Sin dalle prime sentenze in tema di archiviazione, la Corte Costituzionale ha inteso ricostruire i rapporti fra il nuovo sistema accusatorio e il principio di ”completezza” delle indagini preliminari. Tale principio trae origine dalla regola dettata dagli artt. 326 e 358 c.p.p., secondo la quale il pubblico ministero ha l’obbligo di compiere “ogni attività necessaria” per poter poi assumere le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. La norma evidenzia il carattere strumentale delle attività compiute in fase di indagini preliminari, rispetto alla conclusione di queste, e ne rimarca nello stesso tempo anche la caratteristica “aperta” alle esigenze difensive, sottolineando la necessità di compiere anche gli accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Alcuni recenti orientamenti interpretativi che tendono ad estendere il contenuto costituzionale dell’obbligatorio esercizio dell’azione penale dilatandone la funzione (percepita come un obbligo di portare avanti la pretesa punitiva anche dopo l’esercizio vero e proprio), sono occasione anche per valutare il “contenuto probatorio” che è presupposto di tale esercizio. Non può esservi ragionevolmente esercizio dell’azione penale senza che l’opinione del pubblico ministero sulla fondatezza della notizia di reato sia adeguatamente supportata da fonti di prova. Questa opinione di fondatezza non può ricollegarsi ad una mera intuizione, ma deve essere puntualmente verificata sulla base degli accertamenti compiuti durante le indagini preliminari.

Intervento:la completezza delle indagini / Pighi, Giorgio. - STAMPA. - (1998), pp. 83-90. (Intervento presentato al convegno Recenti orientamenti in tema di pubblico ministero ed esercizio dell'azione penale tenutosi a Modena nel 27 aprile 1996).

Intervento:la completezza delle indagini

PIGHI, Giorgio
1998

Abstract

Sin dalle prime sentenze in tema di archiviazione, la Corte Costituzionale ha inteso ricostruire i rapporti fra il nuovo sistema accusatorio e il principio di ”completezza” delle indagini preliminari. Tale principio trae origine dalla regola dettata dagli artt. 326 e 358 c.p.p., secondo la quale il pubblico ministero ha l’obbligo di compiere “ogni attività necessaria” per poter poi assumere le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. La norma evidenzia il carattere strumentale delle attività compiute in fase di indagini preliminari, rispetto alla conclusione di queste, e ne rimarca nello stesso tempo anche la caratteristica “aperta” alle esigenze difensive, sottolineando la necessità di compiere anche gli accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Alcuni recenti orientamenti interpretativi che tendono ad estendere il contenuto costituzionale dell’obbligatorio esercizio dell’azione penale dilatandone la funzione (percepita come un obbligo di portare avanti la pretesa punitiva anche dopo l’esercizio vero e proprio), sono occasione anche per valutare il “contenuto probatorio” che è presupposto di tale esercizio. Non può esservi ragionevolmente esercizio dell’azione penale senza che l’opinione del pubblico ministero sulla fondatezza della notizia di reato sia adeguatamente supportata da fonti di prova. Questa opinione di fondatezza non può ricollegarsi ad una mera intuizione, ma deve essere puntualmente verificata sulla base degli accertamenti compiuti durante le indagini preliminari.
1998
Recenti orientamenti in tema di pubblico ministero ed esercizio dell'azione penale
Modena
27 aprile 1996
83
90
Pighi, Giorgio
Intervento:la completezza delle indagini / Pighi, Giorgio. - STAMPA. - (1998), pp. 83-90. (Intervento presentato al convegno Recenti orientamenti in tema di pubblico ministero ed esercizio dell'azione penale tenutosi a Modena nel 27 aprile 1996).
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