Nell’impostare uno studio sulla violenza occorre non solo delimitare l’oggetto geograficamente e quindi culturalmente, ma anche definire la tipologia sociologica di violenza studiata. Si tratta, in pratica, di ritagliarsi un ambito coerente all’interno di un “oggetto” sociologicamente incoerente. In ciò che segue, dopo aver affrontato delle questioni metodologiche e interpretative, mi soffermerò su un particolare uso della violenza. Prenderò in esame la violenza pianificata. In particolare quella finalizzata alla contrattazione ed imposizione di relazioni di appartenenza e quindi di comando e di dipendenza in momenti di crisi. Escludo quindi la violenza che non nasce da un progetto cosciente, finalizzato a produrre effetti di lungo periodo. Escludo gli atti che mirano all’interruzione del rapporto tra chi esercita la violenza e chi viene aggredito e che spesso provocano la morte di quest’ultimo. Escludo anche i maltrattamenti quotidiani, quelli reiterati con regolarità per ricordare la persistente differenza di potere. Prendo invece in esame i momenti in cui le relazioni di appartenenza vengono messe in discussione e in cui l’insubordinazione è minacciata o diventa manifesta. Quello che segue è quindi lo studio di una particolare modalità di utilizzo della forza: un insieme di atti violenti associati da una logica comune. Le espressioni violente discusse di seguito vanno esaminate in relazione ad un altro “oggetto”, quello della produzione e riproduzione di rapporti di disuguaglianza e di appartenenza nell’area akan. Analizzare la violenza in relazione ai fenomeni di dipendenza permette di apprezzarne la capacità di produrre e trasformare forme di subordinazione. Studierò quindi l’utilizzo della forza come modalità di costruzione di rapporti sociali piuttosto che evidenziarne l’impatto distruttivo sulle relazioni. L’aggressore, negli atti di violenza sotto descritti, non mira allo scioglimento del suo rapporto con la vittima; l’intenzione è piuttosto quella di avviare un processo di riconversione delle dinamiche di comando e subordinazione.

Dipendenza, violenza, integrazione: l’utilizzo liminare della forza e il suo superamento tra i Sefwi (Ghana) / Boni, Stefano. - STAMPA. - (2004), pp. 252-285.

Dipendenza, violenza, integrazione: l’utilizzo liminare della forza e il suo superamento tra i Sefwi (Ghana)

BONI, Stefano
2004

Abstract

Nell’impostare uno studio sulla violenza occorre non solo delimitare l’oggetto geograficamente e quindi culturalmente, ma anche definire la tipologia sociologica di violenza studiata. Si tratta, in pratica, di ritagliarsi un ambito coerente all’interno di un “oggetto” sociologicamente incoerente. In ciò che segue, dopo aver affrontato delle questioni metodologiche e interpretative, mi soffermerò su un particolare uso della violenza. Prenderò in esame la violenza pianificata. In particolare quella finalizzata alla contrattazione ed imposizione di relazioni di appartenenza e quindi di comando e di dipendenza in momenti di crisi. Escludo quindi la violenza che non nasce da un progetto cosciente, finalizzato a produrre effetti di lungo periodo. Escludo gli atti che mirano all’interruzione del rapporto tra chi esercita la violenza e chi viene aggredito e che spesso provocano la morte di quest’ultimo. Escludo anche i maltrattamenti quotidiani, quelli reiterati con regolarità per ricordare la persistente differenza di potere. Prendo invece in esame i momenti in cui le relazioni di appartenenza vengono messe in discussione e in cui l’insubordinazione è minacciata o diventa manifesta. Quello che segue è quindi lo studio di una particolare modalità di utilizzo della forza: un insieme di atti violenti associati da una logica comune. Le espressioni violente discusse di seguito vanno esaminate in relazione ad un altro “oggetto”, quello della produzione e riproduzione di rapporti di disuguaglianza e di appartenenza nell’area akan. Analizzare la violenza in relazione ai fenomeni di dipendenza permette di apprezzarne la capacità di produrre e trasformare forme di subordinazione. Studierò quindi l’utilizzo della forza come modalità di costruzione di rapporti sociali piuttosto che evidenziarne l’impatto distruttivo sulle relazioni. L’aggressore, negli atti di violenza sotto descritti, non mira allo scioglimento del suo rapporto con la vittima; l’intenzione è piuttosto quella di avviare un processo di riconversione delle dinamiche di comando e subordinazione.
2004
Guerra e Violenza in Africa occidentale
9788846457790
Franco Angeli
ITALIA
Dipendenza, violenza, integrazione: l’utilizzo liminare della forza e il suo superamento tra i Sefwi (Ghana) / Boni, Stefano. - STAMPA. - (2004), pp. 252-285.
Boni, Stefano
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