Trascorsi due anni dalla sua entrata in vigore, la dottrina giuslavoristica italiana si interroga sugli effetti e sul futuro della legge Biagi di riforma del mercato del lavoro. L’approssimarsi della scadenza della XIV Legislatura non agevola tuttavia il confronto. Come del resto già accaduto di recente in Germania e Norvegia, l’imminente competizione elettorale influisce negativamente anche sul dibattito scientifico che ne risulta fortemente condizionato. L’analisi tecnica e di merito – ma anche la stessa verifica empirica – degli effetti della riforma risultano così viziate, il più delle volte, da valutazioni politiche e pregiudiziali ideologiche. Con il risultato, per più di una ragione paradossale, che ben pochi passi in avanti paiono essere stati compiuti rispetto alle posizioni assunte, in ambito dottrinale, all’indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della l. n. 30/2003 e, invero, ancora prima a partire dalle proposte e linee di riforma del mercato del lavoro contenute nel Libro Bianco dell’ottobre 2001. Quanti, a caldo e in prima lettura, si erano espressi in termini negativi sulla l. n. 30/2003 e sui relativi decreti di attuazione confermano oggi, senza alcun minimo ripensamento legato alla prima fase di applicazione, la necessità di una profonda revisione se non addirittura della abrogazione pura e semplice di una legge divenuta, suo malgrado e prima ancora di essere stata messa alla prova, il simbolo della precarietà e della mercificazione del lavoro. Non sono dunque bastati i dati, complessivamente più che positivi, sulla occupazione registrati dai principali e più autorevoli centri di rilevazione, per portare un po’ di tregua sulla riforma Biagi. Siamo l’unico Paese che registra, da alcuni anni a questa parte, un costante incremento del tasso di occupazione regolare e una significativa contrazione del lavoro temporaneo. Lo stesso tasso di disoccupazione è drasticamente sceso al 7,7%. Ben al di sotto della media europea (pari all’8,3%), e con performance di gran lunga migliori rispetto a quanto avviene in Paesi come Francia, Spagna e Germania che ancora arrancano per non superare la soglia critica del 10%. La serie storica dell’Istat dal 1992 ad oggi segnala un trend positivo rispetto a tutti i principali indicatori del mercato del lavoro. Eppure i significativi sforzi compiuti sulla strada della modernizzazione del mercato del lavoro, in una chiara linea di continuità tra pacchetto Treu e legge Biagi, stentano ad essere riconosciuti.

Legge Biagi, un bilancio due anni dopo / Tiraboschi, Michele. - In: CRITICA SOCIALE. - ISSN 0011-1538. - STAMPA. - CXV:11(2006), pp. 0-0.

Legge Biagi, un bilancio due anni dopo

TIRABOSCHI, Michele
2006

Abstract

Trascorsi due anni dalla sua entrata in vigore, la dottrina giuslavoristica italiana si interroga sugli effetti e sul futuro della legge Biagi di riforma del mercato del lavoro. L’approssimarsi della scadenza della XIV Legislatura non agevola tuttavia il confronto. Come del resto già accaduto di recente in Germania e Norvegia, l’imminente competizione elettorale influisce negativamente anche sul dibattito scientifico che ne risulta fortemente condizionato. L’analisi tecnica e di merito – ma anche la stessa verifica empirica – degli effetti della riforma risultano così viziate, il più delle volte, da valutazioni politiche e pregiudiziali ideologiche. Con il risultato, per più di una ragione paradossale, che ben pochi passi in avanti paiono essere stati compiuti rispetto alle posizioni assunte, in ambito dottrinale, all’indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della l. n. 30/2003 e, invero, ancora prima a partire dalle proposte e linee di riforma del mercato del lavoro contenute nel Libro Bianco dell’ottobre 2001. Quanti, a caldo e in prima lettura, si erano espressi in termini negativi sulla l. n. 30/2003 e sui relativi decreti di attuazione confermano oggi, senza alcun minimo ripensamento legato alla prima fase di applicazione, la necessità di una profonda revisione se non addirittura della abrogazione pura e semplice di una legge divenuta, suo malgrado e prima ancora di essere stata messa alla prova, il simbolo della precarietà e della mercificazione del lavoro. Non sono dunque bastati i dati, complessivamente più che positivi, sulla occupazione registrati dai principali e più autorevoli centri di rilevazione, per portare un po’ di tregua sulla riforma Biagi. Siamo l’unico Paese che registra, da alcuni anni a questa parte, un costante incremento del tasso di occupazione regolare e una significativa contrazione del lavoro temporaneo. Lo stesso tasso di disoccupazione è drasticamente sceso al 7,7%. Ben al di sotto della media europea (pari all’8,3%), e con performance di gran lunga migliori rispetto a quanto avviene in Paesi come Francia, Spagna e Germania che ancora arrancano per non superare la soglia critica del 10%. La serie storica dell’Istat dal 1992 ad oggi segnala un trend positivo rispetto a tutti i principali indicatori del mercato del lavoro. Eppure i significativi sforzi compiuti sulla strada della modernizzazione del mercato del lavoro, in una chiara linea di continuità tra pacchetto Treu e legge Biagi, stentano ad essere riconosciuti.
2006
CXV
11
0
0
Legge Biagi, un bilancio due anni dopo / Tiraboschi, Michele. - In: CRITICA SOCIALE. - ISSN 0011-1538. - STAMPA. - CXV:11(2006), pp. 0-0.
Tiraboschi, Michele
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