Le contravvenzioni edilizie evidenziano rilevanti problemi “aperti”, soprattutto nei rapporti tra il contenuto delle norme incriminatrici, i principi costituzionali di rilievo penalistico e l'applicazioni di alcuni istituti di parte generale. In particolare si riscontra: 1) aperto confronto sul problema se le contravvenzioni edilizie perseguano la tutela di un bene giuridico ovvero la tutela di una funzione amministrativa; 2) la tendenza giurisprudenziale ad allargare il contenuto di norma penale in bianco (avente ad oggetto i regolamenti edilizi, gli strumenti urbanistici ed il permesso di costruire); 3) l'indeterminatezza che consegue all'allargamento dell'integrazione del precetto alla pianificazione urbanistica; 4) l'interpretazione sostanzialistica prevalente nella giurisprudenza di legittimità, che impone a chi costruisce di verificare, nella posizione di vero e proprio garante, la corretta interpretazione delle norme e degli strumenti urbanistici cui si è adeguato chi, con atto autorizzativo, ha rilasciato il permesso; 5) l’indicazione di soggetti responsabili per le contravvenzioni commesse nell’attività di edificazione che fa oscillare l’interpretazione fra un’esplicita individuazione di reato proprio per i reati posti in essere da chi ha ottenuto il permesso e di reato comune per chi ha edificato senza permesso; 6) un duplice rapporto con la disciplina che tutela del patrimonio ambientale, storico ed artistico che prevede sia un titolo autonomo di reato (la lett. c in caso di abuso edilizio su bene vincolato), sia, nel T.U sulla tutela del patrimonio storico ed artistico, il richiamo alle fattispecie contravvenzionali della legislazione urbanistica, aprendo il problema se si tratti di mera individuazione della pena o anche di differenziazione della fattispecie tra mancanza e totale ovvero parziale difformità dall’autorizzazione ambientale o della soprintendenza; 7) la disciplina del permesso in sanatoria che s'inserisce saldamente nel rapporto che la norma pone tra l'essersi il reo sottratto alla funzione amministrativa strumentale di controllo, e l’avere in concreto determinato la lesione del bene finale; 8) la causa di non punibilità, ricollegata al permesso in sanatoria, prevista solo per le contravvenzioni edilizie e non per quelle riguardanti le autorizzazioni paesaggistiche ed ambientali, che determina nel sistema una mancanza di simmetria difficilmente spiegabile. Proprio questo complesso di preoccupazioni sugli evidenti problemi di “tenuta” dell’interpretazione delle contravvenzioni edilizie,e sulle frizioni coi principi riserva di legge e tipicità, porta a ritenere maturi i tempi per un inserimento dei reati edilizi nel codice penale in sede di riforma, privilegiando come figura centrale o anche esclusiva il delitto doloso. Un delitto edilizio potrebbe riguardare le ipotesi nelle quali la condotta assuma una forte connotazione materiale, come il costruire in assenza di permesso, il realizzare una costruzione totalmente difforme da quanto permesso, ovvero il procedere a lottizzazione abusiva. Dovrebbero esere configurate fattispecie nelle quali: a) l’abusivo sottrarsi alla tutela della funzione ed il comportamento materiale del reo appaiano particolarmente precisi e correlati fra loro; b) appaia evidente, in quanto enunciato dal fatto tipico, il pericolo astratto per il bene giuridico finale, dipendente dalla violazione del bene-funzione strumentale; c) si eviti di affidare i contenuti di violazione del bene-funzione strumentale all’esclusiva "interpretazione" del provvedimento autorizzativo. Occorre orietarsi verso il delitto doloso per assegnare al dolo una funzione di rimodellamento dello stesso fatto tipico, per giustificare il ricorso alla sanzione penale solo in presenza di fatti materiali che rappresentino un volontario sottrarsi alla funzione di governo del territorio, sorretti da sufficiente grado di offensività. E’ ovvio che una simile scelta potrebbe realizzarsi solo garantendo un completo sistema di tutela del bene – funzione amministrativa costruito sul pericolo astratto in rapporto al bene giuridico finale, da realizzarsi attraverso illeciti amministrativi per tutto il complesso di “inosservanze” oggi contenute nella lett. a) e previste in rapporto alle trasgressioni riguardanti lavori per i quali è stato rilasciato il permesso di costruire, armonizzate per gravità, tipologia e conseguenze con le violazioni amministrative già previste in relazione alla denuncia d’inizio di attività.

La disciplina organica della materia come contenitore della legislazione penale complementare. La vicenda delle contravvenzioni edilizie / Pighi, Giorgio. - STAMPA. - (2003), pp. 259-266. (Intervento presentato al convegno Modelli ed esperienze di riforma del diritto penale complementare tenutosi a Modena nel 14-15 dicembre 2001).

La disciplina organica della materia come contenitore della legislazione penale complementare. La vicenda delle contravvenzioni edilizie.

PIGHI, Giorgio
2003

Abstract

Le contravvenzioni edilizie evidenziano rilevanti problemi “aperti”, soprattutto nei rapporti tra il contenuto delle norme incriminatrici, i principi costituzionali di rilievo penalistico e l'applicazioni di alcuni istituti di parte generale. In particolare si riscontra: 1) aperto confronto sul problema se le contravvenzioni edilizie perseguano la tutela di un bene giuridico ovvero la tutela di una funzione amministrativa; 2) la tendenza giurisprudenziale ad allargare il contenuto di norma penale in bianco (avente ad oggetto i regolamenti edilizi, gli strumenti urbanistici ed il permesso di costruire); 3) l'indeterminatezza che consegue all'allargamento dell'integrazione del precetto alla pianificazione urbanistica; 4) l'interpretazione sostanzialistica prevalente nella giurisprudenza di legittimità, che impone a chi costruisce di verificare, nella posizione di vero e proprio garante, la corretta interpretazione delle norme e degli strumenti urbanistici cui si è adeguato chi, con atto autorizzativo, ha rilasciato il permesso; 5) l’indicazione di soggetti responsabili per le contravvenzioni commesse nell’attività di edificazione che fa oscillare l’interpretazione fra un’esplicita individuazione di reato proprio per i reati posti in essere da chi ha ottenuto il permesso e di reato comune per chi ha edificato senza permesso; 6) un duplice rapporto con la disciplina che tutela del patrimonio ambientale, storico ed artistico che prevede sia un titolo autonomo di reato (la lett. c in caso di abuso edilizio su bene vincolato), sia, nel T.U sulla tutela del patrimonio storico ed artistico, il richiamo alle fattispecie contravvenzionali della legislazione urbanistica, aprendo il problema se si tratti di mera individuazione della pena o anche di differenziazione della fattispecie tra mancanza e totale ovvero parziale difformità dall’autorizzazione ambientale o della soprintendenza; 7) la disciplina del permesso in sanatoria che s'inserisce saldamente nel rapporto che la norma pone tra l'essersi il reo sottratto alla funzione amministrativa strumentale di controllo, e l’avere in concreto determinato la lesione del bene finale; 8) la causa di non punibilità, ricollegata al permesso in sanatoria, prevista solo per le contravvenzioni edilizie e non per quelle riguardanti le autorizzazioni paesaggistiche ed ambientali, che determina nel sistema una mancanza di simmetria difficilmente spiegabile. Proprio questo complesso di preoccupazioni sugli evidenti problemi di “tenuta” dell’interpretazione delle contravvenzioni edilizie,e sulle frizioni coi principi riserva di legge e tipicità, porta a ritenere maturi i tempi per un inserimento dei reati edilizi nel codice penale in sede di riforma, privilegiando come figura centrale o anche esclusiva il delitto doloso. Un delitto edilizio potrebbe riguardare le ipotesi nelle quali la condotta assuma una forte connotazione materiale, come il costruire in assenza di permesso, il realizzare una costruzione totalmente difforme da quanto permesso, ovvero il procedere a lottizzazione abusiva. Dovrebbero esere configurate fattispecie nelle quali: a) l’abusivo sottrarsi alla tutela della funzione ed il comportamento materiale del reo appaiano particolarmente precisi e correlati fra loro; b) appaia evidente, in quanto enunciato dal fatto tipico, il pericolo astratto per il bene giuridico finale, dipendente dalla violazione del bene-funzione strumentale; c) si eviti di affidare i contenuti di violazione del bene-funzione strumentale all’esclusiva "interpretazione" del provvedimento autorizzativo. Occorre orietarsi verso il delitto doloso per assegnare al dolo una funzione di rimodellamento dello stesso fatto tipico, per giustificare il ricorso alla sanzione penale solo in presenza di fatti materiali che rappresentino un volontario sottrarsi alla funzione di governo del territorio, sorretti da sufficiente grado di offensività. E’ ovvio che una simile scelta potrebbe realizzarsi solo garantendo un completo sistema di tutela del bene – funzione amministrativa costruito sul pericolo astratto in rapporto al bene giuridico finale, da realizzarsi attraverso illeciti amministrativi per tutto il complesso di “inosservanze” oggi contenute nella lett. a) e previste in rapporto alle trasgressioni riguardanti lavori per i quali è stato rilasciato il permesso di costruire, armonizzate per gravità, tipologia e conseguenze con le violazioni amministrative già previste in relazione alla denuncia d’inizio di attività.
2003
Modelli ed esperienze di riforma del diritto penale complementare
Modena
14-15 dicembre 2001
259
266
Pighi, Giorgio
La disciplina organica della materia come contenitore della legislazione penale complementare. La vicenda delle contravvenzioni edilizie / Pighi, Giorgio. - STAMPA. - (2003), pp. 259-266. (Intervento presentato al convegno Modelli ed esperienze di riforma del diritto penale complementare tenutosi a Modena nel 14-15 dicembre 2001).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11380/1064671
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