Questo libro è il primo di una serie di libri che si occupano delle patologie multifattoriali da un punto di vista chimico-farmaceutico. In particolare questo testo si occupa dei farmaci per il trattamento del diabete ma anche di come tali sostanze sono state scoperte, poiché le strategie adottate, i loro successi e i loro fallimenti possono essere di aiuto nella scoperta di sostanze utili per il trattamento di altre patologie. In questo testo non vengono trattati solamente i farmaci presenti in commercio, riportati nello Schema 35, ma anche quelli che sono progrediti fino alle prime fasi della sperimentazione clinica, vero indice della efficacia di un composto (infatti le classi di composti presenti nell’indice sono in numero maggiore di quelle riportate nello Schema 35). Come si può notare dalla lettura del testo, inizialmente le sostanze farmacologicamente attive per il trattamento del diabete, come del resto per le altre patologie che affliggono l’essere umano, venivano scoperte mediante osservazione della attività in vivo (inizialmente sull’uomo, poi in tempi piu’ recenti sull’animale da esperimento); questo è vero non solo per l’insulina, che è l’ormone presente all’interno del nostro corpo, ma anche per le solfaniluree, scoperte grazie all’osservazione dell’effetto collaterale di un sulfamidico antibatterico. A questa fase è seguito storicamente un approccio riduzionistico: viene selezionato un target che possa essere studiato in vitro, o viene creato un saggio in vitro per studiare un determinato target (piu’ frequentemente un enzima), e si procede con lo screening di composti per scoprire sostanze dotate di azione inibitoria (esempio gli inibitori di DPP-IV), cui segue una fase di ottimizzazione per arrivare al composto utilizzabile in terapia. Lo screening può essere non guidato, e in questo caso ci si affida solamente al numero (piu’ grande è, meglio è) di composti disponibili per la scoperta di sostanze attive. Storicamente, i composti sottoposti a screening sono stati progressivamente selezionati, inserendo filtri per scartare composti con scarse proprietà “drug-likeness” (esempio le regole di Lipinski), o contenenti gruppi funzionali potenzialmente in grado di esercitare effetti tossici; non è noto quali filtri siano stati applicati nelle librerie di composti sottoposti a screening per la scoperta di farmaci antidiabetici. Approcci piu’ innovativi, che si basano sulla scoperta di frammenti, composti a peso molecolare decisamente inferiore a quello dei composti utilizzati per lo screening funzionale descritto sopra e dotati di una bassa attività, la cui struttura viene decorata successivamente in modo da condurre a sostanze potenzialmente utili come farmaci, non hanno ancora avuto successo nella scoperta di farmaci attivi nel diabete, ma sono stati vantaggiosamente utilizzati per sostanze appartenenti ad altre categorie terapeutiche. La ottimizzazione dei composti ottenuti, sia da screening funzionale di composti a peso molecolare “elevato” (circa 500 Dalton), come pure l’elaborazione dei frammenti, può essere effettuata, come si vedrà durante la lettura di questo testo, sulla base delle strutture cristalline delle sostanze scoperte complessate con l’enzima in oggetto, o con metodiche computerizzate (molecular modeling) secondo le quali si cerca di capire, mediante calcolo, il modo di legame delle sostanze in esame al target, e che quindi può suggerire l’introduzione di opportuni gruppi funzionali in grado di migliorare l’interazione. Tali strategie hanno condotto in alcuni casi alla scoperta di farmaci clinicamente utili (inibitori delle glucochinasi), in altri cio’ non è stato possibile (inibitori delle PTP-1B) in quanto le caratteristiche imposte alle sostanze dalla natura del sito attivo ne rendono difficile l’utilizzo; è anche possibile, come nel caso degli agonisti dei PPAR, che il target selezionato non sia appropriato, ed allora gli effetti collaterali dei composti che si erano dimostrati attivi in vitro e successivamente in modelli animali di diabete ne precludono l’uso in terapia. Una volta ottenuta la conferma, sulla base del successo clinico, che una nuova sostanza indirizzata verso un dato bersaglio è in grado di esercitare un effetto terapeutico, si assiste allo studio e, molto spesso, alla immissione in commercio di una marea di analoghi strutturalmente molto simili; un esempio può essere facilmente notato nel capitolo degli inibitori reversibili di DPP-IV. Accanto a tali approcci, la scoperta piu’ o meno casuale (exenatide) o la osservazione di effetti causati da sostanze presenti nel mondo vegetale (derivati guanidinici) hanno condotto a sostanze utilizzate in clinica (in questo caso la biguanide metformina). Nonostante il successo di tali approcci (nel caso del diabete, vedi gli inibitori di DPP-IV), si sta diffondendo la consapevolezza che una visione olistica del corpo umano sarebbe in grado di sviluppare nuovi farmaci piu’ attivi in minor tempo, con un risparmio notevole di risorse e allo stesso tempo con maggiore garanzia di effetti collaterali minori. Ecco che allora si stanno elaborando delle mappe di interazione per avere una visione dell’insieme di quello che avviene nelle cellule (network biology). Questo approccio dovrebbe in futuro consentire di selezionare i punti che sono i target piu’ importanti per il trattamento della patologia; una volta scoperti questi target, potrebbe essere possibile selezionare, tra le molecole esistenti, che magari abbiano passato con successo la Fase 1 della sperimentazione clinica, e che quindi non siano risultate tossiche per l’organismo umano, nuove sostanze terapeuticamente utili (network pharmacology). Questa parte è introdotta alla fine del testo; non è dato attualmente sapere se un approccio di questo tipo saprà dare risposte farmacologiche alle necessità terapeutiche del diabete.

Farmaci per il diabete: presente e futuro. Una prospettiva chimico-farmaceutica / Costantino, Luca; Barlocco, D.. - STAMPA. - (2014), pp. 1-144.

Farmaci per il diabete: presente e futuro. Una prospettiva chimico-farmaceutica

COSTANTINO, Luca;
2014

Abstract

Questo libro è il primo di una serie di libri che si occupano delle patologie multifattoriali da un punto di vista chimico-farmaceutico. In particolare questo testo si occupa dei farmaci per il trattamento del diabete ma anche di come tali sostanze sono state scoperte, poiché le strategie adottate, i loro successi e i loro fallimenti possono essere di aiuto nella scoperta di sostanze utili per il trattamento di altre patologie. In questo testo non vengono trattati solamente i farmaci presenti in commercio, riportati nello Schema 35, ma anche quelli che sono progrediti fino alle prime fasi della sperimentazione clinica, vero indice della efficacia di un composto (infatti le classi di composti presenti nell’indice sono in numero maggiore di quelle riportate nello Schema 35). Come si può notare dalla lettura del testo, inizialmente le sostanze farmacologicamente attive per il trattamento del diabete, come del resto per le altre patologie che affliggono l’essere umano, venivano scoperte mediante osservazione della attività in vivo (inizialmente sull’uomo, poi in tempi piu’ recenti sull’animale da esperimento); questo è vero non solo per l’insulina, che è l’ormone presente all’interno del nostro corpo, ma anche per le solfaniluree, scoperte grazie all’osservazione dell’effetto collaterale di un sulfamidico antibatterico. A questa fase è seguito storicamente un approccio riduzionistico: viene selezionato un target che possa essere studiato in vitro, o viene creato un saggio in vitro per studiare un determinato target (piu’ frequentemente un enzima), e si procede con lo screening di composti per scoprire sostanze dotate di azione inibitoria (esempio gli inibitori di DPP-IV), cui segue una fase di ottimizzazione per arrivare al composto utilizzabile in terapia. Lo screening può essere non guidato, e in questo caso ci si affida solamente al numero (piu’ grande è, meglio è) di composti disponibili per la scoperta di sostanze attive. Storicamente, i composti sottoposti a screening sono stati progressivamente selezionati, inserendo filtri per scartare composti con scarse proprietà “drug-likeness” (esempio le regole di Lipinski), o contenenti gruppi funzionali potenzialmente in grado di esercitare effetti tossici; non è noto quali filtri siano stati applicati nelle librerie di composti sottoposti a screening per la scoperta di farmaci antidiabetici. Approcci piu’ innovativi, che si basano sulla scoperta di frammenti, composti a peso molecolare decisamente inferiore a quello dei composti utilizzati per lo screening funzionale descritto sopra e dotati di una bassa attività, la cui struttura viene decorata successivamente in modo da condurre a sostanze potenzialmente utili come farmaci, non hanno ancora avuto successo nella scoperta di farmaci attivi nel diabete, ma sono stati vantaggiosamente utilizzati per sostanze appartenenti ad altre categorie terapeutiche. La ottimizzazione dei composti ottenuti, sia da screening funzionale di composti a peso molecolare “elevato” (circa 500 Dalton), come pure l’elaborazione dei frammenti, può essere effettuata, come si vedrà durante la lettura di questo testo, sulla base delle strutture cristalline delle sostanze scoperte complessate con l’enzima in oggetto, o con metodiche computerizzate (molecular modeling) secondo le quali si cerca di capire, mediante calcolo, il modo di legame delle sostanze in esame al target, e che quindi può suggerire l’introduzione di opportuni gruppi funzionali in grado di migliorare l’interazione. Tali strategie hanno condotto in alcuni casi alla scoperta di farmaci clinicamente utili (inibitori delle glucochinasi), in altri cio’ non è stato possibile (inibitori delle PTP-1B) in quanto le caratteristiche imposte alle sostanze dalla natura del sito attivo ne rendono difficile l’utilizzo; è anche possibile, come nel caso degli agonisti dei PPAR, che il target selezionato non sia appropriato, ed allora gli effetti collaterali dei composti che si erano dimostrati attivi in vitro e successivamente in modelli animali di diabete ne precludono l’uso in terapia. Una volta ottenuta la conferma, sulla base del successo clinico, che una nuova sostanza indirizzata verso un dato bersaglio è in grado di esercitare un effetto terapeutico, si assiste allo studio e, molto spesso, alla immissione in commercio di una marea di analoghi strutturalmente molto simili; un esempio può essere facilmente notato nel capitolo degli inibitori reversibili di DPP-IV. Accanto a tali approcci, la scoperta piu’ o meno casuale (exenatide) o la osservazione di effetti causati da sostanze presenti nel mondo vegetale (derivati guanidinici) hanno condotto a sostanze utilizzate in clinica (in questo caso la biguanide metformina). Nonostante il successo di tali approcci (nel caso del diabete, vedi gli inibitori di DPP-IV), si sta diffondendo la consapevolezza che una visione olistica del corpo umano sarebbe in grado di sviluppare nuovi farmaci piu’ attivi in minor tempo, con un risparmio notevole di risorse e allo stesso tempo con maggiore garanzia di effetti collaterali minori. Ecco che allora si stanno elaborando delle mappe di interazione per avere una visione dell’insieme di quello che avviene nelle cellule (network biology). Questo approccio dovrebbe in futuro consentire di selezionare i punti che sono i target piu’ importanti per il trattamento della patologia; una volta scoperti questi target, potrebbe essere possibile selezionare, tra le molecole esistenti, che magari abbiano passato con successo la Fase 1 della sperimentazione clinica, e che quindi non siano risultate tossiche per l’organismo umano, nuove sostanze terapeuticamente utili (network pharmacology). Questa parte è introdotta alla fine del testo; non è dato attualmente sapere se un approccio di questo tipo saprà dare risposte farmacologiche alle necessità terapeutiche del diabete.
2014
9788829922970
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ITALIA
Farmaci per il diabete: presente e futuro. Una prospettiva chimico-farmaceutica / Costantino, Luca; Barlocco, D.. - STAMPA. - (2014), pp. 1-144.
Costantino, Luca; Barlocco, D.
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