Il giurisdizionalismo di matrice estense prende corpo nei medesimi anni in cui esso diventa componente essenziale degli obiettivi politici perseguiti da molti dei sovrani dell’Italia di metà Settecento. A Modena, in particolare, sembrano incidere inizialmente due fattori: uno più generale, relativo all’ingresso del piccolo ducato nella sfera egemonica degli Asburgo e all’influenza che i modelli di governo elaborati a Vienna e a Milano ebbero presso gli Este; uno, più specifico, attinente al disastroso stato delle finanze in seguito ai danni provocati dalle occupazioni militari delle guerre di successione, circostanza che indusse Francesco III in particolare ad attuare un severo programma di drenaggio fiscale. Il patrimonio ecclesiastico finì fatalmente per essere tra quelli maggiormente colpiti dallo strumento del prelievo straordinario, in questa fase amministrato dal Magistrato degli Alloggi. Con la creazione nel 1755 della Congregazione degli affari ecclesiastici e misti, la fiscalità straordinaria cede il passo a una strategia meno occasionale, con cui la nuova istituzione, ben presto trasformata in Magistrato di Giurisdizione Sovrana, fu incaricata di affrontare non soltanto il problema dell’imposizione e del privilegio fiscale, ma anche quello della riconsiderazione complessiva delle prerogative sovrane (status personali differenziati, regime dei beni, assistenza, giustizia, università, potestà normativa in regime di concorrenza di fonti, ecc.). A partire dal 1767, con la guida di Felice Antonio Bianchi e l’istituzione di un Dipartimento di Giurisdizione Sovrana, si realizza la politica giurisdizionalista più coerente di quegli anni, che, sul piano della fiscalità e del regime giuridico dei beni, produce alcuni testi normativi di indubbio rilievo. Gli editti su ammortizzazioni e manomorte del 1767 e del 1770 nonché quello di parificazione del 1768, esemplati su riforme analoghe adottate da altri Stati impegnati sullo stesso fronte, rappresentano l’approdo più avanzato di quello che può essere interpretato non soltanto come un programma di razionalizzazione fiscale e di riduzione del privilegio, ma anche come un processo di consapevolezza degli elementi essenziali all’esercizio pieno della sovranità, nell’ambito del quale la codificazione del 1771, in cui quelle norme furono rifuse, costituisce l’esito più significativo.

La sovranità fiscale. Politica e legislazione giurisdizionalista negli anni del riformismo estense / Tavilla, Carmelo Elio. - STAMPA. - (2015), pp. 215-238. [10.4399/97888548859989]

La sovranità fiscale. Politica e legislazione giurisdizionalista negli anni del riformismo estense

TAVILLA, Carmelo Elio
2015

Abstract

Il giurisdizionalismo di matrice estense prende corpo nei medesimi anni in cui esso diventa componente essenziale degli obiettivi politici perseguiti da molti dei sovrani dell’Italia di metà Settecento. A Modena, in particolare, sembrano incidere inizialmente due fattori: uno più generale, relativo all’ingresso del piccolo ducato nella sfera egemonica degli Asburgo e all’influenza che i modelli di governo elaborati a Vienna e a Milano ebbero presso gli Este; uno, più specifico, attinente al disastroso stato delle finanze in seguito ai danni provocati dalle occupazioni militari delle guerre di successione, circostanza che indusse Francesco III in particolare ad attuare un severo programma di drenaggio fiscale. Il patrimonio ecclesiastico finì fatalmente per essere tra quelli maggiormente colpiti dallo strumento del prelievo straordinario, in questa fase amministrato dal Magistrato degli Alloggi. Con la creazione nel 1755 della Congregazione degli affari ecclesiastici e misti, la fiscalità straordinaria cede il passo a una strategia meno occasionale, con cui la nuova istituzione, ben presto trasformata in Magistrato di Giurisdizione Sovrana, fu incaricata di affrontare non soltanto il problema dell’imposizione e del privilegio fiscale, ma anche quello della riconsiderazione complessiva delle prerogative sovrane (status personali differenziati, regime dei beni, assistenza, giustizia, università, potestà normativa in regime di concorrenza di fonti, ecc.). A partire dal 1767, con la guida di Felice Antonio Bianchi e l’istituzione di un Dipartimento di Giurisdizione Sovrana, si realizza la politica giurisdizionalista più coerente di quegli anni, che, sul piano della fiscalità e del regime giuridico dei beni, produce alcuni testi normativi di indubbio rilievo. Gli editti su ammortizzazioni e manomorte del 1767 e del 1770 nonché quello di parificazione del 1768, esemplati su riforme analoghe adottate da altri Stati impegnati sullo stesso fronte, rappresentano l’approdo più avanzato di quello che può essere interpretato non soltanto come un programma di razionalizzazione fiscale e di riduzione del privilegio, ma anche come un processo di consapevolezza degli elementi essenziali all’esercizio pieno della sovranità, nell’ambito del quale la codificazione del 1771, in cui quelle norme furono rifuse, costituisce l’esito più significativo.
2015
La prassi del giurisdizionalismo negli Stati italiani. Premesse, ricerche, discussioni
Edigati, Daniele; Tanzini, Lorenzo
9788854885998
Aracne
ITALIA
La sovranità fiscale. Politica e legislazione giurisdizionalista negli anni del riformismo estense / Tavilla, Carmelo Elio. - STAMPA. - (2015), pp. 215-238. [10.4399/97888548859989]
Tavilla, Carmelo Elio
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