Nell’ultimo decennio, nella mondo della scuola, italiana e non solo, è fortemente cresciuto l’interesse per una forma specializzata di educazione al dialogo o alla relazione, che mira a contrastare i comportamenti e gli atteggiamenti prevaricatori, irrispettosi o violenti da parte degli studenti, attraverso la promozione della loro partecipazione attiva. Nel contempo, soprattutto sull’onda delle teorie dell’educazione centrata sulla persona, la facilitazione è diventata particolarmente popolare in questi ambiti educativi, come base per la promozione della partecipazione. In questa tendenza, si collocano gli interventi proposti da un’associazione di insegnanti di Genova, che adottano una metodologia, denominata Metodologia della Narrazione e della Riflessione, che fa riferimento agli orientamenti pedagogici di John Dewey e dell’educazione centrata sulla persona. Questa metodologia è basata sull’idea che la facilitazione sia efficace nell’educare al dialogo e consiste nel proporre storie “emblematiche” in classe, attraverso testi scritti, a partire dai quali gli studenti sono invitati a riflettere collettivamente, producendo così nuove narrazioni nell’interazione. Il saggio qui proposto analizza questa metodologia di facilitazione e i suoi effetti sulla partecipazione attiva, basandosi sulla videoregistrazione integrale di 4 interventi, due di 4 incontri e due di 3, ciascun intervento della durata di 2 ore, in 4 classi scolastiche di scuola primaria, per un totale di 28 ore. L’analisi riguarda anzitutto le azioni della facilitatrice e i loro effetti sulla partecipazione attiva dei bambini. In particolare, si analizzeranno i modi in cui le facilitatrici (1) formulano il nocciolo del turno (o dei turni) immediatamente precedenti dei bambini e (2) le domande che seguono queste formulazioni. La combinazione di formulazioni e domande è presente in tutti gli incontri e con tutte le facilitatrici. L’analisi di questa combinazione è fondamentale per capire l’organizzazione sociale della facilitazione e le sue implicazioni nell’interazione in classe, in particolare in termini di partecipazione dei bambini. In secondo luogo, si analizzeranno i modi in cui gli studenti reagiscono a formulazioni e domande, per verificarne la partecipazione attiva. Dopo che i bambini hanno riportato il loro punto di vista sulla storia emblematica presentata, la facilitatrice formula sistematicamente il nocciolo di tale risposta. La funzione di questa formulazione è duplice: monitorare la comprensione di ciò che ha detto lo studente e rilanciare la conversazione. La formulazione monitora la comprensione in modi diversi: attraverso un semplice marcatore del discorso (ad. es. “quindi”); attraverso il riferimento diretto al bambino (ad es. “tu dici che”); attraverso la segnalazione di dubbi di interpretazione, in forma sia dichiarativa (ad es. “vediamo se ho capito bene”), sia interrogativa (ad es. “ho capito giusto?”). La formulazione aiuta i bambini a riflettere nell’interazione sui significati di ciò che dicono. La promozione della riflessione, avviata attraverso la formulazione, è successivamente sostenuta attraverso un invito a proseguire. Questo invito ha frequentemente la forma di una domanda: le domande della facilitatrice hanno la funzione generale di completare la promozione della riflessione, ma possono presentare diverse configurazioni, che proiettano livelli diversi di partecipazione e riflessione perché distribuiscono in modo diverso l’autorità della facilitatrice e dei bambini nel produrre conoscenza. Le configurazioni prevalenti sono: 1) domande aperte che esplorano un nuovo punto di vista dei bambini; 2) domande chiuse del tipo o/o che richiedono un approfondimento da parte dei bambini; 3) domande chiuse del tipo sì/no che verificano la comprensione della facilitatrice; 4) domande chiuse del tipo sì/no che indirizzano i bambini a una risposta preferita dalla facilitatrice. Tutte queste configurazioni rendono disponibile ai bambini la prospettiva della facilitatrice, creando però vincoli diversi per le loro scelte di risposta. Il vincolo alla scelta risulta più accentuato nei casi frequenti in cui domande sono “a raffica” e assumono configurazioni diverse, evidenziando così una “ricerca” della risposta. La combinazione di formulazioni e domande promuove una forma di relazione asimmetrica tra facilitatrici e bambini che sostituisce quelle generalmente osservate nel contesto scolastico. In tal senso, la facilitazione si propone in alternativa e sostituzione rispetto all’insegnamento, conservando tuttavia una relazione in cui la facilitatrice guida l’interazione. Poiché la sequenza di formulazioni e domande non si chiude con una valutazione da parte della facilitatrice, questa organizzazione sociale produce conseguenze diverse da quelle “scolastiche”. La facilitazione non si esaurisce nella produzione di formulazioni e domande: tuttavia, questa produzione costituisce il modo più sistematico di promozione della riflessione e insieme di riproduzione della relazione asimmetrica tra bambini e facilitatrici. L’analisi di questa organizzazione porta quindi ad interrogarsi sui vantaggi e sui limiti della facilitazione in un’interazione educativa. L’aspetto interessante di questa organizzazione sociale può essere riassunto in due punti: 1) la partecipazione attiva dei bambini evidenzia che essi sono competenti nell’organizzare forme di discorso che generalmente in classe non sono osservabili; 2) la metodologia della facilitazione presenta dei chiaroscuri che è utile conoscere se si intende promuovere la partecipazione attiva dei bambini.

Facilitacao à participacao das criancas em contextos educativos / Baraldi, Claudio. - STAMPA. - (2015), pp. 28-51.

Facilitacao à participacao das criancas em contextos educativos

BARALDI, Claudio
2015

Abstract

Nell’ultimo decennio, nella mondo della scuola, italiana e non solo, è fortemente cresciuto l’interesse per una forma specializzata di educazione al dialogo o alla relazione, che mira a contrastare i comportamenti e gli atteggiamenti prevaricatori, irrispettosi o violenti da parte degli studenti, attraverso la promozione della loro partecipazione attiva. Nel contempo, soprattutto sull’onda delle teorie dell’educazione centrata sulla persona, la facilitazione è diventata particolarmente popolare in questi ambiti educativi, come base per la promozione della partecipazione. In questa tendenza, si collocano gli interventi proposti da un’associazione di insegnanti di Genova, che adottano una metodologia, denominata Metodologia della Narrazione e della Riflessione, che fa riferimento agli orientamenti pedagogici di John Dewey e dell’educazione centrata sulla persona. Questa metodologia è basata sull’idea che la facilitazione sia efficace nell’educare al dialogo e consiste nel proporre storie “emblematiche” in classe, attraverso testi scritti, a partire dai quali gli studenti sono invitati a riflettere collettivamente, producendo così nuove narrazioni nell’interazione. Il saggio qui proposto analizza questa metodologia di facilitazione e i suoi effetti sulla partecipazione attiva, basandosi sulla videoregistrazione integrale di 4 interventi, due di 4 incontri e due di 3, ciascun intervento della durata di 2 ore, in 4 classi scolastiche di scuola primaria, per un totale di 28 ore. L’analisi riguarda anzitutto le azioni della facilitatrice e i loro effetti sulla partecipazione attiva dei bambini. In particolare, si analizzeranno i modi in cui le facilitatrici (1) formulano il nocciolo del turno (o dei turni) immediatamente precedenti dei bambini e (2) le domande che seguono queste formulazioni. La combinazione di formulazioni e domande è presente in tutti gli incontri e con tutte le facilitatrici. L’analisi di questa combinazione è fondamentale per capire l’organizzazione sociale della facilitazione e le sue implicazioni nell’interazione in classe, in particolare in termini di partecipazione dei bambini. In secondo luogo, si analizzeranno i modi in cui gli studenti reagiscono a formulazioni e domande, per verificarne la partecipazione attiva. Dopo che i bambini hanno riportato il loro punto di vista sulla storia emblematica presentata, la facilitatrice formula sistematicamente il nocciolo di tale risposta. La funzione di questa formulazione è duplice: monitorare la comprensione di ciò che ha detto lo studente e rilanciare la conversazione. La formulazione monitora la comprensione in modi diversi: attraverso un semplice marcatore del discorso (ad. es. “quindi”); attraverso il riferimento diretto al bambino (ad es. “tu dici che”); attraverso la segnalazione di dubbi di interpretazione, in forma sia dichiarativa (ad es. “vediamo se ho capito bene”), sia interrogativa (ad es. “ho capito giusto?”). La formulazione aiuta i bambini a riflettere nell’interazione sui significati di ciò che dicono. La promozione della riflessione, avviata attraverso la formulazione, è successivamente sostenuta attraverso un invito a proseguire. Questo invito ha frequentemente la forma di una domanda: le domande della facilitatrice hanno la funzione generale di completare la promozione della riflessione, ma possono presentare diverse configurazioni, che proiettano livelli diversi di partecipazione e riflessione perché distribuiscono in modo diverso l’autorità della facilitatrice e dei bambini nel produrre conoscenza. Le configurazioni prevalenti sono: 1) domande aperte che esplorano un nuovo punto di vista dei bambini; 2) domande chiuse del tipo o/o che richiedono un approfondimento da parte dei bambini; 3) domande chiuse del tipo sì/no che verificano la comprensione della facilitatrice; 4) domande chiuse del tipo sì/no che indirizzano i bambini a una risposta preferita dalla facilitatrice. Tutte queste configurazioni rendono disponibile ai bambini la prospettiva della facilitatrice, creando però vincoli diversi per le loro scelte di risposta. Il vincolo alla scelta risulta più accentuato nei casi frequenti in cui domande sono “a raffica” e assumono configurazioni diverse, evidenziando così una “ricerca” della risposta. La combinazione di formulazioni e domande promuove una forma di relazione asimmetrica tra facilitatrici e bambini che sostituisce quelle generalmente osservate nel contesto scolastico. In tal senso, la facilitazione si propone in alternativa e sostituzione rispetto all’insegnamento, conservando tuttavia una relazione in cui la facilitatrice guida l’interazione. Poiché la sequenza di formulazioni e domande non si chiude con una valutazione da parte della facilitatrice, questa organizzazione sociale produce conseguenze diverse da quelle “scolastiche”. La facilitazione non si esaurisce nella produzione di formulazioni e domande: tuttavia, questa produzione costituisce il modo più sistematico di promozione della riflessione e insieme di riproduzione della relazione asimmetrica tra bambini e facilitatrici. L’analisi di questa organizzazione porta quindi ad interrogarsi sui vantaggi e sui limiti della facilitazione in un’interazione educativa. L’aspetto interessante di questa organizzazione sociale può essere riassunto in due punti: 1) la partecipazione attiva dei bambini evidenzia che essi sono competenti nell’organizzare forme di discorso che generalmente in classe non sono osservabili; 2) la metodologia della facilitazione presenta dei chiaroscuri che è utile conoscere se si intende promuovere la partecipazione attiva dei bambini.
2015
Infancia: sociologia e sociedade
9788568285008
Levana
BRASILE
Facilitacao à participacao das criancas em contextos educativos / Baraldi, Claudio. - STAMPA. - (2015), pp. 28-51.
Baraldi, Claudio
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