Le parole “relazione d'aiuto” sembrano raggiungere tutti con un significato chiaro, così chiaro che sembrerebbe pleonastico considerarle un'altra volta. Proviamo allora a riconsiderarle, ma separate. La relazione presume un qualche contatto, che già si aveva, o un nuovo entrare in contatto. E l’aiuto presume che qualcuno abbia bisogno, e altri possano fornire una risposta a quel bisogno. Questa semplicità è per fortuna reale, ed è in molte delle nostre azioni quotidiane (Monformoso P.).Si ha una relazione di aiuto quando vi è un incontro fra due persone di cui una si trova in condizioni di sofferenza/confusione/conflitto/disabilità/malattia (rispetto a una determinata situazione o a un determinato problema con cui è a contatto e che si trova a dover gestire) ed un’altra persona invece dotata di un grado “superiore” di adattamento/competenze/abilità, rispetto a queste stesse situazioni o tipo di problema. Se fra queste due persone si riesce a stabilire un contatto (una relazione) che sia effettivamente di aiuto (...) allora è probabile che la persona in difficoltà inizi qualche movimento di maturazione/chiarificazione/miglioramento/apprendimento che la porti ad avvicinarsi all’altra persona (assorbendone per così dire le qualità e le competenze) o comunque a rispondere in modo più soddisfacente al proprio ambiente ed a proprie esigenze interne ed esterne (Folgheraiter). Molte relazioni amicali, familiari, di vicinato, sono così relazioni di aiuto, ma possono esserlo anche molte relazioni a sfondo professionale (infermiere-persona, medico-paziente, insegnante-studente, sacerdote-fedele, operatore-cliente), oltre a quelle sviluppate da psicologi, psicoterapeuti, counselor. L’aiuto può assumere varie forme: ascoltare, informare, insegnare, essere vicini, non lasciare soli, condividere. Il professionista sanitario che mette in atto una relazione di aiuto deve possedere la consapevolezza del processo ed il controllo dello stesso, padroneggiando razionalmente “abilità” che sono un tutt’uno con ciò che si è (Mucchielli). Infatti, una preparazione inadeguata dell’operatore, determina l’incapacità di ascoltarsi e di ascoltare l’altro, requisito indispensabile per realizzare un processo di ascolto efficace. Alla luce di quanto esposto possiamo affermare che la pratica della relazione di aiuto presuppone un faticoso focus personale centrato sul sè, coniugato sull’acquisizione di abilità specifiche e di una complessa padronanza tecnica. Per chi la esercita è necessaria una seria formazione nel percorso formativo della laurea professionalizzante, poi nelle successive formazioni, quali master per l’acquisizione di competenze avanzate, o nella formazione continua. Poiché l’efficacia del rapporto è strettamente connessa alla reciprocità della relazione ed al soddisfacimento dei bisogni di entrambi i soggetti (operatore e persona assistita), di aiutare e di essere aiutato, analizziamo brevemente le teorie psicologiche del legame attaccamento-accudimento:•Teoria psicobiologica dell’apprendimento (Bowlby);•Teoria dei bisogni (A.Maslow);•Teoria del desiderio (O.Rank);•Modello dell’attaccamento-accudimento.Teoria psicobiologica dell’apprendimento (Bowlby):Il bambino è sollecitato a costruire una relazione con l’adulto per ottenere una sicurezza (base sicura); il legame di attaccamento ha la funzione di:1) garantire il benessere dell’individuo;2) proteggere dai pericoli ambientali;3) favorire la sopravvivenza data la vicinanza del piccolo con la madre.Secondo questa teoria le prime relazioni di attaccamento, in genere con la madre, divengono il prototipo e i modelli operativi delle successive relazioni affettive.L’attaccamento non è dunque un processo che si esaurisce nella prima infanzia, ma caratterizza l’essere umano dalla nascita alla morte.L’adulto che ha sperimentato relazioni segnate da incostanza e scarsa comprensione appare vittima del passato e di bisogni affettivi insoddisfatti;Gli adulti evitanti sono poco disponibili affettivamente, non sanno offrire esperienza di calda intimità poiché non l’hanno mai sperimentata.Teoria dei bisogni (A.Maslow):•Nel bambino sussistono bisogni psicologici primari (es. sicurezza, protezione) importanti quanto il bisogno di nutrimento/calore;•Vi sarebbe il bisogno primario di stare in contatto con un essere umano e di attaccarsi ad esso indipendentemente dal bisogno di nutrimento/calore fisico.Teoria del desiderio (O.Rank):•L’essere umano risentirebbe in modo più o meno traumatico di essere stato espulso dal grembo materno: costrutto psicodinamico del trauma della nascita;•Il legame simbiotico con la madre segnerebbe il vissuto dell’individuo, con l’anelito di ricostruire il rapporto totalizzante/rassicurante esperito fino al momento della nascita Modello dell’attaccamento-accudimento:•È l’esigenza comune nel mondo animale, quindi nel genere umano, di instaurare/mantenere un legame con un altro individuo, di solito di genere femminile; •Comporta l’assunzione della posizione speculare di essere accudito e di accudire qualcuno, con duplice ruolo di accudito e di persona accudente;•Nell’età adulta i meccanismi dell’attaccamento riemergono in particolare quando l’individuo avverte la propria vulnerabilità con sensazione di minaccia all’equilibrio fisico/psichico (malattia, trauma emotivo, carenza affettiva ecc.);•L’evento-malattia comporta nuovi adattamenti, una nuova identità di persona malata, modifiche obbligatorie delle abitudini di vita (es. ospedalizzazione), dipendenza in vari gradi dall’operatore che si prende cura del paziente;•Il professionista sanitario gestisce gli atteggiamenti regressivi del paziente verso il recupero/guarigione mediante tecniche di facilitazione. L’atteggiamento pedagogico: alcune tecniche di facilitazione:oIl suggerimento: serve per indirizzare e fornire modelli di comportamento;oI rinforzi: per stimolare un soggetto ad acquisire comportamenti adattivi tramite un programma di intervento riabilitativo;oIl tutoring: sollecitare interazioni di auto-mutuo-aiuto in un gruppo di pari;oL’accoglienza empatica nella comunicazione intersoggettiva.Nella relazione di aiuto l’operatore sanitario è:•Strumento protesico: situazioni di riaddestramento allo svolgimento delle attività quotidiane•Fonte d’informazione: collocazione nel tempo,spazio e storia personale•Fonte di stimolazione: in presenza di inerzia, apatia, demotivazione, scarso interesse per l’ambiente circostante da parte del paziente•Capace di: prevenire/valutare/contenere sintomi comportamentali quali aggressività, agitazione psicomotoria, disinibizione che ostacolano il processo di autonomia•Capace di: prendere decisioni, proponendo alternative rispetto alle scelte stereotipate del paziente•Fonte di feed-back: se il paziente non è capace di valutare le ripercussioni sugli altri delle proprie manifestazioni verbali e comportamentali•Fonte di gratificazione/frustrazione: in un rapporto educativo in cui il paziente è riaddestrato a riacquisire la maggiore autonomia possibile.E per concludere le riflessioni di Victor Frankl:siate come volontari in una spontanea RELAZIONE di AIUTO quandoaiutate, ma poi togliete l’aspetto pubblico e spettacolare dell’interventoe fate sempre come se foste nello spazio privato e proprio della casadella persona che aiutate: lo spazio per prendersi cura con professionalità, ma che mai perde l’entusiasmo di chi lo fa per il semplice e disinteressatoamore e benessere dell’altro.

Relazioni di aiuto. Parole semplici e professioni sanitarie / Ferri, Paola. - In: ASSISTENZA ANZIANI. - ISSN 2037-1837. - STAMPA. - 5:(2007), pp. 54-55.

Relazioni di aiuto. Parole semplici e professioni sanitarie.

FERRI, Paola
2007

Abstract

Le parole “relazione d'aiuto” sembrano raggiungere tutti con un significato chiaro, così chiaro che sembrerebbe pleonastico considerarle un'altra volta. Proviamo allora a riconsiderarle, ma separate. La relazione presume un qualche contatto, che già si aveva, o un nuovo entrare in contatto. E l’aiuto presume che qualcuno abbia bisogno, e altri possano fornire una risposta a quel bisogno. Questa semplicità è per fortuna reale, ed è in molte delle nostre azioni quotidiane (Monformoso P.).Si ha una relazione di aiuto quando vi è un incontro fra due persone di cui una si trova in condizioni di sofferenza/confusione/conflitto/disabilità/malattia (rispetto a una determinata situazione o a un determinato problema con cui è a contatto e che si trova a dover gestire) ed un’altra persona invece dotata di un grado “superiore” di adattamento/competenze/abilità, rispetto a queste stesse situazioni o tipo di problema. Se fra queste due persone si riesce a stabilire un contatto (una relazione) che sia effettivamente di aiuto (...) allora è probabile che la persona in difficoltà inizi qualche movimento di maturazione/chiarificazione/miglioramento/apprendimento che la porti ad avvicinarsi all’altra persona (assorbendone per così dire le qualità e le competenze) o comunque a rispondere in modo più soddisfacente al proprio ambiente ed a proprie esigenze interne ed esterne (Folgheraiter). Molte relazioni amicali, familiari, di vicinato, sono così relazioni di aiuto, ma possono esserlo anche molte relazioni a sfondo professionale (infermiere-persona, medico-paziente, insegnante-studente, sacerdote-fedele, operatore-cliente), oltre a quelle sviluppate da psicologi, psicoterapeuti, counselor. L’aiuto può assumere varie forme: ascoltare, informare, insegnare, essere vicini, non lasciare soli, condividere. Il professionista sanitario che mette in atto una relazione di aiuto deve possedere la consapevolezza del processo ed il controllo dello stesso, padroneggiando razionalmente “abilità” che sono un tutt’uno con ciò che si è (Mucchielli). Infatti, una preparazione inadeguata dell’operatore, determina l’incapacità di ascoltarsi e di ascoltare l’altro, requisito indispensabile per realizzare un processo di ascolto efficace. Alla luce di quanto esposto possiamo affermare che la pratica della relazione di aiuto presuppone un faticoso focus personale centrato sul sè, coniugato sull’acquisizione di abilità specifiche e di una complessa padronanza tecnica. Per chi la esercita è necessaria una seria formazione nel percorso formativo della laurea professionalizzante, poi nelle successive formazioni, quali master per l’acquisizione di competenze avanzate, o nella formazione continua. Poiché l’efficacia del rapporto è strettamente connessa alla reciprocità della relazione ed al soddisfacimento dei bisogni di entrambi i soggetti (operatore e persona assistita), di aiutare e di essere aiutato, analizziamo brevemente le teorie psicologiche del legame attaccamento-accudimento:•Teoria psicobiologica dell’apprendimento (Bowlby);•Teoria dei bisogni (A.Maslow);•Teoria del desiderio (O.Rank);•Modello dell’attaccamento-accudimento.Teoria psicobiologica dell’apprendimento (Bowlby):Il bambino è sollecitato a costruire una relazione con l’adulto per ottenere una sicurezza (base sicura); il legame di attaccamento ha la funzione di:1) garantire il benessere dell’individuo;2) proteggere dai pericoli ambientali;3) favorire la sopravvivenza data la vicinanza del piccolo con la madre.Secondo questa teoria le prime relazioni di attaccamento, in genere con la madre, divengono il prototipo e i modelli operativi delle successive relazioni affettive.L’attaccamento non è dunque un processo che si esaurisce nella prima infanzia, ma caratterizza l’essere umano dalla nascita alla morte.L’adulto che ha sperimentato relazioni segnate da incostanza e scarsa comprensione appare vittima del passato e di bisogni affettivi insoddisfatti;Gli adulti evitanti sono poco disponibili affettivamente, non sanno offrire esperienza di calda intimità poiché non l’hanno mai sperimentata.Teoria dei bisogni (A.Maslow):•Nel bambino sussistono bisogni psicologici primari (es. sicurezza, protezione) importanti quanto il bisogno di nutrimento/calore;•Vi sarebbe il bisogno primario di stare in contatto con un essere umano e di attaccarsi ad esso indipendentemente dal bisogno di nutrimento/calore fisico.Teoria del desiderio (O.Rank):•L’essere umano risentirebbe in modo più o meno traumatico di essere stato espulso dal grembo materno: costrutto psicodinamico del trauma della nascita;•Il legame simbiotico con la madre segnerebbe il vissuto dell’individuo, con l’anelito di ricostruire il rapporto totalizzante/rassicurante esperito fino al momento della nascita Modello dell’attaccamento-accudimento:•È l’esigenza comune nel mondo animale, quindi nel genere umano, di instaurare/mantenere un legame con un altro individuo, di solito di genere femminile; •Comporta l’assunzione della posizione speculare di essere accudito e di accudire qualcuno, con duplice ruolo di accudito e di persona accudente;•Nell’età adulta i meccanismi dell’attaccamento riemergono in particolare quando l’individuo avverte la propria vulnerabilità con sensazione di minaccia all’equilibrio fisico/psichico (malattia, trauma emotivo, carenza affettiva ecc.);•L’evento-malattia comporta nuovi adattamenti, una nuova identità di persona malata, modifiche obbligatorie delle abitudini di vita (es. ospedalizzazione), dipendenza in vari gradi dall’operatore che si prende cura del paziente;•Il professionista sanitario gestisce gli atteggiamenti regressivi del paziente verso il recupero/guarigione mediante tecniche di facilitazione. L’atteggiamento pedagogico: alcune tecniche di facilitazione:oIl suggerimento: serve per indirizzare e fornire modelli di comportamento;oI rinforzi: per stimolare un soggetto ad acquisire comportamenti adattivi tramite un programma di intervento riabilitativo;oIl tutoring: sollecitare interazioni di auto-mutuo-aiuto in un gruppo di pari;oL’accoglienza empatica nella comunicazione intersoggettiva.Nella relazione di aiuto l’operatore sanitario è:•Strumento protesico: situazioni di riaddestramento allo svolgimento delle attività quotidiane•Fonte d’informazione: collocazione nel tempo,spazio e storia personale•Fonte di stimolazione: in presenza di inerzia, apatia, demotivazione, scarso interesse per l’ambiente circostante da parte del paziente•Capace di: prevenire/valutare/contenere sintomi comportamentali quali aggressività, agitazione psicomotoria, disinibizione che ostacolano il processo di autonomia•Capace di: prendere decisioni, proponendo alternative rispetto alle scelte stereotipate del paziente•Fonte di feed-back: se il paziente non è capace di valutare le ripercussioni sugli altri delle proprie manifestazioni verbali e comportamentali•Fonte di gratificazione/frustrazione: in un rapporto educativo in cui il paziente è riaddestrato a riacquisire la maggiore autonomia possibile.E per concludere le riflessioni di Victor Frankl:siate come volontari in una spontanea RELAZIONE di AIUTO quandoaiutate, ma poi togliete l’aspetto pubblico e spettacolare dell’interventoe fate sempre come se foste nello spazio privato e proprio della casadella persona che aiutate: lo spazio per prendersi cura con professionalità, ma che mai perde l’entusiasmo di chi lo fa per il semplice e disinteressatoamore e benessere dell’altro.
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Relazioni di aiuto. Parole semplici e professioni sanitarie / Ferri, Paola. - In: ASSISTENZA ANZIANI. - ISSN 2037-1837. - STAMPA. - 5:(2007), pp. 54-55.
Ferri, Paola
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