Nel corso del lavoro abbiamo scelto e affrontato tre questioni specifiche, che possono sorgere in una fusione transfrontaliera; l’analisi si è limitata al caso in cui una società di capitali italiana si fonde con una società regolata dal diritto di uno Stato Membro della UE e, quindi, nel cono d’ombra della Direttiva comunitaria sulle fusioni transfrontaliere. Le questioni erano: (1) le differenze di disciplina tra Paesi Membri sulla ‘‘congruità’’ del rapporto di cambio; (2) l’attribuzione ad azionisti di categoria speciale di azioni della società post-fusione di contenuto identico; (3) i leveraged buy-out transfrontalieri.Riguardo al primo tema siamo giunti alla conclusione, necessariamente provvisoria, che le divergenze tra norme nazionali potrebbero rappresentare un ostacolo alla fusione, quando una delle normative è più restrittiva delle altre (ad esempio perché la giurisprudenza nazionale adotta parametri di valutazione delle azioni diversi). La Direttiva impone alle ‘‘autorità’’ nazionali di ogni società che partecipa alla fusione di emettere un certificato di correttezza della fusione, ma a rigore questo certificato potrà essere rilasciato solo se il rapporto di cambio rispetta la disciplina nazionale, cosicché le eventuali divergenze potrebbero indurre il giudice o il notaio a non rilasciare il certificato stesso. Riguardo alla seconda questione, siamo giunti alla conclusione che la fusione che coinvolga una società italiana che ha azioni di categorie speciali in circolazione, ove la società post-fusione è straniera, dev’essere approvata dall’assemblea speciale di categoria, anche se gli azionisti speciali ricevono dalla società post-fusione azioni formalmente identiche a quelle detenute in precedenza. Il tema dell’applicazione della disciplina italiana sul leveraged buy out, infine, è stato risolto in maniera differenziata: se la società target è italiana e la bidder è straniera l’art. 2501-bis c.c. si applicherà alla sola società italiana; se, al contrario, è italiana la società bidder la soluzione è più incerta, poiché si potrebbe sostenere, con buone ragioni, che in tal caso non viene integrata la ratio della disciplina e che, pertanto, la norma non si applichi nemmeno alla società italiana.
Questioni in tema di fusioni transfrontaliere / Mucciarelli, Federico Maria; D., Fanuele. - In: GIURISPRUDENZA COMMERCIALE. - ISSN 0390-2269. - STAMPA. - 35:(2008), pp. 744-761.
Questioni in tema di fusioni transfrontaliere
MUCCIARELLI, Federico Maria;
2008
Abstract
Nel corso del lavoro abbiamo scelto e affrontato tre questioni specifiche, che possono sorgere in una fusione transfrontaliera; l’analisi si è limitata al caso in cui una società di capitali italiana si fonde con una società regolata dal diritto di uno Stato Membro della UE e, quindi, nel cono d’ombra della Direttiva comunitaria sulle fusioni transfrontaliere. Le questioni erano: (1) le differenze di disciplina tra Paesi Membri sulla ‘‘congruità’’ del rapporto di cambio; (2) l’attribuzione ad azionisti di categoria speciale di azioni della società post-fusione di contenuto identico; (3) i leveraged buy-out transfrontalieri.Riguardo al primo tema siamo giunti alla conclusione, necessariamente provvisoria, che le divergenze tra norme nazionali potrebbero rappresentare un ostacolo alla fusione, quando una delle normative è più restrittiva delle altre (ad esempio perché la giurisprudenza nazionale adotta parametri di valutazione delle azioni diversi). La Direttiva impone alle ‘‘autorità’’ nazionali di ogni società che partecipa alla fusione di emettere un certificato di correttezza della fusione, ma a rigore questo certificato potrà essere rilasciato solo se il rapporto di cambio rispetta la disciplina nazionale, cosicché le eventuali divergenze potrebbero indurre il giudice o il notaio a non rilasciare il certificato stesso. Riguardo alla seconda questione, siamo giunti alla conclusione che la fusione che coinvolga una società italiana che ha azioni di categorie speciali in circolazione, ove la società post-fusione è straniera, dev’essere approvata dall’assemblea speciale di categoria, anche se gli azionisti speciali ricevono dalla società post-fusione azioni formalmente identiche a quelle detenute in precedenza. Il tema dell’applicazione della disciplina italiana sul leveraged buy out, infine, è stato risolto in maniera differenziata: se la società target è italiana e la bidder è straniera l’art. 2501-bis c.c. si applicherà alla sola società italiana; se, al contrario, è italiana la società bidder la soluzione è più incerta, poiché si potrebbe sostenere, con buone ragioni, che in tal caso non viene integrata la ratio della disciplina e che, pertanto, la norma non si applichi nemmeno alla società italiana.Pubblicazioni consigliate
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