo nei nostri uffici e chiedergli se ci� corrisponda a verit�, preferiamo sottoporlo ad intercettazioni, con il risultato di avere le informazioni che vogliamo da una  parte e, dall�altra, se mi permette, presidente, anche di preservarlo perch�, anche di fronte alla cosca, l�idea che la persona offesa abbia reso dichiarazioni una volta posto di fronte all�evidenza dell�intercettazione, in qualche modo lo salvaguarda.

Servirsi di questo strumento significa per� anche dover impiegare un notevole lasso di tempo, quello necessario per svolgere le intercettazioni stesse, che per loro natura devono protrarsi nel tempo, altrimenti non consentono di avere dei risultati. Ulteriore tempo occorre per sbobinarle, comprenderle e acquisire elementi utili. Questo viene fatto dalle forze dell�ordine, le quali, dalla fine dell�indagine, non impiegano meno di un anno per portare a noi la relazione. Quando essa arriva sui nostri tavoli, anche noi impieghiamo ulteriore tempo, perch� dobbiamo a nostra volta valutare e capire se quelle intercettazioni possono o meno reggere al vaglio del dibattimento. Ci� determina, quindi, processi e indagini di una complessit� tale che poi non mi meraviglio se i GIP non riescono ad esitarli nei tempi brevi che tutti noi auspichiamo.

Nemmeno il fermo, cos� come oggi � strutturato, ci consente di sopperire ad esigenze di celerit�, perch� le indagini sono sempre quelle e il fermo, per sua struttura, per sua natura, pu� essere utilizzato solo quando c�� un pericolo di fuga, che, in taluni casi, dovrebbe veramente essere inventato. Questo per quanto riguarda la fase delle indagini.

Per ci� che riguarda la fase, poi, successiva al dibattimento, a tutto quello che i colleghi hanno nei minuti precedenti illustrato occorre aggiungere anche un altro aspetto. A mio avviso, bisognerebbe intervenire, se davvero si vuole dare un segno di giusta severit� e di fermezza da parte dello Stato, sulla cornice edittale, sulla forbice tra minimo e massimo edittale delle pene. Come sapete bene, infatti, molti dei reati prevedono una distanza tra minimo e massimo a volte di quattordici-quindici anni - penso all�estorsione, per esempio -, il che determina una eccessiva discrezionalit� nella commisurazione della pena e finisce con il far attestare i colleghi della giudicante, normalmente, sui minimi edittali.

Questo, poi, si ripercuote, a catena, sugli effetti del patteggiamento in sede d�appello e poi sulla possibilit� di accedere o meno ai benef�ci successivi.

Quindi, un primo passo, a mio avviso, sarebbe quello di restringere questa forbice tra minimo e massimo, affinch�, se il Parlamento giudica grave una certa fattispecie, abbia la certezza che quella fattispecie sia altrettanto gravemente sanzionata anche da parte del giudicante.

Un altro aspetto che mi sembra opportuno mettere in rilievo, anche se, certamente, non sono originale nel dirlo, � il problema dei sequestri. Quando arriviamo a confiscare beni che appartengono ai mafiosi, dovremmo poi fare i conti con una gestione che, molto spesso, ha avuto un costo per la collettivit� maggiore di quello che poi si potr� ricavare dal bene stesso una volta confiscato. Gli amministratori giudiziari hanno per la collettivit� e per il sequestro un peso economico veramente considerevole e poi, alla fine, in realt� non sempre vi � garanzia di ottenere un compendio di beni - parlo specialmente delle imprese - che abbia ancora un valore sul mercato. Vi sono diverse tecniche per eludere la effettivit� delle norme e non vi sono, allo stato, degli strumenti che consentano di contrastarle efficacemente.

Da ultimo, vorrei intervenire in merito a quanto ha esposto il dottor Bus� della Confesercenti. Io ho apprezzato molto l�onest� intellettuale del dottor Bus�, il quale, essenzialmente, ha detto che con la mafia bisogna convivere. Certo non � una sua espressione originale, altri lo hanno ritenuto in precedenza.

PRESIDENTE. Non ha detto che bisogna, ma che a volte si � costretti a conviverci.

AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore distrettuale antimafia di Catania. Probabilmente sono stata infelice io nell�esporre o nel riassumere il pensiero del  dottor Bus�: purtroppo con la mafia si deve convivere. Il risultato non � molto differente.

Il dottor Bus� ha altres� detto con altrettanta onest� intellettuale che, bench� sembri paradossale, proprio da questa convivenza si possono trarre dei vantaggi e ha fatto anche l�esempio della possibilit� di ottenere dei monopoli in certi settori - a Catania, ad esempio, abbiamo accertato che ci� � accaduto nel mercato ittico, pi� e pi� volte - e ha proposto come possibile correttivo, come aiuto, un incentivo per le imprese che egli ha definito �pizzo free�.

Stiamo attenti, per� - � questo che voglio sottolineare alla Commissione -, a dare delle patenti, in questo senso, a questa o a quest�altra impresa. Dall�intercettazione emerge un altro aspetto non meno inquietante. Abbiamo intercettato, infatti, delle conversazioni tra presenti di uno di questi imprenditori mafiosi o mafiosi imprenditori che dir si voglia, il quale, conversando con il suo interlocutore diceva: �Pazienza bisogna avere, mettiamo un po� di mezzi insieme, uno vecchio tuo e uno vecchio mio, gli diamo fuoco e cos� ci assicuriamo per il futuro�.

Ecco che, prima ancora che si pensi a fornire gli incentivi, vi sono delle persone che ragionano sul modo mediante il quale, in futuro, potranno difendersi dall�accusa di essere collusi con la mafia. Sporgono denuncia, si provocano un danno da soli, in questo modo si assicurano che non avranno problemi.

Per questo dico che occorre calibrare bene e dare questi incentivi a chi abbia contribuito effettivamente alla individuazione dei responsabili dei reati.

In definitiva - e con questo chiudo il mio intervento - a me sembra che l�intervento sulla certezza della pena sia fondamentale per far s� che i cittadini abbiano nuovamente fiducia nelle istituzioni e possano ritenere che la collaborazione o l�aiuto alle istituzioni non sia per loro semplicemente causa di guai, ma possa essere un passo avanti per la costruzione di una societ� pi� certa e sicura anche per loro.

PRESIDENTE. La ringrazio.

A proposito dell�intervento del dottor Bus�, non ho colto che ci fosse un auspicio di resa. Potrebbe essere stato interpretato in questo senso, ma diceva altro. Diceva che in alcune situazioni e contesti c�� una subalternit� netta dell�impresa rispetto alle pressioni mafiose e questo pu� comportare alcune volte di venire a patti per costrizione, non per scelta. Mi pare che questo fosse il senso dell�intervento.

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO, Presidente di Confindustria. Innanzitutto, ringrazio molto di questa opportunit� che ci viene oggi data di illustrare il punto di vista di Confindustria sul tema della sicurezza e, ancora di pi�, sul contrasto all�illegalit�. Mi fa piacere di avere accanto a me il presidente di Confindustria della Sicilia Lo Bello, al quale ho chiesto, non pi� tardi di due anni fa, di assumere questo ruolo; lo sta svolgendo con coraggio e anche - uso un termine improprio, ma importante - con grande spirito di innovazione, rispetto al passato.

Vorrei, prima di tutto, salutare il procuratore nazionale antimafia, il dottor Grasso, e tutti i magistrati che sono qui oggi; lo dico prima come cittadino e poi da imprenditore. Vi ringrazio molto per il vostro lavoro, per le difficolt� che incontrate e per il grande impegno di cui voglio ringraziarvi a nome di tutti gli imprenditori italiani. Lo faccio con grande rispetto.

Credo che uno dei fattori pi� importanti nel nostro Paese, che ogni tanto si perde di vista, � il grande rispetto per le istituzioni e per le tante persone eccezionali che, in ruoli diversi e posizioni diverse, cercano di fare bene il proprio mestiere e sono giudicati non solo per quello che fanno, ma soprattutto per come lo fanno. Con grande convinzione, dunque, voglio dire grazie a voi e a tutti i colleghi e i collaboratori che operano sul territorio.

Vengo al tema del rapporto tra mondo dell�economia, degli affari, dell�impresa e legalit�. Io credo che nella vita sia sempre importante guardare indietro, ma � ancora pi� importante guardare avanti. Dico con orgoglio che quanto ha fatto, sta facendo  e soprattutto quanto far� Confindustria sul territorio - l�aspetto pi� evidente � sicuramente la Sicilia, l�aspetto pi� clamorosamente difficile � la Calabria - non � un�operazione n� di marketing, n� fine a se stessa, n� tanto meno un�operazione che, avendo aperto uno spiraglio, non voglia contribuire ad aprire una porta.

Credo che - successivamente avrei piacere di lasciare la parola a Lo Bello, se ci� mi � consentito - anche l�operato di questa Commissione dimostri e testimoni un�attenzione importante dei pubblici poteri nei confronti del mondo dell�impresa. Chiedo scusa del ritardo, ma ero presso la Commissione antimafia, dove sono andato per la seconda volta, visto il numero elevatissimo di domande che mi sono state rivolte.

Personalmente sogno un�associazione che rappresenti tutte le imprese; non ho molto successo, ormai sono alla fine del mio mandato come presidente di Confindustria, e credo che siamo i campioni del mondo relativamente alle divisioni nel nostro Paese.

PRESIDENTE. S�, ma non solo su quel terreno.

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO, Presidente di Confindustria. Mi hanno preso tanto in giro, ma adesso il tema del lavoro di squadra in Italia sta diventando un tema di fondo.

Devo dire che ho ascoltato con grande attenzione, e anche con una certa preoccupazione, quanto persone come voi che si confrontano in territori diversi, tutti i giorni con questi problemi hanno esposto.

Cosa pu� e cosa deve fare l�associazione di categoria pi� importante, in termini di dimensione, nel Paese, e che racchiude imprese grandi, piccole, medie, presenti da Ragusa a Bolzano? Secondo noi -sono in questa Commissione per ribadire un impegno preciso di Confindustria a far seguire alle parole i fatti - vi sono tre elementi fondamentali. In primo luogo, mi sembra che vi siano imprenditori che hanno avuto ruoli anche importanti sul territorio, che in un modo o nell�altro dicevano non quello che � stato detto - ho capito il concetto e condivido -, ma dicevano che, al di l� di tanti bei discorsi, la verit� � che, se non pagano il pizzo, non lavorano.

Questo � grave. � grave dirlo, � grave farlo; � grave, a maggior ragione, dirlo quando si hanno delle responsabilit� anche associative.

Ebbene, questo � cambiato. Io sono rimasto molto contento nel vedere, pochi giorni fa, un teatro di Palermo pieno e vedere Lo Bello che parlava. Credo che siano dei segnali. Ripeto, non bisogna mai guardare indietro, ma guardare avanti. Ogni tanto, per�, bisogna guardare da dove si parte.

Lo dico agli azionisti della FIAT. Adesso chiedono sempre di pi�, per� occorre guardare anche dove eravamo quattro anni fa, altrimenti si dimentica. Tuttavia, guardando avanti, vi invito a porre attenzione; io credo che sia un fatto importante, un fatto culturale, un fatto comportamentale.

Ripeto quello che ho detto stamattina in Commissione: quello che noi auspichiamo � un grande patto tra i produttori di benessere e di ricchezza - questi dovrebbero essere o sono gli imprenditori - e i produttori di legalit�. Abbiamo bisogno di un grande rapporto di collaborazione e ognuno deve dare il suo contributo.

Tuttavia, abbiamo anche bisogno, obiettivamente, di comportamenti virtuosi da parte del mondo della politica. Io so da Lo Bello, infatti, che c�� un rapporto continuo, costante, con i procuratori sul territorio, con i prefetti, con le forze dell�ordine. � altrettanto vero, per�- e qui passo al secondo punto -, che occorre guardare a quello che � successo; � un fatto importante l�apertura dello spiraglio di Confindustria.

In secondo luogo, � un dovere civico. � normale per certi aspetti, a parole; � pi� difficile nei fatti, perch� gli imprenditori non si devono sentire soli, ma devono poi sapere che c�� uno Stato sul territorio -e intendo uno Stato a 360 gradi - che fa il suo dovere. � vero che siamo in un Paese in cui tutti sono portati a fare il mestiere  dell�altro, per� noi non siamo n� il Governo, n� le forze dell�ordine, n� tanto meno altri settori della vita pubblica del Paese.

Non bisogna, dunque, sentirsi soli. Queste iniziative non sono solo a Caltanissetta e non sono solo in Sicilia. Faccio un esempio che mi ero appuntato: noi abbiamo istituito, lo stiamo facendo per tutto il sud d�Italia, un elenco di aziende fornitrici e certificate e promosso, nei limiti del possibile, la sottoscrizione di protocolli di legalit� in tema di appalti. Questo, infatti, � un�altro degli aspetti pi� delicati, pi� difficili e pi� pericolosi.

Tuttavia, mi sembra importante il fatto che, con questo spiraglio, anche al nostro interno si � creato un fatto preciso: il mettere in difficolt�, anche psicologica, chi paga il pizzo. C�� una sorta di area di demarcazione tra chi � da una parte e chi � dall�altra.

Credo anche che, avendo noi fatto approvare il nostro codice, questo ci permetta, da domani mattina, di prendere iniziative precise sia nei confronti di chi � colluso, sia nei confronti di chi ha pagato, oltre a offrire la massima assistenza per non far sentire solo chi � sotto minaccia, che non si deve sentire come un emarginato ma, a maggior ragione, in quel momento, deve avere un punto di riferimento nelle nostre associazioni territoriali.

C�� un aspetto, per�, che � stato anche indirettamente toccato e che mi viene spesso portato all�attenzione. Non si tratta di fare dei proclami eccessivi, per�, obiettivamente, il rapporto tra l�autorit� dello Stato e la certezza delle pene � un tema fondamentale. Vi sono stati alcuni imprenditori che hanno avuto anche il coraggio, in alcuni casi, di denunciare e hanno poi visto, poco tempo dopo, circolare come liberi cittadini, particolarmente pericolosi, le stesse persone che avevano denunciato.

Quanto diceva il dottor Boemi � assolutamente vero, molti non denunciano e preferiscono non dire una parola. Per�, vedete, qui mi sento di dire, avendo il privilegio di vivere in citt� come Roma e Torino che hanno minori problemi, che � facile a parole, ma pi� difficile con i fatti.

Vi sottolineo un elemento che, secondo me, deriva dal nostro punto di osservazione: noi oggi, in Italia, siamo in grado di intercettare meno del 2 per cento di tutti gli investimenti stranieri in Europa. Quindi, fatto cento quello che si investe in Europa, noi abbiamo, in casa nostra, meno del 2 per cento. L�1 per cento di questo meno del 2 per cento va in investimenti al sud. Questo vuol dire che se nessuno viene ad investire, fare l�imprenditore al sud, in certi momenti, � anche, senza esagerare, un atto di eroismo.

� facile giudicare dalla tribuna. Io faccio un mestiere che non mi piace molto che sia giudicato dalla tribuna; preferisco che si vada in pista a giudicare, perch� poi in pista ci andiamo noi. Per lo stesso principio, � facile, da parte del presidente di Confindustria, fare dei bei ragionamenti sul territorio e poi mandare altri. Ecco perch� ho apprezzato in modo particolare Lo Bello e altri come il presidente Montante, e sar� cos� per tutti in Sicilia.

Oggi, per Confindustria, questo � un punto fondamentale. Potete essere certi di contare sulla nostra collaborazione e sul fatto che, chiunque sar� il nuovo presidente di Confindustria, noi su questo spiraglio andiamo avanti e siamo pronti a dare dei segnali anche forti al nostro interno. Logicamente, nel rispetto del giudizio della magistratura; non siamo noi i giudici.

Prima di cedere la parola a Lo Bello, intendo richiamare per l�ultima volta la vostra attenzione: ben venga questo rinnovato senso civico del cittadino imprenditore. Tuttavia, lo ripeto ancora una volta, c�� bisogno, oggi pi� che mai, di uno Stato presente, anche perch� dobbiamo lavorare tutti insieme per aprire questo spiraglio. Altrimenti, infatti, corriamo il rischio di frustrare queste energie che si stanno liberando; tra l�altro, nell�ambito di questo cambiamento generazionale che si registra all�interno delle imprese - questo vale per tutta Italia -, rischiamo anche di non incoraggiare comportamenti nuovi, che, vi posso assicurare, sono presenti al nostro interno.

� chiaro che ci sono i problemi con le imprese e, lo ripeto, la zona che mi preoccupa di pi� �, di gran lunga, la Calabria. Noi abbiamo dovuto commissionare Reggio Calabria, tutti. Ho mandato gi� tutti: presidente, direttore e quant�altro. Non era mai successo, ma noi l�abbiamo fatto. Non era mai successo che ad Agrigento gli imprenditori istituissero un importante pool per mettere in piedi un grande impianto di videosorveglianza delle aree industriali.

Anche in questo caso, va benissimo, ma � un po� come il caso di quegli imprenditori che creano gli asili nido nelle aziende: va benissimo, li facciamo e li continueremo a fare. Stiamo solo attenti a dove finisce il ruolo dell�impresa e dove comincia il ruolo dello Stato, con tutto il rispetto.

Presidente Violante, lo dico con profonda convinzione: la ringrazio di questo invito e, soprattutto, ci tengo a dire che siamo i primi a metterci a vostra disposizione e a spingere per un grande, forte patto operativo - non questi patti da media o da conferenza stampa - tra chi produce legalit� e chi produce ricchezza.

IVANHOE LO BELLO, Presidente di Confindustria della Sicilia. Mi associo ai ringraziamenti che il presidente Montezemolo ha rivolto alla magistratura e ai magistrati presenti, per il lavoro importante che viene svolto quotidianamente e che, specialmente negli ultimi tempi, ha permesso di ottenere risultati importanti in alcune regioni del Mezzogiorno.

Ho ascoltato con grande attenzione gli interventi di questa giornata di lavoro, i quali hanno confermato valutazioni che conoscevo gi� e hanno fornito un ampio spaccato anche di altri territori, oltre a quelli in cui opero come rappresentante di Confindustria, confermando anche alcuni convincimenti che maturano leggendo i libri, gli atti giudiziari o la cronaca.

Vorrei, per�, sottolineare un elemento. Mi sembra che sia emerso, con grande forza, come la presenza del racket o, ancora di pi�, della collusione mafiosa si concentri, in tutte le realt� meridionali, prevalentemente in settori con una forte vocazione territoriale: l�edilizia e gli investimenti che hanno un radicamento e un mercato territoriali.

Dico questo perch� emerge oggettivamente dall�indagine, ma � emerso con forza anche dalle vostre valutazioni. Il miglioramento su cui occorre riflettere seriamente, e che a nostro avviso sta anche alla base di alcuni fenomeni positivi che stanno emergendo nel Mezzogiorno, � che, fortunatamente, il mondo imprenditoriale del Mezzogiorno non � fatto solo di edilizia, di forniture di calcestruzzo o di altri settori sensibili alla collusione con la mafia; � fatto anche di tante aziende manifatturiere che operano sui mercati nazionali e internazionali che, in qualche modo, non sono partecipi della cultura predominante nei settori sensibili e pi� tradizionali.

Faccio questa precisazione per dare una valutazione di fondo. Noi in questo momento abbiamo, in relazione alla Sicilia che � la realt� che conosco - non mi sento di parlare di altre realt� sulle quali non ho elementi di valutazione pi� ampi -, alcuni elementi positivi. Innanzitutto, un intervento repressivo dello Stato estremamente efficace. In tutte le sedi non facciamo che ripetere che lo Stato esercita la sua funzione repressiva, in maniera forte e capillare, in molte realt� provinciali; simbolicamente a Palermo, ma anche in altre realt� del territorio.

Inoltre, un pezzo di societ� siciliana ha cominciato a maturare l�idea che la mafia non sia un destino storico, un male ineluttabile e che in qualche modo essa abbia effetti negativi sulla crescita civile ed economica del territorio.

Tuttavia, quello di cui abbiamo bisogno � un terzo elemento, ossia una capacit� di variare e modificare alcune politiche pubbliche. I fenomeni di collusione si situano all�incrocio di una cultura che, in qualche modo, mette assieme mafia e impresa: si tratta di una cultura che rifiuta pregiudizialmente il libero mercato, la libert� di impresa e la concorrenza. Questo � il nodo forte.

Tutti quei settori vivono di una dinamica imprenditoriale estranea alla cultura di impresa in senso alto e nobile, che � fatta di concorrenza, di meriti, di capacit� di stare sui mercati. Un elemento di debolezza del nostro territorio � rappresentato, dunque, dalla mancanza di politiche pubbliche che sposino in maniera chiara una idea del Mezzogiorno dove forse qualche soldo in meno, ma pi�....

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO, Presidente di Confindustria. Ti chiedo scusa -ancora per qualche ora mi devi sopportare - ma avevo preso un appunto e vorrei richiamare questo tuo concetto per parlare di fatti. Nella nostra assemblea del maggio scorso abbiamo detto forte: basta con gli incentivi, basta con questa legge n. 488 del 1992 che ha rappresentato in tante aree del sud quello che io chiamo il �management del sottosviluppo o della criminalit�.

Infatti, al di l� del fatto che quando c�� l�intermediazione politica andiamo sempre a rischio, abbiamo deciso di creare degli automatismi, credito di imposta, meno tasse.

Io dico sempre ai miei imprenditori che un soggetto che voglia esercitare questa attivit� non pu� pensare di poter contare n� sui soldi delle banche, che tra l�altro non sono gratis, n� sui soldi dello Stato. Bisogna che abbia del denaro e la voglia di rischiare.

Su questo tema della legge n. 488, vi posso garantire che abbiamo avuto dal mondo politico delle grandi difficolt�, onestamente. Perch� questa � l�intermediazione, questo � il ruolo, ahim�, di molti esponenti non solo di vertice: si va dall�amico dell�amico, dal funzionario e quant�altro. Per�, quando noi diciamo dove eravamo, vi posso garantire che dire �no� agli incentivi anche in casa nostra non ha creato una grande popolarit�. Tuttavia, � questa la strada da percorrere.

Il presidente Lo Bello ha perfettamente ragione; noi - per primi, ma non solo noi - dobbiamo pensare che al sud occorre avere pi� cultura di mercato, pi� competizione, pi� concorrenza. Il fatto che in Sicilia abbiamo quasi il 40 per cento di persone che non lavora in aziende, ma lavora all�interno, nel senso pi� ampio della parola, del pubblico, � esattamente il contrario della cultura di mercato.

L�ultima osservazione - e ti chiedo ancora scusa, per� da noi la gerarchia c�� ancora per qualche ora - � che io tremo di fronte all�arrivo di tanto denaro al sud. Noi siamo alla vigilia dell�assegnazione di una quantit� importantissima di denaro, che � l�ultima, tra l�altro, dopo di che non ci sar� mai pi�. Questo significa porsi il problema di come e dove utilizzarlo.

Faccio l�esempio - se mi consentite - della Germania dell�est. La Germania aveva un problema enorme; la Germania dell�est era una zona povera, che � stata in pochissimi anni annessa alla Germania ed � ormai un�area ricca, importante, piena di iniziative. Io ero bambino quando mi insegnavano che il sud era una grande opportunit�, la nuova frontiera del Paese e quant�altro. La verit� � che i problemi del sud non sono stati risolti con il denaro.

Se penso al denaro che arriver�, tremo, perch� quando il dottor Boemi ci parla della situazione - io la conosco, ahim�, se non altro quella di Reggio Calabria - questo � un fatto che ci deve portare ancora un a maggiore impatto su cosa fare di questi soldi, su come finalizzarli, su come controllarli. Quello che arriva, infatti, rischia di essere devastante per il business dell�illegalit� e per quello che io chiamo il managementdel sottosviluppo. Mi scuso ancora per l�interruzione.

IVANHOE LO BELLO, Presidente di Confindustria della Sicilia. Non va sottovalutato l�effetto della presenza mafiosa sulla cultura di impresa, alla quale si somma l�effetto di una logica assistenziale nelle politiche pubbliche. Le due cose, purtroppo, sono associate negli effetti complessivi. Le imprese meridionali, infatti, si muovono su incentivi e disincentivi; se le regole del mercato non funzionano, ma sono falsate da altre regole, le imprese finiscono per adeguarsi a queste regole in una logica di sopravvivenza.

Se le politiche pubbliche, in qualche modo, incentivano interventi la cui efficacia non si misura sul mercato, ma solo sulla capacit� di colloquio con la politica o di essere, in qualche modo, in linea con gli intermediatori dei flussi pubblici, questo ha un effetto devastante.

� chiaro, dunque, che, insieme a una capacit� delle imprese di riconsiderare il loro ruolo - sono d�accordo con voi - sono ancora troppo poche le denunce pubbliche. Anche io so benissimo quanto le indagini sulle estorsioni si basino prevalentemente sulle intercettazioni; l�imprenditore arriva a denunciare una volta che comunque � chiamato dalla magistratura che lo mette di fronte alla prova concreta del suo pagamento.

Per� - il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno - qualche segnale sta emergendo con forza; nell�esperienza di questi mesi, anche alcuni fatti simbolici hanno rappresentato un incentivo alla denuncia. � un trendche si consolida, in qualche modo. Ancora non ha i grandi numeri, ma non retrocede, anzi, si alimenta attraverso la testimonianza di molte imprese.

Ripeto, il terzo elemento che manca ad una forte azione di contrasto � rappresentato dalle scelte coerenti dei decisori pubblici. Il flusso di denaro della prossima programmazione comunitaria sul Mezzogiorno pu� avere un effetto estremamente positivo se concentrato su alcuni grandi asset strategici, su alcune grandi decisioni e con un forte controllo della legalit�. Pu�, viceversa, in qualche modo, ipotecare i prossimi vent�anni della cultura d�impresa, se viene ricondotto ad una logica assistenziale, a pioggia, con forte intermediazione dei decisori politici. Questo finirebbe per alimentare la capacit� di presa sul territorio della mafia, perch� rappresenterebbe in qualche modo un incentivo a regole non di mercato e ad una cultura di impresa trasparente.

Vado subito ad alcune valutazioni sul cosa fare, al di l� dell�analisi. Non c�� dubbio che mezzi e risorse per le forze di polizia servono sul nostro territorio; anche se il lavoro � eccezionale, potrebbe diventare molto pi� capillare ed efficace con maggiori risorse e mezzi.

C�� il problema del ciclo giudiziario. La vicenda di Conticello a Palermo � stata importante, perch� ci sono state indagini veloci, un dibattimento veloce e condanne esemplari. In quel caso, il ciclo dell�azione giudiziaria � stato un elemento di grande incentivo per gli imprenditori che hanno potuto contare su un�indagine ed un dibattimento veloci, una condanna esemplare, non i minimi di pena solitamente comminati dalla magistratura giudicante, ma il massimo della pena, con tutte le aggravanti possibili.

Credo, dunque, che in questi casi si debba intervenire legislativamente, ma anche con una moral suasioncomplessiva. Nel senso che si possono capire i disagi sociali nelle periferie del Mezzogiorno, ma ci sono reati che hanno un allarme sociale e conseguenze sul tessuto civile ed economico che non possono giustificare politiche di pene leggere in sede di dibattimento.

Un altro problema che avvertiamo con forza � un rafforzamento degli uffici del GIP. Molto spesso, indagini anche veloci si bloccano perch� i pochi GIP sono sovraccaricati da una serie di richieste di ordinanza di custodia cautelare o di altri provvedimenti e, quindi, quei mesi che passano dalla richiesta all�emissione della relativa ordinanza rappresentano un disincentivo per l�imprenditore che ha denunciato e non vede maturare il frutto della sua denuncia rappresentato dall�arresto dell�estorsore. Ovviamente, la certezza della pena diventa un elemento fondamentale.

Del patteggiamento in appello si � parlato prima. Si tratta di una riforma utile perch�, anche attraverso l�applicazione dei benefici di legge si finiva per addivenire a pene veramente ridicole; con l�indulto, poi, questo effetto si � amplificato a dismisura nel nostro Paese.

Concludo riprendendo ci� che diceva il presidente Montezemolo: non siamo ad un punto di approdo, ma ad una fase iniziale. Tuttavia, in questa fase iniziale, non cogliere  gli elementi positivi che, almeno sul nostro territorio, si stanno realizzando sarebbe frutto di una grave miopia.

Sono ancora pochi gli imprenditori che denunciano, ma lo fanno in misura crescente e, lasciatemelo dire, con una consapevolezza morale che va anche al di l� delle convenienze. Ho parlato anche con vostri colleghi che hanno realizzato importanti operazioni e rispetto anche i miei colleghi che hanno denunciato e che hanno detto di aver fatto una scelta morale, non solo di convenienza.

Infine, come ha evidenziato il presidente Montezemolo, dopo la nostra iniziativa, ho notato all�interno del mondo imprenditoriale un fatto che pu� sembrare minore, ma che per me ha una grande valenza pratica. Il pizzo veniva considerato da noi un fatto totalmente neutrale: lo si pagava. Vi assicuro che nella nostra organizzazione, dal 1osettembre di quest�anno, il pizzo ha assunto un disvalore che non aveva prima e la cosa sta facendo riflettere tanti colleghi. Alcuni sono contenti di questo, altri preoccupati di poter incappare nella sanzione associativa.

Il semplice fatto di aver ribaltato la percezione di un comportamento �, secondo me, un successo non solo nostro, ma anche dell�azione dello Stato, in un territorio come quello siciliano che, con i suoi tempi e con gli sforzi che ancora devono arrivare anche da altri settori, pu� permettere di raggiungere qualche risultato.

PRESIDENTE. Dottore, le siamo molto grati anche per il suo impegno e per aver dimostrato solidariet� per quello che � accaduto ad alcuni suoi colleghi recentemente.

Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

JOLE SANTELLI. Signor presidente, ovviamente mi associo ai ringraziamenti e ai complimenti al presidente Lo Bello, pi� che per quello che ha detto, se mi consente, per quello che ha fatto.

Arrivo dal sud, quindi so che dall�altra parte l�impresa in parte � vista come colpevole e, in parte, � colpevole per forza. � difficile vedere comportamenti proattivi.

Se mi consente, vorrei porre due domande. Probabilmente un giorno saranno tolti dalla politica gli incentivi e via di seguito, ma, per il momento, avremo un fiume di finanziamenti. Io volevo capire, tanto da parte della procura, quanto da parte dell�impresa, quali sono allo stato le maglie larghe nella procedura per l�erogazione dei finanziamenti e, quindi, come intervenire a monte per evitare di farlo solo a valle - parlavamo di questo prima, scherzando, con il dottor Boemi - quando la truffa � gi� stata compiuta.

La seconda domanda riguarda un tema che non � stato trattato, ma che mi interesserebbe molto capire da tutti e due i fronti, a distanza di qualche anno dall�introduzione della responsabilit� amministrativa e penale, che dir si voglia, di impresa. Vorrei sapere se vi siano delle modifiche e quali difficolt� sono state incontrate negli uffici giudiziari; sull�altro fronte, chiedo qual � il percorso tanto nei moduli organizzativi, quanto negli statuti.

Concludo chiedendo ai rappresentanti di Confcommercio e Confesercenti, specialmente nel nord, in termini di dislocazione territoriale, qual � il fronte di criminalit� da immigrazione e qual � la loro percezione, nonch� quella dei loro associati, riguardo alle rapine o alle �situazioni di strada�, che comportano difficolt� ed anche, in alcune ore del giorno, nocumento per l�attivit� commerciale.

ALESSANDRO NACCARATO. Mi associo ai ringraziamenti, in particolare perch�, nel lavoro dell�indagine conoscitiva che stiamo svolgendo, la fotografia che ci � stata offerta delle realt� criminali presenti in una parte cos� rilevante del nostro Paese, credo ci riporti con i piedi per terra, anche rispetto ad alcuni ragionamenti che spesso si fanno sull�altra parte del Paese e sulla percezione della sicurezza esistente nelle regioni settentrionali, su com�� percepito il rischio di immigrazione. Quando sentiamo, in un pomeriggio interessante come questo, alcune considerazioni sulla criminalit� organizzata �no  strana�, cogliamo anche meglio alcuni problemi.

La prima domanda riguarda queste infiltrazioni di criminalit� organizzata nelle regioni settentrionali legate, in particolare, ai grandi appalti pubblici nel settore delle costruzioni stradali. Secondo me, sarebbe utile provare a raccogliere qualche dato per riuscire a capire se gli attuali strumenti di vigilanza e controllo siano sufficienti a contrastare questo fenomeno.

L�altro elemento che mi ha colpito � il ragionamento sull�usura. Giustamente, questo viene considerato non solo un reato della grande criminalit� organizzata, ma un fenomeno molto pi� diffuso. Anche in questo caso, credo che sarebbe utile raccogliere qualche elemento in pi�, ai fini dell�indagine conoscitiva che stiamo svolgendo.

Infine, vorrei riferirmi ad una considerazione che faceva il dottor Motta su questo ricorso alla dichiarazione di alcol dipendenza come pretesto per poter usufruire di trattamenti favorevoli da parte di chi � sottoposto a custodia cautelare. Dato che � un fenomeno del quale non ho conoscenza, vorrei capire meglio di che cosa si tratta; l�utilizzo che ne viene fatto mi pareva interessante.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti, invitandoli a rispondere con la stessa brevit� con cui sono state poste le domande.

IVANHOE LO BELLO, Presidente di Confindustria della Sicilia. Rispondo prevalentemente alla domanda su come evitare che le risorse possano in qualche modo amplificare alcuni fenomeni criminali. Posso fare qualche valutazione sotto il profilo dell�impresa e dell�esperienza che � maturata nel nostro mondo.

Sugli incentivi, occorre abolire qualsiasi forma di incentivazione che passi attraverso una intermediazione politico-burocratica. Noi abbiamo assunto una posizione molto critica nei confronti della legge n. 488 per i risultati concreti che ha avuto, per quello che � emerso da tante indagini giudiziarie, ma anche per alcuni meccanismi di intermediazione politico-burocratico-consulenziale che hanno snaturato il fenomeno.

Noi siamo totalmente a favore di incentivi automatici, come credito d�imposta, che finiscono per creare imprese che stanno sul mercato, producono un reddito e che attraverso l�incentivo possono in qualche modo potenziare una attivit� che gi� esiste sul mercato e che pu� essere rafforzata. Questa � l�unica strada.

Abbiamo la convinzione che gli incentivi alle imprese del Mezzogiorno abbiano avuto un effetto profondamente negativo, in qualche modo compensativo di mancanza di infrastrutture e di altri strumenti, ma profondamente negativo sulla cultura di impresa. Quest�ultima � la risultante di tanti fattori, quali ad esempio il rischio, che in qualche modo vengono annullati da incentivi troppo favorevoli, slegati da un�azienda esistente. La legge n. 488 era utilizzabile da chiunque si improvvisasse l�indomani mattina imprenditore e i risultati sono quelli che emergono dalle statistiche.

Sulle risorse comunitarie, la questione � molto pi� complessa. Si tratta di risorse ingentissime e si pu� procedere con due strumenti. Da un lato, attraverso la forte concentrazione delle risorse su poche grandi misure. � evidente, infatti, che la polverizzazione delle risorse in tante piccole misure favorisce una intermediazione che � difficile poi andare a verificare sul territorio, oltre a qualificare tali risorse in chiave meramente assistenziale.

L�altro strumento � dato dal forte controllo della legalit�, con meccanismi che possono essere pattizi o legislativi, sulle grandi opere pubbliche che scaturiranno dai fondi comunitari, per evitare quello che si � verificato - e continua a verificarsi in molte regioni del Mezzogiorno - e che � emerso chiaramente dagli interventi di molti dei presenti.

Io credo, dunque, che siano necessarie la concentrazione delle risorse e l�istituzione di misure di controllo della legalit� molto serie ed efficaci, alcune di tipo pattizio - come protocolli di legalit� o  altre formule -, altre con interventi legislativi che probabilmente devono trovare strumenti pi� efficaci per controllare i flussi di denaro, il loro utilizzo, quello che avviene a valle dei grandi appalti pubblici, delle grandi opere pubbliche. � l�, infatti, che si registra la casistica giudiziaria di infiltrazione pi� forte. Pertanto, se non altro per una ragione statistica, � quello il quadro che va controllato con pi� efficacia.

LUCA SQUERI, Presidente della commissione politiche per la sicurezza di Confcommercio. Risponder�, innanzitutto, sul primo punto. Faccio parte, in sede CNEL, di un gruppo di lavoro che tratta proprio l�intero fenomeno di attivit� illecita legato ai finanziamenti comunitari. Si tratta di un gruppo di lavoro in cui il coordinamento � di un magistrato dell�antimafia; c�� la presenza delle forze dell�ordine, Carabinieri, Guardia di finanza.

In tale quadro, il fenomeno � trattato in maniera molto dettagliata. Se pensate che, dalle parole dello stesso coordinatore - dunque un autorevole magistrato dell�antimafia- ci viene detto che tutte le informazioni a lui note su questo fenomeno criminale gli sono giunte grazie a un pentito che ha raccontato come la legge n. 488 venga utilizzata per gestire questi fondi, potete avere un�idea di come- � gi� stato detto nell�intervento precedente - fatta la legge, forse diventa pi� facile utilizzarla per determinare il reato criminoso.

Sotto questo punto di vista, � vero che c�� l�intermediazione politica, ma realt� si denota un aspetto della mafia, che certamente i magistrati ben conoscono e l�opinione pubblica un po� meno, ovvero che abbiamo in campo una mafia costituita dall�alta borghesia. Questo pentito era un alto dirigente di banca. Egli riferiva che i capi mandamento che gestiscono questi fenomeni, in ordine, sono notai, avvocati e medici. Si tratta, dunque, di un�attivit� criminale che si � proprio insediata nel tessuto sociale, per cui diventa sempre pi� difficile individuarla.

Da questo punto di vista, � in atto l�ulteriore utilizzo di un sistema di analisi bancaria, cio� dei flussi bancari, con parametri che aiutano a identificare, proprio in queste grandi correnti di risorse di denaro, elementi cui prestare attenzione. � un modo questo, per esempio, per andare ad individuare fenomeni strani, per andare ad approfondirli.

La seconda domanda riguardava la criminalit� legata agli extracomunitari. Nell�immaginario collettivo, chiaramente, soprattutto nelle grandi metropoli, l�impatto � molto negativo. Ormai, in citt� come Milano, Torino, Brescia, si vedono queste grandi periferie dove, andando per strada, una persona difficilmente, aprendo gli occhi, potrebbe pensare di essere in Italia, perch� vi sono interi quartieri, ormai, abitati da extracomunitari.

Dunque, l�impatto � assolutamente negativo, che per� ci deve ancor pi�...

PRESIDENTE. Scusi, dottore, l�impatto negativo non � dato dal fatto che siano abitati!

LUCA SQUERI, Presidente della commissione politiche per la sicurezza di Confcommercio. Voglio dire che per l�italiano, sia esso cittadino, sia esso cittadino negoziante, vedere che la propria citt� ormai �, quartiere per quartiere, occupata dal �diverso� � un impatto che peggiora la percezione dei fenomeni della criminalit� diffusa di strada.

Detto questo - e arrivo alla realt� delle cose, su cui bisogna lavorare - la percentuale degli italiani che commette reati � pari al 5 per cento in Italia. La percentuale degli immigrati regolari che commette reati � del 6 per cento. In realt�, dunque, tra gli italiani e gli extracomunitari non c�� differenza.

L�enorme differenza � data dagli immigrati clandestini dei quali oltre l�80 per cento commette reati, per ovvi motivi: perch� si trovano in Italia senza lavoro, senza nessun tipo di integrazione e dunque si commettono reati per sopravvivere. Su questo aspetto, ci deve essere, innanzitutto, un grande sforzo per fare capire  questo fenomeno, perch� semplificare � molto facile, ma ci distoglie dalla realt�. D�altra parte, per�, bisogna attuare una politica efficace relativa a questo argomento e sappiamo che anche qui, in casa vostra, la dialettica � molto accesa.

CATALDO MOTTA, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Lecce. Se mi consente, a completamento di questo discorso, vorrei ricordare che nel distretto di Lecce, il 90 per cento di quei reati sono la vendita di CD falsificati. Questo allarme, dunque, andrebbe poi parametrato sugli effettivi comportamenti.

L�articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, recentemente modificato, prevede espressamente la possibilit� di un cosiddetto affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari, per i tossicodipendenti e gli alcol dipendenti che vogliano sottoporsi ad un programma di recupero e che siano condannanti ad una pena non superiore a sei anni di reclusione, che non � poco.

Questa strada viene percorsa, il pi� delle volte, da coloro che, essendo condannati per delitti ostativi, tra cui associazione di tipo mafioso e tutti i reati commessi con finalit� di agevolazione mafiosa o con metodo mafioso, non possono ottenere l�affidamento in prova al servizio sociale ordinario, quello previsto, mi pare, dall�articolo 47 dell�ordinamento penitenziario.

Pertanto, questa strada viene percorsa per tentare di aggirare, di eludere il divieto e, il pi� delle volte, viene percorsa con successo.

Vi sono alcune prescrizioni, poich� il legislatore si � preoccupato di prevedere alcuni aspetti; per esempio, devono essere indicate addirittura le procedure e le modalit� con le quali � stato accertato lo stato di tossicodipendenza o di alcol dipendenza. Per la tossicodipendenza sono previsti dei parametri, ma per l�alcol dipendenza non si va oltre l�alcol uria e l�alcolemia; con quante garanzie, lo lascio immaginare all�intelligenza di ciascuno.

� chiaramente una misura che non funziona e che viene utilizzata in maniera distorta rispetto alla finalit� prefissata.

GIOVANNI COLANGELO, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Bari. Rapidissimamente, per completare quello che diceva il collega prima circa la percezione della criminalit� collegata alle attivit� dei cittadini stranieri, devo dire che - forse � un dato comune anche ai colleghi delle altre regioni dell�Italia meridionale - noi non abbiamo un dato significativo di allarme nei confronti dei cittadini stranieri che commettano reati di una certa rilevanza, di una certa gravit�. Probabilmente, perch� nei luoghi in cui sono gi� forti le organizzazioni criminali locali, � difficile per lo straniero inserirsi, mentre � pi� facile che questo avvenga in altre regioni italiane.

Il problema che piuttosto abbiamo - e credo sia comune anche all�amico Motta -come pugliesi, che si trovano alla frontiera con i Paesi balcanici, sono i collegamenti con la criminalit� albanese, in materia di traffico di sostanze stupefacenti. Gli albanesi non hanno stretto vere e proprie alleanze, o connessioni con la criminalit�, perlomeno per il distretto di Bari. Tuttavia, hanno una sorta di diritto di transito, di patto di non belligeranza, per cui da un lato, passa tanta di quella sostanza stupefacente che poi va verso il nord Italia o verso gli Stati del nord Europa; dall�altro, ne rimane una parte in Puglia, che per�, in quel caso, viene poi gestita dai pugliesi.

CATALDO MOTTA, Procuratore distrettuale antimafia aggiunto di Lecce. Se mi consente, presidente, anche su questo aspetto, le mander� un documento che avevo preparato e che riguarda l�immigrazione.

PRESIDENTE. La ringrazio, sarebbe particolarmente utile.

LUIGI CUOMO, Rappresentante della Confesercenti. Dal nostro punto di vista, rispetto alla questione specifica della percezione della sicurezza relativa alla presenza di stranieri, pi� che sulla criminalit�,  la preoccupazione che ci arriva dalle nostre imprese � legata all�abusivismo commerciale e alla contraffazione.

Questi sono canali attraverso i quali prevalentemente i cinesi e in misura ridotta dall�est europeo introducono nel nostro mercato distorsioni dovute alla contraffazione e soprattutto all�abusivismo commerciale che spesso le amministrazioni locali non sono capaci di arginare.

Dal punto di vista della criminalit� meramente predatoria - scippi, rapine - condivido l�affermazione secondo la quale al sud non vi � molto spazio, per gli extracomunitari, per delinquere fuori dall�ambito delle loro comunit�: i cinesi danneggiano i cinesi e via dicendo. Al nord hanno invece pi� campo libero e meno concorrenza.

PRESIDENTE. A nome di tutti i componenti della Commissione, io vi ringrazio molto per i vostri contributi. Entro gennaio presenteremo un documento con proposte concrete sugli interventi che devono essere concretamente attuati, sia sul piano economico, sia sul piano processuale e giudiziario.

Qualora aveste ulteriore documentazione da trasmettere alla Commissione, ve ne saremmo grati; sia copie di documenti giudiziari che possono essere interessanti, sia note specifiche. Credo che questo arricchirebbe il panorama di base sul quale lavorare.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 17,10.

 

ERRATA CORRIGE

Nel Resoconto stenografico n. 5 del 26 luglio 2007, ogniqualvolta ricorrano le parole �Capo della Polizia di Stato�,le stesse si intendono sostituite dalle seguenti �Capo della Polizia�.


 

 

 


 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRSIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

9.

 

 

Seduta di MARTEd�4 DICEMBRE 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 9,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione di rappresentanti dell�ANCI e di rappresentanti della Lega delle autonomie locali, dei sindaci delle aree metropolitane di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia; dei prefetti delle aree metropolitane di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste, Venezia; del presidente dell�Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia e del presidente del Forum italiano per la sicurezza urbana, sul tema sul disagio urbano.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione di rappresentanti dell�ANCI e di rappresentanti della Lega delle autonomie locali, dei sindaci delle aree metropolitane di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia; dei prefetti delle aree metropolitane di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste, Venezia; del presidente dell�Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia e del presidente del Forum italiano per la sicurezza urbana, sul tema sul disagio urbano.

Vi ringrazio per avere aderito al nostro invito.

L�indagine conoscitiva che la Commissione sta svolgendo riguarda le questioni relative alla sicurezza in tutti i suoi vari profili, ed uno dei temi che pi� interessa i cittadini e coinvolge anche la vostra attivit� � sicuramente quello della sicurezza nelle grandi aree metropolitane, che ha specifiche caratteristiche.

Vorremmo, nel consegnare un rapporto al Parlamento, lavorare su un nuovo modello di sicurezza, che tenga conto della diversificazione delle questioni. In genere, i mezzi di informazione fanno riferimento alla grande criminalit�: i cittadini avvertono invece maggiormente i problemi posti dalla piccola criminalit�. Per quanti effetti devastanti la grande criminalit� abbia sulla situazione complessiva del Paese, i cittadini avvertono, invece, un altro tipo di questioni.

Ci sono problemi che attengono alla convivenza civile piuttosto che alla sicurezza, che vengono confusi con i problemi della sicurezza. Ci troviamo di fronte ad un complesso di questioni sulle quali ci interessa conoscere il vostro punto di vista, la vostra analisi ed i vostri suggerimenti. Aggiungo che, se vorrete farci pervenire  ulteriori considerazioni rispetto a quelle che avremo oggi la possibilit� di ascoltare, sar� un ulteriore contributo al nostro lavoro.

Se non vi sono richieste di chiarimento, direi di dare inizio agli interventi.

GIAN VALERIO LOMBARDI, Prefetto di Milano. Grazie, presidente.

La situazione della sicurezza nella provincia di Milano viene costantemente seguita nella sua evoluzione, soprattutto in relazione al forte fenomeno migratorio che si � registrato negli ultimi 25 anni. Siamo partiti da una situazione di 2.500 stranieri e adesso siamo arrivati ad una cifra di 380 mila. Siamo convinti che ci sia un nesso di relazione fra questo incremento del fenomeno migratorio e alcune delle questioni che riguardano la sicurezza.

Per quanto riguarda gli indirizzi della politica di sicurezza dei cittadini, a Milano, ovviamente, recepiamo le indicazioni del Ministero dell�interno. La percezione della sicurezza molto spesso, come ella giustamente diceva, � il frutto anche di questioni che non sempre atterrebbero direttamente alla sicurezza, come, per esempio, il degrado urbano (molti fenomeni di marginalit� sociale sono a volte vissuti dai cittadini come fenomeni di sicurezza, mentre, invece, non � cos�).

Si cerca, quindi, di realizzare anche una cooperazione molto forte, intensa e importante con le autorit� locali. Abbiamo una forte collaborazione con i sindaci della nostra provincia e con gli altri enti locali e cerchiamo di integrare e di realizzare quel modello di sicurezza partecipata che, a nostro avviso, � praticamente l�unico modello possibile, anche in relazione alle recenti modifiche della Costituzione intervenute nel 2001.

Abbiamo recentemente stipulato un Patto per la sicurezza, in coerenza con gli indirizzi del Ministero dell�interno, che ha scelto questa formula per rafforzare la cooperazione interistituzionale e, nell�ambito di questo Patto, abbiamo previsto anche un rafforzamento degli organici, che per ora si � realizzato solo in parte, soprattutto con l�incremento dell�Arma dei carabinieri, che ha aumentato di 130 unit� i nostri organici.

Per quanto riguarda il coordinamento, lo strumento principale che viene adoperato � il Comitato per l�ordine e la sicurezza pubblica, che riuniamo almeno una volta alla settimana, nel quale cerchiamo, ovviamente, di realizzare la politica di sicurezza sul territorio attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti che hanno titolo a partecipare.

La dislocazione delle forze di polizia, da noi, per antica tradizione, prevede la presenza di due terzi del totale dell�organico nel comune capoluogo di Milano e di un terzo nelle zone periferiche della provincia, mentre il rapporto della popolazione � esattamente l�inverso: abbiamo i due terzi della popolazione nella fascia esterna al capoluogo e il resto nel capoluogo.

Bisogna dire che i risultati che sono stati raggiunti negli ultimi tempi sono, a nostro giudizio, abbastanza buoni, bench� bisogna segnalare che l�applicazione dell�indulto ha avuto - se vogliamo essere realisti - un certo impatto sull�aumento dei reati. Abbiamo registrato un certo aumento dei reati, che adesso, invece, una volta esaurito l�effetto dell�indulto, tende ad essere riassorbito.

Per quanto riguarda l�adeguatezza e l�efficiente impiego delle risorse umane, finanziarie e strumentali, dobbiamo sottolineare che negli ultimi tempi disponiamo di minori risorse. Questo � un dato, naturalmente, noto. Credo che il bilancio della sicurezza, grosso modo, sia stato ridotto a livello nazionale nella misura di un terzo; qualche ricaduta, quindi, c�� ovviamente anche nella provincia di Milano, ma si cerca lo stesso di corrispondere alle aspettative dei cittadini con ogni possibile velocit� e attenzione.

Per quanto riguarda il sistema della legge n. 121 del 1981, riteniamo che, per quanto riguarda la provincia di Milano, l�impianto di questa legge sia ancora molto attuale e molto rispondente alle necessit�, che abbiamo, di disporre di un buon apparato di sicurezza, perch� consente di operare anche una positiva sinergia tra  tutte le componenti della sicurezza e fra tutte le forze di polizia, che, come sappiamo, in Italia sono pi� di una.

Con questo meccanismo, con il sistema delle autorit� provinciali di pubblica sicurezza, con la distinzione tra il livello tecnico e quello generale, riusciamo ad attuare un buon sistema. A nostro avviso, la legge n. 121 del 1981 � ancora uno strumento valido, anche se, probabilmente, in prospettiva non sarebbe male riflettere sull�esigenza di rivedere la figura del Capo della polizia-direttore generale, perch�, probabilmente, se si riuscisse ad avere, per esempio, la figura di un segretario generale - questo come mio personalissimo avviso -, si potrebbe realizzare un sistema pi� equilibrato.

Per quanto riguarda l�assetto organizzativo del sistema di sicurezza, con la cooperazione delle strutture di polizia dell�Unione europea il rapporto � molto buono: abbiamo avuto adesso l�ingresso di due Paesi neocomunitari, la Romania e la Bulgaria, e la collaborazione delle autorit� rumene, con la dislocazione di forze di polizia rumene anche sul territorio di Milano.

Questo tipo di collaborazione sta fornendo un aiuto considerevole, anche per quanto riguarda l�applicazione delle recenti disposizioni del decreto-legge per l�allontanamento dei cittadini comunitari, che sembra dare, anche se si tratta di primissime impressioni, gi� buoni risultati, perch� aver operato una quindicina di allontanamenti per motivi di pubblica sicurezza sembra avere, in qualche modo, abbassato la tensione e riesce, in effetti, pi� difficile trovare ancora situazioni che possano essere prese a base per ulteriori provvedimenti di allontanamento.

Per quanto riguarda le forme di tutela e di garanzia delle vittime di reato e il ruolo delle associazioni per la tutela delle vittime, esiste un�ottima collaborazione con le associazioni che si occupano di ci�. Abbiamo anche un certo numero di beni confiscati alla criminalit� organizzata, che viene proficuamente impiegato, specialmente in alcuni comuni, per esempio Buccinasco, nell�ambito dell�hinterland milanese, e abbiamo realizzato anche parecchie buone utilizzazioni di questi beni.

Per quanto riguarda i flussi migratori, la criminalit� e le forme di sfruttamento, purtroppo, bisogna registrare che esistono delle forme di criminalit� che tendono a sfruttare soprattutto le prostitute di origine slava e anche, per i neocomunitari, di origine rumena. Purtroppo, la nostra attivit� in questo campo risente del fatto che la prostituzione, in effetti, non � un reato. � reato lo sfruttamento, quindi non sempre riesce facile realizzare un�azione di contrasto a queste attivit�, che, peraltro, invece i cittadini reclamano a gran voce. Questo � uno dei problemi che potrebbe essere proficuamente analizzato ai fini dell�adozione di eventuali nuove norme.

Per quanto riguarda il ruolo della vigilanza privata, questa attivit� viene svolta a Milano in maniera molto significativa, perch� esistono moltissime propriet� private e pubbliche da tutelare e, quindi, gli istituti tendono sempre di pi� a concentrarsi in grosse realt�. Noi effettuiamo i nostri controlli e cerchiamo di fare in modo che questa attivit� complementare della sicurezza venga svolta secondo quanto prevede la legge.

Questo mi sembra possa essere un sia pur brevissimo quadro per quanto riguarda la provincia di Milano.

PRESIDENTE. Signor prefetto, noi avvertiamo in molte aree del nostro Paese uno scarto tra problemi reali di sicurezza e il modo in cui questi sono sentiti dai cittadini. Questi ultimi avvertono quello della sicurezza come un problema particolarmente grave; se guardiamo i dati oggettivi, questi sono pi� o meno come quelli europei, anche se non in modo uniforme sul territorio.

Come � stato gi� sottolineato, per�, dal punto di vista dei cittadini, le turbative della convivenza sono molto spesso assimilate ai dati di carattere criminale. Per loro � lo stesso! Lei accennava prima alla prostituzione, per esempio, che � uno dei dati che preoccupa di pi� le famiglie e i cittadini che vivono nelle zone dove viene esercitata tale attivit�.

Da questo punto di vista, i dati relativi alla convivenza sono elementi e fattori che, secondo lei, nell�area sotto la sua responsabilit�, sono particolarmente rilevanti, o sono pi� rilevanti quelli di carattere criminale vero e proprio (o delinquenziale, se vogliamo usare un termine pi� vasto)?

GIAN VALERIO LOMBARDI, Prefetto di Milano. Presidente, lei ha perfettamente ragione. Sono maggiormente rilevanti i dati della insicurezza percepita, perch� molte questioni, che alla fine non sono di vera e propria pubblica sicurezza, nel momento in cui non c�� da parte delle autorit� una risposta alle aspettative dei cittadini, si tende a trasportarle sull�aspetto della sicurezza.

Per esempio, l�attivit� dei lavavetri, delle persone che chiedono l�elemosina, di coloro i quali scrivono sui muri, sono tutte piccole forme di degrado urbano, alle quali, purtroppo, il nostro ordinamento non ci consente di dare una risposta adeguata. Questo � il punto.

Se si riuscisse ad avere uno strumentario in grado di incidere su questi piccoli problemi, sono convinto che si riuscirebbero a dare le risposte che i cittadini si attendono e si potrebbe avere, quindi, un significativo miglioramento. Nel caso del writer, per esempio, oggi, per poterlo perseguire, abbiamo la competenza del giudice di pace, ma l�azione penale deve proporla il procuratore della Repubblica. Lei immagini, con tutto il complesso di situazioni che abbiamo, se si arriva a qualcosa.

Se, invece, potessimo dire che prendiamo questa persona, la sanzioniamo, la costringiamo a pulire il muro, per esempio, oppure le diamo una sanzione di inibizione dalla mensa universitaria per dieci giorni, probabilmente ci� avrebbe un effetto di deterrenza molto pi� efficace.

UMBERTO SCAPAGNINI, Sindaco di Catania. Buongiorno, presidente ed onorevoli membri della Commissione.

Vorrei innanzitutto sottolineare che, obiettivamente, potrei avallare circa il 95 per cento di quanto abbiamo sentito dire dal prefetto di Milano, ad eccezione di un fenomeno che da noi � incidente soltanto in maniera relativa, anche all�interno dell�immaginazione della nostra popolazione.

Sto parlando dell�immigrazione, che incide in maniera particolare soprattutto su quella che � una sensazione generale di mancanza di ordine all�interno della citt� per quelli che sono i luoghi in cui gli extracomunitari si radunano per vendere le loro merci o recare dei danni alla dignit� urbana, ma, sostanzialmente, non esiste la paura o il timore nei confronti degli extracomunitari, anche perch�, sia per tradizione e storia che per dati di fatto obiettivi, lei deve considerare, signor presidente, che a Catania abbiamo dei flussi migratori particolari: la maggior parte sono di transito, mentre quelli stanziali sono assolutamente eccezionali.

Intendo dire, in particolare, che la popolazione maggiormente rappresentata � quella dei mauriziani, che sono 6.800 e, naturalmente, si sono integrati bene all�interno della nostra citt�. La popolazione immediatamente successiva � quella dello Sri Lanka, con 6 mila presenze; subito dopo, a parte la componente statunitense di Sigonella, che ovviamente va considerata a parte, c�� quella cinese.

Vorrei sottolineare, come ho gi� fatto in altre sedi insieme al signor prefetto, un fenomeno particolare che si verifica nella nostra citt�. In realt�, accade un po� dappertutto, ma da noi in maniera particolarmente percepibile. Mi riferisco alla strategizzazione dell�invasione delle attivit� commerciali dei cinesi immigrati, che � perfettamente legale. Vi sono 600 cinesi, che si sono, di fatto, installati a Catania nel giro di due anni, acquistando legalmente, a prezzo doppio o triplo, licenze commerciali. Tale popolazione proviene esclusivamente da due piccole province a sud di Shanghai, dove vige, in maniera molto dura, il principio del figlio unico, che porta alla soppressione del secondo figlio.

Di fatto, quindi, sembra che il Governo cinese abbia orientato, individuandolo strategicamente in alcune particolari province,  un flusso migratorio, controllato per� centralmente in Italia, sicuramente non al sud, ma da qualche struttura organizzativa a Prato. Dico questo, signor presidente, perch� tre mesi fa vi � stato uno spostamento in massa di circa 200 cinesi, i quali, su indicazioni provenienti da Prato, si sono recati in quella citt� e poi si sono spostati a Catania. Esiste qualcosa di strano.

Il punto su cui stiamo lavorando, in collaborazione strettissima con il nostro prefetto, con le forze dell�ordine e, nel caso specifico, con i rappresentanti della Guardia di finanza, � quello di verificare non tanto la legalit� o la pertinenza delle licenze (avendole acquistate legalmente, essi possono esercitare l�attivit�), quanto la qualit� di ci� che vendono. Come sappiamo tutti, i cinesi ricevono direttamente le loro merci a prezzi assolutamente concorrenziali, ma (ormai lo abbiamo letto dappertutto ed anche verificato) sussistono elementi di pericolosit�, non soltanto in quello che vendono (per esempio, a causa della presenza di coloranti o di sostanze potenzialmente dannose), ma anche per il substrato di diffusione presso gli altri commercianti.

Inoltre, esiste un altro grande problema, che abbiamo sottolineato (per la verit�, l�abbiamo fatto con grande forza, in un momento particolare). Se lei mi consente, vorrei ricostruire molto brevemente, anche per richiamarlo alla nostra memoria, il percorso che ha portato all�importantissima seduta di oggi, che apprezzo tantissimo. Le sono molto grato per averci dato questa possibilit�.

Abbiamo ricevuto (noi dell�ANCI, rappresentanti, soprattutto, delle citt� metropolitane) dal Ministero dell�interno l�indicazione di percorrere sostanzialmente due strade, sempre in strettissima collaborazione con il prefetto. La prima prevede la creazione di patti bilaterali, che, di fatto, nacquero in maniera atipica e sperimentale a Napoli, prima della prima riunione con il viceministro Minniti su questo argomento, e che poi sono stati estesi a tutte le citt� metropolitane. Catania ha firmato - credo sia stata la quarta o la quinta citt� a farlo - un patto bilaterale. Se mi consente, vorrei solamente far notare quanto segue.

In effetti, come lei faceva giustamente rilevare, i nostri cittadini hanno voluto che prendessimo in considerazione punti che non riguardano la criminalit� tradizionale o la grande criminalit�, ma l�ordine e il senso della legalit�.

Tra i primi punti da noi indicati nel patto che abbiamo firmato bilateralmente vi era l�incremento del personale delle forze dell�ordine, da impiegare per ragioni specifiche. Faccio un esempio: abbiamo il nuovo aeroporto, quindi vi � bisogno dell�integrazione delle forze in questo nuovo comparto. Ma soprattutto si chiede di intervenire su alcuni fenomeni particolari, come l�abusivismo, la prostituzione e il bullismo. Tali fenomeni sono quelli che maggiormente danno al cittadino l�impressione - reale, peraltro - che l�autorit� costituita non sia in grado di controllare o garantire il senso della sicurezza day by day. Torno tuttavia a ripetere che da noi ci� non viene attribuito alla presenza degli immigrati, che si limitano a contribuire a questa sorta di disordine.

Vorrei sottolineare un ulteriore elemento; il signor prefetto, che � stato veramente il nostro leader nell�attivit� da noi condotta, potr� poi sicuramente specificare meglio il punto in questione.

Tutto ci� che noi abbiamo introdotto (naturalmente non vi tedier� con i particolari del nostro patto bilaterale) dipende da un fenomeno molto semplice ed elementare. Faccio un esempio brevissimo: a Catania � in atto un fenomeno molto positivo per la vita della citt�, ovvero una movidastraordinaria, che si svolge ormai senza limitazioni stagionali o orarie, naturalmente disciplinata con particolari regole che consentono di controllare la situazione fino alle 2 di notte, cio� fino alla chiusura dei pub, dei ristoranti e degli altri locali. Dopo quell�ora inizia un �periodo nero�, che va dalle 2 alle 6 del mattino e che richiede un impegno molto particolare. Tale impegno, ovviamente, si deve tradurre in un incremento dell�attivit� non tanto dei vigili urbani - che  proprio non ce la fanno - quanto delle ordinarie forze di polizia. Per fare questo, c�� bisogno di un supporto di carattere economico, che noi avevamo previsto e calcolato con un intervento specifico della regione, del comune e della provincia. Comune e provincia hanno assolto parzialmente il loro impegno, mentre la regione non lo ha fatto, e questo impedisce di intervenire in maniera efficace.

Quindi, il problema reale, se mi consente, � quello di spingere la regione ad adempiere ai suoi compiti, in base a precise responsabilit� da essa assunte, affinch� i patti bilaterali si possano applicare realmente. In tal modo, si potrebbero pagare gli straordinari a quei soggetti che, a tutte le ore, comprese quelle pi� rischiose, devono garantire la sicurezza ai nostri concittadini.

Vorrei fare un�ultima considerazione. La seconda parte degli incontri da noi svolti (la prima � risultata molto impegnativa ma anche assai fruttifera) � stata voluta direttamente dal Ministro Amato, il quale poi ha �passato la palla� al suo vice. Il dato di fatto era quello dell�elaborazione del patto per la sicurezza. Tutti noi lo abbiamo firmato con grande entusiasmo (i sindaci delle citt� metropolitane e il nostro presidente), ma poi, in realt�, i princ�pi chiave, quelli sui quali si basava il patto per la sicurezza, sono stati vanificati in parecchi punti.

In proposito, cito un solo punto, se mi consente. Al primo posto era stata indicata la maggiore rapidit� nell�esecutivit� di alcuni passaggi, quali ad esempio quello delle espulsioni e degli allontanamenti, anche dei cittadini comunitari. Tuttavia, nel momento preciso in cui � stata introdotta una tappa intermedia, tutto � caduto nel vuoto. Devo sottolineare che sia il sindaco Cofferati che io stesso abbiamo premuto moltissimo, prima di firmare il patto, affinch� il viceministro insistesse col Ministro in merito all�uso dello strumento del decreto-legge, anzich� del disegno di legge. In nessuno di questi casi lo strumento da noi suggerito � stato applicato. Lei conosce bene, naturalmente, quello che poi succede a valle.

Concordo pienamente sulla parte restante ricordata dal prefetto di Milano, anche per quanto riguarda alcuni aspetti piccolissimi -o che sembrerebbero tali - come quello dei writers. Mi permetter� di raccogliere, presidente, il suo suggerimento, fornendo una serie di indicazioni contenute in un documento. Ad esempio, per i writers, avevamo indicato il divieto di vendere bombolette ai minori (ma ovviamente � necessaria una norma legislativa) e l�obbligo per chiunque acquisti quel tipo di oggetti spraydi rilasciare le proprie generalit� al venditore. Si tratta di piccole cose, tuttavia utili per dare al cittadino il segnale che lo Stato � presente.

PRESIDENTE. Quanti vigili urbani ha Catania?

UMBERTO SCAPAGNINI, Sindaco di Catania. Catania ha, in teoria, un organico di 922 vigili urbani, ma l�ultimo concorso risale a ventidue anni fa. Nel frattempo, quindi, sono passati ventidue anni. Anche se mi occupo di problemi di invecchiamento, a causa della mia ex-professione, non mi riesce possibile...

PRESIDENTE. Sono tutti in ottima salute, questi vigili urbani...

UMBERTO SCAPAGNINI, Sindaco di Catania. S�, godono di ottima salute, per� non posso intervenire su due fenomeni, il pensionamento e il �rammollimento�, ovviamente quasi fisiologico dopo un�attivit� veramente stressante! Ce la mettono tutta, ma in questo momento siamo sotto organico di circa 300 unit�, perch� disponiamo all�incirca di 600 elementi, la cui et� media va dai 50 ai 55 anni.

In questo periodo stiamo svolgendo un concorso atipico, che avr� tempi molto lunghi ma che sono riuscito a far partire quando disponevo di poteri speciali, eludendo - autorizzato dalla legge, naturalmente- il divieto di non assumere stabilmente alcuna figura all�interno della pubblica amministrazione. In quel momento potevo invece farlo grazie ai poteri speciali che mi erano stati concessi.

Stiamo svolgendo un concorso per 100 vigili urbani, per il quale abbiamo ricevuto 44 mila domande. Penso che per concluderlo potrebbero essere necessari dai due ai tre anni, anche a causa dei vari ricorsi che notoriamente seguono questi concorsi. Credo che sia un problema di tutti: proprio poco fa, parlavo con il capo dei vigili urbani di Bari e ho appreso che anche in quella citt� esiste lo stesso problema.

GIOSU� MARINO, Prefetto di Palermo. Signor presidente, vorrei partire dall�analisi della situazione palermitana con riferimento alla criminalit� organizzata e alla criminalit� diffusa.

Sotto il primo aspetto, i risultati conseguiti dalla magistratura e dalle forze di polizia sono sotto gli occhi di tutti. Si sta attraversando una stagione decisamente felice: dall�arresto di Provenzano fino all�arresto dei Lo Piccolo, padre e figlio, passando dalle operazioni di polizia pi� imponenti (operazione �Gotha�, operazione �Grande Oriente�, e via dicendo), non soltanto si sono assicurati alle patrie galere personaggi di spicco e capi storici dell�organizzazione, ma soprattutto si � proceduto all�arresto dei suoi quadri e dei suoi elementi concretamente disposti sul territorio, disarticolandola in buona sostanza.

Questa � la situazione oggettiva, anche se non posso dire quanta percezione ne abbia la comunit�, a parte le dichiarazioni d�uso che si susseguono in questi casi.

A tale situazione si accompagna, con specifico riferimento al fenomeno delle estorsioni, un segnale di forte �ripensamento� sulla necessit� di portare avanti azioni di mobilitazione da parte delle categorie produttive fatte oggetto di questo tipo di fenomenologia. Parlo delle notissime prese di posizione di Confindustria Sicilia, poi riprese a livello nazionale dal presidente Montezemolo. Si tratta di segnali sicuramente importanti, che denotano un cambiamento di rotta formidabile, se soltanto si pensa a quanto accadde nel 1991, quando Libero Grassi cadde sotto i colpi della mafia. Allora, l�associazione degli industriali della provincia di Palermo invit� quell�imprenditore, che rivendicava la libert� di impresa ma anche l�appoggio della propria associazione, a non fare quelle che in siciliano si chiamano �tamburiate�, cio� uscite che fanno chiasso ma sono prive di contenuto e che, soprattutto, non vanno fatte per motivi di opportunit�.

Oggi la situazione � sicuramente diversa, si muove qualcosa che lascia pensare a una conquistata consapevolezza, da parte delle classi produttive, di dover prendere coscienza della forte incidenza che l�estorsione ha sulla loro attivit�. Voglio dire che tutto ci� probabilmente muove, ancor pi� che da una valutazione etica e dalla necessit� di impegnarsi per l�affermazione dei valori, da due circostanze coincidenti: in primo luogo, dal susseguirsi di successi, che hanno destrutturato l�organizzazione; in secondo luogo, dalla necessit� per gli imprenditori di misurarsi su aree e mercati sempre pi� ampi, in concorrenza con altri imprenditori, che devono guardare soltanto a costi di impresa propri. Da qui la conseguenza di non poter pi� caricare la propria attivit� di costi ultronei, quali appunto quello dell�estorsione. Questa � una valutazione condivisa con i vertici dell�associazione degli industriali.

Certamente, � nuova l�aria che spira in questo momento. � la stagione in cui, per la prima volta, si � costituita un�associazione antiracket. Non sono fatti formali, e non sono soltanto emblematici, ma rappresentano la testimonianza di un modo di sentire probabilmente nuovo. Certo � che a queste dichiarazioni e a queste iniziative devono seguire fatti concreti. L�arresto dei Lo Piccolo ha una particolare valenza, proprio perch� Lo Piccolo faceva e ha fatto dell�estorsione lo strumento principale di rastrellamento di risorse finanziarie e, allo stesso tempo, di controllo sul territorio. Se si considera che, mediamente, si versavano a lui, ogni giorno, all�incirca 75 mila euro, come ricavo dell�attivit� estorsiva, si pu� comprendere quale fosse l�incidenza dell�organizzazione sul territorio.

La mobilitazione �, quindi, un elemento assolutamente determinante, ma � altrettanto  determinante che alle dichiarazioni seguano fatti conseguenti. E questi non possono essere altro che le denunce. Dai primi risultati delle indagini si � appreso che molti imprenditori e commercianti palermitani figurano nei famosi�pizzini�, anche questi sequestrati ai Lo Piccolo. Tuttavia, finora, a dispetto di tutte le dichiarazioni, non c�� stata alcuna denuncia concreta e nessuno si � fatto avanti per ammettere di aver pagato, con l�intenzione di denunciare e collaborare.

Vorrei altres� sottolineare che, quando le denunce ci sono state (e si contano davvero sulle dita di una o, al massimo, di due mani), il sostegno da parte dello Stato e delle istituzioni � stato formidabile. � stata garantita la sicurezza, ma anche un colloquio e un dialogo costante. A Palermo, e in Sicilia pi� in generale, ho sentito dire che non si denuncia perch� lo Stato non sostiene. Francamente, questo non corrisponde assolutamente alla realt� dei fatti.

Innanzitutto, se si guarda alla possibilit� che lo Stato intervenga con i fondi di sostegno ed altro, ci� � successivo al momento dell�estorsione ed anche a quello della denuncia. Anche sotto questo profilo, se consideriamo le istanze presentate, queste sono sempre nell�ordine di una decina per ciascuno degli ultimi cinque anni; quindi, ci� non fa testo. Il numero delle denunce � davvero irrisorio, e questa � una costante negli anni. Tuttavia, ogni qual volta c�� stata una denuncia, ogni qual volta il denunciante abbia voluto tenere un profilo bassissimo o, al contrario, abbia voluto ergersi a portatore di un impegno ed essere da guida per gli altri, le forze di polizia, ma anche la prefettura (mi si consenta di dirlo), sono state vicino a questi imprenditori. I giovani ragazzi di �Addio pizzo� e l�associazione che ne � scaturita nascono anche in prefettura, proprio per il lavoro di accompagnamento svolto.

Ribadisco che registro in maniera davvero positiva quello che sta accadendo; tuttavia, ho la forte preoccupazione che, se a tutto ci� non seguir� qualcosa di realmente concreto, sarebbe un boomerang straordinario. Ancora ieri, ho incontrato l�associazione dei giovani imprenditori e l�ho esortata a �spingere� sugli associati perch� le denunce arrivino, perch� si privilegino le relazioni con gli apparati investigativi e con i magistrati che salvaguardino il denunciante ma consentano, nello stesso tempo, l�avvio di indagini mirate. Si deve spingere in questa direzione, e l�esito di quello che sto adesso velocemente tratteggiando � tutto da scoprire.

Non voglio esprimere giudizi apocalittici, ma non vorrei che si perdesse questa occasione, perch� credo che questo sia un momento assolutamente formidabile. Infatti, insieme alla associazioni di categoria e a quelle antiracket davvero si pu� segnare questa fase di passaggio in maniera molto concreta.

Che tutto ci� sia il risultato di una percezione diversa da parte di chi vive questi fenomeni � verosimile, ma � riferito esclusivamente, per quanto riguarda l�attivit� dell�organizzazione mafiosa, al fenomeno delle estorsioni. Nulla a che vedere con l�usura n� con tutto il resto. La mafia in provincia di Palermo esiste, � radicata sul territorio, aggredisce i centri di gestione della spesa pubblica, occupa gli spazi dei mercati finanziari, si avvale inevitabilmente non pi� soltanto di strumenti di aggressione fisica o della frangia armata, che stabilisce le regole sul territorio, ma soprattutto di quella larga fascia che occupa le professioni e il pubblico impiego, dando vita a quella sorta di �borghesia mafiosa� che consente poi che il ricavato dell�attivit� criminale sia non solo preso, ma anche riciclato.

Ovviamente, altrettanto incisiva � la presenza nelle strutture amministrative degli enti locali. In questo momento, la provincia di Palermo comprende quattro comuni sciolti ed altri sotto osservazione. � un dato di fatto quello di avvertire costantemente una relazione di contiguit�, vicinanza o prossimit� di amministratori ad aree della criminalit� organizzata. Questo a dispetto di quei protocolli, giustissimi, che anche in Commissione antimafia sono stati siglati in prossimit� delle elezioni amministrative.

Se si esaminano taluni report degli organi di polizia sugli amministratori di certi comuni, � scoraggiante rilevare come molti di essi vivano, si calino ed operino in un quadro di relazioni pi� che inquietante. Come sappiamo, per le ragioni di garanzia che devono presiedere ai meccanismi di processo, evidentemente non si pu� procedere a provvedimenti di rigore, come ho avuto occasione di sottolineare anche in quest�aula.

Ci� detto, desidero fare un flash sugli aspetti relativi alla criminalit� diffusa. Palermo, sotto questo profilo, non soffre di fenomenologie criminali particolarmente aggressive o tali da suscitare allarme sociale. Anzi, rispetto all�anno precedente, devo dire che i reati �predatori� sono in flessione.

Vi � stata soprattutto una fase acuta di rapine ai danni degli istituti bancari, ma i risultati conseguiti con gli arresti (� stato individuato circa l�80 per cento degli autori di tali rapine, sovente commesse da criminali seriali) hanno rassicurato non solamente i sindacati o gli operatori, ma in linea di massima anche la comunit�, la quale - lo ripeto - non avverte assolutamente la valenza negativa del fenomeno criminale. Quella che si avverte, viceversa, � la difficolt� nelle zone pi� marginali della citt�: quartieri ove mancano servizi essenziali e ove, faticosamente, il comune di Palermo sta portando avanti progetti di recupero; quartieri che costituiscono l�insediamento storico di gruppi malavitosi e mafiosi e in cui tutto diventa estremamente difficile. Cito per tutti il quartiere di Brancaccio - ove opera il centro�Padre Nostro�, noto per essere collegato al nome di don Pino Puglisi - che � costantemente fatto segno di attenzione. Un�attenzione che - badiamo bene - � finalizzata non gi� a far male, ma a far sentire la costanza di una pressione che, in quell�area, deve essere sempre presente. Tuttavia, anche in questo caso, i risultati dell�attivit� delle forze di polizia hanno dato davvero un grande contributo.

Devo dire che osservo con invidia quanto sta accadendo nelle altre aree metropolitane, che si sono tutte dotate di un patto di sicurezza. Palermo non lo ha, malgrado questo sia stato argomento di innumerevoli incontri con il sindaco e con l�amministrazione. Il sindaco, infatti (mi spiace che non sia presente oggi), sostiene, ed ha sostenuto (e ne fa, credo, una ragione, ancor pi� che razionale, politica), che, per procedere alla stipula di un patto di sicurezza, o comunque per portare avanti una strategia di gestione della sicurezza in modo partecipato, sia assolutamente indispensabile (e sicuramente prioritario) che lo Stato dia un segnale concreto di attenzione sui due fenomeni che pi� incidono sul disagio urbano: la mancanza di abitazioni e l�inoccupazione o disoccupazione.

Sono questi i due fenomeni che fanno s� che la prefettura di Palermo sia quotidianamente meta di gruppi pi� o meno organizzati, i quali chiedono risposte concrete ad un bisogno antico. Naturalmente, in questa magmatica articolazione di gruppi ed associazioni vi � anche la strumentalizzazione di questa o quella parte: ci� � assolutamente scontato. Si tratta, per�, di movimenti che hanno dato luogo anche a manifestazioni eclatanti, dall�occupazione della cattedrale, lo scorso anno, a quella della sala del consiglio comunale, quest�anno. Soltanto una costante opera di mediazione ha consentito di trovare soluzioni; tuttavia, esse sono state, ovviamente, sempre e soltanto temporanee e contingenti. I problemi sono infatti strutturali, antichi, riguardano davvero il passato ma devono riguardare anche il futuro del capoluogo, in quanto rimangono ancora in tutta la loro pesantezza e drammaticit�.

Ci� non toglie, ed � questa la ragione per cui sovente l�ho sottolineato al sindaco, che, al di l� delle risposte che in linea programmatica possono venire dal Governo, una collaborazione pi� concreta, nella logica di una sicurezza pi� partecipata, potrebbe portare a risultati pi� che soddisfacenti, e potrebbe comunque consentire all�amministrazione comunale una conoscenza pi� diretta e diffusa delle aree territoriali, in modo da poter meglio indirizzare l�opera di governo del territorio.

Passo ora rapidamente ai punti in argomento. Ho gi� parlato della percezione. La percezione � una categoria che gioca al contrario rispetto a quanto accade a Milano, stando a quello che diceva il collega Lombardi. Direi, infatti, che in Sicilia non vi � una percezione che suscita allarme sociale, laddove - viceversa - i problemi sono tali che la percezione dovrebbe essere di estrema drammatizzazione della situazione.

Per quanto riguarda il riparto delle funzioni, esso avviene sulla base delle forze disponibili, in un rapporto di 2-4-4 fra Guardia di finanza, Polizia di Stato ed Arma dei carabinieri, secondo un�articolazione ormai radicata sul territorio. Il coordinamento si svolge nella riunione interforze, che convoco mediamente un paio di volte la settimana (a meno che non vi siano, come spesso accade a Palermo, situazioni emergenti); esso consente di indirizzare al meglio, talvolta anche con il contributo o, comunque, con il coinvolgimento delle strutture comunali, l�azione sul territorio. � chiaro che, in linea di massima, il controllo del territorio viene attuato attraverso la pianificazione per piani coordinati, che evidentemente produce risultati efficaci; ci� dovrebbe evitare che, nella stessa area (al momento dell�intervento o, prima, al momento del controllo), si verifichino sovrapposizioni che producono risultati negativi sul piano di una razionale utilizzazione delle risorse.

Per quanto riguarda l�adeguatezza e l�attuazione della legge n. 121 del 1981, sono convinto anch�io che tale legge costituisca una pietra miliare, che ha consentito di superare operativamente (ma anche in modo coordinato e condiviso) le situazioni pi� difficili e pi� complesse. Vecchia questione � quella del coordinamento: talvolta, in passato ci si � misurati per definirne specificamente le modalit� di individuazione. � un tema assai complicato: non vi � dubbio, infatti, che molto dipende dagli uomini chiamati a coordinarsi fra loro. Tuttavia, sta di fatto che nella realt� palermitana, se non vi fosse stato un coordinamento, davvero sarebbe stato un disastro. Del resto, il coordinamento � un elemento che deriva implicitamente dalla particolare difficolt� del contesto nel quale si opera e dalla volont� comune di risolvere insieme i problemi pi� acuti.

Per quanto riguarda le forme di tutela e di garanzia delle vittime dei reati e il ruolo delle associazioni, ho parlato prima delle associazioni antiracket e dei nuovi impulsi che nascono da Confindustria. Su di essi vi � tutta la nostra aspettativa, perch� sono elementi concreti necessari.

Non vi � alcun problema in merito all�immigrazione, nel senso che a Palermo tale fenomeno avviene senza traumi particolari, anche se in proposito non vorrei essere frainteso. Si tratta di un�immigrazione proveniente prevalentemente dai Paesi maghrebini, ma anche dallo Sri Lanka e dalle isole Mauritius. Il livello di integrazione � buono, ma esiste una difficolt� particolare, legata alla mancanza di abitazioni. Palermo ha infatti un centro storico che definirei fatiscente. Pertanto, esso � stato utilizzato per dare alloggio a questi immigrati, e talvolta si sono verificati casi davvero gravi di crolli (per la verit�, tali episodi coinvolgono anche i palermitani, quindi non si tratta di una questione legata esclusivamente al fenomeno immigratorio).

In linea di massima, comunque, l�immigrazione non crea problemi particolari, anche sotto l�aspetto della criminalit�. Nella criminalit�, infatti, non si registra un numero significativo di immigrati organici all�organizzazione. Magari non sar� una scelta, ma forse una forma di cautela da parte della stessa organizzazione, che vuole evitare di far entrare soggetti estranei e che probabilmente - anche per ragioni di tipo culturale - non si ritengono affidabili. Si tratta, comunque, di un dato di fatto che, sotto un certo profilo, � anche abbastanza rassicurante.

Inoltre, vi � un forte fenomeno di sfruttamento della prostituzione, soprattutto di persone provenienti dai Paesi dell�est, ma anche dai Paesi del Nord Africa.

Da ultimo, per quanto riguarda la vigilanza privata, il suo concorso � assolutamente  significativo, anche se occorre riservare a questo settore una particolare attenzione poich� la pervasivit� dell�organizzazione criminale si manifesta anche nell�ambito di queste strutture. Cito ad esempio un istituto di vigilanza che operava nel territorio di Partinico - che lei conosce, presidente- e che aveva collegamenti diretti con l�organizzazione mafiosa, sicch� ho dovuto, ovviamente, revocargli la licenza. In Sicilia si deve tenere un�attenzione costante per poter essere certi di portare avanti un�azione significativa di affermazione delle regole e della legalit�, da svolgere costantemente e a tutto campo.

GIORGIO PIGHI, Consigliere nazionale della Lega delle autonomie locali e sindaco di Modena. Signor presidente, intervengo a nome della Lega delle autonomie locali e del Forum per la sicurezza urbana.

Le indagini qualitative e quantitative sulla percezione di insicurezza offrono indubbiamente un dato di allarme diffuso, ma sottolineano anche il fatto che buone politiche sociali ed altrettanto buone politiche di dissuasione non vadano contrapposte fra loro, ma debbano creare un sistema capace di far fronte alle nuove caratteristiche del fenomeno. In sostanza, non vi devono essere competizione e concorrenza fra le politiche dello Stato sociale e quelle della sicurezza, in quanto la sicurezza entra a pieno titolo nella politica di welfare e, come tale, deve essere intesa nelle azioni condotte dagli organismi statali e in quelle delle autonomie locali. In proposito, mi ha colpito l�osservazione svolta poco fa del prefetto di Palermo, il quale ha sottolineato come un discorso del genere - � questa la riflessione che faccio su quel che ho appena detto - possa reggere nel momento in cui vi sia un welfare strutturato e ben caratterizzato.

Il principio di extrema ratio o di sussidiariet� comporta che l�azione punitiva deve intervenire quando le altre politiche si sono dimostrate inadeguate. Si deve per� chiarire che, per intervenire nelle specifiche situazioni, non bisogna aspettare che le politiche sociali abbiano mancato l�obiettivo: talvolta, infatti, esse non sono lo strumento adatto. Occorre cio� aver chiaro sin dall�inizio dove possono avere successo le une e dove le altre, senza aspettare che l�una o l�altra si mostrino inefficaci.

La nuova idea di sicurezza delle amministrazioni locali, in partenariato con gli organi statali, comporta che tutti i soggetti stabiliscano assieme gli assi strategici e gli interventi mirati di interesse comune, sia pur nel doveroso rispetto delle competenze e prerogative di ciascuno, per poi operare insieme. � proprio questo il tema che, soprattutto nelle citt� di grandezza media, ci stiamo ponendo: sui singoli temi deve essere da subito noto dove intervenire in un modo e dove in un altro, in un quadro condiviso da tutti gli attori, i quali, costantemente responsabili, fanno la loro parte, valorizzando la specializzazione di ognuno. Ovviamente, ci� comporta un grande cambiamento di mentalit�.

Fra i vari settori che in particolare interessano le amministrazioni locali, comincio da quello della polizia municipale. Occorre caratterizzare ed attrezzare la polizia municipale perch� possa svolgere coerentemente la funzione di presidio amministrativo, anche rafforzandone l�organico per i compiti resi pi� vasti e complicati dalle trasformazioni della societ�, dal progressivo accentuarsi della complessit� delle relazioni, dal carattere pi� aggressivo dei fenomeni di devianza e di illegalit� e dal maggiore bisogno di presidio del territorio reclamato dai cittadini.

Ci� significa, anzitutto, affrettare l�iter parlamentare della legge di riforma, ma anche modificare le dotazioni degli strumenti di difesa personale, non perch� il ruolo del Corpo sia cambiato, ma perch� si � evoluto il contesto in cui esso opera. Dunque, la scelta compiuta da molti sindaci, me compreso, di dotare le forze dell�ordine di nuovi strumenti di difesa personale ha la funzione di consentire lo svolgimento dei normali compiti di istituto, in realt� resi pi� difficili e insidiosi. Questo significa, nella sostanza, svolgere le funzioni di oggi in condizioni di maggiore sicurezza, anche per gli operatori.

Del resto, proprio le situazioni pi� estreme confermano che la polizia municipale deve continuare a svolgere le sue mansioni anche se occorrono pi� incisivit�, pi� mezzi, pi� innovazione, pi� coordinamento, pi� capacit� di mettere in campo azioni decisive, che consentano ai cittadini di vivere senza disagio e senza intrusioni. Non ha senso, cio�, consegnare - solo perch� pi� difficile ed arduo - il tema della quotidiana vivibilit� urbana agli strumenti del controllo di polizia e dell�ordine pubblico, pensando invece di arretrare la polizia municipale ai soli compiti legati alla circolazione stradale e a quelli amministrativi.

Passando alle specifiche competenze dei sindaci in tema di sicurezza urbana, il nostro operato deve poter anche contribuire a definire, in senso positivo e con le modalit� appropriate, le scelte e l�individuazione delle linee operative delle istituzioni deputate alla gestione diretta dei temi della sicurezza. Stare nei processi, partecipare al confronto con idee e contributi propri, essere forti anche della fiducia dei cittadini: tutto ci� ci rende soggetti attivi del problema e delle possibili soluzioni. Crediamo cio� non solo di avere idee e buone ragioni, ma anche di essere titolari di taluni degli strumenti che concorrono ad affrontare tali problemi. Dobbiamo, insomma, esserci: in primo luogo, per definire le nostre politiche sulle citt�, e poi per affermare e far vivere il modello di riferimento, cio� la costante complementariet� fra prevenzione sociale e politiche di sicurezza.

Per quanto riguarda l�esperienza dei patti di sicurezza fra i sindaci e i prefetti, indubbiamente il nuovo imporsi del tema, in una citt� come Modena (la prima a sperimentare anni fa questo progetto), ci rende forti di un�esperienza, e soprattutto mette avanti la valorizzazione del ruolo preventivo delle politiche comunali, assieme - come gi� detto - al rinnovato aggiornamento delle funzioni della polizia municipale.

Noi riteniamo che lo strumento del patto sia importante, perch� consente di governare assieme i processi. Siamo in presenza, cio�, di un quadro sociale ed economico che non d� alle persone, e dunque alle istituzioni, il tempo necessario per cementare la coesione sociale, a causa di trasformazioni troppo significative e repentine (quella �liquidit� del moderno� di cui parla Baumann nei suoi famosi contributi).

Un punto tutto specifico - e concordo in questo con molti degli interventi che mi hanno preceduto - � quello dei rapporti tra sicurezza e migrazione clandestina. Parlo di una citt� senza sostanziale disoccupazione e con una migrazione regolare, che all�anagrafe ha raggiunto l�11 per cento.

PRESIDENTE. Vedo segni di invidia in altri interlocutori...

GIORGIO PIGHI, Consigliere nazionale della Lega delle autonomie locali e sindaco di Modena. Il nuovo tema dell�espulsione dei cittadini pericolosi - � gi� stato sottolineato - ha evidenziato quanto sia delicato far fronte a fenomeni nuovi: allontanare gli�indesiderabili� (sono parole che rubo all�ambasciatore Romano) comporta la necessit� di dire chiaramente al Paese che i �desiderabili� nelle file dell�immigrazione costituiscono la stragrande maggioranza e meritano di essere accolti come tali.

In un simile quadro, anche il tema dei centri di permanenza - ve ne � uno nella mia citt� - sta vivendo una dimensione nuova a livello locale ma, soprattutto, a livello nazionale. Una nuova idea di trattenimento, legata pi� al pericolo per le esigenze di sicurezza della collettivit� e meno al dato formale della mancanza pura e semplice di documenti, sembra farsi strada, e ritengo che il Parlamento dovrebbe saperla cogliere.

Occorre, cio�, andare oltre un�esperienza che non risponde bene al bisogno di allontanare solo coloro che creano problemi per la sicurezza (allontanarli almeno in quel modo, mediante il trattenimento), distinguendoli nettamente dai soggetti pi� deboli anche se clandestini, da espellere con altre modalit�. Anche per  l�espulsione degli stranieri indigenti, inottemperanti all�ordine del questore, il dibattito ha coinvolto la mia ed altre citt�, e presenta delicate implicazioni in rapporto all�autonomia della magistratura.

Deve essere evitato il ripetersi delle scarcerazioni di persone che non hanno le risorse per tornare nel loro Paese. Bisogna invece trovare il modo di organizzare - come propone l�Unione europea, le cui indicazioni sono state seguite in molti Paesi - il rimpatrio consensuale; si prevedano dunque risorse destinate a tale scopo, ma evitiamo che i cittadini percepiscano ulteriore insicurezza perch� non riescono pi� a capire a cosa � dovuta la mancata soluzione del problema. Anche a tale riguardo, occorre evitare che il tema della sicurezza venga addossato tout court alle fasce sociali pi� deboli ed emarginate; ma, per farlo, sono necessarie nuove tipologie di provvedimenti che impediscano ai problemi di incancrenirsi.

Quanto al modo in cui affrontare il cosiddetto �pacchetto sicurezza�, il nostro Paese avverte profondamente sia il tema della sicurezza sia quello delle garanzie. Forse, in ci� risiede la maggiore difficolt� ad essere in sintonia con il Paese, per un difetto cronico del nostro sistema. Sono proprio temi quali il disagio urbano ad allargare tra i cittadini il sentire comune, in base al quale non basta lo sforzo per adottare nuove norme, quando sappiamo in partenza che esiste un divario troppo ampio tra le norme stesse e la capacit� di farle applicare. Ci� che ci aspettiamo dalla nuova caratterizzazione delle attribuzioni ai sindaci, prevista dal �pacchetto sicurezza�, non sono poteri nuovi - lo abbiamo detto e lo ribadiamo chiaramente -, bens� strumenti per far funzionare bene quelli che abbiamo.

Questa affermazione sta a significare che si devono seguire alcuni indirizzi precisi, puntuali, chiari. Dobbiamo, cio�, poter emettere ordinanze che parlano direttamente di sicurezza, senza doverci appoggiare - indebolendole - ai temi della circolazione stradale, dell�igiene, dell�incolumit� pubblica (e cio�, sostanzialmente, parlare d�altro), e poterci coordinare con le altre forze dell�ordine senza che ci� rappresenti una mera scelta di buona volont�, ma un impegno stringente, doveroso, verificabile e, possibilmente, rendicontabile.

Dobbiamo poter imprimere forza alle azioni che minano la coesione sociale - come la cattiva frequentazione dei pubblici esercizi, l�occupazione abusiva di immobili o, nelle citt� in cui si realizzano, gli insediamenti di fortuna -, adottando provvedimenti che nascono direttamente dalle nostre competenze, con formulazioni certe che non consentano alle divergenze interpretative di indebolirli.

Il contrasto al disagio urbano, per concludere, non richiede solo chiarezza di obiettivi e di metodi, coordinamento, norme, organici, risorse, capacit� tecnica. Tutto ci� deve essere presente e deve migliorare, e le autonomie italiane ed il Forum per la sicurezza sono convinti che non si possa prescindere dalla capacit� di portare le citt� ed il complessivo sistema Paese a prendersi carico del problema.

Oltre alla disponibilit�, occorre la coerente consapevolezza che il disagio urbano nasce spesso da un�insufficiente capacit� in tanti settori dell�amministrazione pubblica di prevedere le possibili conseguenze e contraddizioni delle scelte operate. Mi riferisco non solo agli interventi di recupero urbano, che danno spazio per certi luoghi ad anni di �terra di nessuno�, al maturare di contraddizioni sociali imponenti senza mettere in campo alcun intervento di mediazione dei conflitti, alle trasformazioni di composizione sociale di interi quartieri senza governare in alcun modo i processi, ma anche al cambiamento cui assistiamo in alcuni settori specifici.

Su nuovi temi che hanno ricadute sulla sicurezza e il disagio urbano e coinvolgono soprattutto i giovani - come il bullismo nelle scuole, le degenerazioni nelle aggregazioni giovanili universitarie, le tifoserie negli stadi, il mondo delle discoteche, e via dicendo - sta rafforzandosi un nuovo fronte problematico, come qualcuno ha gi� evidenziato, rispetto al quale le autonomie locali sono chiamate ad intervenire prefigurando  nuovi contesti settoriali, rispetto ai quali la �modernit� liquida� che abbiamo davanti (mi riferisco sempre a Baumann) chiama a misurarci con nuove forme di disagio. Potrebbe esservi un terreno -ritengo - nel quadro del disagio e della sicurezza urbana sul quale spingerci verso un rapporto condiviso anche con nuovi attori istituzionali - penso alla scuola, alle universit�, e via dicendo -, in cui individuare alcune direttrici di un�azione di partenariato mirata alla soluzione di tali problemi.

FRANCESCO ALECCI, Prefetto di Messina. Signor presidente, ho consegnato agli atti prima di iniziare l�audizione una nota nella quale, aderendo positivamente alla richiesta contenuta nella lettera che mi ha inviato, ho sintetizzato l�intervento per quanto attiene al problema del disagio urbano nella citt� metropolitana di Messina. In questo senso ho calibrato l�intervento, perch� avevo colto ed inteso dalla sua nota la volont� di approfondire specificamente quanto attiene al disagio urbano.

La citt� di Messina ha avuto una connotazione peculiarizzata storicamente nella sua struttura urbanistica dal terremoto del 1908, in conseguenza del quale il tessuto immobiliare, ovviamente esistente allora, � stato distrutto all�85 per cento. Quella distruzione del patrimonio ha reso necessario nei decenni successivi una lenta ricostruzione, soprattutto rivolta all�edificazione di immobili e di soluzioni abitative per le fasce pi� deboli.

Inizialmente, tutto ci� non fu possibile in termini proficui ed esaustivi e quindi fu necessario realizzare delle cosiddette �baracche�, che inizialmente sembravano essere una soluzione minimale, ma che poi divennero, nel corso di quegli stessi decenni, una situazione abbastanza sistematica. La citt� pertanto conserv�, sino alla prima e alla seconda guerra mondiale, la vasta presenza, nell�ambito del tessuto immediatamente periferico rispetto al centro urbano, di queste�baracche�, le quali ancora oggi, nel 2007, sono incredibilmente presenti, comportando non soltanto conseguenze sgradevoli sotto l�aspetto estetico, di colore e di costume, ma incidendo in maniera sostanziale e pesantissima per quanto attiene al disagio urbano e alla vivibilit� dei cittadini. Sto parlando...

ORIANO GIOVANELLI. Sembra che ci sia una tecnica particolare per tenere sempre in piedi queste �baracche�.

FRANCESCO ALECCI. Prefetto di Messina. Purtroppo � vero.

ORIANO GIOVANELLI. Vengono assegnate le case a chi ne fa richiesta, ma poi, una volta ottenute, i figli o quelli che abitano nelle case rientrano nelle �baracche�,in modo tale che vi sia l�assegnazione di nuove case.

PRESIDENTE. Una mobilit� del mercato, insomma.

FRANCESCO ALECCI, Prefetto di Messina. Signor presidente, sarei arrivato anche a questo, perch� la fotografia della situazione non � data soltanto da eventi negativi, ma anche dalle loro motivazioni.

In effetti, si tratta di un circuito perverso, che poi fa assumere anche un significato criminale ad un evento che non riguarda solo criteri estetico-abitativi, n� consiste soltanto in un ritardo nell�attuazione di un piano di eradicazione di fasce della popolazione molto significative, anche sotto l�aspetto del numero, da questi quartieri degradati, ma purtroppo diventa anche un�azione e uno strumento delle capacit� criminali locali per lucrare anche su tale fattispecie. Mi riferisco al mancato abbandono da parte di uno o pi� nuclei familiari di un�abitazione che purtroppo rimane l� anche quando al suo assegnatario - anzi al suo occupante - da anni viene concessa finalmente l�assegnazione di un alloggio economico-popolare, in quanto viene immediatamente (gi� all�indomani) occupata da altri.

Questo aspetto pu� sembrare abbastanza semplice e, comunque, scarsamente significativo, per�...

PRESIDENTE. � la �baracca� che viene occupata da altri?

FRANCESCO ALECCI, Prefetto di Messina. Certo, il giorno dopo in cui la �baracca� viene lasciata libera da colui che vi ha vissuto con il suo nucleo familiare.

PRESIDENTE. Non viene abbattuta?

FRANCESCO ALECCI, Prefetto di Messina. Esatto, non viene abbattuta. La soluzione ovviamente dovrebbe essere quella di intensificare l�edilizia economico-popolare rivolta ovviamente non soltanto - ma anche - a questi nuclei familiari, e quella dell�immediato abbattimento non appena si procede alle assegnazioni. Tutto ci� nel tempo non � avvenuto o � avvenuto in misura scarsamente significativa, e quindi, come veniva ricordato da altre persone, effettivamente la situazione si mantiene negativa.

Il persistere di questa situazione negativa non comporta naturalmente conseguenze di costume ma, come dicevo prima, un vero e proprio disagio urbano, perch� le condizioni di queste �baracche� (il termine pu� essere abbastanza generico) sono veramente non solo fatiscenti, ma anche di estrema pericolosit� e disagio fisico. Si tratta di costruzioni ad un solo piano, con coperture realizzate sistematicamente in eternit e con mancanza assoluta ovviamente non soltanto di collegamenti alle condotte fognarie urbane, ma anche a fosse Imhoff, che peraltro non esistono. Praticamente vi � una caduta gravitazionale che nel tempo - anche in relazione alla struttura morfologica della citt�, caratterizzata da colline incombenti e, quindi, da forti declivi - fa s� che in caso di piogge forti e consistenti l�imbibizione del terreno lasci affiorare, appunto, rifiuti che evidentemente rappresentano purtroppo una costante in tali aree. Si tratta di circa 3 mila abitazioni, dove abitano in media tra 10 e 12 mila cittadini messinesi che vivono in tali condizioni. Dette situazioni continuano a mantenersi costanti, come dicevo, ormai da cento anni; l�anno venturo ricorrer�, infatti, il centenario.

Tutte le istituzioni sono state interessate da questo problema ed anche il segretariato generale della Presidenza della Repubblica ha recentemente chiesto alla prefettura elementi informativi su tale punto. La situazione � questa. La legge regionale n. 10 del 1990 ha previsto appositi interventi di edilizia economica e popolare a favore della citt� di Messina, destinando a questo scopo notevoli risorse finanziarie. La legge � stata applicata e le costruzioni sono state realizzate. La citt� di Messina ha un patrimonio di edilizia economica e popolare significativo, ma purtroppo le tremila �baracche� sono sempre l� e 10-12 mila cittadini vi continuano a vivere...

PRESIDENTE. Mi scusi, signor prefetto, quelli che entrano nelle nuove �baracche� sono cittadini sempre di Messina, vengono dall�hinterland o da fuori?

FRANCESCO ALECCI, Prefetto di Messina. No, non vi sono immigrazioni da fuori n� dai comuni contermini. L�area metropolitana � cos� definita che comprende nel suo hinterland complessivo cinquantuno comuni, incluso il capoluogo, come da provvedimento regionale risalente al 1995. In effetti si verifica scarsissima osmosi di trasferimenti da un comune all�altro e comunque si tratta di cittadini che vivono situazioni di profondo disagio. Quanto diceva il signor sindaco (cio� tassi di disoccupazione pari a zero) rimarr� per noi, prefetti della Sicilia, un sogno bellissimo. Non � cos�, signor presidente, e non lo sar� mai se si continua ad accettare un certo sistema sociale.

In realt� accade che, come dicevo prima, nonostante gli sforzi non si � riuscito a risolvere il problema. Le amministrazioni comunali che si sono precedute, a prescindere dai colori delle giunte municipali e dei sindaci, non sono riuscite a dare un impulso forte e significativo. Recentemente la prefettura ha realizzato interventi specifici nei confronti dell�assessorato regionale ai lavori pubblici, anche d�intesa, come ho ricordato signor presidente nella nota che ho consegnato agli  atti, con il signor procuratore della Repubblica presso il tribunale di Messina. Infatti, innanzitutto si registrano coinvolgimenti criminali che bisogna far cessare attraverso sistemi appropriati. Inoltre, si deve anche dire che comunque in alcuni momenti (per esempio un anno e mezzo fa) la procura della Repubblica ha sequestrato una intera area, dove peraltro vi erano soltanto poche abitazioni, proprio perch� si era creata una situazione assolutamente impossibile e si registravano reati, anche consistenti, nella situazione di degrado esistente nonch� nella condizione di pericolo che connotava dette situazioni. Ci�, per�, � stato reso possibile dal fatto che il sequestro riguardava in totale circa venti nuclei familiari; quindi sostanzialmente � stato facile dapprima �parcheggiarli� in soluzioni temporanee e farli divenire in seguito assegnatari di alloggi.

Comunque, la procura della Repubblica sta sottoponendo ad un monitoraggio molto attento la situazione. La settimana scorsa siamo andati - il sottoscritto ed il signor procuratore - dall�assessore regionale ai lavori pubblici ed abbiamo definito un programma di intensificazione degli investimenti; si � parlato di 47 milioni di euro, la somma residua che la legge regionale n. 10 del 1990 metteva a disposizione e che sar� dispiegata immediatamente attraverso progetti che avranno priorit� assoluta per quanto riguarda la loro realizzazione. Questa settimana - gioved�- l�assessore regionale giunger� a Messina e quindi potremo pervenire ad una definizione anche nei particolari.

Devo anche dire, signor presidente, che purtroppo questa citt�, cos� sfortunata, vive in questo momento l�assenza di un�amministrazione comunale. Dalla met� di ottobre la giunta, il sindaco e il consiglio comunale sono stati dichiarati decaduti a seguito dell�annullamento delle elezioni amministrative del novembre 2005, e quindi fino alla primavera prossima sar� in carica un commissario regionale, dal momento che il tipo di decadenza dell�amministrazione comporta, per la specificit� della legge regionale siciliana sugli enti locali, che il commissario venga attinto nell�ambito dei componenti del servizio ispettivo degli enti locali. Questa situazione ovviamente - non esprimo valutazioni di merito, ma constato fatti oggettivi - comporta ulteriore fragilit� nell�azione che l�amministrazione comunale potrebbe dispiegare in questo momento. Infatti, ritengo che non si tratti soltanto di un problema di edificazione di nuovi immobili dove trasferire le persone, ma anche di presenza dei servizi sociali nel territorio, servizi che purtroppo la citt� di Messina obiettivamente non � riuscita a garantire. I servizi sociali sono forniti da persone e da assistenti sociali, ma sono anche resi possibili da strategie che naturalmente, per essere impiegate ed effettivamente dispiegate, necessitano di continuit� nel tempo.

L�amministrazione comunale di Messina � stata commissariata per oltre due anni (dal 2003 al 2005); si � insediata poi un�amministrazione eletta, decaduta anch�essa dopo nemmeno due anni. Ci ritroviamo, quindi, in un�alternanza di gestioni commissariali che si succedono a gestioni amministrative ordinarie. Tale alternanza sicuramente ha reso impossibile l�effettiva realizzazione di un programma di socializzazione delle aree in questione.

Faccio anche presente che queste 3 mila abitazioni occupano aree molto significative, tra l�altro non marginali sotto l�aspetto topografico ma anche molto contigue al centro urbano con il quale, anzi, non vi sono soluzioni di continuit�. Ci� comporta anche un grande interesse a riacquisire la disponibilit� di tali aree, non certo per fini patologici, ma proprio per realizzare una urbanizzazione corretta, non soltanto dal punto di vista estetico, ma anche sotto l�aspetto dei servizi sociali e di quei beni che possono essere messi a disposizione della comunit�.

Si tratta di un problema pi� ampio, signor presidente. Sempre rimanendo nell�ambito del disagio urbano, volevo fare presente che questa citt� soffre di una serie molto significativa di patologie che si connettono anche ad una presenza via via sempre pi� ridotta - e quindi sempre pi� scarsamente significativa - di realt� che  nel tempo hanno costituito importanti sbocchi occupazionali. Mi riferisco al problema dell�attraversamento dello Stretto e quindi della fortissima presenza di una rete ferroviaria nell�ambito della citt� di Messina ed anche dei mezzi navali, utilizzati nel tempo dalle ex Ferrovie dello Stato (ora RFI). Si tratta di una presenza che si � ridotta e che ha lasciato sempre pi� spazio ai traghettamenti di imprenditori privati. Tuttavia, RFI spa occupa tuttora in modo permanente vaste aree, prima funzionali e serventi a questo forte sistema di collegamento ferroviario, che oggi hanno perso in maniera molto forte la loro vocazione cos� come il loro effettivo impiego. RFI continua per� a mantenere queste zone, tutte prospicienti il cosiddetto �fronte mare�, che invece potrebbero essere di interesse fondamentale per lo sviluppo della citt�.

In questo senso, � alla firma del signor Presidente del Consiglio dei ministri ormai da oltre un mese un provvedimento - un�ordinanza di protezione civile - che sar� firmato entro i prossimi giorni e che conferir� i cosiddetti �poteri speciali� a realt� che saranno in grado - spero di poter dire - di realizzare non soltanto un programma di riordino urbano e di interventi forti per quanto riguarda la mobilit� urbana stessa, ma anche la realizzazione di una piattaforma logistica polifunzionale in localit� Tremestieri. Qui, infatti, saranno fatti convergere tutti i sistemi di traghettamento da Villa San Giovanni e Reggio Calabria verso Messina e viceversa. Questo consentir� di evitare quell�elemento di forte appesantimento- cronica patologia per Messina - per la buona vivibilit� della citt� costituito dall�attraversamento dei mezzi pesanti, numerosissimi in entrata ed uscita e che nei decenni scorsi hanno purtroppo patologicamente afflitto la citt�.

Al di l� di questa ordinanza di protezione civile, vi � poi un�altra realt� ugualmente all�esame della Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero l�attivazione del cosiddetto tavolo istituzionale �Citt� di Messina�. che ho ritenuto di proporre al Presidente del Consiglio dei ministri, forte anche della positiva esperienza compiuta a Taranto, la mia precedente sede, dove si era giunti alla realizzazione di un tavolo istituzionale dopo quelli di Milano, Napoli e Cagliari. L�ho fatto proprio per dare la possibilit� di realizzare - in una gestione coordinata attraverso la presenza forte dei dicasteri interessati sulle singole tematiche, oggetto di patologie nell�ambito di questa citt� - un intervento coordinato in grado di utilizzare non soltanto le risorse endogene della citt� di Messina (imprenditoria, rappresentanti istituzionali della citt�, della provincia e dell�area metropolitana) per migliorare determinate situazioni, ma anche quelle delle amministrazioni centrali cui chiediamo di impegnarsi con determinazione. Penso che il disagio urbano, originato da questi specifici elementi, possa trovare soluzioni complessive.

PRESIDENTE. La ringrazio. Vorrei dire, approfittando dell�interruzione dell�onorevole Giovannelli, che se alcuni interlocutori o parlamentari hanno domande rapidissime da porre a chi parla, possono farlo sul momento o, se credono, anche successivamente. Lo dico a beneficio dei presenti.

MARTA VINCENZI, Sindaco di Genova. Volevo porre all�attenzione sua, signor presidente, e della Commissione, riservandomi eventualmente di lasciare una nota contenente maggiori precisazioni, la situazione relativa al patto per la sicurezza che si sta attuando a Genova e - come, gi� si � detto - in altre citt� metropolitane. Vorrei mettere in evidenza alcune difficolt� relative al rapporto tra questo patto - firmato a Genova nel giugno di quest�anno (� stato uno dei primi atti che ho potuto compiere dopo l�elezione) - e la normativa del �pacchetto sicurezza�. Vorrei inoltre sottolineare come l� utilit� di tale patto abbia a che fare soprattutto con l�esigenza, correlata al disagio urbano, di una maggiore sicurezza, che sia percepita dai cittadini.

Io credo dunque che funzioni non tanto, e non solo, per il meccanismo, virtuoso peraltro, di alleanza, collaborazione  e dialogo che viene istituito tra comune, provincia, regione, forze dell�ordine, prefettura e questura, quanto perch� trae origine da un�analisi e da un�indagine approfondita delle questioni legate al disagio, che sono diverse citt� per citt� e luogo per luogo.

Per quanto riguarda la mia citt�, � stata mia intenzione dare una particolare impostazione al patto per la sicurezza, legandolo alla questione dei flussi migratori. Non perch� la citt� di Genova sia percorsa da flussi migratori di rilevante quantit�, ma perch� � una realt� dove il rapporto tra flusso migratorio e andamento demografico rende particolarmente difficile la convivenza, determinando in alcuni momenti conseguenze anche pesanti. Ricordo a questo proposito le 93 ronde che si aggiravano nel centro storico e che io volevo, e voglio, a tutti i costi evitare.

Cosa � successo in questi anni, presidente? � accaduto - e questo va forse letto in una dimensione nazionale - che il tasso di immigrazione nella mia citt�, nel giro degli ultimi quattro anni, � pi� che raddoppiato. Sto parlando della immigrazione, diciamo, residente, non di quella clandestina, che peraltro � notevolmente aumentata.

La modificazione interna del rapporto di questi flussi migratori ha visto una popolazione, quella romena, che in precedenza contava la presenza di alcune centinaia di persone appena - peraltro assolutamente integrate e inserite - superare nel giro di pochi mesi le 5 mila presenze, anche a causa di situazioni internazionali che conosciamo. Questo � accaduto nel giro di alcuni mesi in una citt� caratterizzata da una popolazione anziana - e in questo senso il collegamento con la demografia andrebbe meglio indagato - con il risultato di avere nella citt� una presenza di bimbi, di giovani e di ragazzini a cui vengono attribuiti, pi� che azioni criminali, una vera e propria illegalit� diffusa ed anche comportamenti tali da arrecare fastidio. Di qui il senso di insicurezza percepita, che era prima quasi inesistente.

Ho una teoria, che vorrei qualcuno verificasse a livello nazionale, ritengo che esista una sorta di sostituzione: alcuni reati ormai tendono a rimanere numericamente stabili, perlomeno in citt� come Genova, ma vengono commessi da categorie di persone diverse. E questa diversit� fa la differenza.

PRESIDENTE. Pu� spiegarci meglio, sindaco?

MARTA VINCENZI, Sindaco di Genova. Diciamo che la quantit� di �mariuoli�, complessivamente, in una citt� negli ultimi anni a me pare non sia cambiata. O quanto meno, anche tenendo conto degli elementi di opacit� o chiarezza relativi alla quantificazione dei furti e dei reati che non sempre vengono denunciati, non mi pare si sia registrata negli ultimi anni, dal 2000 ad oggi, in una citt� come la mia, un incremento di furti o di reati della stessa gravit�. Ci� che cambia � la tipologia di chi li commette: non sono pi� gli autoctoni, che figurano sempre meno tra gli autori di questo tipo di reati, non sono pi� i maghrebini. In questa fase sono i romeni, almeno nella mia citt�. E a seconda di chi commette reati, la percezione dell�insicurezza cambia: la tipologia di reati compiuti in una citt� dove l�et� media � assai elevata e il livello di benessere diffuso, unitamente al fatto che questi vengano commessi per strada non da ragazzini, o da giovani italiani o scugnizzi, ma da romeni piuttosto che da albanesi, con modalit� anche aggressive, fanno s� che la sensazione di insicurezza sia percepita in modo molto pi� elevato.

Su questo abbiamo lavorato molto a lungo e avrei dunque molto da raccontare ma intendevo sottolineare che il patto per la sicurezza siglato a giugno � stato da me orientato a dare risposte a questa tipologia di problemi. Si tratta, infatti, di riorganizzare la conoscenza della situazione quartiere per quartiere: a questo scopo abbiamo diviso la citt� in unit� urbanistiche (nella mia citt� ce ne sono 72), distinte dai quartieri o dai municipi, per capire cosa stava accadendo in ognuna di esse. E  ci� che ancora � necessario garantire nell�ambito del patto � la possibilit� di scambiarsi le informazioni. Devo dire che questo � un elemento che mancava e manca ancora. Non possiamo venire a conoscenza dei dati essenziali se non ci si scambiano le informazioni.

PRESIDENTE. Tra chi, sindaco, le informazioni non vengono scambiate?

MARTA VINCENZI, Sindaco di Genova. Tra istituzioni. Non vengono scambiate le informazioni tra gli assistenti sociali che operano sul territorio, quelli di strada, che dipendono dal comune, i vigili urbani - e questi sono aspetti che spetta al comune risolvere - e neanche tra tutti questi soggetti e le forze dell�ordine, i Carabinieri, la Polizia. Le informazioni, almeno fino alla definizione del patto, non venivano condivise. E anche oggi credo manchino gli elementi scientifici necessari a far s� che lo scambio di informazioni non sia solo un parlarsi, ma un processo volto alla raccolta dei diversi elementi. Ritengo che la discussione in ordine alla normativa del cosiddetto �pacchetto sicurezza� possa rappresentare l�occasione per ragionare intorno alla possibilit� di consentire lo scambio generalizzato di banche dati, di informazioni corrette, innalzando scientificamente la possibilit� di intervento sulla base delle conoscenze.

Detto questo, il patto � servito per mettere in campo i cosiddetti vigili di quartiere - noi ci siamo organizzati cos� - che agiscono come deterrente e vengono percepiti in modo positivo. Inoltre, con tale patto si � provveduto, dopo aver individuato i luoghi opportuni, all�installazione di 22 telecamere, in aggiunta alle 90 gi� presenti - ormai non se ne pu� fare a meno -, nonch� alla rimodulazione dei servizi di presidio del territorio grazie alla collaborazione della polizia municipale. Dunque il patto a mio avviso � utile se viene orientato in questa direzione.

Vorrei per� segnalare due elementi di criticit�: in primo luogo le attuali difficolt� burocratico-amministrative concernenti l�utilizzazione del Fondo speciale per l�attuazione dei progetti di sicurezza, che a mio avviso devono essere velocemente superate. Infatti, tale fondo allo stato attuale non � sfruttato in modo ottimale, proprio perch� non � orientato al raggiungimento di finalit� precise.

PRESIDENTE. Pu� farci pervenire una documentazione che analizzi pi� nel dettaglio queste difficolt� specifiche cui si riferisce?

MARTA VINCENZI, Sindaco di Genova. Certo, provveder� in tal senso, signor presidente. Mi riferisco all�utilizzo del fondo, a mio avviso non ottimale, in relazione ad interventi sugli immobili adibiti ad uso delle forze dell�ordine, per esempio, oppure in ordine alla dotazione alle forze dell�ordine di auto e benzina. Interventi di questa natura non dovrebbero essere inseriti nei patti per la sicurezza che si firmano a livello locale perch� cos� facendo si depaupera il fondo; le risorse non sono numerose e se utilizzate in quella direzione non possono venire impegnate in quegli strumenti di collaborazione e coordinamento che costituiscono il pregio dei patti.

Tornando alla questione dei flussi migratori, su cui mi sono soffermata in precedenza, passando dal livello di intervento del patto a quello della normativa del �pacchetto sicurezza�, vorrei sottolineare che sarebbe utile assicurare procedure di regolarizzazione degli immigrati pi� efficienti e rapide, al fine di contribuire ad ostacolare il frequente fenomeno di passaggio dalla marginalit� alla criminalit�. Personalmente non propendo per un ampliamento dei poteri dei sindaci - posizione che mi vede anche in minoranza all�interno di diversi organismi - ma sono assolutamente d�accordo con il sindaco di Modena sulla necessit� di maggiori strumenti e sull�ampliamento delle materie che possono essere oggetto di ordinanze contingibili e urgenti, anche estendendone il campo di applicazione alle cosiddette emergenze sociali.

Credo sia necessario e utile rivedere, nell�ambito del �pacchetto sicurezza�, la  composizione e la gestione dei Comitati provinciali per l�ordine e la sicurezza pubblica, al cui interno la figura del sindaco trova oggi una collocazione ambigua, considerato che il raggiungimento di un accordo dipende dalla buona volont� di sindaci e prefetti.

Inoltre, occorre prendere in considerazione l�insieme dei cosiddetti reati contravvenzionali, quelli che intasano le aule di giustizia compromettendo l�efficacia del circuito penale. A questo riguardo credo siano di particolare interesse per gli enti locali l�implementazione della mediazione penale, l�individuazione dell�istituto della messa in prova per gli adulti, anche in fase di indagine preliminare, e l�individuazione di misure alternative alla pena in un�ottica risarcitoria; ad esempio imporre ad un writerdi ripulire i muri o costringere un vandalo a spendere un po� del proprio tempo in attivit� sociali o ambientali, sarebbe cosa giusta, non rientrando nel quadro di quei reati che hanno a che fare con la criminalit� organizzata.

Altro fenomeno cui guardo con grande preoccupazione � quello della diffusione della prostituzione, anche e soprattutto minorile o quasi minorile. Registro il cambiamento dei racket nella mia citt� e, credo, nel nostro Paese. Stiamo assistendo al passaggio dal racket degli albanesi che comprano le donne, o le bambine, dell�Est alla diffusione di questa attivit� tra i rumeni e alla possibilit� che un nuovo racket si sostituisca al primo con l�insorgere di risse e conflitti. Noi stiamo affrontando il problema del reinserimento di queste ragazze con un progetto chiamato Sunrise che intende sottrarle alla prostituzione. Attualmente ne abbiamo in carico 180, ma da soli a livello locale non possiamo farcela, siamo �a mani nude�. Questo della lotta ai racket della prostituzione, � tema del quale il �pacchetto sicurezza� non fa cenno, e ci� non � possibile. So che viene trattato separatamente, ma sottolineo che si tratta di uno dei fenomeni che creano maggiori problemi nelle nostre citt�.

Infine, desidero soffermarmi sulla questione rom e in generale delle persone di etnia rom, siano esse rumene, slave, sinti o italiane. Credo sia necessario superare il concetto di nomadismo per i nuclei stanziali che insistono da tempo sul territorio comunale: vi sono persone che sono stanziali da decenni. Occorre dunque superare l�impostazione dei campi e delle baracche, tenendo conto della peculiarit� dell�etnia che ha qualche difficolt� a rapportarsi con gli elementi tipici della cultura dei gage, come li chiamano i rom, ovvero di noi italiani. Credo sia possibile e necessario evitare la presenza di tanti campi nomadi. Sono convinta al contrario che questi vadano aboliti e che debbano essere progressivamente sostituiti con micro aree che tengano conto del livello della composizione familiare allargata.

� un problema per� che non ha niente a che vedere con i rom di cittadinanza rumena che hanno invaso negli ultimi mesi le nostre citt�. Si tratta di persone che vivono in campi abusivi e non intendono rimanere nel nostro Paese, ma solo fermarsi per brevi periodi. Per questo fenomeno credo sia possibile operare per la realizzazione di campi di transito, gestiti attraverso patti di legalit� con gli occupanti che prevedano un termine di permanenza - quello previsto dal decreto legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007 - scaduto il quale, per�, senza che abbia avuto inizio un percorso di integrazione, si debba procedere all�allontanamento. Penso che su questo bisogner� essere chiari anche con l�Unione europea, con il Parlamento europeo e con tutti quei soggetti internazionali che hanno male inteso una questione che certo attiene ai rapporti bilaterali tra Italia e Romania, ma negli ultimi mesi ha determinato l�esplosione del disagio sociale nelle nostre citt�, con la possibilit� di alimentare il rischio di un razzismo di ritorno che il nostro Paese deve evitare.

CARLO SCHILARDI,Prefetto di Bari. Ho gi� depositato un documento, tuttavia cercher� di tracciare rapidamente il quadro della situazione per quanto riguarda la citt� di Bari.

Relativamente alla criminalit� organizzata, a Bari, dopo il ridimensionamento del problema del contrabbando dei tabacchi esteri, che in Puglia aveva una rilevanza significativa attraverso i canali che dai Balcani conducevano a Napoli, passando per Fasano, il traffico degli stupefacenti � diventata l�attivit� principale alla quale si dedica il crimine organizzato. Il collegamento � abbastanza stretto nel caso della criminalit� calabrese, mentre quella pugliese si limita soprattutto all�attivit� di distribuzione sul territorio. Vi sono, inoltre, segnali di collegamenti - accertati dalla Direzione distrettuale antimafia - con la criminalit� sudamericana e colombiana.

Nel documento che ho depositato sono indicate le principali operazioni di polizia coordinate dalla DDA (quest�ultima molto efficiente ed efficace in Puglia, in particolare a Bari), che hanno consentito, nei luoghi pi� delicati (Bari, centro storico e periferie, Bitonto ed Andria), interventi molto efficaci.

I clan malavitosi si dimostrano territorialmente ben radicati, ma la Puglia gode di una posizione di vantaggio rispetto ad altre aree dell�Italia meridionale: questi clan dimostrano non solo una sostanziale incapacit� di perseguire strategie unitarie, ma anche di essere molto conflittuali tra di loro. Ci� permette di intervenire in maniera pi� incisiva e di individuare il bandolo della matassa.

Tengo a precisare che n� io, n� i colleghi che mi hanno preceduto abbiamo riscontrato condizionamenti significativi o collegamenti tra classe politica locale, burocrazia e criminalit�, a differenza di quello che ho potuto riscontrare durante la mia permanenza in Campania (tra Napoli e Caserta), pur in presenza di ordinari casi di malcostume, che nemmeno in Puglia mancano.

In particolare, per quanto attiene ai reati pi� gravi, il numero degli omicidi di quest�anno � fortemente in calo rispetto a quello dello scorso anno. Infatti, ne abbiamo riscontrati nove (invero, allo SDI ne risultano undici, ma tale discrepanza pu� essere dovuta a fenomeni di duplicazione), a fronte dei ventuno dello scorso anno. Ma il dato pi� significativo � che, dei ventuno omicidi commessi nel 2006, la magistratura e gli inquirenti sono riusciti ad individuare tutti gli autori: nessun omicidio � rimasto impunito, dato questo di non poco conto.

Nel documento sono indicati anche gli omicidi pi� significativi che si sono registrati in questo scorcio del 2007.

Molto grave � il fenomeno estorsivo, che rappresenta l�altra attivit� a cui si dedica la criminalit� organizzata, soprattutto per l�autofinanziamento e per il sostentamento dei numerosissimi detenuti appartenenti ai clan. I casi denunciati nel corso del 2007 sono stati poco pi� di duecento. Mentre il numero di questi reati � pi� o meno in linea con quello dello scorso anno, desta invece preoccupazione il numero di danneggiamenti perpetrati nei confronti di esercizi commerciali e di imprese. Ci� significa che il fenomeno �, in realt�, pi� grave di quanto emerga.

A questo proposito, ritengo molto interessante l�attivit� di alcune associazioni - sostenute anche dall�amministrazione comunale - di supporto ai commercianti e imprenditori, per aiutare questi ultimi a denunciare i reati di cui sono vittime, in particolare le estorsioni. Si � passati dai sei casi di denuncia collaborativa di estorsioni nel 2004, ai quindici casi nel 2006, e ai ben ventidue nei primi undici mesi del 2007. In particolare, la fondazione Santi Medici - molto vicina alla curia vescovile di Bari - � attiva ed efficace nei risultati.

Inoltre, stiamo lavorando molto per far conoscere agli imprenditori i benef�ci previsti dalla legge, come ad esempio la possibilit� di avere il ristoro dei danni subiti, in caso di collaborazione. Questo tipo di beneficio, in effetti, sta offrendo un notevole contributo all�aumento della collaborazione.

Rimanendo sul tema delle estorsioni, un altro fatto rilevante � la sempre maggiore presenza di donne attive nei clan mafioso-camorristici. A mano a mano che le operazioni della magistratura e delle forze di polizia procedono con arresti di capimafia, sempre di pi� le donne prendono  il loro posto, mentre i giovani svolgono spesso attivit� di pusher. Lo scorso anno, ad esempio, si � registrato l�arresto di sei donne del clan Capriati, operanti nel borgo antico, che coordinavano tutte le attivit� estorsive.

Un altro reato molto grave � quello di usura. Al riguardo, ritengo molto interessante una ricerca condotta dalla fondazione Santi Medici. Infatti, da una serie di questionari che sono stati distribuiti tra gli usurati, � risultato che circa l�80 per cento dei soggetti dichiaratisi usurati non appartiene al mondo imprenditoriale, bens� alla categoria dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati.

A questo proposito, a mio avviso, � assai preoccupante l�esistenza di pubblicit� ingannevoli sui prestiti a tasso conveniente: molto spesso, infatti, questi sono l�anticamera per l�usura. Pertanto, sarebbe estremamente utile una maggiore vigilanza, in questo ambito, da parte di alcuni organismi, la Banca d�Italia o altri.

Il fenomeno dell�usura si � andato aggravando con la progressiva scomparsa delle banche di interesse locale, a seguito del loro assorbimento e concentramento nelle banche nazionali. � vero che, rispetto alle banche nazionali, le banche locali praticavano tassi di interesse pi� elevati, tuttavia questi ultimi non raggiungevano mai i livelli da usura. Di fatto, abbiamo avuto una sostituzione delle banche locali con le finanziarie.

Quanto al traffico degli stupefacenti, i canali di approvvigionamento riscontrati dalle operazioni della magistratura conducono al nord Europa - soprattutto all�Olanda, quale prima fonte di approvvigionamento -ma anche al Venezuela. Nel documento troverete le risultanze investigative, e soprattutto le operazioni pi� significative che si sono realizzate.

Quanto, poi, al delicato problema della criminalit� diffusa sul territorio, vorrei sottolineare il preoccupante incremento, nel corso del 2007, dei cosiddetti �reati predatori�, ovvero rapine di ogni genere (supermercati, farmacie, banche, agenzie assicurative, stazioni di servizio e centri commerciali); si tratta di rapine di scarsissimo contenuto economico, ma preoccupanti per le modalit� di attuazione.

Come gi� riferito dal sindaco di Genova, gli autori di queste rapine sono diversi rispetto al passato: non pi� criminali professionisti, ma, molto spesso, ragazzi giovani alla ricerca di modeste somme di denaro per soddisfare propri bisogni, quali dosi di droga, telefonini, e via dicendo.

Si tratta di un numero molto elevato di reati, difficili spesso da contrastare, anche perch� molti di essi si realizzano all�interno degli istituti scolastici, attraverso fenomeni di sopraffazione, talora di vero e proprio ricatto nei confronti dei propri compagni. Questi fenomeni sono stati da noi puntualmente documentati.

Ancora, l�allarme sociale - nella citt� capoluogo, ma ancora di pi� nella provincia - � rappresentato, oltre che dalle rapine (che hanno conosciuto un incremento considerevole), dai furti in appartamento. Invero, il numero di questi reati - almeno quelli denunciati - non � in crescita; tuttavia, esso � piuttosto elevato, nonostante tutti i nostri sforzi per contrastare tale fenomeno, riformando e riordinando continuamente i piani di controllo del territorio, incrementando la videosorveglianza, stimolando i collegamenti con gli istituti di vigilanza privata mediante il teleallarme. Tuttavia, pi� alcune categorie si difendono, pi� gli autori di questi reati ne cambiano il destinatario. Questo accade anche per le rapine: pi� le banche (dove abbiamo registrato un calo di questi reati) o gli uffici postali si difendono, pi� aumentano le rapine ad altri soggetti.

In ogni caso, mi preme sottolineare che, laddove la videosorveglianza � attivata, anche da parte dei privati, i risultati investigativi e repressivi sono abbastanza buoni.

PRESIDENTE. Sulla base della vostra esperienza, ritenete che le telecamere abbiano un�efficacia preventiva oppure no?

CARLO SCHILARDI,Prefetto di Bari. Noi abbiamo potuto riscontrare che le  telecamere hanno una doppia efficacia, tanto preventiva, quanto repressiva. Sulla seconda non c�� dubbio, poich� gli autori di alcuni di questi reati vengono identificati; ma anche dal punto di vista preventivo le telecamere sono efficaci. Cito, al riguardo, il caso di un farmacista - le rapine a farmacisti e tabaccai sono tra le pi� diffuse - il quale, dopo essersi dotato di un impianto di videosorveglianza efficace, da remoto (il problema era legato al fatto che spesso si chiedeva la restituzione della videocassetta con la registrazione, ma noi abbiamo consigliato e ottenuto che le registrazioni fossero ribaltate in un altro ambiente), � stato malmenato nel corso di un�ulteriore rapina, ma quella farmacia in seguito non ha sub�to altre rapine.

Pertanto, in presenza di un impianto qualitativamente adeguato, i risultati sono buoni. Tuttavia, sono proprio le modalit� con cui vengono perpetrati questi reati - commessi per lo pi� da giovani, non sempre professionisti - a destare allarme. A questo proposito, cito un caso verificatosi qualche giorno fa a Bari, che ha suscitato una grande emozione: un lavoratore, nel tentativo di bloccare i ladri che gli stavano sottraendo l�autovettura, � stato trascinato a lungo ed � morto a causa di un trauma cranico. Questo episodio dimostra, a mio avviso, come reati di entit� apparentemente minore - il furto, in questo caso - possano degenerare, se commessi da soggetti non professionisti.

Quanto alle devianze giovanili, esse sono quelle cui ho gi� fatto cenno e sono riportate nel documento. Abbiamo riscontrato un abbassamento dell�et�: sono numerosi i casi - soprattutto nelle scuole - di reati commessi da soggetti che hanno un�et� media intorno ai 12 anni. Al riguardo, si sono tenuti alcuni incontri in prefettura - cui hanno preso parte la magistratura minorile e gli amministratori - in occasione dei quali sono stati raggiunti risultati migliori rispetto al passato. In particolare, l�accantonamento di quella forma di paternalismo che aveva caratterizzato l�attivit� del passato ha avuto come conseguenza l�avvio di numerose denunce nei confronti dei minori, anche da parte del personale scolastico. Indubbiamente, ci� ha stimolato anche una maggiore presenza e il senso di responsabilit� delle famiglie.

Passando al problema della prostituzione (da noi, ma anche altrove, � soprattutto di origine extracomunitaria, africana e dell�est europeo), sottolineo come l�attivit� di repressione sia intensa, soprattutto nel capoluogo e lungo le principali strade di comunicazione. Tuttavia, le operazioni volte a contrastare questo fenomeno raggiungono risultati limitati: anche nei casi di allontanamento c�� un rimpiazzo pressoch� immediato. Pertanto, ritengo che si dovrebbe riflettere ancora pi� attentamente sulla possibilit� di disciplinare il meretricio, un male antico difficilmente estirpabile soltanto con la repressione. Il sindaco di Bari e altri sindaci hanno avanzato l�ipotesi di limitarne la pratica in determinate aree, impedendola almeno nelle zone frequentate da bambini e giovani.

Quanto alla vigilanza privata, abbiamo diviso il territorio in quattro macroaree e creato un regime di maggiore concorrenza rispetto al passato. Ci� ci permette di meglio controllare gli istituti, la loro affidabilit� e il loro personale.

Ricordo che nel passato, per proteggere gli istituti da situazioni di conflittualit� e di concorrenza, si evitava di metterne troppi sul mercato, privilegiando la presenza di grandi istituti. Abbiamo riscontrato che la concentrazione di molto personale in pochi istituti rende difficile la possibilit� di esercitare azioni repressive, anche per prefetture e questure, le quali - in caso di sanzioni nei confronti dell�istituto - si trovano a dover fronteggiare il problema occupazionale di centinaia di persone. A nostro avviso, dunque, � preferibile avere tanti istituti di vigilanza piccoli, piuttosto che pochi, ma molto grandi.

Abbiamo inoltre creato una consulta della vigilanza, al fine di meglio dialogare, e stiamo cercando di stimolare alcune  categorie a servirsi maggiormente della vigilanza privata, in modo da alleggerire il peso delle forze di polizia.

Ho gi� riferito l�episodio che si � verificato nella zona industriale di Bari, dove il furto di una automobile ha portato alla morte del proprietario della stessa. A seguito di questo, il sindaco di Bari, che � anche presidente dell�area di sviluppo industriale, ha chiesto un�intensificazione della presenza delle forze di polizia, che noi abbiamo disposto. Tuttavia, evidenzio anche come sia oneroso utilizzare due autovetture per turno; peraltro, come lei sa bene, il turno in quinta comporta l�utilizzo di un numero di equipaggio altissimo, soprattutto in centri della provincia di Bari (come, ad esempio, Trani, Andria, Barletta e Monopoli) molto popolati. Pertanto, abbiamo cercato di convincere anche l�ASI (Consorzio per l�area di sviluppo industriale) ad assumere, anche direttamente, personale di vigilanza privata; soprattutto, abbiamo attivato con il Ministero dell�interno un�intesa - in via di finanziamento - in virt� della quale l�area industriale di Bari (che, per dimensione, � la seconda nell�Italia meridionale e la quinta o sesta d�Italia) sar� videosorvegliata, con un impianto di nuova realizzazione, mediante i fondi del PON sicurezza Mezzogiorno.

Sempre in tema di videosorveglianza, faccio presente che � stata svolta una forte opera di pressione sui comuni e sulle entit� territoriali, affinch� siano videosorvegliate almeno le aree pi� importanti (quelle centrali, quelle dello shopping, quelle in cui donne e bambini sono soliti fermarsi per giocare o per trascorrervi il tempo). Il risultato � stato che cinque grosse realt� (Bari, Altamura, Bitritto, Cassano e Trani) utilizzano ora un buon sistema di videosorveglianza; si tratta, soprattutto, di un sistema efficace, perch� non � importante tanto realizzare questi sistemi, quanto farli funzionare adeguatamente.

Passando al problema della polizia municipale, nella provincia di Bari (che ha circa 1 milione 600 mila abitanti), essa pu� contare su circa 1.500 persone, 520 delle quali - cio� un terzo - sono localizzate nella citt� di Bari, con un rapporto, rispetto alla popolazione, di uno a seicento circa; questo rapporto � pi� o meno in linea con quello delle grandi citt� metropolitane. Invece, per 1 milione 250 mila abitanti della provincia, noi abbiamo solo 989 vigili: � un numero estremamente basso.

Inoltre, la situazione � aggravata dal fatto che -come rilevato da alcuni degli intervenuti - spesso si tratta di personale anziano e che, a causa dei concorsi e dell�impossibilit� di agire sul turn-over, il ricambio � lento. Nella provincia di Bari il livello di addestramento non � elevato; anche il reclutamento, a mio avviso, andrebbe attentamente riformato, ad esempio prevedendo concorsi, anche su scala provinciale o regionale, e attingendo ad una graduatoria unica di soggetti con requisiti di idoneit�, che devono essere attentamente vagliati.

Ritengo, inoltre, che debba essere meglio applicata la normativa attuale, la quale prevede che il sindaco non solo � il comandante responsabile della polizia urbana, ma sovrintende la stessa. Infatti, sono state documentate situazioni di conflittualit� all�interno delle amministrazioni: alcuni sindaci (non mi riferisco al capoluogo, dove c�� una situazione ottimale, ma ad altre realt�) stentano, talvolta, ad indirizzare l�attivit� della polizia urbana, la quale in alcuni centri conta su un numero di agenti ed operatori estremamente limitato.

� il caso, a questo punto, di soffermarmi anche sul problema del coordinamento delle forze di polizia. Molte volte si ritiene che i problemi principali riguardino la citt� capoluogo. Invece, � noto che proprio le citt� non capoluogo - cio� le localit� della provincia, anche quelle densamente popolate - sono le meno presidiate, sia perch� non vi sono, ad esempio, questura, stazione di comando dei Carabinieri e della Guardia di finanza, compartimenti e via dicendo, sia perch� pi� il comune � piccolo, minori sono le risorse a  sua disposizione, che possono essere destinate, sia pure in proporzione, ai servizi di polizia urbana.

Noi ci sforziamo, in sede di comitato di ordine e sicurezza pubblica, di collaborare pienamente con i sindaci; mi preme sottolineare che la collaborazione deve attuarsi non solo con il sindaco del capoluogo, ma, appunto, anche con i sindaci degli altri comuni, tanto pi� che nella provincia di Bari ci sono almeno dieci sindaci di comuni con popolazione superiore a 60 mila abitanti.

In particolare, nel colloquio con i sindaci, noi cerchiamo di organizzarci nel modo migliore, anche svolgendo nelle realt� territoriali di riferimento le riunioni dell�organo di coordinamento. Proprio qualche giorno fa, ne abbiamo svolta una a Bisceglie, dove ci siamo trovati di fronte a una situazione molto delicata: un comune con 55 mila abitanti - numero che supera quello di molti capoluoghi di provincia, anche della stessa Puglia -, in cui viene compiuto un numero piuttosto elevato di rapine, pu� contare, di fatto, solo su 27 uomini dell�Arma dei carabinieri, 32 vigili urbani (compreso il comandante) e 4 marescialli, per fare solo qualche esempio. Questi dati ci danno l�idea delle forze a disposizione.

Abbiamo quindi disposto, in piena collaborazione con l�Arma dei carabinieri, lo spostamento - non si pu� attingere altrove - di sei uomini dell�Arma dei carabinieri, in un primo momento, e di altri sei, in una seconda fase. Inoltre, abbiamo suggerito al sindaco di evitare il turn-overcon altre categorie: per ogni impiegato che se ne va, sarebbe preferibile assumere, anzich� un altro impiegato amministrativo, un vigile urbano, che rappresenta un bene prezioso.

Con riferimento al disagio urbano, non v�� dubbio che a Bari, come altrove, l�immigrazione ha un peso significativo. Quanto alla presenza dei campi rom, ne abbiamo cinque, con circa 490 persone censite; nonostante i furti commessi (specie di rame, che comportano seri problemi, soprattutto per le ferrovie), essi non costituiscono un problema di grande allarme sociale.

La presenza degli extracomunitari censiti non � elevata; essa non supera, infatti, il 3,5 per cento della popolazione complessiva della provincia. Invece, costituisce un problema molto delicato la presenza a Bari del centro di accoglienza profughi - ristrutturato di recente, con una potenzialit� di circa mille presenze - e del centro di trattenimento profughi; quest�ultimo rappresenta un problema ancor pi� delicato, in particolare quando, con soli 200 posti a disposizione, deve ospitare, sia pure temporaneamente, persone che devono essere espulse dall�Italia.

Il centro di accoglienza in quanto tale non pone un reale problema. Il vero problema �, piuttosto, la dimissione dei profughi, soprattutto nelle stagioni di maggiore afflusso: infatti, terminato il periodo di permanenza presso il centro, i profughi vengono fatti uscire e posti nelle condizioni di allontanarsi, con un foglio di via, il quale, il pi� delle volte, costituisce l�anticamera della clandestinit�. Questi profughi, infatti, spesso finiscono per trattenersi in citt�.

Al fine di fronteggiare questo problema, abbiamo stanziato - con il comune di Bari, che ha avviato diversi progetti di assistenza, e grazie anche a un contributo del Ministero dell�interno - delle somme di denaro per garantire l�accoglienza e l�alloggio dei profughi dimessi, ovvero il pagamento di un biglietto ferroviario per raggiungere i propri familiari e rimpatriare.

Se consideriamo che il turn-over � elevato (presso il CPA i profughi vengono trattenuti, in media, quindici giorni), ben si comprende come nella citt� si riversi una massa enorme di persone sbandate. La permanenza dei profughi, invece, non � prolungata; essa pone solo delle difficolt� nella prima fase. Del resto, gli sbarchi nel nostro territorio, che fecero della Puglia, all�inizio degli anni Novanta, il principale canale di accesso sul territorio italiano, non sono pi� in numero significativo.

Quanto finora esposto � il quadro che ho ritenuto di tracciare e che ho cercato di riassumere nel documento che ho consegnato.

FLAVIO ZANONATO,Rappresentante dell�ANCI e sindaco di Padova. I colleghi sindaci che sono gi� intervenuti, ma anche i prefetti presenti che hanno illustrato la situazione nel loro territorio, hanno gi� dato l�idea della complessit� del fenomeno che non � certo necessario sottolineare in una sede come questa che ne � pienamente consapevole.

Si � in presenza di un fenomeno in cui incidono, sia per la parte reale, sia per la parte percepita, moltissimi fenomeni. Alcuni non sono neppure fenomeni nazionali ed il senso di insicurezza deriva anche da una situazione internazionale: l�11 settembre ha fatto segnare un salto in questo senso.

Quanto ai fenomeni che caratterizzano il degrado nelle aree urbane, non tutti hanno la stessa risposta (faccio un elenco rapido passando da quelli meno gravi - se cos� si pu� dire - a quelli pi� gravi). Partiamo dallo stazionamento di persone che non fanno nulla in aree - giardini pubblici, stazioni, piazzette e lungo alcune strade - dove la gente, passando, si preoccupa e non capisce bene cosa stia accadendo. � vissuta, poi, ad esempio, con una certa preoccupazione, la situazione per la quale un insieme di negozi diventano tutti etnici: dal negozio del kebab a quello in cui si telefona, al negozio di artigianato o di generi alimentari nigeriano piuttosto che cinese.

Ritroviamo spesso cittadini immigrati, che si sono creati rifugi e dormitori di fortuna nelle aree di trasformazione urbana, in particolare in zone dove ci sono fabbriche dismesse, appartamenti abbandonati, spazi che in qualche modo possono caratterizzarsi come possibile rifugio, destando una preoccupazione e un allarme sociale. Lo stesso vale per i campi ROM abusivi (prima � stato detto qualcosa dal sindaco di Genova e sono tutte situazioni che viviamo anche noi) e per tutti i fenomeni di sporcizia legati a queste presenze, in quanto tali campi non sono dotati dei necessari servizi igienici e di una serie di strumenti con cui si organizza la vita di una comunit� quando � provvista di tutte le attrezzature necessarie. Tali presenze caratterizzano alcuni spazi anche per il degrado; mi riferisco alla sporcizia, all�accumulo di rifiuti e detriti che creano un grande disagio.

Poi esiste il fenomeno dell�accattonaggio che pu� manifestarsi con soggetti che si mettono in posizione di preghiera e non disturbano, con soggetti che utilizzano bambini o vari pretesti: i lavavetri, ad esempio, che possono diventare molto insistenti. Ma tale fenomeno si manifesta anche con le finte vendite: c�� chi tenta di vendere accendini e salviette con particolare insistenza e quando non ci riesce passa a chiedere i soldi.

Poi abbiamo fenomeni come le vendite abusive, le vendite abusive di prodotti contraffatti ed ancora, crescendo in gravit�, la prostituzione, la prostituzione minorile, lo spaccio di droga, la ricettazione, i reati predatori (che sono stati pi� volte ricordati: dai furti agli scippi, alle rapine) fino ai crimini pi� gravi.

Questo complesso di fenomeni non necessita - credo- di una risposta unica: per ogni tipologia occorrono soluzioni diverse. Per esempio - come � gi� stato detto - laddove si creano comunit� di Rom che si insediano abusivamente in un luogo, occorre recarvisi e stabilire una relazione tramite gli assistenti sociali e cercare di trovare una risposta prevalentemente sociale. In altri casi, ad esempio i luoghi in cui si spaccia la droga, la risposta repressiva non pu� essere assente.

Non sono assenti ed estranei alle tematiche del degrado i comportamenti dei gruppi giovanili. Il sindaco di Modena ha fatto una serie di affermazioni che condivido tutte e quindi non insisto: dagli ultras,ai writers, alla presenza di giovani fino a tarda notte in alcuni luoghi, al fenomeno dell�etilismo, del consumo di droghe, del degrado che spesso si genera attorno alle discoteche.

Si tratta di tutto un comparto di straordinario rilievo e anche in questo caso, spesso, le iniziative devono essere pi� incisive laddove il fenomeno inizia a generarsi. Ad esempio la lotta all�etilismo giovanile deve avvenire nelle scuole ed anche questo � un lavoro immenso che  bisogner� svolgere. Non c�� dubbio che occorre farlo - noi abbiamo iniziato - non c�� dubbio che questi fenomeni...

PRESIDENTE. Mi scusi, signor sindaco, esiste un fenomeno specifico di etilismo giovanile?

FLAVIO ZANONATO,Rappresentante dell�ANCI e sindaco di Padova. Sicuramente la �cultura dello sballo� ossia quella in base alla quale si beve fino ad ubriacarsi, si � molto diffusa tra i giovani: ho sentito questa considerazione da moltissimi sindaci.

A Padova, per esempio, esiste il fenomeno dello �spritz� ed ho constatato che qualcosa di analogo c�� a Bologna: mia figlia ha studiato a Bologna e quindi ho avuto occasione di andare spesso in quella citt�, anche se qui ci sono dei rappresentanti che potranno evidentemente spiegarlo. Mi pare di poter notare che un fenomeno, che non esisteva in Italia, in queste forme, fino a qualche anno fa (esisteva all�estero), � oggi, invece, fortemente diffuso tra i giovani e accompagna, in modo simmetrico, il fenomeno del consumo di droga.

Questi fenomeni - anche in proposito ho gi� ascoltato una considerazione che, secondo me, � molto importante - sono resi pi� evidenti dal fatto che i centri urbani sono sempre pi� abitati da persone anziane. L�et� media si sta rapidamente alzando e, quando si forma, una famiglia giovane cerca la casa nei luoghi in cui il prezzo � pi� basso e quindi esce dal centro urbano, qualche volta addirittura dalla citt�. Spesso, pertanto, i quartieri centrali o i quartieri popolari di edilizia residenziale pubblica, dove non si � mai rinnovata la presenza, sono quartieri interamente popolati da anziani. Ci� mette una popolazione particolarmente indifesa a confronto con questi fenomeni e tale aspetto va preso in considerazione perch� occorre, anche in questo caso, attuare politiche urbanistiche che, in primo luogo, non allontanino le coppie giovani dalle citt� e dai centri urbani. In secondo luogo occorre, poi, una seria politica volta ad un rilancio demografico del nostro Paese: anche questo aspetto �, in qualche modo, pertinente.

Nel parlare di sicurezza percepita - e salto una serie di considerazioni - non si pu� non discutere e non prendere in considerazione il modo in cui l�informazione riporta questi fenomeni, ivi compresa l�informazione pubblica.

Nei grandi strumenti di informazione - televisione, quotidiani e riviste - prevale la convinzione che sono soltanto i fatti negativi ad attirare, in qualche modo, l�attenzione ed a costruire, successivamente, o le vendite o l�audience. Quindi non c�� un episodio che non venga riportato in modo negativo; � rarissimo il caso contrario, ormai occorre leggere i giornali delle diocesi per trovare episodi positivi. Ci� anche quando - e sono frequenti - ci sono successi dei Carabinieri e della Polizia; essi sono rappresentati in modo negativo: � il crimine che viene indicato, non il successo nella lotta contro il crimine.

Anche su ci� credo che vada fatta una riflessione perch� diventa una battaglia di Sisifo cercare di ottenere dei risultati e rileggerli sempre in chiave negativa.

Sui temi del degrado e anche in virt� di un certo modo di presentarlo, si sono formate delle vere e proprie convinzioni diffuse. Sono tantissime, ma ne illustrer� alcune.

La convinzione fondamentale � che ad un comportamento scorretto non corrisponde un�adeguata risposta dello Stato. Leggiamolo al contrario: chi � colpito non viene difeso dallo Stato e questa convinzione si � diffusa nell�opinione pubblica. Esistono dei modi di dire che la riprendono: �la polizia non si vede mai�, �i vigili urbani non si vedono mai�, �nessuno fa nulla�, �possono fare tutto quello che vogliono tanto nessuno li prende e li mette dentro� oppure �la polizia li prende, ma la magistratura li molla� che � un�altra versione dello stesso ragionamento oppure ancora�hanno pi� diritti di noi� (quando si parla degli immigrati).

Sono tutti ragionamenti che vengono sistematicamente diffusi e che danno l�idea del degrado - che ha anche una sua  radice ovviamente reale - e dell�insicurezza che si amplifica attraverso questo modo di percepire per i motivi che ho cercato rapidamente di ricordare.

Esiste una reazione istintiva, ora mai di tutta la popolazione, che vede pi� nell�azione repressiva, nell�azione di polizia e anche nell�azione �vendicativa�, la soluzione del problema piuttosto che nell�iniziativa che punta all�integrazione e nell�iniziativa del sociale.

Anche gli episodi che accadono al riguardo sono abbastanza interessanti. Ne parlo senza dare un giudizio di merito (e comunque il mio giudizio di merito non � ovviamente positivo, ma di condanna) ma se un sindaco di un comune veneto - mi pare del vicentino - decide di non erogare pi� le borse di studio ai figli dei cittadini immigrati, in fondo l�idea che vuole comunicare � quella che bisogna essere �cattivi� con queste persone che sono �cattive� con noi. Allo stesso modo, se con un maiale ci si reca in un luogo - parlo di Padova - dove vogliamo costruire, in collaborazione con la comunit� islamica, un luogo di preghiera (che tra l�altro si sposta da un punto ad un altro, ma questi sono tutti aspetti secondari), l�idea che si vuol dare � di contrastare in modo punitivo le popolazioni straniere e non certo di integrarle.

Si tratta di un insieme di fenomeni che, collegati tra di loro, costituiscono, secondo me, un quadro sufficientemente allarmante. Sarebbe, infatti, sbagliato sottovalutarli perch� immediatamente dopo alcuni di questi comportamenti vengono fatti dei sondaggi - a volte rudimentali - che danno l�idea che questi comportamenti non sono poi cos� disprezzati.

Va anche considerato che gli eccessi finiscono con l�essere certamente disprezzati e che esiste, poi, tutta un�attivit� di reazione positiva svolta dalle parrocchie, dalla scuola - grande strumento di integrazione - e da alcune amministrazioni pubbliche. Tuttavia, complessivamente, bisogna avere, secondo la mia convinzione, la percezione di una situazione che � tutt�altro che semplice da affrontare - almeno in alcune zone del Paese - e che richiede un intervento piuttosto robusto.

Concludo (consegner�, poi, un documento scritto dall�ANCI, ringraziando la Commissione, insieme al suo presidente, per aver svolto questa audizione veramente molto opportuna) con alcune considerazioni finali.

A me non pare che problema sia quello di aumentare le forze di polizia: abbiamo 400 mila uomini che, in divisa, servono il Paese sul tema della sicurezza, grosso modo, di cui 300 mila appartengono a Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza. Se poi aggiungiamo la Polizia penitenziaria e il Corpo forestale dello Stato, avremo un� altra quota significativa a cui vanno sommati i vigili urbani e la polizia municipale: circa 65 mila persone. Quindi raggiungiamo e superiamo le 400 mila unit�. Il numero � adeguato, si tratta di capire come queste forze vengono utilizzate, se sono utilizzate in modo razionale e se hanno gli strumenti per operare. Su questo aspetto insisto perch� avere o meno gli strumenti implica numerose conseguenze, ivi compresa la possibilit� di avere una giustificazione quando non si agisce: non ho strumenti e quindi non posso agire.

Non ho trovato un aspetto positivo nel fatto che � stato abolito il reato di oltraggio: ha tolto un�autorevolezza che, secondo me, andava mantenuta per chi opera a difesa dello Stato. Mi pare di capire che � stato reintrodotto per chi si comporta in modo oltraggioso ed � un ultrasdel calcio: ragioniamo sulla possibilit� di modificare qualcosa.

Prima ascoltavo il prefetto di Milano: � stato gi� spiegato come � farraginosa l�intera procedura dell�espulsione che, quando viene descritta, non viene creduta. In realt� non funziona: non siamo in grado di operare in tal senso. Non serve espellere tutti, l�importante � avere uno strumento; se questo manca...

Viene spesso notato il comportamento di soggetti che arrivano in Italia preoccupati del rapporto con le forze dell�ordine e, dopo un po�, capiscono come funziona, ossia capiscono che non c�� nulla da temere.

Quindi, in merito a tale questione, occorre ragionare su una strumentazione che sia pi� efficace. A mio avviso, alcune delle misure che sono state adottate contro i violenti negli stadi di calcio possono essere ripensate anche in relazione ad altri comportamenti, siano essi criminosi o volti a determinare un grande degrado.

Occorre valutare tutta una serie di tematiche, perch� obiettivamente la strumentazione a disposizione � troppo complessa, soprattutto quando viene coinvolto un istituto come quello della magistratura, che obiettivamente � chiamata ad affrontare questioni che richiedono l�espletamento di procedure complesse non idonee ad essere applicate nei confronti di comportamenti che devono essere contrastati continuamente.

Vorrei fare un esempio, prima di concludere il mio intervento con un�ultima considerazione. Per poter sgomberare un edificio occupato occorre che ci sia un intervento della magistratura; � vero che vige una norma in base alla quale il sindaco pu� ordinare lo sgombero, ma se colui il quale deve obbedire all�ordine non ottempera, ci si ferma a questo punto! Per procedere occorre infatti l�intervento del magistrato, con il conseguente svolgimento di tutta una procedura, alla conclusione della quale si prevedono sanzioni di vario tipo nei confronti di colui il quale si � comportato in modo scorretto. Tuttavia, se si perviene a ci� con un ritardo di anni, le sanzioni risultano inefficaci rispetto all�esigenza, ad esempio, di prendere e di mandare via il soggetto. Questo attualmente non � possibile! Tali norme andrebbero quindi riviste se si desidera una certa efficacia.

Anche io trovo a volte stucchevole la discussione finalizzata a fornire ai sindaci maggiori poteri. Ma quali possono essere tali poteri? A mio avviso non esiste alcuno strumento per dare maggiori poteri ai sindaci; ogni tanto se ne parla, ma al massimo si � sentito parlare soltanto di aumentare il numero delle situazioni nelle quali si pu� utilizzare lo strumento dell�ordinanza. A mio avviso sarebbe pi� interessante pensare invece a predisporre una serie di normative che consentano a chi possiede la funzione specifica e a chi rappresenta lo Stato nel territorio - quindi i prefetti, i questori e le forze di polizia - di essere efficaci nel loro intervento.

A mio avviso naturalmente occorre creare gli strumenti che favoriscano - ed anche in tal caso siamo in presenza di una questione molto complicata da affrontare in modo approfondito - solidariet� ed inclusione sulla base di alcuni nostri valori, dimostrando altres� che siamo una societ� aperta alle istanze di chi ne ha bisogno. Non ci sarebbe niente di peggio di una repressione inefficace e dell�incapacit� di portare avanti una politica di inclusione o addirittura di un atteggiamento di disprezzo nei confronti di una simile politica. In tal caso verrebbero a sommarsi due negativit�! Occorre riflettere bene in merito a tale questione. Mancano le risorse!

Non so se il presidente della Commissione affari costituzionali sia a conoscenza - ma immagino di s� - di che cosa succede quando un cittadino straniero minore viene trovato nel territorio di un comune: viene assunto dai servizi sociali i quali lo inseriscono in una comunit� e il costo di un singolo soggetto raggiunge alla fine la cifra di oltre 1.400-2.000 euro al mese pagata dal comune. � una cifra imponente, non � una cifra modesta, perch� i soggetti sono molti e qualcuno si � anche accorto che esiste tale possibilit�. Tra l�altro sussiste anche una contraddizione, perch� pu� anche accadere di mandare via - in quanto � impossibile mantenerla nel territorio - l�unica persona, ormai maggiorenne, che in qualche modo si era integrata, avendo acquisito una certa professionalit� attraverso la frequentazione di diversi corsi (anche perch� in tale campo ci si inventa di tutto).

Possiamo ancora immaginare il caso di una mamma, irregolarmente presente nel nostro Paese insieme al suo figlio minore, la quale, anche in questo caso, deve essere assunta dai servizi sociali del comune. Se invece questa mamma fosse regolarmente presente in Italia, starebbe a lavorare: Mi  chiedo: non si potrebbe prevedere con una norma che una mamma presente nel nostro territorio con il suo bambino dopo un certo periodo possa recarsi al lavoro invece di essere a carico dei servizi sociali? Il sindaco di Modena mi riferiva, ad esempio, che si spende la cifra di 3 milioni di euro l�anno per fronteggiare tale situazione.

Quindi � presente un problema di carenza di risorse e di norme giuridiche e i comuni hanno spesso risposto in supplenza attraverso un bricolage di iniziative, alcune delle quali interessanti altre meno.

Vorrei ricordare tutta la normativa sul commercio la quale ha liberalizzato il settore, creando enormi problemi; ad esempio a Padova abbiamo cento phone center e gli immigrati che ne hanno bisogno sono 10 mila (uno ogni cento immigrati). In realt� questi luoghi sono diventati ormai dei posti dove costoro organizzano la loro vita quando non lavorano e quando non dormono! Il phone center � diventato cio� il loro bar! Quindi esiste anche questo enorme problema, ossia quello di che cosa far fare a questi cittadini quando non lavorano e non dormono, perch� costoro non hanno le stesse opportunit� di un nostro connazionale, non hanno parenti o ne hanno pochi, non hanno un luogo dove andare, non vanno al cinema perch� non hanno denaro o non capiscono i film. Insomma, che cosa si fa? Praticamente nulla. I comuni non fanno nulla per affrontare tali questioni.

Vorrei concludere facendo presente - e tra l�altro ricordo che abbiamo presentato anche alcune brevi proposte in concomitanza dell�esame da parte del Parlamento della legge finanziaria - che in primo luogo occorrono maggiori risorse per fronteggiare il fenomeno del disagio urbano, il quale costituisce uno dei grandi problemi presenti nel nostro territorio. Bisogna quindi ottenere maggiori risorse, ma soprattutto occorrono norme e stili di comportamento, nonch� l�adozione di appropriati provvedimenti che siano pi� coerenti, pi� concreti e pi� precisi.

I punti sono due: il primo � il rispetto delle leggi e il secondo si sostanzia nel fatto che il nostro Paese � ospitale e solidale.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Prefetto di Catania. Far� pervenire una relazione riguardante la questione della sicurezza nella provincia, limitandomi in questa sede ad affrontare soltanto due o tre argomenti. Mi ricollego a quanto sostenuto dal prefetto Marino circa l�aria nuova, quasi magica, che si sta respirando attualmente in Sicilia e sono d�accordo con lui sul fatto che bisogna battere il ferro finch� � caldo.

Vorrei ricordare che proprio la scorsa notte a Catania � stato inferto un duro colpo alla famiglia mafiosa Santapaola e che su iniziativa della Confindustria � sorto questo movimento, che � molto seguito e ha focalizzato una grande attenzione; ricordo altres� il miracolo - ce ne siamo accorti tutti - delle associazioni antiracket di Palermo e faccio presente che a Catania sono presenti ben dodici associazioni; tuttavia, occorre fare qualcosa in pi� che vada al di l� della facciata, perch� il rischio � che in tale momento meraviglioso, si disperdano le energie.

Quindi occorrerebbe proprio focalizzarsi molto per cercare di far crescere questa volont� di partecipazione e di reazione da parte della popolazione. Abbiamo un piccolo pool che collabora con le associazioni antiracket e lavora all�interno della prefettura, che ogni mattina guarda i mattinali e prende nota di tutti i danneggiamenti subiti dagli imprenditori a vario titolo; successivamente contatta questi ultimi, uno per uno, cercando di comprendere la situazione. Nella maggior parte dei casi naturalmente il silenzio � d�obbligo, ma, in virt� del fatto che offriamo a questi imprenditori tutte le informazioni possibili affinch� possano collaborare e gli concediamo tutto quello che pu� occorrere per invogliarli ad operare in tal senso, sembra che il numero delle denunce stia aumentando.

La delinquenza minorile nella citt� di Catania � un altro tema che ritengo drammatico 

La manovalanza del crimine organizzato cresce sempre di pi� e prospera nei quartieri della citt� considerati a rischio; ad esempio a Catania c�� il famoso quartiere di Librino, un quartiere definito a macchia di leopardo, perch� caratterizzato da una zona molto tranquilla, dove sono anche presenti alloggi delle forze dell�ordine, e un�altra dove invece ci sono delle situazioni che richiedono un impegno straordinario, che non pu� essere assunto esclusivamente dal comune di Catania. Ad esempio, nella nostra citt�, il noto �palazzo di cemento�, dove vengono effettuati periodicamente azioni e raid- viene praticamente trovato di tutto - risulta per il sessanta per cento occupato abusivamente da famiglie, con donne e bambini, che non possiamo mettere in strada se vogliamo evitare di determinare un tremendo disagio sociale. Faccio presente che non ci sono alternative, anche perch� l�edilizia popolare a Catania � ferma, a differenza di Messina che possiede invece tale fortuna. Abbiamo bisogno di alloggi e, nonostante il comune si stia impegnando su questo tema, forse sarebbero necessari interventi che vadano al di l� della semplice prova di forza.

Per quanto riguarda i giovani, a Catania si registra una fortissima evasione scolastica; in alcuni quartieri si trovano ragazzi di quindici-sedici anni, i quali ormai non hanno pi� niente da perdere. Il vero dramma di questi ragazzi � proprio quello che non hanno niente da perdere! Anche nel caso in cui decidessero di studiare, essi avrebbero la certezza di non trovare un lavoro (per lo meno un lavoro certo, pulito e regolare) se non entrando in circuiti che in qualche modo sono circuiti costretti. A Catania il vero dramma riguarda il lavoro serio, pulito e regolare, perch� di lavoro nero c�� tantissimo. Infatti, la maggior parte della popolazione lavora. Se ad esempio la sera si esce - e diceva bene il sindaco che ha affermato che a Catania c�� la movida - si constata che la citt� � piena di gente che vive, si diverte e spende denaro che non guadagna legalmente! Il fenomeno del lavoro irregolare � dunque diffuso e appare veramente drammatico. Se a Catania controllassimo in modo serio, con l�adozione di conseguenti provvedimenti, tutti i negozi del centro e tutte le attivit� lavorative, metteremmo in strada moltissima gente! Infatti, la maggior parte dei lavoratori percepisce la met� dello stipendio che deve percepire e finge di percepirne uno regolare; inoltre, i contributi, quando vengono pagati, sono ritenuti un sogno! Il vero sogno del cittadino catanese � quello di ottenere un lavoro regolare, con il pagamento di tutti i contributi.

Ho anche tentato di organizzare a Catania un movimento con i sindacati e con le associazioni territoriali, ma non sono riuscita a creare un clima diverso, per il semplice motivo che probabilmente c�� qualcosa che non funziona. Dobbiamo renderci conto che la realt� del Meridione � diversa dalla realt� del Nord del nostro paese: il lavoro al Sud viene retribuito in maniera diversa rispetto al Nord a causa del livello di disoccupazione, che da noi arriva a livelli drammatici. Forse occorrerebbe premiare chi ha il coraggio di denunciare e di chiedere un�occupazione certa. La situazione del disagio sociale quindi si riflette su tutto.

Per quanto riguarda il problema sollevato dal sindaco di Genova in merito al tipo di rapina, posso affermare che da noi non si verificano rapine violente e fatti cruenti come quelli che avvengono nel Nord d�Italia, ad esempio le rapine in villa con stupri di donne. Da noi non c�� un�attivit� delinquenziale, come � presente al Nord, commessa da extracomunitari, ci sono delinquenti locali molto abili nel commettere reati, come ad esempio gli scippi anche fuori dalla citt� di Catania.

Quindi, presso la nostra citt� non si registra quel fenomeno, che genera un senso veramente forte di disagio, presente nelle zone del Nord del nostro paese, soprattutto per quanto riguarda gli extracomunitari. Infatti, il numero degli extracomunitari presenti a Catania non � elevatissimo; costoro sono assolutamente inseriti e non creano problemi.

L�unico vero fenomeno che percepiamo come fastidioso � quello relativo alla prostituzione.

Anche rispetto a tale problema - ed io vengo da zone del Nord - ritengo che Catania possa essere considerata quasi �romantica�: le prostitute sono presenti nel centro storico e lungo la strada che conduce a Gela. Faccio presente che quelle presenti nel centro di Catania costituiscono un fenomeno nuovo, in costante aumento e probabilmente collegato anche ad un incremento di un benessere strano ed indotto. Faccio presente che le armi che possediamo per combattere il fenomeno della prostituzione sono assolutamente spuntate. Nel centro della citt�, anche grazie all�aiuto derivante dalla presenza dei vigili urbani, si riesce ad arginare il fenomeno, ma dopo poco tempo le prostitute tornano a frequentare quelle strade. Sono prostitute che possiedono un regolare permesso di soggiorno, che hanno tutto il diritto di restare sul territorio e in relazione alle quali non possiamo fare nulla. In un solo caso abbiamo esercitato i nuovi poteri che ci sono stati forniti: si trattava di due rumene che sono state espulse perch�, oltre a prostituirsi, avevano provocato delle risse, creando allarme sociale. Si � trattato per� di un caso isolato.

Quindi ritengo che occorra concentrare l�attenzione verso i problemi sociali della giovent� catanese; forse sarebbe necessario uno sforzo straordinario per dare fiducia alla popolazione. Per quanto riguarda le restanti tematiche, far� successivamente pervenire alla Commissione un apposito documento pi� dettagliato.

TANCREDI BRUNO DI CLARAFOND, Viceprefetto di Genova. Il prefetto Giuseppe Romano le fa pervenire il suo saluto, presidente, non avendo potuto essere presente oggi in Commissione.

Vorrei fare alcune precisazioni in relazione a quanto sostenuto dal sindaco di Genova. I dati riguardanti l�andamento delle fenomenologie delittuose hanno registrato un lieve aumento dei reati contro il patrimonio, in genere, delle rapine, dei furti e dei borseggi rispetto all�analogo periodo del precedente anno, mentre si riscontra invece una leggera flessione per quanto riguarda le tipologie criminose come gli omicidi, le lesioni dolose, le violenze sessuali, i furti con destrezza, i furti di automezzi pesanti ed di autovetture, nonch� le ricettazioni, le estorsioni e via discorrendo.

La seconda precisazione fatta dal sindaco di Genova riguardava la comunit� rumena. In realt� a Genova � presente una fortissima componente sudamericana, sia di persone regolari che di clandestini, i quali sono molto attivi nel campo dello spaccio di stupefacenti e dei reati contro il patrimonio. In particolare, gli ecuadoriani vivono secondo modelli comportamentali che sono tipici del loro Paese e che sono totalmente differenti rispetto ai nostri, ossia abusano di sostanze alcoliche, assumono atteggiamenti violenti ed esercitano forme di prevaricazione che sono incompatibili con le abitudini della popolazione locale. Un fattore ancora pi� grave consiste nel fatto che costoro non trasmettono alle nuove generazioni modelli educativi atti a favorire l�integrazione con la comunit� locale. In particolare c�� anche una forte componente di extracomunitari irregolari nella citt� antica di Genova - dove risiedono circa 30 mila persone - la quale � caratterizzata da un tessuto urbanistico del tutto particolare, dove sono presenti strade strette e scure -i caruggi - che costituiscono una sorta di intricata casbah, caratterizzata altres� da strutture urbanistiche degradate. Per la verit� occorre aggiungere che gi� dalle �Colombiadi� del 1992 e dalla manifestazione�Genova 2004, citt� europea della cultura�, l�amministrazione comunale ha realizzato molti interventi al fine di rivitalizzare tale zona e far s� che i palazzi l� presenti venissero abbelliti.

Si riscontra anche una forte criminalit� nelle serate del venerd� e del sabato, soprattutto quando dei giovani - sia italiani, ma soprattutto sudamericani e magrebini - spesse volte si trovano in uno stato di ebbrezza alcolica, anche di sovente associato all�assunzione di sostanze stupefacenti, suscitando un diffuso allarme sociale attraverso schiamazzi, danneggiamenti e via dicendo.

Il sindaco di Genova ha prima affermato che esiste un racket della prostituzione. Per la verit�, alle forze dell�ordine ci� attualmente non risulta; le prostitute vengono avvicinate anche dalle forze dell�ordine e costoro affermano naturalmente che esercitano la loro professione senza che ci sia alle loro spalle un protettore.

Il sindaco ha accennato poi ad altre questioni altrettanto importanti. Ricordo che gi� nel 2004 erano stati istituiti i comitati circoscrizionali per la solidariet� e la sicurezza che coincidevano con le nuove circoscrizioni comunali; attualmente, a seguito della recente sottoscrizione del �patto per Genova sicura�, tali comitati sono stati attualizzati attraverso l�istituzione degli osservatori municipali per la vivibilit� e la sicurezza.

Il documento relativo alle questioni cui ho accennato era naturalmente molto pi� ampio, ma volevo soltanto fare queste brevi precisazioni.

PATRIZIA ESPOSITO, Rappresentante dell�AIMMF. Porto anzitutto i saluti della dottoressa Verardo, presidente dell�Associazione dei giudici minorili, la quale non ha potuto essere presente oggi a Roma.

Auspico di portare un piccolo contributo agli interventi legislativi in materia di degrado urbano, evidentemente, in relazione a quelli che sono gli effetti delle ricadute provocate dalla criminalit� minorile.

Peraltro parto da un osservatorio per cos� dire difficile e travagliato, in quanto sono un giudice penale minorile presso il Tribunale per i minorenni della citt� di Napoli.

Riguardo alla microcriminalit�, ho ascoltato con attenzione le relazioni dei prefetti di Bari, di Taranto, di Messina, di Catania e del sindaco di Catania, e per la verit� mi sono ritrovata in molte delle loro osservazioni. Intendo dire che il termine �microcriminalit� � stato coniato per tentare di descrivere quel mondo variegato che spazia dal bullismo alle violenze gratuite, esercitate anche attraverso lame e coltelli, e che vede protagonisti ragazzini in aperta sfida contro le regole. Costoro, che siano figli del degrado metropolitano o della �citt� bene� - quindi, abituati a vivere secondo il principio del �tutto mi � dovuto� -, sono comunque dei ragazzini difficili che attingono modi e comportamenti dallo stesso backgroundemotivo culturale, ovvero quello improntato ad un consumismo sfrenato ed esagerato, che esaspera i toni del possesso e che ignora completamente le regole e il rispetto delle stesse, nonch� l�etica del bene condiviso. Tutto ci� accade all�interno di un sistema pedagogico che fa acqua nelle famiglie, caratterizzate da padri assenti e da madri prese da se stesse.

Dunque � presente un sistema di illegalit� diffuso, osservato da noi in qualit� di giudici minorili, che viene recepito dai ragazzi (gli anelli pi� fragili di tale catena), i quali pensano anche che per diventare adulti basta violare le regole. Da ci� si origina quel caos che viene scambiato per libert� e che poi fa sentire questi ragazzi soli anche nelle mura domestiche; quindi, emerge anche la voglia di aggregarsi, di esserci e di affermarsi - con atti di violenza -, anche a seguito di amicizie contagiose, pericolose e delinquenziali.

I bacini di utenza della criminalit� minorile sono sostanzialmente due. Un primo bacino rappresenta l�utenza tradizionale del tribunale per i minorenni; riguarda i ragazzi provenienti dalle aree disagiate e pi� carenti dal punto di vista socio-economico e, evidentemente, riguarda in particolare questo travagliato Sud del nostro paese. Tutto ci� anche perch� al Nord si registra una riduzione della popolazione di adolescenti residenti ed anche perch�, naturalmente, si sono avuti un miglioramento delle condizioni socio-economiche e la creazione di maggiori spazi di integrazione, anche rispetto alle fasce di marginalit�.

Tutto ci� nel Meridione non si � verificato perch� gli interventi sulla questione sociale sono ancora insufficienti. Tuttavia anche al Sud sono presenti delle aree nelle quali, pur con la presenza di ragazzi con manifestazioni di devianza provenienti talvolta da nuclei familiari multiproblematici, ci sono ancora spazi e possibilit� di  interventi, di promozione e di recupero di quella che pu� essere una prospettiva di vita futura improntata alla legalit�. Sono altres� presenti altre situazioni nelle quali - penso a numerosi quartieri di Napoli, dove peraltro risiedo, e a tante situazioni presenti a Bari e a Catania - questo obiettivo risulta scarsamente raggiungibile, nonostante gli sforzi delle forze dell�ordine che hanno proceduto anche a numerosi arresti e nonostante l�attivit� incisiva della magistratura minorile penale. Queste sono aree nelle quali, guarda caso, il livello di dispersione scolastica � elevatissimo e dove � particolarmente permeabile il condizionamento della criminalit� organizzata che ancora compromette il pieno sviluppo delle nostre zone.

Il secondo bacino di utenza vede invece protagonisti ragazzi che, pur appartenenti ad aree del tessuto sociale ben integrato, sono da considerarsi i figli di quello che � stato definito �il malessere del benessere� che, a mio avviso, forse sarebbe preferibile definire �il malessere nel benessere�, perch� si accompagna a forme non solo di appagamento economico, ma anche a problematiche di tipo relazionale e di tipo psicopedagogico. Voglio fare riferimento agli episodi di violenza in famiglia, anche gravissimi, ai lanci di sassi dal cavalcavia, alle forme di bullismo, agli atti di intollerabile vandalismo, ai danneggiamenti e ai furti in ambito scolastico.

Insomma, la devianza minorile costituisce certamente un grido di allarme, perch� ci troviamo di fronte a minori che, evidentemente, pagano lo scotto di una sotto cultura morale che - dalle nostre parti, in particolare - ancora li induce a vedere nel poliziotto, nel giudice e nella legge, tra virgolette, la parte nemica, avversa e un qualcosa da disistimare. Queste sono situazioni drammatiche alle quali non sfuggono neanche i tanti minori stranieri che affollano le nostre aule di giustizia, i quali sono minori senza voce, minori precocemente piccoli uomini e piccole donne, privi di riferimenti familiari, privi di tutto e che troppo spesso sono vittime di soprusi intollerabili e di sopraffazione; questo fenomeno, come anche abbiamo potuto osservare, riguarda maggiormente le aree del Nord dell�Italia.

Il presidente della Commissione ci invitava poco fa a riflettere su quali siano le forme di reato che maggiormente colpiscono la sicurezza del cittadino e che sono immediatamente percettibili. Credo che tali forme di devianza, manifestate dalla nostra giovent�, sono proprio quelle che veramente allarmano maggiormente, anche perch� talvolta questi giovani sono degli irresponsabili, i quali, con un coltello o con una pistola in mano, possono - come purtroppo sappiamo - spesso giungere a reazioni drammatiche. Quindi a mio avviso, di fronte a tale scenario, accanto al dipanarsi della vicenda penale - la quale deve sempre essere seria, incisiva, rigorosa e rapida, proprio per la sua valenza anche educativa - risulta necessario, soprattutto a tutela della collettivit� e dell�esigenza della sicurezza dei cittadini, implementare un discorso di mediazione penale. Perch� un discorso di mediazione penale, attraverso la figura di un terzo neutrale - quale � il mediatore - vale a ricomporre quel conflitto sociale che il reato sempre comporta, sia per la vittima che naturalmente soffre degli effetti di un reato e di una aggressione subiti, sia per l�autore del reato stesso, in particolare quando si tratta di un minorenne.

A mio avviso un discorso di mediazione penale vale anche a ricostituire quel patto di solidariet� sociale che si � andato dissolvendo nel tempo e che � stato man mano sostituito da un patto di cittadinanza malata. Quindi, penso che tutto ci� assuma un ruolo fondamentale di reinterpretazione delle tensioni sociali, sia nei confronti del minore perch� lo aiuta in un ambiente riservato, attraverso la figura del mediatore, a riflettere sulle cause del suo agire sbagliato e sull�eventuale possibilit� di riparazione, sia nei confronti della vittima che, in un ambiente protetto, pu� dare spazio anche alla sua emotivit� che � stata ferita e che deve trovare voce, anche quando si tratta di aggressioni consumate  davanti all�opinione pubblica; si aggiunga inoltre che la vittima � spesso sola quando rimane vittima di un reato.

Tra i numerosi interventi che debbono essere adottati vorrei ricordare che occorre anche un maggiore e pi� capillare controllo del territorio da parte delle forze dell�ordine, le quali fanno di tutto e di pi�, ma che evidentemente - seppur limitate dal loro insufficiente numero - devono agire con maggiore presenza. Occorre anche un maggior controllo - al riguardo, ho trovato molto interessante quanto sostenuto dal prefetto di Catania e lo condivido pienamente - delle attivit� lavorative che sfruttano i minorenni, perch� queste sono molto numerose e sono la maggior parte, almeno per quanto concerne il Sud del nostro paese.

Ritengo sia necessario un rigoroso intervento legislativo in materia di possesso di coltelli e di pistole giocattolo, anche perch� l�imitazione di pistole autentiche � attualmente impressionante.

Occorre anche un rigoroso controllo per quanto riguarda gli orari di frequentazione da parte di minorenni dei luoghi di ritrovo: faccio riferimento alle discoteche, ai circoli ricreativi e alle palestre.

Credo che sia necessario realizzare anche una pi� compiuta opera di assicurazione del processo di identit� e di integrazione nei confronti dei minori stranieri.

Ritengo che tali interventi, insieme alla possibilit� di valorizzare i centri di mediazione penale, possano costituire tutte risorse utili finalizzate a contrastare il fenomeno.

Vorrei concludere affermando che in qualit� di giudici minorili, solo pochi giorni fa, abbiamo riflettuto - nell�ambito del nostro convegno nazionale svoltosi a Paestum - sui ruoli e sulle responsabilit� educative. A mio avviso tutti abbiamo delle responsabilit� educative, ciascuno nel proprio ruolo di genitori, docenti e rappresentanti istituzionali. Credo che la scommessa sia questa: quella di operare tutti quanti in completa sinergia ma con coerenza di interventi. Soltanto in questo modo possiamo sperare di recuperare gli spazi vitali per i nostri ragazzi difficili, aiutandoli a riappropriarsi di una piena consapevolezza delle loro scelte.

PRESIDENTE. Dottoressa, lei ha parlato del sistema di mediazione penale: sono presenti alcune esperienze specifiche in tale campo?

PATRIZIA ESPOSITO,Rappresentante dell�AIMMF. Ci sono delle esperienze specifiche effettuate presso il tribunale per i minorenni delle citt� di Torino e di Bari. Mi rendo conto che queste sono sperimentazioni difficili in una realt� - faccio riferimento alla mia realt� territoriale, una realt� come Napoli - nella quale le rapine, anche le pi� odiose, sono all�ordine del giorno; quindi convincere i cittadini a prestarsi ad opere di mediazione penale non costituisce una cosa facile, per� vale sempre la pena di tentare.

PRESIDENTE. Potrebbe far pervenire alla Commissione un�eventuale documentazione in merito a tali meccanismi?

PATRIZIA ESPOSITO, Rappresentante dell�AIMMF. Sicuramente!

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. Nella citt� di Napoli abbiamo istituito un monitoraggio sui fenomeni criminali focalizzandolo su alcune tipologie di reati, ossia quelli che attengono essenzialmente alla criminalit� organizzata: omicidi, tentati omicidi e traffico degli stupefacenti. Non focalizziamo con un�analisi numerica i dati sulle estorsioni in quanto trattasi di un fenomeno che presenta un numero �oscuro� eccessivamente ampio rispetto ai dati rilevati; viceversa per tutte le altre fenomenologie criminali, i cosiddetti reati predatori, sebbene sia presente un grande numero non denunciato di reati, risulta che il numero dei reati non denunciati sia stabile nel tempo.

Quindi l�analisi che abbiamo condotto � di tipo percentuale e rende possibile confrontare essenzialmente i periodi l�uno con l�altro. Abbiamo diviso il nostro lavoro in tre aree: Napoli, i comuni della provincia  ed un�area che si sostanzia in un�analisi generale su tutto il territorio. L�analisi viene effettuata analizzando tre formule temporali: la prima � relativa al confronto di periodi omologhi di anno in anno, ossia ad esempio i primi sei mesi del 2006 con i primi sei mesi del 2007. Il secondo modo di rilevamento � stato realizzato con periodi sequenziali, i quali attengono a quei fenomeni che non sono caratterizzati dalla stagionalit�; infine, si confronta il periodo di vigenza del patto per Napoli, stipulato il 3 novembre del 2006, con il periodo precedente della stessa entit�.

I dati rilevati indicano che nel periodo di vigenza del patto, ad eccezione degli omicidi, che attengono ai fenomeni criminali cosiddetti predatori, si sono avuti degli elementi di positivit�. Tutto ci� -come ripeto - ad esclusione degli omicidi, i quali nella provincia di Napoli sono aumentati: siamo arrivati ad oggi - nel 2007 - alla cifra di 101 omicidi, 80 dei quali sono stati commessi dalla camorra.

I fenomeni criminali che riguardano maggiormente la vivibilit� e la sicurezza, la cosiddetta sicurezza urbana, sono: i furti, i furti con strappo, i furti delle autovetture, le rapine e le rapine che abbiamo definito su pubblica via, le quali, insieme ai furti con strappo, costituiscono il fenomeno pi� ampio anche dal punto di vista numerico (stiamo parlando di 14 mila reati all�anno); ebbene, la riduzione di tali fenomeni nel periodo di vigenza del patto si aggira intorno al 20 per cento. Quindi possiamo sicuramente affermare che le iniziative in ordine al patto per la sicurezza di Napoli hanno gi� prodotto un primo risultato, il quale per� attiene a fenomeni osservati esclusivamente da un punto di vista oggettivo, nel senso che non possiamo commisurare tali fenomeni in termini di valori assoluti. Infatti, se i furti con strappo e le rapine in pubblica via nel 2007 sono circa 12 mila, una riduzione del 20 per cento rispetto allo scorso anno - che registrava invece un totale superiore a 14 mila - comporta che comunque nella nostra provincia si hanno sempre 12 mila persone che hanno subito tali reati.

PRESIDENTE. Mi scusi, prefetto, tali dati sono quelli relativi alla provincia?

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. S�, di tutto il territorio della provincia.

Abbiamo anche rilevato una valutazione diversa relativa all�andamento di tali fenomeni, perch� ad esempio nella citt� capoluogo la diminuzione risulta pi� sensibile rispetto alla diminuzione che si � registrata nella provincia, ci� a causa di diverse problematiche. Faccio presente per� che anche nella provincia � presente una diversa realt�: i comuni conurbati con l�area metropolitana di Napoli hanno un�incidenza maggiore, mentre nei comuni che vivono una realt� autonoma e pi� isolata, anche da un punto di vista urbanistico, la realt� � migliore anche rispetto a quella dell�area metropolitana di Napoli.

Tali fenomeni, cos� individuati, consentono di effettuare una valutazione positiva del patto in termini di risultati, sulla cosiddetta sicurezza oggettiva. Se per�, anche in questo caso, andiamo a valutare la percezione di sicurezza ci accorgiamo che tali dati non risultano assolutamente percepiti dalle persone. Il dato pi� semplice � quello che dicevo prima: se nel 2006 abbiamo avuto circa 14 mila persone tra rapinati e scippati per le strade, quest�anno ne abbiamo poco meno di 12 mila, ma sono presenti in ogni caso ben 12 mila persone che hanno subito tali reati! Ossia, 12 mila famiglie che quindi hanno subito un reato, nonch� amici e conoscenti di queste famiglie che hanno saputo del medesimo reato! Quindi lo stato di insicurezza non migliora perch� si � registrata una percentuale del 20 per cento in meno nel numero dei reati. Tanto � vero che il Patto per la sicurezza per Napoli, che � risultato positivo sotto tale aspetto, verr� di nuovo rinnovato ed ulteriormente potenziato; comunque, si intende passare ad una seconda fase del Patto per Napoli che abbia come obiettivo la percezione della sicurezza oltre al fatto di continuare sul percorso della sicurezza oggettiva.

Vorrei effettuare alcune brevi considerazioni in merito alle problematiche criminali  che attengono alla nostra provincia. La criminalit� organizzata nella citt� di Napoli � molto fluida e caratterizzata da una grande competitivit� tra delinquenti, nell�ambito della quale i clan non possiedono una struttura di comando unitaria; questo comporta una elevatissima conflittualit� ed un elevatissimo numero di omicidi. Le caratteristiche tipiche delle organizzazioni criminali napoletane hanno due modelli di riferimento. Un modello di tipo pi� gangsteristico legato al traffico degli stupefacenti e al racket delle estorsioni su strada, soprattutto ed essenzialmente nei confronti dei cantieri: questo caratterizza le organizzazioni criminali presenti nella grande area metropolitana di Napoli e nelle grandi aree metropolitane conurbate con la citt�. Di contro, le organizzazioni camorristiche che operano nei comuni della provincia, caratterizzate da una maggiore identit� individuale, possiedono una connotazione tipicamente mafiosa, tanto � vero che prediligono le infiltrazioni nel sistema pubblico e in quello economico, come realt� di riferimento, a parte il fatto che tali organizzazioni svolgono anche il traffico degli stupefacenti.

Il traffico degli stupefacenti continua ad essere probabilmente l�attivit� principale della criminalit� organizzata campana; esso oggi si confronta anche - senza scontri evidentemente - con una divisione di compiti e, probabilmente, con alleanze sottostanti con organizzazioni criminali straniere che operano nel territorio campano distribuendo ed importando grandi quantitativi di stupefacenti. Il consumo di questi ultimi � diffusissimo nella nostra provincia e riguarda soprattutto il mondo giovanile; di conseguenza, credo che le sacche considerate indenni da tale fenomeno siano veramente pochissime.

PRESIDENTE. Lei fa riferimento sia ad hashish e marijuana e sia a cocaina?

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. Soprattutto cocaina e sostanze sintetiche, per dir cos�. Credo che nelle famiglie il consumo dell�hashish e della marijuana non sia neanche pi� considerato una violazione comportamentale da parte dei genitori, anche perch� in molte famiglie queste sostanze vengono usate anche dei genitori.

Per quanto attiene invece al tema della sicurezza urbana a Napoli e nei comuni, vi � - come dicevo - il problema della sicurezza percepita. Il problema della sicurezza oggettiva in parte d� segni di miglioramento: non sono soddisfacenti perch� comunque il numero assoluto dei reati � particolarmente elevato, per� la strada intrapresa sembra abbastanza valida. Invece � la percezione della sicurezza ad essere assolutamente un elemento di completa destabilizzazione del tessuto sociale della nostra realt�. I cittadini non hanno alcuna percezione della presenza delle forze dell�ordine. Vi � una concentrazione particolarmente elevata di impiego delle forze dell�ordine sul territorio della citt� di Napoli e dei comuni della provincia, ma la confusione che regna all�interno di un tessuto urbano del tutto caotico, l�indisciplina totale in tutti i settori, un degrado urbano amplissimo, fanno s� che non sia percepita neanche la presenza delle forze dell�ordine. Quindi, l�istanza continua in qualsiasi area dove accadono reati di una maggiore presenza delle forze dell�ordine � un indice di mancata percezione e non di mancata presenza. Ecco perch� il numero delle forze dell�ordine non � oggi l�elemento che pu� qualificare una azione di prevenzione.

Uno degli strumenti utilizzati dal Patto per la sicurezza per Napoli � la costituzione di una cosiddetta forza di intervento rapido: 400 unit�, tra Polizia e Carabinieri, che vengono utilizzati come gruppo di massa, d�urto, intero, su tutto il territorio durante l�arco della settimana per tre o quattro giorni alla settimana. Questi sono gli unici interventi che hanno una visibilit� reale. Tant�� vero che per realizzare forme simili, tutte e tre le forze di polizia (oltre a questi 400 uomini che vengono dati di rinforzo periodicamente dal Ministero dell�interno) hanno costituito sul territorio anche loro dei nuclei per fare delle operazioni �a massa�, ossia con gruppi consistenti di uomini che circondano un�area,  un quartiere, un condominio. � solo in questo modo che si percepisce una forma di azione significativamente emblematica ed evidente. Il caos cittadino della realt� campana si manifesta quasi sempre attraverso una realt� metropolitana particolarmente articolata. Le pattuglie operanti sul territorio, che hanno una limitatissima capacit� di efficienza e di intervento, non vengono percepite e non vengono quasi viste.

Per migliorare il rapporto di sicurezza in questi settori, la prefettura ha varato un progetto per l�analisi delle esigenze della sicurezza del cittadino e di risanamento del territorio urbano. Si tratta di una iniziativa che si basa su uno studio approfondito e focalizzato in tre momenti di analisi: una indagine sulla delittuosit�, una sulla percezione ed una sulla vittimizzazione. La prima � fatta dal dipartimento della pubblica sicurezza, la seconda � fatta dal Censis, l�ultima � fatta dall�ISTAT. Inoltre, successivamente abbiamo coinvolto gli enti locali attraverso appositi comitati che sono stati costituiti per le dieci municipalit� del comune capoluogo e per gruppi di comuni raggruppati per omogeneit� di aree. Dei comitati fanno parte - oltre alle forze dell�ordine ed alla polizia municipale - gli esperti di sicurezza dei comuni, le associazioni, gli assistenti sociali e tutte le realt� che vengono a comporre il territorio. Tutti questi comitati sono stati avviati ad un programma di formazione che ha gi� avuto inizio il 25 settembre ed � tenuto da esperti delle tre universit� napoletane. Si tratta di un programma che tende a dare loro strumenti cognitivi per il rilevamento del disagio urbano e della realt� criminale sul territorio e, nello stesso tempo, fornisce loro alcuni strumenti di intervento, anche di affiancamento del cittadino, che funzionino come primo impatto, come primo momento di vicinanza alla realt� criminale.

PRESIDENTE. Prefetto, pu� far pervenire alla Commissione i dati di questo progetto?

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. S�, vi invier� sicuramente il progetto.

PRESIDENTE. Grazie. Che tempi ha per l�entrata in funzione?

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. Siamo nella fase di formazione che prevede otto mesi. A giugno avranno completato questo periodo di formazione e da quel momento opereranno sul territorio. Anche se la formazione avr� una serie di momenti di applicazione sul territorio per verificarne e testarne l�efficacia, il progetto dovrebbe entrare a regime dalla prossima estate.

Tutti gli elementi informativi che questi soggetti, formati ad hoc, saranno in grado di rilevare sul territorio consentiranno di avere una visione pi� ampia e non limitata soltanto all�aspetto criminale dell�episodio delittuoso. Infatti vediamo l�episodio delittuoso sotto due aspetti: l�aspetto fenomenologico, ossia come � avvenuto il delitto, e l�aspetto criminologico, ossia chi � il delinquente. Non guardiamo mai il contesto, mai la vittima. L�indagine di vittimizzazione ha essenzialmente questa esigenza: fornire alle vittime potenziali gli strumenti per non essere vittime reali. E soltanto attraverso un rapporto ed una conoscenza diretti (che si diversifica fra strada e strada, condominio e condominio, quartiere per quartiere) � possibile avere un netto miglioramento della situazione sul territorio.

Quanto ai temi fondamentali che attengono agli aspetti economici e sociologici, come la disoccupazione e la mancanza di alloggi, in relazione al problema della sicurezza urbana, ho sentito parlare in questa sede di numeri problematici, di alloggi occupati abusivamente, di sfratti da eseguire (in un comune come Pozzuoli dobbiamo eseguire 1.800 sgomberi) (Commenti). Sono tematiche di una complessit� unica perch� i 1.800 alloggi occupati fanno parte di case popolari dove devono entrare i legittimi assegnatari. Ma tutti i 1.800 soggetti occupanti sono soggetti senza casa; quindi, mettere fuori costoro significherebbe comunque avere 1.800 famiglie senza casa e non cambiare la situazione.

Superando queste tematiche e volendo considerare l�aspetto della percezione della sicurezza essenzialmente legata agli aspetti della illegalit� diffusa, l�analisi che abbiamo condotto sul territorio ci ha consentito di fare un rilevamento che individua in due elementi fondamentali la percezione di insicurezza.

Per quel che riguarda la realt� napoletana, il primo elemento � dato dall�assoluta mancanza di rispetto delle norme del codice della strada, che determina il caos urbano e soprattutto comportamenti che per desuetudine abrogano delle leggi nella coscienza popolare. Infatti nessuno ritiene che determinati comportamenti siano illegittimi: sono considerati comportamenti legittimi. Quindi si tratta di un modello comportamentale che, se si radica, pu� spostarsi dall�abrogazione �psicologica� del codice della strada all�abrogazione di altri codici.

Il secondo elemento fondamentale che alimenta l�insicurezza del cittadino � l�abusivismo nelle sue varie componenti: l�abusivismo commerciale, i parcheggiatori abusivi e l�abusivismo edilizio. Sono tre settori nei quali la presenza delle forze dell�ordine non ha un ruolo fondamentale, come invece lo ha l�intervento della polizia municipale.

Questa della polizia municipale � una problematica fondamentale per quel che riguarda la realt� campana, in quanto il tema della sicurezza e della illegalit� diffusa � legato a fenomeni che attengono strettamente a competenze della polizia municipale che non vengono assolutamente prese in considerazione. Questo � un ulteriore elemento di degrado per quanto concerne la sicurezza, perch� gli appartenenti alla polizia municipale non determinano con la loro presenza nessun elemento di sicurezza. Infatti a Napoli nessun motociclista che guida senza casco o contromano si preoccupa della presenza della polizia municipale ed oggi neanche della presenza delle forze dell�ordine. Questa forma di degrado contamina anche l�immagine e la valenza deterrente della presenza delle forze dell�ordine sul territorio.

PRESIDENTE. Mi scusi, prefetto. Ci� comporta anche che le forze dell�ordine ed i vigili urbani non intervengono nei confronti di questi casi?

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. Assolutamente non interviene nessuno.

Abbiamo varato dei programmi, abbiamo fatto dei servizi. Abbiamo adottato il sistema dei servizi congiunti tra le forze dell�ordine e la polizia municipale. Servizi congiunti, non pattuglie miste. Infatti le pattuglie miste non si possono realizzare: mettere insieme un poliziotto o un carabiniere insieme ad un vigile urbano non � fattibile, mentre i servizi congiunti si possono effettuare. Per� i servizi congiunti a Napoli sono finiti nel modo seguente: i carabinieri facevano i controlli sulle corsie preferenziali ed i vigili no; per cui alla fine i carabinieri hanno denunciato i vigili per omissione di atti d�ufficio. Quindi, per evitare che il numero di reati in questo senso aumentasse, abbiamo dovuto eliminare anche i servizi congiunti.

Comunque il problema della polizia municipale � molto importante. Abbiamo realizzato forme di cooperazione tra polizie municipali. Da poco abbiamo stipulato un accordo fra tre comuni della provincia che, essendo fra di loro conurbati, devono far ricorso ad un uso comune della forza territoriale - ossia della polizia municipale - perch�...

PRESIDENTE. Quali sono i tre comuni?

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. Portici, Ercolano e San Giorgio a Cremano. Tutti e tre i comuni insieme, riuscendo a mettere una pattuglia di notte (cosa che non avviene mai da nessuna parte, eccetto la citt� capoluogo, perch� le polizie municipali finiscono di lavorare alle ore 20, da qualche parte alle ore 24, mentre la notte sono il servizio � completamente �scoperto�), forse riusciranno a fare un servizio ventiquattro ore su ventiquattro quando verr� installata una video sorveglianza specifica per quei tre  comuni. Infatti, nonostante esista un progetto relativo ai sistemi di video sorveglianza dell�area vesuviana, gestito direttamente dal comune di San Giorgio a Cremano, quest�ultimo non � da solo in grado di assicurare per le ventiquattro ore un servizio nella sala controllo del sistema di video sorveglianza. Quindi, attualmente questo servizio viene svolto solo dalle ore 8 alle ore 20.

PRESIDENTE. Quanti abitanti vi sono complessivamente in questi tre comuni?

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. Circa 250-270 mila abitanti, un poco al di sotto dei 300 mila. Si tratta di un�area interamente conurbata, parliamo di pochi chilometri quadrati, dove la densit� di popolazione � la pi� alta al mondo: pi� di Shanghai, pi� di Hong Kong.

Per quanto attiene al problema della polizia municipale, si deve affrontare un tema particolare, signor presidente: il blocco delle assunzioni. Abbiamo comuni della provincia con 40-50 mila abitanti che hanno quattro, sei vigili, di cui di tre non operano perch� anziani, ed altri tre non lavorano perch� ammalati: quindi non vi � polizia municipale perch� vi � il totale blocco delle assunzioni. Sarebbe quindi indispensabile superare le limitazioni imposte dal patto di stabilit�. Bisognerebbe ripristinare la vecchia normativa risalente alla legge finanziaria 2003 la quale prevedeva che le limitazioni alle assunzioni previste per la pubblica amministrazione non riguardassero le polizie municipali.

GIANPIERO D�ALIA. Ed anche le forze di polizia.

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. Ma gi� � cos�.

GIANPIERO D�ALIA. No.

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. I comuni sono comunque fuori.

Il secondo elemento � che ai vigili urbani viene attribuita la qualifica di agenti di pubblica sicurezza, che viene data a tutti a richiesta del sindaco, non pu� essere revocata se non per gravissimi episodi che attengono al comportamento individuale del soggetto e non alle funzioni che il soggetto svolge. Tutti i vigili urbani sono agenti di pubblica sicurezza, anche se non svolgono questo tipo di attivit�, anche se fanno un lavoro strettamente impiegatizio. Pertanto sarebbe necessario che la qualifica di agente di pubblica sicurezza venisse limitata esclusivamente a coloro che svolgono una simile attivit�, e che il conferimento della qualifica fosse subordinato ad una verifica periodica dei requisiti psicoattitudinali e fisici. Infatti, il caso di Napoli lo conoscono tutti: sono stati assunti vigili che, con certificazione medica, non potevano svolgere attivit� di pubblica sicurezza; nonostante ci�, costoro hanno la qualifica di agente di pubblica sicurezza e non � possibile revocargliela, perch� non hanno commesso reato, perch� non vi sono requisiti individuali che vengano a mancare.

GIANPIERO D�ALIA. E percepiscono una indennit�...

ALESSANDRO PANSA, Prefetto di Napoli. S�, percepiscono una indennit� (Commenti).

L�altro intervento che - a mio avviso - sarebbe indispensabile effettuare, � il recupero negli uffici di polizia di tutto il personale destinato ad attivit� impiegatizie e che hanno compiti burocratici. In altri termini � - a mio avviso - possibile oggi recuperare del personale civile proveniente dalle altre amministrazioni dello Stato (in particolar modo dal Ministero della difesa), che potrebbero essere distribuiti all�interno degli uffici delle forze dell�ordine per svolgere attivit� burocratiche, che attualmente sono svolte da appartenenti alle forze dell�ordine stesse.

Il tema riguardante le forme di tutela e di garanzia delle vittime di reato, soprattutto nel settore delle estorsioni, anche a Napoli vive una stagione particolarmente interessante. Accade da poco, perch� - sull�onda di Caltanissetta - l�associazione industriale napoletana ha adottato anch�essa  la linea di espellere dall�associazione gli imprenditori che pagano il pizzo. Inoltre ormai � qualche anno che a Napoli l�associazionismo antiracket ed antiusura funziona particolarmente bene: vi � un ampio numero di associazioni che stanno operando molto bene sul territorio, in stretta sinergia con le forze dell�ordine e con l�autorit� giudiziaria. In tutti i casi (e sono parecchi) in cui, grazie all�intervento delle vittime del reato e delle associazioni, sono stati arrestati gli estorsori, questi sono stati portati in giudizio in stato di detenzione, sono stati sempre condannati e non vi � stata mai una azione di vendetta nei confronti delle vittime di estorsione. Un segnale particolarmente positivo che si sta radicando, anche se non mantiene un trend di crescita l�avviamento del numero degli associati a questi gruppi organizzati; tuttavia costituisce un elemento di particolare positivit� che � stato sposato in pieno anche dall�ACEN, ossia l�associazione costruttori napoletani.

Il racket nei cantieri � quello pi� diffuso nella nostra provincia e si � avviata anche in quel campo una campagna di sensibilizzazione, attraverso uno strumento di raccordo: tutti i cantieri che vengono aperti, vengono segnalati alle forze dell�ordine che li inseriscono nelle loro attivit� di controllo sul territorio; ogni cantiere che viene aperto ed � collegato a questo circuito, espone un cartello in cui fa sapere di essere collegato alle associazioni antiracket ed alle forze di polizia che svolgono appunto attivit� contro il racket stesso.

Le forze dell�ordine, con le associazioni, hanno messo in campo anche dei modelli comportamentali ed operativi che rendono questa attivit� particolarmente efficace, in quanto nei cantieri dove iniziano ad esserci attivit� estorsive normalmente vengono introdotti soggetti appartenenti alle forze dell�ordine che, al momento della presentazione della richiesta estorsiva, si presentano loro direttamente come capomastro, come responsabile del cantiere e quindi operano direttamente.

Questo, secondo me, � un altro degli elementi particolarmente rilevanti per quanto riguarda la realt� che viviamo, in quanto anche qui il problema della sicurezza � dovuto al fatto che in genere si sostiene che vi sia scarsa attenzione ai problemi economici ed imprenditoriali, e che quindi non vi sia una forza di attrazione degli investimenti economici. Con queste forme di salvaguardia dalle estorsioni e con un nuovo protocollo di legalit� che � stato introdotto a Napoli per tutti gli appalti pubblici, nel quale sono previste sanzioni pecuniarie garantite per tutti i trasgressori, ed � prevista la trasparenza finanziaria di tutto il danaro pubblico che viene fatto circolare (dal primo all�ultimo imprenditore, per tutte le tipologie di appalto e di servizi), in questo modo riteniamo che sia stato creato un presupposto valido per l�attrazione degli investimenti nel territorio campano.

L�ultima notazione che voglio fare riguarda la vigilanza privata. Come i colleghi hanno detto, la vigilanza privata ha varie sfaccettature, varie problematiche. Soprattutto vi � necessit� di uno nuovo regolamento (tra l�altro siamo anche sotto procedura comunitaria di infrazione, anche se so che il nuovo schema di regolamento ha gi� avviato il suo iterparlamentare). A Napoli i problemi della vigilanza privata si collegano molto anche ai fenomeni criminali, motivo per il quale il primo tema che abbiamo affrontato in materia sono i controlli sulle attivit� di vigilanza privata. Dal marzo scorso abbiamo istituito un gruppo - formato da personale della questura, della Guardia di finanza, dell�INPS, dell�INAIL, della Direzione provinciale del lavoro, dall�Agenzia del territorio e dall�ASL - che svolge dei controlli. Fino ad oggi ha sottoposto a controllo una serie di esercizi: alcuni istituti di investigazione privata, una decina di istituti di vigilanza. Sono state sempre riscontrate infrazioni: alcune particolarmente gravi, altre meno gravi. Attualmente questo strumento di controllo - multidisciplinare o interforze, se volete - d� una forza maggiore, in quanto gli organismi non appartenenti alle forze di polizia che dovrebbero esercitare i controlli, non li fanno mai, essenzialmente per timore.

Facciamo la stessa cosa anche nel settore dei controlli sulla sicurezza del lavoro, perch� l�ispettore dell�INAIL o dell�INPS o della Direzione provinciale del lavoro difficilmente si avventura da solo in un cantiere o in un esercizio pubblico, soprattutto in determinati quartieri. Invece, mettendo insieme tutte le componenti, comprese le forze di polizia, gli accertamenti vengono svolti a trecentosessanta gradi, ma con una particolare partecipazione dei soggetti che normalmente sarebbero intimoriti ad intervenire in questo posto.

PRESIDENTE. La ringrazio molto. La pregherei di farci avere i materiali di cui disponete, tra cui ho visto anche alcuni dossierstatistici.

STEFANO DONATI, Responsabile dell� Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalit� del comune di Bari.Signor presidente la ringrazio, anche a nome del sindaco, che purtroppo per...

PRESIDENTE. Mi scusi: mi pu� anzitutto spiegare bene in cosa consiste la sua attivit� presso il comune di Bari?

STEFANO DONATI, Responsabile dell�Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalit� del Comune di Bari. Sono responsabile dell�Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalit�: un istituto particolare che l�amministrazione ha voluto creare e le cui attivit� illustrer� successivamente.

La ringrazio anche a nome del sindaco - che purtroppo, per impegni istituzionali precedentemente assunti, non ha potuto rispondere alla sua convocazione - per aver deciso di udire i sindaci sullo stato della sicurezza nelle citt� metropolitane.

L�attuale amministrazione ha dedicato notevole attenzione e destinato importanti risorse del bilancio civico ai temi della sicurezza urbana. Il sindaco nella sua �prima vita� era procuratore della Repubblica ed ha quindi inteso proseguire la sua lotta alla criminalit� che nella citt� di Bari ha inferto duri colpi alle varie organizzazioni; tuttavia, egli si � subito reso conto che, una volta passato da procuratore a sindaco ed essendo stato scelto dai cittadini proprio per quanto aveva fatto, i suoi poteri erano di fatto molto depauperati.

PRESIDENTE. Sotto quel profilo era meglio prima, insomma.

STEFANO DONATI, Responsabile dell�Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalit� del Comune di Bari. Certo. Ma i cittadini non lo capiscono.

Bari, come ha illustrato con il consueto nitore il prefetto Schilardi, � una citt� caratterizzata sia da una presenza attiva di gruppi criminali organizzati sia anche da episodi di cosiddetta criminalit� predatoria o da strada: quindi tutti i fenomeni vi sono presenti.

Nella mia relazione non parler� della situazione criminalit� che gi� il prefetto ha illustrato. Mi vorrei invece soffermare sul contributo che l�amministrazione comunale cerca di dare, in particolare con l�attivit� del corpo di polizia municipale (che presenta problematiche in parte gi� esaminate), attraverso l�attivit� dei suoi servizi sociali e dell�Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalit�.

Per quanto riguarda la polizia municipale, il corpo � composto da circa 530 agenti. Sembrano tanti rispetto alla provincia, ma in realt� non lo sono perch� occorre tenere presente che la prima attivit� che assorbe le funzioni della polizia municipale finisce per essere quella del traffico. Quando vi sono citt� in cui non vi sono zone a traffico limitato e controlli automatici degli accessi, � chiaro che � necessario un apporto molto superiore. Anche se poi la polizia municipale, stando sul territorio per motivi di traffico, chiaramente interviene su tutti i tipi di violazione e di reato. Si tratta dunque di 529 uomini, di cui 450 svolgono quotidianamente servizio esterno: quindi un corpo abbastanza efficiente da questo punto di vista. Si cerca di garantire un buon servizio, ed infatti nel quadrante notturno (dalle ore 0 alle ore 6, che � quello pi�  delicato) la polizia municipale ha sei pattuglie in servizio. Inoltre rileva il 100 per cento degli incidenti stradali...

PRESIDENTE. Quante pattuglie ha detto? Sei?

STEFANO DONATI, Responsabile dell�Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalit� del Comune di Bari.Sei pattuglie, esatto. La polizia municipale rileva il 100 per cento degli incidenti stradali sul territorio comunale, con ci� sollevando le altre forze di polizia da questi compiti di polizia giudiziaria che, tra l�altro, non costituiscono nel nostro contesto una attivit� di routine, in quanto � molto pericoloso in certi quartieri rilevare un incidente stradale di notte.

Effettua, per esempio, la scorta dei crocieristi nella citt� vecchia quotidianamente e si occupa del contrasto di tutte le forme di illegalit� diffusa che gli altri amministratori hanno descritto, con particolare riferimento a quei fenomeni tipici delle citt� del Sud e che anche a Bari si manifestano in modo assai virulento: le occupazioni abusive di alloggi (praticamente quotidiane, tutte le notti praticamente) e la piaga dei parcheggiatori abusivi, rispetto al numero dei quali non si riesce a trovare la soluzione nonostante vengano quotidianamente denunciati e fatti oggetto di sequestri. Vi � stata una modifica normativa del codice della strada che ha introdotto il sequestro amministrativo dei proventi; tale misura, per�, si sta dimostrando inefficace perch�, non essendovi un correlato potere di perquisizione trattandosi di illecito amministrativo, chiaramente non riesce a colpire le tasche di questi signori.

Naturalmente la polizia municipale � comunque assai condizionata dai limiti che artificialmente la legislazione le impone e che appaiono insuperabili. Per portare un esempio, che oggi non � stato citato fra i tanti, ad essa � ancora vietato l�accesso alla banca dati di polizia. Gli organi di polizia municipale non sanno mai chi hanno davanti e purtroppo a ci� non si riesce ad ovviare. Anche il disegno di legge attualmente all�esame del Parlamento non compie un passo avanti perch�, addirittura, prevede soltanto la possibilit� di consultare l�archivio dei veicoli rubati, consentita a qualunque cittadino che navighi in Internet. Anche ammesso che la preoccupazione di estendere una simile facolt� a tutta la polizia municipale (coinvolgendo magari il comune di mille abitanti dove vi � un unico agente) possa creare il rischio della diffusione impropria di determinate notizie, magari si potrebbe autorizzare le sole citt� metropolitane o le citt� capoluogo di provincia, dove i corpi della polizia municipale hanno comunque caratteristiche di sicurezza sufficienti per gestire tutte le informazioni.

Vi sono poi limiti di orario e di territorio che non corrispondono pi� alle reali dimensioni delle citt�. Si tratta di limiti burocratici per cui la polizia municipale, che non vuol cambiare quello che fa, comunque si deve fermare dove finisce il limite del comune anche se quel limite � collocato in un quartiere della sua citt�. Vi sono limiti negli strumenti di difesa, che spesso sono addirittura totalmente assenti. Soprattutto manca qualsiasi requisito di accesso alla professione, perch� l�ordinamento � quello degli impiegati comunali. Come diceva prima il sindaco di Catania e come hanno detto altri, il problema � che tutti i corpi sono anziani: ma non sono solo anziani per il blocco delle assunzioni (che � un altro problema) ma lo sono anche perch� quando bandiamo il concorso entrano i cinquantenni. Quindi se non vi sar� una riforma della polizia municipale, chiaramente la sua efficacia rimarr� sempre molto limitata.

Chiuso il capitolo della polizia municipale, l�amministrazione si sta impegnando anche nel creare un sistema integrato di sicurezza urbana, in particolare con un sistema di telecamere sui luoghi pubblici e sulle strade. Attualmente � stato da poco installato un sistema di 37 telecamere a circuito chiuso che entro il mese di aprile saranno raddoppiate e diventeranno 74. Si tratta di strumenti molto efficaci che  hanno consentito anche di ricostruire la dinamica di alcuni reati e di giungere all�identificazione dei responsabili.

Per quanto riguarda invece l�attivit� dell�assessorato alle politiche sociali, anche su questo piano l�amministrazione ha investito notevoli risorse raddoppiandole rispetto agli anni passati. Nel 2007, per l�anno corrente, sono stati investiti circa 10 milioni di euro, attraverso vari servizi: in particolare per quanto riguarda le attivit� volte a seguire le famiglie in difficolt� ed i minori a rischio, la lotta alla dispersione scolastica ed al disagio, il servizio per le famiglie di sostegno alle responsabilit� familiari, il servizio di accoglienza a favore di minori temporaneamente allontanati dalle famiglie di origine (quindi le comunit� educative, gli affidi familiari, comunit� di pronta accoglienza), e servizi che corrispondono ad altre specifiche esigenze dei minori (centri anti-violenza e case rifugio). In totale - nella relazione che lascer� vi � l�elenco dei servizi - i minori assistiti sono attualmente 3.165.

Inoltre, su espressa volont� del sindaco, a partire dal luglio 2004 il comune si � sistematicamente costituito parte civile in tutti i processi penali celebrati contro i gruppi criminali organizzati baresi, quantificando nella richiesta di risarcimento tanto i danni all�immagine della citt�, quanto le risorse investite dal comune per attivit� progettuali, sia sul versante repressivo che su quello preventivo, che si sono rese necessarie a seguito dei fatti criminosi commessi dai clan. Ed ha ottenuto, tramite le condanne al risarcimento del danno, somme di denaro che sono state utilizzate anche per finanziare il mantenimento e l�organizzazione l�Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalit�.

Questa agenzia - come dice il nome - si sviluppa attraverso vari progetti, contenuti nella relazione, il pi� importante dei quali, forse, � quello denominato �Crescere nella legalit�, che parte da un problema molto sentito. Infatti, la criminalit� barese si distingue dalle altre a causa di una caratteristica gravemente negativa: � l�unica in Italia (riportiamo le parole del procuratore generale presso la Corte d�appello) ad utilizzare in modo continuo e professionale adolescenti, cui insegna l�uso delle armi e che utilizza come sicari quando dimostrano una particolare capacit�. L�ulteriore aspetto negativo riguarda il distorto sviluppo della personalit� di questi minori che, sul piano psicologico, subiscono una precoce adultizzazione, per effetto della quale assumono nei riguardi dei giudici, degli operatori sociali e di quelli penitenziari, comportamenti molto simili a quelli degli imputati adulti. Ci� rende del tutto inefficace il tradizionale intervento di recupero sociale, poich� l�inquinamento mafioso � per lo pi� in famiglia: sicch�, ammesso che si riesca a far mettere in discussione la subcultura mafiosa del minore, un tale recupero viene cancellato non appena il minore rientra nella famiglia.

Praticamente questo progetto, nonostante sia stato attivato da soli tre mesi e venga svolto dalla polizia municipale in collaborazione con tutte le istituzioni che hanno firmato il protocollo (il comune di Bari, l�Osservatorio della devianza minorile, la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, la camera minorile, la procura della Repubblica presso il tribunale, la procura della Repubblica presso il tribunale dei minori, il provveditorato regionale dell�amministrazione penitenziaria, il tribunale, il tribunale dei minori, l�ufficio esecuzione penale, l�ufficio dei servizi sociali, l�ufficio scolastico), ha gi� permesso in questi mesi di aprire circa 100 fascicoli cautelari civili nei confronti di minori le cui posizioni sono state ricostruite (il che non � facile perch� le famiglie sono molto complesse) e per i quali si proceder� all�affidamento, sottraendoli cos� all�ambiente originario, per dare loro la possibilit� di crescere in modo diverso.

ANDREA DE MARTINO, Prefetto di Firenze. Per rispondere alle domande che la Commissione ha rivolto sul disagio urbano, desidererei evidenziare in modo preliminare come il tratto fondamentale delle strategie di sicurezza dell�area metropolitana di Firenze (11 comuni per  circa 613 mila residenti ed un flusso medio annuo di circa 10 milioni di turisti), coincide con il continuo e deciso impegno dei diversi livelli di governo - da quello comunale a quello statale - nel dar vita a modelli di intervento integrati: una forte coesione istituzionale, signor presidente, e una grande partecipazione degli enti territoriali ai problemi della sicurezza.

� questa impostazione che peraltro ispira i lavori, almeno settimanali, del Comitato provinciale per l�ordine e la sicurezza pubblica ed anche della Conferenza regionale sulla sicurezza, sede in cui - mi piace sottolinearlo - sin dall�ottobre dell�anno scorso furono fissate le strategie comuni di intervento per quest�anno e si concordarono gli obiettivi generali su cui sviluppare un rapporto di collaborazione tra istituzioni statali (con gli altri colleghi delle altre province della Toscana), regionali e locali.

Un deciso e crescente impegno, dunque, per promuovere pi� ampi spazi di sicurezza partecipata, al quale peraltro - devo dire - si � contrapposto nel 2007 un innalzamento della pressione della criminalit�, proprio ad opera di alcune tipologie di delitti che destano maggiore allarme della popolazione. Ad un calo generalizzato dei fatti criminosi nel 2006, � seguito infatti nel corso del 2007 (il raffronto riguarda ovviamente i mesi da gennaio ad ottobre dei due anni) un aumento del 93,8 per cento dei furti con strappo (il dato assoluto vuole un incremento da 290 a 562 casi), del 29,9 per cento dei furti in abitazione e del 37,1 per cento delle rapine negli esercizi commerciali e nelle banche. Tutto ci� nonostante una generosa e pressante attivit� di prevenzione delle forze dell�ordine e l�incremento nel corrente anno del 22,17 per cento delle ore di impiego in servizi esterni di agenti di Polizia e Carabinieri.

Pur essendo stato possibile riscontrare negli stessi periodi considerati una situazione pressoch� stazionaria degli altri reati e l�incremento medio dei delitti scoperti del 3,24 per cento, con un picco del 7,14 per cento proprio per le rapine in esercizi commerciali e nonostante che un�analisi sul lungo periodo dei dati sulla criminalit� abbia mostrato una linea tendenziale che - seppure con un andamento ciclico - si mantiene nel tempo su livelli costanti (37.810 era nel 1999 il totale generale dei delitti nel capoluogo, e su circa 37.000 dovrebbe attestarsi quello del 2007), resta comunque alta oggi l�attenzione sulla crescita di tali reati predatori: sia perch� in prevalenza riconducibili - e quindi sottolineo a mia volta l�adesione all�interpretazione del sindaco di Genova e di Bari, che davano del diffondersi di queste categorie di reati - ad ambienti sociali emarginati ed interessati da un profondo stato di povert� e di degrado; sia perch�, in ragione della loro diffusione e del fatto che toccano direttamente la sensibilit� dei cittadini, incidono in modo particolarmente negativo sia sulla sicurezza reale che su quella percepita.

Quanto in particolare ai meccanismi che influenzano la percezione della sicurezza, una indagine del 2005 sulla qualit� della vita realizzata dal Comune e dalla Universit� di Firenze, ha messo in luce che i fenomeni per i quali i fiorentini sono maggiormente sensibili sono la criminalit� diffusa e l�immigrazione clandestina. Ma la gamma di elementi capaci di influenzare la percezione della sicurezza � forse pi� ampia. Sicch�, a mio modo di vedere, non possono dirsi estranei al diffondersi di uno stato di disagio, se non di allarme, oltre ovviamente al richiamato incremento dei reati predatori, almeno tre ulteriori fattori.

In primo luogo, il sempre pi� frequente riproporsi di situazioni ambientali vissute come insidiose dai cittadini. Si tratta di luoghi dove, come anche in altre citt� italiane, si manifestano comportamenti ascrivibili pi� che a manifestazioni di criminalit�, a manifestazioni delinquenziali o di antisocialit�. Mi riferisco a comportamenti che, allo stesso tempo, da un lato non sempre vengono percepiti dai loro protagonisti come disdicevoli e antigiuridici e dall�altro, se episodici e singolarmente considerati, vengono spesso addirittura tollerati dalla stessa cittadinanza. In sostanza, mi riferisco - nel caso di  specie ripeto l�elenco proposto dal sindaco di Padova - ai luoghi dell�accattonaggio, della vendita abusiva di merce contraffatta, del consumo di droga, del bivacco e della prostituzione; mi riferisco, ancora, solo per citare le principali, alle forme di aggregazione di persone ubriache o moleste ed a tutta la ben nota sfera di comportamenti che, oltre ad offendere il decoro della citt�, ingenerano problemi di degrado non accettabili e riducono significativamente gli spazi di libert� dei cittadini.

Il secondo fattore � il progressivo scadimento del rapporto con il quartiere dove si vive, della reciproca conoscenza delle persone che vi abitano e, in ultima analisi, del sistema di controllo sociale che non riesce ad essere bilanciato dalla pur significativa presenza sul territorio delle forze dell�ordine: a Firenze ci sono un poliziotto o un carabiniere ogni 262 abitanti.

Il terzo fattore � la nuova composizione della societ� in Toscana, che registra una sempre maggiore strutturazione del fenomeno migratorio. Nel 2020 gli stranieri rappresenteranno il 12 per cento della popolazione complessiva toscana, con le connesse grandi opportunit�, anzitutto umane, culturali ed economiche, ma anche con le pur riscontrate criticit� dei rapporti con la cittadinanza dei quasi 70 mila immigrati regolari in provincia (senza parlare degli irregolari, rappresentanti prevalentemente da albanesi, cinesi, rumeni e marocchini); tutto ci�, in ragione delle diversit� di abitudini di vita, di cultura, di costume e di religione, diversit� troppo spesso ancora avvertite come fattori di estraneit�, capaci di modificare ed alterare i ritmi quotidiani fino a pochi anni fa vissuti nei quartieri delle citt�. Tenuto conto della duplice natura criminale e sociale degli elementi che concorrono ad allargare le cause dell�insofferenza e del disagio nella cittadinanza, le iniziative di contrasto assunte a Firenze puntano sul contributo contestuale delle forze dell�ordine e degli enti territoriali secondo linee di lavoro che, nel rispetto delle diverse competenze, si integrano reciprocamente e trovano nel �Patto per Firenze sicura� dello scorso luglio la loro pi� puntuale definizione.

Mentre rinvio per le indicazioni di maggior dettaglio sulle singole azioni intraprese ai contenuti del documento depositato questa mattina, mi preme solo evidenziare come l�impegno prioritario messo in campo sia sostanzialmente rivolto al perseguimento di due obiettivi di fondo: da un lato il recupero del personale di polizia a compiti operativi per meglio articolare l�azione di contrasto ad ogni forma di criminalit�, da quella violenta a quella diffusa, e dall�altro il concorso degli enti locali e di altre istituzioni pubbliche e private in compiti di sicurezza secondaria o situazionale. Sul primo versante, solo per dare sinteticamente conto del lavoro gi� svolto, � stato recuperato circa il 40 per cento delle unit� in precedenza impiegate in servizi di ordine pubblico allo stadio e si � provveduto alla soppressione della stazione dei Carabinieri di Tosi che ha consentito il reimpiego di cinque militari dell�arma. � stato, altres�, ultimato a met� ottobre da parte della prefettura per il Ministero dell�interno uno studio di fattibilit� che formava oggetto del patto territoriale, portato avanti con il concorso del comune e della questura di Firenze, per il trasferimento al comune delle procedure di rinnovo dei permessi di soggiorno con il possibile recupero di pi� di 15 unit� della Polizia di Stato a servizi operativi. Nello stesso tempo, � stato rivisitato il piano dei servizi del poliziotto o carabiniere di quartiere, destinando maggiori risorse ad aree, orari e servizi, da ultimo la settimana scorsa a Bobbio di alcune linee dell�azienda comunale di trasporto, in cui maggiore era la percezione di insicurezza.

Sul secondo versante, il contributo degli enti territoriali � da tempo diretto ad assicurare migliori condizioni di vivibilit� delle citt� e punta ad interventi che, per citarne solo alcuni, vanno dalla riqualificazione di aree interessate dalla prostituzione attraverso soluzioni di viabilit�, arredo e decoro con finalit� dissuasive, all�offerta gratuita di locali per il deposito  delle quantit� sempre maggiori di prodotti contraffatti sequestrati. Sar� provvidenziale l�approvazione della norma che prevede la possibilit� di distruggere i beni sequestrati conservandone una campionatura perch� i costi della conservazione di questi prodotti stanno superando anche i limiti degli interessi che i risultati stessi alla loro conservazione lasciano immaginare. Si prevede, inoltre, l�adozione di piani di controllo nel settore delle locazioni e degli affittacamere, il potenziamento della vigilanza sulla sicurezza stradale e su quella nei cantieri, l�introduzione di forme di assistenza e sostegno delle vittime dei reati. Un percorso articolato che proseguir� nei prossimi due anni, come stabilito dal patto, volto a ristabilire le necessarie regole di convivenza e a farsi carico di situazioni di degrado urbano e di emarginazione sociale che, se non rimosse per tempo, rischierebbero di incidere negativamente sul tessuto sociale delle citt� fino ad alterarlo in modo irreversibile. � proprio in questa direzione che, con l�adesione al patto territoriale, mentre gli 11 comuni dell�area metropolitana, in prima linea il comune di Firenze, hanno assicurato l�impegno e in tale direzione stanno gi� operando ad una revisione dei regolamenti comunali, con particolare riguardo a quelli della pulizia urbana e locale, la provincia e la regione, al fine di adeguare tale normativa alle esigenze di sicurezza integrata con il ricorso ad una migliore capacit� di reazione alla violazione delle regole stabilite, si sono impegnate a favorire forme di accesso agevolato a finanziamenti e contributi per progetti finalizzati a migliorare la sicurezza dei cittadini e la vivibilit� di aree degradate. Non politiche nuove per la sicurezza, dunque, ma linee operative che consentano ulteriori azioni di sostegno della regione Toscana ai comuni, al fine di sommare i risultati dell�azione delle forze dell�ordine sul fronte della sicurezza primaria a quelli dell�azione degli enti territoriali per una maggiore vivibilit� urbana. Non politiche nuove per il disagio urbano, ripeto, ma un maggior dialogo ed un pi� efficace incontro all�interno di ogni singola amministrazione territoriale tra politiche ordinarie della sicurezza e altre politiche di settore quali, solo per esemplificare - stamattina ne � stata tracciata una mappa molto compiuta -, quelle sociali per governare le situazioni di marginalit�, quelle scolastiche per aprire sempre pi� i nostri giovani e, attraverso loro, le nostre famiglie, alla dimensione dell�accoglienza e dell�inclusione, quelle abitative e del decoro urbano per provvedere alle pi� urgenti necessit�.

VINCENZO GRIMALDI, Prefetto di Bologna. L�area metropolitana di Bologna � caratterizzata, sul piano della sicurezza, da fenomeni che sono in parte comuni ed analoghi ad altre aree metropolitane similari ed in parte specifici della realt� bolognese.

Se si esclude la presenza di una criminalit� organizzata radicata sul territorio, occorre dire che le problematiche vissute con maggiore criticit� dalla cittadinanza riguardano sempre pi� fenomeni che arrecano un forte disturbo al tradizionale ed ordinario modo di concepire la vita in societ�, a prescindere dalla loro qualificazione o connotazione di atti illeciti o dal dolo e disvalore ad essi attribuito dalle leggi vigenti. Intere zone del centro storico di Bologna sono appannaggio esclusivo di una popolazione giovanile direttamente o indirettamente legata al mondo studentesco. Ricordo che Bologna � la sede di una delle pi� attrattive universit�, essendo l�universit� pi� antica d�Europa, con oltre 100 mila iscritti dei quali la maggior parte fuori sede. Questo mondo giovanile, direttamente o indirettamente legato all�universit�, fruisce degli spazi pubblici con comportamenti poco compatibili alla componente tradizionale della popolazione locale, la quale, al netto degli immigrati e degli studenti, registra un tasso di invecchiamento tra i pi� alti d�Europa.

PRESIDENTE. Vorrei un chiarimento. Molti di noi vanno abitualmente a Bologna per lavoro o per altro, per� quello che colpisce nel centro non � tanto la popolazione studentesca, quanto un altro tipo di popolazione, neanche tanto giovanile.

VINCENZO GRIMALDI,Prefetto di Bologna. Verr� poi a questi fenomeni. Stavo dicendo che gi� da ci� si pu� comprendere l�elevato tasso di contrasto e di conflittualit� che si determina nella civile convivenza. � una situazione che, oltre ad aver determinato evidenti condizioni di degrado di vaste aree del centro storico, ha costituito, negli anni, il presupposto di ulteriori fenomeni di criticit� o di illegalit� vissuti con disagio dalla cittadinanza, quali ad esempio lo spaccio di stupefacenti, l�abusivismo commerciale ambulante, la proliferazione di locali la cui offerta principale consiste nella vendita di bevande alcooliche a basso costo consumate da centinaia di avventori sulla pubblica via fino ad orari notturni e, ovviamente, con ripercussioni forti sulle condizioni dell�igiene pubblica e della quiete della cittadinanza.

Un altro fenomeno di rilevante incidenza sulla societ� bolognese, non dissimile da quello che si verifica in altre citt� del territorio nazionale, riguarda il forte incremento dei cittadini stranieri, in gran parte provenienti dall�est Europa e in gran parte di origine rom, che sono visibilmente presenti nella citt� e destinati ad essere partecipi delle condizioni di degrado e artefici di determinati tipi di criminalit�, soprattutto predatoria. La cittadinanza bolognese, pur in un contesto di rispetto massimo delle regole di accoglienza e solidariet�, non vive con indifferenza il rapporto con la popolazione immigrata, in primo luogo perch� coglie in essa il segnale evidente di un repentino mutamento della composizione sociale che gi� di per s� � elemento di incertezza per il futuro e quindi anche di insicurezza, una sorta di attentato a quel contesto che rappresenta il modello emiliano di diffuso benessere e coesione sociale guadagnato con anni di laboriosit� e senso civico.

Gli insediamenti abusivi sono un altro fattore di insicurezza. Da un�analisi concreta compiuta in sede locale si � registrata, tra l�altro, una loro intrinseca caratteristica di fattore criminogeno. Infatti, nei momenti di maggiore concentrazione di questi insediamenti o di riduzione degli stessi per effetto di attivit� congiunte delle forze dell�ordine e dell�amministrazione comunale tendenti a determinare uno spostamento anche spontaneo di tali gruppi, si � registrato rispettivamente un aumento o una riduzione di alcuni reati specifici.

Esiste, inoltre, un fenomeno tutto particolare, probabilmente nel novero di quelli che indicava il presidente, il fenomeno dei �punk bestia�, un numero consistente diclochard, cio� di persone di varia estrazione senza fissa dimora, che bivaccano e vivono creando una forte azione di intolleranza e di disturbo. Oserei dire che l�intolleranza manifestata dalla cittadinanza � pi� forte verso questi fenomeni che non verso fatti delittuosi, come ad esempio lo spaccio di stupefacenti, che pure avviene in maniera abbastanza consistente ed � testimoniato dalle centinaia di arresti che le forze dell�ordine compiono nella loro attivit�.

PRESIDENTE. Vorrei chiedere se, in un caso come questo, esista un potere del prefetto o di un�altra autorit� di sgomberare un�area.

VINCENZO GRIMALDI, Prefetto di Bologna. No.

PRESIDENTE. Allora, forse ci vorrebbe.

VINCENZO GRIMALDI, Prefetto di Bologna. Sarebbe auspicabile: tra le proposte, infatti, probabilmente ci sar� anche questa. Pi� che una dissuasione, si pu� prevedere un presidio delle forze dell�ordine che rappresenti un deterrente rispetto a determinati fenomeni particolarmente appariscenti, in quanto non si pu� intimare a queste persone di spostarsi in un�altra zona quando non commettano reati particolari. Si � tentato anche di offrire ai�punk bestia� disponibilit� di alloggi, ma loro vivono in un rapporto quasi simbiotico con uno o pi� cani e quindi si poneva il problema di ospitare questi animali da cui assolutamente non si vogliono staccare: sono capaci di dare la loro persona, ma non il cane. Dalle varie forme di interlocuzione con i cittadini delle zone interessate  -petizioni, esposti, incontri - emerge, come dicevo, questa reattivit� che si manifesta rispetto ad altri tipi di patologia.

In estrema sintesi, il contesto bolognese vive un�insofferenza nei confronti di tale fenomeno al punto che dobbiamo dedurne la non piena coincidenza, il non totale allineamento fra le fenomenologie criminose che oggettivamente affliggono la societ� e le preoccupazioni e i disagi che la stessa avverte e tende a ricondurre a problematiche di sicurezza.

Una evidente riprova di tutto ci� si pu� trovare in un quotidiano economico, il Sole24ORE che annualmente pubblica i dati sulle condizioni, sulla qualit� della vita e sulla sicurezza nelle varie citt�: Bologna figura tra i primi posti per qualit� della vita e tra gli ultimi posti per la sicurezza. Questo pu� sembrare un paradosso, che si spiega, per�, svolgendo un�analisi pi� accurata sui parametri adottati da queste indagini. Infatti, con riguardo ai reati si prendono a dato statistico soprattutto quelli che sono denominati i reati di strada, i borseggi in particolare, per i quali Bologna detiene un primato. Ci� si spiega, tuttavia, se si considera la coincidenza con grandi eventi fieristici; tra l�altro, l�indice di delittuosit� si calcola sulla residenza ufficiale, non sulla vivibilit�. Un altro sintomo � che questi borseggi hanno come vittime forestieri, circostanza che crea un ulteriore distacco nella percezione. Se si volessero unire questi due dati, l�insicurezza dovuta al gran numero di reati da strada e la sicurezza percepita, trarremmo la conseguenza che la percezione di insicurezza non si fonda sui dati relativi ai reati.

Se questa � l�analisi che emerge, allora occorre dire che quelli che comunemente vengono definiti come problemi di sicurezza nelle aree urbanizzate, consistono, in verit�, in fenomeni di diversa portata nei quali le connotazioni di sicurezza in senso stretto sfumano, o comunque vengono condizionate da fattori di matrice diversa. Ci� comporta che quasi tutti i problemi dell�insicurezza derivante dal cosiddetto disagio urbano, debbano essere affrontati facendo ricorso a funzioni di cui sono titolari soprattutto i vari livelli di governo locale.

A questo punto si � davanti ad una duplice prospettiva. Una prima � quella di auspicare un complessivo e profondo intervento riformista che riveda e ridistribuisca le funzioni amministrative, attribuendo connotazioni di prevenzione sociale anche alle attivit� di sicurezza o, al contrario, conferendo responsabilit� maggiori in materia di sicurezza ai titolari delle amministrazioni territoriali. Su questo primo versante esiste gi� un dibattito attivo e vi sono progetti di riforma e iniziative del Governo sul fronte dell�ampliamento, come � noto, del potere ordinatorio dei sindaci ex articolo 54. Invece, per quanto riguarda la possibilit� di rivedere lo strumentario a disposizione delle autorit� di pubblica sicurezza, un versante di possibile esplorazione potrebbe essere quello concernente la disciplina e la gestione dei locali di pubblico esercizio, soprattutto quelli finalizzati all�intrattenimento delle persone che, per il tipo di offerta commerciale, finiscono per diventare luoghi di grande aggregazione, con le problematiche conseguenti sulla generale vivibilit� delle zone presso cui insistono. Noi sappiamo che la disciplina di questa materia � passata da un momento storico nel quale gli aspetti legati allo sviluppo economico erano recessivi rispetto a quelli di sicurezza, ad uno, dopo il 1977, nel quale si � invertita la tendenza. Non dico di ritornare al passato, per� potrebbe essere rivisto il sistema sanzionatorio in modo da rendere pi� efficaci anche quegli aspetti che possono essere ricondotti alla pubblica sicurezza, cio� utilizzare lo strumento dell�articolo 100 del Testo unico della pubblica sicurezza per aspetti che non siano soltanto quelli del rinvenimento nei locali di persone pericolose per la pubblica sicurezza, ma anche aspetti che comunque possono avere una ricaduta sulla vivibilit�.

L�altra prospettiva - parlavo di una duplice prospettiva - � quella che appare maggiormente conforme ai nuovi modelli di comportamento delle pubbliche amministrazioni  in linea con il principio della leale collaborazione, ormai consolidato anche a livello costituzionale. In un quadro di rafforzamento e di sinergia delle attivit� delle pubbliche amministrazioni, credo che tale prospettiva sia stata la linea ispiratrice dei patti per la sicurezza, cio� quella di guardare alla cura di questi problemi in un�ottica che privilegi non solo gli aspetti di pubblica sicurezza in senso stretto, ma anche attivit� volte al miglioramento della qualit� della vita e della vivibilit� in generale. Su questa falsariga � stato costruito il �Patto per la sicurezza di Bologna�, sottoscritto a giugno di quest�anno, che individua alcuni versanti tematici di maggiore interesse, come il degrado ambientale, il disagio sociale, le occupazioni e gli insediamenti abusivi, gli esercizi pubblici, il commercio ambulante, tutto quanto in un�ottica di rafforzamento dell�integrazione operativa. Una piccola indagine, condotta nei tre mesi di vigenza di questo patto, ci rivela una riduzione del 10 per cento dei reati predatori rispetto all�analogo periodo dell�anno precedente.

Concludo ricordando che anch�io ho consegnato un documento dove sono contenuti approfondimenti.

CARLO MOSCA, Prefetto di Roma. Parlare del disagio urbano di Roma non � una questione agevole; al contrario, � una questione piuttosto complessa per la stessa dimensione della metropoli che, in chilometri quadrati, � decisamente superiore a qualunque altra metropoli europea. Ho ascoltato con molta attenzione alcune relazioni dei colleghi e dei sindaci e certamente, per quanto riguarda perlomeno l�incidenza della criminalit� organizzata e diffusa, non vi sono quegli elementi drammatici che hanno connotato e che connotano alcune realt� della nostra penisola.

Il disagio urbano che si riscontra a Roma, infatti, � principalmente connesso alle profonde trasformazioni che la citt� ha vissuto negli ultimi decenni, trasformazioni che non sono soltanto di tipo urbanistico. La stessa connotazione urbana di Roma non � pi� la stessa di trenta o di quaranta anni fa, vi � una diffusione abitativa che rende la stessa distribuzione degli uffici di pubblica sicurezza non pi� adeguata ma, al tempo stesso, vi � stata una trasformazione sociale che oggi ripropone temi del dopoguerra, temi dell�inizio degli anni Settanta.

A mio avviso, la questione in questo momento di maggiore spessore � quella relativa alla casa: l�emergenza casa costituisce uno degli elementi di maggiore disagio dei cittadini e di coloro che vivono sul territorio romano. Accanto al problema della casa vi � poi quello del lavoro: la mancanza di lavoro o la precariet� dello stesso crea, in una metropoli che insieme con la provincia, attinge 4 milioni e mezzo di residenti, problematiche che, a parte il disagio, hanno ripercussione anche sulla sicurezza. Con ci� intendo anche affermare una concezione della sicurezza che non � pi� quella che ho imparato a percepire da ragazzo. Oggi la sicurezza � strettamente legata ad una visione di garanzia dell�esercizio dei diritti di libert� e, conseguentemente, il cittadino, nel momento in cui non pu� esercitare tali diritti civili o sociali, percepisce il disagio, l�insicurezza, l�assenza di un ordine giusto.

Si capisce allora perch�, anche di fronte a dati oggettivi, statistici che non segnalino una preoccupante ascesa del crimine, se non quella criminalit� diffusa in quei reati predatori che probabilmente sono anche connessi ad una fuoriuscita recente di molti elementi dalle carceri romane, ci sia, invece, questo disagio urbano connesso ad altri elementi di vivibilit�, non tanto di qualit� della vita, anche se certamente anche a questo, ma di una insufficiente dignit� della vita stessa. Tutto ci� provoca le suddette percezioni di disagio e quindi di insicurezza.

Certamente vi � anche l�elemento dell�illegalit� diffusa, i temi dell�abusivismo commerciale e abitativo, il tema della prostituzione, il tema degli insediamenti non autorizzati di persone senza fissa dimora, il degrado urbano e ambientale di alcune zone, il degrado sociale che � presente in alcuni quartieri. Vi sono comportamenti antisociali e molesti che, soprattutto in alcuni quartieri, hanno animato  le lamentele e i disagi della popolazione residente. Vi � anche, indubbiamente, l�elemento della violenza che si � rivelata in alcuni ambienti, una violenza che non � soltanto confinata agli stranieri o ai rumeni, se il tema � riferito all�immigrazione, ma � riferita anche a fasce consistenti di giovani. � violenza sportiva, � violenza che a volte trova fondamento in ideologie di tipo politico o anche semplicemente in criminalit� comune.

Certamente i temi del disagio urbano della metropoli romana sono temi complessi e proprio perch� complessi e non attinenti esclusivamente al tema del crimine o a quello della sicurezza propriamente intesa, necessitano, per poter essere affrontati, di politiche integrate di sicurezza, di politiche di sicurezza positive e di politiche di sicurezza cosiddette di contrasto o negative, perch� negano le aggressioni e le violazioni al codice penale o ai codici amministrativi. Si tratta di potenziare, cos� come gi� si sta facendo, non soltanto le politiche di prevenzione e contrasto di polizia, pur necessarie e indispensabili per fronteggiare il crimine diffuso e quello organizzato, ma anche politiche che consentano una maggiore vivibilit�, in termini di prevenzione sociale, di prevenzione di situazioni specifiche, di prevenzione precoce con uno sguardo soprattutto ai minori, di prevenzione comunitaria, sollecitando la gente ad una maggiore partecipazione. Gi� oggi si assiste ad una collaborazione della gente che segnala alle autorit� quali siano i campi di intervento. Ecco perch� penso che, accanto all�impegno delle forze della polizia dello Stato e dei vigili urbani, ad un controllo del territorio che sia pi� visibile, che consenta alla gente di percepire la protezione dello Stato o del comune o degli altri enti territoriali attraverso la presenza costante degli agenti di pubblica sicurezza, occorre un impegno sempre maggiore nelle politiche integrate, nelle politiche sociali, nelle politiche di accoglienza e di integrazione.

Penso, infatti, che questo dato relativo alla sicurezza positiva, cio� questo dato relativo al riconoscimento della diversit�, questo impegno sempre maggiore nelle politiche integrate, al riconoscimento di ci� che non si conosce e che spesso genera paure nel nostro territorio, potrebbe servire ad affrontare il tema della sicurezza sotto i vari versanti. Deve esserci un impegno della cultura, un impegno dei mass mediaper rifiutare la violenza in qualsiasi ambiente e da qualsiasi persona praticata. Deve esserci anche un impegno della politica nel conferire le sufficienti risorse alle forze di polizia, alle forze municipali, anche attraverso la mobilit�, nel garantire, altres�, norme preventive e repressive che siano sempre pi� adeguate ma, sottolineo, anche nel conferire adeguate risorse per le politiche sociali e situazionali, nonch� per le politiche precoci, quelle cio� che siano in grado di fornire una prevenzione precoce nei confronti dei minori e di dare risposte pi� attente e pi� adeguate. Ci� � importante soprattutto nella metropoli romana dove la quantit� gioca un ruolo e un peso significativi e dove, in assenza di risorse adeguate, riesce pi� difficile, sia da parte dello Stato con le sue forze e le sue strutture, sia da parte degli enti locali e della regione, fronteggiare tali temi connessi alla sicurezza.

GIOVANNI RUSSO, Viceprefetto di Torino. Come premessa, ricordo che a Torino c�� un�ampia collaborazione interistituzionale con gli enti locali e con la regione.

Devo segnalare un aumento dei reati predatori, quindi delle rapine e dei furti, e una preoccupazione per lo spaccio di stupefacenti, alimentato da una domanda ancora molto elevata; evidenzio anche che, negli ultimi tempi, � aumentato il consumo da parte dei ragazzi, che cominciano molto presto a consumare soprattutto droghe leggere.

Le zone della citt� maggiormente a rischio sono quelle storiche come Porta Palazzo, la pi� grande zona di mercato d�Europa, e San Salvario, prospiciente la ferrovia, caratterizzate da fenomeni di criminalit� diffusa e da una consistente presenza di cittadini extracomunitari.

Il contrasto alla criminalit� diffusa da parte delle forze dell�ordine � molto forte  e avviene attraverso l�attuazione del piano di controllo coordinato del territorio, in base al quale il territorio cittadino � diviso in tre macroaree presidiate dai Carabinieri, dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di finanza, con il supporto molto valido della polizia municipale.

Si svolgono costanti riunioni di coordinamento tecnico e si riuniscono, presso i comuni, i comitati per l�ordine e la sicurezza pubblica, istituiti gi� da qualche anno; in queste riunioni, organizzate per gruppi di comuni e zone omogenee, gli amministratori hanno la possibilit� di manifestare i problemi emergenti.

A nostro avviso, questo ha una duplice funzione: da una parte, serve a prevenire potenziali situazioni di pericolo e, dall�altra, d� una sensazione di vicinanza dello Stato ai comuni. Questa iniziativa � stata molto apprezzata, cos� come � stato molto apprezzato l�istituto dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere, che si sono ben inseriti nel tessuto sociale e cittadino con contatti diretti con i cittadini e con i commercianti, ai quali forniscono una rassicurazione di carattere sociale.

Tuttavia, questo oggi non � pi� sufficiente, nel senso che, come � gi� stato detto, c�� una significativa percezione di insicurezza, non solo determinata dai dati della criminalit� diffusa, ma alimentata sicuramente anche da episodi e da comportamenti che rientrano nella sfera dell�incivilt�, come imbrattamenti, danneggiamenti di beni pubblici, schiamazzi, molestie. A questo si aggiunge anche il degrado di alcune zone cittadine.

Nel concetto di marginalit� sociale rientrano le difficolt� occupazionali, le difficolt� relative alla casa e in generale la difficolt� economica dei cittadini e delle famiglie, che in questi ultimi tempi incontrano notevoli problemi nell�andare avanti.

In questo contesto, abbastanza complesso, si inseriscono la necessit� e la consapevolezza di dover contrastare questa percezione di insicurezza.

A Torino si � delineato un nuovo modello di risposta, che si riconduce alla sicurezza integrata, al coinvolgimento degli enti pubblici - comune, provincia, regione - affinch� questi ultimi, nell�ambito delle rispettive competenze, possano condividere con la prefettura e le forze dell�ordine dei progetti che abbiano lo scopo di contrastare questa percezione di insicurezza.

A questo proposito � stato firmato, nel maggio scorso, il protocollo sulla sicurezza di Torino. Sono stati previsti un fondo di 9 milioni e 600 mila euro, una ulteriore dotazione di organico di circa 200 unit�, l�aumento del parco auto - sono in arrivo proprio in questi giorni i nuovi mezzi, sia per la Polizia che per i Carabinieri - e un rafforzamento della videosorveglianza, soprattutto nell�ambito della cintura di Torino. Il progetto consiste nel creare un sistema che consenta di verificare tutti coloro che entrano o escono dalla citt�.

Per quanto riguarda la situazione delle vittime del reato, a Torino sono molto attive due associazioni, la Fondazione San Matteo e la Fondazione CRT, che forniscono un aiuto molto importante.

Presso la questura � stato istituito un servizio che ritengo molto utile, ovvero un numero di telefono al quale le persone appartenenti alle fasce deboli, quindi anziani e handicappati, hanno la possibilit� di denunciare dal proprio domicilio eventuali reati che sono stati commessi nei loro confronti.

PRESIDENTE. Scusi dottore, il numero telefonico � della questura o della prefettura?

GIOVANNI RUSSO, Viceprefetto di Torino. Della questura.

Per quanto riguarda l�immigrazione, attualmente gli stranieri sono circa 85 mila; di questi, 55 mila sono extracomunitari e circa 30 mila sono neocomunitari, cio� rumeni e bulgari.

Torino accoglie gli immigrati facendo una netta distinzione tra regolari, accolti con grande solidariet� - quindi anche con progetti di inclusione, di inserimento e di integrazione - e non regolari, il cui impatto � molto negativo.

Per quanto riguarda il rapporto con la Romania, il prefetto e il sindaco di Torino  sono andati in delegazione in Romania per concordare una serie di progetti che prevedono anche agevolazioni per il rientro in patria.

ORAZIO CILIBERTI, Vicepresidente dell�ANCI e sindaco di Foggia. L�Associazione nazionale dei comuni �, da molto tempo, impegnata in un dialogo con il Ministero dell�interno e con altre istituzioni pubbliche sul tema della sicurezza urbana.

Siamo stati sottoscrittori del protocollo di febbraio sulla sicurezza, presso il Ministero degli interni; abbiamo anche sottoscritto, nella stessa sede, il protocollo per la lotta all�usura e siamo partecipi di un tavolo tecnico, costituito dall�Alto commissario, per la lotta alla contraffazione. Inoltre, i singoli amministratori locali, in molte citt� hanno sottoscritto - ciascuno per quanto di sua competenza - con i prefetti e con altre autorit� istituzionali dei protocolli di intesa e degli accordi sui temi della sicurezza.

La sensibilit� rispetto a questo argomento � altissima e ci rendiamo conto che il disagio urbano � costituito da fenomeni diversi che hanno caratterizzazioni diverse sui territori; pertanto, i temi e le problematiche ad esso legati non possono essere affrontati in modo indistinto, ma devono essere analizzati esattamente nel modo in cui sta operando la Commissione affari costituzionali in questa audizione.

Abbiamo problemi che riguardano l�immigrazione irregolare, il nomadismo, la criminalit� organizzata, il racket, l�usura, le estorsioni, il traffico di droga, i traffici illeciti, i consumi di droga e alcol, le devianze minorili, il bullismo, la violenza nelle manifestazioni sportive, la micro delinquenza con reati predatori particolarmente fastidiosi in comunit� come le piccole rapine, i furti di auto, nelle auto e in appartamenti. Ci sono poi le occupazioni abusive, come quelle di immobili, frequentissime soprattutto nelle citt� ad alta tensione abitativa, ci sono delitti in ambito familiare che tendono a crescere e a diventare pi� preoccupanti, vandalismo, prostituzione, abusivismo di varia natura. Sono fenomeni tutti diversi che vanno considerati per le loro peculiarit�.

Le amministrazioni locali sono impegnate sul fronte della prevenzione. Sono state messe in atto pregevoli iniziative per l�accoglienza degli immigrati come, ad esempio, dei centri di mediazione culturale che sono stati - e sono - molto utili per consentire un inserimento sociale e culturale degli immigrati nelle citt� e per sottrarli al reclutamento della criminalit�.

Alcuni hanno anche sperimentato sportelli di mediazione culturale nelle carceri; circa il 70 per cento della popolazione carceraria � costituito da immigrati extracomunitari e non comunitari, che vivono in una condizione di isolamento dovuta anche alla mancata conoscenza della lingua. Avere la possibilit� - cos� come � stato fatto in alcuni comuni compreso il mio, quello di Foggia - di aprire sportelli di mediazione culturale all�interno delle carceri ha significato, in qualche caso, aiutare una persona che sta scontando una pena a reinserirsi in un contesto che le � totalmente estraneo e che, in qualche caso, percepisce come ostile.

La mediazione familiare � un�attivit�, svolta da molti comuni, di utile prevenzione rispetto ai fenomeni di violenza nelle famiglie. Di solito essa � svolta dagli sportelli di assistenza sociale dei comuni, talvolta in collaborazione con le forze di polizia e la magistratura. La mediazione familiare, laddove viene svolta, produce risultati apprezzabili e si rivela utile a prevenire fenomeni di violenza all�interno della famiglie.

Per quanto riguarda la mediazione scolastica, � stato registrato che, laddove sono state create queste attivit� di collaborazione tra sistemi sociali e comunali, forze di polizia, dirigenti scolastici e insegnanti, si � riusciti a prevenire i fenomeni di bullismo nelle scuole.

Piuttosto che denunciare il minore - una denuncia penale, infatti, potrebbe avere effetti distruttivi - si cerca di convincere la famiglia del minore offeso a non denunciare. Successivamente, ci si avvicina alla famiglia del minore che ha recato l�offesa, per cercare di esercitare una pressione  e un utile convincimento, affinch� il ragazzo non ricada nella stessa situazione. Coinvolgere la famiglia � gi� di per s� una sanzione che, tuttavia, non produce gli effetti devastanti di una denuncia penale e di un processo.

Anche la mediazione scolastica, dunque, laddove � stata sperimentata - mi riferisco, ad esempio, alla mia citt� - in collaborazione con la questura, ha prodotto ottimi risultati.

Ho riportato alcuni esempi per sottolineare come prefettura, questura, forze di polizia ed enti locali debbano lavorare in stretta collaborazione e cooperazione.

PRESIDENTE. Signor sindaco, scusi, pu� farci avere una documentazione precisa sulla mediazione scolastica?

ORAZIO CILIBERTI, Vicepresidente dell�ANCI e sindaco di Foggia. Le far� avere i risultati di quello che abbiamo sperimentato a Foggia. Lascer� anche un documento dell�ANCI che tratta alcuni argomenti, come il vandalismo, la lotta alla prostituzione e via dicendo.

Vorrei, tuttavia, sottolineare questo aspetto: la differenziazione del metodo, dell�approccio risolutivo � fondamentale. � importante che non si affronti il tema della sicurezza come se fosse un monolite da distruggere, poich�, cos� facendo, si corre il rischio di spostare tutto sul piano della repressione, dell�aggravamento delle sanzioni, che spesso risultano, quindi, inapplicabili.

Ho recentemente partecipato ad un convegno sulla contraffazione, durante il quale � emerso che aver introdotto una criminalizzazione del comportamento dei consumatori di merce contraffatta ha reso quasi inapplicabile la pena, perch� colpire chi va alla bancarella a comprare il prodotto contraffatto con una sanzione penale ha determinato, di fatto, una drastica riduzione delle denunce dei consumatori.

Occorre, quindi, andare cauti anche con questi aggravamenti, con questi appesantimenti sanzionatori, perch� si rischia di rendere inapplicabile la pena. � invece importante puntare sulla prevenzione.

A questo proposito, i patti della sicurezza sono utili, e lo saranno se ne verranno realizzati anche di pi�.

Come ANCI, abbiamo chiesto ai prefetti di coordinare queste attivit� di negoziazione dei patti per la sicurezza, perch� sono strumenti di monitoraggio del territorio.

Come � emerso anche dagli interventi dei vari prefetti in questa sede, ogni territorio ha problematiche diverse. In alcuni prevalgono certi fenomeni, in altri prevalgono fenomeni diversi e non si pu� omologare tutto usando misure standard; quindi, il patto per la sicurezza � uno strumento di monitoraggio del territorio e di previsione di interventi cooperanti mirati a prevenire o reprimere certi fenomeni.

Occorre, tuttavia, considerare che alcune situazioni dei comuni, degli enti locali o del territorio in generale vanno affrontate con misure di carattere finanziario, e di questo il legislatore si deve fare carico.

Il pacchetto sicurezza proposto di recente dal Governo, che prevede la modifica dell�articolo 54 del Testo unico degli enti locali (il decreto legislativo n. 267 del 2000) con nuove misure che introducono un potere di ordinanza dei sindaci, � sicuramente importante; tuttavia, vanno forse applicati alcuni correttivi alla proposta governativa, perch� � gi� capitato che qualche sindaco si sia messo il cappello da sceriffo e abbia deciso di cacciare gli immigrati dal suo comune. Occorre introdurre, all�interno di quella norma che prevede il potere di ordinanza del sindaco, un certo limite che eviti abusi di questo potere; su questo � d�accordo anche la nostra associazione, perch� il rischio � che i sindaci interpretino un ruolo che non � di loro competenza.

Giudichiamo positivamente anche la proposta normativa Barbolini-Incostante sulla polizia locale; lo riteniamo importante e urgente, e ne sollecitiamo l�approvazione, perch� la polizia locale lavora tantissimo ma non ha, purtroppo, i poteri  giuridici n� i mezzi per l�addestramento professionale necessari per affrontare problematiche di sicurezza.

L�abbiamo investita di questi compiti, l�abbiamo coinvolta anche noi sindaci in attivit� di ordine pubblico e manifestazioni sportive ma, in realt�, assistiamo al paradosso per cui, proprio in queste manifestazioni sportive, la Polizia e i Carabinieri indossano scudi ed elmetti, mentre i vigili urbani sono in camicia, pur svolgendo la stessa attivit� che, a questo punto, li rende pi� vulnerabili e pi� esposti al rischio rispetto alle polizie pubbliche e statali.

Pertanto, vorremmo che si velocizzasse l�iter di questa riforma, affinch� la polizia locale diventi polizia di primo rango e venga inserita nell�elenco delle polizie - contenuto nell�articolo 12 della legge n. 121 del 1981 - che, tra le polizie pubbliche, contempla tutte tranne quella.

Il problema �, principalmente, di ordine finanziario, perch� le ultime tre o quattro leggi finanziarie - necessarie, perch� si trattava di rientrare nei parametri europei per quanto riguarda deficit, debito pubblico e quant�altro - in realt�, hanno penalizzato molto i comuni e, in particolare, quei comuni che gi� soffrivano di una situazione di disagio, di carenza di risorse e che, purtroppo, ulteriormente privati di risorse, finiscono per implodere.

Questo � accaduto, ad esempio, al comune di Taranto; di fatto, le tensioni sociali, principalmente nel Sud d�Italia ma anche nel resto del Paese, hanno creato un sovraccarico ad alcune comunit�, che sono implose sotto un peso debitorio.

Nei comuni c�� la disoccupazione; la gran parte dei disoccupati si rivolge agli amministratori locali per trovare un posto di lavoro; si creano posti di lavoro al limite del sussidio, come il giardiniere o il parcheggiatore. Queste cooperative vengono poi gonfiate, perch� di disoccupati ce ne sono una infinit�.

Tutti i costi di questa sussidiariet� sociale gravano sull�ente locale che, di fatto, per mantenere in vita una popolazione di disoccupati che non trova utile collocazione nel mercato del lavoro, si sovraccarica di costi che non riesce a reggere; quando si verifica il collasso finanziario dell�ente locale - come � avvenuto a Taranto - tutta questa manodopera dell�indotto comunale fuoriesce, questi lavoratori vengono licenziati dalle cooperative, tornano nuovamente ad essere dei disoccupati e vengono reclutati dalle organizzazioni criminali.

Se ci sono situazioni di questo tipo - e ce ne sono tantissime - occorre monitorarle e bisogna prevederle in sede di finanziaria.

Per questo noi proponiamo un nuovo meccanismo di perequazione, in alternativa al calcolo su spesa storica fatto fino ad oggi secondo il quale �chi pi� ha speso, pi� ha�. Il nuovo meccanismo deve considerare fenomeni come il tasso di disoccupazione, il tasso di occupazione e la tensione abitativa, che � un fenomeno monitorabile perch� l�ISTAT fornisce i dati relativi alle diverse citt�. La densit� criminale � un altro parametro per valutare dove concentrare e trasferire pi� risorse rispetto ad altri territori che hanno problematiche meno complesse.

Credo che la maggiore forma di prevenzione possa essere attuata dal legislatore, pi� che con i pacchetti-sicurezza, con una oculata gestione delle risorse finanziarie, cercando di concentrare questi apporti - nel momento in cui si decide come destinarli - soprattutto in quei territori particolarmente difficili, dove ci sono forti tensioni sociali, problematiche di disoccupazione, tensione abitativa e quant�altro.

Ritengo che questo sia il miglior contributo che possa dare il legislatore, nella forma di un forte e sussidiario sostegno ai territori, per quanto riguarda la prevenzione e i relativi compiti di pertinenza dei comuni.

GIOVANNI BALSAMO, Prefetto di Trieste. Sono lieto di chiudere l�audizione con il mio intervento perch�, dovendo parlare di Trieste, credo di poter introdurre una nota positiva fra queste considerazioni sulla sicurezza delle citt� italiane.

Trieste, almeno a mio giudizio, ha un andamento della sicurezza pubblica positivo.

� una realt� che vive da tempo e che si avvale principalmente di una profonda tradizione di civismo, tipica di quella popolazione, ma che si � avvalsa nel dopoguerra delle particolari circostanze di isolamento in cui � rimasta, che ne hanno fatto una sorta di enclave difficilmente penetrabile.

La variet� di uffici di polizia ha comportato il fatto di essere area di frontiera ma, soprattutto, si � creata una vasta rete di forme associative che � tipica di quella realt� - alle quali la gente partecipa attivamente - che non ha confronti in altre realt� e che, ovviamente, instaura un circuito virtuoso. Innanzitutto, infatti, tale rete crea sicurezza, poich� la gente, partecipando socialmente ad iniziative congiunte, si sente forte nell�essere elemento positivo della societ� e, nello stesso tempo, � all�origine dei fenomeni di sicurezza.

Tutto questo ha creato un mito - si parla di �Trieste citt� felice� - che obiettivamente ha dei riscontri nei dati numerici e statistici (lascer� anche io un documento al riguardo).

Parler� solo di alcuni aspetti: da alcuni raffronti, i dati del 2004 e quelli del 2006 sono tutti positivi e, nel loro complesso, coerenti. Ad esempio, il numero complessivo dei delitti consumati dal 2004 al 2006 � diminuito; i numeri, invece, dei delitti scoperti, delle persone denunciate a piede libero e delle persone arrestate sono aumentati.

I reati predatori, rapine e furti, che costituiscono la tipologia pi� preoccupante a livello locale, sono diminuiti: le rapine sono passate da 82 a 77, i furti sono passati da 5.470 a 4.700. I furti scoperti in Italia rappresentano il 3 per cento dei furti consumati, ma nella provincia di Trieste rappresentano il 6 per cento. Sono dati che non credo possano essere messi in discussione.

Accanto a questo, si pu� anche registrare una positivit� della situazione dell�ordine pubblico, perch� i fronti tradizionalmente espressi da questa problematica, ovvero quelli degli estremismi politici, fanno registrare una situazione, tutto sommato, di quiete.

Anche i conflitti interetnici, legati alla presenza di una minoranza slovena, sono in una fase di benessere. Stiamo per introdurre una nuova legge di tutela della minoranza slovena e, ci� nonostante, non ci sono state le previste reazioni da parte dell�estremismo di destra: anche su questo fronte, dunque, sta maturando un senso aperto della tolleranza.

Tutto questo � stato apertamente confermato dal fatto che Il Sole24ORE, quotidiano che � solito redigere una statistica delle citt� a pi� alta qualit� della vita, ha classificato la citt� di Trieste al primo posto in Italia nel 2005 e al secondo posto nel 2006.

Nonostante tale quadro, obiettivo e non contestabile, a Trieste non c�� questa certezza, questa condivisione e questa serenit� di giudizio. Circola la voce che Trieste non sia pi� quella di una volta.

PRESIDENTE. Il mondo non � pi� quello di una volta.

GIOVANNI BALSAMO, Prefetto di Trieste. � forse utile approfondire come possano nascere tali giudizi in presenza di dati cos� contraddittori.

Sicuramente, vi contribuisce l�attenuazione del senso civico, legato alla liberalizzazione dei costumi. A Trieste una scritta murale, uno schiamazzo in luogo pubblico, una bottiglia di birra lasciata per strada, uno stato di ubriachezza sono fatti che creano scandalo, perch� c�� questa forte tradizione civica. Ci sono, poi, altre circostanze di carattere generale che, secondo me, giocano un ruolo e vanno valutate proprio per considerare bene questo fenomeno diffuso a livello nazionale: una persistente minaccia del terrorismo internazionale, la difficolt� di governare i processi migratori, la difficolt� di essere competitivi sul piano economico con le economie emergenti, la difficolt� di alcune fasce reddituali di mantenere il tenore di vita.

Tutte queste situazioni creano psicologicamente una condizione di insicurezza che, magari, si scarica sul profilo della sicurezza pubblica e fa credere che �ormai  siamo tutti minacciati�. Ma minacciati da che cosa? Forse i problemi sono altri.

A questi, si aggiungono altri aspetti, come la crescente condizione di solitudine - particolarmente presente a Trieste, dove vive una popolazione con un tasso di anzianit� molto elevato -, una popolazione molto frammentata, dove nuclei familiari unicellulari sono molto diffusi, la riduzione del ruolo protettivo della famiglia e, non ultimo, una rappresentazione esasperata dei fatti delittuosi da parte dei mass media in genere, in cerca di una notizia che tante volte non c��; cos� facendo, si carica di significato un evento che magari non � cos� grave.

Tutto questo porta a considerare che ci sia un relativismo nel senso di insicurezza, perch� questo non ha una base effettiva e obiettiva.

Come reagire a tutto questo? Credo che la risposta possa arrivare, almeno da quanto si sta sperimentando a Trieste, dando visibilit� al fatto che lo Stato e i pubblici poteri sono determinati a tener ferma la soglia di sicurezza che nel tempo la citt� si � conquistata. Bisogna rispondere colpo su colpo: anche l�episodio minimale, la rapina di poco conto, devono essere contrastati con indagini approfondite, dando visibilit� a tutto quello che si fa.

La prostituzione a Trieste non esiste, come fenomeno di degrado sociale e di localizzazione in un�area della citt� che, in questo modo, viene deteriorata; tuttavia abbiamo trovato il modo di contrastare la presenza di quelle poche prostitute che tendevano a frequentare sempre le stesse zone.

PRESIDENTE. In che modo?

GIOVANNI BALSAMO, Prefetto di Trieste. Ci sono diversi modi. Innanzitutto, il questore ha la possibilit�, quando si tratta di persone non residenti, di ordinare il rientro nel luogo d�origine. La seconda misura � l�avviso orale, che pu� sembrare poco, ma � pur sempre una misura. La terza sono i controlli, anche se non cos� assidui da risultare insopportabili; sono forme indirette, non perfette, ma che generano qualche risultato.

Si � parlato dei punk a bestia: occorre far circolare questi gruppi, distribuirli sul territorio, evitare che persistano o ghettizzino un ambiente urbano. Questa � gi� una risposta.

Anche per quanto riguarda il problema della droga, � necessaria un�attenzione particolare principalmente per rendere costantemente visibile l�impegno delle forze su questo fenomeno.

Sotto questo profilo, debbo sottolineare l�estrema positivit� dell�esperienza, attuata a Trieste, del poliziotto, del carabiniere e del vigile urbano di quartiere. � un�esperienza che in quella realt� � da esaltare al massimo, perch� il poliziotto di quartiere diventa un percettore della realt� - � coadiuvato dalla gente, ne sente il sostegno e la considerazione - ed � destinatario anche di informazioni. Se succede qualcosa, la gente a Trieste corre dal poliziotto di quartiere; egli quindi rappresenta una figura che, in quella realt�, gioca un ruolo essenziale che andrebbe fortemente esteso.

Altra linea di intervento � l�integrazione e la promozione delle politiche sociali che appartengono agli enti locali, per le quali una collaborazione con gli organi di polizia � sempre utile. � stato detto in tante occasioni e non posso che ribadirlo.

Un aspetto che ritengo utile sottolineare � l�importanza di continuare a garantire pienamente quel presidio di legalit� che oggi � assicurato dalla polizia locale, evitando che una anomala interpretazione di un interventismo della polizia locale su altri fronti crei una commistione tra i compiti della Polizia di Stato e i compiti della polizia locale, facendo alla fine dimenticare alla polizia locale quella enorme, importantissima attivit� di prevenzione che si svolge nei suoi settori tradizionali; mi riferisco alle attivit� nel commercio, nell�artigianato, nell�ambito dell�ambiente, della sanit�, della vigilanza urbana e via dicendo.

Non vorrei che questo polo attrattivo, che nasce da una sensibilit� dei sindaci mossi da questo senso diffuso di insicurezza, possa spostare questo equilibrio.

Cosa diversa � una pi� intensa partecipazione della polizia locale a questi problemi, mantenendo saldo, per�, il presidio fondamentale, perch� � attraverso il controllo della fascia di base della legalit� che il cittadino ha la prima percezione della legalit�.

Quanto alle modalit� relative alla realizzazione di tutto questo, vorrei citare un�esperienza particolare che si sta vivendo a Trieste, meritevole di attenzione: il 27 marzo di quest�anno, il Ministro dell�interno Amato ha firmato a Trieste, con il presidente della regione Umbria, un protocollo di intesa per le politiche integrate di sicurezza che, a mio giudizio, nonostante sia del tutto diverso dai patti per la sicurezza, riporta contenuti interessanti.

Innanzitutto, � un protocollo intervenuto tra la regione e il Ministero dell�interno, senza coinvolgimento degli enti locali; questo non certo perch� non fosse necessario tale coinvolgimento, ma perch� si � voluto cogliere un aspetto del sistema dei rapporti e dei coordinamenti fra polizia locale e Polizia di Stato. Ritengo che questo protocollo possa rappresentare un�anticipazione di quei moduli di coordinamento, cui allude il terzo comma dell�articolo 118 della Costituzione, che riguardano un problema che deve essere definito.

Con questo protocollo, infatti, non si cerca di intervenire su specifiche problematiche attuali di una citt� o di un comune, ma si stabiliscono delle linee di cooperazione.

Infatti, il protocollo si articola in quattro progetti: un primo progetto mette in atto una politica di formazione del personale congiunta tra forze della Polizia dello Stato e polizia locale. Abbiamo avuto, proprio pochi giorni fa, la prima sperimentazione di un seminario di aggiornamento al quale hanno partecipato congiuntamente la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di finanza, i Vigili urbani e la polizia municipale. � un modo nuovo di collaborare, che diventer� sistematico, perch� si sta preparando una programmazione di condivisione e conoscenza reciproca per il 2008, perch� non c�� solo l�esigenza da parte della polizia locale di apprendere certe realizzazioni tipiche della Polizia dello Stato, bens� anche le forze di Polizia dello Stato necessitano di conoscere l�operativit� della polizia locale sui fronti che le appartengono.

Il secondo progetto riguarda politiche integrate di prevenzione sociale, e in questo caso � stata predisposta nell�ambito del consiglio regionale - in questo consiste la sistematicit� dell�intervento - una proposta normativa nella quale si prevedono dei piani di sicurezza, ovvero dei meccanismi attraverso i quali finanziare sistematicamente interventi dei comuni per rispondere a certi parametri che sono stati prima definiti congiuntamente in collaborazione fra Stato e regione.

Il terzo progetto prevede l�istituzione di un sistema di rilevazione dei fenomeni di criminalit�, disordine urbano e incivilt�. Verr� costituita - � gi� in atto - una banca dati gestita informaticamente presso la prefettura di Trieste, alla quale affluiscono sia i dati dello SDI, il sistema informativo delle forze di polizia, sia i dati che la polizia locale inserir� attraverso palmari.

Questo consentir� di visualizzare l�intero territorio regionale e di costruire una mappatura digitalizzata della presenza dei vari fenomeni - evidenziati per esempio attraverso diversi colori - grazie alla quale si possono creare progettualit� e interventi che hanno un loro specifico aggancio con la realt�.

Il quarto progetto riguarda lo sviluppo di sinergie operative fra le sale operative delle forze di polizia. Proprio nei giorni scorsi, abbiamo sperimentato, a Trieste, un sistema di videoconferenza fra Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e polizia municipale.

Inoltre, stiamo lavorando per rendere visualizzabili anche nelle sale operative delle forze di polizia dello Stato le immagini captate dalle telecamere installate, per motivi di sicurezza urbana, dai comuni nei loro territori.

Credo che questa sia una logica molto avanzata. Si tratta di impostare un sistema in cui Stato e regione, ciascuno nell�ambito delle sue competenze, collaborino attivamente, creando un sistema complessivo in grado di dare risposte elevate all�aspettativa di sicurezza che oggi � il problema pi� rilevante che il Paese percepisce.

PRESIDENTE. La ringrazio molto. Questa � stata, forse, la seduta pi� utile fino ad ora per far emergere la dimensione del disagio che crea questo sentimento di insicurezza non corrispondente ai dati oggettivi, ma comunque diffuso. C�� un paradosso: pi� una citt� � oggettivamente sicura e pi� si manifesta il senso di insicurezza per qualunque piccola violazione si verifichi.

� evidente la discrasia che c�� fra alcune grandi citt� del sud, dove sono tradizionalmente presenti organizzazioni criminali e dove alcuni problemi non sono sentiti in misura cos� rilevante, e altre citt�, forse meno abituate alla criminalit�.

� emerso con molta forza anche il tema dell�informazione e di come l�informazione sulla sicurezza crei movimenti nell�opinione.

Noi lavoreremo sui vostri dati, dei quali vi ringrazio nuovamente. Speriamo che sia possibile depositare entro il mese di gennaio un rapporto sulla sicurezza - sarebbe la prima volta, per questa Commissione -, con alcune indicazioni concrete e sottolineature delle pratiche positive, perch� preferiremmo dare risalto a ci� che di positivo si sta facendo piuttosto che presentare solo un quadro negativo.

Da questo punto di vista, se qualcuno ritiene di poter segnalare ulteriori aspetti delle questioni trattate ci potr� essere estremamente utile.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 14,35.


 

 

 


COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

10.

 

 

Seduta di MERCOLED� 5 DICEMBRE 2007

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 9,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione di esperti della materia ed intellettuali.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, l�audizione di esperti della materia ed intellettuali.

Ringrazio i presenti per aver accolto l�invito della Commissione. L�indagine conoscitiva che stiamo svolgendo terminer� a gennaio con una relazione che presenteremo alla Camera sulle diverse dimensioni dei problemi della sicurezza. Una di queste dimensioni riguarda il disagio urbano, con particolare riferimento non solo alle questioni di carattere sociale, ma anche a quelle attinenti al disegno delle citt�.

Abbiamo chiesto, quindi, ad alcuni urbanisti di esprimere la loro valutazione in merito. La costituzione di ghetti, ovvero di aree con forte concentrazione di fasce sociali emarginate, pi� a rischio, in difficolt� economica, produce effetti particolarmente negativi per la gestione e il governo di questi processi.

Vi sono tra voi esperti sul versante penalistico, uomini di cultura, esperti in materia urbanistica, perch� abbiamo cercato di cogliere punti di vista diversi attraverso il vostro contributo.

Stiamo lavorando da alcuni mesi su questo tema e quella odierna costituisce l�ultima sessione, al termine della quale elaboreremo la relazione finale. Il testo redatto vi verr� inviato prima di stilare la versione definitiva per avere eventuali suggerimenti.

Do la parola ai nostri ospiti.

ERNESTO SAVONA, Professore ordinario di criminologia presso l�Universit� cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ringrazio lei, presidente, e tutta la Commissione per l�invito a partecipare all�odierna audizione, che � particolarmente gradito.

Svolgo ricerche nel settore della criminalit� sia urbana che organizzata. Nei dieci minuti a mia disposizione prover� a ragionare su cosa stia cambiando nella sicurezza, riflettendo anche sulla criminalit� in genere e sulla criminalit� organizzata. Nel considerare il passato, proporr� anche rimedi per il futuro.

Per quanto riguarda l�insicurezza, esistono nella ricerca tradizionale tre fondamentali che sono la quantit� di criminalit�, la paura e l�allarme sociale. Di tali argomenti ha gi� parlato il professor Barbagli nel corso della sua audizione.

PRESIDENTE. Lei distingue la paura dall�allarme sociale?

ERNESTO SAVONA, Professore ordinario di criminologia presso l�Universit� cattolica  del Sacro Cuore di Milano. S�, si tratta di aspetti diversi: la paura viene misurata attraverso l�ansia di essere vittima di un determinato reato, mentre l�allarme sociale � la preoccupazione per l�insicurezza. Anche in letteratura sono esaminate diversamente e ricercate in modo assolutamente differente. Peraltro, dipendono anche da fattori molto diversi.

Questi tre fondamentali stanno cambiando. Sebbene operando una sintesi sui dati sia necessario tenere conto del fatto che si utilizzano schemi interpretativi talvolta traballanti come i dati stessi, in sintesi nel corso degli ultimi quindici anni in Europa e in Italia la quantit� di criminalit� e la quantit� di paura sono rimaste stabili, ma � cresciuto l�allarme sociale.

In base all�interpretazione mia e dei ricercatori che lavorano con me a Transcrime, considerando due dati quali la natalit� in Europa e in Italia e il tasso di immigrazione, sembrerebbe che questa stabilit� sia il risultato della caduta delle classi a rischio, quindi giovani, giacch� la criminalit� si concentra nelle classi fra i 15 e i 25 anni. La nascita di un minor numero di bambini negli anni Ottanta ha, quindi, prodotto una minor quantit� di delinquenti. �, tuttavia, rimasta stabile e non diminuita, perch� � stata compensata dall�aumentata immigrazione in Italia.

Le due curve disegnate indicano che dove diminuisce la natalit� aumenta l�immigrazione in Europa e in Italia, con la conseguente stabilit� della quantit� di criminalit�. Si tratta certamente di una interpretazione molto schematica, perch� tanti altri fattori possono determinare l�aumento della criminalit�.

Il futuro della sicurezza in Italia e, quindi, dei tre fondamentali - quantit� di criminalit� e di paura rimaste stabili e allarme sociale in crescita - in assenza di interventi di breve, medio e lungo periodo su questi fattori, sembrerebbe consistere in una crescita del livello di insicurezza.

I tassi di natalit� e di immigrazione stanno aumentando in Italia e in Europa e mancano interventi immediati di breve, medio e lungo periodo che possono far ipotizzare una diminuzione dei livelli di insicurezza, per quanto riguarda sia quella oggettiva, sia quella percepita come allarme sociale.

Questo richiede una serie di interventi, molti dei quali, di medio e lungo periodo, si stanno realizzando. Se lei e la Commissione siete interessati, posso anche accennare a quali sarebbero opportuni. Sicuramente non si dovrebbe, invece, scaricare sul sistema penale la funzione di deterrenza dei comportamenti penali.

Oggi plaudo all�iniziativa di convocare alcuni architetti, giacch� esistono interventi tesi a ridisegnare le citt� in chiave di sicurezza, che riguardano la prevenzione situazionale. In Inghilterra si combattono le rapine di telefonini non tanto arrestando i giovani che le commettono, quanto bloccando i telefonini e rendendoli assolutamente inutilizzabili. Tali interventi di prevenzione situazionale stanno risolvendo diversi problemi in molti Paesi in Europa senza alcun bisogno di ricorrere al processo penale e alla condanna degli autori.

La linea perseguita dalle moderne ricerche criminologiche � oggi quella di ridurre le opportunit� criminali, e quindi le conseguenze e le vittime, senza limitarsi a punire i colpevoli. Questa linea comporter� un forte investimento anche in termini di risorse, ma i costi saranno comunque molto inferiori rispetto a quelli dell�attivazione del sistema penale. Questi interventi di medio periodo potranno rivelarsi positivi in termini di risultati.

Esistono altri interventi di lungo periodo, come la prevenzione precoce, per quanto concerne la violenza, che rappresenta una delle caratteristiche dell�Europa moderna occidentale e orientale, con un aumento dei comportamenti violenti nonostante la riduzione degli omicidi.

Su questi argomenti si effettuano investimenti nella ricerca anche in altri Paesi ed � stato dimostrato che interventi di prevenzione precoce tra zero e tre anni producono una riduzione dell�aggressivit� sul piano degli adolescenti che diventano a rischio o a disagio sociale.

Queste ricerche sono state commentate dal Premio Nobel per l�economia Heckman, che ha dimostrato come in tutto il mondo gli interventi degli investimenti per la riduzione dell�aggressivit� siano assolutamente intempestivi, perch� attivati quando il problema � gi� nato, come nel caso degli adolescenti, e non invece prima, quando ci sono situazioni a rischio nella pancia della madre.

Possiamo capire perch� in Italia ed in Europa si intervenga soltanto a dodici o tredici anni, quando la situazione oramai � maturata in comportamenti antisociali. Gli adolescenti chiedono un trattamento, ma quando ormai � poco produttivo. Heckman ha delineato una curva, rilevando come ogni dollaro o ogni euro speso il prima possibile sia produttivo di benef�ci in termini di riduzione dell�aggressivit�. Pi� avanti si va negli anni, meno � produttivo: spendere 100 mila euro quando i ragazzini hanno dodici anni produce molto meno in termini di riduzione dell�aggressivit� rispetto allo stesso investimento compiuto quando hanno da zero a tre anni.

Si tratta di interventi lunghi, che possono far riflettere su come ridurre il tasso di aggressivit� che � in aumento e produce violenza tra i giovani; emergenza attuale non soltanto in Italia, ma anche in Europa.

Altri interventi su cui gli architetti si dilungheranno riguardano la modifica delle citt� in termini sia di arredo urbano, sia di struttura urbana, che hanno funzionato nel ridurre i livelli d�insicurezza, ma anche la criminalit�.

In caso di eventuali domande, potr� specificare meglio questi aspetti, ma � fondamentale tenere conto del disordine urbano e sociale. Una ricerca svolta a Chicago in un periodo di venticinque anni ha dimostrato come criminalit� e disordine urbano camminino su binari paralleli, ovvero come nel disordine urbano prima o poi si inneschino comportamenti criminali, e come questi comportamenti criminali si attenuino qualora nella citt� nascano forme di aggregazione sociale definite collective efficacy,che intervengono per la riduzione dei comportamenti criminali.

Nelle mappe di Chicago e di altre realt� in cui queste ricerche sono state svolte per venticinque anni, l�aumento della criminalit� in relazione al disordine sociale � colorato in rosso, colore che va attenuandosi con il crearsi di situazioni collettive di aggregazioni sociali all�interno della citt�.

Non esiste, infatti, soltanto un problema di polizia, ma anche un problema di realt� sociali che devono essere costruite e fatte funzionare.

La criminalit� organizzata � parte di un ragionamento sulla sicurezza. Due giorni fa, a Palermo, si � svolta una conferenza sulle mafie in Europa, esito del lavoro di quattro universit�, in cui ho presentato una relazione di apertura sulla situazione delle mafie europee e di quella italiana.

Schematicamente, nel panorama delle organizzazioni criminali in Europa si rileva una profonda differenza tra quelle dell�est e quelle dell�ovest per quanto concerne le strutture organizzative, che a ovest sono a rete, mentre a est hanno struttura piramidale concentrata su attivit� locali di tipo parassitario (estorsioni e infiltrazioni negli appalti).

Nel considerare le organizzazioni criminali in Italia, la differenza � emersa immediatamente, perch� le strutture criminali italiane, in particolare la mafia siciliana, hanno le stesse caratteristiche delle mafie dell�est. Il core business � costituito da estorsioni e infiltrazioni, attivit� parassitarie, e, cos� come nelle mafie dell�est, la protezione politica amministrativa fa prosperare queste organizzazioni criminali.

Lo scenario delle mafie italiane in termini di conseguenza � che, se il tappo politico-amministrativo dovesse saltare per un miglioramento della cultura della legalit� e per altri miglioramenti che si stanno verificando, queste organizzazioni criminali dovrebbero declinare, come accaduto in America in alcuni casi, aprendo i mercati ad altre mafie di etnie diverse o riciclarsi sui mercati internazionali, come  verificatosi in una parentesi tra la fine degli anni Settanta e gli anni Novanta, mentre oggi questo non � pi� il core business delle attuali mafie italiane.

Questa analisi � molto semplificata, e mette insieme strutture organizzative e attivit� prevalenti.

Lo scenario, anche qui, � completamente diverso e raccomanderei un intervento massiccio nel settore dell�anti-riciclaggio e della confisca. Ho preso visione del disegno di legge del pacchetto sicurezza, che mi sembra andare in una direzione nuova o vecchia, giacch� in America la confisca � stata realizzata negli anni Settanta e oggi si ripropone di fronte alla totale inefficacia dell�azione di confisca a legislazione esistente.

Ritengo che sia per la criminalit� comune, sia per la criminalit� organizzata, che sono parte di un problema di insicurezza, esista uno spazio enorme per interventi innovativi in grado di cambiare il futuro scenario di insicurezza in Italia, che senza cambiamenti dovrebbe invece aumentare.

PRESIDENTE. Professore, mi scusi, lei ha fatto riferimento a una sua relazione. Volevo sapere se pu� farcela avere e se pu� farci avere una bibliografia relativa anche alle questioni che qui ha indicato.

ERNESTO SAVONA, Professore ordinario di criminologia presso l�Universit� cattolica del Sacro Cuore di Milano. Non ho un testo scritto, perch� ho saputo di questa audizione due giorni fa, quando mi trovavo tra Bruxelles e Palermo. Vi far� avere sicuramente la relazione.

Ho un dato che potrebbe essere utile alla Commissione. Dieci giorni fa � uscito Eurostat, il Bollettino sulla criminalit� in Europa. Vi � riportato anche un dato molto importante che riguarda il tasso di poliziotti ogni 100 mila abitanti per tutti i Paesi europei.

PRESIDENTE. Che cosa dice?

ERNESTO SAVONA, Professore ordinario di criminologia presso l�Universit� cattolica del Sacro Cuore di Milano. Sono 560 in Italia, soltanto dopo Cipro, un terzo in pi� della media europea. Ieri sera, abbiamo elaborato i dati nell�ufficio di Milano, che indicano come il numero di poliziotti in Italia, con tutte le stime di polizia municipale, Carabinieri e via dicendo, sia assolutamente sproporzionato rispetto alla media europea.

Nel dettaglio di questa analisi, poich� la Commissione si � occupata anche di funzionamento delle forze di polizia, il problema della insicurezza o sicuramente dell�allarme sociale non � indifferente ai problemi dell�efficienza delle forze di polizia. Mi sono, dunque, permesso di riportare questo importante dato per quanto riguarda il numero dei poliziotti.

LUCA ZEVI, Architetto. Anch�io ringrazio per questo invito. Considero opportuno il tentativo di affrontare in termini interdisciplinari e complessi questo problema della sicurezza, che sta diventando sempre pi� omnicomprensivo anche nelle discussioni comuni fra le persone.

Naturalmente, faccio mia l�impostazione del professor Savona laddove afferma, cos� come testimoniato nella relazione del professor Barbagli, che la condizione urbana rappresenta uno dei fattori primari che determina i fenomeni di devianza e quindi l�insicurezza.

Da questo punto di vista, ritengo che una politica della sicurezza debba essere incentrata fondamentalmente sulla coniugazione fra politiche repressive, politiche di recupero del coinvolgimento sociale e politiche urbane.

Per quanto riguarda queste ultime, di cui mi occupo in maniera pi� diretta, in tutti i luoghi abbandonati si sviluppa una situazione di insicurezza. Per citare alcuni episodi specifici, che appaiono sintomatici, l�evento tragico verificatosi a Tor di Quinto recentemente � avvenuto perch� avevamo una stazione della metropolitana abbandonata e un campo rom abbandonato. Le due condizioni insieme sono state un terreno di coltura molto importante per quanto � successo.

Contemporaneamente, al contrario, un campo rom realizzato da una cooperativa, ma sostenuto dal comune di Roma, che si trova sulla via Tiberina appare fortemente assistito da politiche sociali, prima fra tutte un pulmino che va a prendere i bambini del campo per portarli a scuola, e con un coinvolgimento diretto di tutti gli abitanti che devono rispettare regole precise nella gestione del campo stesso. Il campo raccoglie circa 150 persone in una zona residenziale molto pregiata - aspetto molto interessante -e al momento non ha creato conflitti...

PRESIDENTE. Qual � la zona, professore?

LUCA ZEVI, Architetto. Sulla via Tiberina, dopo Prima Porta. Attraverso una capacit� di gestione e di coinvolgimento nella gestione e una politica di sicurezza partecipata - parola chiave molto importante - si realizza, quindi, una condizione positiva.

Ribadisco, dunque, come sia fondamentale farsi carico innanzitutto delle condizioni fisiche dei luoghi, laddove una stazione come non solo Tor di Quinto, ma anche la stazione Nomentana e molte altre, una piazza o un campo rom abbandonati sono certamente luoghi di rischio. Come evidenziato dal professor Savona, dunque, le politiche di arredo urbano si rivelano fondamentali, come anche i tentativi di accogliere e di coinvolgere.

Mi ricollego ancora una volta alle considerazioni del professor Savona per un discorso pi� ampio riguardante le politiche aggregative, ovvero la dimensione comunitaria.

Da molti anni sto seguendo un progetto che si chiama �La citt� a misura dei bambini�. Il professor Savona si riferiva a politiche da realizzare fra zero e tre anni, che, in termini urbanistici, riguarda direttamente i luoghi dell�educazione. Noi abbiamo lavorato, invece, sulla prima fascia di et� scolare, ovvero le scuole elementari, con un obiettivo. Se, infatti, nel lasso di tempo fra i sei e i dieci anni non si comincia a costruire un�autonomia del cittadino in formazione, una capacit� di decidere, di poter scegliere e a sperimentare dei comportamenti in forma autonoma, � molto pi� probabile che quel cittadino in futuro sia trascinabile in fenomeni di devianza.

Oggi le citt� sono sostanzialmente inabitabili per i bambini in forma autonoma, giacch� i bambini godono di tutti i privilegi che i loro predecessori non hanno avuto, ma non della facolt� di decidere di aggregarsi liberamente. Una citt� in cui i bambini non hanno possibilit� di muoversi da soli non forma cittadini responsabili. Se oggi l�adolescenza arriva fino a et� impronunciabili, questo � dovuto anche alla scomparsa di questa abitudine a decidere.

In questo senso, le politiche urbane hanno un carattere strategico. Nell�affrontare una citt�, per esempio, � molto importante saper distinguere fra le zone a prevalente scorrimento automobilistico e quelle a prevalenza residenziale. Per dirlo con uno slogan: se nelle zone ove le macchine devono scorrere il pedone attraversa la strada, all�opposto, nelle zone a prevalenza residenziale sar� l�automobile ad attraversare il marciapiede.

Si tratta, quindi, di una continuit� del percorso pedonale che non penalizza l�automobile, ma rinegozia il rapporto, in modo che per le dimensioni della strada o per una serie di ostacoli superabili a velocit� controllate, il cittadino possa muoversi liberamente in una citt� che, abitata dai bambini, possieda una dimensione comunitaria molto pi� sviluppata dell�attuale.

Di questo abbiamo esempi molto interessanti a Pesaro, nelle Marche, dove, da ormai dieci anni, ogni anno 1.600 bambini in contemporanea vanno a scuola da soli senza che si sia mai verificato un incidente. La stessa politica sviluppata, ad esempio, nella citt� di Buenos Aires, dove c�era un tasso altissimo di aggressione da parte di bande di ragazzini nei confronti di singoli ragazzini che andavano a casa da soli; quando � stato organizzato un  movimento collettivo ma autonomo dei bambini, questi episodi si sono dimezzati nel giro di pochi anni.

Una citt� sicura � occupata dai cittadini. Se all�insicurezza e all�allarme sociale si risponde attraverso un�autoblindatura della vita quotidiana, � fatale che la scena urbana sia sempre pi� in bal�a di chi attua comportamenti devianti.

Ritengo che nel promuovere politiche partecipate sull�emarginazione e una presenza dei cittadini alla vita urbana, i mezzi di comunicazione svolgano un ruolo decisivo. Da questo punto di vista, la situazione appare estremamente negativa, perch� la pratica di enfatizzazione dei fenomeni di devianza sociale promossa dai mezzi di comunicazione di massa produce tendenzialmente una ritirata dei cittadini dalla vita urbana e, di conseguenza, una moltiplicazione del fenomeno, dove non si fa che gonfiare.

Non mi riferisco tanto a quello che � successo a Ponte Milvio - questo, in effetti, ha una ricaduta sociale molto importante - ma, ad esempio, al delitto di Perugia, la cui enfatizzazione non d� luogo a politiche urbane pi� virtuose, perch� si tratta di un fenomeno dolorosissimo ma non paradigmatico di qualcosa che si possa produrre. Si tratta solo di gonfiare un fenomeno negativo con indifferenza pi� che con cattiveria, di enfatizzare fenomeni di pedofilia o di violenza sui bambini, che notoriamente avvengono dentro le mura domestiche, come anche le violenze sulle donne, inducendo i genitori a un allarme sempre maggiore, che contribuisce a rendere ancora pi� disabitata la citt� dai bambini.

In questo senso, ritengo che nel perseguire politiche della sicurezza partecipate e coniugate fra azione sociale, azione urbanistica e azione repressiva, e nel promuovere una citt� sempre pi� abitata dai cittadini e quindi non pi� curata in maniera cos� piramidale com�� tuttora, ripartita fra un centro particolarmente coltivato e una periferia invece pi� abbandonata, in una politica della comunicazione che contribuisca a questa linea anzich� moltiplicare un allarme su fenomeni che, peraltro, come evidenziato dal professor Savona, appaiono stabili, si rilevi una possibilit� di trasformare questo tema della sicurezza in un fenomeno di evoluzione sociale e urbanistica complessiva.

PRESIDENTE. Mi scusi professore, lei ha indicato la citt� di Pesaro. Volevo chiederle di segnalarci i buoni esempi. Nel rapporto, infatti, non vorremmo limitarci alle questioni negative, ma indicare una serie di obiettivi positivi raggiunti che siano da modello per altri.

Anche ieri, ad esempio, nella discussione con altri interlocutori, sono emerse buone pratiche.

Questo ci interessa molto, perch� riunire le buone pratiche servir� anche a indicare modelli di risposta diversi da quella tradizionali.

LUCA ZEVI, Architetto. Certo, trasmetter� senz�altro alla Commissione la documentazione relativa.

MIHAI MIRCEA BUTCOVAN, Scrittore. Ho gi� previsto nella mia relazione una piccola presentazione. Intanto ringrazio per l�invito a partecipare a questo tavolo e saluto con piacere lo stimatissimo onorevole Violante, tutti gli onorevoli presenti e gli intellettuali e artisti qui convenuti.

Ricordo che nei primi anni Novanta, quando poco pi� che ventenne, fresco dell�esperienza del regime dittatoriale rumeno, studiavo a Milano, il professore di diritto costituzionale ci insegnava che non andare a votare � un�occasione persa, perch� una delle poche volte in cui viene chiesto il parere dei cittadini sul governo della cosa pubblica, circa la Costituzione, l�organizzazione, l�amministrazione dello Stato, la direzione della vita pubblica, bisogna andare a votare ed esprimere il proprio parere.

Da tempo sostengo nei miei scritti che in Italia negli ultimi anni si � parlato troppe volte di immigrati senza gli immigrati. D�altra parte troppo spesso gli immigrati si ritrovano a parlare di italiani senza gli italiani. Abbiamo ancora troppi convegni e troppi seminari e troppe ricerche,  studi di settore, indagini, progettazioni, che hanno per oggetto l�immigrazione, ma che non contemplano la partecipazione degli immigrati.

Non so come si possa pensare di poter costruire la societ� del futuro senza coinvolgere e interpellare coloro che entrano a far parte legalmente e illegalmente di questa societ�. Non senza qualche sacrificio, quindi, ho viaggiato tutta la notte, ma non avrei potuto farmi sfuggire questa occasione di dare un mio modesto contributo al dibattito.

Le mie considerazioni saranno quelle di uno che di mestiere fa l�educatore professionale nel settore sociale e che da anni si occupa del disagio e della sofferenza delle persone, anche del disagio dei lavoratori nel campo delle tossicodipendenze e della interculturalit�.

Mi chiamano anche poeta e scrittore perch� ho pubblicato qualche libro in italiano, ma il mio � soltanto un punto di vista da osservatore romeno da oltre quindici anni in questo Paese.

Partir� da alcune constatazioni, per poi cercare di essere anche propositivo.

Troppo spesso si parla di immigrati senza di loro e gli immigrati parlano davvero troppo spesso degli italiani senza gli italiani.

Anche quanto � accaduto nelle ultime settimane dovrebbe indurci a interrogarci su un punto fondamentale. Stiamo costruendo societ� multietniche e multiculturali, qui e in Europa, ma conosciamo poco, talvolta niente, dei Paesi di provenienza. Ne consegue spesso paura e incomprensione.

Innanzitutto � necessario parlare di immigrati con gli immigrati.

Le politiche sull�immigrazione, sulla convivenza multiculturale devono essere costruite con gli immigrati per tutti i cittadini e non solo per gli immigrati. Non si dovrebbero pi� svolgere convegni, seminari, tavole rotonde sull�immigrazione e sugli immigrati senza coinvolgerli. � necessario farli diventare protagonisti. Non si devono coinvolgere immigrati solo per rispettare il cosiddetto �politicamente corretto�.

Le testimonianze di cittadinanza attiva e positiva degli immigrati non devono essere presentate come l�eccezione che conferma la regola. Bisogna anche evitare il rischio di interpretazione da parte dei partecipanti come eccellenze in una categoria di disperati.

A mio avviso, si dovrebbero curare maggiormente le reti di associazione di immigrati. Si devono educare le associazioni di stranieri ad associarsi, a fare comunit�, non in un�ottica autoreferenziale e autoghettizzante, ma in ottica promozionale della cultura di cui si � portatori, non come associazioni promotrici di interessi di pochi a nome di molti, ma come veri veicoli di culture e mediazione sociale.

Le associazioni di immigrati, a mio avviso, devono essere affiancate da associazioni italiane che sanno gi� muoversi nell�ambito di progetti promossi con enti pubblici o privati, che insegnino i principi della vita associativa o della collaborazione con altri enti.

I finanziamenti dovrebbero vedere sempre pi� la cooperazione tra le due tipologie di associazioni in un�ottica di accompagnamento alla crescita delle competenze promozionali e gestionali dei progetti. I progetti delle associazioni degli immigrati devono orientarsi sempre pi� verso il bilinguismo, per evitare rischi di autoreferenzialit�.

Le manifestazioni promosse dalle comunit� devono avere delle finestre aperte verso il territorio, i cittadini italiani e le altre comunit� di migranti presenti.

Una volta stabilito un comune veicolo linguistico, la lingua italiana, si devono promuovere eventi di conoscenza reciproca, approfondimento e dialogo e creare sempre pi� anche centri interculturali indipendenti. In alcune comunit� sono gi� realt� consolidate.

I tavoli di riflessione con i rappresentanti delle comunit� devono essere creati al di l� dei disegni politici che riguardano il singolo comune.

Occorre chiedersi anche quanto rappresentative siano alcune associazioni di immigrati e quale sia la partecipazione di  italiani alle loro attivit�, quale la partecipazione degli immigrati nelle associazioni a maggioranza italiana.

I centri interculturali devono essere officine di promozione della convivenza pacifica e dell�interlocuzione culturale. Si deve guardare alle manifestazioni che presentano aspetti delle culture altre con curiosit� che indaga, che vuole conoscere e non pi� come a momenti di folklore.

Di fronte alle sollecitazioni di carattere emergenziale, non dovremo pi� trovarci impreparati e poco conoscitori, quando non del tutto ignoranti, rispetto ad alcune comunit� di migranti presenti sul territorio italiano. Conoscere le comunit� vuol dire anche andare a cercarle, scovarle, sollecitarle, anche laddove tendano a chiudersi o siano poco propense a socializzare le culture d�appartenenza, a partire...

PRESIDENTE. Vi sono realt� in Italia in cui si realizza tutto questo?

MIHAI MIRCEA BUTCOVAN, Scrittore. S�, decisamente. Ad esempio, l�Associazione romeni in Italia di Milano ha promosso a settembre - in tempi non sospetti - un festival sulla cultura romena, valori e tradizioni europei.

Nonostante un certo battage pubblicitario della manifestazione, nessun giornalista � venuto a curiosare nella comunit� romena, la quale, dopo anni di autoreferenzialit�, � approdata anche all�idea di dover uscire dall�autoghettizzazione esclusivamente in lingua rumena per mediare la cultura di cui siamo portatori verso gli italiani e quindi parlare a loro. Da allora organizziamo manifestazioni soltanto in versione bilingue per coinvolgere anche il Paese che ci ospita.

Ad alcune associazioni potrebbe interessare soltanto la conservazione delle radici e allora bisognerebbe coinvolgerle nella promozione della propria cultura ma anche nell�apprendimento della cultura italiana per conoscere il Paese e il territorio che si abita.

A maggior ragione si dovrebbe promuovere una campagna divulgativa anche riguardo ai Paesi neocomunitari, davvero cos� vicini e talvolta cos� lontani. Considero opportuno immaginare anche biblioteche di confine, scaffali multiculturali che possano diventare un punto di riferimento per addetti ai lavori come scuole, associazioni e privati, coinvolgendo le associazioni di immigrati per reperimento di libri e riviste in lingua madre, in italiano e bilingui da mettere a disposizione della cittadinanza.

Si dovrebbero coinvolgere anche i consolati e gli uffici culturali delle ambasciate presenti sul territorio italiano per richieste di libri in lingua o per acquisto di libri in italiano che riguardano la promozione dei rispettivi Paesi da donare a centri come le biblioteche di confine. Le stesse associazioni dovrebbero muoversi in un�ottica di dialogo con il territorio italiano e non di mera conservazione delle radici culturali.

Attorno ai libri e alle varie forme di espressione artistica, si deve creare un movimento di interesse e curiosit� anche attraverso incontri, dibattiti e mezzi di comunicazione come libri, riviste, pubblicazioni varie, notiziari radiofonici o programmi televisivi, ancora una volta almeno bilingui, mai esclusivamente nella lingua madre dei migranti.

Andrebbe stimolata anche l�editoria bilingue che veicoli poesia, fiabe e favole anche con la mediazione delle illustrazioni e letteratura per l�infanzia, vera e propria introduzione a Paesi sconosciuti soprattutto per le nuove generazioni.

� molto importante anche non trascurare l�educazione alla cittadinanza degli immigrati, che non passa soltanto attraverso gli opuscoli informativi che riguardano le pratiche burocratiche. La riaffermazione dei diritti deve essere affiancata da una buona informazione sui doveri. Bisogna coinvolgere non solo traduttori e interpreti, ma anche mediatori culturali, ovvero tutti coloro che a vario titolo operano nelle associazioni e nelle comunit� di migranti, che sappiano sollecitare i connazionali verso una partecipazione attiva di protagonismo e con senso di appartenenza alla societ� civile italiana. Su questo aspetto bisogna aprire tavoli di confronto  con le comunit�, con i leader delle associazioni, con gli artisti e con gli imprenditori.

Per quanto riguarda le traduzioni di opuscoli informativi in lingua, troppo spesso si creano doppioni, peraltro con notevoli differenze nella versione tradotta. Accade che lo stesso opuscolo sia tradotto a livello locale, comunale, provinciale e regionale con dispendio di denaro non indifferente. Si potrebbero ottimizzare le risorse con una sola traduzione quando si tratta di documenti nazionali che riguardano leggi, iter burocratici, alcuni aspetti della scuola e della sanit� da inoltrare al territorio, dove, se necessario, si possono poi realizzare le varianti locali in riferimento a documenti univoci.

La spiegazione del welfare italiano ai migranti dovrebbe essere preceduta da una informazione e riaffermazione dei principi ispiratori e dei fondamenti che caratterizzano i servizi a tutela della persona. In questo sforzo divulgativo si dovrebbero coinvolgere le stesse associazioni.

Ritengo molto importante indirizzare un�attenzione maggiore alla dimensione del tempo degli immigrati in un�ottica di ottimizzazione del tempo trascorso in Italia, soprattutto quando il progetto migratorio sia a breve scadenza con l�obiettivo delle rimesse. Il tempo degli immigrati spesso si trasforma in file alle poste, in questura, in prefettura o in comune, momenti degli immigrati che potrebbero essere sfruttati meglio per un�educazione civica utilizzando opuscoli bilingui e quant�altro.

Si dovrebbero anche sostenere le realt� consolidate e le esperienze che promuovono il dialogo tra varie culture. Alcune situazioni potrebbero trasferire esperienza ad altri enti, ma dovrebbero essere messi in campo fondi per far circolare queste esperienze positive con linguaggi divulgativi. Penso, ad esempio, a Milano la Casa della carit� continua ad affermare che gli sgomberi privi di un conseguente piano sociale sono inutili e spostano il problema altrove, dal centro delle citt� in periferia oppure alla rivista on line El Ghibli, il cui comitato editoriale � composto da una maggioranza di cosiddetti scrittori migranti.

Tali realt� faticano a trovare i fondi per coinvolgere risorse umane nella divulgazione della propria esperienza attraverso pubblicazioni su cartaceo o seminari per veicolare percorsi modello.

La sponsorizzazione dei libri, prodotti multimediali, attivit� seminariali per divulgare esperienze realmente funzionanti e funzionali alle politiche sull�immigrazione dovrebbe essere considerata un investimento nell�attivit� di prevenzione attraverso la costruzione di buone prassi e la divulgazione delle stesse.

Si dovrebbe infine prestare attenzione ai nuovi bisogni di cui sono portatori gli immigrati e alla capacit� ricettiva dei servizi sociali territoriali. Mi riferisco ai problemi di droga che vedono coinvolti immigrati e che difficilmente emergono o rientrano nei circuiti del sistema di intervento, cos� come il problema del consumo di alcol, maggiormente tollerato in alcune comunit� di migranti.

La prevenzione primaria e secondaria - dai vaccini al rapporto con l�alcol, dal pap test e alla mammografia - non deve essere dato per scontato nella tradizione delle persone che arrivano in Italia. Il rapporto con l�assistenza sanitaria e con la prevenzione soprattutto per quanto riguarda le donne deve essere seriamente preso in considerazione attraverso indagini che possono recepire i bisogni, informare sui servizi esistenti e sulle possibilit� di accesso, ma anche offrire ex novo un�adeguata educazione sanitaria.

All�interno della stessa considerazione si colloca l�esigenza di una riflessione sul rapporto delle donne immigrate con l�assistenza ginecologica e l�accesso ad essa, anche in relazione alle tradizioni culturali dei Paesi.

Concluderei con un paio di considerazioni. Qualcuno ci ricordava che l�esilio � la miglior scuola di dialettica e che il bisogno di una patria � pi� acuto in coloro la cui patria � continuamente messa in discussione. Dobbiamo evitare che la patria di molti sia un luogo virtuale in cui si  ergono frontiere mentali che prima o poi andranno a confliggere con altri confini.

Gli immigrati sapranno farsi coinvolgere in presenza di un maggior spazio al loro protagonismo nella societ� italiana? Nessuno ha la risposta, ma la domanda bisogna porla.

ALBERTO CLEMENTI, Preside della facolt� di architettura presso l�Universit� di Pescara. Grazie davvero per questa opportunit� che permette di riportare all�attenzione della Commissione le ricerche e i lavori che si sviluppano nell�ambito dell�architettura - personalmente insegno in una facolt� di architettura - e anche in urbanistica. Fino a qualche mese fa ero segretario nazionale della Societ� italiana degli urbanisti.

Anche dal nostro punto di vista l�insicurezza urbana sta crescendo, anche se siamo ben lontani dai modelli patologici che hanno caratterizzato soprattutto la trasformazione della citt� nord americana e anche latino americana. Il problema delle periferie � ancora lontano dalla drammaticit� delle banlieue francesi o di altre che sapevamo avrebbero dato problemi.

Le trasformazioni in corso nelle grandi metropoli contemporanee, che vanno nella direzione di alcuni spazi recintati, dai confini fortificati, iperprotetti, e poi dei corridoi di attraversamento urbano anch�essi ad alta sorveglianza pubblica, costituiscono un modello che si sta imponendo in molte citt� nord americane e anche latino americane. In Italia siamo molto lontani da questo, ma si comincia a intravedere una tendenza a rendere pi� sicure alcune isole della citt� collegandole con percorsi a maggior sicurezza nello scenario futuro delle citt� italiane.

Non condivido molto le tesi pi� suggestive, secondo cui le citt� italiane stanno diventando periferia infinita. Sono molto suggestive, alludono a problemi che forse Martinotti riprender�, ma per fortuna da noi le cose non stanno proprio in questo modo. La trasformazione della citt� sta tuttavia andando verso l�indebolimento dei legami di coesione sociale che hanno configurato questa mirabile pluralit� policentrica delle mille citt� e borghi italiani.

Dal nostro punto di vista, dunque, si va verso un processo strutturale di accentuazione del rischio della sicurezza.

� necessario promuovere strategie attive di contrasto a questo rischio, che non possono essere importazione di modelli stranieri. Esistono strategie molto sviluppate soprattutto in Australia, in Giappone, in America del nord e in Canada, ma abbiamo il problema di adattare queste strategie attive alla specificit� dei contesti delle citt� italiane.

In particolare, mi riferisco non soltanto alle popolazioni sensibili, come i bambini, gli anziani o comunque i soggetti pi� esposti al rischio, ma anche ai contesti spaziali, ossia a situazioni geografiche. Le periferie urbane, sia abusive che legali, in Italia hanno avuto una logica di evoluzione molto differente da quelle dei ghetti, delle forti concentrazioni di immigrati, ma si assiste al rinascere del problema noto a Roma delle baracche, delle bidonville che si sono riprodotte trent�anni dopo. Potremmo anche sfruttare l�esperienza che abbiamo accumulato, per poter venire a capo di questo problema che a Roma sembrava endemico.

Preoccupa maggiormente il problema delle periferie suburbane di questa citt� diffusa, a proliferazione incontrollata, che ci appare intrattabile in particolare sotto il profilo della sicurezza.

Desta preoccupazione anche la situazione dei centri storici che vengono svuotati o trasformati radicalmente, e cos� anche i centri citt� che hanno cicli di uso che lasciano troppo spazio a iniziative notturne in altri tempi che non sono quelli dell�attivit�, che sono fonte di grande insicurezza.

Dissento dal professor Zevi, perch� a Perugia tutti ci aspettavamo che sarebbe successo quanto poi � accaduto. L�errore della politica del sindaco, dell�amministrazione in carica � stato quello di non voler contrastare i rischi determinati dalla trasformazione del centro storico in cittadella universitaria, senza essere attrezzata a quei profili di sicurezza.

Proviamo a pensare a Perugia come uno di quei porti delle intelligenze che attirano tutto il mondo e vengono poi integrate dalla conoscenza della lingua, per essere poi assimilate agli standard europei. � una delle poche porte che funziona da integratore, come Siena o poche altre citt� italiane.

Non esistono politiche congiunte statali, regionali e locali comuni che siano all�altezza di questa concentrazione ad altissimo rischio.

Per realizzare il piano strategico della regione Umbria, abbiamo pi� volte ribadito di voler affrontare con le politiche adatte questo problema che tutti sapevamo sarebbe esploso. L�abbandono da parte dei centri storici delle funzioni che li hanno caratterizzati in passato e il loro divenire altro, senza una politica di accompagnamento, conduce a questo incremento del rischio.

I grandi eventi e le grandi attrezzature urbane -il Giubileo, gli stadi - ci hanno insegnato a fare politiche mirate anche di successo per affrontare il rischio ormai associato all�organizzazione di alcuni eventi. Qui c�� un know how che riguarda anche la configurazione spaziale dei quartieri interessati alla presenza di stadi. Intorno allo stadio di Roma, gli episodi recenti hanno messo in crisi quartieri impreparati alla vicinanza di questa struttura e quindi all�esplosione di queste manifestazioni. � necessario realizzare politiche preventive di messa in sicurezza anche attraverso accorgimenti progettuali, architettonici e urbanistici.

Anche le infrastrutture stanno diventando sempre pi� rischio, ormai perfino la autostrade, le stazioni di servizio, le piazzole di sosta, le stazioni. Si rileva un crescente bisogno di sicurezza relativo alle infrastrutture.

I parcheggi dei grandi centri commerciali stanno diventando luoghi ad altissimo rischio perch�, abbandonati dalla protezione tutta rivolta all�interno del centro commerciale, costituiscono terra di nessuno, in cui non si capisce dove finisca l�azione dei gruppi che gestiscono queste attrezzature oppure della citt�. Si tratta quindi di spazi a met� strada, che diventano sicuramente fonte di rischio.

Da queste analisi vorrei giungere ad alcune proposte, perch� dall�esperienza compiuta in Italia abbiamo capito che hanno avuto successo i programmi di riqualificazione urbana. Gli italiani, in Europa, si sono distinti nell�uso del programma Urban, finanziato dalla Commissione europea, che in pochi anni ha consentito a citt� del Mezzogiorno come Bari, Lecce, Siracusa, Cosenza ed altre ancora - caratterizzate da quartieri centrali e centri storici ad altissimo rischio -, infrequentabili nei tempi scorsi, di divenire incredibilmente luoghi di sicurezza locale. Attraverso un tale messaggio di fiducia si sta dimostrando come sia possibile cambiare anche la citt� del Mezzogiorno pi� provata da questo punto di vista.

I risultati sono stati formidabili, purtroppo poco accompagnati da una politica di comunicazione in grado di mettere in luce il grande successo riscosso e riconosciutoci in Europa. Gli Urban non hanno funzionato nelle periferie a Roma, Venezia, Napoli e dobbiamo chiederci cosa abbia garantito grandi successi da un lato e meno successi da un altro.

Abbiamo capito che la riqualificazione urbana certamente genera anche miglioramento della sicurezza.

Un�altra esperienza positiva � rappresentata dai programmi PRUSST, lanciati dal Ministero delle infrastrutture e dei lavori pubblici insieme ai comuni. In questo caso, sostanzialmente, c�era un mercato che tirava, per cui si richiede allo Stato ed ai comuni di accompagnare i processi di riqualificazione nell�ipotesi in cui si richiedano investimenti privati.

Ci muoviamo dunque nell�ambito di queste due esperienze di successo in Italia. Attraverso gli Urban si attuano politiche ad alta intensit� di investimento pubblico poich� interessano quartieri marginali che richiedono strategie costose; di contro, i PRUSST costano poco e provocano ricadute impressionanti grazie all�operare del mercato.

Ritengo opportuno promuovere un terzo tipo di progetti pilota condivisi da Stato, regioni ed enti locali che lavorino proprio sugli spazi a met� strada, che non sono all�interno di quartieri di maggior disagio, n� all�interno di un mercato che tira, ma ai confini delle zone pi� problematiche. Zone quali la stazione della metropolitana di Tor di Quinto, il �ghetto dorato� o il quartiere rom, dal mio punto di vista rappresentano, terreni di sperimentazione prioritaria per un investimento. In tali casi, si pu� fare poco con investimenti pubblici ma molto in capacit� di regia; potremmo avere a che fare con �incubatori di centralit� che a poco a poco trasformano anche il quartiere ad alto disagio.

Si deve quindi operare dove ci sono possibilit� di investimenti pubblici e privati coniugati che sino ad oggi non abbiamo sperimentato; a queste situazioni va applicata la terza generazione di questi progetti pilota che gi� hanno avuto molto successo.

In secondo luogo, nei piani urbanistici e pi� ancora strategici promossi con finanziamenti dello Stato e delle regioni manca il tema della sicurezza urbana. Anch�io ho realizzato molti piani urbanistici e ho ripensato oggi, grazie a voi, a quanta poca attenzione abbia dedicato insieme alle amministrazioni locali allo sviluppo di strategie di contrasto all�insicurezza attraverso la pianificazione urbanistica o la programmazione strategica di investimenti.

Credo che questa Commissione potrebbe promuovere un adeguamento delle leggi urbanistiche regionali, immettendo il tema degli eventuali interventi atti a migliorare la sicurezza. In questo caso, c�� poco da inventare, perch� soprattutto negli Stati Uniti, in Giappone e adesso anche in Europa si � sviluppata l�attivit� del centro Crime prevention through environmental design (CPTED) che � giunto a impartire direttive e indirizzi anche operativi su come realizzare politiche di intervento per le citt� sotto il profilo dell�urbanistica e dell�architettura destinate a migliorare con modesti investimenti i profili di sicurezza.

All�interno di queste indicazioni dovremmo inserire le linee guida che gi� in Europa sono maturate come accompagnamento a questo tema che dovrebbe essere tempestivamente immesso nei piani regolatori comunali e nei piani strategici che si stanno realizzando della Calabria, della Sicilia, della Puglia e della Campania.

La terza proposta consiste nel creare, per alcuni territori urbani ad elevata esposizione a rischio, progetti urbani promossi da un�autorit� locale, come ad esempio il sindaco. Tramite una tecnica gi� sperimentata, gruppi misti - costituiti dal sindaco e da esponenti dei mondi appartenenti alla sicurezza - affrontano il tema del recupero e della messa in sicurezza preventiva di questi territori attraverso una variet� di investimenti e di azioni dell�architettura e dell�urbanistica.

Questo non � ancora divenuto di routine, anche se il comune di Ancona, ad esempio, si sta muovendo in questa prospettiva interessante. Non si pu� fare molto di pi� nel momento in cui si chiede alle citt� italiane di promuovere una generazione di progetti sperimentali che hanno l�obiettivo di migliorare la sicurezza di alcuni territori ad alto rischio.

Per quanto riguarda le universit�, non sappiamo sensibilizzare i nostri architetti e gli urbanisti a questi temi, laddove invece sarebbe opportuno lanciare un programma di ricerca congiunta che porti anche l�universit�, in particolare le scuole di architettura, ad affrontarli da vicino.

Per quanto concerne il problema pi� intrattabile allo stato delle nostre ricerche, queste periferie estese, residenziali, a bassa densit� sono ormai diventate la vera citt�, laddove il 70-80 per cento della popolazione ormai si � spostata l�. Non sappiamo come mettere in sicurezza questa villettopoli che si presta ai colpi di mano delle bande.

Esistono due strategie, una delle quali urbanistica. Da tempo stiamo proponendo la densificazione di queste periferie estese attraverso alcuni spazi di centralit�, che fungano anche da identificazione collettiva e che diano un�anima a queste zone nate  sotto il segno della totale e sfrenata individualit� senza legami di connessione sociale.

Questo � possibile farlo e il mercato stesso lo richiede. Si tratta solo di anticipare il mercato immobiliare e andare in quella direzione.

Appare, invece, pi� complicato introdurre riti di socialit� al fine di intaccare questo malinteso senso della privacy che porta a recinzioni e a separatezze. Ritengo che dovremmo ragionare sull�esperienza delle opere di urbanizzazione a posteriori delle borgate romane, abusive, che hanno scoperto come, esaurito il momento della casa come bisogno primario da soddisfare, c�era bisogno di realizzare le strade e l�illuminazione, formidabili mezzi di riduzione del rischio. Come nei Paesi del terzo mondo, si � cercato di rendere legalmente protagonisti delle urbanizzazioni gli stessi abitanti che avevano realizzato l�operazione abusiva.

� quindi necessario convincere questi consorzi residenziali a creare percorsi ben illuminati a loro spese, favorendo anche quel clima di socialit� condivisa che oggi manca. Si tratta di realizzare un insieme di percorsi pedonali o viari molto illuminati, gestiti su iniziativa di questi abitanti delle periferie oggi consapevoli di essersi cacciati in un vicolo cieco, laddove l�insicurezza � per loro la prima fonte di richiesta di cambiamento, perch� abbandonano queste ville ormai indifendibili.

Attraverso la realizzazione di questa politica, possiamo dunque intercettare un bisogno e trasformarlo in una strategia.

PRESIDENTE. Mi scusi, professor Clementi, lei ha accennato prima alla questione di Perugia. Mi pare che il professor Zevi facesse riferimento allo scarto tra l�attenzione che l�informazione dedica a queste questioni e la loro oggettiva rilevanza. Si tratta di un omicidio, in cui alcuni aspetti di pruderie hanno agitato l�informazione.

Lei invece faceva riferimento alla concentrazione e all�utilizzazione monodimensionale del centro storico. Le chiedo quindi come secondo lei avrebbe dovuto invece svilupparsi questo aspetto.

ALBERTO CLEMENTI, Preside della facolt� di architettura presso l�Universit� di Pescara. Ha ragione, presidente. A mio avviso, il centro storico � ormai un luogo internazionale: non � Perugia, ma una citt� del mondo. � abitato da studenti cittadini del mondo e governato da un governo locale che non ha la scala di questi processi.

L�impatto sulla stampa nazionale ma anche internazionale � legato proprio a questa apertura della citt�-mondo. Ormai abbiamo capito che le citt� sono fatte di questo, sono immesse in sistemi di relazioni internazionali e quello che accade in un punto appartiene al mondo intero.

Questa scala non � stata percepita, quindi si � sempre rinviato a soggetti locali il governo di qualcosa che appare troppo fuori scala rispetto al sindaco di Perugia.

Ritengo indispensabile far partire questa cooperazione interistituzionale. Avevo chiesto, tra l�altro, alla regione Umbria di chiedere finanziamenti affinch� Perugia venisse riconosciuta come citt� di Europa, destinata a fare integrazione sociale per coloro che vogliono entrare in Europa o comunque avere a che fare con essa. L�Europa finanzia questi programmi. Tuttavia, � mancata la politica interistituzionale.

MARIO SAVINO, Professore associato di diritto amministrativo presso la facolt� di economia dell�Universit� della Tuscia di Viterbo. Ringrazio per l�opportunit� concessami. Il mio breve intervento sar� focalizzato essenzialmente su un tema specifico che, come ho visto dagli atti dell�indagine, � stato toccato marginalmente da altri interventi, ma che vorrei esaminare nello specifico, ovvero il tema dell�impatto per il processo di europeizzazione sul nostro sistema nazionale delle forze di sicurezza.

In particolare, vorrei soffermarmi su tre dimensioni, prima delle quali la dimensione normativa. La prima cosa che  l�Unione europea fa nel settore della libert�, sicurezza e giustizia � introdurre numerose norme.

A fronte di sistemi nazionali nei quali il quadro normativo � sostanzialmente molto semplice, perch� disciplina le singole forze e poi le singole politiche, nell�Unione europea abbiamo ben 500 atti normativi. Questo � un primo dato significativo, perch� la ricaduta immediata � la necessit� di dotarci di un sistema di adeguamento a diversi livelli, che non � solo recepimento di normative, perch� non si tratta sempre di direttive.

A fronte del dato di un�imponente massa normativa europea, il bassissimo grado di esecuzione a livello nazionale di queste politiche stride palesemente.

Tale scarto � in parte dovuto al fatto che molte delle misure dettate a livello europeo sono adottate con strumenti del terzo pilastro, quindi meno efficaci di quelli tradizionalmente riconducibili alla sfera pi� propriamente comunitaria, perch� vi � un ruolo diverso della Corte di giustizia e della Commissione europea.

Gli Stati membri in questo ambito, soprattutto nel terzo pilastro, sono maggiormente responsabilizzati nell�attivit� di recepimento e di attuazione delle norme comunitarie. Sotto questo profilo, si rileva un generalizzato grado di inadeguatezza dei sistemi nazionali che, per�, proprio nel caso italiano, assume contorni abbastanza preoccupanti, perch� vi sono ambiti nei quali posizioni comuni o norme adottate nel 2000 devono ancora essere recepite.

Ne sono esempio le squadre investigative comuni. So che vi � una iniziativa in corso proprio alla Camera, ma si tratta di una convenzione del 2000 che attende di essere recepita.

Un secondo dato importante da rilevare � che l�Unione europea oltre a fare norme istituisce organi, che tendenzialmente esercitano poteri strumentali, ovvero poteri di raccolta e di valutazione delle informazioni, di assistenza alle amministrazioni nazionali, alle forze nazionali, di coordinamento tra i sistemi nazionali, nonch� di formazione.

Tendenzialmente, invece, agli Stati membri restano le cosiddette �attribuzioni finali�, cio� i poteri di investigazione, di ispezione e di arresto, che implicano l�utilizzo della forza pubblica.

Questo dato non ci esime per� dal considerare l�impatto delle norme europee anche su un altro livello. Posta la distinzione tra funzioni strumentali sempre pi� attratte a livello europeo e funzioni finali che invece restano in capo agli Stati membri, le norme europee disciplinano anche i poteri regolatori delle amministrazioni nazionali. I provvedimenti che riguardano i visti, l�asilo, le espulsioni hanno una sempre pi� stringente disciplina a livello comunitario.

Di questo secondo aspetto bisogna tenere conto, perch� l�Unione europea fa norme, regola poteri amministrativi nazionali e istituisce anche organi che esercitano poteri strumentali.

Per quanto riguarda, in particolare, l�istituzione di organi, ovvero il terzo aspetto, non esiste un quadro di esecuzione unitario. Poich� la normativa comunitaria in materia � abbastanza frammentaria, esistono diversi modelli di esecuzione, non solo il modello classico dell�esecuzione diretta, ovvero norma europea-esecuzione nazionale, ma anche sistemi molto pi� complessi di carattere settoriale. Esistono ad esempio ambiti di cooperazione transgovernativa, in cui gli Stati decidono o comunque devono coordinarsi come lo scambio di informazioni e di intelligence, o ambiti nei quali organi europei sono al centro di una rete e formano sistemi comuni come Europol, Eurojust e CEPOL, il Collegio europeo di formazione della Polizia, e agenzie come Frontex.

In rapporto a questi diversi modelli di esecuzione, le amministrazioni nazionali devono avere la flessibilit� e le capacit� necessarie per adeguarsi alle diverse esigenze esecutive e per realizzare un effettivo coordinamento con il livello sopranazionale.

Ricapitolando, dunque, l�Unione europea crea norme, istituisce organi che esercitano poteri strumentali e regola poteri amministrativi nazionali.

Ci chiediamo quali siano le ricadute in termini di possibili direttrici di riforma del sistema nazionale, che ritroviamo anche in altri ordinamenti europei. Abbiamo fornito alla Commissione uno studio comparato che evidenzia la sostanziale simmetria dei progressi di riforma tra i diversi ordinamenti nazionali.

Una prima direttrice di riforma mira a individuare un razionale criterio di riparto funzionale. L�esistenza di un assetto dualista o pluralista di forze di polizia non � di per s� un problema ed emerge in quasi tutti gli ordinamenti europei. Costituiscono un problema invece l�assenza di un chiaro riparto di competenze, quindi la duplicazione di competenze - questa � una prima direttrice di riforma - e in secondo luogo l�assenza di un coordinamento adeguato, perch� anche ridistribuite razionalmente le forze sul territorio, le esigenze di coordinamento si rivelano ineludibili. A livello europeo e anche nazionale alcuni accordi implicano lo scambio di informazioni tra Stati membri. Sarebbe un paradosso non riuscire nemmeno a scambiare queste informazioni al nostro interno, tra le nostre forze di polizia.

La terza direttrice di riforma riguarda la specializzazione. Stante l�assetto abbastanza ingessato nel nostro ordinamento delle forze di polizia che risentono di una dislocazione territoriale non abbastanza aggiornata, lo strumento della specializzazione delle forze consente di colmare anche in via temporanea le pi� evidenti lacune del sistema e renderlo pi� flessibile.

La quarta direttrice � l�integrazione multilivello, non solo nella dimensione comunitaria ma anche in quella locale. Rispetto a questo problema, certamente il dettato costituzionale attribuisce la materia alla competenza dello Stato, ma � indubbio che vi siano sovrapposizioni nelle singole materie tra le attivit� di polizia amministrativa locali e le attivit� di sicurezza a livello nazionale. Da questo punto di vista, quindi, ben vengano i patti per la sicurezza, che il ministro Amato ha illustrato in una delle precedenti audizioni.

L�ultima direttrice di riforma � molto pi� trasversale, quindi non rappresenta un obiettivo ben definito ma ha carattere generale: � la necessit� di un adattamento pi� tempestivo alle diverse esigenze poste dall�intervento comunitario, in termini non solo di rapido recepimento della normativa ma anche di riqualificazione degli strumenti e delle capacit� delle forze di sicurezza nazionali.

AMARA LAKHOUS, Giornalista. Buongiorno, signor presidente, onorevoli parlamentari, gentili professori e intellettuali. Sono davvero lieto di partecipare a questa indagine. Vivo in Italia da quindici anni, sono algerino di origine e in questo periodo ho lavorato sempre nel campo dell�immigrazione, avendo modo quindi di conoscere da vicino il punto di vista non solo degli immigrati ma anche dell�istituzione, degli operatori sociali, delle forze dell�ordine.

Quando ho ricevuto questo invito, ho subito riferito alla mia compagna - cercavo di fare bella figura - di essere stato invitato al Parlamento per parlare di sicurezza. Allora lei mi ha guardato stupita e mi ha chiesto cosa c�entrassi con la sicurezza. Le ho spiegato che la sicurezza � una dimensione fondamentale dell�essere immigrato, perch� alla scadenza del permesso di soggiorno ci si reca in questura, non in comune.

Faccio il giornalista, mi fanno scrivere e pubblicano articoli se sono legati alla cronaca, e infatti prima di venire qui ho mandato un breve articolo che sar� pubblicato nei prossimi giorni sulla Gazzetta dello Sport - non c�entra con lo sport, le ultime pagine si occupano di altri mondi - dal titolo �Stranieri come noi� e riguardante Azuz.

Come scrittore, lo scorso anno ho pubblicato un romanzo che mi ha portato molta fortuna intitolato Scontro di civilt� per un ascensore a piazza Vittorio, ambientato all�Esquilino, che comincia con un omicidio, perch� avevo capito che per  parlare di immigrazione bisogna parlare di cronaca nera. Questa � stata la mia intuizione di cui sono anche felice.

Come antropologo, sto ultimando la mia tesi di dottorato sulla prima generazione di immigrati musulmani arabi in Italia. Mi trovo a lavorare sulle moschee, un problema di sicurezza, e dovrei lavorare anche sui detenuti, perch� una percentuale altissima di loro sono immigrati, in particolare detenuti arabi; quindi sono andato in carcere a conoscerli.

Tutta questa esperienza sul campo mi ha dato la possibilit� di avere una visione forse realistica pi� che pessimistica, per cui non avendo molto tempo vorrei concentrarmi su un punto fondamentale.

Oggi si parla molto di emergenza della sicurezza, ma non credo si possa ritenere una novit�. Personalmente lavoro anche molto sull�immigrazione italiana all�estero, che rappresenta per me uno specchio straordinario per contribuire a questo dibattito assente nel vostro Paese e che, tra l�altro, presenta straordinari punti in comune con il problema degli stranieri in Italia.

Sto raccogliendo materiale per scrivere un romanzo e sto lavorando sull�immigrazione italiana in Tunisia. Mi sono imbattuto in un caso avvenuto nel 1889, che mi ha molto stimolato. Si tratta della storia di un immigrato siciliano di nome Calandra che ha ucciso una giovane francese.

Nei giornali soprattutto francesi ho trovato rilevanti somiglianze con il caso della signora Reggiani. Anche in quel caso i mass media parlavano del pericolo siciliano, anche in quel periodo vi erano esperti, esistevano i giornali e forse in dibattiti pubblici si affermava che criminale siciliano non si diventa ma si nasce.

Non vorrei dilungarmi molto sulle somiglianze, perch� sono molto evidenti.

L�analisi dell�affaire Calandra mostra come i veri motivi del caso fossero economici. La comunit� italiana in Tunisia era infatti pi� numerosa di quella francese e i francesi avevano paura di questo superamento e insistevano sul fatto che gli italiani facevano tanti figli e dunque sarebbero diventati la maggioranza.

Si poneva poi un ulteriore problema riguardante la pesca, perch� questi immigrati siciliani per lo pi� pescatori �rubavano il lavoro�.

Ho lavorato per tre anni in un�agenzia di stampa, la seconda d�Italia, in cui ho avuto modo di conoscere da vicino le modalit� con cui viene confezionata una notizia, e posso quindi assicurare che i titoli, le immagini e perfino le virgole non sono mai casuali. Questo � un altro tema che dovrebbe essere affrontato.

Ci� che colpisce davvero nel caso della signora Reggiani come in quello del 1889 � il passaggio dalla criminalizzazione individuale a quella collettiva, per cui per un pescatore siciliano che uccide una giovane francese viene colpita tutta la comunit� cos� come nel caso del giovane rom, che per� ha coinvolto tutti gli immigrati.

� difficile farcela quando la responsabilit� � collettiva. � inutile impegnarsi anche nel quotidiano con i vicini di casa, evitare di fare rumore la sera, la mattina salutare per primi, anche se all�inizio i vicini non sorridono o non rispondono, la sera tornando a casa aprire la porta dell�ascensore alla vicina di casa. Dopo sei mesi o un anno si crea un rapporto, dopo due anni il vicino ti pu� anche prestare del sale se ti manca.

Per quanto riguarda gli immigrati musulmani, quanto � capitato dopo l�11 settembre � veramente allucinante. Nonostante il lavoro fatto con la mia vicina di casa, l�11 settembre mi ha tagliato fuori, dovrei ricominciare da capo. Dinanzi a un altro attentato, all�arresto di un terrorista o presunto tale, dovrei ricominciare tutto. � veramente difficile farcela in questo contesto di diffidenza.

In conclusione, per essere concreto arrivo alla legge Bossi-Fini. Poich� ci troviamo in Parlamento, desidero sottolineare, come spesso ribadisco fuori, che questa legge sull�immigrazione produce dei falsi ospiti, o forse ospiti arrabbiati. A immigrati che sono in Italia da dieci o quindici anni, che hanno studiato e che dopo due anni devono andare a rinnovare il permesso di soggiorno, viene chiesto il contratto di lavoro. Se, come pu� accadere  a tutti i lavoratori del mondo, lo hanno perso, hanno sei mesi di tempo, scaduti i quali diventano clandestini. Questo riguarda quindi anche il problema della sicurezza. In Italia esiste la legge Biagi sulla flessibilit� del lavoro, per� l�immigrato non pu� presentare in questura un contratto di tre mesi o un anno perch� i tempi di attesa sono da uno a due anni. Si accordano quindi con il datore di lavoro chiedendo di accollarsi l�onere di pagare i propri contributi. Anche l�illegalit� quindi � all�ordine del giorno.

Poich� ho seguito anche altre esperienze di immigrazione, ritengo importante aprire la porta alla cittadinanza, senza regalarla, ma concedendola in cambio di un patto di integrazione. Sono favorevole ad esempio alla condizione di imparare l�italiano prima di acquisire la cittadinanza italiana, per� ci deve essere una situazione veramente chiara su questo. Alcuni colleghi e amici scrivono in italiano, quindi promuovono anche la letteratura italiana.

Due mesi fa, in Francia � uscito un mio romanzo tradotto dall�italiano, non dall�arabo, e un editore algerino ha comprato i diritti per pubblicarlo in Algeria. Il romanzo � arrivato quindi in Algeria non attraverso l�arabo o il francese, ma l�italiano. In questo modo contribuiamo anche alla cultura, alla letteratura.

Considero urgente quindi intraprendere questa strada, per evitare di aggravare la situazione degli immigrati regolari, laddove ovviamente non tutti riescono a trovare un contratto di lavoro per due anni o a tempo indeterminato e molti diventano clandestini, costituendo quindi un problema per la sicurezza e inducendo a interrogarsi sulla legalit�.

Nell�occuparsi di immigrati si ha la percezione di una frustrazione dovuta al fatto che la legalit� non paga. In questo Paese esistono tanti furbi: il datore di lavoro, l�istituzione, persino la legge Bossi-Fini perch� non affronta il problema, perch�, se gli immigrati sono ospiti, dopo uno o due anni dovrebbero tornare nel loro Paese di origine, mentre invece rimangono qui, comprano case accendendo mutui e i figli rimangono nella scuola italiana. Si tratta quindi di ospiti forzati o di cittadini in attesa di ottenere la cittadinanza.

MARGHERITA PETRANZAN, Architetto. Ringrazio il signor presidente e gli onorevoli deputati per l�invito a questa audizione, che mi offre la possibilit� di parlare da professionista, innanzitutto da architetto. Sono rimasta molto colpita da questo ultimo intervento e da quello precedente dello scrittore rumeno Mihai Mircea Butcovan, cui vorrei ricollegarmi.

Come architetto, infatti, mi rendo conto del disagio delle citt� e di come esso si possa eliminare non con la repressione, ma con la costruzione insieme, considerando l�altro non come un diverso da integrare, ma come una persona che entra a far parte di una societ� civile. Insieme dobbiamo ricostruire e creare nuove comunit� integrando tutti.

Mi � piaciuto molto anche quest�ultimo intervento che capovolge il quadro della situazione. Questi due interventi si rivelano fondamentali e dobbiamo assolutamente tenerne conto.

Vi prego di scusarmi per la scelta di questa introduzione, dovuta al fatto che quotidianamente tocco con mano questa sofferenza. Vivo e lavoro al nord-est, area che sta vivendo una situazione paradossale e indegna di una terra che potrebbe produrre buoni risultati, dovuta all�atteggiamento nei confronti di chi viene a lavorare. Continuo a battermi come un Don Chisciotte contro coloro che discriminano in maniera straordinariamente violenta.

Desidero leggere alcuni commenti e osservazioni che ho fatto e che mi riservo di inviarvi poi a breve.

Credo che la realt� delle citt� sia complessa e soprattutto ambivalente. Non si pu� vedere una citt� solamente da un punto di vista. La citt� deve essere sempre osservata nel suo duplice volto, giacch� la citt� del benessere e la citt� del disagio devono essere coniugate insieme, non limitandosi a far talvolta emergere quella del benessere soffocando quella del disagio oppure facendo improvvisamente emergere  quella del disagio come una minaccia per quella del benessere. La citt� reale e quella virtuale sono anch�esse ormai cavalcate in maniera determinante- concordo molto con la relazione sulla situazione urbana di Clementi - vi � la citt� immaginata e quella concreta, la citt� degli affari e la citt� abitata, la citt� monocentrica e la citt� policentrica.

Io sono per la citt� policentrica e in questa sede mi sento di suggerire di cavalcare questa realt�. La citt� non pu� pi� essere organizzata con monocentrismo e una serie di quartieri satellite che attingono sempre da un�unica centralit�, deve essere articolata in pi� centri autonomi con i loro servizi.

Queste realt� delle citt� duplici convivono e la loro convivenza fa assistere alla messa in atto di una realt� virtuale che si esprime in maniera sempre pi� consistente attraverso una monotematicit� di funzioni e una produzione di recinti di aree urbane centrali sempre pi� vaste. Credo che la cosa pi� difficile oggi, soprattutto in Italia, sia coniugare locale con globale, perch� questo comporterebbe l�integrazione fisica, tangibile della citt� nella citt� delle varie culture che entrano. Probabilmente in Italia nessuno vuole ancora l�integrazione fisica tangibile e per questo riprendo volentieri quanto affermato dallo scrittore rumeno.

Ritengo che l�integrazione passi attraverso la contaminazione, che prevede l�inserimento di vari ceti sociali in ogni quartiere. Questa � la mia proposta: l�inserimento di vari ceti sociali in ogni quartiere attraverso la scelta politica di collocare appartamenti in affitto a prezzi calmierati o abitazioni di edilizia residenziale pubblica nei centri storici o nei cosiddetti quartieri alti.

Si potrebbe, ad esempio, programmare le abitazioni di edilizia residenziale pubblica come restauri importanti nei centri storici invece di relegarli a zone terziarie. Restauri importanti con abitazioni anche di edilizia economica e popolare, residenziale e pubblica.

Oltre a ci�, � importante anche che sui corridoi stradali e ferroviari europei si impedisca l�insorgere di edificazioni libere su lottizzazioni caotiche e anonime, perch� le edificazioni in questi corridoi devono essere controllate all�interno di un disegno urbano importante.

Come architetto progettista e direttore di una rivista cui tengo moltissimo perch� mi d� la possibilit� di avere un osservatorio abbastanza ampio, mi auguro che questo si possa ottenere anche attraverso nuove e diverse formulazioni di piani urbanistici, all�insegna dell�inserimento nelle strutture abitate gi� consolidate di nuovi edifici per servizi, di spazi aperti di collegamento e ristoro delle comunit�, in risposta ai bisogni di aggregazione sia della popolazione giovanile che di quella straniera.

Chi abita in ghetti programmati per classi sociali omogenee e riconoscibili non riesce pi� ad accettare l�inserimento di altre classi, che vengono considerate intruse.

Il processo che porta all�identificazione di una persona con il suo habitat ha inoltre valenze talmente importanti da condizionare il suo quotidiano comportamento nei confronti dei suoi simili.

Abitare in un luogo che genera serenit�, perch� permette di sentirsi coesi con una comunit� che con noi coabita, perch� d� la possibilit� di percepire sia bellezza che natura, libert� e appartenenza decide veramente del nostro futuro.

Colui che vive in una condizione di equilibrio garantito pu� infatti riflettere sulla sua situazione presente e soprattutto futura. La sicurezza consiste proprio nel dare una garanzia di equilibrio a tutti, non reprimere.

Credo che l�habitat nel senso di luogo costruito abbia grandi responsabilit� nei confronti del comportamento collettivo e che l�architettura sia inadempiente, perch� denuncia una permanente estraneit� sia dello Stato con le sue istituzioni, sia dei progettisti che spesso come i costruttori purtroppo pensano unicamente al loro privato e individuale profitto.

Questo genera quartieri e citt� che producono gente violenta ed emarginata, che non sente di appartenere a luoghi in cui non si identifica.

Si formano comunitarismi senza comunit�, dove stazionano aggregati etnici che hanno perduto i legami e la capacit� di controllo di una comunit�.

Questo fenomeno si verifica pi� in Europa che in Italia attorno alle grandi citt�, ma in Italia si verifica un fenomeno peggiore. L�Italia � una terra di persone che si arroccano sulla specificit� della loro tradizione culturale e locale, lasciando fuori dalla porta delle citt� qualsiasi nuovo ingresso come nel caso di Cittadella, di Montegrotto e di tutto il nord-est ultimamente, come se si potesse avere ancora la presunzione di controllare gli orizzonti e i limiti della citt� globale o citt� mondo.

Troppi luoghi delle citt� italiane sono solo abitati, senza essere dotati di servizi e di spazi di relazione.

Tutto ci� conduce alla desocializzazione e allo straniamento. Le persone si chiudono dentro le case, quindi lo spazio della casa amplifica solamente il disagio.

Esistono aggregazioni infinite di abitazioni affollate senza centro, villette sparse nel territorio con scarse relazioni, private dei servizi indispensabili per comunit� degne di questo nome, private di infrastrutture. Soprattutto la provincia del nord in cui vivo e lavoro � una galassia puntiforme, che si pu� definire una comunit� decomposta o assente.

All�interno di questa realt� gli amministratori si rifiutano di riconoscere i reali problemi ed esigono l�erezione di nuove mura soprattutto ideologiche, sebbene siano consapevoli di come le periferie dilaghino incontrollate come metastasi in base a logiche immobiliari difficilmente arginabili.

I centri storici italiani straordinari e unici si spopolano e si museificano perdendo identit� con conseguente aumento del disagio e della potenziale criminalit�. Ci� che viene edificato deve rispondere essenzialmente a richieste di comunicazione e di consumo immediato legate alle logiche correnti del mercato, per cui gran parte del costruito si organizza con criteri di risposta sempre pi� sofisticata a bisogni indotti dallo stesso mercato, che per produrre lavoro e profitto deve circuitare un quantitativo di merci tale da soddisfare richieste di qualsivoglia natura.

A differenza di ogni altra merce, il prodotto architettura ha un valore d�uso necessariamente associato a valenze di piacevolezza estetica, quindi deve rispondere a precisi requisiti di stabilit� e di consenso collettivo, ma avendo anche requisiti normativi spesso assai discutibili.

Se da un lato si tende quindi a ricompattare l�edificato per arginarne la dispersione ormai fisiologica, dall�altro vengono a mancare la stabilit� e il radicamento al luogo per queste nuove merci architettoniche, che si alternano come impianti scenici, con la loro interscambiabilit� nel teatro della citt� diffusa e appartengono a una societ� ugualmente diffusa in cui organizziamo il nostro esistere.

Questa instabilit� edificatoria, questo procedere per tentativi di installazione di varia natura e forma provoca degrado e spesso incapacit� da parte degli abitanti di riconoscersi all�interno delle nuove strutture che dovrebbero rappresentarli. La crisi di appartenenza provoca quanto accade oggi, causa profondo disagio e grande confusione e purtroppo degenera anche in straordinarie devianze.

Definirei creativa l�inquietudine che ha contraddistinto il sorgere delle attuali citt�, che per� si ritrova miscelata anche con un�inquietudine degenerativa che rischia di prendere il sopravvento proprio perch� il progetto ad essa sotteso � lasciato in preda ad una pseudo libert� decisionale, privata di regole nuove e apposite, che, come rilevava Clementi, devono essere adattate alla nuova realt�, al nuovo, intricato e complesso vivere civile.

Questa libert� creativa si trasforma quindi in arbitrio. Ci� dipende non dalla tolleranza e dalla democrazia, ma solamente dall�incoscienza e soprattutto dalla totale mancanza di responsabilit�.

Ritengo che le tensioni di totale trasformazione che hanno investito le citt� in quest�ultimo cinquantennio sino a farle  esplodere siano riferibili sia alla produzione architettonica in senso stretto, sia a ogni altra produzione che deve imparare a misurarsi con la crisi che sta vivendo riprogettando continuamente le modalit� con cui poterla arginare regolamentandola.

DONATO MASCIANDARO, Professore ordinario di economia politica presso l�Universit� Bocconi. Ringrazio i signori deputati e il presidente per questo invito.

Ritengo che, per chi si occupa di scienze economiche, sia importante poter provare a contribuire ai lavori di una Commissione parlamentare.

Colgo l�occasione per accennare brevemente ad un piacere personale che ho ricevuto. Con questo incontro, io pago un debito scientifico, che si � aperto - se la memoria non mi tradisce - nel 1992, quando Stefano Zamagni e l�attuale presidente convocarono alcuni giovani a Bologna, con la finalit� di promuovere una sessione della societ� italiana degli economisti che, per la prima volta, nel nostro Paese, affrontasse il tema dell�economia del crimine. Non c�era da stupirsi, giacch�, il nostro Paese non aveva mai avuto prima problemi di criminalit� in questo ambito. All�epoca, io non mi occupavo ancora di questa materia, ma da quel momento non ho pi� smesso di lavorarci. Non ho ancora sanato il mio piccolo debito scientifico, tuttavia questa � l�occasione per provare a ridurne il montante.

Pertanto, impiegher� i miei residui otto minuti per rappresentarvi, in pillole, una riflessione economica sul rapporto tra sicurezza e crescita economica, affrontando due questioni: la prima � se esista o meno questa relazione; la seconda concerne le politiche che - se questa relazione esiste - possono essere disegnate e messe in pratica.

Con riferimento alla prima questione, l�analisi economica pi� recente ha mostrato - con sempre maggior forza e raccogliendo sempre maggiori consensi - l�esistenza di una relazione tra crescita economica di un Paese, ovvero di un sistema, e sicurezza.

Questa relazione si instaura perch�, nell�economia di mercato, gli scambi hanno bisogno di una miscela di due componenti: le regole e la fiducia. La teoria secondo la quale l�economia di mercato coincide con il cosiddetto laissez-faire � un�idea ignorante, nel senso letterale del termine, in quanto l�economia di mercato �, essenzialmente, organizzazione degli scambi.

Infatti, lo stesso sostantivo �organizzazione� implica un disegno delle regole - quale elemento irrinunciabile per poter parlare di economia di mercato - che si miscela con la componente della fiducia. Disegno delle regole e fiducia sono due architravi, che devono intrecciarsi: non c�� fiducia se non c�� un buon sistema delle regole e un buon sistema delle regole da solo non funziona. Come ci insegnano gli operatori del diritto, infatti, i contratti sono, per definizione, incompleti, poich� ciascuno di noi, prima di procedere ad uno scambio, fa un investimento -piccolo o grande (nei mercati finanziari � addirittura esaltato) non importa -in fiducia.

� dunque questa miscela tra regole e fiducia che consente al mercato di crescere. Di questo si � avuta sempre maggiore consapevolezza, tant�� che, negli ultimi anni, � stata esaltata l�importanza che le regole e la sicurezza hanno per la crescita economica.

Per meglio comprendere questa relazione, proviamo a considerare l�elemento pi� evidente della globalizzazione - di cui ho sentito parlare negli interventi che mi hanno preceduto -, vale a dire la mobilit� dei fattori produttivi ed, in particolare, dei capitali: essi tenderanno ad andare verso quei sistemi dove pi� chiaro, forte e rispettato � il sistema delle regole.

Possiamo avere anche delle analisi empiriche che confermano questo fenomeno, se consideriamo il fattore produttivo mobile per eccellenza - quello finanziario - e analizziamo i Paesi che giocano tutto il loro successo proprio sulla capacit� di attrarre capitali.

Considerate, ad esempio, gli oltre 200 Paesi che fanno parte delle Nazioni Unite, ad essi aggiungete quelli che non ne fanno  parte: all�interno di questo enorme complesso di fenomeni che ivi si instaurano, provate ad individuare i cosiddetti centri finanziari internazionali (eviter� di chiamarli offshore,poich�, da noi, tale termine ha gi� di per s� una valenza negativa). La caratteristica di questi Paesi �, infatti, quella di giocare la loro crescita economica sulla capacit� di attirare capitali dall�estero.

Se cercate i fattori comuni di questi Paesi, sfaterete dei luoghi comuni: non tutti sono delle isole; non tutti hanno la common law; non tutti parlano la lingua inglese. Noterete, invece, che il fattore che questi Paesi hanno in comune, a parit� di altre condizioni, � un sistema dirule of law rispettato: i tassi di criminalit� e di rischio di terrorismo sono inesistenti, le regole sono rispettate e i mercati dei capitali riconoscono il rispetto delle regole.

Infatti, a parit� di altre condizioni, qualunque tipo di capitale bianco, grigio o nero, non si muove verso i Paesi in cui non vengono rispettate le regole, perch� temono il rischio di esproprio.

Sono le regole, dunque, la condizione necessaria -ancorch� non sufficiente - della crescita economica. Mi riferisco alle norme che tutelano i diritti della persona e della propriet�: i capitali si muovono verso quei Paesi dove maggiore � la tutela di questi diritti fondamentali.

Ora, la tutela dei diritti della persona e della propriet� non � patologica, ma �, anzi, assolutamente fisiologica nell�ambito di un sistema economico: in mancanza di essa, non c�� scambio, quindi - a parit� di altre condizioni - non c�� economia di mercato e, pertanto, non c�� crescita economica.

A tutela di queste regole c�� il law enforcement(la difficolt� nel tradurre questa espressione in italiano �, a mio avviso, significativa), alla base del quale vi � l�idea che il disegno delle regole pu� essere pi� o meno efficace, ma ci� che conta di pi� � che ci sia reputazione e credibilit� nelle leggi: le norme devono essere rispettate.

Credo che sia molto importante sottolineare il risultato di questa analisi economica, in quanto ci aiuta anche a superare il dilemma classico - citato implicitamente nell�intervento che mi ha preceduto - tra repressione e prevenzione.

Infatti, il law enforcement � altro, � avere un sistema in cui le regole vengono riconosciute, poich� tutti sanno che la probabilit� di essere scoperti e poi sanzionati, in caso di violazione di una norma, � molto alto. Questo aiuta sia la prevenzione, sia la repressione.

Pertanto, dovendo individuare una priorit�, nell�importanza che le regole della sicurezza hanno per stimolare la crescita economica, io ritengo che questa sia proprio il law enforcement, che, tradotto, significa, appunto, efficienza della giustizia civile e penale.

Tengo a precisare che non sto parlando di efficienza come obiettivo, bens� come strumento.

Pi� chiaramente, non mi riferisco alla tradizione anglosassone cosiddetta del law and economics, in cui si giudicano le leggi in rapporto all�efficienza raggiunta; sto parlando, piuttosto, di economia del diritto - se preferite di economics and law - dove l�efficienza � funzionale ad un obiettivo.

L�obiettivo di un sistema giudiziario � l�equit�: un sistema giudiziario civile e penale non efficiente �, innanzitutto, un sistema iniquo.

La storia ci insegna che laddove la giustizia civile e penale � lenta, a parit� di altre condizioni, la parte peggiore della popolazione aumenta.

Quello che intendo dire � che se la popolazione � distribuita tra persone avverse al rischio e propense al rischio - e queste ultime violano le norme - e se ci si trova in un sistema in cui le regole non vengono rispettate, ci si accorge che, pian piano, la quota dei propensi al rischio tende ad aumentare. Tutto ci� semplicemente perch� il disegno delle regole non conta in quanto la probabilit� di incriminazione tende a zero.

Prendendo in considerazione i dati dei tribunali italiani e depurandoli dall�effetto che noi, scusate, definiamo di �endogeneit�, tra propensione a delinquere e lunghezza dei processi, si giunge alla conclusione  che nelle regioni e province italiane in cui la giustizia civile - ed � un dato noto - e anche la giustizia penale sono inefficienti, a parit� di altre condizioni e considerando la durata del processo, l�inefficienza tende ad aumentare la propensione a delinquere.

Postuliamo che l�obiettivo di un sistema sia quello di essere garantista, consideriamo cio� l�efficienza come strumento di equit�. Un sistema garantista � assolutamente equo se � efficiente. Voi potete permettervi tre gradi di giudizio soltanto se in tempi ragionevoli siete in grado di esperire, mettere in atto e concludere i tre gradi del giudizio stesso.

Un sistema assolutamente equo riduce la probabilit� che un innocente venga condannato. Quindi, se il nostro obiettivo � quello di rendere un sistema massimamente garantista, noi abbiamo l�obbligo di renderlo massimamente efficiente. Questo perch� l�innocente che aspetta � un innocente condannato e questo � indice non solo di inefficienza ma anche di iniquit�.

Questo � il messaggio - sto concludendo, anche perch� sono andato oltre i dieci minuti a mia disposizione e di questo mi scuso - ma quali sono le politiche? Dall�analisi economica consegue che se volete rendere efficiente un sistema di giustizia civile e penale, essendo vincolati al problema del bilancio, dovete prevedere politiche a costo zero.

Credo che possiamo considerare due ipotesi di questo tipo; mi sento di segnalare due esempi, sul primo dei quali ho le idee pi� chiare, parlando nello specifico e non in termini generali.

Il primo esempio � rappresentato dalla necessit�, per il nostro Paese, di avere - l�espressione � un po� ambigua, ma la chiarisco subito - tribunali speciali per l�economia e la finanza. Potete tradurre la mia espressione liberamente; io intendo tribunali specializzati in materia di economia e finanza.

Nel nostro Paese, cos� come ci sono tribunali specializzati in materia di diritto del lavoro, dovrebbero esistere tribunali specializzati in materia di economia e finanza, tenendo altres� conto che gran parte delle questioni legate alla sicurezza, qualificata economica e finanziaria, riguarda la tutela dei diritti della propriet�. Tale argomento interessa, quindi, non fasce piccole bens� ampie della popolazione, pertanto deve essere giudicata da persone competenti in materia.

Il diritto del lavoro rispetto al diritto della finanza ormai ha universalit� pi� o meno comparabili. Il nostro Paese sta andando verso la cosiddetta �privatizzazione del rischio�. Che significa? Significa che nelle famiglie italiane sta entrando il concetto del rischio: pensate solo al welfare che non pu� essere pi� considerato come un dato acquisito. Questo � un fenomeno che si sta verificando in tutti i Paesi dell�OCSE; il rischio sta entrando nelle case di ogni unit� familiare e se ci� avviene, il diritto della finanza diventa sempre di pi� un bene pubblico.

I tribunali specializzati, pertanto, sono necessari. Segnalo che tutto il dibattito sulla class action, che oggi sta impegnando le nostre aule, sarebbe molto depurato qualora esistessero tribunali specializzati. Essendo il disegno della class action basato sul giudizio del giudice in termini di temerariet� o meno della suddetta class action, per evitare comportamenti opportunistici e nocivi per la class action stessa, la presenza di tribunali specializzati, a parit� di altre condizioni, renderebbe tutto il dibattito molto pi� sereno.

Sul secondo esempio di cui vi parlavo non ho un�idea precisa, tuttavia un economista, quando si parla di law enforcement e si trova all�estero, non pu� non notare la difficolt� nello spiegare perch� nel nostro Paese c�� pi� di una forza di polizia.

Qualche volta provo a ricorrere all�argomento dellacompetition in intelligence, poi, per�, mi accorgo di qualche sorriso e capisco che forse non � l�argomento giusto. Parlando di politiche a costo zero, l�economista si domanda come mai non si possano razionalizzare le forze di polizia, visto che le risorse sono scarse e servono sempre di pi� sul territorio per fare law enforcement.

Concludo - e su questo la Commissione potrebbe dare un contributo - soffermandomi sul fatto che stabilire delle priorit� significa anche fare delle simulazioni, chiedersi che impatto pu� avere l�istituzione di tribunali speciali o la razionalizzazione delle forze di polizia. Si tratta dell�analisi costi-benef�ci, impact analysis, nel mondo anglosassone � ormai una tradizione; le nostre leggi la obbligano, tuttavia mi domando quanti lo facciano davvero.

Vi ringrazio molto e naturalmente resto a vostra disposizione.

PRESIDENTE. La ringrazio, professore. Vorrei dire, a proposito delle forze di polizia, che in precedenza c�� stato l�intervento del professor Savino, dal quale si desume che forse in tutti i Paesi ci sono pi� forze di polizia; il problema �, credo che lo abbia accennato, quello del coordinamento, del raccordo e della ripartizione corretta delle competenze.

Il grande nodo italiano � questo; ci sono forze di polizia non disponibili a coordinarsi, il che produce poi i costi che non corrispondono ai risultati.

CARLO OLMO, Preside della facolt� di architettura presso il Politecnico di Torino. Ringrazio anch�io la Commissione e il presidente dell�invito. Invitare uno storico a un consesso come questo indubbiamente lo pone in qualche difficolt�. Ho cercato di affrontare questa difficolt� provando a guardare ci� che il tema che voi suggerite ritrova nella storia della citt�.

Ci sono due fili che si intrecciano in tutta la storia, almeno del Sette, dell�Otto e del Novecento, che possono fornire elementi di riflessione utili a tutti voi. Il primo � che la segregazione non � stabile nel tempo, il ghetto non rimane identificato con gli stessi luoghi urbani o, per usare una terminologia francese, la banlieue non � sempre la stessa.

Sono due elementi sui quali vale la pena ragionare, perch� sono due elementi fondamentali delle politiche. Che la segregazione sia mobile lo raccontano gi� le relazioni settecentesche, non � un tema di oggi. Lo raccontano De Horn e Lachaise, che fond� uno dei pi� famosi luoghi di Parigi. Cos� le relazioni di accompagnamento alle prigioni, il verbale di una lite, restituiscono scale, corridoi, marciapiedi sette o ottocenteschi dove si incontra una popolazione, che mobilit� e precariet� del lavoro difficilmente consentono di legare ai luoghi. � tutto molto simile a quello che oggi accade in altri luoghi; comunque cercheremo di arrivarci.

I luoghi e le regole della segregazione appaiono gi� molto complessi nelle citt� capitali del Settecento - mi dispiace che sia uscito il nostro amico romanziere -, Les nuits di R�stif de la Bretone precedono di quasi un secolo i racconti che lui faceva e disegnano una possibile topografia che � molto simile a quella di Tunisi che lui raccontava.

In realt� tutto il Sette, l�Otto e il Novecento sono attraversati da un dibattito che lega proprio sicurezza e utilit� pubblica e offrono alcuni spunti di riflessione alla Commissione che io vorrei segnalarvi.

Il primo � la non permanenza dei luoghi della segregazione. Nell�immaginario, anche giuridico, di oggi vi � quasi un rapporto biunivoco tra luoghi e segregazione. Lo stesso uso di un immaginario che finisce con il sostituire la realt� di cui si parla, il ghetto nella tradizione anglosassone, la banlieue nella tradizione francese - e potremmo continuare - finisce con il far perdere di vista come nella citt� si modificano nel tempo spazi e gerarchie tra spazi. Ci sono esempi molto vicini a noi.

I centri storici delle citt� italiane nell�immediato dopoguerra furono quasi ricoveri per gli immigrati, luoghi sinonimo di emarginazione e di insicurezza; oggi, questi luoghi - non sono d�accordo che siano svuotati - sono diventati inaccessibili anche ai redditi pi� alti.

Il mercato di cui bisognerebbe ragionare, che segue regole non pi� economiche, ma finanziarie, ha reso inaccessibili questi luoghi, non le loro funzioni.

Peccato perch�, se guardiamo ai centri storici dei paesi minori del Lazio, del  Piemonte o del Veneto, vediamo che questi subiscono e stanno subendo lo stesso processo di occupazione da parte di classi e di stranieri, come venivano chiamati negli anni Cinquanta a Torino, citt� dalla quale vengo, e subiscono processi di insicurezza ed emarginazione.

Opposto � il caso dei quartieri di edilizia pubblica - ricordo in quest�aula la straordinaria stagione dell�INA-Casa -, un tempo rappresentati come isole di segregazione; a Milano si chiamavano Coree, termine che evoca tante immagini. Guido Martinotti � seduto accanto a me, quindi insisto su questo aspetto. Ebbene, tali quartieri oggi sono zone di integrazione sociale tra le pi� forti...

PRESIDENTE. Professore, anche alla Camera c�� un corridoio chiamato Corea. Ho cercato di battezzarlo diversamente, ma con scarso successo.

CARLO OLMO, Preside della facolt� di architettura presso il Politecnico di Torino. La similitudine non � proprio calzante.

Si tratta, dunque, di zone non solo di integrazione sociale, ma anche di identit� delle citt�. La citt� ha una forma, nonostante tutto quello che hanno raccontato, giustamente, Clementi e Petranzan, perch� ci sono forme di edilizia pubblica che hanno gestito quella citt� e hanno riproposto, naturalmente, un�idea di citt� e societ�.

Il secondo punto che la storia riporta in primo piano � quello delle reti della solidariet�. Se ci si ferma a una visione di ordine pubblico della segregazione, si rischia di perdere di vista le reti di solidariet� che attraversano ghetti e banlieu.

Reti associative, religiose e municipali, ma anche informali rendono quegli spazi non solo pi� ricchi, ma meno facilmente permeabili da politiche o anche solo pi� difficilmente interpretabili per schemi politici semplici.

Proprio in questi giorni, a Londra, non in un paesino minore della provincia italiana, � stato sgombrato il campo nomadi municipale di Clays Lane, perch� l� si costruir� il villaggio olimpico di Londra 2012. Quel campo era occupato da nomadi di origine rom. La resistenza nei confronti del trasferimento non � nata solo dal fatto che la London development agency ha trovato un posto a loro non gradito, ma perch� si rompevano delle reti di relazioni sociali che l� si erano determinate.

Lo stesso processo si � verificato al La Courneuve; in questo caso, il tentativo di distruggere ci� che era considerato uno dei peggiori esempi dell�urbanistica degli anni Sessanta si � scontrato con gli abitanti, proprio nella prima guerra delle banlieu, come le chiamano i francesi.

Le reti esprimono regole, quasi sempre non scritte, che aggregano, non disgregano chi vive in quegli spazi.

Vi ricordo che era gi� cos� all�inizio dell�Ottocento. Lo racconta un famoso economista, Bentham, quando parla di questo incrocio straordinario di strade, Chick Lane, Field Lane, che oggi sono situate proprio nel cuore della city di Londra, come luoghi insieme insicuri e mobili, dove le reti sociali erano pi� importanti delle reti di polizia.

Lo racconta Zola quando parla degli spazi attorno alle Halles di Baltard, luoghi in cui lo scrittore ha ambientato le sue storie.

Le difficolt�, d�altro canto, che le politiche del New deal rooseveltiano hanno avuto, con questo termine tragico della clearancedei ghetti, nacquero essenzialmente dalla resistenza di chi abitava nei ghetti a essere ripulito, dalle reti sociali che questi luoghi contengono, quindi dal valore positivo che essi esprimono, non solo dalla rappresentazione negativa che abbiamo.

Certo, banlieues e ghetti esistono e non sono luoghi ameni, ma non comprenderne le forme di resistenza alla miseria, in primo luogo, alla precariet�, che � categoria ben pi� antica di quanto oggi si riconosca, � un limite. Nel 1732, la popolazione inglese immigrata di Philadelphia - di nuovo, una cittadina non minore nella storia dell�umanit� - fond�, per affrontare il problema della precariet�, una Society for promoting christian knowledge  and christian labour. Mi sembra un riferimento non tanto facile da dimenticare.

La geografia della violenza, come ci viene raccontata, � ancora oggi una geografia popolare dove, al posto di fiere e mercati, di trattorie e barriere, come era nella Parigi, nella Londra o nella New York otto-novecentesca, ci sono viali, parchi, parcheggi e stazioni. La popolazione di questi luoghi appare pericolosa perch� slegata da rapporti sociali e di lavoro, operai un tempo giornalieri e oggi precari, garzoni un tempo e oggi lavoratori in affitto, sempre rappresentati come stranieri.

Io credo che queste rappresentazioni siano pericolose, che portino a politiche sbagliate, molto semplificate. La risposta che si � tentato di dare a questi spazi pericolosi � stata quasi sempre il tentativo di uniformare, anche sul piano urbanistico, quegli spazi. Osman lo fece con l�osmanizzazione, che tutti voi conoscete, che poi si trasfer� da Parigi a tutta Europa. I tedeschi lo fecero con le Siedlungen, gli inglesi con le new towns che poi si articolarono in tutto il mondo.

Eppure, questi interventi, che erano di omologazione, fallirono l�obiettivo di affrontare la realt�, perch� la semplificavano, riducevano la rilevanza di questo problema. La mobilit� dei luoghi della segregazione indica quanto sia illusoria l�idea di risanamento visto semplicemente come problema di sicurezza. Basti pensare al fallimento delle villes nouvelles francesi che oggi sono pi� pericolose, sono i luoghi delle banlieues, che ritornano nella cronaca cittadina; o alle difficolt� che hanno le new towns scozzesi, tutte in fallimento, compresa Cumbernauld, che � stata uno dei miti della sinistra occidentale e che nasce da questa illusione.

L�esistenza di regole informali o di forme di solidariet� in quegli spazi deve far pensare come una dimensione pubblica si possa muovere se le riconosce e le valorizza, non cerca di sostituirsi ad esse o semplicemente di sovrapporsi, o di offrire la pi� consolatoria delle risposte, ossia quella della monofunzionalit� che gi� la professoressa Petranzan ha citato.

La monofunzionalit� sociale, prima ancora che residenziale o produttiva, di quegli spazi impone una riflessione sulle politiche urbane che seguono ancora un�idea di controllo sociale costruito sulle istituzioni. � la declinazione pi� o meno felice dell�idea foucaultianadel sorvegliare e del punire, se vi ricordate.

Paradossalmente, uno dei pi� bei racconti di de la Bretonne descrive la Place Maubert degli anni Settanta del Settecento -oggi una delle piazze pi� belle della Parigi mitterandiana - come uno dei posti pi� sicuri di Parigi, anche di notte. Certo, a renderla tale erano incontri amorosi, giochi sociali, forme, le avrebbe chiamate Simmel - ma qui ho di nuovo Martinotti vicino -, di serendipity (mi limito a citare, senza dilungarmi), ma, molto meno romanticamente, anche un�idea di sicurezza come valore sociale progressivo, non come governo delle paure, quelle che hanno portato e portano alla monofunzionalit�.

La paura porta alla scelta monofunzionale della casa isolata, del quartiere monosociale e via discorrendo. Bisogna proporre, invece, se si vuole partire dalla spazio che si vuole abitare e non presidiare, funzioni e tempi di quello spazio come forme di governo e di sicurezza, funzioni diversificate socialmente, ma non solo; tempi che integrano funzioni diverse lungo l�arco pi� ampio possibile nella giornata e nella settimana.

C�� un luogo a Torino, che veniva chiamato in un modo straordinario e che � il vecchio stabilimento Lingotto, che era vissuto dagli operai come un termine molto simpatico: �Porto Longone�. Oggi quel luogo, che � stato un luogo di segregazione - c�era un muro al di l� del quale vigevano leggi diverse da quelle che esistevano al di qua del muro in via Nizza - � uno dei luoghi pi� sicuri di Torino senza polizia ed � presieduto da dodici funzioni che operano su ventiquattro ore per sette giorni alla settimana.

La citt� esiste se � luogo di incontro e non solo di scambio, se consente di integrare attori diversi, se valorizza orari o  modi di vivere differenti. Non � un discorso astratto. Le politiche, in questo caso, non solo urbane, ma anche quelle istituzionali, servono a questo.

Si pu� arrivare ad una mixit� anche attraverso varie strade. Come a Londra, dove il sindaco Kenneth Livingstone ha imposto che anche nelle operazioni immobiliari pi� costose, quelle per i ricchi, esattamente come chiedeva la professoressa Petranzan, circa il 20 per cento di questi spazi debbano essere costruiti dagli stessi operatori come edilizia residenziale pubblica per redditi inferiori alle mille sterline. Come in tanti piani di recupero urbano oggi si fissano regole dove le soglie pi� basse sono per le funzioni pi� tradizionalmente monofunzionali, residenziali e terziarie. Io ho presieduto recentemente un concorso difficilissimo per la sua collocazione, quello del Santa Chiara, che � l�ospedale attaccato alla piazza del Campo; l�amministrazione aveva dato regole talmente rigide sulle funzioni monofunzionali che era impossibile...

PRESIDENTE. In quale citt�?

CARLO OLMO, Preside della facolt� di architettura presso il Politecnico di Torino. Pisa, si tratta del Santa Chiara, un ospedale che poi confina con piazza del Campo, uno dei posti pi� straordinari del mondo.

Su scala pi� vasta, vi � l�esigenza di una pianificazione territoriale che dissemina, ma Clementi lo ha gi� detto, le funzioni pi� pregiate, le universit�, i centri di ricerca, i centri di assistenza, i luoghi dello spettacolo e della memoria, nelle aree urbane e non ne fa dei campus. Idea terribile. Perugia non � altro che un campus e quei problemi nascono da quel modello, non dal fatto di avere tanti studenti - cosa bellissima - che vengono da tante parti del mondo.

L�urbanistica non ha rappresentato solo, dalla met� dell�Ottocento, uno strumento per ottimizzare il mercato immobiliare, per suddividere socialmente le citt�, per fare dello zoning sociale. Ha costruito una delle forme essenziali per affermare o negare il diritto di cittadinanza e per distribuirne i vantaggi. Se non � cos�, non c�� la sicurezza.

La cittadinanza si vive, non solo si afferma in principio. � fatta di accessibilit�, di eguaglianza nell�uso di un marciapiede o di un giardino, anche per anziani e donne, di salvaguardia delle reti di produzione culturale al di fuori di quelle garantite dalla societ� di massa, di uso di strutture pubbliche, di spazi pubblici, di progettazione di spazi pubblici. Questo � il punto pi� delicato di tutta la vicenda: l�attuale societ� non ha pi� un�idea e non ha pi� un�idea di spazio pubblico (e forse non solo di questo).

Lo spazio pubblico � uno spazio dimenticato non solo dalla progettazione, ma dalla societ� contemporanea e diventa uno spazio pericoloso. Invece di essere lo spazio di relazione per eccellenza, diventa lo spazio pericoloso per eccellenza.

La citt� privatizzata, dove il valore di un isolato, peraltro, di Roma, vale pi� di tutte le azioni della pi� grande attivit� industriale dell�ENI - perch� oggi un isolato di Roma ha un valore economico superiore a tutto l�azionariato dell�ENI - � la citt� che enfatizza le differenze e le disuguaglianze. Non pu� essere una citt� sicura e tollerante.

Pensiamo, ad esempio, alle gated communitiescaliforniane, la pi� barbara delle declinazioni della monofunzionalit� che peraltro si avvicina al 10 per cento del territorio della California in questo momento. Ebbene, questi sono spazi recintati da mura dentro le quali ci sono le loro polizie, i loro servizi, e cos� via. Si sta tornando alla situazione di Parigi. Voi vi lamentavate, ma Parigi nel Settecento aveva tredici polizie e una serie di luoghi - nell�ordine di venti luoghi diversi - non accessibili neanche a queste tredici polizie. Quindi, forse il problema, anche in questo caso, ha qualche radice storica assai complicata.

Tuttavia, se non si vuole che il destino dei nostri territori non sia il ritorno alle mura e alle regole diverse dentro quegli spazi, garantite dalla negazione della societ� e dalla riaffermazione della comunit�  dei privilegi, cio� di chi pu� pagare il servizio, la strada da percorrere � quella di una politica attiva delle funzioni, dei tempi e delle reti. Naturalmente, in questa sede, partendo dalla produzione legislativa, partendo proprio dall�idea costituzionale di spazio pubblico. Io credo che questo sia un termine fondamentale per questa Commissione.

L�obiettivo non pu� che essere la mixit�. Lamixit� � l�esito del primato della societ� sull�economia e la sicurezza non � che lo specchio del presidio che le funzioni, i tempi e le reti possono fare di uno spazio.

La devianza - mi mette quasi disagio oggi citare un mio carissimo maestro e amico che � stato Franco Basaglia - non � una malattia, � la conseguenza di mancate politiche e di una concezione preilluminista dei diritti. � la negazione dell�urbanistica come strumento essenziale per affermare davvero i diritti di cittadinanza di tutti, anche di quelli che oggi consideriamo stranieri.

GUIDO MARTINOTTI, Professore ordinario di sociologia urbana presso l�Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Chiedo scusa per il ritardo, ma non tutti i sistemi di trasporto in questo Paese danno garanzia assoluta di arrivare al momento previsto.

PRESIDENTE. � la questione della fiducia di cui parlava il professor Masciandaro.

GUIDO MARTINOTTI, Professore ordinario di sociologia urbana presso l�Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Ad ogni modo, occorre avere fiducia ugualmente. Non se ne pu� fare a meno. Viviamo in una credential society in cui dobbiamo fidarci comunque. Questo � uno dei problemi.

Siccome anche io tratto il tema in questione dal punto di vista del rapporto con il territorio - questo � il mio mestiere -, volevo cominciare con una brevissima citazione del 10 ottobre 1996 di un personaggio americano che parla alla Kennedy School of Government. Egli dichiara di essere felice di trovarsi con il pubblico quella sera, per parlare del movimento anti immigrazione in America, poich� ritiene che tale movimento sia uno dei fattori pi� importanti di minaccia alla grandezza americana. Il movimento anti immigrazione - continua - the fear mongers (non si pu� tradurre in italiano, la traduzione letterale sarebbe �paurafondai�) si � ripetuto negli Stati Uniti, come diceva il professor Olmo, ed � stato applicato anche pi� in generale. Nel 1920 c�erano i Native movements, nel 1800 i Know nothing. Insomma, c�� sempre stata questa reazione.

Il personaggio che sto citando parla del fatto che forse il Governo americano potrebbe anche essere pi� bravo nel controllore i confini. Peraltro, questo � un mito, perch� si tratta di circa diecimila chilometri, molti dei quali nel deserto. Dunque, mi sembra alquanto improbabile che si riesca a controllare questo confine. Tuttavia, egli afferma che la realt� � data dal fatto che le persone entreranno sempre. E allora, come si pu� intervenire?

Ci sono momenti in cui - dice questo personaggio -gli undocumented aliens, ossia gli immigrati che non sono registrati, non hanno documenti, sono illegali, come diciamo noi, richiedono un forte grado di protezione. Devono sentirsi sicuri nel mandare i loro bambini a scuola, dovrebbero essere sicuri nel denunciare un crimine senza essere cacciati via e, allo stesso tempo, dovrebbero essere in grado di ricevere aiuto medico, senza la paura di essere denunciati.

Infatti, quando queste persone sono ammalate e anche contagiose, lo sono come tutti i cittadini. Il personaggio che ha pronunciato tutto questo discorso � Rudy Giuliani.

Dico questo, per dare un�idea. Come sapete, Rudy Giuliani a New York ha emanato il famoso Executive order 24 che applicava queste politiche, spiegando molto bene che se non si pu� fermare questo flusso, occorre trattarlo ragionevolmente.

Sappiamo benissimo che questo � un problema continuo. Il professor Olmo lo ha spiegato molto bene, ma successivamente far� una precisazione su questo aspetto.

� appena il caso di ricordare che il quartiere italiano a Chicago negli anni Venti si chiamava Little hell, piccolo inferno; che il quartiere italiano sempre nello stesso periodo a New York, nel low east side si chiamava Hell�s kitchen; infine, il famoso Northerndi Boston dove � stato scritto uno dei pi� bei libri di sociologia urbana che �Street corner society. Lo studioso Whyte andando in bicicletta ad Harvard passava per questo quartiere con l�intenzione di studiarlo; egli pensava di affrontare un viaggio nella criminalit� e scopr�, invece, che quel luogo era caratterizzato anche da una straordinaria cultura. Ci ha fornito, quindi, le chiavi per capire cosa succede in questi nuovi insediamenti.

Certo, non possiamo fermarci qui, perch� le persone hanno timore. Dobbiamo capire da dove vengono questi timori, ma anche dove questi sono costruiti dai fear mongers.

Prima di tutto, dobbiamo distinguere molto bene -probabilmente � stato gi� fatto e mi scuso se lo ripeto - fra rischio e senso di insicurezza. Il rischio � un fatto oggettivo, non tanto nella sua percezione. La sicurezza, invece, � un fatto sistemico, che ha che vedere con l�essere sicuri e che non � solo legato alla percezione del rischio, perch� in un sistema di razionalit� limitata come il nostro, come diceva Simon, noi non abbiamo tutte le informazioni che ci permettono di decidere, ne abbiamo solo alcune. Possiamo, quindi, essere in un sistema sicuro, ma percepirlo come pericoloso. Faccio tre esempi.

Di gran lunga, l�attivit� pi� rischiosa in Italia, lo sapete tutti, � quella non solo di guidare, ma anche di andare a piedi nelle strade. Ci sono 7 mila morti all�anno, pi� di 240 mila feriti, di cui molti gravissimi e deturpati per la vita; il 14 per cento sono pedoni, quindi il pericolo non ha a che vedere con il guidare. Queste cifre rappresentano una volta e mezza la mortalit� annua dell�esercito americano in Vietnam. Quella del Vietnam � stata una guerra sanguinosa che ha causato la perdita di 5 mila persone all�anno; noi perdiamo 7 mila persone all�anno, per dare un parametro.

Quanti sono i morti per rapina? Infinitamente meno, questo Savona ce lo potr� dire benissimo. Io non ho tutti questi dati, ma sono certamente molto inferiori.

Il secondo esempio riguarda il mio pub Bulloni, che � un posto straordinario di socialit� milanese, una vecchia vineria degli anni Venti. Di fronte all�entrata, ci sono decine e decine di bottiglie scintillanti, ciascuna delle quali, se io me la iniettassi, mi porterebbe alla morte; se la bevessi non tutta, ma con una certa abbondanza, forse mi farebbe ricadere in quei 7 mila che muoiono guidando; comunque, se invece ne bevessi un po� ogni tanto, mi farebbe ricadere nei 30 e passa mila -non si sa bene, perch� questa statistica � un po� sporca - ammalati di cirrosi epatica ogni anno. Tuttavia, questo bar � considerato un posto straordinario. Bello, � difficile dire che sia brutto; tutti ci vanno molto volentieri, � un posto di riferimento del quartiere.

L�ultimo esempio che vorrei citare � il patto di legalit� e socialit� con i rom, inventato, come sapete, da Don Colmegna, che prevede che venga fornito un aiuto ai rom a patto che questi si impegnino a mandare i figli a scuola e cos� via. Ebbene, egli racconta la seguente storia, che � molto significativa: viene collocata una famiglia rom in un appartamento in un condominio; naturalmente non dicono che � rom, perch� se lo dicessero, non sarebbe possibile la convivenza. Viene l�estate e il condomino che abita di fronte, sullo stesso pianerottolo, suona alla porta e, con le chiavi di casa in mano annuncia che sta per partire per le vacanze e chiede se pu� lasciare le chiavi, dato che teme gli zingari. Questo ci mostra che non si tratta, chiaramente, di un fatto oggettivo, quanto, piuttosto, di un fatto di definizione. � molto importante che noi capiamo che si tratta semplicemente di una definizione, ma non basta dire questo, bisogna realizzare  anche altri interventi secondo me; bisogna aiutare la definizione e capire da dove vengono queste grandi insicurezze in cui noi ci troviamo.

Secondo me, ci sono tre processi che espongo molto sinteticamente, quindi con l�accetta, mi scuso, ma se ne potr� poi ragionare. Uno � la recessione dei confini, che � un processo molto generale della nostra societ�; l�altro � la nascita delle popolazioni non residenti nelle citt�; il terzo - e lo definisco con un termine un po� aulico, ma poi spiegher� di cosa si tratta e vedrete che � molto pi� semplice il concetto del termine stesso - � quello della doppia ermeneutica.

Inizier� dalla recessione dei confini. Essa avviene comunque a livello nazionale e internazionale, anche mondiale e fisico, poich� noi ci stiamo espandendo al di fuori del sistema terrestre. Tuttavia, per l�aspetto che ci riguarda, � la trasformazione della citt� i cui confini recedono continuamente a seguito di due filiere tecnologiche: i trasporti e la diffusione di quelli che io chiamo i �rubinetti dell�informazione�. In altre parole, si pu� accedere ad un sistema pubblico, che non � fisico ma � pur sempre un sistema pubblico - ed � molto importante sottolinearlo - stando molto lontano da qualsiasi posto, esattamente come apriamo il rubinetto e abbiamo l�acqua, pur essendo molto lontani dalla fonte alla quale, una volta, quando ero piccolo io, ci si recava fisicamente.

Questo, assieme alla mobilit� delle automobili, crea una strana bestia, che non abbiamo ancora ben definito, in cui i confini recedono. Essi non sono infiniti, come � stato detto; � una sciocchezza, non esiste l�infinito in un territorio. L�infinito � un concetto che, forse, � meglio lasciare ai poeti e ai matematici. Piuttosto, come diceva Sernini, quello delle citt� � un sistema sconfinato. Nelle citt� di una volta, infatti, si entrava attraverso la porta; nelle citt� di oggi si arriva, perch� non c�� un confine preciso.

I sociologi sanno - e questo lo dichiaro solo senza addentrarmi nell�argomento - che vi � un�intera scuola di sociologia secondo la quale esiste una relazione molto precisa fra i confini di un sistema e il tipo di solidariet� che esiste. Sono due fattori legati, in inglese, addirittura, sono la stessa parola: bound, bounderies e via dicendo; in inglese � chiarissima questa relazione.

Con l�estensione di questa recessione, noi, effettivamente, perdiamo un po� anche il controllo mentale di dove siamo. S�, siamo a Milano, ma questo cosa vuol dire? Non � pi� chiaro che cosa sia Milano.

Io lavoravo fino al 1o novembre in una Universit�, la Bicocca, che � proprio ai margini di Milano ed eravamo - e siamo ancora - pi� vicini a Sesto San Giovanni che non al centro di Milano. Non c�� proprio differenza. Questo fenomeno, dunque, � generale, crea molta angoscia, perch� perdiamo un po� la percezione di dove ci troviamo.

Il secondo fenomeno che investe tutte le citt� � il fatto che queste si svuotano di abitanti - a Milano questa situazione � drammatica - e si svuotano selettivamente; si allontanano i giovani e rimangono i vecchi.

Mi spiace non potervi far vedere delle mappe, ma si tratta di un fenomeno assolutamente impressionante a Milano; � un grattacielo di vecchi, se disegniamo delle barre che mostrano quanti sono. I giovani, invece, sono tutti fuori. Quindi cambia completamente la natura delle citt� che si riempiono di popolazioni non residenti, come i pendolari, i city user, quelli che chiamiamo metropolitan business person: sono tutte persone che vanno, ma che non hanno uno stake nella citt�; vanno e consumano la citt�, oppure, come nel caso dei pendolari, sono persone che arrivano e poi vanno via e la citt� naturalmente perde capacit� di coesione.

Questo � un fatto molto evidente e ovvio, e inoltre crea conflitti. Pensiamo, per esempio, a tutti i conflitti che vengono a crearsi alle partite di calcio, agli hooligan locali, a tutti i conflitti che ci sono oggi a Barcellona. Questa citt� ha avuto un grandissimo successo con le sue politiche espansive, ma attira una popolazione di giovani che, con i voli a basso prezzo,  arrivano la sera, stanno tre notti in discoteca, si drogano e poi vengono proprio spazzati via letteralmente. Questo sta diventando un problema serio. Barcellona � diventata una sorta di Mahagonny, per certi aspetti.

Il terzo elemento di incertezza � quello della doppia ermeneutica, che � dovuto sostanzialmente a un cambiamento totale nel modo con cui ci rapportiamo alla realt�.

Nell�Ottocento si considerava la successione, come diceva Comte, secondo la quale prima si sa, poi si prevede poi si pu�: �savoir pour pr�voir pour pouvoir�. C�era una catena precisa di conoscenza, decisione politica, previsione. Oggi, noi sappiamo che questo non funziona pi�. Chiunque abbia visto ieri sera la trasmissione Porta a Porta sa di che cosa parlo: oltre al conduttore erano presenti Mannheimer e Sartori. La confusione era totale. A un certo punto, Bruno Vespa ha rivolto una frase bellissima a Mannheimer. Ha detto: �Scusi, professore, mi raccomando, vada adagio, sono numeri, sa!�. Intendeva, cio�, che i numeri bisogna dirli adagio, perch� sono pericolosi.

Cosa significa �doppia ermeneutica�? Lo sappiamo benissimo, perch� ci viviamo in mezzo. Vuol dire che quando si fa un sondaggio politico, i sondaggi sono fatti bene, non facciamoci prendere da discorsi fuorvianti. Si tratta di macchine veramente perfette, quasi sempre; sbagliano per altre ragioni, ovvero perch� non possono prevedere, per questo meccanismo. Tuttavia, appena il sondaggio � noto, fosse anche solo al signor Berlusconi, � chiaro che gli attori si regolano sulla base dei risultati; dopodich� la realt� � gi� cambiata, il giorno dopo non c�� gi� pi�.

Questa incertezza � quella su cui vive la televisione, che � un grande diffusore di questi meccanismi di inquietudine. C�� una trasmissione che non voglio menzionare, perch� mi piace, alla mattina alle 6, alla radio; ebbene dopo averla sentita, viene voglia di chiudersi in casa. Ed � fatta con l�ottimo intento di spiegare i pericoli della vita. Ma noi vediamo solo i pericoli in questa societ�! Il discorso potrebbe essere lungo.

Quali sono gli interventi che si possono attuare? A mio avviso, innanzitutto, bisogna dare l�impressione - e non solo l�impressione, ma un�impressione basata sui fatti - che ci sia una qualche forma di autorit� -non so quale potrebbe essere, � difficile dirlo; per esempio la polizia - che � reperibile in ogni momento sul territorio.

� questo che chiedono i cittadini. I cittadini non vogliono avere un vigile o altro, vogliono sapere che, se sono in pericolo, vi � qualcuno a cui potersi rivolgere con una fiducia ragionevole di essere aiutati. Ci sono, come voi sapete, tanti sistemi. A New York ci sono i bottoni e cos� via. Insomma, questa � la sensazione importante che bisogna dare.

Faccio un piccolo esempio: negli Stati Uniti i poliziotti si muovono, qui sono fermi. Questo cambia tutto. � molto pi� facile muovendosi avere un�idea di che cosa succede.

PRESIDENTE. Nonostante questo, gli Stati Uniti sono uno dei Paesi pi� insicuri del mondo.

GUIDO MARTINOTTI, Professore ordinario di sociologia urbana presso l�Istituto italiano di scienze umane di Firenze. � vero, ma viaggiamo con dei grandi numeri. Io ho attraversato due volte gli Stati Uniti in automobile, ho lavorato in California e quindi ho usato questo mezzo per vent�anni. Sono stato fermato una sola volta - non mi hanno mai chiesto la patente - perch� avevo leggermente bevuto. Come si siano accorti che avevo bevuto del vino da un mio amico - circostanza pericolosissima - questo non lo so.

Penso che i poliziotti debbano farsi vedere. Ci deve essere una ragionevole aspettativa, da parte del cittadino, di avere un punto di riferimento che possa essere il poliziotto o, come era stato proposto da Mitterand, il vecchio di quartiere.

Un altro punto di riflessione � che, normalmente, il giovane che delinque �  una persona che all�inizio non ha nessuno che gli dice che cosa fare. Il primo contatto che lui ha, forse il solo, � quello con il poliziotto che lo arresta, che � probabilmente l�unico che gli dice che quella determinata cosa non si fa.

Quindi, prima non gli dice nulla nessuno, poi entra nel meccanismo della giustizia, dove nessuno gli dice cosa dovrebbe fare. Quindi, forse questo era molto importante. Il consigliere di Mitterrand aveva questo aspetto molto chiaro in testa.

La terza questione riguarda un�altra fonte di incertezza tremenda. Non abbiamo fiducia nel nostro Stato. Questo � un fatto che conosciamo tutti e che ci indebolisce. Un rumeno l�altro giorno ha detto alla radio - ho perso la citazione precisa, ma il senso lo ricordo bene - che si viene Italia perch� nel nostro Paese � pi� facile delinquere. � la nostra debolezza che ci fa essere cos� violenti nei confronti degli altri. Abbiamo paura di noi, non tanto degli altri. Abbiamo paura di non essere in grado di affrontare la situazione. Questo problema va in qualche modo risolto.

Un ulteriore aspetto � che, proprio per questo, bisogna riportare nei comuni il cittadino, in senso astratto, al centro del discorso politico. Non si pu� pi� andare avanti con la storia che i comuni sono amministrazioni di condominio. I comuni sono comunit�. Bisogna riportare il cittadino al centro.

In secondo luogo, bisogna riportare i cittadini -concreti, non astratti, soprattutto se giovani - nei centri delle citt�. Questa � una politica di public housing; si pu� attuare, � stata attuata all�inizio del Novecento e non si capisce perch� non si possa ricreare adesso. Lo fanno dovunque, qui no.

Ho delle mappe meravigliose di Milano di giorno e a mezzanotte, nelle quali si vede che di notte � un buco, non c�� nessuno.

PRESIDENTE. Pu� fornire queste mappe alla Commissione?

GUIDO MARTINOTTI, Professore ordinario di sociologia urbana presso l�Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Vi � un istituto che si occupa di questo: ve le invier� con molto piacere.

La terza e ultima questione � pi� difficile da spiegare. Per ora la enuncio, poi, se ci sar� occasione, posso inviare un appunto scritto al riguardo.

Ci troviamo in una fase che molti chiamano della terza transizione. Vale a dire che passiamo da una economia industriale, a una dei servizi, a una della conoscenza. Quest�ultima si manifesta in tanti modi che hanno gi� avuto dei violenti effetti sul sistema di relazioni. Pensiamo ad esempio alla televisione e alla politica. Basta enunciare questo binomio per capire cosa voglio dire.

Ad ogni modo, la televisione � un sistema obsoleto, ormai maturo. Adesso vi sono altri strumenti che permettono in parte, se usati bene, di ricostituire alcune di quelle relazioni che la televisione ha distrutto. Del resto, quando una persona rimane in casa mediamente per quattro ore e mezzo per vedere la televisione, non esce pi� e non ha pi� contatti.

La televisione ha risucchiato l�agor� nel tinello di casa. Invece, � possibile ricostituire alcuni di questi strumenti. Occorre fare un grandissimo investimento nel forzare questo passaggio alla terza fase, terza transizione, ricostruendo. Alcuni lo fanno e anche intelligentemente.

Grillo, ad esempio, lo fa intelligentemente e non � il solo. Molti vanno in quella direzione in tutto il mondo, oggi.

PRESIDENTE Grazie, professor Martinotti, attendiamo la sua documentazione scritta.

GUIDO MARTINOTTI, Professore ordinario di sociologia urbana presso l�Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Se mi fate avere l�indirizzo e-mail di riferimento vi mando la documentazione.

PRESIDENTE. Abbiamo a disposizione un altro quarto d�ora di tempo a disposizione per lavorare. Chiedo se qualcuno  desideri intervenire nuovamente o se si intenda porre ulteriori questioni, sulla base di quanto � stato detto.

La giornata di oggi � stata particolarmente utile, perch� abbiamo toccato in modo diverso i temi in esame. Ieri, avendo ascoltato i prefetti, il taglio era differente, molto tradizionale; naturalmente, esiste anche quel taglio e quel profilo, ci mancherebbe! Oggi abbiamo avuto un arricchimento notevole.

Vi pregherei di inviare alla Commissione eventuale materiale, da voi gi� elaborato ed oggetto dei vostri studi che possa esserci utile.

Credo inoltre che sar� utile per il nostro lavoro, quando avremo - penso per la seconda met� di gennaio - una bozza di redazione, inviarvela, in modo tale che qualcuno di voi, avendo il tempo di guardarla, possa farci avere suggerimenti ed integrazioni, anche totalmente distruttivi (ci serve tutto naturalmente). � la prima volta che un ramo del Parlamento elabora un rapporto sulla sicurezza e vorremmo fare in modo che fosse completo, comprensibile e che avesse un numero di errori tollerabile.

Vi ringrazio molto e vi auguro buona giornata.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 12,05.


 

 

 

 


 

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

indagine conoscitiva

 

 

11.

 

 

Seduta di GIOVEd� 10 GENNAIO 2008

 

presidenza del presidente LUCIANO VIOLANTE

 

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 10,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicit� dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicit� dei lavori della seduta odierna sar� assicurata anche attraverso l�attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

 

Audizione di esperti della comunicazione, di direttori di TG, direttori di Rete e del presidente della FNSI sul tema del rapporto tra informazione e percezione della sicurezza da parte dei cittadini.

PRESIDENTE. L�ordine del giorno reca, nell�ambito dell�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull�organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia, l�audizione di esperti della comunicazione, di direttori di TG, direttori di Rete e del presidente della FNSI sul tema del rapporto tra informazione e percezione della sicurezza da parte dei cittadini.

Ringrazio, a nome della I Commissione della Camera dei deputati, tutti coloro che hanno aderito al nostro invito. Spiego rapidamente la finalit� di questa audizione e la procedura dei lavori nella seduta odierna.

La Commissione affari costituzionali, che ha competenza anche sulle questioni relative alla sicurezza, relativamente alle competenze del Ministero dell�interno, ha deciso di avviare un�indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia. Fino ad oggi sono state audite circa 90 personalit� tra membri delle istituzioni, della Polizia, della magistratura, uomini e donne di cultura, prefetti e personalit� della pubblica amministrazione. Nell�ambito di queste audizioni � emersa l�esistenza del rapporto che intercorre tra dati reali della criminalit� e l�insicurezza (questa � la ragione per cui vi abbiamo oggi chiesto di darci una mano).

I dati reali della criminalit� sono pi� o meno gli stessi degli ultimi dieci o quindici anni, ma � molto aumentato - sia in Italia che in Europa - il senso di insicurezza. Il primo fattore che ha determinato questa crescita del sentimento di insicurezza � stato individuato innanzitutto nell�aumento dell�et� media nel nostro Paese: le persone anziane sono maggiormente esposte al sentimento di insicurezza (ci� che non turba una persona giovane d�et� pu�, invece, turbare un anziano).

Il secondo fattore � costituito dal fatto che i reati, pur essendo dello stesso tipo, oggi sono commessi con modalit� pi� aggressive rispetto al passato. Lo scippo, ad esempio, pu� essere commesso in tanti modi, tuttavia se � commesso da persone che hanno una metodologia molto pi� violenta rispetto a quelle tradizionali suscita un senso di maggiore aggressivit�.

Il terzo dato, ma non ultimo, � relativo all�informazione e su questo terreno vogliamo chiedere lumi a voi.

Un�informazione molto reiterata e insistita su determinati fatti criminali crea naturalmente un sentimento di insicurezza.

� innegabile, dall�altra parte, che tutte le forze politiche, senza eccezioni, tendono a fare investimenti sul sentimento di insicurezza. Su questi aspetti vorremmo avere da voi dei chiarimenti. I dati che ho brevemente esposto indicano che davvero esiste un rapporto diretto tra il peso dell�informazione sulla criminalit� e il sentimento di insicurezza dei cittadini.

Si tratta - ripeto - di questioni che riguardano non solo il nostro Paese, ma un po� tutta l�Europa. Credo che anche la situazione internazionale (le guerre, il rischio del terrorismo, oltre al sentimento di insicurezza che pu� generare la presenza massiccia di immigrati in alcune aree) possa creare questo tipo di problemi.

Vorrei accennare un ultimo aspetto. Alcuni urbanisti da noi auditi hanno affermato che un luogo non curato � un luogo insicuro per cui, da questo punto di vista, esiste una responsabilit� anche delle pubbliche amministrazioni, di chi governa le citt� e via dicendo.

Riepilogando, le cause dell�insicurezza percepita dai cittadini sono molteplici e tra di esse c��, appunto, anche l�informazione. Questo � il tema sul quale vi chiediamo un contributo.

Dopo avere raccolto una serie di elementi, la Commissione conclude con quella odierna la serie di audizioni previste.

Ringrazio il professor Martinotti che anche oggi � qui con noi e spero che possa fornirci alcune illuminanti spiegazioni come nella precedente occasione.

Cedo la parola a chi di voi vuole rompere il ghiaccio. Se ci sono eventuali richieste di chiarimenti, ovviamente sono a vostra disposizione.

ANGELO TEODOLI, Vicedirettore vicario di RAI Uno. Sono il vicedirettore di RAI Uno, una rete televisiva non specificamente dedicata all�informazione e desidero esporre alcune considerazioni.

La televisione non � una maestra, ma � lo specchio della realt�. Il compito di chi fa televisione � quello di rispecchiare la realt�, fornire informazioni su quello che succede e dare degli elementi di decodifica. Dal nostro punto di vista, come rete di servizio pubblico, teniamo ben presente questo aspetto e riteniamo che la sicurezza si fondi su tre elementi importanti: la salute delle persone, lo stato economico e lo stato sociale e politico. Il problema non riguarda, quindi, soltanto la criminalit�. Questo in termini negativi, vale a dire di problem solving. In termini positivi, invece, riteniamo che si possa riscontrare un�assenza di prospettive e obiettivi positivi e desiderabili, che rappresentano una specie di �paradiso�, mutuando l�immagine dalla religione.

Problem solving e prospettive devono, quindi, essere considerati contemporaneamente.

� chiaro che famiglie ed anziani sono le categorie di persone pi� sensibili e fragili da una parte perch� hanno meno elementi di decodifica, dall�altra perch� hanno meno contatti con la realt�. Pertanto, occorre aiutare soprattutto queste fasce.

RAI Uno, per istituto, � una rete popolare che rappresenta e rispecchia la realt� in maniera abbastanza approfondita, dedicandosi effettivamente alla fascia pi� popolare dei telespettatori, declinando, nell�arco della giornata, linguaggi e profondit� di analisi diverse.

Giornalmente RAI Uno, per come � impostata, riesce a dedicare circa sette ore all�informazione popolare iniziando da Unomattina, che va dalle ore 6.30 fino alle ore 11.

PRESIDENTE. Quando parla di informazione popolare, fa riferimento al destinatario?

ANGELO TEODOLI, Vicedirettore vicario di RAI Uno. Faccio riferimento al destinatario, ma faccio riferimento soprattutto al linguaggio usato, che deve essere adatto alle fasce pi� deboli, quelle meno attrezzate per decodificare.

Questa decodificazione del linguaggio avviene attraverso trasmissioni differenti. Unomattina, per esempio, � dedicata ad una popolazione non attiva, quindi a persone anziane, casalinghe, eccetera. Pertanto  i temi vengono affrontati in modi e forme facilmente recepibili da parte di questo tipo di persone.

La stessa cosa avviene nelle trasmissioni pomeridiane, solo che in questo caso si va un po� pi� a fondo, passando da temi pi� ampi a temi pi� specifici. In queste trasmissioni viene sempre rappresentato sia il fatto, sia le azioni che si stanno compiendo per intervenire.

In seconda serata c��, invece, l�approfondimento politico che va pi� a fondo, a cominciare da Porta a porta.

Vorrei sottolineare il tema della differenza di linguaggi, che deve essere affrontato da un punto di vista razionale. Nella storia di RAI Uno c�� una costante attenzione verso l�emotivit�; c�� una rappresentazione della realt�, vissuta emotivamente, con una fornitura di elementi e di analisi non diretti e non razionali. Questo lo si fa attraverso le fiction, quasi tutte destinate a questo scopo.

Cito, ad esempio, la fiction Butta la luna, che sui temi dell�immigrazione e dell�integrazione sociale ha avuto un grandissimo successo ed ha usato un vettore emotivo e non un vettore razionale.

RAI Uno tiene conto di questi aspetti e ha ben presente che devono essere rappresentate le varie realt� per la lettura delle quali devono essere forniti gli elementi di decodifica e le informazioni su ci� che si sta facendo; a questo scopo usa tutti gli strumenti e tutti i linguaggi a disposizione.

PRESIDENTE. In questo quadro, le notizie sulla criminalit�, che posto hanno? Mi spiego meglio. C�� un�informazione che lei ha definito popolare: i fatti criminali hanno un peso pi� rilevante in quella fascia oraria rispetto ad altre?

ANGELO TEODOLI, Vicedirettore vicario di RAI Uno. I fatti criminali vengono trattati soprattutto in seconda serata, in termini di approfondimento. Vengono altres� trattati in maniera pi� popolare attraverso trasmissioni come la Vita in diretta,programma che nasce proprio con questa dimensione. In tale trasmissione, si va sul territorio, si contattano direttamente le associazioni locali, le persone coinvolte in fatti di cronaca, ma - contemporaneamente - viene sempre presentata la parte istituzionale. Possiamo dire che la criminalit� in senso puro viene trattata, in particolare, nella fascia di seconda serata con un linguaggio adeguato.

GIOVANNI BECHELLONI, Professore ordinario di sociologia dei processi culturali e comunicativi della facolt� di scienze politiche presso l�Universit� di Firenze. Sono Giovanni Bechelloni dell�Universit� di Firenze. Vorrei svolgere qualche osservazione sulla base della mia attivit�, nell�ambito di un programma di ricerca che dura da circa dieci anni, in qualit� di osservatore sistematico della stampa, nonch� della fiction televisiva italiana. In particolare, seguo tutte le fiction connesse con la Polizia e la criminalit� in genere.

Il primo aspetto che colpisce l�osservatore � l�idea, presentata poco fa, dello �specchio della realt�. Pensare che la televisione italiana rispecchi la realt� � gi� di per s� una deformazione sistematica, perch� essa � un�interpretazione della realt�. Dobbiamo quindi capire quale interpretazione della realt� fornisce RAI Uno, in questo caso. Si tratta di un�interpretazione della realt� che parte da una sottovalutazione sistematica della capacit� dell�audiencedi cogliere il senso del mondo nel quale i telespettatori vivono. Il fatto che essi siano anziani non significa che rimangono chiusi in casa a guardare la televisione e che non siano in grado di interpretare.

Faccio solo un esempio facilmente constatabile: viaggiando nei Paesi del nord Europa e del nord America � molto raro trovare un utilizzo sistematico di porte blindate, serrature doppie o altri congegni di sicurezza, cosa che invece si riscontra nelle case di quasi tutti gli italiani. Nel nord-est del Paese, in Veneto in particolare, questo fenomeno � ancora pi� evidente. Cosa rappresenta ci� se non la percezione dell�insicurezza che porta a difendersi in qualche modo?  La prima questione, dunque, � che esiste una sottovalutazione sistematica nella stampa, nei media, nella scuola, tra gli intellettuali e tra i politici italiani, di quella che io potrei chiamare la �piccola criminalit�, ovvero la criminalit� quotidiana, la criminalit� dei giovanissimi, quello che noi sociologi interpretiamo come la �carriera delinquenziale�.

L�attenzione alla piccola criminalit� investe alcuni aspetti molto rilevanti. Innanzitutto, la grande criminalit� non riuscirebbe ad essere cos� efficace se non ci fosse la piccola criminalit�. Tuttavia questo discorso non vale solo per la grande criminalit�, ma anche per la normale criminalit�, visto e considerato che in ogni societ� esistono criminali che diventano professionisti attraverso una regolare carriera, un cursus honorum, un �corso di studi� specifico.

Anni fa ho svolto una ricerca sistematica a Napoli per cercare di capire il motivo di una cos� ampia evasione dall�obbligo scolastico. Ho iniziato questo lavoro con idee molto ingenue, tuttavia procedendo con la ricerca mi sono accorto che il motivo principale era legato al fatto che ai giovani si prospettavano due distinte carriere, la prima delle quali - quella per i giovani intraprendenti, ambiziosi e pieni di aspirazioni - era costituita dall�imparare a fare il delinquente andando a scuola dalla camorra, naturalmente con tutta una serie di vantaggi (risorse economiche, onore, ammirazione e prestigio sociale) a fronte di rischi molto elevati (l�essere feriti o ammazzati). Dalla ricerca risult� che erano pi� numerosi quelli che intraprendevano questa carriera, piuttosto che quelli che preferivano andare a scuola, i quali erano considerati persone modeste.

L�aspetto della carriera, nell�ambito della criminalit� viene sistematicamente sottovalutato, come se fare il criminale fosse un�eccezione, una cosa rara. Questo concetto non viene percepito sui mediaitaliani.

Si � parlato molto di �tolleranza zero�; tuttavia tale espressione � una deformazione mediatica, perch� �tolleranza zero� significa individuare precocemente delle persone che commettono atti devianti non con l�idea che tutti coloro che precocemente commettono atti devianti diverranno criminali, ma con l�idea che non � possibile che si diventi criminale senza aver percorso questo cursus honorum. Se si cominciassero a schedare coloro che scrivono sui muri, avremmo un universo di persone tra le quali si troveranno quelle che in un secondo momento, ad esempio, spacceranno.

A questo si lega, poi, l�uso della parola �tollerante� in senso opposto. Si � molto tolleranti per una serie di atti devianti maggiormente percepiti dalla popolazione, quelli commessi sugli autobus, sui treni, nelle stazioni e, in genere, in tutti i luoghi che le persone normalmente frequentano.

Leggendo i resoconti delle precedenti audizioni della Commissione, mi � sembrato di capire che si sia fatta strada l�idea che i giovani sono tolleranti e i vecchi sono invece intolleranti. Qualcuno, per�, vi avr� pur segnalato che una citt� sporca, una citt� piena di scritte sui muri, una citt� dove di notte si trovano tanti luoghi di spaccio non � normale, non rappresenta ci� che � dato vedere regolarmente in Europa.

Cito un esempio recente di quel senso del �politicamente corretto� che ha causato un vero e proprio pasticcio: come mai ad un certo punto abbiamo smesso di utilizzare nei media la parola�zingaro�? Perch� era una parola in qualche modo offensiva.

Per molti anni ho seguito gli assistenti sociali che facevano tesi sugli zingari con uno sguardo di grande simpatia nei loro riguardi che allora non riuscivo a capire, ma che invece si pu� ben capire se si considera che pi� zingari ci sono, pi� zingari fanno rumore e pi� posti di lavoro si creano per gli assistenti sociali; quindi il loro atteggiamento positivo era anche legato a questo.

Ora, per�, la parola �zingaro� non viene pi� utilizzata, si � cominciato ad utilizzare la parola �rom�, sapendo bene - trattandosi di giornalisti tale consapevolezza dovrebbe almeno essere presupposta  - che la parola �rom� si applica non solo ai rumeni, ma a tanti diversi tipi di zingari provenienti da diversi Paesi europei. Utilizzando, per�, sempre la parola �rom�, spesso associata ai rumeni, si � creata l�idea che i rumeni sono tutti zingari, ladri e banditi, con i risultati che abbiamo visto.

C��, per�, oltre a questo atteggiamento �politicamente corretto�, anche un atteggiamento per cos� dire di �buonismo�,che porta a stravolgimenti lessicali incredibili. Qualcuno di voi, forse, avr� percepito che la prima notizia che il TG1 della RAI ha dato della tremenda strage perpetrata dai calabresi in Germania era che essa era dovuta al fatto che le famiglie erano in lite fra loro per �futili motivi�. Personalmente, a me sembra impossibile la sola idea che nel principale Telegiornale italiano, un giornalista ignori l�esistenza della �ndrangheta o ignori l�esistenza della �ndrangheta in Germania - che � una delle �capitali� della �ndrangheta -, e scambi le vicende collegate ad una delle organizzazioni criminali pi� potenti d�Italia con delle liti di famiglia.

Anche senza bisogno di pensare alla �ndrangheta,avete mai conosciuto delle famiglie calabresi che litigano per futili motivi? Io ho una moglie calabrese e mio figlio ha una moglie calabrese.

Affermare che ci si mette a litigare e che si pu� ammazzare per futili motivi � paragonabile a chiedersi perch� un marito che ha ucciso la moglie dalla quale � stato tradito, lo abbia fatto. Sono cose che sono sempre accadute. Come si pu� far apparire queste vicende come eccezioni?

C��, poi, una confusione lessicale paurosa. Spesso non si conosce la lingua italiana e le parole vengono utilizzate senza cognizione. Pensiamo per esempio alla mania di utilizzare la parola �vola�. Quante cose �volano�! Basta lo zero virgola qualcosa, che la percentuale�vola�. La parola �vola� dovrebbe avere una connotazione positiva e si dovrebbe usare per un fenomeno positivo. Invece, nei nostri media viene usata sia con connotazione positiva che con una negativa e si �vola� per un niente. Come � possibile?

Ci sono ignoranza, superficialit�, leggerezza, ideologismo, sottovalutazione, troppa precipitazione, pigrizia e scarsa considerazione per l�audience.

C��, per�, un�altra questione che mi colpisce. Posso capire che all�estero, dove c�� un atteggiamento e un�immagine negativa dell�Italia, venga utilizzata in modo sconsiderato la parola �mafia� per definire qualunque fenomeno delinquenziale nel mondo: mafia cinese, mafia giapponese, mafia russa eccetera. � inaccettabile, per�, che in Italia utilizziamo sistematicamente la parola �mafia�, senza quasi mai utilizzare la parola�criminalit� o �delinquenza�, che sono parole specifiche. In questo modo confondiamo con il termine �mafia� qualsiasi forma di urbanizzazione delinquenziale.

Noi abbiamo quattro regioni dove ci sono quattro diverse organizzazioni criminali tradizionali, ognuna delle quali d� vita a forme molto forti di delinquenza: infatti in Sicilia, in Calabria, in Puglia e soprattutto in Campania, vi � bisogno di un controllo del territorio del tutto particolare.

Ho insegnato per dieci anni a Napoli e sono stato amico e collaboratore di Pino Arlacchi che si occupava di questo fenomeno. Non potr� mai dimenticare una lunga nottata passata nella sede della Legione della Guardia di finanza di Napoli, allora comandata da un amico del mio paese, il quale mi chiese di partecipare ad una cena per cercare di capire cosa si potesse fare per contrastare una situazione che vedeva un servitore dello Stato in divisa impossibilitato ad entrare in una grande quantit� di territori, perch�, qualora l�avesse fatto, sarebbe stato ucciso.

Quando poi succedono fatti come quelli di questi giorni, non riusciamo nemmeno a raccontare che cosa accade. � profondamente scorretto usare la parola �mafia� per definire qualsiasi fenomeno delinquenziale: non c�� nessuna regola deontologica che obblighi i giornalisti ad utilizzare indifferentemente la parola �mafia�, confondendo i diversi fenomeni.

Da un lato, quindi, c�� questa sottovalutazione sistematica della normalit� della  delinquenza, quasi che la delinquenza non esistesse come fenomeno normale; dall�altro, c�� l�esaltazione della notizia eccezionale, che qualche volta � realmente eccezionale e - come tale - merita l�accensione di tutti i riflettori. In genere, quando la notizia � realmente eccezionale non produce nelle persone un sentimento di insicurezza, perch� l�idea che ci sia un delinquente talmente incallito e talmente diverso da tutti gli altri che viene catturato e individuato rassicura la gente.

Il problema � che la categoria dell�eccezionalit� viene attribuita impropriamente a qualsiasi fenomeno, sia esso delinquenziale oppure no e a qualsiasi infrazione delle regole, perch� si pensa che questo possa interessare il pubblico. Certo, il pubblico s�interessa della madre che ammazza il proprio figlio, per� l�idea che si � oggi diffusa, per cui in Italia ci sarebbero tante madri che ammazzano i bambini, mi sembra infondata. Quale specchio della realt� ci pu� portare a questo?

Si crea, allora, una sorta di bipolarismo: da un lato una normalit� che non viene raccontata e che tuttavia i cittadini, le persone e l�audience conoscono poich� ci vivono in mezzo e dall�altro, invece...

PRESIDENTE. Mi scusi, professore, dovrebbe concludere il suo intervento.

GIOVANNI BECHELLONI, Professore ordinario di sociologia dei processi culturali e comunicativi della facolt� di scienze politiche presso l�Universit� di Firenze. Chiudo affrontando altri due punti molto brevemente.

I cittadini vorrebbero percepire l�azione di contrasto da parte delle Forze dell�ordine, ma ci� non avviene nemmeno attraverso le fiction televisive. Ci� risulta evidente facendo un raffronto con le serie americane, dove si ha la percezione della professionalit� e della determinazione; mentre da noi, ogni serie televisiva avente come protagonisti poliziotti, carabinieri e guardie di finanza, pur essendo gestita e realizzata dal punto di vista delle Forze dell�ordine, tuttavia, rivela divagazioni private, storie personali, inefficienze. Ci� che lo spettatore coglie porta dunque a considerare che � ben difficile che esse compiano un�efficace azione di contrasto, anche se la storia dimostra che alla fine ci riescono.

L�azione di contrasto alla delinquenza, quindi, non � percepibile, n� dalle news, n� dalla fiction, ma soprattutto non � percepibile andando in giro. Quando mai si vedono persone in divisa sui treni, nelle stazioni o per le strade?

La gente sa che non ci sono soldi per girare con le macchine di notte e che non ci sono soldi per pagare i poliziotti e i carabinieri. Ci� rende i cittadini consapevoli di essere relativamente indifesi, come abbiamo visto nei casi napoletani.

EMILIO FEDE, Direttore del TG4. Non so se ho ben capito quello che ha ora detto il professor Bechelloni. Non ho capito, cio�, se siamo venuti qui per avere un�autorevole lezione di giornalismo riguardo ai termini che usiamo e su come li usiamo. Purtroppo, il mio percorso professionale televisivo � di appena 45 anni, dei quali oltre 25 trascorsi in RAI e altri 20 in Mediaset.

Chiedo scusa al professor Bechelloni, ma indicarci il modo con cui dobbiamo comportarci e persino le parole che dobbiamo usare mi preoccupa. Quello che per� mi preoccupa ancora di pi�, in tutta questa vicenda, � che per raccontare e per dimostrare come i telegiornalisti non siano capaci nemmeno di raccontare le cose - e qui la realt� supera l�immaginazione - ci si debba affidare a questa sorta di sondaggi, di lezioni di vita e di lessico.

La realt� � quella che �. Non � vero che si racconta tutto in chiave tale da dimostrare che non siamo protetti; per quanto riguarda il mio telegiornale - in passato mi sono permesso di dirigere anche il TG1 - non � cos�. Dico questo perch� posso vantare un�esperienza di 45 anni di cronaca televisiva, oltre agli anni lavorati nel settore della carta stampata.

Il problema � che oggi ci confrontiamo con la distinzione tra rom, zingari e altre distinzioni. Addirittura si pensa,  secondo quanto diceva prima il professor Bechelloni, che una parola come �mafia� non dovrebbe essere usata, come se usandola si volesse nascondere la realt� della mafia. Tuttavia dovremmo parlare di mafia, rispetto a una tragedia cos� grande come quella della strage di Duisburg, anche se poi - all�origine - c�� un motivo futile, poich� la strage in Germania � stata scatenata da un problema di risse familiari.

Sono molto contento di essere qui ed ho accettato con gioia l�invito del presidente Violante - che conosco da tanti anni -soprattutto perch� incontro tanti colleghi. Francamente, per�, pensavo che si affrontassero problemi diversi.

Quanto alla Polizia e alle Forze dell�ordine, chi non le difende? Quanto a volere che siano pi� forti affinch� diano sicurezza ai cittadini, chi non lo afferma? Purtroppo, per�, la condizione delle Forze dell�ordine � quella che conosciamo. Se, giustamente, un Parlamento autorevole come il nostro si occupasse anche di gratificarle economicamente, forse ci sarebbero pi� mezzi e condizioni materiali per consentire loro di svolgere al meglio il proprio lavoro. Personalmente sono tutelato da un appuntato dei carabinieri che percorre 70 chilometri ogni volta per muoversi tra Milano e Pavia, e guadagna -con due figli - 1200 euro al mese.

Credo che forse, al di l� di come usiamo i termini, dovremmo capire che occorre migliorare le condizioni delle Forze dell�ordine e che il Parlamento - al di l� delle parti e dei partiti - dovrebbe aiutarle ad avere maggiori garanzie.

Quanto al modo in cui noi raccontiamo la vita, consentiteci - qui ci sono molti miei colleghi autorevoli - di farlo come riteniamo di doverlo fare perch� siamo molto sicuri di averlo fatto sempre con grande onest�.

PRESIDENTE. L�onest� professionale non �, naturalmente, in discussione.

Ci interessa sapere, piuttosto, se ritenga vera l�esistenza di un rapporto - che abbiamo colto sinora - tra informazione e sentimento di insicurezza, intendendo con ci� che il modo in cui l�informazione � fornita fa crescere il sentimento di insicurezza in relazione ai dati della criminalit�, che per� sono sempre gli stessi (naturalmente questo � uno dei fattori e non certo l�unico). Intendo dire che ci sembra che uno dei fattori - non il solo, ripeto - che inducono questa crescita del senso di insicurezza � il modo in cui l�informazione � data. Vorremmo sapere se ci� vi risulti e se, come � stato detto, non viene dato sufficiente peso alle modalit� con le quali le Forze di polizia reagiscono al crimine.

EMILIO FEDE, Direttore del TG4. Quando arrivano dati ufficiali (dati Istat o altri), credo che tutti noi facciamo la medesima cosa: li mettiamo, cio�, in rapporto con la realt�; segnaliamo il confronto rispetto al passato, le preoccupazioni che possono nascerne, il calo o l�aumento della criminalit�. Su questo aspetto credo che l�informazione nei limiti del possibile - non possiamo certo truffare l�opinione pubblica - tenda a rassicurare (sto parlando non solo per quanto mi riguarda perch�, ovviamente, vedo anche gli altri telegiornali). Se ci sono dei dati tali da garantire alla gente che quanto � accaduto a Tor di Quinto potrebbe non accadere pi�, perch� sono stati rafforzati i controlli, noi lo comunichiamo. L�espressione �rafforzare i controlli�, per quel che mi riguarda, � quasi una parola d�ordine.

Per quanto riguarda la televisione - al di l� della ricerca dell�ascolto, al TG4 � proibito mostrare il sangue e la violenza in generale; l�informazione tende a raccontare la realt� sollecitando, attraverso di essa e non attraverso l�interpretazione dell�immaginario, a capire i problemi che ci sono per garantire la sicurezza e per fare in modo che lo sia maggiormente in futuro.

La gente ha bisogno di questo. Viviamo un momento particolarmente difficile (ne ho vissuti altri, gli anni della P2, quando ero il direttore del TG1) e la gente � preoccupata. Come si pu�, oggi, negare che la gente non solo � preoccupata, ma �  addirittura spaventata? Del resto, lo sappiamo benissimo, rom o zingari che siano, vi � un�invasione di immigrati. Io distinguo sempre tra coloro che sono necessari nel nostro Paese e coloro che, invece, alimentano la criminalit�.

Non c�� dubbio che lo spaccio di droga avvenga sotto gli occhi di tutti e che molti muoiano per droga; non c�� dubbio che le donne non possano uscire la sera serene: non accade mai, soprattutto nelle grandi citt�, che di notte la donna si senta sicura.

Raccontare tutto questo non vuole dire mettere un accento negativo su quello che le istituzioni fanno direttamente o indirettamente, ma soltanto sollecitarle a fare di pi�. Credo che questo sia un modo corretto di informare. Ve lo dice uno che ha alle spalle pi� di cinquanta anni di giornalismo.

FABRIZIO FERRAGNI, Vicedirettore del TG1. Sono qui in rappresentanza del dottor Gianni Riotta, direttore della testata, che per motivi personali non pu� essere presente.

Mi limiter� ad esporre, molto sinteticamente, il nostro criterio di racconto, considerato che sono presenti colleghi giornalisti parlamentari che potrebbero insegnarmi tante cose.

Per quanto ci riguarda, come TG1, non crediamo che vi sia una diretta correlazione tra la sicurezza percepita dai cittadini telespettatori e il racconto quotidiano che facciamo dell�Italia.

Mediamente, i fatti di cronaca nera rappresentano attualmente il 25-30 per cento dello spazio del nostro telegiornale (in media tre, quattro, in qualche caso cinque, servizi al giorno). Il criterio che seguiamo � essenzialmente quello di raccontare la societ� italiana.

� chiaro che - come tutti gli autorevoli colleghi qui presenti - anche noi verifichiamo come, nel conteggio che facciamo quotidianamente su determinati avvenimenti, aumenti o diminuisca l�indice di gradimento e di interesse dei telespettatori. Verifichiamo, quindi, come determinati fatti (quelli di Erba, Perugia, Garlasco, l�omicidio della signora Reggiani, il tifoso ucciso sull�autostrada) riscuotano effettivamente un interesse. Proprio percependo questo interesse, stiamo attenti a non cadere in un eccesso informativo debordando nella morbosit� del racconto.

Notiamo un forte intessere dei telespettatori a vedere raccontata la realt� per quella che �. Anche per questo motivo, negli ultimi anni, per raccontare gli avvenimenti, facciamo un maggiore ricorso alle telecamere nascoste. Ci siamo infatti resi conto che, andando a raccogliere interviste con una telecamera evidente otteniamo delle risposte di tipo opposto a quelle che otterremmo se lo facessimo con una telecamera nascosta nel bottone di una camicia, o nella stanghetta degli occhiali. Davanti alla telecamera, cio�, un commerciante, un cittadino ci raccontano un fatto; in un colloquio in cui non sanno di essere ripresi, ci raccontano una realt� opposta.

Ovviamente, quando poi dobbiamo raccontare e mettere in onda le immagini, seguiamo le norme della tutela della privacy, per cui cambiamo la voce e oscuriamo il volto della persona. Tuttavia, in questo modo offriamo l�esatta percezione del racconto.

Per certi avvenimenti, siamo in stretto rapporto anche con le Forze di polizia, per cui determinati racconti di cronaca sono anche il frutto di sollecitazioni che riceviamo. Penso ad esempio alle truffe agli anziani: alcuni servizi vengono mandati in onda proprio per mettere in guardia i cittadini da determinati rischi in cui possono incorrere.

Facciamo anche attenzione a raccontare delle storie positive, per esempio per quanto riguarda le estorsioni. Si tratta di una sorta di campagna che possiamo attuare presentando numerosi servizi su uno stesso argomento.

Il professore Bechelloni ci ha rimproverato in merito a una particolare notizia, che per� dovrei verificare, dato che abbiamo tante edizioni ogni giorno. Posso invece assicurare che, proprio ieri, il collega Brancatella, per il servizio su San Luca, ha ricevuto il premio�Corrado Alvaro� perch� ha svolto una cronaca non rituale, ma estremamente approfondita.

MAURO MAZZA, Direttore del TG2. Ringrazio il presidente per l�invito e per l�opportunit� di confronto, che � rara.

Dirigo il TG2 da quasi sei anni e devo dire che � un lavoro che consente pochissimo tempo alla riflessione. Esprimo, dunque, un ringraziamento sincero per l�opportunit� che ci � stata data di soffermarci, per qualche ora, a riflettere anche su ci� che realizziamo.

Ho potuto anche consultare, pur nel poco tempo a disposizione, il resoconto delle ultime audizioni svolte dalla Commissione nell�ambito dell�indagine conoscitiva e ho visto che alcuni degli esperti che avete ascoltato, marginalmente, hanno accennato anche alle colpe della televisione e del sistema di comunicazione nel determinare un allarme sociale eccessivo. Di questo ho sentito, poco fa, qualche eco anche nell�intervento del professore Bechelloni.

Rispetto alla realt� effettiva del problema, la dimensione oggettiva era stata definita non troppo preoccupante, o comunque stabile da molti anni. In particolare, mi ha colpito negativamente un concetto espresso dal professor Zevi, che, relativamente a certe vicende di cronaca nera, ha parlato di pratica di enfatizzazione da parte della comunicazione.

Il ragionamento del professor Zevi era pi� o meno il seguente: � un peccato che un grande lavoro �partecipato e coniugato, che mette assieme azione sociale, interventi urbanistici e repressione, rischi quotidianamente di essere compromesso da una comunicazione che enfatizza, travisa e moltiplica allarmi su fenomeni che invece sono stabili nel tempo�.

In discussione, probabilmente, c�� il ruolo assunto dai media. Su questo punto, cito, invece, il professore Martinotti - che � presente e che saluto -, il quale, nella sua precedente audizione, ha detto che la televisione svolge ormai un ruolo di �agor� del tinello�. Essa, in modo incolpevole, avrebbe, dunque, assunto un ruolo anche di supplenza, nei confronti di organismi, istituzioni, partiti e momenti di aggregazione sociale che sono ormai in crisi da anni.

Quanto all�osservazione precedente sulla pratica di enfatizzazione avanzata dal professor Zevi, vorrei offrire alla Commissione un momento di riflessione.

Da un lato, si chiede una televisione distinta e distante dalla politica, tutta denunce e inchieste, che funga da pungolo nei confronti di un Palazzo che non fa quanto � in suo dovere; dall�altro lato, si chiede ad essa di svolgere un ruolo di partecipazione e supporto, di amplificazione di interventi preventivi e repressivi che, ad essere sinceri, non ho colto appieno, nelle ultime recenti vicende. Mi riferisco al decreto sulla sicurezza: espulsioni decise e non realizzate, forma legislativa corretta in corsa, testo sbagliato che si lascia decadere per farne subito un altro.

Essere partecipi di un processo di azione coniugata, se � questo che ci si chiede, non � certo facile.

Non voglio fare un�autodifesa e confermo questo sforzo di sincerit�, ammettendo, tuttavia, la responsabilit� di chi svolge il mestiere del comunicatore. Mi riferisco ai telegiornali e, indirettamente, anche ai programmi di approfondimento (vi faceva riferimento poco fa l�amico Teodoli).

� vero, anche secondo me, che a volte vi � un eccesso di attenzione su alcune vicende, che finiscono per diventare paradigmi di una realt� che, invece, � molto pi� complicata dei nostri possibili stereotipi. Abbiamo le madri, i figli, i vicini di casa assassini, come nei casi di Cogne, Novi Ligure ed Erba.

Perch� tanta insistenza da parte nostra? Io credo -questa � un�ammissione, uno sforzo di sincerit� che compio - che la questione abbia a che fare con il problema, benedetto o maledetto, degli ascolti. Provo a spiegarmi meglio: chi dirige un quotidiano stampato si sforza anche di renderlo pi� bello e accattivante possibile in modo che chi si reca in edicola possa privilegiarlo rispetto agli altri. Chi dirige un telegiornale ha lo stesso problema, cio�, vuole e spera che quanti pi� telespettatori possibili guardino e scelgano quel telegiornale.

Ebbene, io non escludo che talune edizioni dei nostri telegiornali, soprattutto quelle che subiscono la concorrenza contemporanea di un altro telegiornale su un�altra emittente - immaginando che la concorrenza seguir� con molta attenzione certe vicende e che, quindi, sottovalutarle o metterle ai margini o nella parte bassa di un sommario possa favorire gli ascolti del telegiornale concorrente in quella edizione - possano modulare il sommario di quella edizione.

Cito esempi ancora pi� concreti e che conosco meglio poich� me ne occupo quotidianamente. Io constato ogni giorno che, mentre l�edizione serale del TG2, quella delle 20,30, essendo priva di concorrenza diretta ci consente una valutazione libera dei fatti e una scelta delle gerarchie delle notizie secondo il nostro libero giudizio, nell�edizione delle 13,00, invece, i fatti di cronaca trovano maggiore spazio, perch� a quell�ora va in onda il TG5.

PRESIDENTE. Quindi, la colpa � di Mimun?

CLEMENTE MIMUN, Direttore del TG5. Non � una novit�.

MAURO MAZZA, Direttore del TG2. Siamo direttori da diversi anni e queste cose ce le siamo dette gi� quando militavamo nella stessa azienda.

Proprio in un convegno che si svolse qui nel Palazzo di Montecitorio un paio di anni fa, per iniziativa del Ministero delle comunicazioni, ebbi modo di indicare non una possibile soluzione, ma una suggestione. Avevo infatti ipotizzato - ripeto che si trattava di una suggestione e non di una proposta - che i telegiornali fossero sottratti alla misurazione Auditel e che vi fosse una sorta di temporanea sospensione in modo da potere liberare i nostri telegiornali dal reciproco condizionamento oggettivo.

Mi pare che, per ragioni analoghe, lo stesso problema di concorrenza diretta e di ascolti (scelta dei temi, del modo di trattarli, del giorno in cui trattarli) l�abbiano anche i programmi di approfondimento di seconda serata (le trasmissioni di Mentana e di Vespa, tanto per uscire fuori di metafora ed evitare altre interpretazioni).

Vorrei ancora dire qualche parola sulla percezione della sicurezza e sul ruolo dell�informazione.

Io credo che la sicurezza sia stabilmente in cima alle preoccupazioni che si sono diffuse, a partire dall�11 settembre 2001, nella popolazione dell�Occidente. Certo, quella paura e quell�insicurezza ha a che fare con il timore pi� generale di essere abitanti di un mondo non pi� sicuro di fronte alla nuova minaccia del terrorismo internazionale. Credo anche che la paura specifica di poter subire personalmente un�azione di violenza - soprattutto nelle grandi citt� e in quelle periferie in gran misura abitate da immigrati, che in parte sono pienamente integrati, ma in parte sono ancora elementi che alimentano una presenza criminale probabilmente stabile nel tempo e tuttavia di segno diverso e che cambia continuamente negli ultimi anni -debba essere in qualche modo ricollegata a quella paura pi� generale.

Le citt� in cui viviamo sono cambiate nel tessuto pi� profondo. � significativo, a complicare ancora di pi� la situazione, che ad aver subito i maggiori mutamenti nel tessuto sociale, nell�identit� dei quartieri e delle periferie, siano le zone delle nostre citt� abitate gi� prima dai ceti pi� deboli e meno attrezzati ad affrontare e ad accogliere i diversi che vengono ad abitare quali nuovi vicini di casa. Diversamente accade per i ceti pi� abbienti e pi� attrezzati culturalmente, che abitano i centri storici o le periferie pi� elevate, i quali, per evidenti ragioni, si rendono impermeabili all�immigrazione, se non nelle sembianze delle babysitter o dei dog sitter, visibilmente stranieri.

Descrivere e raccontare questa realt� non � semplice. Chi lavora o chi si � dovuto recare, come a voi politici talvolta sar� capitato, nella sede RAI di Saxa Rubra sa bene cosa voglio dire.

Lungo la Via Flaminia, oltre ai campi nomadi e agli agglomerati comunque inquietanti  gi� all�impatto, vivono - se cos� si pu� dire - fantasmi che al tramonto scendono dagli autobus e che vediamo sparire a distanza sotto un ponte, lungo gli argini del Tevere. Costoro vivono in un inferno a due passi da noi.

Il problema - e, con la mia riflessione, torno da dove sono partito - non � l�enfasi posta, ad esempio, dopo l�aggressione omicida alla signora Reggiani, nel viottolo buio di Tor di Quinto. Al contrario � l�omissione commessa precedentemente, quando abbiamo voltato la testa dall�altra parte come cittadini, prima ancora che come giornalisti. La nostra testata ha fatto quel che doveva: inchieste e viaggi in questo disagio degli italiani, dei romani e degli immigrati clandestini che vivono questa vita subumana. Evidentemente, per�, non � stato abbastanza.

Ringrazio la Commissione, in particolare per questa occasione di incontro cos� diversa e non abituale per noi che, in genere, dai politici riceviamo sollecitazioni per dare risalto e attenzione a questa o a quella dichiarazione, a questa o a quella iniziativa, ma mai per chiederci cosa ne pensiamo.

STEFANO ROLANDO,Professore associato di teoria e tecniche della comunicazione pubblica presso l�Universit� IULM di Milano. L�esperienza che noi tutti abbiamo dei convegni su questa materia ci suggerisce che, di solito, si comincia scaricando la colpa: si usa dire che � tutta colpa dei media, che � tutta colpa della politica; adesso diremo anche che � tutta colpa dell�universit�. Insomma, si trasferiscono le colpe da un fronte all�altro.

Io vorrei, invece, provare ad introdurre qualche elemento strutturale nel dialogo che c�� stato fino ad adesso.

Lei sa, signor presidente, che mi sta a cuore lo sviluppo della comunicazione istituzionale. Comincerei, quindi, con il leggerle queste due righe che ho trovato su il Sole-24 Ore di ieri. Il capo della direzione distrettuale antimafia di Napoli, il dottor Franco Roberti, in una intervista, ha dichiarato: �� necessario uno sforzo supremo a monte di ogni misura di polizia, per creare un rapporto comunicativo tra le istituzioni e le collettivit�. La gente non capisce pi� nulla e si sta generando un rigetto della politica�.

L�essere state chiamate in causa le istituzioni da parte di un uomo delle istituzioni stesse, tiene certo conto della centralit� del sistema dei media, ma tiene conto anche della capacit� del sistema istituzionale di rappresentarsi, di raccontarsi e di rappresentare i problemi.

Anche io, come il direttore Mazza, sono andato a vedere i resoconti delle audizioni precedenti. Si tratta di 272 pagine, un materiale straordinario secondo me. � vero che c�� qualche accenno al problema di come i media trattano la questione, ma non c�� mai un cenno, anche da parte di personalit� istituzionali che ci sono state maestre nella comunicazione delle istituzioni, alla responsabilit� delle istituzioni nel far fronte a questa domanda di chiarimento, di spiegazione e a questa capacit� delle istituzioni di stare - rispetto ai cittadini - in condizioni di accompagnamento.

Ora, il dato strutturale � evidente. I media- oggi sono qui rappresentati i media televisivi, ma poi ci sono anche imedia della stampa - affrontano quotidianamente un �flottante notiziabile� cio� una massa pari a circa 5 mila notizie al giorno. Si tratta non di notizie inventate, ma di notizie reali che arrivano sui tavoli delle redazioni.

Legittimamente, dunque, il sistema professionale dell�informazione svolge un ruolo altamente selettivo perch�, il giorno dopo, in un giornale ci sono cinquecento notizie e un sistema di telegiornali al giorno pu� trattare il 10 per cento delle notizie che circolano.

La colpa di questa durissima selezione non pu� essere addossata ai professionisti perch� il criterio invalso nel mondo delle libert� di pubblicare e selezionare � rappresentato dalla maledetta espressione �far notizia�. Prima il direttore Mazza l�ha espressa in un certo modo rispetto al problema dell�audience; la vecchia diceria � che non fa notizia il cane che morde l�uomo, ma l�uomo che morde il cane.

Senza entrare nel merito, � evidente che il criterio con cui si seleziona (nove si scartano, uno si tiene) ruota tendenzialmente attorno al privilegio della patologia. La fisiologia, infatti, non fa notizia.

Su questo punto dobbiamo essere onesti: se la stampa non viene acquistata in edicola e se i media non vengono ascoltati in televisione allora essi diventano dei centri di assistenza. La libert� dell�informazione si basa anche sul principio che la stampa viene acquistata dall�utente. Di conseguenza, in un sistema di libert�, questa partita drammatica va un po� accettata. Tuttavia, proprio perch� va accettata, va ricondotta ad una responsabilit� di percorsi paralleli, alternativi, collaterali e responsabili delle istituzioni per affrontare il bisogno che la gente indica in questo modo drammatico.

� stata posta la domanda se i media rappresentano la realt� in maniera opposta rispetto a come ce l�aspettiamo. Ho qui i risultati di una ricerca del Ministero dell�interno sul sentimento di paura e di insicurezza che i cittadini avvertono, presentata l�11 ottobre scorso dal Ministro Amato e dal sottosegretario Lucidi.

Verifichiamo se, andando a sentire i cittadini, il dato � cos� diverso da come lo raccontano i media. Noi diciamo che, proprio perch� devono selezionare le situazioni di patologia, proprio perch� � questa che fa notizia, i media ingenerano un eccesso di sentimento di insicurezza. Il dato demoscopico dimostra che il sentimento di paura � dichiarato dal 3,5 per cento dei cittadini, quello di diffidenza dal 5,9 per cento, quello di disagio dal 2,9 per cento, quello di insicurezza dal 2,7 per cento, quello di rabbia dal 2,6 per cento, mentre il 9,3 per cento esprime una generica preoccupazione.

Per converso, la stessa ricerca del Ministero dell�interno dice che, parlando di immigrati, il 19,6 per cento esprime comprensione, il 12 per cento disponibilit�, l�8,9 per cento solidariet�, il 10 per cento compassione. La realt�, evidentemente, non rovescia nettamente la fotografia dei media, ma la rende molto pi� complessa, interessante e pi� adatta ad agire responsabilmente con percorsi paralleli a quelli del trattamento dei media.

Mi consenta, presidente, una battuta di esperienza. Nel 1999 - allora era ministro dell�interno l�onorevole Jervolino - fui incaricato di svolgere un�analisi in quel ministero sul perch�, nonostante la stampa internazionale segnalasse una diminuzione degli elementi di criminalit�, il sentimento dell�opinione pubblica italiana percepisse, invece, la criminalit� come crescente. Interrogai tutti i direttori generali del Ministero dell�interno ed ebbi un lunghissimo incontro con il prefetto Masone, capo del dipartimento della Polizia di Stato. Non ricordo esattamente la cifra, ma dovete calcolare che la stragrande maggioranza dello spending di comunicazione di quel ministero era destinato al dipartimento di PS, perch� si dichiarava che l� era la domanda dei media e che era quella che andava fronteggiata.

Lo sforzo, in quell�occasione, sarebbe stato quello di ricondurre una parte delle risorse, delle riflessioni, delle energie e della progettazione verso la capacit� di comunicare del ministero cosiddetto civile -il ministero dei prefetti - quello che, indipendentemente dal trattamento dei media,sta sulla vita fisiologica degli italiani.

Diciamo la verit�: oggi Internet - anche se riguarda solo un quarto dell�opinione pubblica, permette comunque un po� di �disintermediazione�. Le istituzioni che stanno capillarmente sul territorio possono agire in maniera �disintermediata� dall�importanza del sistema dei media. Allora, assumersi nel suo insieme la responsabilit� di cercare percorsi nella fisiologia - e questo non vuol dire propaganda - per un accompagnamento che non riguardi solo il trattamento della patologia � un gigantesco problema delle istituzioni, dichiarato dai funzionari e da chi sta sul campo.

L�impressione, per farla breve, � che se le istituzioni italiane vengono in questa Commissione per un anno e non citano mai questo problema, non raccontano mai questa responsabilit�, non dicono mai con  quale criterio (se con una legge oppure no, se con risorse a disposizione o meno) intendano procedere, indipendentemente dal criterio con cui i giornalisti vivono il loro principio deontologico, assumendosi la responsabilit� di dare accompagnamento al cittadino - questo pu� essere fatto in mille altre forme e non � questo il caso di indagare - allora siamo di fronte ad un problema nuovo.

Questo � il nucleo principale dei temi che, mettendo l�accento sulla necessit� che ci sia un po� di verit� responsabilizzante trasferita ai cittadini, tutta l�Europa tratta; penso agli inglesi, che hanno una domanda sociale di sicurezza diffusa. Il cittadino inglese vuole sapere dalle istituzioni come spendano i soldi per garantire la sicurezza e considera questa un�informazione importante per la sua vita.

Da noi, invece, � invalsa da decenni l�idea che le forze armate vengano in Parlamento a chiedere fondi di bilancio raccontando di svolgere azioni diverse da quelle che loro competerebbero perch� se raccontano che servono ad accompagnare le vecchiette ad attraversare la strada, a spalare la neve o a rimuovere le macerie di un terremoto, ottengono le risorse pi� facilmente che se dicono semplicemente che si devono armare fino ai denti per difendere il cittadino.

Vi � un�anomalia nel sistema istituzionale italiano secondo la quale � meglio tenere bassa la consapevolezza dei cittadini. Cito un caso per tutti: io ho vissuto con molto dispiacere l�introduzione dell�euro perch� � stata trattata dalle istituzioni italiane come un gioco. C�era un giocattolo - lo si vedeva in televisione - che calcolava un cambio di parit� che gli italiani dovevano comprendere, ma non c�era nessun elemento di responsabilizzazione sulle conseguenze importanti dell�introduzione dell�euro. I tedeschi, che invece hanno avuto un�informazione di questo genere, si sono armati socialmente per contrastare l�aumento dei prezzi. La conseguenza � stata che gli italiani hanno conosciuto tre aumenti dei prezzi di corsa, senza accorgersene; quando, poi, i prezzi - in maniera punitiva - sono stati nuovamente stabilizzati oramai non c�era pi� niente da fare.

PRESIDENTE. L�onorevole Santelli ha chiesto di poter intervenire. Naturalmente, invito i colleghi deputati, se vogliono, a fare lo stesso.

JOLE SANTELLI. Poich� come cittadina preferisco che ci sia una cronaca reale piuttosto che dieci minuti - in vecchio stile - di politica che non interessano a nessuno, vorrei capire, specialmente dai direttori dei telegiornali, se la cronaca, che � poi lo specchio della vita di ciascuno, sia effettivamente inserita spesso come prima notizia perch� questo trova gradimento nella gente e, quindi, fa in modo che vi sia un maggiore interesse sul telegiornale in termini di Auditel.

Vorrei poi sapere quanto impegno venga profuso sui reportagespecifici, al di l� del caso concreto. Prima il direttore Mazza parlava del�caso Roma�; noi abbiamo sentito parlare a lungo del �modello Roma�, ma dopo l�omicidio di Ponte Milvio abbiamo scoperto che in realt� la situazione della vita reale delle persone in questa citt� era ben diversa. Il �caso Napoli� ci riporta ad una situazione da terzo mondo, che forse non tutti conoscevano in Italia.

Dunque, in primo luogo, vorrei capire qualcosa di pi� sull�importanza reale della cronaca, in relazione ad un nuovo o a un rinnovato interesse della gente a sentir parlare dei propri problemi; in secondo luogo vorrei sapere che impegno ci sia sui reportage che prescindono dall�episodio e dalle notizie del giorno.

CLEMENTE MIMUN, Direttore del TG5. Premesso che sono qui per rispetto nei confronti dell�Istituzione e dell�amico Luciano Violante che ci ha chiamati personalmente, vorrei sottolineare che ho avuto qualche sussulto quando ho letto le ragioni della convocazione.

Mi sono infatti domandato: se un paio di anni fa, durante un Governo di centrodestra, da un presidente di Commissione  di centrodestra fosse stata condotta una audizione sull�incidenza del sistema dell�informazione e della comunicazione -con particolare riguardo al modo con cui essa sceglie e presenta le notizie nel formarsi e nel diffondersi dell�opinione condivisa sul grado di sicurezza di una comunit� - il presidente del sindacato di tutti i giornalisti italiani avrebbe trovato questa iniziativa migliore o avrebbe immaginato qualcosa di veramente pericoloso? Qualche decennio fa, ragionare in merito a quali parole usare e quali argomenti inserire o meno nei giornali era un�abitudine. Ci� tuttavia non giov� molto al nostro Paese, anzi ci garant� un triste ventennio.

Vorrei innanzitutto formulare alcune domande sull�intervento del professor Stefano Rolando riguardo alle responsabilit� delle Forze dell�ordine e del ministero rispetto al modo in cui si comunica. Credete che sarebbe stato possibile evitare le violenze esplose dopo la morte di Gabriele Sandri se dalla questura di Arezzo fosse arrivata un�informazione pertinente, precisa e puntuale? Quello che � successo a Roma con l�assalto alle caserme, cosa mai accaduta prima, � stato il piano di un gruppo di fascisti - o di chiss� chi altri - radunatisi qualche notte prima? Io dico che, in quel caso, � stato perpetrato un disastro e noi tutti abbiamo dato le notizie minuto per minuto. Sono sempre dell�idea che spesso le cose accadono per caso e che non c�� quasi mai un �grande vecchio� a monte che organizza. Provate, per�, a immaginare il blackoutche ha provocato l�informazione arrivata da Arezzo. Mi permetto di dire che, a mio avviso, quel caso � molto pi� importante - mi perdoni l�amico Luciano Violante - di quanto non lo sia la percezione e vi spiego il perch�.

Le statistiche sono sicuramente molto interessanti e noi diamo conto periodicamente dei dati dell�Istat e del Censis. Ricordo che anni fa, quando ancora esisteva il glorioso Partito comunista di via delle Botteghe Oscure, il senatore Pecchioli forniva un rapporto mensile sull�ordine pubblico, che era addirittura pi� preciso di quello del Ministero dell�interno.

Non siamo mai venuti a conoscenza di una smentita delle informazioni da lui date. In esso venivano date informazioni precise sul numero di incendi, di attentati terroristici e di vittime per questo o quel motivo. Chi faceva politica e si occupava di queste cose sapeva che il suo rapporto era un riferimento attendibile.

Tuttavia, una cosa sono i dati dell�Istat e del Censis, altra cosa � raccontare quotidianamente la cronaca. Questa parla un linguaggio crudo e vede un ripetersi di episodi gravissimi che si aggiungono ai mille aspetti negativi della vita della nostra societ� e, tutti insieme, generano preoccupazioni e incertezza. D�altra parte � stato ricordato, anche in questa sede, che l�Italia ha quattro regioni - se non cinque, poich� anche la Basilicata � avviata su questa strada - controllate o, comunque, preda della criminalit� organizzata.

Gli effetti devastanti della morte della povera signora Reggiani ed altri episodi analoghi, sono il frutto dei nostri racconti, oppure sono stati atti commessi da criminali? � in Italia che i prezzi di carburanti, pane, latte, pasta e caff� stanno aumentando a livelli intollerabili? � in Italia che il potere d�acquisto dei salari diminuisce progressivamente? � l�OCSE a dire che l�Italia ha insegnanti e studenti assolutamente impreparati? Abbiamo inventato noi che, in un recente concorso per magistrati, non si � potuto coprire l�organico perch� nei test sono stati riscontrati errori di grammatica e di ortografia commessi dai candidati?

� vero o non � vero che la Spagna ci affianca tra i Paesi pi� industrializzati del mondo e il Portogallo ha messo la freccia, oppure � una nostra invenzione? Siamo noi - il New York Times o il Times- a descrivere l�Italia come un Paese in declino oppure � tutta la stampa internazionale che ci bacchetta quotidianamente?

Quello che sta accadendo a Napoli e in Campania, mostrando un Paese sommerso e sepolto dall�immondizia, � frutto di disinformatiao di inettitudine delle istituzioni? � vero o no - questa classifica  piace molto ad una parte politica - che siamo ai vertici, o quasi, dei Paesi pi� corrotti del mondo?

Infine, se tutto questo � vero - come purtroppo lo � - convocare i direttori dei telegiornali per tentare di dimostrare che la percezione di insicurezza degli italiani deriva dal nostro modo di informare ci fa salire, forse, anche in un�altra classifica, anche questa gradita a molti settori della vita politica italiana: quella della libert� di stampa, nella quale risultiamo ultimi.

PRESIDENTE. Il problema per noi � il contrario. Fino ad ora, � stato detto che � responsabilit� degli organi di informazione se esiste un diffuso senso di insicurezza.

L�audizione di oggi serve a farci capire la cosa opposta; se non vi avessimo ascoltati, avremmo scritto una sciocchezza, ovvero che uno dei fattori che generano insicurezza � il modo in cui gli organi di informazione riferiscono sulla criminalit�. Avervi ascoltati ci sta facendo capire che non � cos�, anche se non � detto che riusciremo nel nostro intento.

CLEMENTE MIMUN, Direttore del TG5. Mi permetto di ribadire che, se questa convocazione fosse avvenuta due anni fa, non escludo che il mio amico Roberto Natale si sarebbe allarmato.

Vorrei chiedere al mio amico Gambescia, se � d�accordo a riferire in questa sede - se non lo mette in imbarazzo - le cose che ci siamo detti in ascensore. Secondo me questa convocazione � irrituale.

Io capisco che, a seconda dei periodi, pu� anche darsi che il sindacato cambi idea per cui se questa convocazione fosse avvenuta con Pisanu presidente della Commissione affari costituzionali e Berlusconi Presidente del Consiglio avremmo avuto qualche riserva, mentre adesso ci sembra normale. Ma non � cos�. Durante gli anni in cui dirigevo i telegiornali alla RAI, ci si lamentava perch� davamo un quadro troppo elegiaco della situazione in Italia, dove pareva che andasse tutto bene, anche se in realt� non � mai stato cos�. Io non voglio entrare nella polemica personale, di cui non mi importa nulla. Semplicemente, invito il mio amico Roberto Natale a riflettere.

L�ordine del giorno � molto chiaro. Il presidente Violante ha combattuto il terrorismo, ha alle spalle un passato straordinario e non ha bisogno di sentire me per capire che, in merito a certi fenomeni, non sono la stampa o la televisione che fanno la differenza nella percezione e nella preoccupazione della gente: basta uscire per le vie della citt�. Il presidente Violante abita a Torino, ma credo che venga spesso anche a Roma.

Non c�� bisogno di fare una tavola rotonda. Ripeto: secondo me � un fatto irrituale e chiedo a Gambescia se ritiene opportuno rendere pubblico il nostro scambio di opinioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola l�onorevole Incostante.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Intervengo brevemente per cercare di chiarire il senso dell�invito che, per conto di tutta la Commissione, avete ricevuto dal presidente e del lavoro che stiamo facendo da tempo. Il nostro intento non era n� quello di censurare la stampa, n� quello di mettere in discussione le modalit� con le quali voi fate informazione o di voler scaricare i temi della sicurezza sulle spalle dell�informazione.

Tuttavia, � davvero strano che, neppure in questa sede, riusciamo a portare avanti una discussione - perch� tale voleva essere -per comprendere certi fenomeni.

� dimostrato, da una serie di indagini scientifiche, che la percezione dell�insicurezza � addirittura slegata dall�andamento dei reati e dal loro numero. Rispetto ad alcune affermazioni qui fatte, secondo le quali l�informazione pu� in qualche modo acuire questo senso di insicurezza, vorremmo capire per quali motivi voi, che maneggiate l�informazione e fate parte del mondo dei media, ritenete che questa percezione sia non commisurata all�andamento dei reati.

Quale ruolo ha e pu� avere l�informazione? Come si pu� lavorare? Il professore  Stefano Rolando accennava al tema della comunicazione istituzionale per bilanciare, eventualmente, il tipo o i tipi di informazione.

La nostra voleva essere una occasione per ragionare insieme. Trovo un po� deludente che, in una sede istituzionale, dobbiamo dividerci anche su questo, rifugiandoci ognuno nella propria casamatta politica.

Mi aspetto di riuscire a ragionare insieme per interrogarci su questi fenomeni con l�ausilio della vostra competenza e del vostro contributo; credo che potremmo essere in grado di farlo.

ANTONIO MARANO, Direttore di RAI Due. Vorrei ribadire anche io quanto anticipato dai miei colleghi. Nella premessa che lei ha fatto durante l�introduzione � stato detto che la criminalit� in Italia - negli ultimi quindici anni - non � aumentata, ma sono aumentate la suggestione e la percezione di questo fenomeno.

Forse la risposta � che, in realt�, � aumentata la comunicazione. Se, con la memoria, torniamo a prima degli anni �80, possiamo ricordare che avevamo due reti con due telegiornali e i telespettatori avevano notizia della perpetrazione di un omicidio solo due volte in un giorno. Questo � un dato strategico perch�, oggi, la suggestione e la percezione nascono dalla quantit� di informazioni a disposizione del telespettatore, dal momento che una notizia viene ripetuta da otto o dieci reti, tra cui alcuni canali di RaiNews.

A mio avviso, questo � un dato positivo, perch� la quantit� di informazione che viene data oggi al telespettatore, alcuni anni fa non esisteva. Questo � anche un dato che pu� permettere la percezione.

Alcuni mesi fa, insieme ad altri direttori, sono stato convocato dal Consiglio di amministrazione perch� alcuni consiglieri avevano la percezione che in RAI si parlasse troppo di cronaca (aspetti riguardanti i casi di Garlasco, Cogne e via dicendo). In quell�occasione, ho fatto predisporre un documento sui programmi che la nostra rete trasmetteva al riguardo.

In merito a questo, dovremmo forse distinguere la diversit� del modello editoriale propria di ciascuna rete (ognuno diverso dagli altri) perch� altrimenti si avrebbe la percezione di un�informazione unitaria.

Dal documento di cui parlavo si evinceva che, su 200 argomenti (anoressia, tumori, emigranti, tabaccai vittime di racket, spaccio della droga, incidenti d�auto), neanche il 10 per cento della programmazione riguardava la cronaca nera. Eppure, molti consiglieri RAI avevano la percezione che l�informazione data nel corso dei nostri programmi riguardasse quel genere di notizie.

Faccio solo notare che abbiamo dedicato ben quattordici ore al lavoro dei militari all�estero - andando in Iraq e in Afghanistan - ma questo non � stato percepito. Mi chiedo se il problema di fondo non sia il fatto che la percezione nasce da un problema determinato dalla linea editoriale di ogni rete - cio� da quello che noi proponiamo singolarmente - o se invece non nasca proprio dal fatto che i telespettatori ricevono un�enorme quantit� di informazioni. Questo, per�, non lo considero assolutamente un aspetto negativo.

La percezione � determinata anche da come vengono posti gli argomenti. Quando, su RAI Due, Santoro fa il suo programma, ha un suo modo di proporre; Italia1 con Le Iene - anche questa � informazione - ha il suo modo di farlo. Sono due modi diversi, ma la percezione da parte del telespettatore non � di nostra competenza. Questa � infatti data da ci� che egli estrae dal suo modo di vivere.

Durante il servizio di un telegiornale, si diceva che - sebbene negli ultimi dieci anni non fosse aumentata la criminalit�, - un comune era rimasto con solo quattro volanti rispetto alle dieci di prima in servizio durante la notte. Questo dato, forse, non � una percezione, ma una certezza.

La RAI � un servizio pubblico; tocchiamo molti argomenti sociali di costume anche in senso positivo, per agevolare certi target. Non parlo della diversit� delle nostre  reti nel modo di rivolgersi al telespettatore anche per il mandato, la missioneditoriale, dataci dai vertici dell�azienda. Tuttavia, abbiamo tentato di toccare argomenti che riguardano la cronaca, la societ�, il costume, ma la percezione - soprattutto quella dei giovani che, ormai, non guardano molto la televisione ma si informano attraverso Internet e altri mezzi di comunicazione- porta a questa sensazione.

� chiaro che, oggi, la televisione � diventata sempre pi� determinante, per quantit�, per sistema, per logica, soprattutto per le fasce pi� deboli di telespettatori che maggiormente la guardano e che possono avere ancora di pi� questa percezione.

Francamente, per�, io non parlo pi� di percezione, ma di realt�. La realt� dei fatti � quella che ha rappresentato il direttore Mimun.

Semplicemente, oggi c�� pi� quantit� ed � la quantit� che d� la percezione. � solo questa la differenza di oggi rispetto a qualche anno fa.

CORRADINO MINEO,Direttore di RAI News24. Vorrei premettere che le questioni toccate sono molto complesse e io mi sento piuttosto inadeguato ad affrontarle.

Mi limiter�, pertanto, a fare alcune provocazioni, sperando che mi perdoniate se sono solo una persona informata sui fatti e non un esperto di queste problematiche molto complesse.

La prima riflessione mi � venuta in mente mentre parlava Clemente Mimun e si riferisce a non molto tempo fa, quando Silvio Berlusconi polemizzava contro una rappresentazione dell�Italia fatta di poveri, di persone che non arrivano alla fine del mese. In quell�occasione egli disse che questo � un Paese dove ci sono molte persone con una grande disponibilit� finanziaria e che lui ne conosceva tante. Gli si rispose in modo sgarbato, accusandolo di deridere un popolo che non arriva alla fine del mese.

Tuttavia, proprio in questi giorni, mentre parlavo con alcuni amici degli italiani che vanno a Parigi, a Londra, a New York durante le feste natalizie - non so se avete letto l�articolo di Luca Cordero di Montezemolo sugli italiani a New York - mi hanno raccontato di un ristoratore indiano della periferia di Londra che ha dovuto imparare la nostra lingua perch� met� dei clienti sono italiani; a Parigi, nel quartiere Saint Germain - che io frequento - la lingua che si sente maggiormente parlare, quest�anno addirittura anche pi� del francese, � l�italiano.

Berlusconi non ha torto. Esiste un�Italia con grandi disponibilit� finanziarie che, forse, raccontiamo troppo poco. La polemica politica ha un suo senso, ma Berlusconi non ha torto.

Quanto al problema se l�informazione faccia la differenza o sia invece neutrale, io rispondo che certamente non � neutrale: fa la differenza.

Mi permetto di fare un esempio francese, cos� nessuno si risente. La rappresentazione della banlieue � fatta da persone che nella banlieue non ci vanno quasi mai. Il giornalista va nella banlieue molto raramente e quando lo fa porta con s� le telecamere. Non appena queste si accendono qualche cretino lancia tre molotoved ecco che la violenza nelle banlieue diventa una grande sfida nei confronti dello Stato e del vivere civile. Ci sono saggi, professor Martinotti, che scrivono di questo.

Chi conosce un po� meglio la situazione sa che la violenza nella banlieue - vi prego di guardare i risultati elettorali delle ultime presidenziali, che lo dimostrano - � ben altra cosa; � la violenza di una parte della societ� giovanile della banlieue che agisce contro gli �zii�, ovvero contro gli amici del padre. Bruciano la macchina all�amico del padre e non escono dalla loro zona. Le ragioni di questo fenomeno sono particolarmente complesse; noi le raccontiamo poco perch�, evidentemente, il nostro sistema ha dei limiti.

Per quanto riguarda la richiesta di informazione che ci � stata avanzata - per rispondere all�onorevole Santelli che poneva la questione -, � evidente che questa, soprattutto sul crimine morboso, � molto forte. Qualunque direttore o qualunque  giornalista vi pu� dire che l�interesse, quando si parla di crimine - e, insisto, soprattutto di crimine morboso - � molto forte. Tuttavia il perch� ce lo possono spiegare meglio esperti e studiosi della materia. Forse dico una sciocchezza, ma ho la sensazione che l�aspettativa di vita con la propria famiglia sia cresciuta enormemente rispetto al passato e che le grandi tragedie non incombano pi� sulle nostre societ� occidentali. Non c�� la guerra, come quella del 1915-18, che ha completamente distrutto una generazione; non ci sono tragedie di questo tipo. Per questo motivo la tragedia privata, se possibile esterna, diventa una specie di limite a questa relativa quiete familiare e sociale; suscita interesse e, in base al tipo di rapporto che si ha con la vicenda, si crea l�opinione.

Quindi, � assolutamente vero che quando tocchiamo i temi di cronaca creiamo pi� opinione, probabilmente, di quando affrontiamo le grandi questioni filosofiche o politiche. Tuttavia, questa non � una responsabilit� esclusiva degli operatori dell�informazione, ma fa parte di questo nostro strano e complesso mondo.

Senza dubbio, avvengono delle distorsioni da parte degli operatori dell�informazione che, spesso, sono dovute a limiti culturali.

Mi ha scritto - credo che non l�abbia fatto solo a me - la zia di uno dei due giovani che si trovano tuttora in carcere a Perugia per il ben noto delitto, dicendomi che quando legge i titoli che riguardano il nipote e che riportano espressioni del tipo �Il diavolo veste Prada�, in quel caso noi abbiamo gi� creato l�archetipo del demonio che compie un delitto morboso. Dall�altra parte le lettere che la ragazza americana ha ricevuto in carcere sono un sintomo dello stesso tipo di interesse. Tuttavia, in quel caso ha un segno positivo, perch� il criminale demoniaco pu� avere anche un ruolo positivo.

Naturalmente, si verificano fenomeni gravi di sottovalutazione che, per�, spesso impattano con un problema pi� generale.

Il presidente Violante sa bene - perch� gliel�ho chiesto una volta in trasmissione - che una delle cose che mi colpiscono maggiormente � il racconto che siamo costretti a fare delle indagini giudiziarie in corso. Come � ovvio, noi diciamo che tutto dipende dal RIS giacch� questo fornir� la prova che ci dar� la soluzione ricostruendo il DNA e via dicendo. Dopodich�, poich� su queste grandi questioni lavoriamo per mesi, la sensazione che forse si crea nel pubblico � quella di un sistema giudiziario e di indagini che non portano a nulla. Probabilmente, la sensazione della non certezza della pena aumenta tantissimo sulla base di questo tipo di racconti.

D�altro lato, � difficile sottrarsi alla constatazione che, dopo mesi e mesi, non si � arrivati a nessuna conclusione. � difficile trovare il modo di raccontarlo in maniera alternativa, laddove questa � la situazione del sistema giudiziario e delle indagini per ragioni che dovremmo cercare di indagare.

Certamente vi sono ulteriori responsabilit� che, in qualche caso, possono essere di carattere maggiormente politico. Una di queste riguarda il fatto che dovremmo tentare di non creare categorie criminali, ad esempio specificando che non tutti coloro che fanno parte di un determinato ceto sono necessariamente violenti.

Come possiamo raggiungere tale obiettivo? Attraverso un discorso buonista o attraverso uno ideologico? Nulla di tutto ci�. A mio avviso sarebbe opportuno informare maggiormente.

Mi spiego meglio. In riferimento al caso della signora Reggiani, avremmo dovuto evitare di raccontare quanto sia odioso quel crimine? Al contrario, occorre raccontarlo senza peli sulla lingua. Non c�� buonismo che tenga. � fastidioso, non solo per chi ci ascolta, ma per tutti.

Contemporaneamente, tuttavia, in quei giorni per caso - partecipavo ad un premio giornalistico - ho scoperto che non avevamo parlato quasi per nulla della vicenda di un immigrato morto circa due anni fa in un cantiere edile a Roma. Il padrone del cantiere negava che all�interno di uno stabile crollato potesse esserci un immigrato clandestino, senza documenti. La moglie, invece, affermava il  contrario, ma nessuno le aveva creduto. Dopo parecchi giorni sono riusciti ad estrarre questo poveretto dalle macerie ancora vivo; ma poi � morto.

Secondo me l�unica soluzione alla non costruzione di categorie criminali � quella di informare maggiormente.

Se dovessi proporre una soluzione - lo dico sotto voce perch� questo non ha nulla a che vedere con quello che penso veramente -direi che dobbiamo occuparci in misura maggiore e non minore della cronaca.

La mia sensazione � che, in Italia, il limite di fondo del mondo dei media sia costituito dal fatto che ci occupiamo troppo di politica. Inoltre, se posso rovesciare l�accusa, direi che la responsabilit� principale della politica italiana � quella di aver �spettacolarizzato� i propri contenuti e, spesso, anche la propria impotenza.

Questo sottrae intelligenze alla capacit� di raccontare il Paese non solo nella cronaca nera. Quando, poi, questa viene raccontata, si finisce con il creare fatti distorsivi.

MARCO BOATO. L�onorevole Gambescia potrebbe intervenire. Anche per rivelare il contenuto...

PRESIDENTE. Non � tenuto a rivelarlo.

PAOLO GAMBESCIA. Non c�� nulla di segreto, perch� si tratta di considerazioni che vado ripetendo da molto tempo, da quando facevo un altro mestiere.

Traduco ci� che volevo dire in una domanda per i giornalisti, ex colleghi. Non ritenete che il problema sia in realt� quello del sistema dell�informazione in Italia?

Mi spiego. Che un giornalista, direttore di telegiornale - questo era l�oggetto della chiacchierata che abbiamo fatto, salendo in ascensore -, compia scelte che portino al successo quella testata, mi sembra del tutto evidente. Del resto, dovrebbe forse fare un giornale perdente? Se cos� fosse, nessun editore lo assumerebbe. � del tutto evidente, per�, che egli pu� fare quel tipo di giornale, e solo quello, se il sistema glielo permette.

Questo riguarda il sistema complessivo, il rapporto con la pubblicit�, che in televisione significa anche audience, e il modo con il quale si strutturano le redazioni.

Parlo di sistema, pensando, ad esempio, al problema di come ci si prepara professionalmente a questo mestiere. A tal fine, occorrerebbe chiedersi se servono o meno le scuole, come si assume in RAI, nelle televisioni private e nelle redazioni dei giornali di carta stampata. Questo � un problema di professionalit�, di cultura e di attenzione.

� certamente pi� facile per un giornalista che non ha alle spalle cultura, esperienza, preparazione e maestri raccontare il delitto, la coltellata e il sangue, piuttosto che la vicenda di cui parlava Mineo, perch� avrebbe dovuto sapere che cosa significa la condizione del lavoro in Italia o quella del lavoro nero.

La nera, e quindi il senso di insicurezza, nasce da tre considerazioni. La prima � che il televisore � un elettrodomestico, � sempre acceso in casa, ed �, soprattutto, il compagno delle persone pi� deboli, quelle che non escono e che prestano attenzione alla televisione su determinati temi, anche solo ascoltando le notizie mentre cucinano o si occupano delle faccende domestiche.

L�insicurezza riguarda questo tipo di persone in particolare, perch� chi riflette intorno alle questioni e ha una vita all�esterno segue ragionamenti completamente diversi.

In secondo luogo, sottolineo che il sistema italiano - anche se ci� non avviene solo nel nostro Paese - permette e amplifica questo problema. Il televisore � un elettrodomestico che contiene una serie di programmi e informazioni che non sono limitate. Quando si mettono insieme il delitto, la guerra in Iran e le migrazioni in Asia, in questo televisore che continua a parlare, � chiaro che si crea una attenzionalit� negativa che si trasforma, in chi � pi� debole e meno preparato, in tensione.

In terzo luogo, � possibile svolgere un lavoro all�interno delle redazioni che punti sulla qualit� dell�informazione. Non dico  che si debba trattare un numero maggiore o minore di delitti, ma che si deve prestare attenzione al modo in cui si presentano le notizie, a cominciare dalla politica.

� come se la politica consistesse - come sa il presidente Violante - nell�accostare un microfono alla bocca del parlamentare di turno e aspettarsi che questo dica tre cose, perch� si devono fare tre take.

Ebbene, che cosa si deve dire? Perch�? Qual � l�oggetto dell�informazione? Che cosa bisogna spiegare?

Una situazione simile si verifica quando ci si reca sulla scena del delitto. La telecamera va a cercare il particolare e il cronista si limita a raccontare ci� che il video ha gi� mostrato.

Questo � un problema che a mio avviso riguarda l�ordine e la federazione della stampa, e che � legato alla cultura, alla preparazione dei giornalisti, al sistema e alla gestione delle risorse all�interno delle redazioni.

Certo, si pu� fare meglio, tutto si pu� fare meglio. Tuttavia, se pensiamo che il problema sia quello di chiedere ai direttori di fare un giornale diverso, perch� altrimenti si mettono in moto dei meccanismi di insicurezza della collettivit�, a mio avviso sbagliamo obiettivo. Lo scopo � a monte e consiste nel trovare il modo per fornire un�informazione migliore, pi� approfondita, con dei giornalisti in grado di farla.

GIORGIO MUL�, Direttore di Studio aperto. Ringrazio il presidente e la Commissione per l�invito e per questa occasione di confronto.

Prima di svolgere considerazioni pi� ampie, devo dire che il fatto che questo invito venisse da una Commissione da lei presieduta, nelle ore precedenti all�arrivo in Parlamento, mi ha �turbato�, soprattutto alla luce di alcune affermazioni che ho sentito.

Il tema in esame � quello della percezione della sicurezza. Tutti voi sapete che ogni anno in Italia, mediamente, il 5 per cento della popolazione, quindi oltre 2,5 milioni di persone, denunciano reati. � vero che tali denunce sono in calo dell�11 per cento rispetto all�ultimo anno, ma � pur vero che da 2,8 milioni siamo passati a 2,5 milioni di persone. Allo stesso modo, � pur vero che ogni anno il 5 per cento della popolazione italiana si reca in un commissariato, in una questura o in un posto di polizia.

Sapete altrettanto bene che vi � un sommerso, cos� come avviene per il lavoro nero e per altri ambiti, di reati che non vengono denunciati per vergogna - pensate agli anziani, alle truffe che spesso non denunciano - o perch� non si vuole perdere tempo a fare la coda al commissariato per denunciare il furto di un portafogli in metropolitana. Non si denunciano, soprattutto in ambito minorile, vessazioni e devianze di tipo delinquenziale gi� prima del compimento dei 18 anni.

Insomma, vi � un sommerso il quale ci permette di affermare che la fotografia ISTAT dei 2 milioni 526 mila reati denunciati nel 2006 � parziale.

In ogni caso, tuttavia, � da questo dato che dobbiamo partire. Dobbiamo basarci su una considerazione che non � del giornalista, ma di colui che pi� di ogni altro � deputato a leggere in controluce i risultati, ossia il Procuratore generale della Cassazione che, annualmente, con una cerimonia che lui stesso oramai definisce stantia, ripete le stesse cose. Ogni anno, infatti, egli ci informa che il 92 per cento dei furti in Italia rimane impunito e che per l�80 per cento dei reati non viene trovato un colpevole.

Onorevoli parlamentari, scopro l�acqua calda, ma questa � l�insicurezza. Ce l�avete sotto gli occhi, � in re ipsa, � contenuta nei dati di cui voi stessi vi servite per avere una percezione quotidiana di ci� che accade nel Paese: non si tratta di uno studio sociologico del Censis di assoluta valenza scientifica. Si tratta dei freddi numeri che ci inchiodano alla responsabilit� di dar conto di questo Paese, che vive in maniera drammatica l�insicurezza.

Vi faccio notare che decine di donne denunciano di essere state molestate da ex mariti e fidanzati, i quali vengono perseguiti,  rimangono in libert� e le vanno ad uccidere. Che cosa deve essere, se non questo, il senso di insicurezza?

Se un uomo uccide una persona, una ex fidanzata e rimane in libert�, se molesta una persona, riceve plurime, ripetute e reiterate denunce, e poi uccide quella persona perch� � in libert�, cos�� se non questo, per voi, il senso dell�insicurezza?

Quello dei coniugi di Goro, che si trovano in casa e ricevono la visita di quattro persone che li sgozzano in maniera animale, non � un caso isolato.

Avete gi� acquisito in atti i dati sulle rapine in villa. Questo non � un fenomeno che ci inventiamo noi e, di certo, non lo cavalchiamo. Se la sera, nel bel mezzo del tinello di casa, dove si trovano la madre e la nonna - come � successo ben quattro volte, in quattro giorni, nei dintorni di Milano -, entrano delle bande armate che puntano la pistola alla testa di bambini di 8-9 anni, non siamo noi che cavalchiamo l�insicurezza. Raccontiamo solo quel che succede - professor Bechelloni, mi rivolgo a lei -, raccontiamo le mafie, le mafie albanesi. Professore, le sue dissertazioni semantiche, con tutto il rispetto, fanno a pugni con realt� che, prima di tutto, sono statuite dal codice penale.

GIOVANNI BECHELLONI, Professore ordinario di sociologia dei processi culturali e comunicativi della facolt� di scienze politiche presso l�Universit� di Firenze. Ma perch� non chiamarli criminali?

GIORGIO MUL�, Direttore di Studio aperto. Non li chiamo criminali, perch� il Procuratore generale della Cassazione le chiama mafie alloctone, professore.

In questa Commissione avete consulenti che vi presentano un quadro distorto dell�associazione mafiosa. Quando coloro che ne fanno parte - lo ricordo a questo punto, perch� sia agli atti - si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omert� che ne deriva per commettere delitti, che cosa pensate che siano gli albanesi che sfruttano le donne in mezzo alla strada?

GIOVANNI BECHELLONI, Professore ordinario di sociologia dei processi culturali e comunicativi della facolt� di scienze politiche presso l�Universit� di Firenze. Ma � sbagliato.

GIORGIO MUL�, Direttore di Studio aperto. Se la prenda con il codice penale.

GIOVANNI BECHELLONI, Professore ordinario di sociologia dei processi culturali e comunicativi della facolt� di scienze politiche presso l�Universit� di Firenze. Ma � sbagliato.

GIORGIO MUL�, Direttore di Studio aperto. Sono i vostri consulenti.

PRESIDENTE. Vorrei dire che non abbiamo consulenti. Sono auditi come lei.

GIORGIO MUL�, Direttore di Studio aperto. Tutto questo � distorto. Presidente Violante, lei ha firmato fior di relazioni, in cui, da presidente dell�antimafia, ha parlato di mafia albanese e di mafie di tutti i tipi. Si deve parlare di criminalit�? No, si deve parlare di mafia, perch� � di mafia che si tratta. Guai se li riducessimo a un fenomeno di criminalit�!

Ex cathedra ci si vuole anche indicare quali termini dobbiamo usare? No, si usano i termini che, professionalmente, tutti i giornalisti studiano.

I giornalisti, infatti, studiano le carte, si abbeverano - per fortuna - a fonti che non sono quelle del professor Bechelloni ed altri, ma sono quelle istituzionali: i documenti della Direzione investigativa antimafia, della Direzione nazionale antimafia, dell�ISTAT, della Procura generale e della Cassazione, del Consiglio superiore della magistratura, del Ministero dell�interno, i quali vi dicono, in maniera inoppugnabile, che questo Paese � inchiodato a un senso di insicurezza che, al di l� dei numeri, come vi ho detto prima, � insito nei fatti che succedono ogni giorno.

Non � vero che i giornali e i telegiornali fanno audiencecon la sicurezza. Non vi � alcuna oscillazione negli ascolti, quando si apre con la cronaca bianca, piuttosto che  con la nera. � ovvio che se si verifica una tragedia in cui viene ucciso un bambino, si registra una audience pi� alta, ma non si sta cavalcando un�onda, si sta semplicemente raccontando ci� che accade.

Per questo, rimango scosso rispetto al tipo di discussione che nasce. Presidente, � il punto di partenza che, a mio avviso, � stato alterato. Del resto, l�insicurezza � nelle cose, non � frutto di una esaltazione, di una esagerazione da parte dei telegiornali. L�insicurezza � nei fatti di ogni giorno. Vuoi per la mancanza di certezza della pena, vuoi per la mancanza di forze dell�ordine sul territorio, vuoi per un�aggressivit� della criminalit� delle mafie, che � sempre pi� alta, il livello di insicurezza � cresciuto, e non esiste uno studio sociologico che possa smentire ci� che � nei fatti.

EDGARDO GULOTTA, Vicedirettore del TG La7. Partecipo alla seduta odierna in sostituzione del mio direttore, Antonello Piroso, che non � potuto essere presente per motivi familiari.

Molti argomenti sono stati affrontati. Ne aggiunger� solo pochi altri, partendo da una sua considerazione, signor presidente.

In apertura, lei ha detto che alcune forze politiche investono sul sentimento di sicurezza...

PRESIDENTE. Ho detto che tutte le forze politiche investono sul sentimento di sicurezza.

EDGARDO GULOTTA, Vicedirettore del TG La7. S�, lei ha parlato di forze politiche che investono sul sentimento di sicurezza. Noi facciamo il nostro mestiere, raccontiamo la realt� quotidiana delle cose, quindi i fatti, come quello relativo ai 2,5 milioni di denunce di due anni fa. Allo stesso modo, tuttavia, riportiamo anche tutto quello che c�� intorno, ovvero il dibattito politico che si sviluppa. La cronaca, dunque, � funzionale anche al dibattito politico e a quello sulla magistratura.

Cito un solo caso: la vicenda Ahmetovic, che in questi giorni ha interessato tutti. Libert� provvisoria o meno per il giovane che, ubriaco, ha investito quattro persone, uccidendole? Si tratta di un fatto di cronaca oggettivo, un dato che ha interessato tutti. Successivamente, si � aperto un dibattito politico. Siamo tornati tutti, pi� e pi� volte, su questa stessa vicenda.

Mi domando se, per caso, vi sia un divario tra l�evoluzione oggettiva dello stato della sicurezza e la sua percezione da parte dei cittadini. Sicuramente, c�� un dibattito aperto su questo e senza dubbio esiste un qualcosa che si colloca a cavallo tra cronaca, politica giudiziaria e politica in genere. � questo che raccontiamo nei telegiornali, dove, ovviamente, trattiamo anche tanti fatti di cronaca. Questa � la prima considerazione che vorrei svolgere.

Ne aggiungerei soltanto un�altra, relativa al tipo di televisione che viene prodotta. Qualcuno in precedenza ha parlato di momenti emotivi che vengono aggiunti al dibattito. Ci sono le notizie e i momenti di approfondimento.

Per quel che ci riguarda, siamo una televisione, tra quelle non all news, che fa molta informazione durante tutto il corso della giornata, a partire dalle 6 di mattina, arrivando a notte fonda, con programmi quotidiani e settimanali. Ebbene, da noi non c�� nessun compiacimento per gli elementi emotivi - o almeno proviamo a non farlo - che sono invece gli aspetti che creano e amplificano il dibattito nell�opinione pubblica.

Non � guardare dal buco della serratura, n� seguire alcuni istinti che porta a fornire sempre una corretta informazione.

Vi sono le notizie, che proviamo sempre a riferire; vi sono dei dibattiti da svolgere, che cerchiamo sempre di riportare; vi � un atteggiamento di insistenza su alcuni aspetti al quale, forse, a volte dovremmo rinunciare, facendo corretta informazione.

MARIO MORCELLINI, Preside della facolt� di scienze della comunicazione presso l�Universit� La Sapienza di Roma. Ho preparato  un intervento scritto che vi risparmio, ovviamente. Tuttavia, mi ha colpito riguardarlo, perch� mi sono domandato se esso contenesse i toni della lezione universitaria o della precettistica. Lo depositer� alla fine della seduta, dichiarando sin da subito che non sono venuto in questa sede per fare lezione a nessuno.

Di certo, per�, pu� colpire la reazione - qualche volta di fastidio - che si ha nei confronti di ricercatori che dovrebbero essere presenti per fornire un elemento di pura terziet�. Spero che l�intervento che mi appresto a svolgere possa, in qualche modo, dare il segno di una serenit� voluta, non solo di fatto, legata al nostro modo di lavorare. Siamo ricercatori di comunicazione, quindi, per definizione, la nostra mission - se ce lo permettete - � quella di osservare il sistema dei media e dei suoi risultati.

Penso che il sistema dei media abbia un interesse estremo ad avere un giudizio, non solo dal mercato e dalla risposta della leadership e dell�elettorato, ma anche da una valutazione di tipo sistematico. Vediamo se questo � documentato da quanto vi dir�.

Nei primi sei mesi del Governo Berlusconi, l�osservatorio di Pavia realizz� una ricerca, che dovrebbe essere ben nota a molti dei presenti, sulla rappresentazione, soprattutto nei telegiornali - fu un errore quello di saltare la carta stampata, che � un indicatore pi� sensibile dei cambiamenti -, e sull�incidenza della cronaca nera in quel semestre.

Fu un semestre molto interessante, perch� ancora non erano state attuate politiche di contrasto all�immigrazione come quelle che si sono sviluppate nella seconda parte del Governo Berlusconi, quindi non c�erano certamente elementi che lasciassero pensare che in quella fase l�impatto del numero degli immigrati, quella che all�epoca veniva chiamata �l�invasione�,fosse ridimensionata.

Ebbene, in quel semestre i dati di questo centro di ricerca - ovviamente possono essere discussi, ma non citer� solo quelli -dimostrarono che eravamo in presenza di una drastica sottovalutazione della cronaca nera. Vale a dire che in quel semestre - in seguito la situazione � leggermente cambiata nel sistema dei media - ci fu un atteggiamento sostanziale e complessivo, che cercher� di spiegare, sapendo che, almeno noi, non abbiamo molte certezze.

In quel semestre, i dati furono inequivocabili. La ricerca � stata ripetuta nel secondo semestre del Governo Prodi; il che costituisce un piccolo problema dato dalla varianza della fase. Nella prima fase di Governo, infatti, c�� sempre un atteggiamento di attenzione, il famoso �fidanzamento dei media� nei confronti dell�Esecutivo.

I dati non sono ancora disponibili in forma pubblica. Mi limito a fornirne due, perch�, non essendone il proprietario, posso solo conoscere una sintesi amichevole che � stata data ad alcuni ricercatori.

Il primo dato � che si � registrato un aumento rilevante dell�interesse dei media per la cronaca nera, dal punto di vista quantitativo, sulla durata dei telegiornali e, soprattutto, sotto il profilo degli stili di narrazione. Non c�� nessun problema a discutere le percentuali, perch� vi sono familiari. Personalmente, discuter� le stesse percentuali da lei riferite, dottor Mul�, arrivando a risultati in parte diversi. Come dicevo, dunque, si � rilevato, tale aumento di interesse. � difficile negarlo.

In tale ottica, rappresento subito un primo elemento. Oggettivamente, dal punto di vista giornalistico, � difficile non pensare che questo sia un fenomeno non solo plausibile, ma addirittura - come riferiva in precedenza il direttore Mineo - apprezzabile. Intendo dire che sarebbe necessario avere una maggiore quantit� di notizie di cronaca (di cronaca completa, aggiungo io).

Ebbene, non c�� alcuna possibilit� di dare un giudizio sbrigativo di questo fenomeno, n� positivo, n� negativo, se non in presenza di indagini di tipo longitudinale; mentre facciamo sempre riferimento a casi che ci vengono in mente.

La criminalit�, in tutte le sue forme, e la devianza hanno assunto una particolare espressivit�, uno specifico modo di attaccare  elementi profondi della nostra soggettivit�, della nostra normalit� (basti pensare ai delitti nelle famiglie). Solo in tempi moderni si � scoperto che � dentro le mura sacrosante della famiglia che avvengono una buona parte dei delitti che riguardano la lacerazione del tessuto famigliare. Ebbene, questo fa capire che l�espressivit� di tali crimini � tale che pensare che i media ci mettano sopra una velina, o un filtro narrativo � del tutto impensabile, soprattutto nella prima fase in cui avviene questa straordinaria manifestazione degli stili espressivi della criminalit�. Credo che questo sia un elemento molto rilevante.

D�altro canto, � difficile negare che, dal punto di vista quantitativo, vi sia una correlazione logica - non dico razionale o eticamente comprensibile - tra la stabilit� sostanziale delle percentuali del crimine in Italia e una curva non paragonabile dell�attenzione dei media.

� vero che vi � l�elemento molto importante del sommerso, che varia nel tempo, ma in sostanza esso � discretamente stabile, nel senso che la sensazione di impunit� non � certamente una percezione di questi ultimi due anni. Il 92 per cento di impunit�, che riguarda, tra l�altro, solo i reati di furto e di microcriminalit� e non la macrocriminalit�, � tendenzialmente stabile nel tempo.

Ripetiamo, quindi, che esiste un problema su cui riteniamo di dover aprire una vertenza, che certamente non � di tipo prescrittivo e pedagogico, ma interpretativo. Vorremmo capire qualcosa in pi�, perch� ad una sostanziale stabilit� delle percentuali sulla criminalit�, anche se sono al loro interno riordinate diversamente, tra microcriminalit�, criminalit� media, che comporta l�uccisione delle persone, e criminalit� organizzata, faccia invece da contrappunto una curva non paragonabile dell�attenzione dei media.

Sulla base delle informazioni che abbiamo ascoltato finora, � difficile portare tale questione ad una conclusione positiva.

Insisto nel dire che, dal punto di vista dello studioso di comunicazione, vedo pi� gli aspetti di compatibilit�. Del resto, � un aspetto caratteristico dell�aspettativa dei media e dei giornalisti quello di narrare eventi di questo genere, fa parte del bisogno umano di raccontare e dell�obbligo professionale di riportare i fatti di cronaca.

Aggiungo un�altra nota, anch�essa non del tutto completa, perch� sto studiando sia i dati dell�ISTAT, sia quelli del Ministero dell�interno, che hanno tra di loro delle escursioni molto interessanti e, ancor pi�, sono divergenti i dati dei procuratori generali, nelle loro magniloquenti introduzioni di inizio anno.

Colpisce certamente il fatto che alcuni di questi dati non sembrano certissimi. Dal punto di vista della percezione del pubblico, sembrerebbe che alcuni dei reati non vengano denunciati, in vista della loro scarsa operativit� successiva. Questo � forse l�unico elemento che giustifica un aumento...

PRESIDENTE. Scusi, che cosa vuol dire scarsa operativit� successiva?

MARIO MORCELLINI, Preside della facolt� di scienze della comunicazione presso l�Universit� La Sapienza di Roma. Il fatto che non c�� una soluzione, nel tempo, dei crimini denunciati.

PRESIDENTE. Ah, ho capito.

MARIO MORCELLINI, Preside della facolt� di scienze della comunicazione presso l�Universit� La Sapienza di Roma. Obiettivamente, questa � una variabile su cui bisognerebbe concentrare maggiormente l�attenzione.

Tuttavia, � difficile negare che la prima ipotesi che salta agli occhi di chi osserva la realt�, senza pensare di dover giustificare ruoli individuali, � che la rappresentazione della cronaca nera sembra innanzitutto legata ai crimini politico-istituzionali e ai crimini sociali.

Se ci domandiamo - mi avvio a chiudere - che cosa c�� di veramente nuovo in questo quadro, ci rendiamo conto di alcune cose. Di una delle dimensioni ho gi� parlato.

L�impunit� - anche se ritengo che sia prevalentemente stabile - tende a moltiplicarsi, in presenza di una stratificazione di non conclusivit� delle Forze dell�ordine nell�arrivare alla scoperta degli autori dei delitti.

Il secondo nuovo elemento � la politica che � diventata cos� insicura da investire in modo diverso dal passato, quando era discriminante tra le forze politiche, e anche ambiguo, sul senso di insicurezza. Basti pensare che la conseguenza di alcune azioni politiche hanno lambito alcune forme di criminalit�.

Certamente, non discutiamo della buona fede delle persone, tantomeno della politica, ma � difficile non accorgersi che il rapporto tra realt� e rappresentazione sul crimine � cambiato. Vale a dire che al darsi di campagne - non personali, perch� sono trasversali nei media- di raffigurazione della cronaca nera, che � diventata veramente la chiave di volta del sistema dei media, il sistema politico si riorganizza completamente. � sufficiente vedere quanto velocemente alcune forze politiche hanno drasticamente modificato i loro atteggiamenti nei confronti della criminalit�. Questo � un elemento assolutamente nuovo.

Concludo, dicendo qual � il problema pi� critico dei ricercatori, quello su cui siamo davvero da attaccare, mentre su questo, invece, non ci sono state segnalazioni.

Nonostante l�attenzione che, nel tempo, abbiamo avuto nei confronti del sistema dell�informazione - attenzione dovuta, altrimenti dovremmo cambiare mestiere -, non abbiamo molte proposte alternative. Non solo. Non siamo concordi e sicuri della spiegazione complessiva di questo fenomeno - il che, gi� di per s�, � un problema su cui forse un confronto, anzich� una contrapposizione, potrebbe aiutare tutti, ricercatori compresi - e non abbiamo proposte alternative, ad esempio sul nuovo racconto della criminalit�.

Sentiamo - lo dice anche qualche ricerca del Censis, anche in questo caso in maniera abbastanza stabile nel tempo - che ci sarebbe bisogno di una qualche forma di innovazione, ma non riusciamo ad immaginare come possa essere sperimentata. Tuttavia, pensiamo che questa sia una partita che interessa anche voi.

In secondo luogo, un elemento certamente risolutivo- sempre che ci sia qualcosa di risolutivo, mi affido alla sola forza delle parole - � una diversa attenzione nei confronti non del momento della trasgressione, che � dovuta, ma del momento del contrasto.

Da questo punto di vista, a mio parere, il professor Bechelloni ha svolto una considerazione importante. Mentre nella fictiontelevisiva, soprattutto nei telefilm, il focus dell�attenzione � il contrasto al crimine, il personaggio che stabilisce l�ordine; nella narrazione informativa, ovviamente, il focus � sulla trasgressione.

Penso che una diversa attenzione dei media -attenzione che ritengo dovuta alla radicalit� della crisi di questo Paese, una crisi che � culturale - dovrebbe essere posta. Si dovrebbe allargare l�attenzione sul seguire, nel tempo, i fenomeni criminali.

Una delle distorsioni serie - mi dispiace dirlo -di questo sistema � che accende le telecamere solo per brevi fiammate.

Pensate al caso di Garlasco, guardate in quali pagine � finita la vicenda proprio nel momento in cui sembrano emergere le verit�. Ebbene, troverete soltanto nelle pagine inoltrate dei giornali gli articoli riguardanti Garlasco; mentre nei primi giorni abbiamo avuto un investimento eccessivo sul fatto, senza che ci fossero novit� reali.

Questo � un argomento sul quale sono sicuro che tutti voi sareste concordi. Non c�erano tutti i giorni novit� sostanziali, eppure, la vicenda era sempre in prima pagina. In questo caso l�analisi l�ho fatta sui giornali, ma credo che il transfert sui telegiornali sarebbe facile.

Quindi, occorre immaginare una diversa capacit� di seguire nel tempo questi fenomeni, pi� attenzione ai dati longitudinali, e non ai procuratori generali, rispetto ai quali prevale l�aspetto assertivo. Sarei del parere che i media, soprattutto  quelli di approfondimento - quindi mi rendo conto che non � un compito dei telegiornali - dovrebbero dirci di pi� sulla stabilit� di questi fenomeni nel tempo. Sono convinto che, in presenza di alcuni di questi piccoli elementi di contributo alla diversa raffigurazione, forse oggi non avremmo avuto una divisione cos� aspra tra di noi.

EMILIO CARELLI, Direttore di Sky TG24. Porto l�esperienza di Sky TG24.

Occupandomi di un canale con 39 edizioni di telegiornale al giorno, a volte la tentazione di indugiare sulle notizie, ma soprattutto sulle immagini che pi� di altre possano colpire l�emotivit� e la sensibilit� dei telespettatori, � alta.

Devo dire, invece, che in questi quattro anni e mezzo di vita, la linea editoriale del nostro telegiornale � sempre stata quella di evitare con cura una informazione di tipo allarmistico, in particolare su temi come la criminalit�, il terrorismo, l�influenza aviaria, o i casi di meningite; tutti temi che possono essere, in qualche modo, legati al senso di sicurezza dei cittadini.

Allo stesso modo, abbiamo sempre evitato di indugiare e dare enfasi a notizie che potrebbero causare un pericoloso effetto di emulazione, come per esempio atti vandalici, suicidi, procurati allarmi.

Insomma, quel che chiedo sempre ai miei giornalisti � di operare con senso di responsabilit�; il che vuol dire anche, per�, applicare in toto le regole deontologiche di questa professione, quindi, senza mai venire meno al nostro compito principale, quello di dare le notizie.

Se la notizia di questa mattina � l�immagine di un mezzo dei vigili del fuoco di Napoli bruciato dai teppisti, non posso non darla. Se la notizia, come � accaduto qualche mese fa, come ricordava Clemente Mimun, � l�immagine delle caserme di Carabinieri e Polizia a Roma assaliti da teppisti e vandali, che abbiamo �coperto� quella sera con grande quantit� di immagini, non posso nasconderla ai miei telespettatori. Quindi, penso che generare senso di sicurezza nei cittadini non sia compito dei media. Il compito dei media � quello di dare le notizie e di mostrare le immagini.

Generare il senso di sicurezza nei cittadini � compito delle istituzioni, di Polizia e Carabinieri, � compito dello Stato.

Sono queste le considerazioni che volevo fare.

ROBERTO NATALE, Presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI). Esordisco con la sottolineatura di due leggeri motivi di imbarazzo, nessuno dei quali attiene alla responsabilit� di chi ha convocato questo incontro.

In primo luogo, dice forse qualcosa a proposito di noi operatori della comunicazione, la composizione solo maschile del ferro di cavallo di direttori, giornalisti, esperti, chiamati a parlare di comunicazione. Probabilmente, dunque, anche nella percezione che abbiamo della realt�, qualche distorsione rischiamo di portarla con noi.

In secondo luogo, avremmo dovuto convocarlo noi giornalisti e giornaliste questo incontro - e chiuder� ricordando che forse possiamo ancora farlo -, chiarendoci sulle ragioni e sul significato di esso.

Da parte mia, ringrazio il presidente e la Commissione per aver disposto questa occasione di confronto.

Non abbiamo nessuna preoccupazione che possa esserci tentazione precettistica, per cos� dire, e quand�anche qualcuno l�avesse, non abbiamo nessun dubbio che verrebbe respinto con perdite, sia perch� abbiamo fiducia nei nostri direttori di testata e di rete, sia, se permettete, perch� riteniamo che anche il sindacato, oltre che l�ordine, che oggi non � presente, farebbe muro contro improprie invasioni di campo.

Al collega e direttore del TG5 Mimun, voglio dire che dovrebbe star tranquillo poich� questo sindacato ha le antenne assolutamente vigili riguardo ai problemi di autonomia dell�informazione. Ricordo che appena pochi mesi fa c�� stato l�ultimo sciopero dei giornalisti italiani, proclamato dal sindacato dei giornalisti contro un disegno di legge di questo Governo, che  definiamo legge bavaglio, sulle intercettazioni.

Riguardo alla vicenda di Arezzo, in quella tragica domenica dell�uccisione di Gabriele Sandri, il direttore Mimun ricorder� che la prima reazione durissima a quell�inaccettabile comportamento della questura e, se non ricordo male, anche del portavoce della Polizia, � stata firmata dal sindacato, domenica alle ore 18.

Al collega Mimun, ricordo anche una dichiarazione, non smentita, del professor Barbagli il quale, nel maggio dello scorso anno -non so se l�abbia potuta ripetere nei lavori di questa Commissione -, afferm� che, durante i cinque anni del Governo precedente, il Viminale aveva di fatto bloccato la divulgazione dei dati sui reati. In pieno agosto, veniva presentato un breve rapporto di trenta pagine con dati manipolati, cos� da far fare bella figura all�Esecutivo. Abbiamo sempre bisogno di tutti i dati.

Non ricordo se negli anni scorsi lamentammo questa sottrazione di dati, ma se ci� non accadde ci siamo sbagliati; in ogni caso, spero che un�uguale considerazione sia condivisa dai direttori di testata.

Detto questo, rivolgo un ringraziamento al presidente della Commissione e alla Commissione, perch� oggi si tratta una preoccupazione anche nostra.

Sappiamo bene che non dobbiamo caricare sulle nostre spalle l�intera responsabilit� del problema. Nella sua introduzione il presidente Violante ha parlato di �imprenditoria politica della paura�:trattasi di una formula efficace, oramai di uso comune, utile a comprendere il modo in cui tutti i partiti, in questi anni, hanno trattato i temi della sicurezza. Oggi, tuttavia, parliamo anche della nostra parte di responsabilit�.

Pertanto, � preoccupazione anche nostra. Forse vi interesser� sapere che alcuni mesi fa abbiamo tenuto il congresso della Federazione nazionale della stampa, per il rinnovo degli organismi dirigenti. Ovviamente, si � anche affrontata la materia contrattuale, ma qui non rileva. Un tema importante che ha riscosso particolare attenzione e grandi applausi da parte di tutti � stato giustappunto - lo dico con le parole di una delle mozioni finali - quello relativo al dilagare della cronaca nera. Da Cogne in poi, in misura crescente, i nostri TG e GR si sono colorati di nero, un nero cos� fitto da oscurare tutto il resto.

Dico ancora al collega Mimun - visto che � stato cos� gentile da chiamarmi in causa, ma penso anche alle osservazioni svolte dal direttore Mul� - che ci� � avvenuto non perch� vi sia la voglia di mettere la mordacchia alla realt� e dare una rappresentazione edulcorata dei fatti, ma perch� i nostri colleghi e le nostre colleghe chiedono che il termine a me carissimo di cronaca venga inteso nella sua accezione pi� ampia, non soltanto come �cronacaccia di sesso e sangue�, tanto per intenderci, ma come cronaca della criminalit� organizzata.

Siamo incalzanti anche quando c�� da trovare una soluzione per crimini di mafia o per le varie forme di criminalit� organizzata, oppure teniamo questo comportamento solo nel caso in cui ci troviamo dinnanzi alle villette di Garlasco e di Perugia?

� cronaca nera anche quella dei morti sul lavoro. Ci sono voluti gli autorevolissimi schiaffoni del Presidente della Repubblica Napolitano, per costringerci a non considerare pi� quattro morti al giorno come una notizia normale.

Credo che ciascun direttore possa dire che, rispetto a un anno e mezzo fa, la nostra attenzione � cresciuta molto, ma purtroppo non siamo stati noi a capire che doveva crescere. Ci sono volute appunto delle sollecitazioni dal Quirinale.

� cronaca anche quella degli affari, dei colletti bianchi e degli intrecci con la politica. Per rassicurare il collega Mimun, dico che questo vale anche per le regioni amministrate dal centrosinistra. Il problema non � questo, sebbene mi � sembrato di percepire un suo pesante riferimento a distorsioni politiche.

Allora, facciamo cronaca pienamente su tutti questi aspetti, oppure - come mi � parso di cogliere da alcune osservazioni di Teodoli e di Marano - incliniamo pi� facilmente al sesso e sangue?  Faccio riferimento al vicedirettore vicario di RAI Uno, per far garbatamente notare che forse l�uso del termine �popolare�,nel modo in cui egli ne ha parlato, andrebbe approfondito. Insomma, l�idea della pi� importante rete del servizio pubblico di consegnare ai ceti popolari una cronaca molto pi� emozionale, molto pi� ricca di elementi morbosi, forse andrebbe rivista.

Da questo deriva un�osservazione - stiamo parlando di uno dei temi affrontati quest�oggi - sul rapporto, sempre pi� rilevante in questi anni, tra la nostra informazione e il modo in cui trattiamo i temi dell�immigrazione.

In questi ultimi tempi, qualche schiaffone lo abbiamo ricevuto e credo anche meritatamente. Penso ad un momento preciso: il giorno dopo la strage di Erba. Tutti i direttori e i giornalisti presenti ricorderanno che Azouz Marzouk, per 24 ore, venne indicato come il colpevole.

Alcune organizzazioni impegnate nell�assistenza agli immigrati ci chiamarono pubblicamente in causa. Scrissero una lettera aperta, a voi direttori, a noi Federazione della stampa e all�ordine, dicendo: �Signori giornalisti, non vi pare che questo scatto pressoch� unanime della vostra informazione riveli qualche vizio dell�informazione sul quale converrebbe ragionare insieme?�. Da questo � nata una riflessione - che sta ancora proseguendo e della quale contiamo di fornirvi presto i risultati - che, peraltro, nell�arco dell�anno appena concluso, si � dimostrata fondata in almeno un altro paio di occasioni.

Ricorderete tutti la vicenda di Vanessa Russo, quella sventurata ragazza uccisa in modo atroce nella metropolitana di Roma. � stato uno dei fatti che ha caratterizzato l�informazione nel 2007. Negli stessi identici giorni - mi pare che fu il Ministro Amato a notare questa coincidenza- una bambina polacca di cinque anni veniva uccisa in Campania da un balordo locale; stessa tragica fine.

Se analizziamo - lo dico ai professori Bechelloni e Morcellini, ai quali proporrei una ricerca su questo - lo spazio che hanno avuto nell�opinione pubblica le due vicende, io della prima famiglia, disgraziatamente per loro, conosco, da spettatore, persino il colore dell�attaccatura dei capelli della madre di Vanessa Russo, mentre della seconda credo di non conoscere quasi il volto dei genitori, che, dopo quella tragedia, eguale alla prima e egualmente insopportabile, credo abbiano deciso di tornare in Polonia.

Il secondo riferimento risale alla fine del 2007: tutti conosciamo la vicenda, straordinariamente grave, che ha visto come vittima la signora Reggiani. Alcuni di noi, giornalisti e giornaliste, si sono chiesti come mai quel caso abbia registrato una giusta attenzione - mi rivolgo al direttore del TG2, Mazza - mentre per l�uccisione egualmente atroce della signora Tassitani non si sia originata alcuna campagna o allarme sociale.

Anche su questo provo a proporre agli studiosi una ricerca che verifichi se si tratti solo di nostre percezioni.

In collaborazione con l�ordine dei giornalisti e con associazioni sensibili al tema, stiamo lavorando ad un testo. Nulla di precettistico, ovviamente; tuttavia - mi rivolgo al direttore Mul� - anche io, da rappresentante dei giornalisti italiani, ho grande fiducia nella capacit� professionale dei nostri colleghi, il che, per�, non significa che si debbano chiudere gli occhi di fronte alle esigenze di formazione (riprendo la parola che citava prima l�onorevole Gambescia).

Penso ad una domanda, per rendere chiaro il concetto generale con un esempio particolare; coloro che, lavorando nelle associazioni per immigrati, collaborano con noi, ci fanno notare che � nostra abitudine usare come sinonimi cinque termini - �immigrato�, �clandestino�, �rifugiato�, �extracomunitario� o �richiedente asilo� - e ci chiedono se di ciascuno conosciamo il significato.

Io credo che di fronte a questi problemi nuovi non ci sia da vergognarsi a dire che c�� bisogno di studiare, cosa che del resto succede per tutte le professioni. Perch� non dovremmo farlo?

A proposito di ci� che possiamo fare, riprendo un tema che ha trattato il direttore  Mazza, affinch� a questa mozione congressuale - che, come vi dicevo, cominciava parlando del dilagare della cronaca nera - possa seguire una proposta in sintonia con quanto da lui gi� ricordato.

Si propone, un po� pi� modestamente di quanto prospettato dal direttore del TG2, una moratoria con i dati di ascolto dei TG scomposti minuto per minuto, chiedendo che gli ascolti dei notiziari siano misurati nella loro complessit�, togliendo cos� l�arma impropria delle curve d�ascolto, consultate ogni mattina come un oracolo.

PRESIDENTE. Mi scusi dottore, che cosa vuol dire�nella loro complessit�? Tutti i telegiornali del giorno?

ROBERTO NATALE, Presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI). Ci accontenteremmo soltanto di una mezz�ora, senza sapere se il servizio su Garlasco delle 20,07 raggiunge il 39 per cento di ascolti e se il servizio delle 20,18 sulla Birmania � stato, come spesso si dice, meno seguito.

PRESIDENTE. Adesso ho capito.

ROBERTO NATALE, Presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI). Noi vogliamo che l�informazione televisiva definisca la propria scaletta sulla base delle notizie e non dei dati Auditel, pur essendo ovviamente molto interessati a che ciascun direttore operi affinch� il proprio servizio di informazione sia seguito il pi� possibile.

Si tratta semplicemente di una proposta che, senza avere la presunzione del diktat, vorremmo porre. Nelle prossime settimane avremmo chiamato i direttori per discuterne, ma cogliamo questa occasione insperata per chiedere se c�� la voglia di ragionarne insieme. Poi possiamo anche stabilire che non � questa la proposta giusta, ma vorremmo che venisse ritenuta fondata l�esigenza per la quale 300 giornalisti e giornaliste italiani - tanti erano i delegati al nostro congresso - di tutte le opinioni, simpatie, correnti, culturali e non, si sono ritrovati, e l�hanno approvata all�unanimit�. Questa pu� essere una via.

La formazione � un tema sul quale insistere, magari sviluppando la discussione insieme a voi e all�ordine, il quale pu� contare su scuole di giornalismo che, a nostro avviso, devono rappresentare sempre pi� il canale attraverso cui si ha accesso alla professione. Da questo punto di vista, chiedo ai parlamentari presenti di aiutarci con la riforma della legge sull�ordine.

Infine, la questione degli osservatori - emersa, se non erro, grazie all�intervento del collega Mineo - vale per il servizio pubblico Pavia. L�osservatorio di Pavia studia tanti aspetti, alcuni dei quali sono stati ricordati anche dal professor Morcellini. Gli unici dati di Pavia che in viale Mazzini vengono considerati come giudizio inappellabile sono quelli relativi a quello che, pudicamente, chiamiamo il pluralismo politico. � possibile che l�unico interesse del sistema politico sia quello di sapere quanto le proprie facce siano andate in onda in questa o in quella edizione?

Con ci� non sto dicendo, in questa aula parlamentare, che il dato del pluralismo politico non sia importante; tuttavia, la domanda �: siamo in condizione di affiancare, a quei criteri di rilevazione pur importanti, altri criteri di rilevazione che contribuiscano ad avere un�immagine pi� approfondita e complessa di ci� che � l�informazione?

Con ci� non voglio sostenere che la vita dei direttori, quotidianamente gravata da controlli e richiami, debba peggiorare ulteriormente; tuttavia, attraverso strumenti gi� esistenti come l�Autorit� per la garanzia delle comunicazioni che guarda in qualche modo all�emittenza privata, si potrebbero, senza nessun intento di controllo, ma a puro fine conoscitivo, analizzare le diverse forme di pluralismo in cui si esplica l�attivit� informativa.

Chiudo ribadendo ai direttori e agli esperti qui presenti che ben volentieri promuoveremo, concordando assieme  tempi, modi e contenuti, una seconda puntata di questo incontro, presso la sede della Federazione della stampa.

STEFANO ROLANDO, Professore associato di teoria e tecniche della comunicazione pubblica presso l�Universit� IULM di Milano. Rispondo alla richiesta avanzata dal nuovo presidente della federazione. Tenga conto dei 6-7 mila capi uffici stampa che operano all�interno del quadro istituzionale e che non devono essere considerati una semplice estensione del problema della contribuzione per garantire la CASAGIT.

ROBERTO NATALE, Presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI). La CASAGIT � la cassa sanitaria dei giornalisti, per chi non lo sapesse.

STEFANO ROLANDO, Professore associato di teoria e tecniche della comunicazione pubblica presso l�Universit� IULM di Milano.Vorrei che non fossero considerati un problema di posti per allargare le contribuzioni delle assicurazioni sanitarie, ma venissero contemplati in questo ragionamento deontologico e professionale, ovvero dentro un principio di garanzia per i cittadini.

PRESIDENTE. Il tema della comunicazione istituzionale, posto dal direttore Mimun - abbiamo seguito tutti la questione di Arezzo, che � stata ricordata pi� volte in questa sede - costituisce un punto certamente rilevante. Il modo in cui l�istituzione affronta questo tema, probabilmente, incide profondamente, specie quando ci sono errori di comunicazione come quelli qui segnalati.

PAOLO RUFFINI, Direttore di RAI Tre. Io credo che la percezione della sicurezza, cos� come la percezione di qualunque altra cosa, dipenda pi� dall�attesa che dalla memoria in generale.

Forse � anche questo ci� che fa della questione in discussione un problema non solo italiano che, quindi, dovrebbe farci guardare al di l� del caso e del dibattito politico nazionale.

Inevitabilmente, nei Paesi sviluppati ci si attende di stare sempre meglio; quindi, inevitabilmente, l�attesa della sicurezza, anche economica, aumenta, e aumenta quindi anche la percezione di insicurezza.

Se la domanda � in che modo il sistema dei mediae dell�informazione influenza questa attesa e questa percezione, mi viene da rispondere, molto banalmente e tautologicamente, che noi influenziamo allo stesso modo in cui siamo influenzati e che non viviamo in un altro mondo nel quale rappresentiamo coloro che influenzano soltanto.

All�interno di questo ragionamento sull�essere influenzati rientra il discorso relativo agli ascolti e agli share, sul quale desidero dare un mio parere forse banale ma che, comunque, corrisponde alla realt� nonch� al mio pensiero.

Share, in realt�, vuol dire condivisione, essere in rapporto con chi ci guarda, ci ascolta e ci legge. Pertanto, questo non � un problema che pu� essere rimosso.

Pensare che lo share sia una variante patologica del sistema dei media � un errore clamoroso.

Noi dobbiamo, quindi, porci il problema di essere in condivisione con chi ci ascolta.

Pur essendo giornalista, sono anche direttore di una rete, quindi tutto sommato il problema dei telegiornali e dell�informazione mi riguarda relativamente. Ad ogni modo, vorrei aggiungere una riflessione: sarebbe grottesco se, come diceva Roberto Natale, questo incontro presupponesse una vocazione precettiva di regole, di percentuali di cronaca nera piuttosto che di linguaggi.

Vorrei aggiungere che nel sistema dei mediaquel che conta, semmai, ci� su cui si pu� ragionare dal punto di vista della politica e della legislazione � il prelievo. � evidente, infatti - non ricordo se lo diceva il professor Martinotti o Bechelloni -, che la realt� va letta e interpretata, ed � esattamente questo il nostro lavoro: dare  una prospettiva alle cose, selezionare alcune notizie rispetto ad altre, e guai se questo non fosse possibile.

Per quanto riguarda la cronaca, vorrei dire una cosa che non so se sia condivisa o meno. Spesso, quando si parla della grande percentuale di cronaca nera nella televisione si parla di alcuni casi specifici, alcuni dei quali sono anche gi� stati citati, come Cogne e Garlasco.

Probabilmente questi fatti hanno occupato maggiormente i nostri palinsesti e le pagine dei nostri giornali. L�insicurezza, tuttavia, non dipende da questi casi perch� sono, per l�appunto, eccezionali, e quindi come tali vengono percepiti dai nostri telespettatori e lettori, persone dotate di una capacit� autonoma di giudizio e la cui intelligenza va rispettata.

Il delitto familiare rappresenta un caso eccezionale che certamente non aumenta il senso di insicurezza. Quest�ultima, probabilmente, � data da tante piccole vicende che magari non raccontiamo, ma che forse potremmo raccontare di pi�, contribuendo cos� ad aumentare lo scarto tra l�attesa e la percezione.

Conoscete tutti RAI Tre e sapete che la rete non attribuisce grandissima attenzione alla cronaca nera, pur avendo programmi che ne parlano, come Blu Notte o Chi l�ha visto, o inchieste che raccontano in maniera molto ruvida la cronaca non nera come, ad esempio, Report.

ANTONIO DI BELLA, Direttore del TG3. Innanzitutto vorrei fornire alcuni elementi - numeri e percentuali concernenti la cronaca nera - che, forse, sono pi� utili delle valutazioni personali. Quando ho raccolto questi dati, per prima cosa ho notato che le percentuali di cronaca nera del TG3, come immaginavo, sono le pi� basse, cosa di cui mi sono rallegrato; dopodich�, svolgendo un lavoro pi� accurato e capendo quali sono le notizie che rientrano nella cronaca nera, mi sono detto che quelle trasmesse dal TG3 erano troppo poche.

Nella cronaca nera rientrano anche le morti sul lavoro, la bancarotta e la corruzione, di cui si parlava tanto qualche anno addietro mentre ora non se ne parla pi�. Noi parliamo troppo poco di questo tipo di cronaca nera. Sono d�accordo - mi ha rubato l�argomento Paolo Ruffini - che si parla tantissimo dei tragici avvenimenti di Garlasco e di Perugia; ci�, magari, pu� essere sottoposto a critica, ma non sono certo questi fatti a far aumentare la percezione dell�insicurezza.

Partendo dal nostro punto di vista - anzich� rispondere a delle obiezioni, ciascuno dovrebbe intervenire in merito al nostro dibattito - ogni mattina io mi domando: qual � il problema del giornalismo in Italia? Non � tanto quello di essere troppo cronachistico, ma di essere autoreferenziale. Si parla troppo del dibattito sulle riforme istituzionali, del bisticcio tra due presidenti di regione, di Bush e Merkel, di Bersani e Draghi, senza spazio per la vita normale. Chi guarda i nostri programmi non vede la sua vita.

Ritengo, quindi, che questo allarme sulla troppa cronaca nera sia un complimento. Eccezionalmente, noi riusciamo a parlare di cose che interessano la gente. Siamo ancora indietro rispetto a quello che dovremmo fare. Nel 1946 mio padre faceva cronaca nera, e accadde un grande episodio: per la prima volta, un uomo uccise una donna non per guerra, ma per un fatto di cronaca nera. Vi ricordo che uscivamo allora dalla guerra e dal fascismo. Come diceva giustamente Clemente Mimun, quella del regime fascista o di altri regimi � l�informazione ideale, perch� non contiene cronaca nera.

Credo, invece, che dobbiamo andare nella direzione opposta; ad esempio, possiamo discutere della bancarotta (inesistente). Tuttavia, il problema non � il fare tanta o poca cronaca nera, ma capire come farla. Probabilmente, per questo non c�� una ricetta prescrittiva, piuttosto va considerata l�assenza o la presenza di elementi quali responsabilit� e bravura.

Sono d�accordo con il professor Morcellini quando nel suo intervento ha parlato di �breve fiammata�; certe volte ci occupiamo di alcuni casi e poi li abbandoniamo.

Alcuni colleghi tedeschi che hanno guardato i nostri canali televisivi mi hanno chiesto in che modo avremmo fatto informazione sull�emergenza rifiuti e io ho risposto che cinque giorni dopo sarebbe sorta un�altra emergenza che ci avrebbe fatto dimenticare quella dei rifiuti.

Insomma, il problema � non lasciare in sospeso le notizie. Parlo ad esempio della corruzione, che ho seguito da cronista e che oggi pare non esistere pi�, nonostante Davigo e Serra, disperati, sostengano il contrario. Io vorrei allarmare ancora di pi� il pubblico sulla corruzione, o sulle grandi mafie, perch� paradossalmente - aggiungo un altro elemento - sta cambiando il tipo di informazione. Sono qui presenti Carelli e Mineo; l�informazione quotidiana arriva puntualmente. Una volta si vedeva il TG1, o TG unico, per sapere che cosa era successo, oggi invece l�utente sa gi� che cosa � successo e vuole andare oltre. Pertanto, noi dobbiamo fare pi� inchieste, non soltanto dare la notizia dell�incendio, ma spiegarla meglio, cosa molto pi� difficile.

Si tratta, per�, di un compito che dobbiamo svolgere dialogando con la nostra redazione e svolgendo meglio il nostro lavoro.

Intanto, visto che non c�� Gianni Riotta, gli rubo una citazione di Fred Friendly il quale diceva: �la domanda che una persona si pone davanti alla televisione �: il mondo � sicuro, io sono sicuro?�. Questa � la risposta, inutile girarci intorno. Lo dico in forma di provocazione: dobbiamo allarmare, mentre noi allarmiamo fin troppo poco.

Concludo con un paradosso che fa anche un po� sorridere. Non vorrei che fra un anno ci convochiate un�altra volta per congratularvi con noi ipotizzando che, nel frattempo e contrariamente a ci� che accade oggi, il crimine aumenter� e la percezione diminuir�; tutto ci�, infatti, andrebbe considerato come una nostra sconfitta.

PRESIDENTE. Volevo dire che il nostro scopo non � farvi trasmettere meno cronaca nera; vorremo capire... vorremmo.

Abbiamo capito, comunque, che ci sar� pi� cronaca nera nel suo telegiornale!

MASSIMO DONELLI. Direttore di Canale 5. Mi scusi, presidente, intervengo solo per dire che sposo totalmente le parole del collega Paolo Ruffini e del collega Antonio Di Bella, quindi rinuncio al mio intervento.

MAURO CRIPPA, Direttore centrale di Mediaset. Qualche osservazione molto veloce. Sono state trattate tutte le questioni importanti che ci aspettavamo di sentire in una mattinata come questa.

Quale rappresentante di un�azienda privata, e occupandomi della parte giornalistica di questa azienda, non posso che essere soddisfatto ogni volta che si discute di informazione, oltretutto in una sede cos� prestigiosa ed importante come quella del Parlamento della Repubblica.

C�� tuttavia, a mio avviso, un errore di fondo nell�impostazione di base che ci ha portato a sederci qui questa mattina. Si parte con un assunto distorsivo, ovvero con una accusa di distorsione all�intero sistema dei mediaper quanto riguarda il rapporto tra la realt� e la sua rappresentazione.

Ora, questo significa arrivare in questa aula, in questa sala con un atteggiamento, da parte di tutti i nostri colleghi che operano nell�informazione, di difesa legittima ed eventualmente anche di rivendicazione orgogliosa delle proprie prerogative.

Non dimentichiamo che l�assunto sulla base del quale siamo venuti qui questa mattina � che noi stiamo dicendo una bugia agli italiani: questo � scritto nel foglio di convocazione.

Ora, chiamare i direttori dei pi� importanti sistemi di informazione italiana, privati e pubblici, a rispondere del loro operato in una sede politica, sulla base dell�accusa di aver fatto male il lavoro per cui sono pagati e hanno un peso nelle rispettive aziende, � piuttosto urticante.

Questo spiega, naturalmente, anche certi cenni polemici che ci sono stati nella discussione di oggi, che � diventata poi -  parlo della fine di questa mattinata -un confronto pi� pacato e costruttivo.

Come ripeto, ogni volta che si parla di informazione, mi sento tranquillo, positivo e proattivo; ogni volta che si parla di informazione come qualcosa nella quale bisogna entrare per determinare, come ho sentito questa mattina, la gerarchia delle notizie, il loro stile e il loro linguaggio, qualche ansia, signor presidente, mi viene, pur non essendo io un giornalista.

Parlo per conto di una azienda privata, avendo invece la RAI luoghi deputati alla discussione politica intorno alle scelte editoriali dell�emittente di Stato. Mediaset, invece, � un�azienda privata.

Oggi rappresentiamo male - leggo - il senso di sicurezza o insicurezza dei cittadini? Domani possiamo rappresentare altrettanto male il dibattito politico che si svolge in questo Paese? Possiamo cos� dare, dunque, una immagine distorta della stessa democrazia italiana.

� chiaro che queste sono affermazioni un po� formali, ma andiamo alla sostanza. Mi pare che i nostri direttori di testata abbiano dimostrato - e lo dimostrano ad ogni edizione di telegiornale - di porsi alcuni problemi deontologici e professionali, valutando la realt� con una certa attenzione, altrimenti non sarebbero direttori di alcuni tra i pi� importanti mezzi di informazione che ci sono in Italia: parlo dei colleghi di Mediaset e, ovviamente, di tutti i colleghi presenti qui oggi.

Penso, quindi, che un elemento di rassicurazione presso la comunit� politica sia venuto dal grado di consapevolezza della propria responsabilit� che ogni direttore ha mostrato questa mattina, superando anche quel legittimo sospetto di essere messi in mora che, come dicevo all�inizio del mio intervento, era del tutto giustificato.

Per�, la televisione bisogna guardarla tutta e, a un certo punto, bisogna guardare il pubblico. Meno male che ci ha pensato Ruffini a ricordare che esiste un pubblico della televisione ed esiste un pubblico che noi come stazione privata e commerciale vogliamo continuare a contare, perch� se noi lo contiamo, il pubblico conta e determina le nostre scelte televisive.

Questo � sacrosanto per i telegiornali. Io sono verticalmente contrario a qualsiasi moratoria degli ascolti dei telegiornali; tra l�altro, mi pare che questo argomento non attenga alla discussione di questa mattina. Non credo che se noi togliamo l�auditel dai telegiornali, togliamo da questi la cronaca nera. Questo � falso, anche perch� abbiamo verificato che non esiste una relazione stretta tra la cronaca nera nei telegiornali e i risultati auditel.

� chiaro che anche a me piacerebbe vedere un po�meno sangue in giro; per� rifletto e mi viene in mente, come ha detto il direttore Di Bella, che pi� c�� cronaca, pi� c�� libert�: infatti, se seguo un fatto di cronaca in maniera approfondita e aggressiva, sono lo stesso giornalista che, poi, non si ferma di fronte alle implicazioni politiche o istituzionali che quel fatto di cronaca porta con s�.

Da poco ho visto il film Le vite degli altri, come credo molti di noi. Nell�ex DDR ad un certo punto cess� la pubblicazione dei morti per suicidio, a seguito di una inquietante crescita di questi casi. � uno dei perni attorno ai quali ruota il film. Un elemento di cronaca, questo, che nella DDR fu visto con una certa attenzione e con un certo disagio e che venne fatto scomparire dal dibattito pubblico e dall�informazione.

Ritorno a dire che la televisione va vista tutta, perch� se intendiamo affrontare la questione, che trovo comunque un po� disagevole, relativa alla responsabilit� nella percezione sociale della sicurezza o insicurezza da parte della televisione, dovremmo farlo completamente. Faccio notare che la televisione, privata e pubblica, ha avuto un ruolo di straordinario peso nella creazione di un�epopea e di un eroismo positivi per le Forze dell�ordine, i Carabinieri innanzitutto, per l�Esercito, per la Polizia. Mi riferisco alla fiction, agli aumenti importanti che ci sono stati nel reclutamento di agenti di pubblica sicurezza.

� singolare che, mentre la nostra televisione e la RAI dipingono positivamente l�opera di Carabinieri e Polizia, vengano assaltate le caserme come accade in un qualsiasi Paese del quarto mondo, e tutto ci� venga, ovviamente, mostrato dai telegiornali. Tuttavia, se oggi molti ragazzi vogliono entrare nell�Arma dei carabinieri o nella Polizia di Stato, � la televisione ad aver ricostruito totalmente l�immagine di questi Corpi. Ovviamente, bravi anche i Carabinieri e brava la Polizia di Stato.

Finisco con un�ultima questione che mi ha colpito come telespettatore, poich� qualche anno addietro non sarebbe potuta accadere. Questa mattina si � discusso sull�opportunit� di considerare i grandi fenomeni della criminalit� organizzata e della mafia in televisione. Qualche tempo fa, Striscia la notizia ha fatto qualcosa di assolutamente unico in questo Paese, mandando una sua inviata con il cagnolino sotto casa della moglie di Tot� Riina, per chiedere, a nome degli italiani, i danni morali e materiali per tutto ci� che la mafia aveva inferto al nostro Paese.

Una situazione televisiva del genere, se ci pensate bene - almeno io l�ho vissuta cos� - non sarebbe stata possibile due o tre anni fa, senza le grandi catture dei capi mafiosi, senza la mobilitazione delle coscienze, senza che tutto il sistema dell�informazione si fosse mobilitato in modo giusto in senso antimafia.

Pertanto, se si parla di percezione sociale, dobbiamo fare un discorso complessivo.

ALBERTO ABRUZZESE,Professore ordinario di sociologia dei processi culturali presso l�Universit� IULM di Milano. Ringrazio per l�invito. Ascoltando si impara; in questa occasione si impara molto. Sono convinto che noi ricercatori abbiamo molto da imparare ed � quindi utile incontrarsi con chi a volte non si conosce direttamente.

Non � una polemica, ma devo dire che se io fossi convocato per essere messo in mora sarei contento. A me piacerebbe che qualcuno mi convocasse...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, vorrei chiarire un elemento.

Noi avevamo un dato dal quale ci risultava che una parte di responsabilit� della percezione dell�insicurezza era dovuta all�informazione. Se avessimo scritto questo, avremmo scritto una sciocchezza.

ALBERTO ABRUZZESE, Professore ordinario di sociologia dei processi culturali presso l�Universit� IULM di Milano. Non sto polemizzando, presidente, sto dicendo esattamente questo.

Stavo, invece, polemizzando con l�ultimo intervento, poich� non condivido affatto il tono che molti giornalisti hanno avuto in relazione a questa convocazione. Mi sembra si tratti di un risentimento che una volta avrebbe rivelato la cosiddetta coda di paglia e che, evidentemente, libera la professione del giornalista dal senso di responsabilit� su considerazioni di sistema.

Poich� io lavoro all�interno dell�universit�, sarei contento se qualcuno mi facesse osservare il suo mal funzionamento perch� magari mi aiuterebbe a vedere se posso migliorarla.

Penso che questa riunione, di cui mi compiaccio, nasca anche da un suggerimento del professor Martinotti - in una precedente seduta della Commissione - che ha evocato una condizione caratterizzata dall�agor�televisiva.

Gi� qualcuno, in qualche intervento, ha giustamente sottolineato che l�agor� televisiva, dagli anni Cinquanta ad oggi, si � trasformata enormemente e che l�intensificazione, la densit� di vita di questa agor�� enorme rispetto al passato.

Mi sembra, allora, molto opportuno che in questa sede istituzionale, giustamente - ed � importante perch� � proprio la sede istituzionale quella in cui pu� porsi questo problema -, si sia tentato di affrontare una questione.

Vi � un sovrappi� di sofferenza e disagio rispetto alla vita non televisiva. Stiamo vivendo una fase in cui c�� un sovrappi� di disagio, di paura, di sofferenza, rispetto al mondo non televisivo?  Chi mi conosce un poco sa che io ritengo che da tempo viviamo il mondo televisivo e non quello non televisivo. Credo, quindi, che questa sia una importantissima questione, relativa alle politiche delle istituzioni rispetto al mondo, diverso da quello davanti al quale le istituzioni si trovavano di fronte sino ad una trentina d�anni fa.

Si pu� affrontare un tema del genere, di grande rilievo, in modo ordinario. A me sembra che la riunione di oggi, utile per tanti aspetti, abbia imboccato questa strada.

Penso, per�, che a questo punto, forse, non l�abbia imboccata a sufficienza, perch� impostando il discorso in un certo modo, noi siamo stati costretti a parlare di comunicazione solo in riferimento alla stampa e alla televisione, con l�immagine classica dell�agor� mediale di massa; sappiamo ormai che le cose sono molto diverse. Pertanto, quello che risulta drammatico e sospetto - lo so benissimo - � dire che bisogna intervenire con operazioni di correzione, che potrebbero risultare censorie nei confronti dell�offerta di rappresentazione del mondo da parte dei media.

Risulterebbe sospetto perch�, riferito alla stampa, per un aspetto, dove tuttavia i problemi sono assolutamente diversi, ma soprattutto riferito alla grande televisione generalista, risulta, ahim�, meno drammatico e potrebbe essere pi� serenamente affrontato. Del resto, non c�� niente da fare, nei telegiornali, a volte, viene presentata a raffica una serie di morti tale che, dopo il morto maior della tragedia grave, in proporzione si ritiene che non valga la pena raccontare anche gli ultimi, che quindi vengono collocati altrove. Questo accade con una frequenza eccezionale.

Bisogna quindi decidere come affrontare certe questioni, che sicuramente ci preoccupano. Ad esempio, si discute se il mondo rappresentato appaia troppo tragico e drammatico rispetto al mondo vissuto, il quale � ricco di incidenti che per� vengono metabolizzati in modo diverso. Nel momento in cui di questi incidenti se ne occupa la televisione, la rappresentazione degli stessi svolge invece un ruolo assolutamente diverso.

Quindi, si potrebbe affrontare questo tema, magari diversificandolo, tenendo a mente che abbiamo nuovi media, televisioni di nicchia, che c�� una trasformazione dell�informazione in archivi, che possono esserci settori mirati. Insomma, abbiamo una pluralit� di forme di comunicazione per cui questo tema pu� essere affrontato opportunamente.

C�� un modo, poi, di affrontare questo problema fuori dell�ordinario: � indubbiamente questa la strada che mi sembrerebbe pi� necessario seguire. Bisogna cio� domandarsi se i valori con cui affrontiamo questi problemi sono ancora funzionanti. Questo � per me il vero tema da affrontare: abbiamo ancora dei valori a disposizione che riteniamo in grado di funzionare da orientamento per riformare i rapporti tra comunicazione e istituzioni?

Nel corso di queste riunioni, riteniamo scontato considerare ancora validi i valori di cui disponiamo. Il mondo si � andato trasformando in modo incredibile, per cui credo che una discussione sui valori vada fatta. Per questo motivo ho detto che mi spavento quando il professionista della stampa o della ricerca si presenta sicuro di s�, ritenendo che sul piano dei valori la questione sia scontata e che a quel punto si debba procedere soltanto per interventi che, oltretutto, sanano la situazione di difficolt� lasciandola permanere esattamente nella sua routine.

Penso, quindi, che un tema di questo genere guadagnerebbe di molto se intanto cominciassimo a domandarci che cosa significa affrontare paura, disagio, sofferenze e via dicendo. In primo luogo, infatti, non mi limiterei alla rappresentazione della criminalit�, come d�altra parte � stato detto. Certo, essa pu� riguardare la cronaca nazionale ed internazionale, cos� come qualsiasi condizione di disagio e paura - qui lo scenario si allarga di molto -, ma l�aspetto pi� importante � che riguarda anche modalit� che sembrano essere all�opposto della paura e del disagio, che sono quelle dei consumi.

Le modalit� di vita che riguardano i consumi hanno esattamente le stesse caratteristiche; sono cio� processi di esperienza che passano assai pi� attraverso i sensi, piuttosto che le forme di rappresentazione classiche su cui si fonda, tuttavia, ancora la stampa e, in parte, anche la televisione.

Cogliere il fatto che noi stiamo vivendo un�epoca in cui il carattere sensoriale della comunicazione ha in s� una capacit� di disorientamento, di smarrimento, di perdita del centro, di fuga ai margini �, a mio avviso, un elemento che potrebbe aiutarci a intervenire su tali questioni, cercando, intanto, di rimettere in discussione i profili deontologici delle nostre professioni e, in secondo luogo, tentando anche di domandarci se questo ormai straordinario divario tra le tradizioni istituzionali e l�esperienza vissuta mediaticamente non richieda dei contenuti radicalmente diversi rispetto a quelli che abbiamo utilizzato fino ad oggi.

GUIDO MARTINOTTI, Professore ordinario di sociologia urbana presso l�Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Ringrazio molto di questo secondo invito. Come ha gi� detto il presidente, io non sono un esperto di comunicazione, mentre qui c�� un fior fiore di esperti e professionisti.

Il mio campo � la citt� e la volta scorsa ho cercato di indicare alcuni processi di carattere generale che contribuiscono, non solo in Italia e non solo per la televisione, ad aumentare la sensazione di insicurezza. Io parlavo di inquietudini - non a caso il titolo di un mio lavoro � Le tre inquietudini capitali - anche al di l� di alcuni dati oggettivi i quali ci dicono che, tutto sommato, le citt� - soprattutto del mondo sviluppato, ma il discorso potrebbe estendersi anche agli altri mondi - contrariamente alla loro rappresentazione, sono diventate forse tra i posti pi� sicuri per la vita della specie umana.

C��, quindi, una discrasia ben nota, oggetto di una letteratura immensa - chi si occupa di comunicazione e di teoria sociale la conosce bene -, tra la percezione e quel che invece avviene. Ovviamente, i mediatori della comunicazione sono dei soggetti di questa discrasia.

Fra l�altro, io non guardo nemmeno la televisione, sono un grande lettore di giornali e un grandissimo ascoltatore di radio, quindi mi dichiaro fuori. Guardo la televisione solo negli Stati Uniti, dove passo molto tempo, perch� mi serve per imparare soprattutto la lingua, ma in Italia non la vedo quasi mai.

Non � questo, tuttavia, il punto e non � la mia esperienza che conta. Io ho chiamato in causa un rilievo che vi riassumo molto rapidamente e che vedo non essere ancora stato recepito; esso riguarda una questione di carattere cognitivo generale, una teoria della cognizione, acquisita in campo scientifico, sia dai sociologi, sia dai filosofi, che viene sinteticamente denominata doppia ermeneutica.

L�idea � che invece della visione un po� meccanica, di cui ho sentito parlare, in cui c�� una realt� che qualcuno conosce e sulla quale poi si interviene - savoir pour pr�voir, pr�voir pour pouvoir, come diceva Comte -, siamo entrati in una situazione in cui il rapporto fra il conoscitore e il conosciuto � estremamente interattivo.

Ci sono casi che vediamo tutti i giorni: il caso della signora Clinton, ultimo in ordine di tempo, � un caso di doppia ermeneutica. I sondaggi avevano dato una certa immagine e la signora Clinton, che � una buona attrice sociale, si � adattata a questa situazione, ha compiuto le sue contromosse e ha vinto. Questo capita tutti i giorni, ci sono tantissimi di questi esempi.

Per rimanere negli Stati Uniti - cos� nessuno si adonta - c�� un caso molto divertente che � stato studiato, sul quale � uscito recentemente un saggio, che riguarda i cosiddetti CSI, i RIS, i Crime scene investigation. C�� un�intera serie televisiva di grandissimo successo.

� accaduto che le persone effettivamente coinvolte in una investigazione criminale, si trovano di fronte ad una situazione reale molto diversa da quella rappresentata alla televisione. Questi organi non sono affatto come quelli che si vedono  in televisione, non hanno risorse, sono approssimativi e via dicendo. C�� stata, quindi, una rivolta contro l�apparato di polizia molto generalizzata negli Stati Uniti, perch� chi ha avuto esperienza si � trovato in un mondo del tutto diverso rispetto a quello che gli era stato raccontato. Ma potrei citare altri esempi.

Ripeto, � un fenomeno molto generale, di cui dobbiamo prendere atto. Non possiamo trincerarci dietro il fatto che riflettiamo, spieghiamo, non interpretiamo, oppure che siamo tutti liberi perch� non esiste pi� l�obiettivit� e possiamo fare ci� che vogliamo. Non � vera nessuna delle due teorie. Dobbiamo entrare in un frame of mindin cui la cognizione � notoriamente pi� complicata, il che crea inquietudine a tutti, a cominciare dai ricercatori.

Da quando poi Rizzolatti ha fatto la scoperta dei mirror neurons c�� anche una base scientifica, questo � proprio fisiologico. Una delle grandi scoperte italiane � stata proprio questa, quindi sappiamo che proprio biologicamente siamo interattivi con gli altri, non siamo dei singoli. � questo il punto generale.

Vorrei aggiungere, poi, una notazione su quel che ho sentito. Mi sembra che si sia un po� troppo concentrati su una sorta di idea meccanica secondo cui siccome esiste la cronaca nera, allora si diffonde la paura. Non � cos�. La comunicazione � molto pi� complicata, sensibile e diffusa.

Per esempio, un caso molto chiaro di diffusione di incertezza non voluta - conseguenze non anticipate dell�azione - � tutto il processo di medicalizzazione o di sanitizzazione, come la si vuol chiamare, di cui i media sono pieni. Pertanto, quando si chiama un esperto alimentare a dire come deve essere l�igiene nei bar, � chiaro che questo esperto inevitabilmente racconta l�aspetto pi� drammatico, per cui alla fine non osi pi� neppure aprire una brioche, per evitare di contrarre il tifo o qualunque altra malattia. Questo vale per la guida e per tutto il resto.

La mattina ascolto sempre una trasmissione ben nota, in cui sono presenti tantissimi di questi esperti che sono giuristi o medici. Alla fine non vorrei pi� uscire di casa, perch� il terrore si diffonde, in quanto il modello � sempre lo stesso. Quasi nessuno di buon senso dice che � vero che ci sono le infezioni, ma che noi siamo forti e se siamo arrivati a questa et� � perch� il nostro organismo ci difende.

Credo che si debba capire qual � il contesto in cui si diffondono queste inquietudini, spesso senza volerlo, perch� i mediadiffondono dei modelli di comportamento e non sempre le persone colgono bene il messaggio lanciato. Su la Stampa di oggi - che credo l�abbiate letto tutti, essendo giornalisti - viene pubblicato un articolo secondo il quale due milioni di persone soffrono di paure di varia natura e di panico.

PRESIDENTE. Domani saranno tre milioni!

GUIDO MARTINOTTI, Professore ordinario di sociologia urbana presso l�Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Pu� darsi che saranno tre milioni. L�ho preso per curiosit�, solo perch� mi � capitato di leggerlo in aereo.

Chiudo con un aneddoto simpatico per spiegare com�� difficile a volte non spaventarsi. Molti anni fa, mio nipote, figlio di mia cognata, finite le elementari, � stato ammesso in un convitto molto sofisticato, ben noto a Milano, chiamato Rinascita, dove gli hanno somministrato grandi spiegazioni sulla droga e via dicendo. Tornato a casa da mia cognata, che fra l�altro � psicanalista, ha spiegato alla mamma che cosa gli avevano raccontato. Alla fine, dopo tutti questi avvertimenti, il bambino ha detto alla mamma: �Scusa mamma, una cosa non ho capito: questa droga � facoltativa o � obbligatoria?�.

Questo serve a dimostrare come il meccanismo della medicalizzazione � un altro aspetto a cui bisognerebbe prestare attenzione. Non solo quello immediato, ma tutto il complesso delle informazioni in cui ci troviamo.

GIORGIO MUL�, Direttore di Studio aperto. Sar� rapidissimo, presidente, per chiudere con una notazione lieve.

Penso che molto presto bisogner� invitare un�altra personalit� autorevole a questo tavolo, la quale ha appena dichiarato che alcune zone di Roma soffrono di un gravissimo degrado e che bisogna garantire la sicurezza dei cittadini. Il problema � che l�ha detto Benedetto XVI.

C��, quindi, un�altra vittima della percezione dell�insicurezza!

PRESIDENTE. Lo convocheremo!

Ringrazio tutti. Speriamo di fare tesoro di ci� che ci avete riferito.

Dichiaro conclusa l�audizione.

La seduta termina alle 13,05.</